Archivi. 193



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 193 del 9 maggio 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di ottobre 2001 (parte prima)

2. Ancora un appello alle idee chiare e distinte

3. Ancora sulle tre cose da fare per impedire la guerra

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI OTTOBRE 2001 (PARTE PRIMA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di ottobre 2001.

 

2. ANCORA UN APPELLO ALLE IDEE CHIARE E DISTINTE

Cerchiamo innanzitutto di dire con semplicita' ed esattezza cosa la crisi attuale non e', e non deve diventare.

a) Non e' e non deve diventare uno scontro di civilta', una guerra di religione, un conflitto armato tra nord e sud del mondo, una guerra senza quartiere e senza frontiere di tutti contro tutti;

b) non e' e non deve diventare la legittimazione del terrorismo come metodo di azione e come soggetto politico;

c) non e' e non deve diventare la cancellazione della dimensione giuridica delle relazioni internazionali.

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Sarebbe bene usare il linguaggio con proprieta' e non abusare delle metafore.

Parlare di "guerra contro il terrorismo" e' una duplice menzogna: il terrorismo lo si deve perseguire in quanto crimine e non lo si deve legittimare come soggetto belligerante; la logica e il diritto stabiliscono che contro il terrorismo ci deve essere un'azione di polizia internazionale, non una guerra.

Parlare di "stati-canaglia" e' un'idiozia prima ancora che un'infamia. Occorre distinguere tra regimi, stati, popoli. Non esistono popoli-canaglia; non esistono stati-canaglia; esistono organizzazioni e regimi criminali.

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Sarebbe bene usare prudenza prima di lanciarsi in affermazioni arrischiate.

Chi pensa di interpretare la vicenda delle stragi dell'11 settembre unicamente secondo la logica del "cui prodest" commette un errore di superbia (ovvero di stoltezza) intellettuale: attribuisce ad altri uno schema di ragionamento autoreferenziale: pensa che i terroristi suicidi pensino come lui, ma lui non e' un terrorista suicida cosicche' quell'attribuzione e' fallace.

Chi pensa di sapere con assoluta certezza quali siano i mandanti e i complici prima ancora che siano state raccolte le prove, siano state vagliate da una corte di giustizia, si sia arrivati a conclusioni certe o almeno ragionevoli, ebbene, e' uno sciocco ignaro dei fondamenti del diritto, delle basi della ricerca scientifica, e dello stesso principio di realta'.

Chi pensa di sapere con assoluta certezza cosa occorra fare in una situazione cosi' drammaticamente confusa e' uno stupido presuntuoso, la cui tracotanza intellettuale puo' dar luogo a volizioni sciagurate e ad esiti tragici.

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Possiamo invece ragionare su cosa certamente non si deve fare:

a) non si deve cadere nella trappola dei terroristi, non si deve reagire secondo lo schema da loro adottato: e quindi non opporre furia a furia, follia a follia, delirio di onnipotenza a delirio di onnipotenza, necrofilia a necrofilia;

b) non si deve aggredire un popolo vittima di una dittatura, occorre invece aiutarlo per quanto possibile - nel rispetto del diritto internazionale - a migliorare le sue condizioni di vita, con soccorsi umanitari e con criteri nonviolenti;

c) non si deve scatenare una guerra.

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E possiamo anche confermare alcune idee che per essere ovvie non cessano di essere vere:

a) se il terrorismo riesce a reclutare persone disposte a togliersi la vita ed a toglierla agli altri, occorre impegnarsi affinche' nessun essere umano viva una vita che possa ritenere non degna di essere vissuta; occorre impegnarsi affinche' tutti gli esseri umani provino un sentimento di solidarieta' nei confronti dell'umanita' sentendosi dagli altri esseri umani sostenuti; occorre impegnarsi affinche' il rispetto per la vita umana sia persuasione condivisa e regola di condotta di tutti;

