Telegrammi. 646



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 646 del 13 agosto 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Osvaldo Ercoli: Riflessioni sulla marcia della pace

2. Una lettera di Vittorio Fagioli

3. Sette domande ad Adriano Moratto

4. Sette domande a Vincenzo Puggioni

5. Gloria Steinem: Ne' una pietra ne' un fiore

6. Gabriela De Cicco intervista Jessica Sanchez

7. Marjorie Kehe intervista Kathryn Bolkovac

8. "Centro Gandhi" di Pisa: Un appello da Pisa per la pace

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. OSVALDO ERCOLI: RIFLESSIONI SULLA MARCIA DELLA PACE

[Ringraziamo Osvaldo Ercoli (per contatti: osvaldo.ercoli at fastwebnet.it) per questo intervento.

Osvaldo Ercoli, gia' professore amatissimo da generazioni di allievi, gia' consigliere comunale e provinciale, impegnato nel volontariato, nella difesa dell'ambiente, per la pace e i diritti di tutti, e' per unanime consenso nel viterbese una delle piu' prestigiose autorita' morali. Il suo rigore etico e la sua limpida generosita' a Viterbo sono proverbiali. E' tra gli animatori del comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Nel 2007 ha promosso un appello per salvare l'area archeologica, naturalistica e termale del Bulicame dalla devastazione]

 

Vorrei tanto auspicare che l'alba del 25 settembre 2011 illuminasse la mente di tutti gli uomini e le donne facendo loro capire che solo la collaborazione ed il dialogo fra tutti i popoli puo' creare le condizioni per una civile convivenza di pace e serenita'.

Questa alba radiosa, auspicata e sperata tante volte, ma purtroppo altrettante volte auspicata e sperata invano. L'esperienza ci ha lasciato tante volte delusi ed amareggiati, costretti a vedere il ripetersi di spettacoli di malvagita' e spargimenti di sangue finanche "in nome della giustizia, della democrazia e della pace".

Vorrei che il prossimo 25 settembre la marcia che inizia a Perugia e termina ad Assisi, quando il primo partecipante si trovera' ad Assisi l'ultimo si trovi ancora a Perugia.

E' indispensabile e necessario aumentare l'informazione e la diffusione della cultura della nonviolenza, specialmente negli ambienti piu' sensibili, quali quelli giovanili, e lavorare tutti insieme per la difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani.

E' necessario scandire lungo la marcia, senza remore alcuna, che la guerra e' un crimine contro l'umanita' ed e' vietata dalla nostra Costituzione (art. 11), e pertanto che cessi la guerra in Libia ed in Afghanistan.

E' necessario invocare il diritto d'asilo e di assistenza per tutti i profughi e migranti, vittime della guerra, della fame, delle ingiustizie.

E' necessario ricordare a gran voce a tutti i politici che il popolo della pace non crede alle "guerre umanitarie" e alle "guerre in difesa delle liberta'".

Le guerre uccidono ragazzi innocenti che le lacrime di coccodrillo di militari e politici non potranno mai piu' restituirci.

Nel cinquantesimo anniversario della marcia e della fondazione del Movimento Nonviolento, ricordiamo che Aldo Capitini volle dare vita ad uno strumento utile per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale ad ogni livello, locale, nazionale, internazionale, ossia operare per la pace e la giustizia attraverso la nonviolenza.

Lo strumento e' prezioso, facciamone tesoro, ed applichiamolo nel giusto modo.

L'era planetaria contemporanea ha esigenze che vanno dalla grave situazione ambientale del pianeta, alla ricerca di energie alternative, alla risoluzione della fame nel mondo.

Problematiche che per la loro soluzione richiedono condivisione di idee, di valori e di opinioni con il fratello e la sorella, amiche e amici, compagne e compagni; confronto e costruzione di progetti e speranze condividendo gioie e dolori, successi e delusioni.

Questa ricchezza di doni puo' venire solo da una pace vera e totale come ha sempre auspicato Aldo Capitini.

 

2. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. UNA LETTERA DI VITTORIO FAGIOLI

[Ringraziamo Vittorio Fagioli (per contatti: antonia.sani at alice.it) per questa lettera di risposta a una richiesta di intervista.

Vittorio Fagioli, coordinatore nazionale delle Associazioni in lotta contro l'elettrosmog (Alce), e' impegnato in molte esperienze e iniziative in difesa dell'ambiente]

 

... credo che dovremmo, a settembre, cercare di unire gli sforzi di quelle associazioni e comitati che nella lotta quotidiana danno il senso della possibilita' di costruire un diverso futuro.

Futuro che non potra' costruirsi con il vecchio armamentario della politica, ma solo con la discesa nell'agone di nuovi protagonisti, di cui tali forme asssociative ed il dibattito che all'interno vi si svolge possono essere una buona base di partenza. Solo quando a comandare non saranno interessi inconfessabili ma finalmente il buon senso, si possono fare scelte utili alla vita degli esseri viventi tutti.

... Sono sempre più convinto della necessita' di una vera rivoluzione in Italia, che Monicelli prima di morire reclamava come estremamente necessaria "che' l'Italia non ne ha mai avuta una veramente", tanto e' l'odore di tanfo della casta, da tempo non piu' riformabile. E il vento delle rivolte si e' gia' sollevato dentro questa crisi mondiale...

