Voci e volti della nonviolenza. 396



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 396 del 13 agosto 2011

 

In questo numero:

1. Mao Valpiana: Familiarita' e tensione ideale

2. Sette domande a Claudia Cernigoi

3. Sette domande a Francesco de Notaris

4. Sette domande a Simona Lembi

5. Walter Benjamin: Tesi di filosofia della storia

 

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: FAMILIARITA' E TENSIONE IDEALE

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

La marcia Perugia-Assisi del 1961 fu anche una festa, una celebrazione, una liturgia. Tra i partecipanti c'erano familiarita' e tensione ideale. I contadini e gli operai indossarono "il vestito della festa", con la giacca ed il cappello. Mogli e madri portavano ancora il lutto per il marito o il figlio persi nella guerra terminata da solo sedici anni.

Cinquant'anni dopo dobbiamo prepararci a marciare con la stessa compostezza di quegli uomini e quelle donne che ci hanno preceduto sulle strade della Perugia-Assisi.

 

2. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A CLAUDIA CERNIGOI

[Ringraziamo Claudia Cernigoi (per contatti: nuovaalabarda at yahoo.it) per questa intervista.

Claudia Cernigoi, nata a Trieste nel 1959, dove ha conseguito la maturita' scientifica, ha cominciato l'attivita' giornalistica all'interno di Radio Citta' Trieste Canale 89, la prima radio libera (nel senso di politicamente impegnata a sinistra) alla fine degli anni Settanta. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1990 dirige il periodico triestino "La Nuova Alabarda". E' stata tra i fondatori di Radio Onda Libera nel 1980, ha collaborato per diversi anni con l'emittente radiofonica bilingue "Radio Opcine" di Trieste ed ha diretto per alcuni anni "il Movimento", periodico del Movimento dei Finanzieri democratici. Il suo ambito di ricerca verte sulla seconda guerra mondiale, il neofascismo, la strategia della tensione. E' stata una dei consulenti storici per la difesa di Oskar Piskulic  nel cosiddetto "processo per le foibe" di Roma. Di formazione storica marxista, negli anni '70 ha militato nella nuova sinistra (Partito di Unita' Proletaria per il comunismo, aderendo successivamente al progetto di Democrazia Proletaria); ha poi fatto parte dell'Associazione culturale Civilta' Mitteleuropea ed e' stata attiva nel Movimento Trieste, emanazione politica dell'associazione. Si e' impegnata (e si impegna tuttora) in numerose battaglie ambientaliste ed e' attiva nei movimenti contro tutte le guerre. E' stata iscritta a Rifondazione comunista tra il 1999 ed il 2000, partito col quale ha collaborato anche successivamente, ed oggi e' vicina al progetto della Federazione della Sinistra. Pubblicazioni: "Operazione foibe a Trieste" (Kappa Vu Udine 1997); "La memoria tradita" (con Mario Coglitore, Zeroincondotta Milano 2002); "Operazione foibe tra storia e mito" (Kappa Vu Udine 2005). Cura la collana i dossier de "La Nuova Alabarda" (disponibili anche nel sito Internet del periodico www.nuovaalabarda.org), all'interno della quale ha pubblicato i seguenti titoli: "Luci ed ombre del Cln di Trieste" (2003); "L'ombra di Gladio. Le foibe tra mito ed eversione" (2003); "La "foiba" di Basovizza" (2005); "Le inchieste dell'ispettore De Giorgi" (2005); "1972. Ricordi della strategia della tensione" (2003); "La strategia dei camaleonti" (2004); "No Gud. Breve dossier sulla cultura fascista"(2005); "Strani casi di morte a Trieste" (2007); "Operazione Plutone" (2010); "La Banda Collotti: appunti su Resistenza e repressione al confine orientale" (2010); "Lo sguardo di Almirante" (2011); "Il caso Norma Cossetto" (2011), ed "I Diari di Diego de Henriquez" (2006) in collaborazione con Vincenzo Cerceo. Ha partecipato come relatrice a svariati convegni sulla tematica della seconda guerra mondiale e del neofascismo. Nelle pubblicazioni degli atti del convegno internazionale svoltosi ad Ancona il 10 febbraio 2007 ("La frontiera orientale, conflitti relazioni memorie", atti pubblicati a cura di Nazareno Re, Ancona 2007) e del convegno di Sesto San Giovanni (Mi) "Foibe: la verita'. Contro il revisionismo storico" del 9 febbraio 2008 (atti pubblicati in "Revisionismo di Stato e amnesie della repubblica", Kappa Vu, Udine 2008) si trovano anche i suoi interventi. Ha pubblicato anche una raccolta di poesie dal titolo "Anch'io son poeta!" (2006)]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Claudia Cernigoi: Penso che simbolicamente il fatto che a questa marcia partecipino persone dei piu' svariati credi ed idee politiche sia molto importante, anche perche' rappresenta un punto fermo di riferimento per chi e' contrario alle guerre, anche se bisogna ricordare che a livello istituzionale, nonostante il forte movimento pacifista, l'Italia ha preso parte (e partecipa tuttora) a tutte le operazioni militari, o guerre, come si voglia dire, che sono state scatenate dal cosiddetto "occidente".

