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Telegrammi. 708
- Subject: Telegrammi. 708
- From: Giacomo Alessandroni <g.alessandroni at peacelink.it>
- Date: Fri, 14 Oct 2011 16:47:23 +0200
- Sender: g.alessandroni at gmail.com
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 708 del 14 ottobre 2011 Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Per un 4 novembre di lutto e d'impegno contro la guerra 2. Ivan Bettini: Mio nonno 3. Antonio Bruno: 4 novembre non festa ma lutto 4. Alessio Di Florio: Davanti alle carneficine 5. Giovanni Gadda: Una vita decente a tutti 6. Martina Lucia Lanza: "Il 24 maggio..." 7. Floriana Lipparini: Rompere la barriera del silenzio e dell'indifferenza 8. Gianfranco Monaca: Il sudore del Gethsemani 9. Sergio Paronetto: Inutile strage, pura follia, aggressione che si fa crimine 10. Assunta Signorelli: Mai piu' guerre! 11. Daniela Thomas: Il problema piu' grave 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. INIZIATIVE. PER UN 4 NOVEMBRE DI LUTTO E D'IMPEGNO CONTRO LA GUERRA [Riproponiamo la seguente breve nota. Per contatti con i promotori dell'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele": Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org; Peacelink: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it; Centro di ricerca per la pace di Viterbo: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/] Il Movimento Nonviolento, Peacelink e il Centro di ricerca per la pace di Viterbo propongono a tutte le persone amiche della nonviolenza in tutte le citta' d'Italia l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele". Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni. Queste iniziative proponiamo che si svolgano in orari distanti e ben distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri militari, che quelle vittime fecero morire. E proponiamo che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: deponendo omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, osservando un rigoroso silenzio... Facciamo ovunque del 4 novembre un giorno di memoria delle vittime di tutte le guerre e un giorno di impegno nonviolento per la pace che salva le vite. 2. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. IVAN BETTINI: MIO NONNO [Ringraziamo Ivan Bettini (per contatti: ivan.bettini at rcm.inet.it) per questa testimonianza. Per un sintetico profilo di Ivan Bettini riportiamo la seguente breve scheda autobiografica: "Sono nato nel 1964 a Gorgonzola (Mi). Sono sposato e ho due figli. Sono laureato in filosofia con una tesi su "Il dovere degli inermi. Guerra e pace nel pensiero di Norberto Bobbio". Mi sono avvicinato alla nonviolenza a sedici anni, grazie all'incontro con altri giovani obiettori di coscienza con i quali ho costituito prima il Collettivo obiettori e poi il Centro per la nonviolenza di Gorgonzola, che e' stato attivo tra il 1980 e il 1998. Nel 1995 sono stato tra i fondatori della lista civica "Democrazia e' Partecipazione", per la quale sono stato consigliere comunale dal 1998 al 2003. Sono socio fondatore della cooperativa MondoAlegre, che gestisce sette botteghe del mondo, con prodotti del commercio equo e dell'agricoltura biologica, nell'est milanese. Sono delegato Rsu, eletto nella lista del Collettivo Prendiamo la parola - Slai Cobas, al Comune di Milano, dove lavoro dal 1985 come bibliotecario. Non ho la patente e sono vegetariano". Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 346] Il 4 novembre io ricordero' mio nonno. Bettini Cesare fu Abele, classe 1895, contadino analfabeta di Bisentrate, frazione di Pozzuolo Martesana, nel 1915 venne arruolato in fanteria e spedito al fronte. Passo' tre anni in trincea, mangiando, d'inverno, pane e neve. Una sola volta - nell'estate del 1916 - torno' a casa in licenza, per la fienagione. Cavaliere di Vittorio Veneto, partecipava ogni anno, il 4 novembre, alla sfilata e al pranzo sociale dell'Associazione Combattenti e Reduci. Ma non era per lui una giornata allegra. Ogni volta che nel tardo pomeriggio io e mio padre andavamo a prenderlo alla Trattoria di vicolo Serbelloni, lo trovavamo ubriaco e in lacrime. Negli altri giorni dell'anno non si ubriacava mai, neanche a Natale. Piangeva spesso invece nell'ultimo anno di vita, il 1980, quando, ormai devastato dalla malattia, la guerra era rimasta il suo ultimo ricordo e il suo unico argomento di conversazione. Piangeva per i compagni che aveva visto morire e perche' aveva ucciso. Per questo il 4 novembre io ricordero' mio nonno. Ricordare mio nonno - ne sono certo - mi dara' la forza per continuare a vivere e a lottare. 3. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ANTONIO BRUNO: 4 NOVEMBRE NON FESTA MA LUTTO [Ringraziamo Antonio Bruno (per contatti: brunoa01 at aleph.it) per questo intervento. Antonio Bruno e' da sempre impegnato nei movimenti pacifisti e ambientalisti, pubblico amministratore e promotore di rilevanti iniziative nonviolente a Genova; attualmente e' capogruppo di Sinistra Europea - Prc al Comune di Genova; impegnato nel "Comitato Verita' e Giustizia per Genova" e nelle vertenze territoriali liguri contro le grandi opere e per un diverso modello economico] 4 novembre non festa ma lutto. A distanza di quasi un secolo dal termine della Grande guerra questo slogan mantiene una sua verita' piu' sulla necessita' di elaborare il lutto che sull'oppotunita' di fare festa. Anche perche' le celebrazioni sono diventate sempre piu' fiacche e prive di significato. Non che oggi non si faccia la guerra (vedesi Libia e Afghanistan), ma non viene piu' esaltata. Non c'e' piu' un consenso esplicito alla guerra, ma una delega, una ulteriore perdita di democrazia a cui la societa' occidentale delega la difesa militare del nostro stile di vita. E' per questo che ricordiamo con tenerezza e rabbia chi e' morto per la patria, per avere territori che l'Austria ci avrebbe ceduto (non il Sud Tirolo pero'), ma vogliamo contestare la guerra e il sistema politico-industriale che l'alimenta. 4. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ALESSIO DI FLORIO: DAVANTI ALLE CARNEFICINE [Ringraziamo Alessio Di Florio (per contatti: ciranovagabondo at peacemail.it) per questo intervento. Alessio Di Florio e' nato nel 1984 in Abruzzo dove vive tutt'ora. Sostenitore del Movimento Nonviolento e di associazioni e movimenti impegnati nella solidarieta' internazionale, pacifista e ambientalista impegnato negli ultimi anni in campagne contro il razzismo e la violenza istituzionale in Italia (a partire dai Cie), nella denuncia della devastazione e della speculazione industriale ed edilizia e del business del malaffare e della malagestione del ciclo dei rifiuti, per la nascita del Parco Nazionale della Costa Teatina e la difesa dell'ambiente della costa abruzzese, contro l'infiltrazione mafiosa in Abruzzo, e in associazioni e movimenti come Pax Christi, l'Arci, il Wwf, l'Associazione antimafie "Rita Atria", alcune cooperative del commercio equo e solidale, l'Abruzzo social forum, Noi siamo Chiesa, Libera ed altri. Collabora con Peacelink, del cui nodo abruzzese e' responsabile, Unimondo, Girodivite, Censurati.it, Il Dialogo ed altri. Alcuni suoi articoli sono comparsi anche in altre riviste e siti internet d'informazione alternativa. Cfr. anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 294] Da ormai molti anni PeaceLink denuncia il carattere militarista e mistificatorio della realta' storica del 4 novembre, giorno in cui si dovrebbe esprimere la vergogna e il lutto per l'orrenda carneficina della prima guerra mondiale, e non festa per una presunta vittoria. Quindi non puo' che sostenere, partecipare e far conoscere la campagna "Ogni vittima ha il volto di Abele". E' quest'anno ancor piu' importante. Nel centesimo anniversario della prima avventura militare italiana in Libia (se si imparasse che "historia magistrae vitae" quanto il progresso umano farebbe un balzo in avanti), nel decimo anniversario dell'inizio della guerra in Afghanistan e della "guerra infinita", festeggiare una guerra e' un crimine e un atto disumano. Oggi, come cinquant'anni fa, facciamo risuonare e ascoltiamo l'appello che Aldo Capitini lancio' al termine della Marcia Perugia-Assisi: con la nonviolenza diciamo no ad ogni guerra, bandiamola dal futuro dell'umanita'. E' questo l'unica umana scelta per commemorare i morti della prima guerra mondiale, per ricordare i morti di ogni guerra. Siamo nel pieno di una profonda crisi economica che sta minacciando la liberta', la dignita' e i diritti di tutti. Sono quindi ancor piu' scandalosi gli immensi investimenti nella radice di ogni guerra: gli armamenti. L'Italia ha speso in dieci anni in Afghanistan quasi 4 miliardi di euro, nello stesso periodo Emergency con poco piu' dell'1% di quell'importo ha realizzato tre Centri chirurgici, un Centro di maternita', una rete di 29 Posti di primo soccorso e Centri sanitari, curando oltre tre milioni di persone. Mentre vengono minacciati lo stato sociale e il sistema scolastico, che tutelano i piu' deboli e il futuro dell'Italia, si continua sciaguratamente a voler acquistare 130 cacciabombardieri d'attacco Joint Strike Fighter F-35. Rinunciando ad un solo cacciabombardiere la Rete Disarmo ha denunciato che si potrebbero costruire 183 asili per 12.810 bambine e bambini. La Rete Disarmo chiede di sostenere la mobilitazione contro quest'assurda e disumana scelta firmando la petizione su www.disarmo.org e aderendo su www.facebook.com/taglialealiallearmi Il 4 novembre saremo nelle piazze e nelle strade d'Italia anche per questo. Davanti alle carneficine di oggi e di ieri, a tutte le guerre e alle loro vittime, una volta per tutte si svuotino gli arsenali e si riempiano i granai (e si diano risorse per scuole, ospedali, centri d'accoglienza per i poveri, etc.) come ebbe a dire il compianto Presidente della Repubblica Sandro Pertini. 5. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. GIOVANNI GADDA: UNA VITA DECENTE A TUTTI [Ringraziamo padre Giovanni Gadda (per contatti: gadda.giovanni at pime.org) per questo intervento che estraiamo da una piu' ampia lettera. Padre Giovanni Gadda opera nel centro missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere) di Milano, ed e' assistente spirituale dell'Associazione Laici Pime] Se avessimo dato l'equivalente delle spese belliche ai supposti "nemici" (sempre creati da noi), avremmo avuto i beni o le terre invidiate senza vittime e strascichi di odio e dolori: quando impareremo? Perche' partiamo sempre dal nostro miope punto di vista e non facciamo uno sforzo per metterci un po' nei panni degli altri? E' intelligenza fare una guerra, motivata subdolamente, per dimostrare che siamo i piu' forti o capaci di vincere coi massacri chi non la pensa come noi? Il nostro mondo e' ancora capace di dare una vita decente a tutti. Non molliamo... 6. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. MARTINA LUCIA LANZA: "IL 24 MAGGIO..." [Ringraziamo Martina Lucia Lanza (per contatti: menelya at alice.it) per questo intervento. Martina Lucia Lanza e' nata nel 1985 in provincia di Verona. Attualmente svolge il servizio civile presso il Movimento Nonviolento, sede nazionale di Verona, in cui segue la redazione di "Azione Nonviolenta". Laureanda di specialistica in "Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace", facolta' di Scienze Politiche di Padova] Il 24 maggio e' una data importante per il fronte austriaco della prima guerra mondiale, ora so anche perche'. Ma quando andavo alla scuola elementare era importante per motivi che non conoscevo. Ricordo bene questa data perche', ogni anno, in questo stesso mese di ottobre, le maestre ci facevano fare le prove di canto per quando saremmo andati tutti assieme, con le nostre bandierine tricolore in mano, a cantare al monumento dei caduti: "Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio...". Ricordo quelle fredde giornate davanti ad una costruzione di cemento, che ritenevo bruttissima, e i cappotti scuri e pesanti degli anziani presenti alla commemorazione. Ricordo anche che non capivo, non capivo perche' dovevamo stare li' e cosa stavamo cantando, anche se il ritmo era divertente, ma le parole erano astruse e imparate a pappagallo. Probabilmente sfruttare la malleabilita' dei bambini, sempre pronti ad imparare qualcosa di nuovo, aveva come scopo, non troppo celato, quello di instillare tra i giovani della mia generazione un senso di appartenenza o di patriottismo. Fortunatamente non e' bastato imparare quelle canzoncine e io ne sono la riprova, come lo e' questo mio anno di servizio civile al Movimento Nonviolento. Quel lavoro di patriottismo spicciolo sulla mia mente non ha attecchito, ricordo ancora le parole, come ricordo quelle delle poesie e le canzoni di Natale imparate sempre a scuola. Credo sia stato cosi' anche per gli altri bambini che con me partecipavano a quelle giornate. Tuttavia, per diversi di loro, molto piu' semplicemente, il 4 novembre rimane una festa comandata, ed ora, che non e' piu' segnata in rosso sul calendario, non fara' neanche fare il primo ponte con gli sci ai piedi. 7. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. FLORIANA LIPPARINI: ROMPERE LA BARRIERA DEL SILENZIO E DELL'INDIFFERENZA [Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle42 at gmail.com) per questo intervento. Floriana Lipparini, giornalista, ha lavorato per numerosi periodici, tra cui il mensile "Guerre e Pace", che per qualche tempo ha anche diretto, occupandosi soprattutto della guerra nella ex Jugoslavia. Impegnata nel movimento delle donne (Collettivo della Libreria Utopia, Donne per la pace, Genere e politica, Associazione Rosa Luxemburg), ha coordinato negli anni del conflitto jugoslavo il Laboratorio pacifista delle donne di Rijeka, un'esperienza di condivisione e relazione nel segno del femminile, del pacifismo, dell'interculturalita', dell'opposizione nonviolenta attiva alla guerra. E' autrice del libro Per altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi, edito nel 2005 in Croazia da Shura publications in edizione bilingue, italiana e croata, e nel 2007 pubblicato in Italia da Terrelibere.org in edizione riveduta e ampliata. Si veda anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 389] Mi sento in colpa. Mi sento in colpa perche' non so trovare il modo di rompere la barriera del silenzio e dell'indifferenza che circonda ormai da tempo il fatto di stare in un Paese che sta combattendo guerre e ammazzando civili inermi. Mi sento in colpa perche' le parole che ho scritto e che scrivo contro la guerra forse m'illudono - e forse illudono anche altri - di aver fatto il giusto, di aver agito contro la guerra. Mi sento in colpa perche' non trovo la capacita' di interpellare direttamente, una per una, le amiche pacifiste di un tempo per chieder loro come mai non riusciamo a ricostruire un movimento che in altri momenti ha contato, si e' visto sulla scena pubblica, ha preso iniziative, e oggi sembra dissolto nel nulla. Mi sento in colpa perche' sugli orrori della guerra in Libia - la democrazia a suon di bombe sui civili! - non riesco a coinvolgere nemmeno le donne con cui divido piu' strettamente i pensieri e gli incontri. E non riesco a spiegare in modo abbastanza convincente alle amiche piu' giovani che la guerra e' la manifestazione piu' diretta e potente dell'ordine patriarcale, quindi le riguarda, riguarda la loro vita e la vita di tutte le donne. Perche'? Non solo perche' si tratta di un orrore e di una follia che non hai mai risolto nulla ("si vis pacem para bellum" e' la piu' grande sciocchezza che qualcuno abbia mai pronunciato) ma perche' legittima e potenzia la violenza maschile, con cui dovranno fare i conti. E perche' toglie risorse economiche alla societa' e alla possibilita' di costruire una vita degna. Mi sento in colpa perche' non riesco a immaginare la strada per raggiungere le persone giuste, belle, gioiose e indignate che si stanno finalmente ribellando alle orribili