Telegrammi. 619



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 619 del 17 luglio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Maria G. Di Rienzo: Coesione sociale?

2. Alcuni testi del mese di luglio 2006 (parte prima)

3. Un sofisma da rigettare

4. "L'Italia ripudia la guerra"

5. Quindici uomini sulla cassa del morto

6. A rose is a rose is a rose

7. L'astuzia piu' grande del diavolo

8. Cento cavalli bigi

9. Capriole

10. L'argomento dell'arreso

11. Di respirare la stessa aria

12. Da una lettera di Misone eleatico all'amico suo Panfilo gerosolimitano

13. Alex, Lidia, Gigi e le lacrime delle cose

14. Per carita'

15. Segnalazioni librarie

16. La "Carta" del Movimento Nonviolento

17. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: COESIONE SOCIALE?

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005; (a cura di), Voci dalla rete. Come le donne stanno cambiando il mondo, Forum, Udine 2011. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]

 

Egregio signor Presidente Napolitano, sono una cittadina italiana che ne ha abbastanza. In questo paese abbiamo 31.000 euro a testa di debito pubblico e lo stato chiede prestiti per pagare gli interessi sul debito; l'Italia partecipa a guerre sputando sulla sua stessa Costituzione; abbiamo in vigore leggi razziali, la scuola pubblica e' stata distrutta assieme alla rete del welfare, alla sanita' e alla tutela del lavoro. Da anni demolivano felici e ci ripetevano che andava tutto benone: "Quale crisi? Gli italiani hanno speso un sacco di soldi in cosmetici". Se la ricorda, questa? E' di un paio di mesi fa. Adesso siamo sull'orlo di un collasso evidentemente imprevedibile alla classe di bugiardi e incompetenti che ci governa, per cui bisogna succhiare 45 miliardi da famiglie, lavoratori dipendenti, malati. E lei ha applaudito l'approvazione di questa manovra inneggiando alla "coesione sociale". Mi lasci capire, si tratta del pensiero "siamo nella stessa barca" di cui si fanno interpreti le signorine arruolate per i festini del presidente del consiglio, suggerendosi reciprocamente di coordinare le richieste di denaro e beni al loro utilizzatore finale? La consigliera regionale piu' esperta in materia squittiva infatti al telefonino con una fotomodella "Assolutamente, si', si' infatti, secondo me l'unione fa la forza, io sono di questa idea". E' il tipo di coesione sociale di cui lei parla?

Mi dispiace, signor Presidente, ma non mi sento affatto "coesa". E non mi trovo nella stessa barca sua, ne' in quella dei vampiri che succhiano sangue all'Italia. Fra me ed alcuni altri cittadini e cittadine di questo sventurato paese la distanza e' davvero troppa. Se sventra il mio cuscino ci trovera' a stento qualche piuma e non, come nel caso del padre di una signorina romana, 18.000 euro quale pagamento per le "serate ad Arcore". Il tizio che beneficia delle "serate" ha una ventina di ville, spende per le sue amichette 800.000 euro l'anno (ovvero quanto entra in casa mia in 800 mesi), regala loro case o paga loro affitti e spese, ed e' lo stesso tizio grazie alla cui radiosa intelligenza nel governare l'Italia si chiede a noi che non abbiamo niente di fare sacrifici. Per cosa? Per chi? Ci sono tre milioni di poveri nel nostro paese ma dopo questa manovra economica ce ne saranno molti di piu', tutti miracolati, coesi e morti di fame. Mi vergogno ogni volta che guardo le mie nipotine e penso al loro futuro, e ormai vorrei davvero andarmene di qui, signor Presidente Napolitano, ma non ho nemmeno i soldi per pagare uno scafista che mi porti ad annegare da qualche parte, sulle coste di un paese civile.

 

2. HERI DICEBAMUS. ALCUNI TESTI DEL MESE DI LUGLIO 2006 (PARTE PRIMA)

 

Riproponiamo alcuni testi apparsi sul nostro notiziario nel mese di luglio 2006.

 

3. HERI DICEBAMUS. UN SOFISMA DA RIGETTARE

 

E' un sofisma quello che pone in contraddizione l'opposizione alla guerra e la salvaguardia della coalizione parlamentare non golpista e del governo che di essa deve essere espressione.

