Nonviolenza. Femminile plurale. 395
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 395
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- Date: Mon, 18 Jul 2011 07:02:16 +0200 (CEST)
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 395 del 18 luglio 2011
In questo numero:
1. Si e' svolto il 17 luglio a Viterbo un incontro di studio e di testimonianza contro la guerra e contro il razzismo
2. Contro la guerra una proposta agli enti locali
3. "Rete No War" e "U.S. Citizens for Peace & Justice": Contro la guerra in Libia un appello ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu
4. Tesi di laurea vincitrici del Premio Grazia Zerman
5. Abstract della tesi di laurea di Chiara Becchi, Lingua materna ed esperienza plurilingue nei bambini
6. Abstract della tesi di laurea di Elisa Rubino, Ipazia d'Alessandria fra scienza, tecnica e filosofia
7. Abstract della tesi di laurea di Maria Alessandra Soleti, Un processo ancora aperto. Margherita Porete, una donna a viso scoperto in uno spazio pubblico
8. Abstract della tesi di laurea di Livia Panici, Verita' e Riconcilizione in Sud Africa: la voce delle donne
9. Abstract della tesi di laurea di Francesca Scappati, Il pensiero politico di Maria Zambrano
10. Abstract della tesi di laurea di Eleonora Mineo, Il cibo come oggetto filosofico. Uno studio
1. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 17 LUGLIO A VITERBO UN INCONTRO DI STUDIO E DI TESTIMONIANZA CONTRO LA GUERRA E CONTRO IL RAZZISMO
Domenica 17 luglio 2011 si e' svolto a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace" un incontro di studio e di testimonianza contro la guerra e contro il razzismo.
I partecipanti rinnovano un appello a tutte le istituzioni fedeli alla Costituzione della Repubblica Italiana, a tutti i movimenti democratici ed a tutte le persone di volonta' buona e di retto sentire affinche' cessi immediatamente l'illegale partecipazione italiana alle guerre terroriste e stragiste in Afghanistan e in Libia, ed affinche' cessi immediatamente nel nostro paese la persecuzione razzista dei migranti.
I partecipanti rinnovano un appello affinche' l'Italia torni immediatamente al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana, del diritto internazionale, della Dichiarazione universale dei diritti umani.
2. INIZIATIVE. CONTRO LA GUERRA UNA PROPOSTA AGLI ENTI LOCALI
[Riproponiamo il seguente appello]
Proponiamo a tutte le persone amiche della nonviolenza di inviare al sindaco del Comune, al presidente della Provincia ed al presidente della Regione in cui si risiede, una lettera aperta (da diffondere quindi anche a tutti i membri del consiglio comunale, provinciale, regionale, ed ai mezzi d'informazione) con cui chiedere che l'assemblea dell'ente locale approvi una deliberazione recante il testo seguente o uno analogo.
*
"Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... ripudia la guerra, nemica dell'umanita'.
Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... riconosce, rispetta e promuove la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Richiede al Governo e al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.
Richiede al Governo e al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.
Richiede al Governo e al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.
Solo la pace salva le vite".
3. APPELLI. "RETE NO WAR" E "U.S. CITIZENS FOR PEACE & JUSTICE": CONTRO LA GUERRA IN LIBIA UN APPELLO AI MEMBRI NON BELLIGERANTI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU
[Riproponiamo il seguente appello che abbiamo ricevuto dalle amiche e dagli amici di "U.S. Citizens for Peace & Justice" di Roma (per contatti: e-mail: info at peaceandjustice.it, sito: www.peaceandjustice.it), e da altre amiche ed altri amici ancora]
Stop alla guerra Nato in Libia: scriviamo ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza Onu.
Campagna e-mail promossa dalla "Rete No War" e da "U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome".
Alcuni paesi della Nato, in alleanza con alcune petromonarchie del Golfo, stanno conducendo da tre mesi in Libia una guerra illegale a sostegno di una delle due fazioni armate che si affrontano; una guerra fondata su informazioni false, portata pervicacemente avanti con vittime dirette e indirette; una guerra che continua malgrado le tante occasioni negoziali
disponibili fin dall'inizio.
Che fare? La pressione popolare nei confronti dei paesi Nato e' certo necessaria, ma non basta. Potrebbe essere utile, se attuata in massa, una campagna di e-mail dirette a paesi non belligeranti e membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, chiedendo loro di agire. Molti di quei paesi hanno gia' manifestato volonta' negoziali e potrebbero utilizzare come strumento di pressione questo appoggio popolare da parte di cittadini di paesi Nato. Gia' agli inizi di marzo, Fidel Castro chiede - invano - ai popoli e ai governi
di appoggiare la proposta di mediazione del Venezuela, approvata dai paesi dell'Alleanza Alba.
Per questa ragione i gruppi "Rete No War" e "U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome" hanno consegnato un analogo appello ad alcune ambasciate a Roma.
Ecco come partecipare alla campagna, semplicemente, con una e-mail. Basta mandare il testo qui sotto (in inglese) nel corpo del messaggio agli indirizzi e-mail di: Russia, Cina, India, Sudafrica, Nigeria, Gabon, Bosnia Erzegovina, Libano, Colombia, Portogallo, Germania.
