Telegrammi. 620



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 620 del 18 luglio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: I massacri delle guerre in Afghanistan e in Libia

2. Maria G. Di Rienzo: Le "Lettere alle mie figlie" di Fawzia Koofi

3. Annamaria Rivera: Lager italiani

4. Alcuni testi del mese di luglio 2006 (parte seconda)

5. Terroristi

6. Una bizzarra amnesia

7. Una postilla

8. La risposta soffia nel vento

9. La falsa alternativa e i morti veri

10. La politica dei due tempi. E le persone frattanto uccise

11. Manoscritto trovato in una bottiglia

12. E la Costituzione?

13. La nonviolenza, non il pacifismo

14. Vesti la giubba

15. Politica nonviolenta e nonviolenza giuriscostituente

16. Etica dell'irresponsabilita'

17. L'antipolitica degli assassini e un equivoco che si scioglie

18. Da una lettera di Stratone di Corinto all'amico suo Silesio Polilogoteta

19. Segnalazioni librarie

20. La "Carta" del Movimento Nonviolento

21. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI:  I MASSACRI DELLE GUERRE IN AFGHANISTAN E IN LIBIA

 

Di questo, prima di ogni altra cosa, metterebbe conto scrivere e parlare: dei massacri in corso, dei massacri di cui consistono le guerre terroriste e stragiste, imperialiste e razziste, mafiose e fasciste in Afghanistan e in Libia; e della follia e della criminalita' della partecipazione italiana ad esse.

Di questo, prima di ogni altra cosa, dovrebbe occuparsi il dibattito politico, morale, intellettuale: dell'illegalita' e dell'orrore della partecipazione del nostro paese a guerre scellerate, in violazione della Costituzione della Repubblica Italiana, in violazione dei fondamenti stessi del diritto internazionale, in violazione degli accordi internazionali reiteratamente sottoscritti e di colpo proditoriamente stracciati.

*

E tra le conseguenze di questo orrore, la morte assurda anche di quaranta ragazzi italiani in divisa in Afghanistan.

E tra le conseguenze di questo orrore, lo sperpero immenso dei pubblici denari per assassinare innocenti, mentre in Italia si fanno a pezzi istruzione, sanita' ed assistenza perche' lo stato "non ha risorse sufficienti"; ripetiamolo: un governo di criminali sta bruciando immense quantita' di pubbliche risorse per assassinare innocenti, e le sottrae ai bisogni e ai diritti del popolo italiano.

E tra le conseguenze di questo orrore, il razzismo che monta vieppiu' e che travolge ogni residua forma di legalita', di democrazia, di civilta'.

E tra le conseguenze di questo orrore, la complicita' di massa con la guerra assassina da parte dell'intero ceto politico, dell'intera intellettualita', dell'intera societa' civile organizzata.

E tra le conseguenze di questo orrore, l'esser tornati passo dopo passo al fascismo.

*

Se vi sono persone decenti in questo paese adesso devono insorgere, con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, contro la guerra terrorista e stragista.

Se vi sono persone decenti in questo paese adesso devono insorgere, con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, contro il colpo di stato nazista.

Se vi sono persone decenti in questo paese adesso devono insorgere, con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, in difesa della legalita' che salva le vite.

Se vi sono persone decenti in questo paese adesso devono insorgere, con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, in difesa della democrazia che riconosce tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.

Se vi sono persone decenti in questo paese adesso devono insorgere, con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, in difesa della civilta'.

In difesa dell'umanita', dell'umanita' indifesa, di cui ogni essere umano fa parte.

 

2. TESTIMONIANZE. MARIA G. DI RIENZO: LE "LETTERE ALLE MIE FIGLIE" DI FAWZIA KOOFI

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo articolo.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005; (a cura di), Voci dalla rete. Come le donne stanno cambiando il mondo, Forum, Udine 2011. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425.

Fawzia Koofi e' un'attivista per i diritti umani e parlamentare afgana]

 

Il giorno in cui Fawzia Koofi nacque, sua madre la espose al sole bruciante dell'Afghanistan affinche' morisse. Era la diciannovesima nascita in una famiglia con sette mogli (il totale dei figli sarebbe poi ammontato a 23) e sua madre non voleva un'altra femmina. Nonostante le terribili ustioni, le cui cicatrici l'avrebbero accompagnata sino all'adolescenza, Fawzia sopravvisse e divenne per sua madre la figlia prediletta.

Quando il padre, un uomo politico tradizionalista, fu assassinato dai mujahedin, la madre analfabeta di Fawzia decise di mandare la figlia ormai decenne a scuola; mentre la guerra civile infuriava, Fawzia schivava pallottole vaganti e cecchini e presenziava inflessibilmente alle lezioni, conscia di essere la prima persona della sua famiglia che stava ricevendo un'istruzione.