La verita' e' l'esatto contrario: una coalizione parlamentare e un governo non golpisti hanno senso e trovano fondamento solo nel rispetto del dettato costituzionale: dettato costituzionale che proibisce la partecipazione italiana alla guerra.

E poiche' in Afghanistan e' in corso una guerra, una coalizione parlamentare e un governo italiano non golpisti hanno l'obbligo giuridico e politico (oltre che morale e intellettuale) di disporre l'immediata cessazione della partecipazione dei militari italiani ad essa.

E tutto il resto sono chiacchiere.

*

Se una parte della coalizione oggi al governo intende imporre la prosecuzione della violazione della legalita' costituzionale, la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista, la prosecuzione della politica berlusconiana golpista, e' essa e solo essa che si assuma una grave responsabilita', politica e penale: la responsabilita' di voler perpetrare un crimine, e per far questo di rompere la coalizione e mettere a rischio il governo.

Se alcuni ministri vogliono imporre una decisione che configura una flagrante violazione della legalita' costituzionale ed un'altrettanto flagrante corresponsabilita' con la commissione di omicidi di cui la guerra consiste, sono loro che con cio' provocano altresi' la rottura dei fondamenti stessi della coalizione antigolpista, sono loro che provocano la messa in crisi del governo.

*

I parlamentari che rispettano la Costituzione della Repubblica Italiana hanno per cio' stesso il dovere di votare no alla guerra, no alla partecipazione italiana alla guerra, no all'illegalita', no agli omicidi.

E un governo che voglia rispettare la Costituzione della Repubblica Italiana dovrebbe deliberare conseguentemente.

Un governo che viola la Costituzione, e che si macchia di omicidi, non e' piu' che un'accolita di criminali.

*

Questa la situazione, e questa la prova.

Non c'e' alcunche' da mediare: c'e' solo da rispettare la Costituzione e deliberare di conseguenza.

E quei parlamentari non golpisti che frastornati dalle menzogne della propaganda ovvero dell'ideologia come falsa coscienza ancora nutrissero dubbi, devono solo decidere se il loro dovere - in quanto esseri umani, in quanto pubblici ufficiali, in quanto rappresentanti del popolo italiano - e' salvare le vite umane o contribuire a sopprimerle. Non dovrebbe essere difficile prendere una decisione.

Vivamente auspichiamo che il parlamento deliberi di opporsi alla guerra e cosi' salvare delle vite umane; vivamente auspichiamo che il governo si adegui a questa scelta.

 

4. HERI DICEBAMUS. "L'ITALIA RIPUDIA LA GUERRA"

 

Questo afferma il dettato costituzionale: "L'Italia ripudia la guerra".

In Afghanistan e' in corso una guerra.

La presenza cola' dei militari italiani e' partecipazione alla guerra.

Quella partecipazione alla guerra e' proibita dalla legge fondamentale del nostro paese.

*

La guerra sempre consiste della commissione di omicidi.

La partecipazione militare italiana alla guerra afgana e' la partecipazione alla commisisone di omicidi.

Per ogni codice giuridico degno di questo nome l'omicidio e' un crimine.

La guerra e' il crimine dei crimini.

*

Un parlamento che vota a favore della partecipazione italiana alla guerra, a favore della violazione della Costituzione in uno dei suoi principi fondamentali, a favore della commissione di omicidi, non e' piu' un parlamento, ma un bivacco di manipoli.

*

Un governo che pretende obbedienza e sostegno quando delibera la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra, la prosecuzione della violazione della Costituzione in uno dei suoi principi fondamentali, la prosecuzione della commissione di omicidi, prosegue l'eversione dall'alto e la barbarie del governo golpista che lo ha preceduto e che il voto popolare aveva scacciato dal potere esecutivo.

 

5. HERI DICEBAMUS. QUINDICI UOMINI SULLA CASSA DEL MORTO

 

In questi giorni sulla stampa sono apparsi vari interventi a sostegno della annunciata sciagurata decisione (che speriamo possa essere revocata dopo una piu' approfondita riflessione) di molti parlamentari democratici di votare i crediti di guerra (ed uso questa formula che rinvia alla frattura nella socialdemocrazia tedesca in occasione dello scatenamento della prima guerra mondiale perche' so che tra i nostri venticinque lettori non manchera' chi cogliera' l'implicito richiamo alla riflessione, alla vicenda e alla figura di Rosa Luxemburg).