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Claudia Cernigoi: Spero che i partecipanti alla marcia ricordino la guerra dimenticata che l'Italia sta combattendo ancora contro la Libia, il fatto che in Afghanistan si continua ad uccidere e a morire, e mi piacerebbe che si parlasse anche dell'aggressione dello Stato alla popolazione della Val Susa che lotta per il proprio ambiente.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Claudia Cernigoi: Temo molto brutto. Vedo molta aggressivita' nelle persone, sia nei rapporti interpersonali che relativamente alla vita quotidiana. La nonviolenza non e' ancora un concetto assimilato, se non da pochi.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Claudia Cernigoi: Parlare, parlare, parlare. Spiegare, soprattutto ai giovani (importanti le scuole), che la nonviolenza e' una lotta tramite la quale si possono ottenere anche grandi risultati, e che spesso con la violenza non si ottiene nulla.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Claudia Cernigoi: La primavera referendaria in Italia, che ha visto la cittadinanza agire in prima persona per i propri diritti, e' un bell'esempio di come con metodi del tutto pacifici si possono ottenere ottimi risultati, non ultimo la presa di coscienza di tutti coloro che si sono mobilitati.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Claudia Cernigoi: Oltre le consuete iniziative di solidarieta' ai popoli oppressi da occupazioni militari ed aggressioni armate, ritengo che e' necessario fare di tutto per la solidarieta' alla lotta nonviolenta della popolazione della Val Susa, che sta subendo una sorta di occupazione militare, con uso spropositato di gas venefici che hanno avvelenato le persone e l'ecosistema. Metodi repressivi inaccettabili in una democrazia.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Claudia Cernigoi: Sempre relativamente alla Val Susa, c'e' un bel video http://taggatore.com/articolo/no-tav-discorso-manifestante-a-poliziotti in cui una giovane donna spiega con estrema calma e razionalita' le proprie ragioni ai poliziotti schierati in assetto antisommossa davanti a lei. Ciascuno puo' scegliere di agire con aggressivita' o con la nonviolenza: nonviolenza e' dialogo, confronto, rispetto, tutte cose che nella vita quotidiana possiamo (e dobbiamo) avere presenti.

 

3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A FRANCESCO DE NOTARIS

[Ringraziamo Francesco de Notaris (per contatti: francesco.denotaris at virgilio.it) per questa intervista.

Francesco de Notaris, gia' senatore della Repubblica, giornalista e saggista, protagonista di molte iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti umani, contro i poteri criminali e la violenza. In Senato presentatore della mozione contro le mine e della richiesta di salvare la vita a Mumia Abu Jamal; autore del disegno di legge n. 360 XII Leg. su "Nuove norme in materia di obiezione di coscienza" poi divenuto legge; componente della commissione parlamentare recatasi in Iraq in missione di pace prima della seconda guerra; parlamentare per la pace. Tra le opere di Francesco de Notaris: Realizzare la speranza. Voci della citta', Edizioni Dehoniane; Messaggi per la pace, La scuola di Pitagora. Si veda anche l'ampia intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 301]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Francesco de Notaris: Il risultato immediato e' stato nell'aver diffuso l'idea della nonviolenza e di avere contribuito ad aggregare persone e movimenti sulla necessita' del comune lavoro. La scelta di Perugia ed Assisi andrebbe approfondita per il significato simbolico e sostanziale.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Francesco de Notaris: Bisogna storicizzare la marcia e valorizzare il fatto che in questo anno molte associazioni e movimenti partecipano. Storicizzare non vuol dire banalizzare o politicizzare banalmente il messaggio della nonviolenza. La preparazione della marcia piu' che organizzativa deve essere di contenuto.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Francesco de Notaris: Non sono entusiasta sullo "stato dell'arte". La pace richiama l'uomo all'appartenenza alla complessiva vicenda della contesa tra il bene e il male. Parlare di pace ci deve aprire al futuro e ci interroga sul mondo che vogliamo costruire. In questo senso mi pare che non ci siamo. I movimenti per la pace devono offrire motivazioni alle forze politiche, sindacali, alle categorie professionali, etc., che dovrebbero intervenire per ridurre gli armamenti, per far valere il diritto internazionale, per legare la pace alla verita' nel giudicare la storia. Ancora, occorrerebbe far capire bene che la pace non e' questione che interessa i governi ma ogni cittadino spesso artefice di microconflitti, e del silenzio sulle ingiustizie. Ed ancora: siamo in un Paese in cui molti vedono il loro futuro nel mestiere delle armi, e in un Paese nel quale i giovani lasciano la loro terra in cerca di lavoro. Come parlare di pace?