Successivamente sposo' l'uomo che amava ed ebbe due figlie desiderate, Shohra e Shahrazad. L'ascesa al potere dei talebani mise fine alla sua liberta', ma non alla sua volonta' di contrastare l'ingiustizia e di realizzare i suoi sogni. Cosi' Fawzia divenne una donna politica. Ha lavorato per l'Unicef e per svariate ong come difensora dei diritti umani di donne e bambini. E' attualmente membro del parlamento afgano e correra' per la presidenza del paese nel 2014.

Tutto questo lo racconta in "Lettere alle mie figlie", che sta scrivendo assieme a Nadene Ghouri, giornalista che ha lavorato per la Bbc e Al Jazeera: "Il mio libro e' in realta' una lettera al mondo. Alcuni lettori potranno trovare la mia storia triste o deprimente, o forse troppo personale perche' solleva questioni relative alla mia famiglia ed alla mia vita. In piu', potrebbero esserci persone a cui non piacera' la natura rivelatrice di quanto ho da raccontare sulle donne e sulla mia comunita': alcuni diranno che mi lamento o che tradisco. Ma e' un rischio che mi sento di assumere a beneficio del mio bellissimo paese, il nostro Afghanistan. Quando una donna obietta rispetto alla vita che conduce e' considerata una disgrazia per la sua famiglia, ma io l'ho fatto ugualmente. Ho esposto il mio cuore, rivelando in onesta' e integrita' la verita' del mio viaggio. Ho percorso una lunga strada irta di difficolta', sfide e tristezze, dai miei umili inizi quale figlia femmina in una societa' misogina che non da' valore alle voci femminili, fino ad essere una voce per la vulnerabile e vittimizzata comunita' delle donne afgane di oggi. La mia lotta e' cominciata il giorno in cui sono nata".

"Lettere alle mie figlie non e' la storia della mia vita. E' la storia della vita di ogni donna afgana. Ho documentato la nostra storia di vita per disegnare una chiara immagine delle nostre lotte, di modo che il mondo capisca cosa stiamo passando e cosa e' effettivamente minacciato. Questa storia e' come un oceano che mi sono portata sulle spalle per decenni, per l'intera mia esistenza. Ho sentito che era il momento giusta per renderla in parole".

*

Il sito di Fawzia Koofi: www.fawziakoofi.org

 

3. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: LAGER ITALIANI

[Dal blog di Annamaria Rivera nel sito di "MicroMega" (blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it) riprendiamo il seguente articolo del 16 luglio 2011 dal titolo "Come sono etici i lager italiani!".

Annamaria Rivera, antropologa, vive a Roma e insegna etnologia all'Universita' di Bari. Fortemente impegnata nella difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, ha sempre cercato di coniugare lo studio e la ricerca con l'impegno sociale e politico. Attiva nei movimenti femminista, antirazzista e per la pace, si occupa, anche professionalmente, di temi attinenti. Al centro della sua ricerca, infatti, sono l'analisi delle molteplici forme di razzismo, l'indagine sui nodi e i problemi della societa' pluriculturale, la ricerca di modelli, strategie e pratiche di concittadinanza e convivenza fra eguali e diversi. Fra le opere di Annamaria Rivera piu' recenti: (con Gallissot e Kilani), L'imbroglio etnico, in quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001; (a cura di), L'inquietudine dell'Islam, Dedalo, Bari 2002; Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista in Italia, DeriveApprodi, Roma 2003; La guerra dei simboli. Veli postcoloniali e retoriche sull'alterita', Dedalo, Bari 2005; Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo, Dedalo, Bari 2009; La Bella, la Bestia e l'Umano. Sessismo e razzismo senza escludere lo specismo, Ediesse, Roma 2010]

 

La crisi economica, resa piu' devastante da una manovra finanziaria all'insegna di una scandalosa "macelleria sociale", e' quel che in questi giorni allarma, a giusta ragione, i cittadini italiani. Sicche' la notizia che sto per commentare, per quanto grave, rischia di passare inosservata. Eppure e' figlia della medesima politica, in sostanza condivisa con l'opposizione di sua maesta': crudele verso le persone comuni, soprattutto le piu' deboli; condiscendente e magnanima e verso i ricchi e i potenti.