 

3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE AD ADRIANO MORATTO

[Ringraziamo Adriano Moratto (per contatti: movimentononviolento.bs at alice.it) per questa intervista.

Adriano Moratto, nato nel 1949, "maestro muratore, aspirante contadino", attualmente e' uno dei responsabili della sede di Brescia del Movimento Nonviolento; impegnato da sempre in molte iniziative di pace e di solidarieta', e' una delle figure piu' note e autorevoli dell'impegno nonviolento in Italia. Un'ampia intervista ad Adriano Moratto e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 221]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Adriano Moratto: Penso che il dato piu' rilevante sia che dopo 50 anni si continui a parlare di pace, seppure a volte con molte ambiguita' strumentali, coinvolgendo le nuove generazioni.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Adriano Moratto: Non sono un profeta, ma posso solo dire che mi auguro giunga un segnale chiaro e forte contro la guerra, per il ripristino del rispetto dell'articolo 11 della Costituzione ed il ritiro delle truppe dalle guerre in corso, comunque vengano chiamate.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Adriano Moratto: Di nonviolenza se ne parla molto, ma e' poco conosciuta e meno praticata; anche se ci sono diverse realta' nella societa' civile che si muovono nella direzione della nonviolenza. E' scarsa ed assente sul piano della rappresentanza parlamentare e di governo.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Adriano Moratto: Quello che sta svolgendo da 50 anni: riproporre con convinzione le tesi della sua carta programmatica. Ribadire un programma politico che sara' lievito per la nuova societa'.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Adriano Moratto: So di far torto ad altre realta', ma direi no-Tav in Val di Susa e la primavera araba, in particolare in Egitto.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Adriano Moratto: La difesa della Costituzione, il rispetto del ripudio della guerra stabilito dall'articolo 11 ed impedire le ventilate modifiche agli articoli 41 e 81. E sul piano socio-economico contrastare il terrorismo finanziario di questi giorni che sembra fatto apposta per giustificare il regalo delle proprieta' pubbliche alle solite lobby privatistiche, progetto che come si vede vanifica di fatto i referendum appena tenuti. Per questo mi immaginerei una richiesta di incontro con il Presidente della Repubblica su questi temi (ma anche quelli precedenti - in particolare l'articolo 11) per ricordargli che la volonta' popolare espressa il 12-13 giugno non puo' essere sovvertita da un governo che rappresenta a malapena il 33% dell'elettorato.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Adriano Moratto: Risponderei che la nonviolenza e' l'unica risposta semplice e razionale ai problemi dell'umanita'. La liberta', la pace, la giustizia sociale e la fratellanza sono garantiti e difesi solo da coerenti mezzi e metodi nonviolenti. Per accostarsi alla nonviolenza basta guardarsi allo specchio una volta al giorno e chiedersi se quello che facciamo nella nostra giornata e' utile per la persona piu' povera, debole e oppressa che conosciamo. Poi agire di conseguenza.

 

4. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A VINCENZO PUGGIONI

[Ringraziamo Vincenzo Puggioni (per contatti: v.puggioni at tiscali.it) per questa intervista.