ingiustizie che i poteri ovunque ci infliggono, e convincerle che e' necessario indignarsi con la stessa forza anche contro le guerre, e che non lo dimentichino sui loro cartelli e nei loro interventi. Mi sento in colpa perche' la stanchezza forse prende il sopravvento sulla necessaria ostinazione senza la quale nessun obiettivo si raggiunge. Mi sento in colpa ogni volta che il pessimismo mi fa dubitare che abbia senso far parte di una specie vivente convinta di aver raggiunto alti livelli di civilta', eppure ancor oggi dedita alla violenza e alla morte in molteplici forme, di cui la guerra e' la piu' allucinante perche' considerata legittima e giustificata. Poi capita di ascoltare una musica, leggere uno scritto, guardare un dipinto, ammirare la bellezza di un luogo, l'armonia di una chiesa, di una casa, l'inferriata di un balcone, un piccolissimo giardino seminascosto e selvatico... Capita di vedere parenti o amici prendersi cura di una persona malata con immenso calore e generosita'... Capita di scoprire che moltissime persone hanno preso in affido a distanza bambini privi di qualsiasi risorsa, in luoghi lontanissimi. Capita... Allora riesco a credere che valga la pena esistere, che la vita su questo pianeta, che la vita di noi esseri umani abbia senso e ragione. Ma a quel punto l'assurdita' delle violenze e delle guerre colpisce ancora di piu'. 8. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. GIANFRANCO MONACA: IL SUDORE DEL GETHSEMANI [Ringraziamo Gianfranco Monaca (per contatti: astensis at promotus.it) per questo intervento. "Gianfranco Monaca, Asti 31 luglio 1934, Giac responsabilita' diocesana Asti 1950-54, seminario, ordinazione presbiterale Asti 1959, animazione pastorale e socio-culturale vari ambienti, pastorale migranti in Belgio (Seraing) e licence en sciences cathechese a Luouvain con Francois Houtart 1965-1970, rientro in Asti, animazione socio-culturale ambiente rurale, intanto laurea sociologia a Torino con Luciano Gallino, passaggio alla formazione/socializzazione giovani handicappati (Ial Cisl, poi comune di Asti) 1974-1990, direzione centro documentazione didattica musei civici Asti 1990-1999 (funzionario comunale), Pensione Inpdap. Attivita' volontariato editoria e grafica con Ldc Leumann catechesi e biblica per ragazzi, pubblicazioni varie storia locale, immigrazione, collaborazione a "Tempi di Fraternita'" (testi e immagini). Attivita' nell'Associazione culturale Tempi di fraternita' (onlus) prevalentemente sui temi della sicurezza sul lavoro, immigrazione, riscoperta e valorizzazione del pensiero alfieriano; in collaborazione con "Noi siamo Chiesa" promozione della memoria e dell'opera di Ernesto Buonaiuti". Molto attento alle realta' sociali, politiche e religiose, ha anche fatto diverse mostre personali e ricevuto numerosi riconoscimenti come artista (ha esposto la prima volta ad Asti nel 1952); dal sito www.astilibri.com riprendiamo il seguente piu' ampio profilo autobiografico: "Sono nato ad Asti il 31 luglio del 1934. Ho scoperto molto tardi che non era stata una giornata felice per l'Europa: il cancelliere austriaco Dollfuss fu assassinato quel giorno dai nazisti, allo scopo di prendere il potere in Austria. Penso che questo fatto abbia creato un clima avvelenato di paura e di insicurezza che ha condizionato in un modo o nell'altro la vita della gente in quegli anni. L'anno dopo la guerra in Africa Orientale per la conquista dell'impero, nel '36 la guerra di Spagna, nel '38 le leggi razziali, nel '39 l'invasione della Polonia da parte della Germania nazista, poi della Francia, del Belgio, dell'Olanda... e l'entrata in guerra dell'Italia, per potersi sedere al tavolo della "pace" con qualche centinaio di morti e spartire con la Germania il bottino di guerra. Avevo cinque anni quando venne ad Asti Mussolini. Ricordo l'aspetto strano della citta' addobbata con grandi drappi neri e tricolore. Probabilmente in casa non se ne diceva un gran bene, perche' ricordo che mi tenevo nascosto al di sotto del davanzale del balcone e avevo paura di guardare, poi vinse la curiosita'. Il duce passava in piedi su una macchina scoperta, ma visto dall'alto non era niente di speciale e mi tranquillizzai. Ma furono pochi attimi. Poi vennero i tempi dei bombardamenti, degli sfollati, della resistenza. Mio fratello era partigiano e i miei genitori dovettero darsi alla macchia per non essere presi come ostaggi. Finche' non mi resi conto di queste cose non capii perche' in casa nostra si rideva cosi' poco. Riempivo lunghe ore di solitudine divorando i libri della "Scala d'oro" della Utet e tentando di disegnare i castelli e i cavalieri di cui pullulavano quelle letture. Mi mandarono a prendere qualche lezione di musica dal maestro Baroncini, ma non se ne fece niente; non era affar mio. Provarono con il professor Rosa e con la pittura e il disegno le cose andarono meglio, ma l'impegno nelle attivita' delle organizzazioni giovanili era cio' che mi gratificava di piu'. Dopo la maturita' classica all'Alfieri frequentai per un anno la facolta' di architettura a Torino, ma l'impegno sociale e politico mi attirava con maggiore forza, e piu' ancora il lavoro di riflessione filosofica e teologica e quello dell'intervento pedagogico. A diciannove anni decisi di intraprendere gli studi teologici, che portai a termine con