Per ulteriori informazioni su questa iniziativa, scrivete a: boylan at interfree.it o mari.liberazioni at yahoo.it oppure visitate i siti: www.radiocittaperta.it, www.disarmiamoli.org, www.peaceandjustice.it
*
e-mail delle rappresentanze dei paesi: ChinaMissionUN at Gmail.com, rusun at un.int, India at un.int, portugal at un.int, contact at lebanonun.org, chinesemission at yahoo.com, delbrasonu at delbrasonu.org, siumara at delbrasonu.org, bihun at mfa.gov.ba, colombia at colombiaun.org, pmun.newyork at dirco.gov.za, perm.mission at nigerdeleg.org, aumission_ny at yahoo.com, presidentrsa at po.gov.za, info at new-york-un.diplo.de, dsatsia at gabon-un.org, LamamraR at africa-union.org, waneg at africa-union.org, JoinerDJ at africa-union.org, gabon at un.int, Nigeria at un.int, unsc-nowar at gmx.com
*
Nell'oggetto della e-mail scrivere:
Pleare stop Nato war in Libya. Appeal to non-belligerant members of the U. N. Security Council
*
Testo da inviare:
We appeal to non-belligerent members of the U. N. Security Council
to put an end to the misuse of U. N. Security Council Resolution 1973 to influence the internal affairs of Libya through warfare, by revoking it, and to press for a peaceful resolution of the conflict in Libya, backing the African Union's central role in this context.
We thank those countries that have tried, and are still trying, to work towards peace.
Our appeal is based on the following:
- the military intervention in Libya undertaken by some Nato members has now gone far beyond the provisions of Security Council Resolution 1973, and is based on hyped-up accounts of defenseless citizens being massacred by their government, while the truth is that, in Libya, there is an on-going and intense internal armed conflict;
- we are aware of the economic and geo-strategic interests that lie behind the war in Libya and, in particular, behind Nato support of one of the two armed factions;
- Nato military intervention in Libya has killed (and is continuing to kill) countless civilians, as well harming and endangering the civilian population, including migrants and refugees, in various other ways;
- the belief that, at this stage, only non-belligerent countries - and particularly those with U.N. Security Council voting rights - can
successfully bring a peaceful end to the conflict through negotiations and by implementing the opening paragraph of U.N. Security Council Resolution 1973, which calls for an immediate ceasefire.
Respectfully yours,
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4. SEGNALAZIONI. TESI DI LAUREA VINCITRICI DEL PREMIO GRAZIA ZERMAN
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente elenco delle tesi di laurea vincitrici del Premio Grazia Zerman.
Dal medesimo sito riprendiamo la seguente notizia: "Maria Grazia Zerman e' nata a Verona e si e' laureata in Filosofia all'Universita' di Milano. Ha insegnato Lettere partecipando anche all'esperienza dei corsi delle 150 ore per casalinghe e lavoratrici. Negli anni Settanta ha fatto parte di Lotta Femminista di Milano, ed e' stata una delle prime di quel gruppo ad entrare nei gruppi di autocoscienza che si riunivano in Via Cherubini, inaugurando un passaggio alla pratica dell'autocoscienza che poi sarebbe stato proprio di altri gruppi politici e di singole donne. Grazia Zerman ha fatto parte del "gruppo 4" del collettivo dei gruppi femministi di Col di Lana, ed e' stata una delle voci fondamentali per la discussione e la scrittura del "Sottosopra" verde "Piu' donne che uomini" (1983). Lia Cigarini ricorda il lavoro del "gruppo 4" sul "Sottosopra" (forse il testo che e' stato piu' discusso e che e' maggiormente circolato nel movimento delle donne in Italia e all'estero) con queste parole: "si parlava esplicitamente, si giudicava, si confliggeva, e quindi si produceva pensiero e scelte. Grazia era stata tra le piu' composte, sapeva ascoltare, sapeva mettere un tempo di riflessione tra l'ascoltare e il giudicare". Grazia e' stata tra le fondatrici del Circolo della Rosa, a cui lavoro' materialmente e che sostenne anche finanziariamente, e ha partecipato attivamente alla vita della Libreria delle donne, legata alla comune pratica della differenza. Grande lettrice di saggi e di romanzi, amava la scrittura e la riflessione sulla pratica politica delle donne. Prima di morire precocemente nel 1995 ha espresso ai familiari il desiderio di promuovere e sostenere economicamente la ricerca delle donne. Gli eredi si sono fatti portatori di questa richiesta e hanno fondato un'associazione a lei intitolata. L'Associazione Maria Grazia Zerman, fondata nel 1996, si impegna cosi' ogni anno, in due iniziative: una borsa di studio annuale per una giovane studiosa che voglia approfondire temi o specializzarsi in conoscenze interessanti per la cultura delle donne e un premio per una tesi di laurea dello stesso tipo. L'Associazione spiega l'iniziativa con queste parole: "La lotta politica delle donne e' sempre stata legata all'amore degli studi, alla cui radice c'e' il desiderio di sapere unito alla volonta' di essere libere. E' una stupida banalita' interpretare l'aspirazione femminile alla cultura come voglia di parita'. Una decisione coerente con la vita di Maria Grazia Zerman, con il suo impegno politico, le sue scelte di vita". I soci dell'Associazione Zerman sono: Giairo Daghini, Alberto Magnaghi, Lia Cigarini e Luisa Muraro. Il comitato scientifico del Premio e' composto da: Laura Boella, Marisa Caramella, Giovanni Cesareo, Ida Fare', Angela Putino, Bianca Tarozzi e Chiara Zamboni. Possono concorrere le studenti delle Universita' di Milano, Verona, Salerno, Lecce e Palermo. I temi della ricerca sono discussi annualmente in una riunione aperta. Per informazioni: "Borsa di studio Maria Grazia Zerman" c/o Zamboni, dipartimento di filosofia, facolta' di Lettere e Filosofia, Universita' di Verona, Via San Francesco 22, 37129 Verona, tel. 0458028384 (lunedi' ore 14,45 - 16,45)"]
2011: Eleonora Mineo, Il cibo come oggetto filosofico. Uno studio.