Vincenzo Puggioni e' da sempre impegnato per un mondo piu' giusto, una vita piu' degna, una solidarieta' che tutti raggiunga. "... piu' con le azioni che con le parole cerco di spazzare via un po' del lerciume che, ogni giorno, infanga la vita di uomini e animali". Dall'ampia intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 279 riprendiamo la seguente breve notizia biografica: "sono stato un obiettore, partecipo attivamente al consumo critico e a campagne di boicottaggio, mi impegno nel sociale anche in altri modi..."]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Vincenzo Puggioni: Penso quello di richiamare societa' civile ed istituzioni politiche ad un'attenzione particolare su un mondo che stava cambiando verso il peggio. E di riunione intorno a se' le diverse anime del mondo pacifista che, una volta tanto, si sono mostrate capaci di abbandonare le proprie specificita' per farsi una sola voce.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Vincenzo Puggioni: Non sto seguendo con attenzione ne' so quale ne sara' lo specifico oggetto; a me piace pensare che si rifletta sulla violenza che l'economia di mercato sta generando sulla vita di milioni di persone, per non far dimenticare che esiste per tutti una vita da migranti dietro l'angolo ed una qualche Lampedusa su cui sperare di attraccare per sfuggire alla violenza ed alla morte, comunque per trovare una vita migliore. Ugualmente, per aiutarci a puntare riflettori sempre piu' potenti su quella minoranza sempre piu' agiata e numericamente in decrescita. Spingere tutti assieme per ridurre la forbice tra pochi e sempre piu' ricchi, e tanti, la moltitudine, sempre piu' privata dei diritti e delle risorse di base.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Vincenzo Puggioni: Non ne ho coscienza. Ne' purtroppo aiutano media a cui interessa la violenza soltanto, per farne pianto tra uno spot e l'altro.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Vincenzo Puggioni: Fondamentale, anche se all'apparenza perdente. Cerco di essere sintetico. La violenza del sistema e' strutturale, chi sta fuori dal castello deve cercare di arrangiarsi con quel che trova possibilmente senza cercare di creare problemi. Di fronte alla negazione, pero', l'istinto ha quasi sempre ragione sulla ragione. Dunque la protesta si incanala in binari sbagliati, perche' non si puo' vincere la violenza utilizzandone dell'altra. Mani nude e alzate invece confondono e creano preoccupazione e a volte panico, in chi invece vuole la violenza per non dover dare risposte concrete. Genova prima, Val di Susa oggi: se vogliamo capirci qualcosa, dobbiamo andare a cercarla ed insistere perche', al contrario, ci parleranno sempre e solo delle "violenze" e dei "facinorosi" ma mai dei contenuti. Ecco perche' penso che la nonviolenza e' l'unica "arma" che puo' sconfiggere la prepotenza, anche se apparentemente gia' vinta in partenza.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Vincenzo Puggioni: Direi le tante manifestazioni nel Nordafrica, dittatori scalzati da centinaia di migliaia di persone stanche di subire arroganze e violenza. Il rischio, purtroppo, e' che al posto dei dittatori di oggi ne subentreranno di nuovi e che mai ci sara' spazio per un'Africa realmente libera di ricostruirsi dal punto di vista istituzionale ed economico - perche' anche oggi, secolo XXI, le infrastrutture, i commerci, il potere sono in mano ad altri continenti? L'Europa in primis, che pretende di continuare a sfruttare le risorse di quei Paesi senza che poi quella gente venga a cercare ristoro in casa di chi porta via loro la vita.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Vincenzo Puggioni: Comincerei dal nostro di Paese, dall'Italia, che avrebbe tanto bisogno di un popolo nonviolento per creare un cambiamento. Una sorta di rivoluzione silenziosa ma visibile, scalza ma che cammina, ferma come possono essere centinaia di persone che bloccano il cuore di una citta' con un sit-in ma che costringono il potere a muoversi. Laddove esistono serie carenze democratiche, quando un Paese diventa una triste rappresentazione teatrale di "uomini forti che tanto ci pensano loro", a quel punto, subentra la necessita' di farsi presenti per restituire ai cittadini la consapevolezza dei propri diritti. Stringersi intorno alla Costituzione scritta col sangue di quelli che oggi sono dimenticati e a volte derisi, ricordarci che piangere a volte puo' davvero aiutarci a non commiserare gli altri ma a partecipare appieno alle loro lotte di liberazione, che poi sono le nostre, oggi da questa parte della barricata ma domani chi lo sa...

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Vincenzo Puggioni: Prova a far finta di non aver mai vissuto, chiudi gli occhi e riaprili e guarda il mondo. Quanto ti ci vorra' per capire che e' senza giustizia, quanto ti ci vorra' per capire che va cambiato? Come potrai combattere arroganza e soprusi, utilizzando gli stessi strumenti per sopravanzare chi ti calpesta e lasciarlo morto in terra? Non sari poi costretto a soggiogarlo con la stessa arroganza che non sopportavi? Non so come ci si avvicini alla nonviolenza; per certo partire da quelli che consideriamo essere inferiori, siano essi uomini animali o vegetali, puo' riportarci ad una dimensione giusta ed alla scoperta dei nostri limiti, per accettare quelli altrui. In un mondo dove basta un'occhiata di traverso per essere pestati a sangue e' comunque difficile parlare di nonviolenza; quasi impossibile farlo capire a bimbi che, tra qualche anno, avranno in mano il mondo che ora subiscono.

 

5. COREA DEL SUD. GLORIA STEINEM: NE' UNA PIETRA' NE' UN FIORE

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Gloria Steinem dal titolo "The Arms Race Intrudes on Paradise", apparso sul "New York Times" del 6 agosto 2011.

Gloria Steinem, prestigiosa scrittrice ed attivista femminista, e' anche la cofondatrice del Women's Media Center. Cfr. anche il sito www.gloriasteinem.com]

 

Ci sono azioni per cui noi che viviamo oggi saremo giudicati nei secoli futuri. La sola domanda sara': Cosa sapevamo, e quando siamo venuti a saperlo? Credo che una delle azioni sottoposte a giudizio potrebbe essere cio' che voi ed io faremo rispetto alla militarizzazione dell'Isola di Jeju, in Corea del Sud, a beneficio della corsa agli armamenti.

Jeju non e' detta il piu' bel posto sulla Terra per niente. Antichi vulcani sono diventati picchi coperti di neve, con puri ruscelli di montagna che scorrono verso le spiagge vulcaniche ed i banchi di corallo soffice. In mezzo vi sono colline verdi coperte di fiori selvatici, boschetti di mandarini, foreste di noci moscate, piantagioni di te' ed orchidee rare che crescono spontaneamente: ed il tutto esiste in pace con le fattorie, le locande e le piccole citta'. L'Unesco (l'organizzazione delle Nazioni Unite preposta ad istruzione, scienza e cultura) ha designato l'Isola di Jeju come "tesoro naturale" del mondo.

Ora, una base navale sta per distruggere un segmento cruciale della costa di Jeju e lo fara' per alloggiare e servire altri distruttori con sofisticati sistemi missilistici e balistici ed applicazioni per la guerra "spaziale". La Cina e la Corea del Sud hanno relazioni amichevoli, al momento. Ma questa base navale non e' solo un disastro ambientale, potrebbe rivelarsi una provocazione globalmente pericolosa.