Alcuni di questi interventi sono cosi' cialtroni che non vale la pena di perderci tempo (ad esempio quelli dei dirigenti politici che quando sono all'opposizione sono contro la guerra e quando sono al governo diventano a favore: di cosa dobbiamo dicutere con certa gente?). Altri interventi meritano invece una discussione, un approfondimento, sia per la qualita' delle persone, sia per la qualita' degli argomenti, sia perche' aperti a ulteriori svolgimenti. Solo a questi faremo riferimento.

*

Il ragionamento piu' diffuso mi sembra che assuma come questione principale il pericolo di uno spostamento a destra del governo italiano e della sua base parlamentare, la necessita' di tener insieme la coalizione che ha sconfitto il blocco eversivo berlusconiano nelle elezioni di aprile, l'esigenza di difendere la democrazia nel nostro paese. Sono preoccupazioni ragionevoli e condivisibili.

Quando nei giorni scorsi un ministro irresponsabile e ricattatore ha esplicitamente dichiarato che o la coalizione parlamentare del cosiddetto centrosinistra avallava la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra in Afghanistan o si sarebbe andati subito a nuove elezioni (con la quasi certa conseguenza del ritorno al potere della coalizione neofascista, razzista, filomafiosa e golpista), ho provato non solo una grande indignazione per tanta tracotanza, ma anche una profonda sollecitudine per le non poche persone buone (e alcune mi sono molto care) che in parlamento siedono a rappresentare e difendere la democrazia e il diritto, la verita' e la giustizia, la pace e la dignita' umana, e che ogni giorno devono far fronte non solo all'aggressione della destra eversiva, ma anche alla protervia e alla stoltezza di governanti e prominenti il cui squallore e' invero indicibile.

*

Tuttavia a mio modo di vedere la questione centrale di questa drammatica vicenda e' un'altra, anzi sono altre due (ma credo siano in realta' una stessa cosa, vista da due diverse angolature).

La prima: partecipare alla guerra afgana significa provocare cola' la morte di esseri umani. E nulla, nulla, nulla puo' giustificare che per problemi politici e istituzionali interni del nostro paese si accetti di contribuire a far morire la' degli esseri umani.

Occorre quindi votare no alla prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra perche' la scelta reale e' tra uccidere o salvare delle vite umane.

La seconda: uno dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana e' il ripudio della guerra. E poiche' non vi e' dubbio che in Afghanistan sia in corso una guerra, la salvaguardia del nostro ordinamento giuridico, il rispetto della legalita' costituzionale, impone la cessazione della partecipazione italiana ad essa.

Occorre quindi votare no alla prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana perche' questo ordina la Costituzione. E se si violasse la Costituzione l'eversione dall'alto avrebbe gia' vinto. Il crimine avrebbe gia' vinto.

L'ho detto in termini forse un po' rozzi, ma e' precisamente di questo che in realta' si tratta: votare si' ai crediti di guerra significa votare si' all'uccisione di esseri umani; votare si' ai crediti di guerra significa votare si' alla violazione della Costituzione della Repubblica Italiana, al fondamento stesso del nostro ordinamento giuridico.

Certo, l'intero consiglio dei ministri in carica deliberando unanime il decreto di prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana ha gia' violato la Costituzione cui pure ha giurato fedelta'. Ma il fatto che ministri sciagurati e fedifraghi abbiano commesso un simile delitto deve essere per il parlamento una ragione in piu' per difendere la Costituzione che il governo attuale, come quello precedente, tiene in non cale.

*

Due cose ancora vorrei osservare.

La prima: molti in questi giorni hanno agitato del tutto a sproposito l'argomento della cosiddetta "riduzione del danno": ovvero la tesi alquanto bizzarra secondo cui il loro voto sara' a favore della guerra perche' un voto contrario avrebbe esiti peggiori. Peggiori per chi? Riduzione del danno per chi? Per il ceto politico e la coalizione parlamentare italiana? Ma stiamo scherzando?

Qui stiamo parlando di far morire delle persone in Afghanistan, o di salvar loro la vita: l'unica vera "riduzione del danno" e' nella cessazione della partecipazione alla guerra e nell'impegno affinche' la guerra cessi, nell'impegno a recare soccorsi umanitari e solidarieta' materiale in forme rigorosamente nonviolente.