2010: Francesca Scappati, Il pensiero politico di Maria Zambrano.
2009: Livia Panici, Verita' e Riconcilizione in Sud Africa: la voce delle donne.
2009: Maria Alessandra Soleti, Un processo ancora aperto.Margherita Porete, una donna a viso scoperto in uno spazio pubblico.
2008 Viviana Ingrosso, Istruzioni di pace. L'impegno italiano di due associazioni femminili internazionali Wilpf e Awmr.
2007: Elisa Rubino, Ipazia d'Alessandria fra scienza, tecnica e filosofia.
2006: Margherita Anselmi, Ontologia e mito nell'Antigone di Maria Zambrano.
2006: Catrin Dingler, Pensare Auschwitz.
2004: Chiara Becchi, Lingua materna ed esperienza plurilingue nei bambini.
2004: Chiara Turozzi, Finzioni della caverna platonica.
2003: Maddalena Brentarolli, Ingeborg Bachmannn: l'indicibile nella lingua.
2002: Paola Fiorenza Cenzon, Virginia Woolf: l'ardua via della differenza.
2002: Sandra Endrizzi, "Choto mach" "Pesci piccoli", I passaggi di una cooperativa di donne in Bangladesh.
2001: Clea Cantin, Il processo di individuazione in due romanzi di Clarice Lispector.
2000: Marina Patti, Oltre la metafora. Il pensiero femminista come filosofia pratica.
1999: Elena Micol Franchini, Hannah Arendt: essere donna ed essere ebrea.
1998: Katrin Cosseta, Muri di parole. Alle radici del sentimento femminile della casa.
1996: Antonietta De Vita, Autobiografia e differenza femminile ne Lo specchio delle anime semplici di Margherita Porete.
5. SEGNALAZIONI. ABSTRACT DELLA TESI DI LAUREA DI CHIARA BECCHI, LINGUA MATERNA ED ESPERIENZA PLURILINGUE NEI BAMBINI
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente abstract della tesi di laurea di Chiara Becchi, Lingua materna ed esperienza plurilingue nei bambini. Relatrice la dottoressa Chiara Zamboni, correlatrice la dottoressa Elsabeth Jankwosky, Universita' degli studi di Verona, Facolta' di Lettere e Filosofia, a. a. 2002-2003]
Attraverso il mio lavoro ho voluto trattare della realta' del plurilinguismo, rivolgendo una particolare attenzione alla dimensione dell'infanzia. Lavorando a scuola con i bambini stranieri, ho avuto la possibilita' di essere testimone della profonda destabilizzazione che comporta il doversi cimentare con una lingua prima sconosciuta. Questo perche' tra le diverse lingue non vi e' sovrapposizione o simmetria ma, al contrario, ciascuna di esse e' attraversata da differenti percorsi di vita, di pensiero e di affetti e designa una particolare ed incarnata relazione tra parole e cose e tra lingua e mondo.
Ho scelto di parlare di questa condizione tenendo costantemente presente che la lingua materna, ovvero la lingua attraverso cui nostra madre ci ha "iniziato" ai segreti delle parole, si colloca su un piano differente e trasversale rispetto alla madrelingua e alle altre lingue. La lingua materna e' infatti una dimensione della lingua in cui il senso delle parole si costituisce essenzialmente all'interno di una scambio e di una relazione con l'altro. In questa dimensione relazionale, la costruzione del significato diviene possibile poiche' e' un atto al quale anche un altro partecipa, condividendo la certezza della presenza e della sussistenza, ma altresi' dell'assenza, quando questa si da', della realta' cui le parole si riferiscono. La lingua materna rappresenta inoltre una dimensione concreta e fisica della lingua ed in questo senso "traduce" l'essenza materiale, sensuale e affettiva del mondo. Il significato va a costituirsi attorno all'elemento piu' materiale della parola, ovvero alla sua dimensione prosodica, ritmica e musicale, in un gioco di rimandi tra suono, cosa e sensazione. La particolare relazione che la lingua materna istituisce col mondo non puo' essere pensabile in termini di arbitrarieta' o convenzionalita'. Essa e' per contro una dimensione del linguaggio in grado di restituire la natura delle cose attraverso le parole.
Riconosciuto cio', ritengo che, quando si insegna una nuova lingua, l'esigenza di fare della seconda lingua una lingua in grado di restituire il senso del mondo al pari della prima vada di pari passo con la capacita' di non chiudere la porta alla lingua materna. Ed e' per cio' che la differenza tra un rapporto disagevole con la lingua e soprattutto le troppe lingue, esprimibile come sradicamento e mutilazione delle proprie possibilita' comunicative, ed invece un rapporto fondato sulla fiducia nella lingua e nelle parole, stia nella capacita' di costruire un ponte simbolico tra le diverse realta' linguistiche, per continuare ad attingere all'insostituibile capacita' semantizzante della lingua materna e per ricucire e porre in situazione di dialogo e scambio produttivo due ordini di realta' altrimenti destinati a rimanere in conflitto o quantomeno estranei. Come insegnante, riconoscere le maglie e i vincoli che legano la competenza linguistica di ciascuno all'opera della madre, ma altresi' all'opera di altri con i quali vi e' stato scambio significativo, permette di ripensare e ritrovare gli spazi di iniziativa e di azione che ancora si profilano, per dar vita a una nuova iniziazione linguistica. Tener presente e nominare questo debito consente altresi' all'eccedenza che scaturisce dal dono della parola materna, intesa come riserva di senso delle parole, di continuare ad alimentare e arricchire il rapporto di ciascuno con la lingua e con la lingue e di scommettere su nuove parole come possibilita' di ampliamento e arricchimento delle proprie possibilita' comunicative ed espressive.