I residenti di Gangjeong, il villaggio che dovrebbe ospitare la base, stanno vivendo in tende erette lungo tutta la costa in questione nel tentativo di fermare l'attivita' dei bulldozer. Il villaggio, gia' parecchi anni fa, aveva votato contro l'istituzione della base navale. Hanno tentato di arrestare i lavori con cause legali e petizioni per uno studio accurato dell'impatto ambientale. Sono stati multati, picchiati, arrestati ed imprigionati. Hanno intrapreso scioperi della fame, si sono incatenati a tutto il possibile, hanno invitato turisti affinche' capissero cosa c'e' in gioco, hanno aperto siti web e si sono guadagnati il sostegno delle organizzazioni pacifiste a livello internazionale.

I membri della Campagna "No alla base navale", bambini inclusi, vivono accampati sulla spiaggia dietro alti muri costruiti attorno al sito dei lavori proprio per nascondere le proteste. All'esterno, la polizia controlla. E questo sta andando avanti da piu' di quattro anni.

Potreste chiedervi perche' non ne avete mai sentito parlare. Dubito che l'avrei saputo io stessa, tuttavia, se non avessi visitato l'isola di Jeju nove anni fa, incapace da allora di dimenticare la sua bellezza e le sue tradizioni che evocano un'antica cultura basata sul bilanciamento. Si dice che l'isola sia il corpo stesso della Dea della Creazione, ed e' spesso chiamata "L'Isola delle Donne". E' infatti la casa delle leggendarie pescatrici subacquee conosciute come "Haenyeo", e dei boschetti consacrati alla Dea e di tradizioni sciamaniche. In special modo per le donne, Jeju e' diventata il simbolo delle "cose com'erano una volta, e come potrebbero essere oggi".

Il mezzo milione di abitanti dell'isola conserva memorie di terribili perdite. Prima e durante la seconda guerra mondiale, l'esercito giapponese uso' i residenti di Jeju come lavoratori forzati e ne uccise molti. Poco prima della guerra di Corea, le forze armate della Corea del Sud bruciarono interi villaggi ed uccisero circa 30.000 persone: perche' i residenti non volevano dividere l'Isola fra Nord e Sud e furono quindi etichettati come "comunisti". Ma con il lavoro e l'antica saggezza, Jeju gradualmente ha recuperato la sua peculiare pacifica cultura diventando l'unica provincia autonoma della Corea del Sud. Nel 2006, l'allora Presidente del paese, Roh Moo-hyun, chiese perdono per il massacro e dichiaro' Jeju "Isola della Pace Mondiale".

Quando sono stata invitata, nel maggio scorso, a visitare di nuovo Jeju (dalle amiche del movimento delle donne coreane) ho visto come attrae conferenze di pace, sposi in luna di miele, ambientalisti, biologi marini, troupe cinematografiche, pellegrini e turisti. Ho visitato il campo di pace, sotto lo sguardo di poliziotti minacciosi e fra bulldozer in attesa. Il sindaco di Gangjeong, leader dei resistenti, mi ha detto quietamente che sia lui sia gli altri daranno volentieri la vita pur di impedire la costruzione della base. Sua madre, che ha 92 anni, fa tutte le sere il percorso dal villaggio alla spiaggia per accertarsi se il figlio sia ancora vivo.

L'attuale Presidente coreano, Lee Myung-bak, ex presidente di una societa' di costruzioni e conosciuto come "Il signor Bulldozer", non ha ancora avuto ripensamenti. Piuttosto, sembra avere con i mattoni la stessa relazione che il Presidente Bush aveva con il petrolio. Temo anche che la Corea del Sud sia l'estremita' scodinzolante di un cane chiamato Pentagono. Il Presidente suo predecessore, diversamente, disse che sarebbe morto con due rimpianti: l'aver mandato truppe coreane in guerra in Iraq e l'aver permesso la costruzione della base sull'isola di Jeju.

Jeju e' sulla ristretta lista di una campagna pubblica internazionale tesa a scegliere le nuove "sette meraviglie mondiali" ed il Presidente Lee e' un attivo sostenitore della candidatura dell'Isola. Forse sara' costretto a scegliere. Come potra' Jeju essere una delle sette meraviglie quando la sua candidatura si basa su una natura che sta per essere distrutta?

Nel frattempo, molte piu' persone stanno firmando appelli di protesta sul web, stanno chiamando chiunque conoscano a Washington o si stanno recando a Jeju per proteggere e sostenere i dimostranti e far capire che il futuro economico dell'isola sta nel turismo, non nei fucili o nelle basi militari. Nel quotidiano scambio di e-mail con i dimostranti di Jeju, ho saputo che i bulldozer stanno sistemando strati di piccole rocce in preparazione della colata di cemento da gettare sulla lava e sul corallo vivente. Quando i bulldozer si ritirano, i bambini raccolgono tutte queste rocce, ne fanno delle torri e su ogni torre piantano una bandiera della pace.

Per quando mi riguarda, sto scrivendo questo pezzo, ho messo una petizione sulla mia pagina Facebook e spero in un sufficiente attivismo del tipo "primavera araba" per rovesciare la base navale.