successo. L'attivita' di animazione culturale e pastorale mi andava bene, mi pareva fosse esattamente quello che avevo sempre desiderato, purche' l'avessi potuta svolgere con creativita' e fantasia. Questo mi condusse a inventarmi percorsi nuovi e a vivere esperienze esaltanti: lavorai per cinque anni in Belgio tra gli emigrati nella cintura carbosiderurgica di Liegi e conseguii la laurea in scienze religiose all'universita' di Lovanio nel pieno del periodo della contestazione, con una tesi di cui fu relatore Francois Houtart, uno dei piu' vivaci teologi e sociologi del mondo, ancor oggi punta di diamante del rinnovamento conciliare, irriducibile oppositore del revisionismo e della normalizzazione. Pubblicai piu' tardi su questa esperienza "Come alberi che camminano" per l'Editrice Esperienze, a cura dell'Istituto per la Storia della Resistenza di Asti. Rientrato in Italia, mentre lavoravo al recupero e inserimento dei giovani handicappati (e ci lavorai fino al '91, dopo che la struttura passo' alla gestione comunale), avendo attivato alcuni corsi di formazione professionale speciale nell'ambito dello Ial-Cisl di Asti, preparai gli esami e mi laureai nel 1975 in Sociologia a Torino con una tesi sulle "Centocinquanta ore", istituite per legge nel 1973. Pubblicai "Bestiario intimo" per le Edizioni Omega, collaborai ad alcune collane dei Fratelli Fabbri e della Elledici, di argomento pedagogico. Su invito di Francesco Coppo ho fatto alcune mostre personali e ho partecipato a lungo, per le cortesi insistenze dello squisito amico Giovanni Arri jr, alle mostre collettive della Promotrice. Fu un antico e valente mio insegnante di esegesi biblica, Pietro Daquino, a coinvolgermi in alcune sue ricerche sulla storia locale e nella redazione della rivista "Il Platano". Forse era destino, visto che gia' nel '61 don Alfredo Bianco mi aveva chiesto una piccola collaborazione per la sua "Asti medioevale". Giovanni Boano, come presidente della Cassa di Risparmio di Asti, mi affido' il compito di "raccontare" il duomo, e ne nacque "Asti: un duomo, una citta'" nel 1988. Per la Cassa avevo gia' fatto "La storia di Asti, quasi una controstoria" e "Vittorio Alfieri", combinando insieme il testo e i disegni, ma senza produrre un "fumetto" come si intende di solito questo genere. Dal 1991 questo divento' il mio mestiere, essendo passato a dirigere il Centro per la documentazione didattica dei Musei Civici. La citta' mi si veniva presentando come un'immensa enciclopedia di tutti i saperi, e mi entusiasmava - e ancora mi entusiasma - scoprire e far scoprire dagli altri (i concittadini e i giovani innanzitutto) gli aspetti sorprendenti di cio' che frettolosamente si costeggia ogni giorno senza avvedersene. Che e', tutto sommato, una metafora della vita stessa. Cosi' ho "raccontato" la chiesa e il quartiere di San Secondo in "Asti: San Secondo dei mercanti". E subito dopo ho fatto con Saviolo "Attenzione immigrati", una serie di epigrammi disegnati di impegno sociale; nello stesso senso va la mia collaborazione con il mensile "Tempi di fraternita'", del quale curo particolarmente la pagina dedicata all'"Elogio della Follia" e che ha pubblicato "Grand Hotel Giubileo", una raccolta di umorismo grafico. Teologia, sociologia, storia, umorismo grafico e vita civile sono modi diversi per "incarnare" (con maggiore o minor successo, ma almeno ci provo) l'eterno nel quotidiano, come agitando senza sosta un barattolo in cui materia e spirito rischiano continuamente di separarsi depositandosi a differenti livelli"] Se il rabbi di Nazaret sudo' veramente sangue nella notte del Gethsemani, credo che cio' sia avvenuto pensando all'enorme peso della violenza che in molti modi l'uomo esercita sull'uomo. Qualcosa che sfida l'onnipotenza divina, perche' sfugge perfino alla sua possibilita' d'intervento che deve rispettare la nostra liberta'. Paradossalmente, i violenti sembrano essere gli unici della cui salvezza possiamo essere del tutto sicuri, se crediamo che la preghiera di Gesu' sia l'unica che raggiunga infallibilmente lo scopo: "Perdona loro, perche' non sanno quello che fanno". La follia della Croce non sta nel fatto che Gesu', potendo evitarla, si sia sottoposto alla condanna, ma nel fatto che abbia scagionato i suoi crocifissori nel momento stesso in cui lo crocifiggevano. Quando qualcuno si dichiara non credente e accusa la proposta cristiana di assurdita', le tonnellate di volumi di apologetica scritti nei secoli per controbattere tale accusa dimostrano soltanto la propria inutilita'. Perdonare il violento e' totalmente assurdo e questo e' il punto piu' discriminante della fede. O forse no? Infatti, Gesu' avrebbe potuto fermarsi alla prima parte dell'invocazione, e sarebbe stato sufficiente: "Padre, perdona loro". Il Figlio sapeva perfettamente che il Padre non avrebbe avuto bisogno di alcun "perche'"; Gesu', anche in quel momento drammatico si preoccupa di noi, discepoli dalla debole fede, e sente di dover motivare la sua incredibile preghiera con una ragione indiscutibile: "perche' non sanno quello che fanno". Dopo aver ricordato il comando biblico "Ama il prossimo tuo come te stesso (in quanto e' te stesso, perche' e' te stesso)", Gesu', sapendo bene che avremmo avuto forti perplessita' a riconoscere noi stessi nei violenti, aveva aggiunto una ragione