6. SEGNALAZIONI. ABSTRACT DELLA TESI DI LAUREA DI ELISA RUBINO, IPAZIA D'ALESSANDRIA FRA SCIENZA, TECNICA E FILOSOFIA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente abstract della tesi di laurea di Elisa Rubino, Ipazia d'Alessandria fra scienza, tecnica e filosofia. Relatore il professor Loris Sturlese, correlatrice la professoressa Alessandra Beccarisi, Universita' del Salento, Facolta' di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Filosofia, a. a. 2004-2005]
La vicenda umana di Ipazia d'Alessandria ha fatto nascere una leggenda lunga oltre 1500 anni. L'interesse nasce certamente dalla straordinaria immagine di donna e di intellettuale da lei rappresentata. Ipazia, infatti, per le sue conoscenze scientifiche e piu' in generale filosofiche si attesta come filosofa della Seconda Scuola Neoplatonica d'Alessandria (V sec. d. C.). Figura politica di spicco della comunita' alessandrina era apprezzata da molte personalita' del tempo, che da ogni parte accorrevano ad Alessandria per ascoltare le sue lezioni. La straordinarieta' della donna e' testimoniata anche dalla tragicita' della sua morte. Un'orda di monaci invasati, influenzati da Cirillo vescovo di Alessandria, le tesero un'imboscata, la privarono delle vesti, la fecero a pezzi con gusci di conchiglie e la gettarono tra le fiamme. Cio' accadde perche' la filosofa, piu' volte minacciata dal potere cristiano, che avanzava distruggendo un patrimonio di cultura e valori inestimabili, non si lascio' piegare, ma difese l'idea di un sapere libero e sottoposto solo al vaglio della ragione. Ma che cosa fece tremare da un lato il potere religioso, tanto da spingerlo ad ordire un assassinio cosi' efferato, e dall'altro il potere politico, tanto da indurre un magistrato a svuotare le casse della citta' pur di far calare il silenzio sull'accaduto? Nella convinzione che si nascondesse proprio nel suo insegnamento e nelle sue scoperte scientifiche e tecnologiche la causa della sua grandezza e della sua morte, ho cercato nelle opere da lei scritte, al di la' del mito letterario e delle testimonianze leggendarie, tracce concrete del suo pensiero.
Dei tre Commenti scritti da Ipazia, due ai noti matematici del III sec. a. C. Diofanto e Apollonio di Perge, e un terzo all'Almagesto di Tolomeo, e' in quest'ultimo - che costituisce peraltro la maggiore opera di Ipazia - che si trovano le prove della pericolosita' del suo insegnamento. Ipazia collaboro' con suo padre Teone alla stesura del Commento all'Almagesto, si occupo' certamente del Commento al III libro dell'opera tolemaica e con molta probabilita' anche della revisione completa dell'opera del padre. Nel suo Commento al III libro la filosofa, utilizzando il metodo sessagesimale, elaboro' nuovi sistemi di misurazione, individuando errori nei calcoli tolemaici sui movimenti dei pianeti, del Sole e delle anomalie del suo transito, e sulla durata degli equinozi. Quest'ultimo elemento acquista maggiore rilievo se si pensa che la teoria della precessione degli equinozi sorregge la piu' generale teoria geocentrica dell'universo. Il Commento di Ipazia all'Almagesto non sembra dunque un semplice commentario, ma una vera e propria analisi critica della piu' importante opera astronomica del tempo. Se si pensa poi che lo studio dell'astronomia non aveva solo un carattere prettamente scientifico, ma che - secondo l'accezione platonica - l'astronomia e' cio' che consente all'uomo di contemplare il mondo intelligibile e la ragione divina di cui partecipa e di vedere persino lo spirito divino che muove gli astri, allora si capira' come le questioni indagate da Ipazia potessero intaccare la dogmaticita' della verita' di fede. Si potrebbe cosi' spiegare l'ira implacabile del vescovo Cirillo, potente rappresentante del mondo cristiano, che mirava a piegare la grande tradizione filosofica, politica e religiosa dei greci alle esigenze dell'unica autorita' riconosciuta: la religione cristiana. Per lui, fermo oppositore di un esercizio libero della ragione, la filosofia trovava giustificazione soltanto come strumento al servizio della verita' rivelata.
In questa lotta trova spiegazione anche la morte di Ipazia, che continuando ad educare le nuove generazioni in perfetta coerenza con la tradizione della cultura classica, nel solco del pensiero di Platone, minava l'autorita' stessa della nuova religione. La filosofa neoplatonica doveva percio' necessariamente essere eliminata e con lei messo a tacere il potere esplosivo delle sue idee e dei suoi calcoli rivoluzionari. Le opere di Ipazia, infatti, sono giunte a noi per un caso fortuito, o perche' incorporate nelle opere dei due matematici (Diofanto e Apollonio) di cui costituivano il commento, o grazie ad un'unica copia manoscritta sopravvissuta (nel caso del Commento al III libro dell'Almagesto). Ipazia non rinuncio' al suo sapere e per non essersi sottomessa al potere emergente pago' con la vita, morendo tra le fiamme. La sua morte percio' e' emblema di liberta' di pensiero e di autonomia dell'intellettuale rispetto al potere dominante ed e' questo forse il merito piu' grande di Ipazia e cio' che rende la sua storia sempre attuale.