Il 14 luglio scorso la Camera ha approvato il decreto-legge che, fra l'altro, prevede l'espulsione immediata degli immigrati "irregolari" - perfino dei comunitari, per motivi di ordine pubblico - e prolunga fino a 18 mesi la detenzione nei Cie (Centri d'identificazione ed espulsione). In sostanza, persone che non hanno commesso alcun reato, che si sono limitate a esercitare il diritto di fuga, si troveranno a languire per un tempo lunghissimo, e senza alcuna garanzia dei diritti fondamentali, in quelli che sono divenuti autentici lager.

Uso il termine consapevolmente e non come figura retorica. Infatti, il sistema di detenzione amministrativa, inaugurato dalla legge Turco-Napolitano, e' oggi divenuto talmente arbitrario, svincolato come e' dalle regole di diritto piu' elementari, che e' appropriato parlare di lager: lo status proprio dei lager nazisti - non parlo della loro finalita' - era di essere sottratti ai codici e ai comuni procedimenti giudiziari. I Cie sono, per l'appunto, strutture tipiche di uno stato di eccezione. Che oggi e' dichiarato apertamente e praticato fattualmente, a tal punto che l'ingresso nei lager e' interdetto alle associazioni, ai giornalisti, perfino ad avvocati e parlamentari.

Sfruttando il clima di allarme sociale, creato ad arte in occasione dell'arrivo di qualche decina di migliaia di migranti e rifugiati, a febbraio scorso il consiglio dei ministri ha proclamato lo stato di emergenza "umanitaria" sul territorio nazionale e perfino nei paesi del Nord Africa: un "atto dovuto", anzi "una scelta corretta", secondo il Pd, cioe' l'opposizione di sua maesta'.

Poi, tendopoli circondate da filo spinato o strutture fatiscenti approntate in fretta e furia sono state trasformate in nuove fattispecie di lager, prive di qualsiasi regolamentazione giuridica. Cosi' la tendopoli di Manduria (Taranto) e' diventata, da un giorno all'altro, un inedito Cai (Centro di accoglienza e identificazione). Cai era stata denominata la stessa ex caserma Andolfato di S. Maria Capua Vetere (Caserta), poi ri-trasformata, nel giro di un giorno, in un piu' classico Cie, infine chiuso. E un classico Cie e' diventato, grazie a un'ordinanza, il centro di accoglienza di Palazzo San Gervasio (Potenza).

Benché incompleto, l'elenco permette di cogliere il senso di queste rapide metamorfosi, per lo piu' al di fuori della legge, che hanno la finalita' di affidare alla sfera dell'arbitrio assoluto - al limite del sequestro di persona - la gia' arbitraria detenzione di persone innocenti quanto indesiderate: eppure utili come capri espiatori e cavie per sperimentare uno stato di polizia sui generis.

Protetti come sono da fitte barriere di gabbie e reticolati, i lager - che siano di vecchia o di nuova generazione e comunque si chiamino - sono anche utili ad alimentare nell'opinione pubblica l'immaginario paranoide che induce a percepire il migrante o il rifugiato come nemico o comunque individuo pericoloso.

Quanto ai reclusi, provate a mettervi nei panni di un giovane tunisino, per esempio. Ha partecipato alla rivoluzione contro la dittatura, in cui per la prima volta si e' sentito soggetto, poi ha provato a sperimentare la liberta' conquistata per raggiungere l'altra sponda del Mediterraneo a cercare fortuna. Dopo una traversata da incubo, in cui ha rischiato la vita, si trova intrappolato in un incubo di sbarre, ridotto a numero, spersonalizzato, espropriato della liberta' e della sua stessa sorte. In quest'incubo, il cibo e' insufficiente, le condizioni igieniche e logistiche del tutto precarie. Gli si proibisce di parlare con gli avvocati, di telefonare ai suoi, perfino di tornare in patria subito. Se protesta insieme ai compagni di sventura, ne ricava pestaggi da parte delle forze dell'ordine. Potrete allora capire perche' mai rivolte, scioperi della fame, tentativi di fuga disperati, atti di autolesionismo, suicidi e tentativi di suicidio siano la routine quotidiana dei lager italiani.

Una nota finale. Paradossalmente, questa negazione di ogni principio umanitario s'intreccia con la sfera dell'umanitario. A gestire un certo numero di Cie e', infatti, il Consorzio Connecting People, che gia' nel nome si ammanta della retorica umanitaria, "multiculturalista", perfino antirazzista. Connecting People e' legato e finanziato dal Consorzio "Gino Mattarelli" (cgm). E questo, a sua volta, e' partner e socio fondatore della Banca Etica. Si potrebbe allora concludere con uno slogan: "Come sono etici i lager italiani!".

 

4. HERI DICEBAMUS. ALCUNI TESTI DEL MESE DI LUGLIO 2006 (PARTE SECONDA)

 

Riproponiamo alcuni altri testi apparsi sul nostro notiziario nel mese di luglio 2006.

