Coi piedi per terra. 763
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- From: "nbawac at tin.it" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 4 May 2013 09:46:33 +0200 (CEST)
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 763 del 4 maggio 2013
In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di dicembre 2000 (parte seconda e conclusiva)
2. Per una riflessione sull'azione diretta nonviolenta
3. Dovuto al "manifesto"
1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI DICEMBRE 2000 (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di dicembre 2000.
2. PER UNA RIFLESSIONE SULL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA
[Dal nostro lavoro La nonviolenza contro la guerra... riportiamo alcuni stralci dal capitolo 9, piu' volte utilizzati]
Premessa. Questa breve presentazione dell'azione diretta nonviolenta intende offrire di essa un quadro certamente assai schematico ma speriamo sufficientemente orientativo.
1. Parte prima: cosa e' l'azione diretta nonviolenta
1.1. Una semplice definizione: azione: ovvero intervento attivo in situazione di conflitto; diretta: ovvero assunzione personale di responsabilita', rifiuto della delega e rifiuto del comodo alibi della propria estraneita', della propria incompetenza; nonviolenta: ovvero che ripudia la violenza e che punta a ridurre e tendenzialmente abolire la violenza, l'ingiustizia, l'alienazione.
1.2. Alcune caratteristiche della lotta nonviolenta: negare il consenso all'ingiustizia; coerenza tra mezzi e fini; forza della verita'; lotta come amore.
1.3. Alcune esperienze di lotta nonviolenta: (...)
1.4. Metodi di lotta nonviolenta: l'esempio; l'educazione; la persuasione; lo sciopero; la noncollaborazione; il boicottaggio; la disobbedienza civile.
1.5. Cosa si richiede a chi voglia usare la nonviolenza come strumento di lotta: disponibilita' a soffrire anziche' a far soffrire; rispetto dell'altro e di ogni essere umano; rinuncia agli alibi, assunzione di responsabilita'; pazienza e ironia; capacita' di ascolto delle ragioni altrui e di relativizzare il proprio punto di vista; tenere sempre aperta la comunicazione; disciplina e rigore intellettuale e morale.
2. Parte seconda: piano per la realizzazione di un'azione diretta nonviolenta
2.1. La preparazione
2.1.1. Lo studio preliminare: lo studio della situazione; la definizione precisa di obiettivi chiari e realisticamente perseguibili.
2.1.2. L'organizzazione preliminare: la discussione con il metodo del consenso; la consapevolezza e la responsabilita'; costruire l'affinita' tra i partecipanti all'azione.
2.1.3. Il programma preliminare: il programma costruttivo; i fini sovraordinati; la scelta delle tecniche e la loro progressione; il ventaglio degli esiti possibili e la realistica valutazione di ognuno di essi.
2.1.4. Il negoziato come obiettivo costante: mettere sempre in rilievo le cose condivise; puntare sempre ad un accordo; dare sempre alla controparte una via d'uscita; garantire sempre la limpidezza dei propri comportamenti; non minacciare mai la distruzione dell'avversario.
2.1.5. L'addestramento: sapere cosa si fa, perche' e come; la fiducia reciproca; conoscenza delle tecniche di lotta; la disciplina collettiva; la comunicazione; le tecniche di addestramento (giochi di fiducia, giochi di ruolo, studio di casi, addestramento alla comunicazione, addestramento alla presa rapida di decisioni, addestramento ai processi decisionali consensuali; addestramento all'ascolto attivo, addestramento al controllo delle emozioni in situazioni conflittuali, addestramento alla ricerca di soluzioni creative in situazioni conflittuali, contraddittorie e confuse, etc.); la creativita' e la responsabilita'.
2.1.6. Ulteriori questioni organizzative e logistiche: importanza fondamentale delle procedure democratiche: metodo del consenso, gruppi di affinita', partecipazione di tutti alla discussione e alle decisioni, sperimentazione della rotazione negli impegni, costruzione di rapporti di lealta' e fiducia; la direzione del movimento: uso di portavoce e loro agevole sostituibilita'; i gruppi di sostegno: loro definizione, loro compiti, possibili evoluzioni; la sensibilizzazione delle persone variamente coinvolte ed i rapporti con i mezzi d'informazione; studio della situazione dal punto di vista legale; preparazione e garanzia di una costante assistenza (legale, medica, etc.) ai partecipanti all'azione; previsione della reazione altrui, della possibile violenza altrui, delle possibili rappresaglie altrui, e definizione precisa della condotta nonviolenta da seguire; previsione degli sviluppi dell'azione e controllo di essi; definizione di principi rigidi da cui nessuno dei partecipanti all'azione puo' derogare; previsione degli scenari in presenza dei quali l'azione deve essere interrotta.