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Francesco de Notaris: Quale ruolo? Voglio fare una proposta apparentemente provocatoria. Riflettiamo su questa espressione di Gandhi: "Un membro dell'auspicata brigata di pace... dovra' avere una fede operante nella nonviolenza. Cio' e' impossibile senza un'operante fede in Dio. Un nonviolento non puo' fare niente senza la grazia e il potere di Dio... La convinzione dell'onnipresenza di Dio significa inoltre rispetto per la vita di coloro che possono chiamarsi avversari...". E poi in Europa vogliamo affrontare il tema dei cappellani militari?

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Francesco de Notaris: In Italia e in Europa e nel mondo le tematiche sono interconnesse. E sono sempre quelle della fame, della mancanza di acqua, delle medicine, della guerra, del razzismo. Ogni giorno siamo immersi in queste situazioni di ingiustizia. Ogni giorno vedove, orfani, malati si moltiplicano per ogni tipo di guerra fatta con le armi, con la privazione dei diritti, con i conflitti tra speculatori finanziari.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Francesco de Notaris: Io comincerei ad individuare un metodo di lavoro ed interlocutori. Anzitutto comincerei dai territori nei quali si vive, dal Comune e poi ancora fino ad iniziative di tipo continentale ed europeo. Poi incontrerei i soggetti che operano in politica, nei sindacati, negli Ordini, etc. Non si puo' essere "generici", ma specializzati... Un'idea: nei nostri Comuni lapidi ricordano i morti delle guerre. Vogliamo mettere i nomi di coloro che hanno votato per quelle guerre?

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Francesco de Notaris: Farei notare come le risposte violente alla forza non abbiano mai portato al bene dell'umanita'. La ricerca della pace non puo' essere la resa di fronte all'impossibilita' di vincere con le armi, ma la violenza e' la negazione della dignita' di noi stessi. Quindi non si tratta di parlare ma di educare istruendo sui temi economici, sulla storia, sull'etica, sulla politica, etc. e le istituzioni devono mettersi in una prospettiva costruttiva che non consideri soltanto l'importanza di organizzare momenti, conferenze, incontri occasionali per fare scena. Bisogna, in maniera continuativa, con spessore culturale, educare alla pace con uomini di pace.

 

4. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A SIMONA LEMBI

[Ringraziamo Simona Lembi (per contatti: Simona.Lembi at comune.bologna.it) per questa intervista.

Simona Lembi attualmente e' Presidente del Consiglio Comunale di Bologna. Ha partecipato piu' volte alla Perugia-Assisi e nel 2003 ha fatto parte di una delegazione di amministratori italiani che si e' recata a Gerusalemme per capire il conflitto israeliano-palestinese, discutere con esponenti politici ad amministratori locali di piu' parti, per lavorare per la pace. Nata a Bologna nel 1972, si e' laureata presso l'Universita' di Bologna in Scienze politiche dopo aver studiato e vissuto per un anno in Germania; nel 2000 ha svolto uno stage al Parlamento europeo nella Commissione Cooperazione e Sviluppo; nel 2003 ha conseguito un master sugli Studi di genere e le politiche di pari opportunita'. Ha svolto vari incarichi amministrativi, e' stata consigliera, capogruppo ed assessora comunale e provinciale. Il suo impegno politico va nella direzione dell'accrescimento e della qualificazione della rappresentanza delle donne nella politica e, piu' in generale, nella vita pubblica. Ha una particolare sensibilita' per le politiche del benessere e di crescita intellettuale e culturale dei cittadini e delle cittadine, rivolte in special modo all'infanzia e all'adolescenza. Dal sito www.simonalembi.it riprendiamo la seguente breve scheda di presentazione: "Bologna e' la citta' in cui sono nata e vivo. Ho 38 anni, da cinque sono mamma di Giulio. Ho una laurea in scienze politiche e un master sulle pari opportunita'. Il mio impegno pubblico e' iniziato come consigliere comunale a Casalecchio di Reno, poi come assessore a Cultura, Scuola e Pari opportunita' in Provincia e nel Comune di Bologna... Negli ultimi anni, ho promosso la convenzione con Casa delle donne per non subire violenza sostenuta da altri 48 Comuni. Ho organizzato la raccolta di migliaia di firme perche' sia istituito il congedo di paternita' obbligatorio. Ho messo a punto nuovi progetti culturali convinta che chi opera nel teatro, musica, danza, arte, lavori per qualcosa che appartiene a tutti: il benessere civile. In Comune ho introdotto misure anticrisi (riduzioni o esenzioni delle rette dei servizi scolastici) rivolte a cassaintegrati, licenziati, precari senza rinnovo di contratto e lavoratori autonomi in chiusura d'attivita'. Ho chiesto a realta' pubbliche e private di mettere a disposizione della scuola di Bologna le ore scippate dai tagli Gelmini"]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Simona Lembi: La pace e averci insegnato che la guerra e' la negazione della dignita' umana. Posso sembrare banale, ma e' questo: le persone devono mobilitarsi per ricordare che la guerra non e' mai la soluzione. E che una soluzione diversa dalla guerra e' sempre possibile.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Simona Lembi: Ricordarci che la pace non e' mai conquistata una volta per tutte. E che per questo non si deve mai smettere di chiedere la pace.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Simona Lembi: Abbiamo avuto alle nostre spalle anni bellissimi. Sara' stata la tragedia della seconda guerra mondiale e del nazismo, ma dalla seconda meta' degli anni '40 in poi c'e' stato, trasversale ai partiti e alle diverse culture, un vero impegno per la pace. Dal nuovo millennio in poi questa consapevolezza di doversi impegnare per affermare la pace e' venuta meno. Purtroppo sta capitando come per l'economia: conquiste che davamo per acquisite sono in caduta libera. Capita anche per la nonviolenza, eppure non dobbiamo desistere.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Simona Lembi: Tenere alta la richiesta della pace come di un valore supremo a cui mai abdicare.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Simona Lembi: Penso ai tanti ragazzi, alle tante ragazze delle scuole che non rinunciano a informarsi, a partecipare ad iniziative e corsi. A manifestare la voglia di pace che c'e' anche nelle nuove generazioni.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Simona Lembi: Parlare con le persone, stare tra la gente, collaborare con gli enti locali, con le istituzioni, con le forze sociali, la societa' civile, l'associazionismo e il volontariato.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Simona Lembi: E' un percorso che rende liberi.