 

5. HERI DICEBAMUS. TERRORISTI

E dunque: i servizi segreti italiano hanno scoperto un gruppo terrorista straniero che in Italia rapiva persone e le portava in altri paesi per sottoporle a torture, ne' si sa quante siano ancora vive.

Scoperta la centrale terroristica, i servizi segreti italiani - o perlomeno alcuni loro solerti funzionari - subito si sono messi al suo servizio.

Plausi del centrodestra, imbarazzo del centrosinistra, ma quel che conta e' che l'Italia e' in finale.

 

6. HERI DICEBAMUS. UNA BIZZARRA AMNESIA

 

Di colpo sembra che tutti i ministri, tutti i segretari di partito, tutti i direttori di giornali e di televisioni, e tutti i parlamentari (con eccezioni che si contano sulle dita delle mani) si siano dimenticati dell'esistenza della Costituzione della Repubblica Italiana.

Fino a due sole settimane fa si sbracciavano tutti: "Costituzione, Costituzione"; persini i fascisti e i razzisti ululavano che nessuno avrebbe toccato la prima parte della Costituzione e quindi a fortiori i primi dodici articoli, i principi fondamentali che costituiscono i valori supremi in forza di cui esiste la repubblica italiana e violando i quali torniamo ad essere quell'espressione geografica di metternichiana memoria (e certo anche ancora una letteratura che settecento anni fa ha fatto furore) e - per dirla col Manzoni - un volgo disperso che nome non ha.

Oggi di rispettare la Costituzione parlano solo i medici scalzi di Emergency, poche persone amiche della nonviolenza, e non molti altri ancora.

Roba che Don Siegel buonanima avrebbe potuto girarci un sequel de L'invasione degli ultracorpi.

*

Mister Hyde premier e il dottor Jekyll in panchina

Il governo espressione della maggioranza parlamentare che ha vinto le elezioni sconfiggendo la coalizione golpista (ricordiamolo che quelle di aprile erano elezioni del parlamento, non del governo, ne' del primo ministro: siamo l'Italia della Repubblica nata dalla Resistenza e dalla Liberazione, non quella del duce), il governo che ha giurato fedelta' alla Costituzione - e l'ha giurata ciascuno dei suoi membri all'atto dell'insediamento, chi non avesse giurato non sarebbe oggi ministro -, il governo che ha espresso compiacimento per la vittoria della Costituzione al referendum delllo scorso mese, neppure quindici giorni dopo ha violato la Costituzione in uno dei suoi principi fondamentali, quello sancito dall'articolo 11 che afferma che "L'Italia ripudia la guerra".

Certo, il povero Pietro fu piu' veloce, ma al secondo canto del gallo eruppe in lacrime. I signori ministri invece - come si dice tra noi rozzi villici - "ancora intignano", e tante brave persone corrono in loro soccorso a cercar di spiegare che, poverini, se ammazzano un po' di afgani - ed en passant un po' di soldati italiani mandati la' ad uccidere e morire - cosa sara' mai rispetto all'appassionante dibattito su messer Partito democratico e madama Sinistra radicale. E simili amenita'.

Tragiche amenita'. Gli storici futuri che leggeranno le carte di questi giorni non avranno pieta' per chi in questi giorni si e' messo al servizio degli assassini. Non avranno pieta' gli storici futuri.

*

Un'ambigua utopia

Forse occorrerebbe chieder consiglio alla maestre della science fiction femminista americana (Philip K. Dick e' morto, avrebbe potuto anche lui dire la sua) per tematizzare cosa stia accadendo hic et nunc in Italia.

Sembra che la quasi totalita' del parlamento pensi che in fondo guerra o pace "per me pari sono" come "questa o quella" per il duca di Mantova.

Sembra che la quasi totalita' della stampa (e delle tv: ma si sa che dalla televisione parlano gli assassini) giubili come un sol uomo all'idea di rinverdire i fasti di Graziani.

Che dire? L'impressione e' che questi signori siano ormai del tutto fuori dalla realta'.

*

Un indimenticabile maestro

Aveva ragione, come sempre del resto, il povero Bobbio - indimenticabile maestro - quando diceva che la democrazia si regge sulle leggi ma anche sui costumi: noi una buona legge ce l'abbiamo, e' appunto la Costituzione che ripudia la guerra, ma quando essa e' violata in primis da coloro che hanno giurato di esserle fedeli, come dire: mala tempora currunt.