2.1.7. La definizione del piano di lavoro e la sua flessibilita': obiettivi realistici; progressione dell'iniziativa; consapevolezza della compresenza di piu' obiettivi: formazione, educazione, dimostrazione della rottura della complicita', etc.; fino agli obiettivi piu' precisi e specifici (anch'essi con vari livelli); la cosa decisiva: mantenere l'iniziativa strategica, non essere subalterni.
2.2. L'azione: informazione preliminare a tutti; proposta preliminare alla controparte; inizio e svolgimento dell'azione; tenere sempre aperta la comunicazione; non essere ipocriti, confusi o comunque equivocabili; saper affrontare le provocazioni, la violenza altrui, le rappresaglie (debolezza dell'azione diretta nonviolenta dinanzi alle provocazioni: fare di questa debolezza una forza; saper dare una risposta nonviolenta alla eventuale violenza altrui; preventivare le rappresaglie e depotenziarne cosi' l'efficacia); proseguire la discussione anche nel corso dell'azione; saper negoziare; saper affrontare il prolungarsi della lotta; saper concludere la lotta.
2.3. La valutazione
2.3.1. Criteri della valutazione: risultati concreti; valore educativo; limitazione delle sofferenze; sensibilizzazione e coinvolgimento di altri.
2.3.2. La valutazione come occasione di riflessione e di approfondimento.
2.3.3. La valutazione come occasione di democrazia e responsabilita'.
2.3.4. La valutazione come preparazione a lotte ulteriori.
3. Parte terza: alcuni altri temi di riflessione e di studio: complessita' e fallibilismo; comunicazione ed interazione; democrazia e dignita' umana; il principio responsabilita'.
4. Parte quarta: alcune schede integrative
4.1. Dalla Guida pratica all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace
4.1.1. L'azione diretta nonviolenta: una sintesi in nove punti. Per una prima informazione una utile sintesi e' offerta dal fondamentale lavoro di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, vol. I, alle pp. 132-133, che qui riassumiamo: "E' opinione comune che l'azione nonviolenta possa portare alla vittoria solo in tempi molto lunghi, piu' lunghi di quelli necessari alla lotta violenta. Cio' puo' essere vero in alcuni casi, ma non e' necessariamente sempre cosi' (...). Esaminando e correggendo i pregiudizi nei confronti dell'azione nonviolenta siamo spesso in grado di farne risaltare con piu' evidenza le caratteristiche positive: 1. (...) questo metodo non ha niente a che vedere con la passivita', la sottomissione e la codardia; queste devono essere prima rifiutate e vinte, proprio come in un'azione violenta. 2. L'azione nonviolenta non deve essere messa sullo stesso piano della persuasione verbale o puramente psicologica (...); e' una sanzione e un metodo di lotta che comporta l'uso del potere sociale, economico e politico e il confronto delle forze in conflitto. 3. L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'uomo sia fondamentalmente "buono", ma riconosce le potenzialita' umane sia al "bene" che al "male" (...). 4. Coloro che praticano l'azione nonviolenta non sono necessariamente pacifisti o santi; l'azione nonviolenta e' stata praticata il piu' delle volte e con successo da gente "qualsiasi". 5. Il successo di un'azione nonviolenta non richiede necessariamente (sebbene possa esserne facilitato) basi e principi comuni o un alto grado di comunanza di interessi e di vicinanza psicologica tra i gruppi in lotta (...). 6. L'azione nonviolenta e' un fenomeno occidentale almeno quanto orientale (...). 7. L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'avversario si astenga dall'uso della violenza contro i nonviolenti, ma prevede di dover operare, se necessario, contro la violenza. 8. Non c'e' nulla nell'azione nonviolenta per prevenire che venga usata tanto per cause "buone" quanto per cause "cattive", sebbene le conseguenze sociali in quest'ultimo caso siano molto diverse da quelle provocate dalla violenza impiegata per lo stesso scopo. 9. L'azione nonviolenta non serve solo nei conflitti interni a sistemi democratici, ma e' stata largamente praticata contro regimi dittatoriali, occupazioni straniere e anche contro sistemi totalitari".