7. SEGNALAZIONI. ABSTRACT DELLA TESI DI LAUREA DI MARIA ALESSANDRA SOLETI, UN PROCESSO ANCORA APERTO. MARGHERITA PORETE, UNA DONNA A VISO SCOPERTO IN UNO SPAZIO PUBBLICO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente abstract della tesi di laurea di Maria Alessandra Soleti, Un processo ancora aperto. Margherita Porete, una donna a viso scoperto in uno spazio pubblico. Relatrice la professoressa Michela Pereira, correlatrice la professoressa Maria Luisa Boccia, Universita' degli Studi di Siena, a. a. 2005-2006]
La mia tesi analizza il pensiero di Margherita Porete, una donna vissuta in eta' tardomedievale, che oso' scrivere un libro dal titolo "Mirouer des simples ames anienties et qui seulement demourent en vouloir et desir d'amour", per il quale fu condannata al rogo.
L'esordio di questo studio tratteggia la concezione che i chierici del tempo avevano dell'altro sesso, negando al carisma femminile qualsiasi riconoscimento all'interno dell'istituzione ecclesiastica. Attingendo a fonti eterogenee, mi sono soffermata a riflettere sulla differente modalita' conoscitiva che contraddistingue la mistica femminile, relegata ad un ruolo marginale nella storia della filosofia come discutibile forma di devozione. Nonostante i tentativi di mettere a tacere queste mulieres religiosae, in molte riescono a far sentire la propria voce, anche se col tempo si perderanno le tracce della loro esistenza. Anche la figura di Margherita e' avvolta dal mistero, difatti ricostruire la sua vita e' un'impresa ardua e costellata d'ipotesi, che spesso sconfina nel romanzesco: ho tentato quindi di dare un volto a questa donna a partire dalle scarne notizie sul suo conto, cercando di risalire all'appartenenza sociale ed alla formazione da lei ricevuta.
Il primo capitolo si conclude con un'analisi del cammino di perfezione compiuto dall'Anima protagonista dello Specchio, che in molti identificano con l'autrice del dialogo allegorico. In realta', il testo non e' riducibile ad un diario, ne' ha l'andamento sistematico d'un trattato, piuttosto si tratta di un'autobiografia spirituale che nella seconda parte si arricchisce di un intento mistagogico. Per molti versi la scrittura della Porete sembra inserirsi nel genere letterario della confessione, stando al senso che Maria Zambrano attribuisce a questo termine.
Nel secondo capitolo ho messo in evidenza la valenza politica che puo' assumere qualsiasi esperienza mistica: la scelta di vivere in modo autonomo la fede contraddistingue il movimento beghinale, che nell'Europa settentrionale calamito' l'attenzione d'un numero crescente di donne. Pur essendo presentata nelle carte processuali come una beghina, Margherita non entro' a far parte d'un grande beghinaggio e si mostro' disponibile al dialogo con alcuni religiosi del suo tempo, ottenendo l'approvazione di personaggi autorevoli.
Mi sono inoltre soffermata sull'andamento del processo per mostrare gli interessi politici che condizionarono quel giudizio di condanna, confermato in maniera indiretta durante il Concilio di Vienne. Tra gli studiosi si assiste al ripetersi di quel processo ogniqualvolta si discute dell'ortodossia o eterodossia di quel pensiero.
Una dottrina d'immediato impatto politico e' senz'altro quella delle due Chiese, la cui origine sembra avere radici molto antiche, forse risalenti allo gnosticismo. Una comunita' di poche anime semplici e' "al di sopra, ma non contro" la Chiesa Minore: ho cercato di mostrare in che modo la pensatrice abbatte con affermazioni simili qualsiasi dicotomia tra chierici e laici aprendo a tutte le creature l'accesso al Paese della Liberta'. Mi sono infine soffermata sulle caratteristiche che contraddistinguono le anime semplici, riconoscibili dalla loro pratica di vita. Ho quindi individuato alcune analogie fra l'usage dell'anima annientata e la pratica politica del partire da se' maturata nell'ambito del pensiero della differenza, attenendomi al contributo di studiose esponenti del movimento femminista.
Nel terzo capitolo ho sintetizzato il tormentato cammino del Miroir nei secoli successivi alla sua condanna, sottolineando la diversa ricezione ricevuta dal testo in circoli femminili che operavano sotto il "mantello" della laicita'. In particolare mi sono soffermata su due autorevoli lettrici di quelle pagine, quali Margherita di Navarra e Simone Weil. Nonostante i tentativi di occultare la maternita' dell'opera, quelle pagine furono lette con ammirazione da altre donne che hanno riconosciuto in quei fogli pergamenacei un prezioso insegnamento, seguendo l'invito a fare il vuoto di se' e del gia' pensato per fare spazio ad una nuova idea di trascendenza.
La lezione della Porete continua a sfuggire a qualsiasi classificazione ma trova ancora oggi accoglienza in donne diverse tra loro, come Clara Gennaro e Rosetta Stella, due studiose appassionate di spiritualita' al femminile. Ho provato ad interrogarle a partire dalla loro ammirazione per il pensiero poretiano, ma rischiavo in tal modo di sminuirne il vissuto, mi sono quindi riproposta di approfondire in altra sede il confronto fra le due studiose, magari con un approccio di tipo autocoscienziale. La conclusione della tesi rimane dunque ancora aperta, cosi' come il testo rimanda ad un'ulteriorita' di significato.