La seconda: molti in questi giorni hanno abusivamente parlato del "metodo del consenso", ovvero della bonta' del prendere decisioni condivise nel modo piu' ampio e adeguato utilizzando questa modalita' deliberativa tipicamente nonviolenta; sostenendo all'incirca che quando la coalizione vincitrice delle elezioni agisce di concerto le decisioni che prende sono ipso facto, se non ottime, almeno buone. Ohibo', magari fosse sempre cosi'.

Tale argomento cade anch'esso quando si pretende di usarlo per legittimare la guerra e le uccisioni. Quand'anche un'assemblea, e sia pure la piu' autorevole delle assemblee, deliberasse unanime di far morire qualcuno, quell'omicidio resta un crimine. E quella decisione, quale che sia stata la metodologia attraverso cui e' stata assunta, e' una decisione iniqua, un delitto. Certo che conta il metodo, ma conta anche il contenuto delle decisioni, e quando il contenuto e' uccidere vite umane, nessun metodo puo' rendere accettabile l'orrore assoluto dell'assassinare.

*

A mio modesto parere e' tutto qui. E il resto sono o chiacchiere capziose e narcotiche, o analisi anche corrette e condivisibili, ma marginali e quindi fuorvianti rispetto al vero decisivo oggetto della decisione: la prosecuzione della partecipazione alla guerra, ovvero all'uccisione di esseri umani.

Naturalmente rispetto il travaglio delle e dei parlamentari che in questi giorni dovranno decidere come votare, e spero che la loro riflessione infine le e li convinca della necessita' di opporsi alla guerra e alle uccisioni, di opporsi alla violazione della Costituzione.

Solo una postilla aggiungo ancora: l'Italia per fortuna e' ancora una democrazia parlamentare: e' il parlamento che delibera le leggi, e il governo alla volonta' del parlamento ubbidisce; se il consiglio dei ministri pensa di avere potere dittatoriali sul parlamento, ebbene, quei ministri hanno sbagliato coalizione. Non solo: l'Italia, per fortuna, e' ancora uno stato di diritto, e tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, e nessuno e' al di sopra della legge, e nessuno puo' impunemente violare le leggi: e la legge fondamentale del nostro paese ripudia la guerra.

 

6. HERI DICEBAMUS. A ROSE IS A ROSE IS A ROSE

 

In questa drammatica vicenda del prossimo voto parlamentare sul rifinanziamento o meno della partecipazione militare italiana alla guerra in corso in Afghanistan credo che non si puo' eludere il nodo della questione, che a mio avviso e' il seguente: la Costituzione della Repubblica Italiana ripudia la guerra, in Afghanistan e' in corso una guerra, l'Italia non puo' prendervi parte. Punto. Il fatto che il precedente governo abbia violato la Costituzione non autorizza a reiterare quel crimine.

Ovvero, detto altrimenti: o si fa la politica della guerra o si fa la politica della pace: meta' e meta' non si puo', come diceva quell'antico perseguitato non si possono servire due padroni.

E poiche' la guerra consiste della commissione di omicidi, essa e' sempre un crimine, anzi il crimine dei crimini, e quindi va ripudiata sempre. Come appunto recita la nostra saggia Costituzione.

 

7. HERI DICEBAMUS. L'ASTUZIA PIU' GRANDE DEL DIAVOLO

 

Si sa, e' di far credere che non esiste.

Cosi' certi assassini pretendendo di far credere che deliberano la guerra perche' vogliono la pace.

Machiavellismo degli stenterelli, e vite umane stroncate per sempre.

Congratulazioni.

*

In Afghanistan e' in corso una guerra. La Costituzione della Repubblica Italiana proibisce al nostro paese di prendervi parte. Benedetta Costituzione.

L'attuale maggioranza parlamentare, frutto delle elezioni in cui e' stata sconfitta la coalizione golpista, non si omologhi ai golpisti, difenda la legalita' costituzionale, ripudi la guerra.

Questo direbbe il grillo parlante.

*

Coloro che nel parlamento italiano ancora una volta si apprestano a violare la Costituzione, che ancora una volta voteranno i crediti di guerra, che ancora una volta macchieranno di sangue le mani loro e le nostre che abbiamo la colpa di averli votati, ebbene, ci risparmino le ipocrisie e i sofismi, ci risparmino gli argomenti meschini di chi non sa o non vuole guardare piu' in la' del proprio ombelico, di chi non sa riconoscere che una e' l'umanita'.