 

5. TESTI. WALTER BENJAMIN: TESI DI FILOSOFIA DELLA STORIA

[Riproduciamo ancora una volta questo intenso testo benjaminiano, da Walter Benjamin, Angelus novus. Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962, 1976, 1981, 1995 (ma noi abbiamo sotto gli occhi l'edizione del 1981). Questo breve scritto e' a nostro avviso un'opera ad un tempo enigmatica e capitale, fomite a molteplici riflessioni e prisma dai riflessi cangianti ad ogni rilettura; e' proprio dei pensatori piu' grandi non trarti a un consenso passivo, non emanare fogli d'ordini, ma suscitare riflessione altra e ulteriore, convocare a una crisi e a un decidersi, disporsi ad un tempo alla perplessita' ed alla persuasione, all'ascolto (sentire insieme: consentire; sentire diversamente: dissentire) che chiama alla condivisione e all'agire, farsi cercatori ed assumere responsabilita'. La traduzione e' di Renato Solmi, maestro tra i maestri.

Walter Benjamin, nato a Berlino nel 1892, saggista di sconvolgente profondita', all'avvento del nazismo abbandona la Germania, si uccide nel 1940 al confine tra Francia e Spagna per sfuggire ai nazisti. Opere di Walter Benjamin: in italiano fondamentale e' la raccolta di saggi e frammenti Angelus novus, Einaudi, Torino; e quella che prende il titolo da L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, Einaudi, Torino. Sempre presso Einaudi (che ha in corso la pubblicazione delle Opere, a cura di Giorgio Agamben) cfr. anche: Avanguardia e rivoluzione, Critiche e recensioni, Diario moscovita, Il concetto di critica nel romanticismo tedesco (Scritti 1919-1922), Il dramma barocco tedesco, Immagini di citta', Infanzia berlinese, Metafisica della gioventu' (Scritti 1910-1918), Ombre corte (Scritti 1928-1929), Parigi capitale del XIX secolo, Strada a senso unico, Sull'hascisch, Teologia e utopia (Carteggio 1933-1940 con Gershom Scholem), Tre drammi radiofonici, e le Lettere (1913-1940). Presso Adelphi cfr. la sua antologia di lettere commentate di autori del passato, Uomini tedeschi. Opere su Walter Benjamin: per la bibliografia: M. Brodersen, Walter Benjamin. Bibliografia critica generale (1913-1983), Aesthetica, Palermo 1984; R. Cavagna, Benjamin in Italia. Bibliografia italiana, 1956-1980, Sansoni, Firenze 1982. Saggi: cfr. almeno AA. VV. (a cura di Franco Rella), Materiali su Walter Benjamin, Venezia 1982; AA. VV., Paesaggi benjaminiani, fascicolo monografico della rivista "aut aut", nn. 189-190, 1982; AA. VV., Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio, Editori Riuniti, Roma 1983; Hannah Arendt, Il pescatore di perle, Mondadori, Milano 1993 (saggio incluso anche in Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino, Bologna); Fabrizio Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori Riuniti, Roma 1980; Hans Mayer, Walter Benjamin, Garzanti, Milano 1993; Gershom Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978; Gershom Scholem, Walter Benjamin. Storia di un'amicizia, Adelphi, Milano 1992. Cfr. anche Paolo Pullega, Commento alle "Tesi di filosofia della storia" di Walter Benjamin, Cappelli, Bologna 1980.

Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti mggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

 

1.

Si dice che ci fosse un automa costruito in modo tale da rispondere, ad ogni mossa di un giocatore di scacchi, con una contromossa che gli assicurava la vittoria. Un fantoccio in veste da turco, con una pipa in bocca, sedeva di fronte alla scacchiera, poggiata su un'ampia tavola. Un sistema di specchi suscitava l'illusione che questa tavola fosse trasparente da tutte le parti. In realta' c'era accoccolato un nano gobbo, che era un asso nel gioco degli scacchi e che guidava per mezzo di fili la mano del burattino. Qualcosa di simile a questo apparecchio si puo' immaginare nella filosofia. Vincere deve sempre il fantoccio chiamato "materialismo storico". Esso puo' farcela senz'altro con chiunque se prende al suo servizio la teologia, che oggi, com'e' noto, e' piccola e brutta, e che non deve farsi scorgere da nessuno.

*

2.

"Una delle caratteristiche piu' notevoli dell'animo umano, - scrive Lotze, - e', fra tanto egoismo nei particolari, la generale mancanza di invidia del presente verso il proprio futuro". La riflessione porta a concludere che l'idea di felicita' che possiamo coltivare e' tutta tinta del tempo a cui ci ha assegnato, una volta per tutte, il corso della nostra vita. Una gioia che potrebbe suscitare la nostra invidia, e' solo nell'aria che abbiamo respirato, fra persone a cui avremmo potuto rivolgerci, con donne che avrebbero potuto farci dono di se'. Nell'idea di felicita', in altre parole, vibra indissolubilmente l'idea di redenzione. Lo stesso vale per la rappresentazione del passato, che e' il compito della storia. Il passato reca seco un indice temporale che lo rimanda alla redenzione. C'e' un'intesa segreta fra le generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, e' stata data in dote una debole forza messianica, su cui il passato ha un diritto. Questa esigenza non si lascia soddisfare facilmente. Il materialista storico lo sa.

*

3.

Il cronista che enumera gli avvenimenti senza distinguere tra i piccoli e i grandi, tiene conto della verita' che nulla di cio' che si e' verificato va dato perduto per la storia. Certo, solo all'umanita' redenta tocca interamente il suo passato. Vale a dire che solo per l'umanita' redenta il passato e' citabile in ognuno dei suoi momenti. Ognuno dei suoi attimi vissuti diventa una "citation a l'ordre du jour" - e questo giorno e' il giorno finale [der juengste Tag].

*

4.

"Cercate dapprima cibo e vestimento;

e il regno di Dio vi arrivera' da solo"

(Hegel, 1807)

 

La lotta di classe, che e' sempre davanti agli occhi dello storico educato su Marx, e' una lotta per le cose rozze e materiali, senza le quali non esistono quelle piu' fini e spirituali. Ma queste ultime sono presenti, nella lotta di classe, in altra forma che non sia la semplice immagine di una preda destinata al vincitore. Esse vivono, in questa lotta, come fiducia, coraggio, umore, astuzia, impassibilita', e agiscono retroattivamente nella lontananza dei tempi. Esse rimetteranno in questione ogni vittoria che sia toccata nel tempo ai dominatori. Come i fiori volgono il capo verso il sole, cosi', in forza di un eliotropismo segreto, tutto cio' che e' stato tende a volgersi verso il sole che sta salendo nel cielo della storia. Di questa trasformazione, meno appariscente di ogni altra, deve intendersi il materialista storico.

*

5.

La vera immagine del passato passa di sfuggita. Solo nell'immagine, che balena una volta per tutte nell'attimo della sua conoscibilita', si lascia fissare il passato. "La verita' non puo' scappare" - questo motto, che e' di Gottfried Keller, segna esattamente il punto, nella concezione storicistica della storia, in cui essa e' spezzata dal materialismo storico. Poiche' e' un'immagine irrevocabile del passato che rischia di svanire ad ogni presente che non si riconosca significato, indicato in esso. (La lieta novella che lo storico del passato porta senza respiro, viene da una bocca che forse, gia' nel momento in cui si apre, parla nel vuoto).

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6.

Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo "come propriamente e' stato". Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena nell'istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di fissare l'immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al soggetto storico nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso e' lo stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che e' in procinto di sopraffarla. Il Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell'Anticristo. Solo quello storico ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza, che e' penetrato dall'idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.

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7.