Non ho mai avuto meno indizi su cosa potra' accadere. Posso ancora sentire i delfini di Jeju che gridano, come se percepissero il pericolo. Tuttavia, la mia fede e' nei residenti che dicono: "Non toccate nessuna pietra, non toccate nessun fiore".

Inoltre, ora anche voi sapete.

 

6. HONDURAS. GABRIELA DE CICCO INTERVISTA JESSICA SANCHEZ

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista intitolata "Poesia contro il golpe", nell'originale: "Honduras: Neither Striking Down The State, Nor Striking Down Women", di Gabriela De Cicco per Awid (www.awid.org), 31 luglio 2011]

 

L'Honduras, nell'America Centrale, ha una popolazione che conta un po' piu' di otto milioni di persone. Nel 2009, una contesa politica sui piani per riscrivere la Costituzione honduregna ebbe come esito l'allontanamento del Presidente Manuel Zelaya a seguito di un colpo di stato da parte delle forze dominanti del paese: capi militari, politici conservatori dei partiti Liberale e Nazionale, proprietari dei principali media, proprietari terrieri e uomini d'affari dell'oligarchia. Roberto Micheletti Bain fu insediato come Presidente ad interim e, nel novembre dello stesso anno, si tennero elezioni nazionali. Il 27 gennaio 2010 il neoeletto Presidente Porfirio Lobo Sosa prese il suo posto. Ma cio' non ha messo fine alla crisi che attraversa il paese e la violenza e la repressione continuano. Awid ha parlato con Jessica Sanchez, un'attivista di "Feminists in Resistance" (FeR), del movimento di resistenza delle donne e dello stato attuale dei diritti umani delle donne in Honduras.

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- Gabriela De Cicco: Cos'e' il Movimento di resistenza popolare (Mrp)?

- Jessica Sanchez: E' il movimento sociale che si e' creato a seguito del colpo di stato, ed e' composto da donne, lavoratori, organizzazioni rurali ed indigene, associazioni commerciali e sindacati, ed il movimento Lgbti (lesbico, gay, bisessuale, transgender e intersessuale). E' venuto alla luce per rendere visibili le richieste di persone che per vent'anni hanno sopportato colpi di stato militari, violenza, poverta' ed esclusione grazie alle classi d'elite del paese. Gli ufficiali dell'esercito ed i leader responsabili del colpo di stato hanno sottostimato la reazione popolare. Non si erano aspettati che la gente sarebbe scesa in strada per resistere tramite manifestazioni pacifiche, un giorno dopo l'altro, in diverse citta' in tutto il paese.

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- Gabriela De Cicco: La repressione e' aumentata a causa della continua resistenza? Quali gruppi sono stati bersagli per la repressione?

- Jessica Sanchez: Si', di fronte alla disobbedienza civile, le autorita' "de facto" hanno emanato un decreto che permette l'uso della forza alla polizia e all'esercito e cio' e' cresciuto sempre di piu' mano a mano che sempre piu' persone si univano alla resistenza. I metodi nell'uso della forza si sono pure intensificati negli ultimi mesi, e includono arresti, diverse forme di tortura (pestaggi, ossa spezzate di proposito), stupri, minacce e molestie, il tutto diretto contro i leader del movimento sociale, in particolar modo giovani e donne. Gli insegnanti, ad esempio, stavano protestando perche' il loro Statuto e' stato rigettato e non implementato, e quando sono scesi in strada con i loro sindacati sono stati violentemente repressi con gas tossici e arresti. Il governo ha inoltre sospeso piu' di 300 insegnanti, come misura punitiva, e costoro stanno ancora lottando per essere reintegrati nel posto di lavoro. Il movimento contadino di Aguan, nel nord del paese, e' un altro gruppo che subisce ancora violenza. Trenta omicidi di attivisti che lottavano per difendere le terre loro confiscate sono stati documentati negli ultimi 15 mesi. La popolazione dell'isola Zacate Grande si trova in circostanze simili, e' minacciata di evacuazione, violenza e persino morte perche' sta difendendo il proprio territorio. Anche il personale dei media ha dovuto portare il peso della violenza: 12 giornalisti sono stati assassinati durante il periodo dell'amministrazione Porfirio Lobo. Sino ad ora lo stato non ha riconosciuto le violazioni dei diritti umani che sono avvenute sin dall'inizio del colpo di stato, il 28 giugno 2009. E' percio' che i movimenti sociali del paese, incluso il movimento femminista, si stanno opponendo con forza alla reintroduzione di Honduras nell'Organizzazione degli Stati Americani (Oas) ed hanno protestato in occasione del recente incontro in Salvador.

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- Gabriela De Cicco: E' vero che la violenza contro le donne e' aumentata di pari passo con la repressione?

- Jessica Sanchez: Piu' di 400 atti di violenza di genere sono stati documentati, fra il 2009 ed il 2010, dal "Comitato delle famiglie degli arrestati-scomparsi" e dalla coalizione "Feminists in Resistance". Il rapporto, sottoposto alla Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani, descrive questi atti: torture, pestaggi, abusi sessuali, arresti, minacce di stupro e molestie, diretti a membri e leader donne del Movimento di resistenza popolare. La repressione nei barrios (quartieri ove vivono vivono proletari e classe media), attuata tramite i raid polizieschi, ha costretto le donne a fuggire dalle proprie case per proteggere se stesse e le proprie famiglie.