4.1.2. Le tecniche della nonviolenza. Il piu' ampio repertorio di tecniche della nonviolenza e' costituito dal secondo volume della fondamentale opera di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta: 2. le tecniche, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986. Sharp descrive 198 tecniche di azione nonviolenta. L'elenco proposto da Sharp e' organizzato nel modo seguente: 1. tecniche di protesta e persuasione nonviolenta, comprendenti dichiarazioni formali, forme di comunicazione rivolte a un pubblico piu' vasto, rimostranze di gruppo, azioni pubbliche simboliche, pressioni su singoli individui, spettacoli e musica, cortei, onoranze ai morti, riunioni pubbliche, abbandoni e rinunce. 2. Tecniche di noncollaborazione sociale, comprendenti ostracismo nei confronti delle persone, noncollaborazione con eventi, consuetudini ed istituzioni sociali, ritiro dal sistema sociale. 3. Tecniche di noncollaborazione economica, comprendenti a) i boicottaggi economici: azioni da parte dei consumatori, azioni da parte di lavoratori e produttori, azioni da parte di mediatori, azioni da parte di proprietari e negozianti, azioni di natura finanziaria, azioni da parte di governi; b) gli scioperi, tra cui gli scioperi simbolici, scioperi dell'agricoltura, scioperi di gruppi particolari, scioperi normali dell'industria, scioperi limitati, scioperi di più industrie, combinazioni di scioperi e blocchi economici (tra cui l'hartal, ed il blocco economico). 4. Tecniche di noncollaborazione politica, comprendenti rifiuto dell'autorita', noncollaborazione di cittadini col governo, alternative dei cittadini all'obbedienza, azioni da parte di personale governativo, azioni governative interne, azioni governative internazionali. 5. Tecniche di intervento nonviolento, comprendenti intervento psicologico, intervento fisico, intervento sociale, intervento economico, intervento politico. Un bel libro sulle tecniche della nonviolenza e' ancora quello classico di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, di recente ristampato da Linea d'Ombra Edizioni, Milano.
4.1.3. L'addestramento alla nonviolenza. Citiamo da Aldo Capitini (Le tecniche della nonviolenza, p. 127): "Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste: A) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale; B) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra; C) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante; D) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici: bisogna gia' sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso; E) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora da una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia".
4.1.4. Alcune schede da L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza
Sull'addestramento alla nonviolenza in italiano c'e' un buon manuale, a cura di Alberto L'Abate, Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha Editrice, Torino 1985; il libro ha per sottotitolo "introduzione teorico-pratica ai metodi", ed in effetti affianca ad alcuni saggi analitici anche una serie di esercizi pratici e due utili appendici, una sul teatro politico di strada, ed una di brevi schede su vari aspetti della nonviolenza.
Riportiamo qui in sintesi alcune schede dal libro curato da L'Abate.
I quattro principi fondamentali dell'azione diretta nonviolenta: 1. definite i vostri obiettivi; 2. comportatevi con onesta' ed ascoltate bene; 3. amate i vostri avversari; 4. date agli avversari una via d'uscita.
Sei mosse strategiche dell'azione nonviolenta: indagate; negoziate; educate; manifestate; resistete; siate pazienti.
Quattro suggerimenti pratici: siate creativi; preparate i vostri partecipanti; comunicate; controllate gli eventi.
Presupposti validi della nonviolenza: 1. i mezzi devono essere adeguati ai fini; 2. rispettare tutte le forme di vita; 3. trasformare le opposizioni piuttosto che annientarle; 4. ricorrere a creativita', spirito, amore; 5. mirare a cambiamenti incisivi.
Risposta nonviolenta alla violenza personale: 1. formulate con chiarezza i vostri obiettivi; 2. non lasciatevi intimorire; 3. non intimorite; 4. non abbiate timore di affermare cio' che e' ovvio; 5. non comportatevi da vittime; 6. cercate di tirar fuori la parte migliore della personalita' del vostro avversario; 7. non bloccatevi al cospetto della violenza fisica; 8. continuate a parlare e ad ascoltare. La comunicazione e' il fulcro della nonviolenza.
Indicazioni procedurali per la discussione e l'azione nonviolenta: 1. nella discussione praticate il giro degli interventi; 2. condividete le abilita' e praticate la rotazione delle responsabilita'; 3. valorizzate i sentimenti; 4. lavorate insieme in modo cooperativo; 5. incontratevi anche separatamente; 6. incontratevi in piccoli gruppi; 7. usate il metodo del consenso nel prendere le decisioni.