"Considerate il buio e il freddo grande

di questa valle echeggiante di lacrime"

(Brecht, L'opera da tre soldi)

 

Fustel de Coulanges raccomanda allo storico che voglia rivivere un'epoca di cacciarsi di mente tutto cio' che sa del corso successivo della storia. Non si potrebbe definire meglio il procedimento con cui il materialismo storico ha rotto i ponti. E' un procedimento di immedesimazione. La sua origine e' la pigrizia del cuore, l'acedia, che dispera di impadronirsi dell'immagine storica autentica, balenante per un attimo. Essa era considerata, dai teologi del Medioevo, come il fondamento ultimo della tristezza. Flaubert, che ne aveva fatto la conoscenza, scriveva: "Peu de gens devineront combien il a fallu etre triste pour ressusciter Carthage". La natura di questa tristezza si chiarisce se ci si chiede in chi propriamente "si immedesima" lo storico dello storicismo. La risposta suona inevitabilmente: nel vincitore. Ma i padroni di ogni volta sono gli eredi di tutti quelli che hanno vinto. L'immedesimazione nel vincitore torna quindi ogni volta di vantaggio ai padroni del momento. Con cio' si e' detto abbastanza per il materialista storico. Chiunque ha riportato fino ad oggi la vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi passano sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si e' sempre usato, e' trascinata nel trionfo. Essa e' designata con l'espressione "patrimonio culturale". Esso dovra' avere, nel materialista storico, un osservatore distaccato. Poiche' tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo sguardo ha immancabilmente un'origine a cui non puo' pensare senza orrore. Esso deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno creato, ma anche alla schiavitu' senza nome dei loro contemporanei. Non e' mai documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di barbarie. E come, in se', non e' immune dalla barbarie, non lo e' nemmeno il processo della tradizione per cui e' passato dall'uno all'altro. Il materialista storico si distanzia quindi da essa nella misura del possibile. Egli considera come suo compito passare a contrappelo la storia.

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8.

La tradizione degli oppressi ci insegna che lo "stato di emergenza" in cui viviamo e' la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo fatto. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la creazione del vero stato di emergenza; e cio' migliorera' la nostra posizione nella lotta contro il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in cio' che i suoi avversari lo combattono in nome del progresso come di una legge storica. Lo stupore perche' le cose che viviamo sono "ancora" possibili nel ventesimo secolo e' tutt'altro che filosofico. Non e' all'inizio di nessuna conoscenza, se non di quella che l'idea di storia da cui proviene non sta piu' in piedi.

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9.

"La mia ala e' pronta al volo,

ritorno volentieri indietro,

poiche' restassi pur tempo vitale,

avrei poca fortuna"

(Gerhard Scholem, Il saluto dell'angelo)

 

C'e' un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si e' impigliata nelle sue ali, ed e' cosi' forte che egli non puo' piu' chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Cio' che chiamiamo il progresso, e' questa tempesta.

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10.

Gli oggetti che la regola dei conventi dava in meditazione ai fratelli, avevano il compito di distoglierli dal mondo e dalle sue faccende. Il pensiero che svolgiamo qui nasce da una determinazione analoga. Esso si propone, nel momento che i politici in cui avevano sperato gli avversari del fascismo giacciono a terra e ribadiscono la disfatta col tradimento della loro causa, di liberare l'infante politico mondiale dalle pastoie in cui lo hanno avviluppato. La considerazione muove dal fatto che la cieca fede nel progresso di quei politici, la loro fiducia nella loro "base di massa", e infine il loro servile inquadramento in un apparato incontrollabile, non erano che tre aspetti della stessa cosa. Essa cerca di dare l'idea di quanto deve costare, al nostro pensiero abituale, una concezione della storia che eviti ogni complicita' con quella cui quei politici continuano ad attenersi.

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11.