8. SEGNALAZIONI. ABSTRACT DELLA TESI DI LAUREA DI LIVIA PANICI, VERITA' E RICONCILIAZIONE IN SUD AFRICA: LA VOCE DELLE DONNE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente abstract della tesi di laurea di Livia Panici, Verita' e Riconcilizione in Sud Africa: la voce delle donne. Relatrice la professoressa Federica Giardini, Universita' degli Studi Roma Tre, Facolta' di Lettere e Filosofia, Corso di laurea magistrale in "Teoria della Comunicazione", a. a. 2006-2007]
La mia tesi analizza il contributo delle donne alla Commissione per la Verita' e la Riconciliazione in Sud Africa, istituita nel 1996 dopo decenni di guerra civile con lo scopo di chiudere i conti con il passato e volgersi insieme al futuro democratico del paese.
Le donne sudafricane hanno portato sulle loro spalle il peso dell'apartheid e della lotta per la liberazione nazionale. Ne hanno sofferto in misura diversa dagli uomini, in quanto gia' sottomesse al sistema tradizionalmente patriarcale sudafricano che negli anni di oppressione era stato esasperato e legittimato giuridicamente. Sudafricane di ogni razza e classe sociale hanno dato il loro contributo per la trasformazione in senso democratico della societa'; hanno fornito molto dell'infrastruttura stessa della resistenza, mobilitando il dissenso ed unendosi su un fronte comune, a livello politico e comunitario. Hanno partecipato attivamente alle azioni di guerriglia sia come combattenti che come specialiste di comunicazioni, esplosivi e spionaggio.
La Commissione per la Verita' e la Riconciliazione (Trc) ha rappresentato un importante passaggio nella transizione democratica; l'inclusione delle donne in questo difficile processo e' stata tutt'altro che automatica, ed ha richiesto specifici interventi da parte di ricercatrici, attiviste, collaboratrici interne ed esterne alla Trc. La storia del Sud Africa che la Commissione si proponeva di investigare e stabilire sarebbe stata incompleta senza il loro contributo: la mia tesi e' che inserire la tematica delle donne - dalla loro oppressione sistematica e strutturale al loro contributo alla liberazione - non abbia significato solo dare voce ed autorita' all'altra meta' della popolazione e completare cosi' l'archivio nazionale. Si e' trattato anche e soprattutto di superare i limiti del mandato, di ampliare il valore e la portata del messaggio della Trc riconoscendo ufficialmente il significato della liberazione nazionale come lotta affrontata quotidianamente dalla popolazione nel suo complesso. Le donne hanno raccontato questa storia in un linguaggio che la Trc non era preparata a comprendere: attraverso il loro silenzio, il racconto della sfera domestica violata e della distruzione delle proprie famiglie e aspettative di vita hanno esposto e denunciato il volto piu' disumano dell'apartheid, mettendo se stesse all'ombra, scegliendo sempre di ricordare e celebrare le figure prevalentemente maschili che avevano perduto. Nelle loro storie emerge il senso dell'ubuntu, il continuo tentativo di condividere il proprio dolore in quanto madri, figlie e sorelle con altre donne di ogni razza, classe sociale e orientamento politico.
All'interno della Commissione le donne hanno contribuito a garantire la trasparenza e visibilita' dei processi di selezione dei commissari, di gestione dei protocolli e organizzazione delle udienze. Hanno introdotto nuovi temi all'indagine della Trc, con l'obiettivo di includere al suo interno la maggiore varieta' razziale, sociale e religiosa. La partecipazione delle donne alla trasformazione in senso democratico del Sud Africa puo' essere letta come l'applicazione pratica delle recenti normative internazionali riguardo la parita' di genere.
L'interesse sulle donne come oggetto di specifica ricerca non e' nuovo, e si inserisce in un contesto piu' ampio di sensibilizzazione a livello internazionale alle tematiche del genere, in particolar modo per quanto concerne la violenza e discriminazione sessuale. Cio' che e' meno dibattuto e piu' importante nel mio lavoro non e' pero' l'obbligo morale di includere le donne nei processi di negoziazione e di pace; nelle parole di Sanam Naraghi Anderlini la questione non e' "quanto le donne possono guadagnare tramite la loro inclusione nei processi di pace, ma (...) quanto i processi di pace possono perdere quando il carico di esperienze, creativita' e conoscenza delle donne e' escluso". In quest'ottica la transizione sudafricana puo' essere presa ad esempio nel suo complesso, dalla missione Unomsa - guidata da Angela King e gestita da staff prevalentemente femminile - alla trasformazione del settore della sicurezza, in cui le donne hanno giocato un ruolo fondamentale.
L'esperienza sudafricana si offre come prova delle potenzialita' femminili come motore di pace e sviluppo, dai boicottaggi contro gli aumenti di beni di prima necessita' dei primi anni Cinquanta alle lotte per la piena trasformazione in senso democratico del paese dall'elezione di Mandela in poi. La Commissione per la Verita' e la Riconciliazione, al di la' dei suoi errori e limiti, ha rappresentato questo successo: la rivelazione di una parte importante della storia del paese, il riconoscimento del ruolo e contributo femminile e conseguentemente il suo potenziale per la ricostruzione. La sfida e' stata raccolta da numerosi paesi al mondo, che si trovano recentemente ad affrontare la transizione; il bagaglio di esperienza in materia di promozione dei diritti umani e strategie per l'allargamento e sviluppo della democrazia e' oggi patrimonio comune in cui e' possibile leggere e sfruttare il contributo delle donne.
9. SEGNALAZIONI. ABSTRACT DELLA TESI DI LAUREA DI FRANCESCA SCAPPATI, IL PENSIERO POLITICO DI MARIA ZAMBRANO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente abstract della tesi di laurea di Francesca Scappati, Il pensiero politico di Maria Zambrano. Relatrice la professoressa Marisa Forcina, Universita' del Salento, Facolta' di Lingue e Letterature Straniere, corso di laurea in "Cominicazione linguistica interculturale", a. a. 2008-2009]
Il pensiero della filosofa spagnola Maria Zambrano (1904-1991), solitamente esaminato da una prospettiva filosofica, viene analizzato in questo lavoro per il suo contenuto politico a mio avviso molto interessante e di grande attualita'.