4.1.5. Piano di lavoro per una campagna di lotta nonviolenta. Preliminarmente: chi vuole partecipare ad una campagna di lotta nonviolenta deve essere disposto a condividere rigorosamente gli obiettivi, i metodi e la disciplina collettiva, che devono quindi essere preliminarmente discussi fin nei minimi dettagli affinche' sia chiaro a tutti per cosa ci si impegna e come: una lotta nonviolenta ha delle regole rigorose e richiede ai partecipanti un impegno serio, una adeguata preparazione, convinzione e condivisione, coerenza e disciplina, capacita' critica e creativa, rispetto per gli altri. 1. conoscere: informarsi; raccogliere documentazione; studiare. 2. definire gli obiettivi: obiettivi finali ed intermedi; tempi dell'iniziativa; risorse finanziarie ed umane; organizzazione e compiti; interlocutori da coinvolgere; strumenti di verifica periodica e di eventuale ridefinizione degli obiettivi 3. iniziative e loro gradualita': rendere note le proprie richieste/proposte; notificarle agli interlocutori specifici; diffondere l'informazione alla societa' in generale; protestare contro l'ingiustizia; agire contro l'ingiustizia; mantenere sempre aperta la comunicazione.
4.1.6. Il Manuale per l'azione diretta nonviolenta di Walker. Uno strumento di lavoro a nostro avviso insuperato e' il breve testo di Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1982. Ne riportiamo il sommario: 1. Preparazione. 2. Lancio di un programma costruttivo. 3. Aspetti generali del metodo. 4. L'addestramento. 5. Il piano dell'azione. 6. I preparativi dell'azione. 7. Studio della situazione legale. 8. Messa a punto di una disciplina collettiva. 9. Sviluppo di una campagna di propaganda. 10. Raduno dei partecipanti. 11. Inizio dell'azione. 12. Come fronteggiare le rappresaglie. 13. Mantenere la vitalita' del movimento. 14. I dirigenti. 15. Quando la lotta si prolunga.
4.2. Dal lavoro di training nonviolento svolto presso il csoa "Valle Faul" di Viterbo (...)
4.3. Dodici sguardi sulla nonviolenza
4.3.1. Rompere la complicita'. Alla base della nonviolenza vi e' la consapevolezza che il potere ingiusto ed oppressivo si regge anche sulla complicita' delle vittime e degli indifferenti: la nonviolenza e' in primo luogo un appello a rompere la complicita' con l'ingiustizia, a toglierle il consenso, ad uscire dalla passivita', a prendersi la propria responsabilita', a lottare per la verita' e la giustizia.
4.3.2. La nonviolenza e' lotta. E' lotta contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro la menzogna. E' lotta perche' ogni essere umano sia riconosciuto nella sua dignita'; e' lotta contro ogni forma di sopraffazione; e' lotta di liberazione per l'uguaglianza di tutti nel rispetto e nella valorizzazione della diversita' di ognuno. E' la forma di lotta più profonda, quella che va piu' alla radice delle questioni che affronta. E' lotta contro il potere violento, cui si oppone nel modo piu' completo, rifiutando la sua violenza e rifiutando di riprodurre violenza. Afferma la coerenza tra i mezzi ed i fini, tra i metodi e gli obiettivi. Tra la lotta e il suo risultato c'e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta. Chi lotta per la liberazione di tutti, deve usare metodi coerenti. Chi lotta per l'uguaglianza deve usare metodi che tutti possano usare. Chi lotta per la verita' e la giustizia deve lottare nel rispetto della verita' e della giustizia. E' lotta contro il male, non contro le persone. E' lotta per difendere e liberare, per salvare e per convincere, e non per umiliare o annientare altre persone. E' lotta fatta da esseri umani che non dimenticano di essere tali. Che non si abbrutiscono, che non vogliono fare del male, bensi' contrastare il male. E' lotta per l'umanita'. La nonviolenza e' il contrario della vilta'. E' il rifiuto di subire l'ingiustizia; e' il rifiuto di ogni ingiustizia, sia di quella contro di me, sia di quelle contro altri. La nonviolenza e' lotta. E' lotta per la verita', e' lotta per la giustizia, e' lotta di liberazione e di solidarieta', e' lotta contro ogni oppressione.