Il conformismo, che e' sempre stato di casa nella socialdemocrazia, non riguarda solo la sua tattica politica, ma anche le sue idee economiche. Ed e' una delle cause del suo sfacelo successivo. Nulla ha corrotto la classe operaia tedesca come l'opinione di nuotare con la corrente. Lo sviluppo tecnico era il filo della corrente con cui credeva di nuotare. Di qui c'era solo un passo all'illusione che il lavoro di fabbrica, trovandosi nella direzione del progresso tecnico, fosse gia' un'azione politica. La vecchia morale protestante del lavoro celebrava la sua resurrezione - in forma secolarizzata - fra gli operai tedeschi. Il programma di Gotha reca gia' tracce di questa confusione. Esso definisce il lavoro come "la fonte di ogni ricchezza e di ogni cultura". Allarmato, Marx ribatte' che l'uomo che non possiede altra proprieta' che la sua forza-lavoro, "non puo' non essere lo schiavo degli altri uomini che si sono resi... proprietari". Ciononostante la confusione continua a diffondersi, e poco dopo Josef Dietzgen proclama: "Il lavoro e' il messia del tempo nuovo. Nel... miglioramento... del lavoro... consiste la ricchezza, che potra' fare cio' che nessun redentore ha compiuto". Questo concetto della natura del lavoro, proprio del marxismo volgare, non si ferma troppo sulla questione dell'effetto che il prodotto del lavoro ha sui lavoratori finche' essi non possono disporne. Esso non vuol vedere che i progressi del dominio della natura, e non i regressi della societa'; e mostra gia' i tratti tecnocratici che appariranno piu' tardi nel fascismo. Fra cui c'e' anche un concetto di natura che si allontana funestamente da quello delle utopie socialiste anteriori al '48. Il lavoro, come e' ormai concepito, si risolve nello sfruttamento della natura, che viene opposto - con ingenuo compiacimento - a quello del proletariato. Paragonate a questa concezione positivistica, le fantasticherie che hanno tanto contribuito a far ridere di Fourier, rivelano un senso meravigliosamente sano. Secondo Fourier, il lavoro sociale ben ordinato avrebbe avuto per effetto che quattro lune avrebbero illuminato la notte terrestre, che il ghiaccio si sarebbe ritirato dai poli, che l'acqua del mare non avrebbe piu' saputo di sale, e che gli animali feroci sarebbero entrati al servizio degli uomini. Tutto cio' illustra un lavoro che, lungi dallo sfruttare la natura, e' in grado di sgravarla dalle creature che dormono latenti nel suo grembo. Al concetto corrotto del lavoro appartiene come suo complemento la natura che, per dirla con Dietzgen, "esiste gratuitamente".

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12.

"Noi abbiamo bisogno della storia, ma ne abbiamo bisogno altrimenti che il fannullone viziato nei giardini del sapere"

(Nietzsche, Sull'utilita' e il danno della storia)

 

Il soggetto della conoscenza storica e' la classe stessa oppressa che combatte. In Marx essa appare come l'ultima classe schiava, come la classe vendicatrice, che porta a termine l'opera della liberazione in nome di generazioni di vinti. Questa coscienza, che e' tornata ad affermarsi per breve tempo nella Lega di Spartaco, e' sempre stata ostica alla socialdemocrazia. Nel corso di trent'anni essa e' riuscita ad estinguere quasi completamente il nome di un Blanqui, che ha fatto tremare col suo timbro metallico il secolo precedente. Essa si compiaceva di assegnare alla classe operaia la parte di redentrice delle generazioni future. E cosi' le spezzava il nerbo migliore della sua forza. La classe disapprese, a questa scuola, sia l'odio che la volonta' di sacrificio. Poiche' entrambi si alimentano all'immagine degli avi asserviti, e non all'ideale dei liberi nipoti.

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13.

"Forse che la nostra causa non diventa ogni giorno piu' chiara, e il popolo ogni giorno piu' saggio?"

(Wilhelm Dietzgen, La religione della socialdemocrazia)

 

La teoria socialdemocratica, e piu' ancora la prassi, era determinata da un concetto di progresso che non si atteneva alla realta', ma presentava un'istanza dogmatica. Il progresso, come si delineava nel pensiero dei socialdemocratici, era, anzitutto, un progresso dell'umanita' stessa (e non solo delle sue capacita' e conoscenze). Era, in secondo luogo, un progresso interminabile (corrispondente a una perfettibilita' infinita dell'umanita'). Ed era, in terzo luogo, essenzialmente incessante (tale da percorrere spontaneamente una linea retta o spirale). Ciascuno di questi predicati e' controverso, e da ciascuno potrebbe prendere le mosse la critica. Ma essa, se si vuol fare sul serio, deve risalire oltre questi predicati e rivolgersi a qualcosa di comune a essi tutti. La concezione di un progresso del genere umano nella storia e' inseparabile da quella del processo della storia stessa come percorrente un tempo omogeneo e vuoto. La critica dell'idea di questo processo deve costituire la base della critica dell'idea del progresso come tale.

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14.

"L'origine e' la meta"

(Karl Kraus, Parole in versi I)

 

La storia e' oggetto di una costruzione il cui luogo non e' il tempo omogeneo e vuoto, ma quello pieno di "attualita'" [Jetztzeit]. Cosi', per Robespierre, la Roma antica era un passato carico di attualita', che egli faceva schizzare dalla continuita' della storia. La Rivoluzione francese s'intendeva come una Roma ritornata. Essa richiamava l'antica Roma esattamente come la moda richiama in vita un costume d'altri tempi. La moda ha il senso dell'attuale, dovunque esso viva nella selva del passato. Essa e' un balzo di tigre nel passato. Ma questo balzo ha luogo in un'arena dove comanda la classe dominante. Lo stesso balzo, sotto il cielo libero della storia, e' quello dialettico, come Marx ha inteso la rivoluzione.

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15.