umanamente credibile: "non sanno quello che fanno". Una ragione elementare, non sono imputabili. Nessun uomo di legge puo' obiettare alcunche'. Non puo' fare altro che assolvere. Pero'... Pero' abbiamo bisogno di tribunali funzionanti e giustamente lamentiamo la paralisi della giustizia, perche' rimane importante sapere la verita', come chiedono sempre le vittime delle violenze, siano esse di origine privata che istituzionale, comunque mimetizzate; e' giusto che la violenza venga portata alla luce del sole e le vittime vengano risarcite per quanto possibile, anche per escludere il pericolo che qualcuno si trasformi in aggressore per farsi giustizia da se' e si prolunghi cosi' la spirale della violenza. Nel vangelo stesso qualcosa sembra contraddire il perdono incondizionato invocato sul Calvario: il capitolo 25 di Matteo non concede alcun perdono ai colpevoli di omissioni: "Non mi avete dato da mangiare, non mi avete dato da bere...". La condanna e' assoluta, e non vale la scusa di coloro che "non sapevano". Cosi' come il "non sapevamo" non guasta la festa di coloro che si sentono premiati per il loro comportamento amorevole verso gli sconosciuti. Sapere o non sapere chi sia il destinatario delle nostre azioni e' secondario, e' il comportamento quello che conta. E l'omissione sembra essere punita come il peggiore dei delitti. I morti in guerra sono tutti vittime di una violenza intenzionale? I bambini soldato sono colpevoli di violenza consapevole? Che cosa si deve intendere per "guerra"? Esistono guerre sante e a quali condizioni? Quanti sono morti a causa delle omissioni altrui? Omissioni di soccorso, ma anche gravi silenzi, omissioni di controllo, occultamento di notizie, mancate intercettazioni... Le Sacre Scritture di qualunque tradizione, come tutte le Narrazioni e la Storia in genere, non si possono usare come un testo di diritto: sono numerose le pagine che attribuiscono a Dio e agli uomini, con le migliori intenzioni, atteggiamenti di inaudita violenza e occorre elaborare la nostra cultura partendo dal messaggio complessivo di pace che ci viene da un certo modo di intendere la vita e/o le religioni, cosi' come spetta a noi purificare la nostra ansia di liberta' - che talvolta e' una "religione laica" - sapendo che anch'essa e' stata deturpata piu' volte da inaudite violenze. Le fabbriche di armi sono le sole che non fanno neppure un'ora di cassa integrazione. Ci lavorano spesso le madri e le mogli dei soldati che saranno uccisi dai proiettili che loro hanno confezionato. Dieci euro al mese per adottare una scuola e un prelievo fiscale per bombardarla? Il dirigente scolastico che concede le aule ai propagandisti del servizio militare volontario non ha ancora scoperto la propria corresponsabilita' nelle "missioni di pace" che uccideranno bambini a diecimila chilometri di distanza? Questo, probabilmente, e' il sudore del Gethsemani. Se il 4 novembre sara' un'occasione per stringere le mani di quanti accettano di interrogarsi sul senso di parole come guerra, giustizia, fortezza, perdono, vendetta, amor patrio, martirio... avremo fatto un passo in piu' verso la civilta'. 9. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. SERGIO PARONETTO: INUTILE STRAGE, PURA FOLLIA, AGGRESSIONE CHE SI FA CRIMINE [Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com) per questo intervento. Sergio Paronetto insegna presso l'Istituto Tecnico "Luigi Einaudi" di Verona dove coordina alcune attivita' di educazione alla pace e ai diritti umani. Tra il 1971 e il 1973 e' in Ecuador a svolgere il servizio civile alternativo del militare con un gruppo di volontari di Cooperazione internazionale (Coopi). L'obiezione di coscienza al servizio militare gli viene suggerita dalla testimonianza di Primo Mazzolari, di Lorenzo Milani e di Martin Luther King. In Ecuador opera prima nella selva amazzonica presso gli indigeni shuar e poi sulla Cordigliera assieme al vescovo degli idios (quechua) Leonidas Proano con cui collabora in programmi di alfabetizzazione secondo il metodo del pedagogista Paulo Freire. Negli anni '80 e' consigliere comunale a Verona, agisce nel Comitato veronese per la pace e il disarmo e in gruppi promotori delle assemblee in Arena suscitate dall'Appello dei Beati i costruttori di pace. In esse incontra o reincontra Alessandro Zanotelli, Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Desmond Tutu, Rigoberta Menchu', Perez Esquivel, Beyers Naude' e tanti testimoni di pace. Negli anni '90 aderisce a Pax Christi (che aveva gia' conosciuto negli anni Sessanta) del cui Consiglio nazionale e del cui Centro studi fa parte e di cui attualmente e' vicepresidente nazionale. E' membro del Gruppo per il pluralismo e il dialogo e del Sinodo diocesano di Verona. Opere di Sergio Paronetto: La nonviolenza dei volti. Forza di liberazione, Editrice Monti, Saronno (Va) 2004. Una recente intervista a Sergio Paronetto e' nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 433] C'e' molta saggezza nelle parole di Benedetto XV del primo agosto 1917: "In si' angoscioso stato di cose, dinanzi a cosi' grave minaccia, Noi, non per mire politiche particolari, ne' per suggerimento od interesse di alcuna delle parti belligeranti, ma mossi unicamente dalla coscienza del supremo dovere di Padre comune dei fedeli, dal sospiro dei figli che invocano