b) questo significa abolire la fame e la miseria nel mondo: non e' un programma irrealizzabile: le risorse ci sono, si tratta di utilizzarle e ripartirle a beneficio dell'umanita' intera;

c) contro l'autodistruttivita' e distruttivita' umana, occorre in primo luogo la solidarieta', il rispetto e la sollecitudine per ogni essere umano;

d) contro l'ignoranza, l'intolleranza, il fanatismo, occorre la comprensione, il dialogo, l'educazione, lo studio, la cultura;

e) contro le uccisioni occorre abolire ogni legittimazione dell'uccidere, occorre quindi abolire la pena di morte ed abolire la guerra, occorre abolire gli apparati e gli strumenti atti a produrre uccisioni: occorre abolire gli eserciti e la produzione di armi.

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Sarebbe bene non semplificare i problemi.

Essere consapevoli che non e' possibile risolvere con un colpo di bacchetta magica questioni molto aggrovigliate e' il primo passo per affrontare con gli strumenti della ragione e in una prospettiva di intervento responsabile i gravi, enormi problemi che abbiamo di fronte.

Poiche' le questioni della democrazia e del diritto in un mondo sempre piu' globalizzato (e sempre piu' frammentato al contempo) sono assai complesse, occorre discutere con pazienza e attenzione sul che fare:

- ad esempio: quali debbano essere le strategie di intervento del resto dell'umanita' (istituzioni ma anche popoli, movimenti, persone) in difesa dei diritti umani ed a promozione del diritto alla vita e della dignita' umana nei confronti dei paesi oppressi da regimi autocratici;

- ad esempio: come far diventare la gestione nonviolenta dei conflitti una risorsa primaria delle relazioni internazionali e degli interventi nelle aree di crisi;

- ad esempio: come uscire da un modello di sviluppo palesemente insostenibile che condanna a una vita miseranda i quattro quinti dell'umanita', lede irreversibilmente i diritti delle generazioni future, sta provocando il collasso della biosfera.

E' certo che occorre opporsi agli approcci mitologici, irrazionalisti, particolaristi; e' certo che occorre opporsi all'etnocentrismo (come anche all'esotismo, che e' l'altra faccia del razzismo).

E' certo che occorre sviluppare una consapevolezza della decisivita' della dimensione giuridica dei rapporti tra le persone, i gruppi, i popoli, le istituzioni, consapevolezza che e' tuttora assolutamente troppo carente. Molto rilievo si e' dato in passato alla dimensione religiosa e culturale; molto alla dimensione politica; molto alla dimensione economica: tutte cose importantissime, va da se': ma e' giunto il momento di un impegno particolare di approfondimento e proposizione sul piano specifico della dimensione giuridica.

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Occorre un atteggiamento limpido:

- se pensiamo che ogni essere umano ha il diritto di vivere, dobbiamo negare a tutti il diritto di uccidere, e concretamente dobbiamo cominciare a liberare il mondo dagli strumenti, gli apparati e le organizzazioni che al fine di uccidere sono ordinati o comunque l'uccidere comprendono nel loro repertorio di scelte, di tecniche e di risorse;

- se pensiamo che infliggere sofferenza sia un male, occorre elaborare strategie e tecniche nonviolente di intervento nei conflitti e gestione di essi che la violenza ripudino ed efficacemente contrastino;

- se pensiamo che - come peraltro stabilisce ad esempio la Costituzione della Repubblica Italiana - la liberta' e la dignita' delle persone, ovvero l'affermazione dei diritti di ogni essere umano, abbisogna non di una mera altrui astensione (il semplice neminem laedere) ma di un concreto aiuto, di una effettuale ed organizzata e pubblicamente garantita solidarieta' (ai diritti cosiddetti di liberta' affiancandosi - ad inverarli - i diritti economici e sociali), ne consegue il ripudio di ogni condotta omissiva;