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- Gabriela De Cicco: In che modo sono stati toccati i diritti delle donne dopo il colpo di stato?

- Jessica Sanchez: Le istituzioni create per lo sviluppo e l'amministrazione della giustizia, dirette alle donne, sono state indebolite. Cio' e' allarmante, perche' in questo clima di impunita' i femminicidi sono aumentati di piu' del 60%, secondo i dati ufficiali: siamo passati da 252 omicidi di donne nel 2008 ai 407 del 2009. Nel 2010 il trend e' continuato, e ai primi di marzo del 2011 gia' 55 omicidi classificabili come femminicidi sono stati denunciati. Dal punto di vista delle politiche pubbliche c'e' stato un sensibile passo indietro quando e' scattata la proibizione per la vendita e l'uso della contraccezione d'emergenza. Il processo consultivo che doveva portare al secondo Piano per l'eguaglianza e l'equita' di genere e' stato fermato.

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- Gabriela De Cicco: Perche', e in che modi, le femministe ed altri movimenti sociali stanno resistendo al governo "de facto"?

- Jessica Sanchez: Come femministe, continuiamo a resistere perche' crediamo nella democrazia genuina che comprende l'equita', e nel riconoscimento dei nostri diritti quali esseri umani e costruttrici di cittadinanza, e dobbiamo lottare per questo. Stiamo costruendo un movimento sociale anti-patriarcale che opera al di fuori della logica militare e neoliberista; un movimento per il dialogo e per il cambiamento, in cui le donne hanno rappresentanza. Oltre a FeR, ci sono femministe nei diversi movimenti sociali (rurale, indigeno, sindacale) e tutte noi vogliamo ricostruire e ricreare un nuovo Honduras. Almeno, questi sono i nostri sogni e le nostre aspirazioni. Ad esempio, resistiamo attraverso l'arte: "Contra el Golpe, contra todos los golpes, poesia" ("Contro il golpe, contro tutti i golpe, poesia") e' un'attività che hanno iniziato Francesca Gargallo e Karina Ochoa. Cariche di libri, cominciarono ad andare a leggere per gruppi di lavoratrici delle maquilas (fabbriche tessili) e per le contadine nel 2009, quando la repressione era ferocissima. Attivita' simili sono state organizzate a El Salvador con poetesse honduregne e salvadoregne, all'interno della protesta contro il reinsediamento dell'Honduras nell'Oas. Stiamo denunciando pubblicamente la non volonta' dello stato di occuparsi delle flagranti violazioni dei diritti umani e dei diritti delle donne. Non siamo d'accordo con quanto Porfirio Lobo ha dichiarato di recente, e cioe' che "Dobbiamo perdonarci e ricominciare da zero", perche' la vittima ed il perpetratore, il torturatore e la donna che e' stata torturata, non possono essere equiparati. Chiediamo che la polizia e l'esercito, cosi' come coloro che sono responsabili dell'esecuzione del colpo di stato, ammettano le violazioni dei diritti umani e le loro responsabilita'.

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- Gabriela De Cicco: Che tipo di conseguenze ha questa resistenza?

- Jessica Sanchez: Si sono manifestate, a livello personale e politico, per tutte le donne che fanno parte del movimento di resistenza: da una parte c'e' la violenza di cui molte di noi hanno fatto esperienza, assieme a parenti, amici e figli; dall'altra c'e' la persecuzione politica che molte compagne subiscono. Attiviste femministe sono sotto sorveglianza da parte della polizia ed alcune hanno dovuto lasciare il paese per le minacce alla loro integrita' fisica ed alla loro vita, e sono ancora in esilio. Abbiamo lavorato incessantemente, e stiamo vivendo in una sorta di "modulo d'emergenza", denunciando, inviando informazioni ai media, provvedendo sostegno ovunque con tale intensita' che siamo davvero esauste. Salute emotiva e fisica ne risentono. Avremmo bisogno di spazi di guarigione, ma cio' non puo' accadere mentre siamo alle prese con situazioni d'emergenza per i diritti umani. Gli aiuti internazionali sono stati limitati, per le femministe e per i movimenti e le organizzazioni di donne, dal colpo di stato in poi. E' difficile conciliare la nostra agenda, che include la demilitarizzazione e la costruzione di democrazia, con quelle della cooperazione internazionale. Come possono lo stato e la societa' civile lavorare insieme senza riconoscere le violazioni che si sono date dopo il golpe? Stiamo ricreando il nostro movimento da un modello di resistenza che include le richieste femministe. Il nostro motto e': "Se le donne non ci sono, la Costituzione non va da nessuna parte". Dal lato positivo, la resistenza ha condotto ad approcci pro-attivi all'interno dei nostri stessi movimenti, come l'emergere di numerose organizzazioni femministe e singole femministe che hanno trovato convergenza nella FeR, o il Forum delle Donne per la vita nel nord del paese. Sono emersi anche movimenti specifici di giovani femministe. Non e' stato un processo facile, ma apprezziamo la solidarieta' internazionale e regionale da parte delle companeras che condividono la nostra lotta da differenti angoli della Terra. Abbiamo sentito di non essere sole nel nostro sogno, di essere parte di una lotta globale, un grande sogno collettivo che ci permette di crescere e continuare.