Noi non ascoltiamo neppure piu' le loro parole, poiche' parla per essi il loro voto. E di fronte alla scelta di recar soccorso o uccidere, tra salvare le vite o sopprimerle, tra la pace e la guerra, e - last but not least - tra la Costituzione e l'anomia, tra la civile convivenza e l'esplosiva barbarie, sia il tuo dire si' si', no no, tutto il resto si sa di dove viene.

 

8. HERI DICEBAMUS. CENTO CAVALLI BIGI

 

"E os que leem o que escreve,

Na dor lida sentem bem,

Nao as duas que ele teve,

Mas so' a que eles nao tem"

(Fernando Pessoa, Autopsicografia)

 

Tutto l'argomentare di coloro che in parlamento voteranno a favore del finanziamento per la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra in corso in Afghanistan, in violazione della Costituzione, in complicita' con un massacro che li' perdura senza soste da decenni, si riduce alla primazia delle miserabili beghe che scambiano i giochi di potere nella coalizione del cosiddetto centrosinistra per il cuore del mondo e l'albero della vita, cui tutto puo' essere sacrificato. E invece la vita di un solo bambino afghano vale infinitamente di piu' di tutti gli intrighi di palazzo e di tutte le carriere di corte di tutti i centrosinistra dell'universo mondo.

Sorprende fino allo strazio che persone assai buone non se ne avvedano.

*

Amleto in camicia nera

Ci sono cose su cui si puo' mediare. E ci sono cose su cui occorre restar fermi come torre.

Nel nostro ordinamento giuridico non si puo' mediare sul rispetto della Costituzione, poiche' in questo ambito, come suonava quel motto sui muri di Parigi, cedere un poco e' capitolare del tutto.

E non solo nel nostro ordinamento giuridico, ma in tutte le grandi tradizioni di pensiero come nel foro interiore di ogni essere umano, non si puo' mediare sull'unico principio che fonda la convivenza: tu non uccidere. Poiche' se si ammette il diritto all'uccisione, e la guerra ne e' la magnificazione tendenzialmente onnicida, ogni essere umano perde il primo e fondamentale dei diritti che allo statuto di essere umano ineriscono: il diritto a non essere ucciso, il diritto a vivere, senza del quale tutto finisce, non vi e' piu' civilta', non vi e' piu' umanita', vi e' solo il potere assassino, la generale paura e schiavitu', il bellum omnium contra omnes.

Cosi' essere parlamentare in Italia implica il dovere di rispettare la Costituzione, di opporsi alle uccisioni, di ripudiare la guerra: sono tre espressioni, ma una cosa sola. Il parlamentare che viola questo triplice impegno e' tre volte fedifrago: sia verso la legge, verso l'ordinamento giuridico per la cui vigenza esercita il suo pubblico ufficio di legislatore; sia verso il popolo italiano di cui e' rappresentante; sia verso l'umanita': di appartenenti alla quale non e' suo diritto decretare l'uccisione.

Chi vota si' ai crediti di guerra non cerchi scuse: scuse non ve ne sono.

*

Clarte'

Questo foglio non ha alcuna simpatia per la cosiddetta "sinistra radicale", pseudonimo inventato in quest'ultimo decennio da chi si vergogna del suo passato, e se se ne vergogna ne avra' ben donde. Noi non abbiamo mai avuto bisogno di rovesciare la giacchetta.

Questo foglio non ha alcuna simpatia per i cosiddetti pacifisti "senza se e senza ma", formula che disvela il totalitarismo di certe posizioni.

Questo foglio non ha alcuna simpatia per la legione dei funzionari, consulenti, dirigenti e cosi' via delle burocrazie quasi sempre nepotiste e clientelari della cosiddetta societa' civile (onlus, ong e via siglando) perennemente all'assalto della diligenza dei soldi pubblici e delle carriere parastatali: quando si e' sul libro paga si e' poco credibili nei proclami, e chi sputa nel piatto in cui mangia non da' un bello spettacolo.

Questo foglio non ha alcuna simpatia per chi a seconda delle giornate e' complice degli squadristi di piazza o dei bombardieri imperiali, chi un giorno delira che "siamo tutti sovversivi" e il giorno dopo e' governativo piu' del barone Scarpia.