Quello che si intende esporre in questa tesi e' la risposta umana di Maria Zambrano alla crisi/tragedia storica e politica dell'occidente, dalle sue origini sino alle vicende della prima meta' del secolo scorso in cui la filosofa visse.
Questo studio vuole dimostrare che, di fronte ai fascismi in Europa e allo stalinismo in Russia, ai conflitti mondiali e alla battaglia tra democrazia liberale e democrazia sociale, la politica zambraniana si presenta come una "sintesi democratica" tra liberalismo e socialismo, il cui principale obiettivo e' la realizzazione della persona umana e i cui principi possiedono oggi grande efficacia.
In La agonia de Europa (1945) e in Persona y democracia (1958), attraverso un'analisi sociale e politica, che arriva alle "viscere" della storia, la filosofa individua le cause della crisi europea nell'assolutismo politico e culturale, che ha condannato l'uomo ad una continua e tragica lotta con se stesso e con gli altri al fine di raggiungere, senza mai riuscire a farlo, una perfezione incondizionata. Per quanto riguarda la politica, l'assolutismo si e' manifestato con un idealismo estremo tradottosi a sua volta in individualismo, per i liberali, e in statalismo, per i socialisti. Nella cultura, invece, l'assolutismo ha dato vita alla fede per una ragione unica e universale che ha preteso di rinchiudere l'uomo in una logica rigida e sterile, intralciando il suo spazio vitale.
A questa ragione astratta la filosofa risponde con una ragione poetica e vitale che non si riferisce solo ad un ambito metafisico e speculativo, ma si estende anche all'azione politica concreta e viene espressa, dunque, in scritti dal contenuto sia filosofico che storico-politico, alcuni dei quali raccolti in queste opere: Hacia un saber sobre el alma (1950) e Los intelectuales en el drama de Espana (1937).
Applicare la ragione poetica alla politica significa per la Zambrano attuare un cambiamento di pensiero in cui la funzione e il senso primo dell'agire politico siano la realizzazione dell'uomo in relazione alla sua vita e alla sua esperienza. Con questo proposito, gia' dal suo primo scritto Horizonte del liberalismo (1930), la filosofa traccia le linee di un nuovo liberalismo che prende le distanze dalla vecchia idea di una liberta' assoluta o puramente materiale, da un idealismo utopico e dal cieco individualismo che conduce l'uomo a contrastare qualsiasi diversita', e si costruisce a partire dalla persona umana come essere progettuale e in costante divenire, la cui liberta' non puo' prescindere dalla sua natura sociale, dalla convivenza con gli altri.
Dunque la politica deve accostarsi alla vita umana e accoglierne il tempo, i limiti e la finitudine, da un lato, rinunciando all'assoluto, dall'altro, aprendo i suoi orizzonti alla pluralita' e varieta' dell'esistenza per permettere che ogni persona acquisisca la sua pienezza tramite il vivere sociale.
Su questa costante della politica, che e' la persona umana in relazione con la sua vita, devono delinearsi gli altri concetti di liberta' individuale, uguaglianza, partecipazione, collettivita' che in Maria Zambrano trovano il loro punto di convergenza nella democrazia.
La democrazia e' la societa' in cui e' possibile conciliare le differenti posizioni ideologiche il cui contrasto aveva generato la tragedia storica. Grazie alla sua "struttura armonica", la societa' democratica e' in grado di creare un'unita' pacifica anche tra le differenze e nella molteplicita'.
Infatti, contro la ragione statica e totalizzante che aveva dato vita a organizzazioni politiche immobili e assolute, Maria Zambrano propone, in Persona y democracia, una politica "sinfonica" che sa adeguarsi al relativismo e alla pluralita' del reale e garantire ad ognuno una liberta' che non lede quella altrui e uno spazio individuale anche nella convivenza.
Unita' nella molteplicita', individualita' nella collettivita', complementarieta' nella diversita', tutte possono coesistere nell'ordine fluido e a misura dell'uomo che e' la democrazia poiche' nessuna di esse viene richiesta in modo assoluto.
La liberta', soprattutto, che la filosofa difende, si allontana dall'idea di proprieta' e di materialita' e diventa orizzonte di liberta', futuro. Liberta' e' un aprirsi di sentieri, e' possibilita'; attitudine mentale di pensiero, conoscenza e adeguamento al proprio essere; spazio e tempo in cui la persona puo' riconoscersi e a partire dal quale dare una direzione alla sua vita; luogo che la politica deve favorire e rendere indipendente.
Su questi presupposti si basa la critica zambraniana alle possibili forme di falsificazione della democrazia come le demagogie, ma senza andare troppo lontano, anche le democrazie come sistemi della maggioranza in cui il volere del popolo si gioca tutto nella trattativa partitica e nella competizione elettorale che non lascia spazio alle piu' importanti relazioni tra le persone; dove insomma la legittimazione di una linea politica al governo avviene secondo il criterio del consenso ottenuto presso la cittadinanza piuttosto che secondo i risvolti reali sulla vita di ogni persona.