4.3.3. Otto brevi caratterizzazioni della nonviolenza. (...)
4.3.4. Quattro regole di condotta per l'azione diretta nonviolenta: I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza. II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso, fini, modalita' e conseguenze dell'azione diretta nonviolenta; devono averne piena conoscenza, e devono esserne completamente convinti, in particolare sottolineiamo la necessita' di essere pienamente informati consapevoli delle conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro, conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi. IV. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza: a) non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa); b) spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza; c) dire sempre e solo la verita'; d) fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina; e) assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano; f) mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui. Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che deve essere, appunto, rigorosamente nonviolenta. Per poter partecipare ad un'azione diretta nonviolenta e' necessario aver partecipato prima alla discussione ed all'organizzazione che ha portato alla sua decisione e realizzazione, ed e' altresi' assolutamente indispensabile aver partecipato ad un training di addestramento alla nonviolenza.
4.3.5. Una definizione fondamentale: la "carta" del Movimento Nonviolento. (...)
4.3.6. Necessita' dell'addestramento alla nonviolenza. (...)
4.3.7. I diritti umani, presi sul serio. (...)
4.3.8. La liberazione umana, subito. (...)
4.3.9. La nonviolenza e' gestione del conflitto. La nonviolenza e' gestione del conflitto, la cui esistenza essa riconosce e valorizza. La nonviolenza non e' una visioni idilliaca ed illusoria, quindi narcotizzante, dei rapporti sociali; ma la consapevolezza della conflittualita' degli ideali e degli interessi, delle situazioni esistenziali e delle relazioni sociali, dei rapporti economici e politici, degli assetti culturali e ideologici. Essa si propone di intervenire nel conflitto e di farlo umanizzando il conflitto, valorizzandone la dimensione morale e conoscitiva, gestendolo in modo da renderlo fecondo di rapporti umani piu' giusti, lottando incessantemente contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro l'inganno. Si puo' essere nonviolenti solo nel conflitto, si puo' essere nonviolenti solo se si lotta per la giustizia. Gli indifferenti, coloro che chiudono gli occhi, chi se ne sta chiuso in casa sua, non e' nonviolento. La nonviolenza e' lotta integrale e intransigente contro l'ingiustizia. La nonviolenza e' il contrario della vilta', il contrario dell'egoismo, il contrario della passivita', il contrario del motto fascista "me ne frego". La nonviolenza e' quella specifica forma di gestione del conflitto che ripudia la violenza e si propone come fine precipuo di combatterla e di abolirla.
4.3.10. La nonviolenza e' ripudio assoluto della violenza. (...)
4.3.11. Per la critica della violenza. Elenchiamo alcune ragioni essenziali per cui occorre essere rigidamente contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara, voce Nonviolenza, in AA.VV., Dizionario di politica, Tea, Torino 1992: (...)
4.3.12. Perche' ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti". Ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti" perche', come spiegava Aldo Capitini, dobbiamo essere modesti e realistici: la nonviolenza è un ideale cui tendere, un ideale assai impegnativo, una pratica da verificare giorno per giorno nella vita quotidiana, nei rapporti interpersonali come nelle grandi lotte necessarie; e solo nella verifica quotidiana per un verso, e nel momento piu' aspro della lotta, per l'altro, si evidenzia la nostra capacita' di attenerci ad essa, di esserne creativamente gli artefici; quindi evitiamo di sembrare sbruffoni, e consideriamoci per quello che siamo: donne e uomini in ricerca, per un'umanita' di liberi ed eguali, appunto: amici della nonviolenza.
5. Parte quinta: per approfondire
5.1. Pubblicazioni introduttive e monografiche
Tra le pubblicazioni in volume segnaliamo particolarmente Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia (un opuscolo di poche decine di pagine, utilissimo); Alberto L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino; Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, poi Linea d'ombra, Milano; Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, 3 volumi, Edizioni Gruppo Abele, Torino; Christian Mellon, Jacques Semelin, La non-violence, P.U.F., Paris. In opuscolo segnaliamo la nostra Guida pratica all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace, Centro di ricerca per la pace, Viterbo.
5.2. Alcuni autori fondamentali (...)
Viterbo, 6 luglio 1999
3. DOVUTO AL "MANIFESTO"
Alla solidarieta' al "manifesto" espressa da molti altri, vorrei aggiungere sommessamente anche la mia.
Con una personale motivazione: che questo giornale ha deciso della mia vita.
Fu "il manifesto" che mi persuase alla scelta di dedicare la mia vita alla lotta per un'umanita' di liberi ed eguali (e quali che siano state le mie capacita', e quali che siano stati i risultati, questo ho cercato di fare negli ultime tre decenni).