Questo foglio non ha alcuna simpatia per chi riduce la nonviolenza a ideologia di ricambio, cioe' al suo esatto contrario.

Questo foglio propugna la nonviolenza come opposizione alla violenza, come potere di tutti, come libera aggiunta e afferramento alla verita', come rigorizzazione morale e intellettuale, come lotta, comunicazione e apertura, come scelta della pluralita', della relazione, del riconoscimento dei diritti dell'altra e dell'altro, come progetto e impegno di difesa del mondo che vive e di liberazione comune dell'umanita' intera incluse le generazioni future. Il contrario della vilta', il contrario dell'indifferenza, il contrario della rassegnazione, il contrario della complicita', il contrario dell'apatia, il contrario della subalternita', il contrario dell'omissione.

*

Che fare?

Cosa occorre fare oggi nel parlamento italiano dal punto di vista della nonviolenza in relazione alla nostra responsabilita' per l'Afghanistan?

Occorre fare due cose semplici (ma di quella semplicita' che, diceva il poeta di Augusta, e' difficile a farsi).

La prima: cessare di partecipare alla guerra, opporsi alla prosecuzione della guerra, agire per far cessare uccisioni e violenze.

La seconda: soccorrere le vittime e contribuire a costruire relazioni di pace e di giustizia, ovvero recare aiuti umanitari con interventi rigorosamente nonviolenti.

Come e' noto vi sono gia' esperienze significative, anche italiane. Si tratta di passare dal volontariato nonviolento di pochi alla scelta della nonviolenza anche come politica internazionale degli stati, dalla nonviolenza testimoniale dei singoli alla nonviolenza giuriscostituente delle istituzioni, degli ordinamenti giuridici: cominci l'Italia.

Cominci l'Italia sostituendo l'intervento militare con un primo esperimento di Corpi civili di pace. Cominci l'Italia con un vasto piano di aiuti sia per lo sminamento e il disarmo, sia per la ricostruzione delle infrastrutture civili, sia per la riconversione delle colture agricole (la questione cruciale della sostituzione delle immense coltivazioni di papavero da cui si ricava l'oppio che alimenta il mercato mondiale dell'eroina), sia di assistenza e cura delle persone, sia e soprattutto sostenendo particolarmente le esperienze democratiche e nonviolente animate dalle donne in Afghanistan: esperienze il cui valore educativo, sociale, civile, politico e' immenso.

L'alternativa hic et nunc non e' tra restare o ritirarsi, ma tra la guerra e la pace: occorre cessare la partecipazione alla guerra, e promuovere un'azione umanitaria e di pace di lungo respiro, in cui l'Italia puo' fare la sua parte e insieme sollecitare gli organismi internazionali a un impegno condiviso.

L'alternativa hic et nunc non e' tra intensificare le stragi o continuare le stragi col ritmo attuale, ma tra continuare ad essere complici della guerra o cessare di esserlo e cosi' avviare un'azione di politica internazionale nonviolenta che miri a salvare le vite anziche' a sopprimerle.

I parlamentari italiani amici della nonviolenza, e ce ne fosse pure una sola - ma noi crediamo che ve ne siano di piu', forse decine -, non solo devono opporsi alla guerra, ma devono proporre un'iniziativa alternativa: contro la guerra, di pace, nonviolenta.

 

9. HERI DICEBAMUS. CAPRIOLE

 

Ripristiniamo, per favore, la logica.

Il problema non sono otto parlamentari che votano contro la guerra.

Il problema sono mille parlamentari che votano a favore della guerra.

Il problema non sono otto parlamentari fedeli alla Costituzione.

Il problema sono mille parlamentari che violano la Costituzione.

 

10. HERI DICEBAMUS. L'ARGOMENTO DELL'ARRESO

 

"Tanto, se non voto a favore della guerra io, vota a favore della guerra qualcun altro".

Cosi' dicono anche tutti i membri di tutti i plotoni di esecuzione.

 

11. HERI DICEBAMUS. DI RESPIRARE LA STESSA ARIA

 

Il tempo dell'orbace

Nella visione del mondo di certi signori la democrazia consiste nel votare una volta ogni cinque anni per il capoccia di una camarilla, lo si elegge capo del governo e poi lo si lascia fare il comodo suo, e tra cinque anni se ci lascera' votare ancora si decide se votare di nuovo per lui o per un suo fratello meno furbo.