 

7. BOSNIA. MARJORIE KEHE INTERVISTA KATHRYN BOLKOVAC

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista dal titolo "La suonatrice di fischietto". "The Whistleblower" (suonatrice/suonatore di fischietto, simbolicamente qualcuno che avvisa o attira l'attenzione) e' un film che sta uscendo in questi giorni nei cinema statunitensi, protagonista la premio Oscar Rachel Weisz. Tratta della missione di "peacekeeping" delle Nazioni Unite alla fine degli anni '90 in Bosnia, ed e' basato su una storia vera, quella della poliziotta Kathryn Bolkovac]

 

Nel 1999 Bolkovac firmo' un contratto con l'agenzia di "contractors" DynCorp, finanziata dagli Usa, che stava reclutando personale per la missione per conto delle Nazioni Unite. Bolkovac avrebbe passato 22 mesi in Bosnia, dove scopri' una vasta tratta sotterranea di donne a scopo di sfruttamento sessuale. Una tratta gestita proprio da individui con l'uniforme blu e la qualifica di "mantenitori della pace". Bolkovac ha successivamente narrato queste vicende in un libro (che ha lo stesso titolo del film), e' stata querelata dalla DynCorp ed ha vinto la causa. Oggi ha 51 anni e "una rabbia che continua ad andare e venire. Certo, ho vinto in tribunale. Ma non ho mai avuto nessuna vera risposta". Quella che segue e' la traduzione dell'intervista che Kathryn Bolkovac ha rilasciato alla giornalista Marjorie Kehe prima dell'uscita del film.

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- Marjorie Kehe: Cosa ha indotto una madre divorziata di tre figli che vive nel Nebraska ad andare in Bosnia?

- Kathryn Bolkovac: Mio padre era croato. Emigro' negli Usa negli anni '20. Ho sempre avuto interesse per quella zona del mondo. Durante gli anni avevo subito alcuni traumi, fra cui il divorzio, e mi sentivo pronta per un cambiamento. Cosi', quando il volantino di reclutamento arrivo' alla stazione di polizia in cui lavoravo, decisi di tentare. Pensavo anche che andare mi sarebbe servito a sostenere finanziariamente i miei figli mentre frequentavano il college e a costruirmi un curriculum migliore.

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- Marjorie Kehe: La situazione che tu descrivi in Bosnia e' eccezionale: 2.000 poliziotti da 45 paesi diversi che tentano di operare come unica forza. Come andava?

- Kathryn Bolkovac: Alcuni degli ufficiali venivano da paesi veramente poveri, non sapevano come usare un computer e nemmeno come guidare un'automobile. Per cui, facevamo training non solo alla polizia bosniaca sui principi democratici, ma anche ai membri della forza Onu su come guidare, come scrivere un rapporto, come usare il computer.

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- Marjorie Kehe: Quando hai cominciato a capire che al di la' delle sfide culturali stavi fronteggiando un problema come il traffico di esseri umani, e quando hai capito che alcuni dei tuoi colleghi vi erano coinvolti?

- Kathryn Bolkovac: Non sapevo molto del traffico di esseri umani, prima di partecipare alla missione. Pero' gia' durante l'addestramento alla DynCorp era chiaro che almeno una persona del nostro gruppo aveva familiarita' con l'uso di bambine (dai 12 ai 15 anni) a scopo sessuale in Bosnia. Questo mi aveva veramente scioccato e disturbato, e ho sperato di aver frainteso quel tipo, ma dopo qualche tempo passato in Bosnia mi fu evidente che l'attivita' in questione era diffusa e prevalente. C'erano un gran numero di bordelli camuffati da ristoranti o discoteche, frequentati da una vasta clientela internazionale. Non era un bello spettacolo. Non riuscivo ad immaginare quegli stessi poliziotti agire nel medesimo modo a casa loro, a casa nostra, ma eccoli li', in un paese straniero, convinti che fosse tutto a posto.

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- Marjorie Kehe: Quando hai avvisato i tuoi superiori ti sei resa conto che non volevano affrontare il problema. E infine hai perso il lavoro. Quando hai cominciato a percepire che la tua vita era in pericolo?

- Kathryn Bolkovac: Alcuni colleghi mi dissero che temevamo per la mia vita. Ma io ne avevo gia' passate tante. All'epoca era una poliziotta gia' da dieci anni, mi ero trovata piu' volte in situazioni pericolose. Diciamo che a quello ero abituata, la vera questione terribile era la fiducia: la cosa principale, per me, era che non potevo piu' fidarmi dei miei colleghi.

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- Marjorie Kehe: Tu sostieni che il traffico di esseri umani segue i conflitti a livello globale. Cosa possiamo fare per rompere la connessione, per proteggere meglio le donne dalla violenza e dallo sfruttamento nelle zone di conflitto e post-conflitto?