Allora, nei primi anni settanta, non immaginavo che quel ragazzo timido e studioso che ero avrebbe lasciato per sempre molte cose cui teneva, per seguire come un'unica divorante passione un appello che non ammetteva dilazioni: la lotta per la liberazione dell'umanita', che sempre ho sentito fare tutt'uno con la lotta per l'affermazione hic et nunc della dignita' propria ed altrui.
La "maturita' del comunismo" per me non e' stata solo la persuasione della possibilita' di un progetto sociale consiliare, socialista e libertario (rispettivamente nella sfera della politica, dell'economia e delle relazioni della vita quotidiana) praticabile subito; ma anche e soprattutto la scelta di cominciare a vivere da persone libere e fraterne ora, qui, praticando eguaglianza e solidarieta' qui e adesso, all'ingiustizia e alla menzogna opponendoci sempre e comunque.
Certo, contarono eventi come il Vietnam e il Cile; le letture di Sartre e Basaglia, di Marx e di Brecht, di Cervantes e Leopardi; alcuni maestri e compagni incontrati; le prime vive esperienze di impegno politico; ma fu il giornale a dare un riferimento ed una continuita'. Il giornale che all'epoca era anche il partito.
Vennero poi le rotture: gia' alla meta' degli anni '70, le compagne femministe prima (avevano ragione, ma io lo capii anni dopo); poi i compagni provenienti da altre esperienze organizzative (ora non so piu' dire chi avesse ragione, e mi pare che avessimo tutti insieme ragione e torto in un groviglio che allora mi lacerava ed oggi mi intenerisce); infine il divorzio fra partito e giornale (ed ho sovente pensato che lo scioglimento del "Pdup per il comunismo", qualche anno dopo, era cominciato di li'): e anch'io vengo da un paese in cui il lutto si porta per tutta la vita.
Ma "il manifesto", anche quando cessai di dedicare le mattine domenicali a diffonderlo in piazza, resto' il mio giornale, ed ho continuato a leggerlo e compulsarlo giorno dopo giorno, irritandomi quando non sono d'accordo, o quando mi pare che pagine e pagine siano sprecate o sfocate o ciarlone o fasulle, o non giovino alla chiarezza o indulgano alla propaganda o non mettano in guardia da errori marchiani.
Proprio quando ero, un quarto di secolo fa, un "rivoluzionario di professione" (la pomposa autorappresentazione dei funzionari di partito) ho maturato la scelta dell'accostamento alla nonviolenza come passo necessario per dare coerenza e trasparenza alla scelta che avevo gia' compiuto, all'impegno in cui gia' vivevo: la nonviolenza non e' stata, non e', rinuncia a quel che sentivo e sento sul piano dell'impegno politico, ma un suo approfondimento: intensificazione, radicalizzazione (andare alle radici, radicamento) ed illimpidimento di riflessioni ed esperienze, per rendere pienamente coerenti e verificabili ragionamenti e comportamenti. La nonviolenza e' il principio responsabilita' che irrompe nell'agire politico ed invera la mozione e la speranza di una societa' di liberi, eguali, fraterni.
Mi duole che "il manifesto" non si sia ancora accorto della nonviolenza (che non e' un'ideologia, ma un insieme di esperienze e riflessioni in fieri) come radicamento decisivo e scelta imprescindibile dell'impegno per un'umanita' di eguali. E se un augurio e un invito posso fare alla redazione, e' di aprire le pagine del giornale alla cultura della lotta rivoluzionaria nonviolenta: che e' il comunismo necessario, il comunismo limpido, l'intreccio -per dirla alla Bloch - di spirito dell'utopia, principio speranza ed ortopedia del camminare eretti.
Ho usato ed uso "il manifesto" come una scala e come uno specchio, come si usano i classici, per guardare dentro di se' e per accedere ad una posizione piu' visibile e piu' veggente. Vorrei che il giornale migliorasse, e che per migliorare si aprisse alla riflessione e alle pratiche della nonviolenza, o perlomeno ne ospitasse le voci. Ma anche cosi' com'e' mi sta bene. Non si puo' avere tutto.
Cosicche' questo giornale e' ancora anche il mio giornale, e la mia solidarieta' vi giunga con un inchino ai nostri venerandi padri, ed un abbraccio a tutti.
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Numero 763 del 4 maggio 2013
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