Noi la pensiamo diversamente.

Non diamo deleghe in bianco, non siamo sudditi, noi non eleggiamo un monarca ma un parlamento, e le leggi che il parlamento intende deliberare le vogliamo discutere tutte, le vogliamo discutere tutti. Si chiama partecipazione. Si chiama responsabilita'. Sono quelle antiche virtu' repubblicane in nome delle quali dai tempi di Spartaco gli oppressi prendono coscienza della propria dignita' e decidono di lottare per l'uguaglianza di diritti, per il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. Solo gli schiavi piu' prostrati, e i piu' vili dei cortigiani, non sanno cosa sia.

Con chi non riesce a capire di cosa stiamo parlando, e perche' ci stia cosi' a cuore, non vale la pena di continuare a discutere.

*

Il ritorno del Socing

In questi foschi giorni pressoche' la totalita' dei mass-media, dei partiti, delle associazioni foraggiate a spese del pubblico erario, dei padroni di qualcosa o qualcuno, di coloro che hanno il pranzo e la cena assicurati, pretende di farci ingoiare a forza che la guerra e' cosa buona, che uccidere e' una delle belle arti, che morire fa bene alla salute.

La loro pressione e' talmente forte che sono riusciti a convincere anche alcune persone buone. Che stanno diventando complici degli assassini perche' accecate dalla propaganda degli assassini.

Abbiamo o no il dovere di cercar di salvar delle vite?

E abbiamo o no il dovere di gridare "attento, li' c'e' il burrone" alle persone amiche che nell'abisso stanno cadendo?

E abbiamo o no il dovere di chiamare guerra la guerra, stragi le stragi, crimine il crimine?

Con chi non riesce a capire di cosa stiamo parlando, e perche' ci stia cosi' a cuore, non vale la pena di continuare a discutere.

*

Il disordine del discorso

Si tratta di mettersi d'accordo su questo: e' piu' importante una cadrega ministeriale o la vita sia pure di un solo essere umano?

Se e' piu' importante la prima, i parlamentari le cui mani ancora non si sono macchiate di sangue innocente, votino pure a favore della prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana subendo il ricatto degli assassini e divenendo quindi loro stessi assassini.

Se e' piu' importante la seconda, si battano affinche' il parlamento salvi le vite umane invece di contribuire a sopprimerle. Ripudi la guerra e legiferi interventi di pace costruttori di pace con mezzi di pace: la nonviolenza e' la via.

Si tratta di mettersi d'accordo su questo: e' piu' importante spartirsi un bel gruzzolo d'incarichi di governo e di sottogoverno (e relative prebende e sinecure), o rispettare la legge fondamentale dello Stato cui ogni membro del governo ha personalmente giurato fedelta'?

Se e' piu' importante la prima cosa, il decreto del Consiglio dei ministri che dispone la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana e' una bella furberia che portera' tanti graditi vantaggi alle fameliche consorterie di chi l'ha votato, e in fondo a poco prezzo: solo la morte delle vittime della guerra in Afghanistan, che tanto sono cosi' lontane, piu' lontane delle persone assassinate nel '99 dal governo D'Alema con i bombardamenti in Jugoslavia, piu' lontane delle persone seviziate e morte nei campi di concentramento italiani riaperti nel '98 dal governo Prodi con la legge Turco-Napolitano.

Se e' piu' importante la seconda cosa, c'e' materia per dichiarare fuorilegge l'intero governo in carica, e se qualcuno in esso ancora ha qualcosa che gli si agita nel petto, seppur tardivamente si dissoci dal decreto incostituzionale.

*

Chiacchiere da bar

Sia chiaro: qui non si sta discutendo se sia preferibile che governino fascisti, razzisti e mafiosi, o un fronte ampio antiberlusconiano: nessuno che voglia la pace e la giustizia propugna il ritorno al potere del blocco golpista, per questo anche una persona come me ha votato per la coalizione del cosiddetto centrosinistra pur sapendo quanti e quali malfattori essa avrebbe portato al potere.