- Kathryn Bolkovac: Dobbiamo educare i nostri poliziotti, il nostro esercito. Dobbiamo farlo davvero, non limitarci a dirlo, come troppe di quelle organizzazioni o compagnie di contractors che sostengono di avere "corsi etici" e fanno firmare alle persone pezzi di carta su cui sta scritto che non frequenteranno prostitute eccetera. Sono cose che non significano niente, perche' le persone che firmano non capiscono veramente di che si parla, e perche' nessuno si preoccupa di seguirle e di renderle responsabili. Non vedo tuttora uno sviluppo nell'addestramento della gente che mandiamo in giro per il mondo a rappresentare gli Stati Uniti. Si spediscono all'estero persone che non sanno nulla della legislazione locale, nulla di diritto internazionale, nulla delle culture che incontrano. Per me questo e' ancora il problema principale.

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- Marjorie Kehe: "The Whistleblower" sta per uscire nei cinema. Come ti senti ad essere rappresentata sullo schermo da un'attrice famosa come Rachel Weisz?

- Kathryn Bolkovac: Rachel Weisz e' una minuta e aggraziata giovane donna, io sono una poliziotta grande e grossa alta un metro e ottanta... Ma e' stato grandioso. Era cosi' volenterosa di imparare da me. Mio marito ed io siamo andati a Budapest in Ungheria quando hanno iniziato la' le riprese. Rachel fermava tutto ogni volta in cui aveva il dubbio di non avermi rappresentata fedelmente. Veniva da me e chiedeva: "Kathy, come avresti detto tu, come avresti fatto?".

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- Marjorie Kehe: Il libro e il film aiuteranno la tua causa?

- Kathryn Bolkovac: Sto ancora cercando di capire qual e' esattamente la mia causa. Sono sicura che c'e' un motivo se ho passato quel che ho passato. E il motivo era il fischiare ("whistle-blow"), il dare l'allarme. Sono stata descritta come un'avvocata dei diritti umani che lotta contro il traffico di esseri umani e per le donne, e certamente io difendo tutto questo, ma la questione che voglio risolta subito e' la corruzione della DynCorp e di altre compagnie che assumono personale per mandarlo all'estero. Forse la mia causa e' proprio continuare a spingere affinche' le pratiche di reclutamento e addestramento migliorino, non e' possibile che avendo addosso l'uniforme delle Nazioni Unite si traffichino esseri umani, armi e droghe. Vorrei veramente veder questo cambiare.

 

8. APPELLI. "CENTRO GANDHI" DI PISA: UN APPELLO DA PISA PER LA PACE

[Da Rocco Altieri (per contatti: roccoaltieri at interfree.it) riceviamo e diffondiamo.

Rocco Altieri e' nato a Monteleone di Puglia, studi di sociologia, lettere moderne e scienze religiose presso l'Universita' di Napoli, promotore degli studi sulla pace e la trasformazione nonviolenta dei conflitti presso l'Universita' di Pisa, docente di Teoria e prassi della nonviolenza all'Universita' di Pisa, presidente del Centro Gandhi di Pisa, dirige la rivista "Quaderni satyagraha" e la casa editrice "Gandhi Edizioni". Tra le opere di Rocco Altieri segnaliamo particolarmente La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998]

 

"La guerra e' follia" (Giovanni XXIII)

"Mai piu' la guerra, avventura senza ritorno" (Giovanni Paolo II)

 

Pisa, il 31 agosto 1943, fu tra le prime citta' a sperimentare gli effetti della guerra moderna con 1.738 vittime, centinaia di dispersi  e immani devastazioni del suo patrimonio abitativo, artistico e industriale, provocate dai bombardamenti aerei delle forze anglo-americane.

In occasione della prossima commemorazione ufficiale, che si svolgera' la mattina del 31 agosto alle ore 11 presso il sacrario collocato nella Chiesa di Porta a mare, il Centro Gandhi, per scongiurare che essa si riduca ad una stanca parata di autorita' civili e militari, come e' accaduto negli ultimi anni, invita tutti gli amici della nonviolenza ad essere presenti numerosi, portandovi il proprio messaggio di pace.

Oggi il ricordo di tale terribile tragedia deve trasformarsi in un impegno a proclamare Pisa citta' per la pace, libera da armamenti e da basi militari, perche' dal suo territorio non partano piu' offese alla vita e alla liberta' dei  popoli.

In prossimita' del cinquantesimo anniversario della "marcia per la pace e la fratellanza tra i popoli" Perugia-Assisi convocata da Aldo Capitini il 24 settembre 1961 riaffermiamo che: non ci sono guerre umanitarie; la pace si costruisce con mezzi di pace; i bambini non vanno portati in caserma, ma vanno educati alla nonviolenza; no alla costruzione dell'hub militare; convertiamo le strutture belliche in strutture civili; svuotiamo gli arsenali, riempiamo i granai.

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riedizioni

- Ronald L. Laing, L'io diviso, Einaudi, Torino 1969, 2010, Rcs, Milano 2011, pp. XXVIII + 236, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

- Eugene Minkowski, Verso una cosmologia. Frammenti filosofici, Einaudi, Torino 2005, Fabbri-Rcs, Milano 2007, 2009, pp. XXXII + 244, euro 9,90.

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 646 del 13 agosto 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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