La coscienza di far saltare il continuum della storia e' propria delle classi rivoluzionarie nell'attimo della loro azione. La grande rivoluzione ha introdotto un nuovo calendario. Il giorno in cui ha inizio un calendario funge da acceleratore storico. Ed e' in fondo lo stesso giorno che ritorna sempre nella forma dei giorni festivi, che sono i giorni del ricordo. I calendari non misurano il tempo come orologi. Essi sono monumenti di una coscienza storica di cui in Europa, da cento anni a questa parte, sembrano essersi perdute le tracce. Ancora nella Rivoluzione di Luglio si e' verificato un episodio in cui si e' affermata questa coscienza. Quando scese la sera del primo giorno di battaglia, avvenne che in molti luoghi di Parigi, indipendentemente e nello stesso tempo, si sparasse contro gli orologi delle torri. Un testimone oculare, che deve forse la sua divinazione alla rima, scrisse allora: "Qui le croirait! on dit, qu'irrites contre l'heure / De nouveaux Josues au pied de chaque tour / Tiraient sur les cadrans pour arreter le jour".

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16.

Al concetto di un presente che non e' passaggio, ma in bilico nel tempo ed immobile, il materialista storico non puo' rinunciare. Poiche' questo concetto definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive storia. lo storicismo postula un'immagine "eterna" del passato, il materialista storico un'esperienza unica con esso. Egli lascia che altri sprechino le proprie forze con la meretrice "C'era una volta" nel bordello dello storicismo. Egli rimane signore delle sue forze: uomo abbastanza per far saltare il continuum della storia.

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17.

Lo storicismo culmina in linea di diritto nella "storia universale" [Universalgeschichte]. Da cui la storiografia materialistica si differenzia - dal punto di vista metodico - forse piu' nettamente che da ogni altra. La prima non ha un'armatura teoretica. Il suo procedimento e' quello dell'addizione; essa fornisce una massa di fatti per riempire il tempo omogeneo e vuoto. Alla base della storiografia materialistica e' invece un principio costruttivo. Al pensiero non appartiene solo il movimento delle idee, ma anche il loro arresto. Quando il pensiero si arresta di colpo in una costellazione carica di tensioni, le impartisce un urto per cui esso si cristallizza in una monade. Il materialista storico affronta un oggetto storico unicamente e solo dove esso gli si presenta come monade. In questa struttura egli riconosce il segno di un arresto messianico dell'accadere o, detto altrimenti, di una chance rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso. Egli la coglie per far saltare un'epoca determinata dal corso omogeneo della storia; come per far saltare una determinata vita dall'epoca, una determinata opera dall'opera complessiva. Il risultato del suo procedere e' che nell'opera e' conservata e soppressa l'opera complessiva, nell'opera complessiva l'epoca e nell'epoca l'intero decorso della storia. Il frutto nutriente dello storicamente compreso ha dentro di se' il tempo, come il seme prezioso ma privo di sapore.

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18.

"I cinque scarsi decenni dell'homo sapiens - dice un biologo moderno - rappresentano, in rapporto alla storia della vita organica sulla terra, qualcosa come due secondi al termine di una giornata di ventiquattr'ore. La storia infine dell'umanita' civilizzata occuperebbe, riportata su questa scala, un quinto dell'ultimo secondo dell'ultima ora". Il tempo attuale [die Jetztzeit], che, come modello del tempo messianico, riassume in una grandiosa abbreviazione la storia dell'intera umanita', coincide esattamente con la parte che la storia dell'umanita' occupa nell'universo.

a) Lo storicismo si accontenta di stabilire un nesso causale fra momenti diversi della storia. Ma nessun fatto, perche' causa, e' gia' percio' storico. Lo diventera' solo dopo, postumamente, in seguito a fatti che possono esserne divisi da millenni. Lo storico che muove da questa constatazione cessa di lasciarsi scorrere fra le dita la successione dei fatti come un rosario. Coglie la costellazione in cui la sua propria epoca e' entrata con un'epoca anteriore affatto determinata. E fonda cosi' un concetto del presente come del "tempo attuale", in cui sono sparse schegge di quello messianico.

b) E' certo che il tempo non era appreso dagli indovini, che cercavano di estrarne cio' che si cela nel suo grembo, come omogeneo ne' come vuoto. Chi tenga presente questo, puo' forse giungere a farsi un'idea del modo in cui il passato era appreso nella memoria: e cioe' nello stesso. E' noto che agli ebrei era vietato investigare il futuro. La thora' e la preghiera li istruiscono invece nella memoria. Cio' li liberava dal fascino del futuro, a cui soggiacciono quelli che cercano informazioni presso gli indovini. Ma non per questo il futuro divento' per gli ebrei un tempo omogeneo e vuoto. Poiche' ogni secondo, in esso, era la piccola porta da cui poteva entrare il Messia.

 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Numero 396 del 13 agosto 2011

 

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