E quel signore che dovrebbe essere garante eccetera? Ahime', e' lo stesso che nel '98 firmo' la riapertura dei campi di concentramento in Italia. Mi duole per gli amici che della sua elezione si sono allietati, ma oggi pare essere piu' impegnato a seguire le partite di pallone: ventidue persone in mutande che danno calci a un pezzo di cuoio sono piu' importanti della vita o della morte di tanti poveracci in Afghanistan; sono piu' importanti della legge fondamentale del nostro stato, sono piu' importanti del destino dell'umanita'.

A questo siamo giunti: e' proprio vero che quel coacervo che chiamiamo con una sommaria etichetta "berlusconismo" non e' stato ancora sconfitto.

*

Invece

Invece di lanciar proclami "senza se e senza ma" che non servono davvero a granche', invece di cercar sottobanco accordi e favori, invece di trascinarsi all'Aventino sconsolati, forse sara' il caso di promuovere una proposta semplice semplice, di soave candore, come ad esempio la seguente:

- che il parlamento italiano rispetti la Costituzione;

- che il parlamento italiano deliberi di non piu' proseguire nell'illegale e criminale partecipazione militare italiana alla guerra afgana;

- che il parlamento italiano deliberi un piano di interventi in Afghanistan a sostegno delle vittime, che promuova la democrazia con mezzi democratici, la pace con mezzi di pace, i diritti umani di tutti gli esseri umani col rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani: ergo, Corpi  civili di pace, interposizione nonviolenta, aiuto umanitario e assistenza materiale e logistica alle esperienze nonviolente, in primo luogo quelle delle donne; servizi sanitari e assistenziali, sostegno ai contadini per la conversione delle colture dall'oppio ai prodotti alimentari, tessili, eccetera; fornitura gratuita prolungata di strutture logistiche, materiali didattici e finanziamenti per pagare stipendi alle e agli insegnanti afgani per promuovere il diritto all'istruzione per tutte e tutti; iniziative per il disarmo mobilitando anche la societa' civile; processi di riconciliazione sull'esempio dell'esperienza della Commissione per la verita' e la riconciliazione sudafricana: e mille altre iniziative dal basso, la nonviolenza ha mille risorse;

- che il parlamento italiano impegni il governo a un'azione politica internazionale in sedo Onu e Unione Europea per il disarmo, per una cooperazione di pace, per la scelta della nonviolenza come principio ispiratore delle relazioni internazionali (la proposta per un'Europa disarmata e nonviolenta formulata anni fa da Lidia Menapace potrebbe essere una buona base di lavoro in questo ambito).

*

Envoi

Questo ci piacerebbe facesse il parlamento, e che poi il governo eseguisse la volonta' del parlamento, rientrasse nell'alveo della legalita' costituzionale, la facesse finita di berlusconeggiare.

E alle non poche brave persone che in queste settimane di confusione si sono messe al servizio della guerra, se lo hanno fatto sbagliando in purezza di cuore (e non perche' il governo o altre amministrazioni del cosiddetto centrosinistra finanziano loro qualche agevolazione) e solo per un attimo di frastornamento o di dimenticanza, come Randolph Scott in quel crepuscolare western di Peckinpah del '61, noi veramente non gliene vogliamo, purche' si ravvedano e tornino in se stesse. Le amnesie, quando si prolungano, giocano brutti scherzi. E al 17 luglio manca poco.

 

7. HERI DICEBAMUS. UNA POSTILLA

 

Riassumere una vicenda plurimillenaria in poche righe certo puo' dare l'impressione di certe vecchie comiche ove tutto e' accelerato e per cio' stesso caricaturale.

Bastera' qui dire che nell'ebraismo, nel cristianesimo, nell'islam - le tre religioni del libro - certo che vi sono gli orrori sopra descritti.

Ma vi e' anche l'esatto contrario. Vi e' anche l'esatto contrario.

E chi scrive queste righe pensa che cio' che vale in quei messaggi al cui ascolto infinite moltitudini di persone si sono disposte trovandovi un senso per la propria esistenza, in quelle grandi tradizioni di pensiero che tanta parte sono della storica vicenda umana, sia proprio quel messaggio di pace, e di nonviolenza, che a ogni guerra e ad ogni alienazione si oppone. Di nonviolenza, si': che e' il contenuto profondo e finanche sommerso, ma vivo, germinante e splendente, di tutte - tutte - le grandi tradizioni di pensiero, religiose e laiche, teiste e ateiste, pensate con anima e corpo, che hanno reso l'umanita' piu' umana.

Sara' concesso a un povero materialista feuerbachiano di scriverlo qui.

 

8. HERI DICEBAMUS. LA RISPOSTA SOFFIA NEL VENTO

 

Mi chiedo come sia possibile.