- se vogliamo affermare l'uguaglianza di diritti di ogni essere umano, ad ognuno dobbiamo riconoscere la sua unicita', e quindi la sua peculiare diversita'; se vogliamo affermare l'universalita' della dignita' umana, allora dobbiamo rispettare l'alterita' di ogni essere umano (Levinas);

- occorre considerare gli altri esseri umani sempre come fini e mai come mezzi (Kant); occorre che ognuno si senta responsabile di tutto (Milani); occorre applicare il principio responsabilita' (Jonas) che potremmo sintetizzare cosi': fai solo quell'azione le cui conseguenze sei certo che siano buone (e nel dubbio: opponiti al progetto);

- occorre opporsi sempre alla violenza, nel modo piu' energico, nitido ed intransigente: con la nonviolenza, che e' la forma di lotta la piu' radicalmente avversaria della violenza, che ad essa violenza totalmente si oppone, rifiutandosi di riprodurla, contrastandola su ogni piano. Di fronte alla ferocia sanguinaria del terrorismo, delle dittature e delle guerre, di fronte alla violenza dispiegata, la vilta', l'omissione, la diplomazia non servono: occorre resistere e combatterla quella violenza, nell'unico modo efficace, che nell'eta' atomica (Anders) e' anche l'unico modo possibile: con la nonviolenza.

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Per non concludere.

Occorre dunque la scelta della nonviolenza come proposta morale, metodologica, strategica, sociale, politica, antropologica; come guida per l'azione nei rapporti interpersonali, nell'interazione sociale, nelle relazioni tra i singoli, i gruppi, i popoli, le istituzioni.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

3. ANCORA SULLE TRE COSE DA FARE PER IMPEDIRE LA GUERRA

 

Se la guerra verra' scatenata e se l'Italia partecipera' alla guerra (in violazione di quanto esplicitamente disposto dalla legge fondamentale del nostro ordinamento, la Costituzione della Repubblica Italiana), sara' dovere di ogni persona di volonta' buona opporsi alla guerra e alla violazione della legalita' costituzionale.

Tre cosa a nostro avviso occorrera' fare:

1. Opporsi all'apparato bellico con l'azione diretta nonviolenta;

2. Opporsi al governo fellone con la disobbedienza civile di massa;

3. Costringere il potere esecutivo, il potere legislativo e il capo dello Stato a recedere dalla guerra ed a ripristinare la vigenza della legalita' costituzionale, bloccando le attivita' del paese con uno sciopero generale contro la guerra.

Queste tre iniziative richiedono una intensa e severa preparazione.

All'azione diretta nonviolenta possono prendere parte solo persone persuase della nonviolenza e adeguatamente preparate ad azioni che devono essere perfettamente organizzate e pubblicamente annunciate fin nei dettagli con largo anticipo.

La disobbedienza civile va preparata con estrema attenzione e la partecipazione deve essere legata ad una completa consapevolezza del suo significato e delle sue conseguenze sia rispetto alla macchina amministrativa pubblica, sia in termini economici, civili e penali per coloro che vi aderiscono; ovviamente non possono partecipare neppure all'azione di disobbedienza civile persone animate da intenzioni non limpide e che non condividano rigorosamente il programma e le regole di condotta proprie di un'azione intesa a salvare vite umane, a far rispettare la legalita' costituzionale tradita da autorita' fedifraghe, e che ha come priorita' metodologica quella di non fare del male a nessun essere umano.

Lo sciopero generale va preparato per tempo: quanti sono iscritti ad organizzazioni sindacali chiedano alle loro organizzazioni di prendere in considerazione questo impegno qualora la guerra venisse scatenata; tutti comunque ci si predisponga allo sciopero e si inizi a diffondere la proposta e a discuterla ovunque; tutti si cominci a  valutare concretamente come promuoverlo, organizzarlo, sostenerlo, argomentarlo adeguatamente.

 

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

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Numero 193 del 9 maggio 2013

 

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