l'opera Nostra e la Nostra parola pacificatrice, dalla voce stessa dell'umanita' e della ragione, alziamo nuovamente il grido di pace, e rinnoviamo un caldo appello a chi tiene in mano le sorti delle Nazioni... Siamo animati dalla cara e soave speranza... di giungere quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno di piu' apparisce inutile strage". Nel 1920, egli pubblica l'enciclica "Pacem Dei munus pulcherrimum" in cui sviluppa il suo messaggio, inascoltato a partire dai vescovi e dalle comunita' cristiane, sulla centralita' per tutti i credenti del "Vangelo di pace". Qualche anno dopo, solo don Primo Mazzolari, col suo splendido "Tu non uccidere" del 1955, continua la riflessione, ripresa al Concilio Vaticano II. Non intendo approfondire la questione delle incoerenze e delle contraddizioni presenti nella Chiesa cattolica sul tema della guerra. Vorrei solo ribadire che oggi la guerra non appare e non e' solo inutile ma e' un fenomeno di pura follia (alienum a ratione, come dice Giovanni XXIII nella "Pacem in terris" del 1963). Fenomeno assurdo anche perche' controproducente, costosissimo e feroce. Basta guardare al decennio trascorso. Dopo tante guerre e imprese armate il mondo non e' piu' sicuro ne' meno spaventato. Le azioni militari in nome dell'"antiterrorismo" hanno provocato circa 250.000 vittime in Iraq e Afghanistan e quasi 7 milioni di profughi. In dieci anni gli Stati Uniti hanno speso tremila miliardi di dollari e perso settemila uomini. Ad essi bisogna aggiungere quelli della coalizione e tutte le vittime sconosciute di cui nessuno e' mai riuscito a conoscere i nomi o a ricostruire le storie. Quanti morti per "non vincere" il terrorismo, perdere prestigio e aggravare la voragine finanziaria! Da parte sua l'Italia spende in Afghanistan 700 milioni di euro ogni anno. In Libia, nei primi tre mesi di guerra, ne ha speso altrettanti. Nel frattempo continua il progetto dei cacciabombardieri F 35. Che spreco criminale di risorse! E' aperta anche una "questione immorale": si sta indagando sull'intreccio tra corsa agli armamenti, vendita di armi ad alcuni paesi, legami tra alcune aziende italiane, vertici della politica (qualcuno l'ha definito "il colpo del secolo"). Intanto occorre ribadire che il miglior modo di onorare le vittime delle guerre e' quello di evitare altre tragedie e di prevenire ulteriori lutti. Ogni violenza genera altra violenza, ogni attacco produce un altro attacco. E' assurdo, insomma, come rilevava in Libia monsignor Martinelli, condurre una "missione di pace" bombardando. Lo strumento bellico proprio non funziona per la difesa dei deboli o il ripristino dei diritti violati. Solo la pace con mezzi di pace, cioe' la nonviolenza, tiene aperta la speranza. Occorre risvegliare tante realta': l'Europa, l'Onu, il diritto internazionale, il Parlamento italiano senza una seria politica estera, le religioni che a fine ottobre si radunano ad Assisi in un "pellegrinaggio di pace", il movimento ecumenico che a Kingston ha ragionato sulla "pace giusta", il movimento italiano della pace che nell'ultima Perugia-Assisi ha diffuso un decalogo utile per una politica di pace non solo assente ma anche irrisa, la societa', ognuno di noi. Per i cattolici (e per tutti) ricordo l'appello della Santa Sede nel lontano 1976: "La corsa agli armamenti, anche quando e' dettata da una preoccupazione di legittima difesa e' nella realta' un pericolo e un'ingiustizia per la natura stessa delle armi moderne e per la situazione planetaria [...]. Questo sistema di relazioni internazionali, basato sulla paura, sul pericolo, sull'ingiustizia, costituisce una specie di isterismo collettivo; una pazzia che sara' giudicata dalla storia. E' un controsenso, perche' e' un mezzo non proporzionato al suo fine. La corsa agli armamenti non garantisce la sicurezza [...]. Questa corsa folle mantiene in piedi una pace falsa, una falsa sicurezza. Diviene un fine anziche' un mezzo, come si illudeva di essere. Instaura un disordine istituzionalizzato. Costituisce una perversione della vera pace. In ogni occasione, opportuna o meno, i cristiani, seguendo il Vicario di Cristo, debbono denunciare questa preparazione scientifica dell'umanita' alla propria fine [...]. La corsa agli armamenti si e' trasformata in una corsa ad aumentare forza al potere. E' gia' attualmente un mezzo per imporre alle nazioni piu' deboli, e persino ai blocchi antagonisti, il proprio dominio. E' dunque al servizio di un autentico imperialismo e di un neocolonialismo e permette alle grandi potenze una nuova spartizione del mondo [...]. Costituisce in realta' un furto, perche' i capitali astronomici destinati alla fabbricazione e alle scorte delle armi costituiscono una vera distorsione dei fondi da parte dei gerenti delle grandi nazioni o dei blocchi meno favoriti. La contraddizione manifesta tra lo spreco della sovrapproduzione delle attrezzature militari e la somma dei bisogni vitali non soddisfatti (paesi in via di sviluppo; emarginati e poveri delle societa' abbienti) costituisce gia' un'aggressione verso quelli che ne sono vittime. Aggressione che si fa crimine: gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame". Spero che la prossima Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2012, "Educare i giovani alla giustizia e alla pace", riprenda tale argomentazione profetica e ne faccia strumento operativo per tutti. 10. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ASSUNTA SIGNORELLI: MAI PIU' GUERRE! [Ringraziamo Assunta Signorelli (per contatti: assuntasignorelli at libero.it) per questo intervento. Per un profilo di Assunta Signorelli da un'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 268 riprendiamo la seguente notizia autobiografica: "Nata nel 1948 sono una femminista basagliana non pentita e non dissociata con esperienze prima dei vent'anni nei movimenti dei cattolici del dissenso a Roma e poi del movimento studentesco alla facolta' universitaria di Medicina, infine dal '72 lunga marcia dentro le istituzioni totali fondamentalmente a Trieste ma anche in altri luoghi. Ultima (in ordine di tempo) esperienza significativa: tre anni in Calabria lavoro nell'istituto 'Papa Giovanni XXIII' di Serra d'Aiello (Cosenza) che per mesi nel 2008 ha occupato le cronache dei giornali, esperienza culminata con uno sgombero forzato delle persone accolte che mi ha dato la misura di cosa sia la violenza delle istituzioni del potere contro i deboli. Militanza femminista, di genere, che nel corso del lavoro si e' espressa con la costituzione del Centro Donna Salute Mentale che ha operato dal 1990 al 2002, unica esperienza di lavoro istituzionale di un servizio pubblico con sole operatrici donne e diretto solo all'utenza femminile con sofferenza psichica dalle forme piu' leggere alle piu' gravi. Esperienza conclusasi per una forma di violenza sotterranea continuamente agita e mai esplicitata da parte della direzione del dipartimento di salute mentale di cui quel servizio faceva parte. Dal 1977 lavoro come dipendente del servizio sanitario nazionale come psichiatra a tempo pieno, e attualmente sono la responsabile del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura del Dipartimento di salute mentale di Trieste"] Nata al sud, cresciuta in una cultura che con la morte come necessita' per il mondo, come evento naturale che assicura il rinnoversi della vita, fa i conti tutti i giorni ho sempre provato sgomento e gelo di fronte alla violenza del genere umano: incomprensibile ed estranea evoca in me la sensazione della fine e dell'inutilita' di un sentire ragionevole. Per questo pensare a chi e' morto in guerra, quelle di ieri e quelle di oggi, tante, troppe, mi riporta ad una sensazione d'impotenza ed inutilita' dell'umano esistere: da sempre lavoro con i, le "senza" diritti, denari, salute, e da sempre con loro cerco di capire in che direzione bisogna andare per costruire un mondo che non abbia bisogno di guerre, che sappia assumere il conflitto come parte vitale del vivere e da questo tragga le ragioni ed il senso della costruzione di luoghi accoglienti e vitali per tutti e tutte. E allora proprio mentre una "civilta'" fondata sull'esclusione dei e delle "senza", sullo sfruttamento dei corpi e delle intelligenze, sulla violenza stupida del piu' forte sta vivendo il suo fallimento e la sua fine, ritornano alla mente i milioni di copri massacrati dalle stupide guerre, corpi che non potranno avere requie finche' un sistema di rispetto e valorizzazione delle differenze governera' il mondo nelle sue molteplici articolazioni. Quattro novembre, allora, come giornata del ricordo e della riflessione non per celebrare vittorie inesistenti ed inutili ma come impegno ad un mai piu' guerre! 11. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. DANIELA THOMAS: IL PROBLEMA PIU' GRAVE [Ringraziamo Daniela Thomas (per contatti: daniela.thomas at ymail.com) per questo intervento che estraiamo da una piu' ampia lettera. In un precedente intervento sul nostro foglio cosi' Daniela Thomas si presentava: "mi occupo di simbologia del profondo, mitologia, scrivo (anche se finora ho pubblicato un solo libro di racconti, "Segni di vita", ed. La Zisa), sono operatrice alla Biblioteca dei Bambini e dei Ragazzi "le Balate" di Palermo. E di questo sono orgogliosa, perche' e' la sola biblioteca per bambini che ci sia a Palermo, perche' si trova in un quartiere molto difficile in cui la violenza e' all'ordine del giorno sin dal primo istante di vita e perche' andiamo avanti senza il sostegno delle istituzioni ma con il nostro lavoro e il sostegno dei privati, e gia' abbiamo 5000 libri. Mi occupo anche, con un piccolo gruppo di donne che abbiamo chiamato Domodama, di informare le mamme sull'importanza del parto naturale e dell'allattamento al seno, che sono il primo gesto nonviolento di accoglienza, eccoti il link del blog su cui scriviamo (io col nome di Samina): http://domodama.wordpress.com "] E' fondamentale, per me, che prendiamo coscienza di noi stessi. Se riuscissimo a percepire l'importanza e il senso della nostra esistenza ci attiveremmo tutti. Io sono profondamente convinta che il problema piu' grave, in questo momento storico, e' la mancanza di consapevolezza di se': nessuno si impegna, convinto di essere solo "una goccia nel mare". Ma dagli antichi saggi sappiamo che ogni goccia e' tutto l'oceano: e' da ognuno di noi che deve partire, come tu ben sai, ogni possibile rivoluzione, ogni cambiamento... 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 708 del 14 ottobre 2011 Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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