In una pagina di Hannah Arendt trovo la risposta: "Dei due principali strumenti del dominio imperialista, l'uno, il razzismo, venne scoperto in Sudafrica, mentre l'altro, la burocrazia, mosse i suoi primi passi in Algeria, in Egitto e in India. Il razzismo era in sostanza la fuga in un'irresponsabilita' dove non poteva piu' esistere nulla di umano; la burocrazia derivava la sua coscienza della responsabilita' dalla convinzione di governare popoli inferiori, che aveva in certo qual modo il dovere di proteggere, ma per i quali non valevano le leggi del popolo dominante da essa rappresentato" (Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano 1967, 1996, p. 289).

Per certi prominenti di Roma (come per quelli di Washington, loro maestri e donni), e per coloro che li favoreggiano, la vita degli afgani evidentemente non ha alcun valore. Fare la guerra li' e' un nonnulla.

E la Costituzione della Repuibblica Italiana e' solo un fastidioso inciampo di cui non tener conto.

 

9. HERI DICEBAMUS. LA FALSA ALTERNATIVA E I MORTI VERI

 

Cio' che e' oggi in discussione non e' la crisi del governo Prodi, che peraltro in crisi ci si mette egregiamente da se': cio' che e' in discussione e' se dobbiamo continuare a uccidere in Afghanistan, o se invece in Afghanistan dobbiamo salvare vite umane; se dobbiamo continuare una guerra immorale e criminale (e tutte le guerre lo sono, e bene lo dice la Costituzione) o se invece dobbiamo intervenire in modo nonviolento affinche' la guerra cessi, le vittime siano assistite e riconciliate, quel popolo e quel paese siano aiutati a vivere.

E quindi l'alternativa non e' se sostenere un governo o abbandonarlo a se stesso (per quel che riguarda chi scrive queste righe io ho votato per la coalizione antigolpista alle elezioni parlamentari, non per un premier ne' per un'accolita di ministri di molti dei quali penso che siano dei pessimi soggetti), ma se dobbiamo continuare la guerra o no.

Io sono contrario alla guerra, come sono contrario agli omicidi: se il governo e' favorevole alla guerra e agli omicidi non conti sulla mia complicita'.

Le ciance di palazzo appassionano altri, a noi interessa salvare le vite umane.

 

10. HERI DICEBAMUS. LA POLITICA DEI DUE TEMPI. E LE PERSONE FRATTANTO UCCISE

 

Ricordo. Nella storia del movimento operaio dirigenze burocratiche che poi si vide che fine fecero (votarono i crediti di guerra e contribuirono a scatenare la prima guerra mondiale, da cui e' seguito tutto, tutto l'orrore del secolo di Auschwitz e di Hiroshima, dei gulag e dei lager, di Bhopal e di Cernobyl) inventarono la teoria dei due tempi: vogliamo una cosa ma nel frattento ne accettiamo, anzi ne sollecitiamo un'altra, mica vogliamo sembrare "massimalisti", non sia mai; a noi ci basta il "programma minimo" (la cui traduzione era poi sovente qualche posticino nella macchina dello stato ed i finanziamenti necessari per l'apparato burocratico e  propagandistico).

E cosi' oggi i ministri del governo in carica dichiarano che vogliono la pace - e ci mancherebbe -, ma intanto decretano la prosecuzione della guerra.

Alle persone buone che questo sofistico ministeriale ragionamento e questa sanguinaria ministeriale scelta condividono o avallano vorremmo ricordare quelle buone parole di Primo Levi: "fermatevi e considerate".

 

11. HERI DICEBAMUS. MANOSCRITTO TROVATO IN UNA BOTTIGLIA

 

"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".

Perdindirindina, ma guarda che enormita' si trovano nelle bottiglie.

Dovrei proprio smettere di bere.

 

12. HERI DICEBAMUS. E LA COSTITUZIONE?

 

E la Costituzione? Nel letamaio, insieme ad altre perle.

 

13. HERI DICEBAMUS. LA NONVIOLENZA, NON IL PACIFISMO

 

Il pacifismo in verita' e' nulla, al primo soffio del lupo viene giu'.

Quello che occorre e' la nonviolenza.

 

14. HERI DICEBAMUS. VESTI LA GIUBBA

 

Basta attendere sulla sponda del fiume.

Dopo aver proclamato che occorreva votare per la prosecuzione della guerra perche' non si poteva mettere in pericolo l'alleanza di governo, alla prova del Dpef (il decreto di programmazione economica e finanziara) un partito della coalizione rompe il sacro unanimismo nel consiglio dei ministri e si appresta a opporsi in parlamento.

Un classico.