Un'altra importante tematica affrontata e' la concezione della donna, trattata dall'autrice in alcuni saggi sulla rivista "El Liberal" (1928) e riproposta sul piano letterario nella riscrittura del finale della tragedia di Sofocle ne La tumba de Antigona (1967). Essa si distacca dalle rivendicazioni di parita' del femminismo e si concentra, da un lato, sul ruolo storico della donna, anche se all'ombra della storia ufficiale, patriarcale, dall'altro, sulla differenza sessuale, intesa come il peculiare sentire femminile e materno sulle cui basi costruire una societa' alternativa a quella dell'uomo.
Inoltre il pensiero di Maria Zambrano si staglia sugli altri per la sua vocazione vitale e le sue verita' "incarnate": in tutti i suoi scritti e in particolare nell'autobiografia Delirio y destino (1989), risulta evidente che le sue idee derivano da una conoscenza vissuta e da un'esperienza diretta dei fatti che analizza e si caricano di una passione e un fervore realmente provati.
Per finire dunque, nel suo voler umanizzare la storia e la politica a partire dalla propria esperienza e nella sua esaltazione di un valore tanto semplice quanto universale come quello della persona umana, la filosofia zambraniana si dimostra non solo di grande rilevanza per la comprensione della storia passata, ma anche come un'efficace chiave di lettura dell'attualita'.
10. SEGNALAZIONI. ABSTRACT DELLA TESI DI LAUREA DI ELEONORA MINEO, IL CIBO COME OGGETTO FILOSOFICO. UNO STUDIO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente abstract della tesi di laurea di Eleonora Mineo, Il cibo come oggetto filosofico. Uno studio. Relatrice la professoressa Federica Giardini, Universita' degli Studi Roma Tre, Facolta' di Lettere e Filosofia, corso di laurea magistrale in "Filosofia della Cultura", a. a. 2008-2009]
Mangiare e' un universale e l'universale, si sa, piace alla filosofia. Ma allo stesso tempo ha a che fare con il corpo, che piace meno alla filosofia, se non come corpo pensato, astratto, che pero' non mangia. Cosi' come la sessualita', altro universale incorporato che non a caso gli si accosta di frequente, il mangiare oltrepassa la questione biologica e si apre alla dimensione del senso. E' un gesto carico di significati, ed il cibo e' la materia di questo gesto.
La filosofia, da Platone a Nietzsche, ha sempre fatto i conti con il cibo, inteso sia come bisogno primario del corpo, sia come metafora di cio' che nutre l'umano. Ciononostante, ai loro scritti sul cibo e' stata tendenzialmente accordata solo un'importanza marginale nel canone filosofico occidentale. L'ipotesi proposta e' che questo apparente scarso interesse sia dovuto alla separazione tra corpo e ragione che ha segnato la filosofia fin dai suoi inizi, e che ha relegato in secondo piano tutti quegli aspetti della vita umana legati alla corporeita'. Come le donne ben sanno, questa separazione non e' senza conseguenze.
La differenza tra uomini e donne ha un ruolo nella definizione di cos'e' cibo e qual e' il nostro modo di viverlo, non solo perche' le donne sono state per lungo tempo nella storia le protagoniste della maggior parte delle attivita' che hanno reso possibile all'umanita' il nutrimento quotidiano, ma anche perche' questa esperienza le ha rese competenti in materia e ha permesso loro di acquisire un sapere che oggi conosce riformulazioni e redistribuzioni radicali. Inoltre, senza lo sguardo messo a disposizione dall'esperienza del femminismo della differenza, non sarebbe stato possibile pensare un'impresa come lo studio del cibo come oggetto filosofico.
L'approccio filosofico ha permesso di interpretare il cibo attraverso l'utilizzo di alcune categorie - soggettivita', relazione, natura - che appartengono alla storia del pensiero occidentale, gettando una luce del tutto particolare su un argomento apparentemente ordinario seguendo come filo conduttore la messa in gioco del confine.
Il primo confine e' quello che il soggetto cerca di stabilire tra se' e l'esterno: un confine mobile, costantemente negoziato e rielaborato. Tramite l'atto alimentare noi diventiamo cio' che mangiamo; assumendo il cibo assimiliamo il mondo e di conseguenza l'atto di mangiare "e' sia banale, sia carico di conseguenze potenzialmente irreversibili".
L'analisi della soggettivita' fa emergere l'inevitabile presenza dell'altro all'interno della relazione con il cibo, a partire dal corpo materno fino alla comunita' alimentare alla quale l'individuo sente di appartenere e che contribuisce a definire. Allo stesso tempo, in questo processo, si attuano dei processi di identificazione che spostano l'alterita' ancora una volta verso l'esterno, istituendo nuovi confini.
A minacciare lo statuto dell'umano e' anche il confronto con l'animale, con il quale condividiamo l'esigenza del nutrimento: come in altri ambiti, anche in relazione al cibo l'umano si e' costantemente impegnato nell'elaborazione di strategie e nella ricerca di alcuni elementi che potessero indicare in maniera definitiva il proprio specifico rispetto all'animale. La donna, la cui posizione nella storia ha spesso coinciso con quella dell'animale, si colloca in maniera del tutto peculiare nei confronti della questione, con effetti rilevanti dal punto di vista politico.
Insomma, pare che la nostra relazione con il cibo sia complessa a sufficienza perche' la filosofia possa occuparsene per trarne qualcosa di utile o di interessante. Come sostiene Derrida, infatti, la questione non e', ne' mai lo e' stata, "mangiare o non mangiare, mangiare questo e non quello, il vivente o il non vivente, l'uomo o l'animale", quanto - nella nostra relazione con il cibo, ma non solo - "la migliore maniera, la piu' rispettosa e la piu' riconoscente, la piu' adatta così a rapportarsi all'altro e a rapportare l'altro a se'".
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Numero 395 del 18 luglio 2011
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