Noi concordiamo nell'opposizione ai tagli alla spesa sociale, ma ci spieghino un po' i piccoli machiavelli di turno perche' ora non valgono piu' tutte le chiacchiere fatte fino a ieri.

Sperando che non sia perche' cosi' come Parigi val bene una messa, continuare ad ammazzare gli afgani era un prezzo equo per restare tutti insieme appassionatamente, mentre sui tagli - infami tagli - alla spesa sociale che danneggiano direttamente, materialmente, tante persone che votano in Italia - che votano in Italia - un diverso ragionamento prevale.

*

La guerra e' assassina, chi vota per essa assassino si fa.

La Costituzione ripudia la guerra, il governo che vota la guerra ripudia la Costituzione.

 

15. HERI DICEBAMUS. POLITICA NONVIOLENTA E NONVIOLENZA GIURISCOSTITUENTE

 

Le persone che si accostano alla nonviolenza lo fanno ciascuna muovendo da premesse diverse, originali, attraverso l'approfondimento e l'illimpidimento delle proprie opinioni. e' per questo che vi sono tante opinioni sulla nonviolenza quante sono le persone amiche della nonviolenza.

Ad esempio chi scrive queste righe ritiene che o le persone amiche della nonviolenza propongono il punto di vista della nonviolenza nella politica e finanche nel diritto (per questo parla tanto di "nonviolenza giuriscostituente" e condivide con tanta passione la proposta di Lidia Menapace di lavorare per costruire la politica internazionale dell'Unione Europea sulla base della scelta della nonviolenza), oppure sara' impossibile fermare la catastrofe.

E' per questo che chi scrive queste righe non ha alcuna fiducia ne' alcuna contiguita' col pacifismo roboante (fino al delirio totalitario) nei proclami e nei fatti tattico, confuso, ambiguo e subalterno del "senza se e senza ma", col pacifismo della "sinistra radicale" - che tale si dice perche' e' incerta, et pour cause, del suo essere ancora sinistra, la sinistra delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita' tutta e di quella di tutti e di ciascuno -, col pacifismo "antiamericano" (che pacifismo non e' ma solo complicita' con altra oppressione e violenza assassina) e via sloganeggiando.

Perche' o si fa la scelta della nonviolenza o non si da' azione per la pace.

Ed e' per questo che chi scrive queste righe trova essere un penoso segno dei tempi che taluni scrivano "nonviolenza attiva": non sanno che la nonviolenza o e' attiva o non e'; non hanno capito che la nonviolenza o e' lotta contro la violenza, o non e'; non riescono a cogliere che la nonviolenza e' il contrario della vilta', della rassegnazione, della subalternita', dell'indifferenza, dell'accettazione dello status quo: non hanno ancora percepito "con la mente e piu' col cor" che la nonviolenza e' la lotta piu' nitida e piu' intransigente contro le uccisioni e contro le oppressioni, contro le ingiustizie e contro le menzogne, contro lo sfruttamento e contro le devastazioni, contro la disumanizzazione e contro la servitu', contro l'ignoranza e contro l'alienazione; la nonviolenza e' lotta, lotta, lotta, la lotta la piu' coerente e la piu' concreta, la piu' civile e la piu' politica.

E certo si da' sempre e solo nelle concrete condizioni della storia, attraverso l'analisi concreta delle situazioni concrete, e sempre e solo nel rispetto dell'umanita' di tutti e di ciascuno. Ma e' lotta, lotta, lotta.

Ed oggi, qui e adesso, la scelta della nonviolenza e' ancora una volta opporsi alla guerra, difendere la Costituzione che ripudia la guerra, sentirsi ciascuna e ciascuno responsabile di tutto.

Come ci hanno insegnato Emmanuel Levinas e Hans Jonas, Hannah Arendt e Simone Weil, e piu' di chiunque altro Virginia Woolf.

 

16. HERI DICEBAMUS. ETICA DELL'IRRESPONSABILITA'

 

In questo teatrino buffo quanto tragico non manca chi evoca addirittura l'"etica della responsabilita'" (ovvero il farsi carico delle conseguenze delle proprie azioni) per sostenere la tesi che sia cosa buona e giusta continuare la guerra in Afghanistan, ovvero continuare a uccidere esseri umani. Uccidere esseri umani. Uccidere. Esseri umani.

Chi leggera' un domani le parole proferite in questi giorni da certi ministri e da certi loro caudatari e araldi potra' forse sorriderne. Noi oggi ne proviamo solo orrore.

 

17. HERI DICEBAMUS. L'ANTIPOLITICA DEGLI ASSASSINI E UN EQUIVOCO CHE SI SCIOGLIE

 

Quella degli assassini e' propriamente l'antipolitica, poiche' essa denega e fin annichilisce ogni possibilita' di civile convivenza fondata sul reciproco riconoscimento di umanita'.

Tutti i sostenitori della guerra hanno abdicato alla politica, poiche' la guerra non e' la prosecuzione della politica con altri mezzi, iuxta la massima clausewitziana, ma della politica la morte, e la morte dell'umanita'.

Un ministro che propugna la guerra non e' piu' un politico, e' un antipolitico, e peggio: un mandante della commissione di omicidi.

*

L'equivoco che si scioglie e' quello - invero clownesco - del pacifismo "seconda grande potenza": il pacifismo totalitario del "senza se e senza ma", il pacifismo ipocrita degli "italiani brava gente", il pacifismo nepotista e arraffone delle carriere parastatali, il pacifismo squadrista e agli squadristi ammiccante, il pacifismo della "sinistra radicale", il pacifismo ciarlatano e colluso, astratto e velleitario, ambiguo e subalterno, da salotto e da parata, ebbene, quel pacifismo confuso e dimidiato non serve a nulla, non e' mai servito a nulla, se non alle miserabili carriere di chi giunto alla prova non esita ad arrampicarsi su cataste di cadaveri pur di mantenere il proprio privilegio borghese ed accrescere le proprie borghesi fortune.

La nonviolenza occorre: la nonviolenza, che e' la lotta la piu' nitida e la piu' intransigente contro tutte le uccisioni, contro tutte le oppressioni, contro tutte le devastazioni: contro la guerra, l'inquinamento, lo sfruttamento.

La nonviolenza, cui ci convoca l'art. 11 della Costituzione della Repubblica italiana e l'incipit della Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione universale dei diritti umani del '48.

La nonviolenza.

*

Ma la nonviolenza non e' quell'oscena caricatura dei ciarlatani (magari anche di fama o di grido) pronti a tutte le capriole, rotti a tutte le furbizie, disonesti quanto puo' esserlo chi non si cura della vita altrui ma solo dell'incedere proprio, dereistici come tutti i totalitari.

La nonviolenza e' quella umile e relativa, modesta e concreta, mite e realista, ma nitida e intransigente nel chiedere a chi le si accosta, a chi la sceglie ed invera, di farla finita per sempre con il militarismo, l'autoritarismo, il patriarcato; di farla finita per sempre con le aggressioni, le vilta' e le menzogne; di farla finita per sempre con la denegazione dell'umanita' altrui.

E non possono pretendere di parlare a nome di essa coloro che irresponsabilmente hanno commesso crimini, o indotto altri a commettere crimini, o avallato che altri commettessero crimini, o non dissuaso altri dal commettere crimini.

La nonviolenza e' esigente. Non fosse cosi', perche' ci starebbe a cuore?

 

18. HERI DICEBAMUS. DA UNA LETTERA DI STRATONE DI CORINTO ALL'AMICO SUO SILESIO POLILOGOTETA

 

... io non appartengo al "popolo dell'Unione" (fatico gia' tanto ad appartenere per ragioni di stato civile, di geografia e di lingua al popolo italiano, e da quando ho raggiunto l'eta' della ragione sono un internazionalista: della Prima Internazionale, per intenderci fra noi poveri vecchierelli), e non mi interessa affatto quale sia l'opinione del "popolo dell'Unione" sulla guerra: anche se esso fosse unanime nel volere le stragi io resterei contrario.

E per mia fortuna nel nostro paese c'e' una buona legge, nata dal sangue versato dai martiri della Resistenza, che ripudia la guerra: e' la legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico, la legge infrangendo la quale non siamo piu' ne' una democrazia, ne' uno stato di diritto, ne' un popolo libero.

Non ci sono consultazioni da fare, c'e' solo da rispettare quella legge. E chi non la rispetta e' un criminale.

E coloro che avendo il potere di governare e di fare le leggi deliberano la guerra sono criminali due volte: perche' violano la Costituzione, e perche' assassini. La guerra in questo e non in altro consistendo: nell'uccidere esseri umani. E secondo il nostro modesto modo di vedere uccidere esseri umani e' un crimine, il piu' grave, il piu' abietto.

 

19. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riedizioni

- Arthur Schnitzler, Il sottotenente Gustl, Rcs, Milano 2006, Il sole 24 ore, Milano 2011, pp. 62, euro 2 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore").

- Rene' A. Spitz, Il primo anno di vita, Armando, Roma 1973, Rcs, Milano 2011, pp. XX + 326, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

- Maurizia Tazartes (a cura di), Giotto, Skira'-Rcs, Milano 2004, 2011, pp. 192, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

20. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

21. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 620 del 18 luglio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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