Cio' che si sta discutendo e' se sia lecito votare per la guerra, votare per far morire delle persone. Noi diciamo che e' illecito, come attesta la Costituzione della Repubblica Italiana che non piu' di qualche settimana fa il popolo italiano ha salvato dall'assalto golpista; e come attesta il codice penale.

E, se e' concesso di aggiungere piccina una postilla: votare per la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra, cioe' proseguire la politica berlusconiana, non e' forse un primo penoso tradimento del mandato dei molti elettori che nello scorso aprile hanno votato per il fronte antiberlusconiano proprio in quanto antiberlusconiano?

Per quello che e' l'ordinamento istituzionale italiano, se il Parlamento boccia un provvedimento il governo non cade, riconosce la sovranita' del parlamento come organo legislativo e al posto di quel provvedimento ne propone un altro che ottenga il consenso della maggioranza di ciascuna delle due camere.

E se qualche ministro ha pensato di esibirsi come tracotante ricattatore, ogni persona di retto sentire sa quale trattamento i ricattatori meritano.

*

La notte di Valpurga

Ci si risparmi infine l'argomento pusllanime e osceno secondo il quale poiche' i parlamentari per la pace sono una esigua minoranza un loro voto contro la guerra resterebbe ininfluente, anzi potrebbe irritare i guerrafondai che sono la maggioranza anche del cosiddetto centrosinistra che si sentirebbero legittimati a cercare altri alleati, quindi tanto vale che votino per la guerra anche loro.

Forse chi cosi' argomenta credendosi un furbo di sette cotte non sa che proprio cosi' sempre pretendono giustificarsi coloro che cooperano al male: "se non lo avessi fatto io, lo avrebbe fatto qualcun altro", ripetevano in coro i nazisti al processo di Norimberga.

*

Lungo il Bisenzio ancora

Amici di nobile cuore mi chiedono di essere rispettoso delle ragioni degli assassini e dei complici degli assassini e degli arresi agli assassini. Come Bartleby devo rispondere di no. Educatamente, va da se', ma la risposta e' no.

Sono rispettoso delle persone, certo, del loro travaglio, anche; ma della decisione che le rende assassine no. Delle ragioni che accettano la guerra no.

No.

Gandhi chiamava la sua proposta di lotta con due termini (che noi traduciamo, come ci ha insegnato Capitini, con un termine solo ma di straordinaria ricchezza semantica e potenza ermeneutica: nonviolenza): quei termini gandhiani sono ahimsa e satyagraha: che vogliono dire rispettivamente opponiti alla violenza, e afferrati alla verita'. Tieniti stretto alla verita', e lotta contro la violenza: la guerra e' un male, uccidere e' un crimine. Tu non uccidere, tu non essere complice della guerra. Tu combatti contro la violenza, tu salva le vite.

In Afghanistan c'e' molto, moltissimo da fare: ma la prima cosa da fare e' smetterla di uccidere, la prima cosa da fare e' smetterla di fare la guerra, e quindi la prima cosa che l'organo legislativo dell'ordinamento giuridico che chiamiamo Repubblica Italiana deve deliberare e' la cessazione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana.

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L'ora della nonviolenza giuriscostituente

L'alternativa e' semplice e chiara: l'intervento nonviolento nel confllitto con i Corpi civili di pace, e' ora di cominciare; intensificare gli interventi umanitari per salvare le vittime della guerra, come da anni sta facendo Emergency; un forte sostegno a chi e' impegnato per la democrazia, per l'educazione, per il rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani, come le tante esperienze delle donne afgane - loro si' eroiche, che disarmate lottano per l'umanita' intera; promuovere - ma dando per primi l'esempio - un'azione internazionale per la cessazione della guerra, per il disarmo di tutte le parti, per garantire sussistenza e sviluppo economico e civile alla popolazione tutta, per contrastare il crimine, il terrorismo, la guerra intervenendo sulle radici strutturali oltre che su quelle sovrastrutturali; infine: e' ora che la scelta della nonviolenza diventi impegno e chiave anche della politica degli stati e delle relazioni internazionali. E' l'ora della nonviolenza giuriscostituente.

 

12. HERI DICEBAMUS. DA UNA LETTERA DI MISONE ELEATICO ALL'AMICO SUO PANFILO GEROSOLIMITANO

 

... Quanto ai parlamentari che hanno annunciato il loro "no" alla guerra... il punto non e' perche' loro votino contro la guerra obbedendo alla Costituzione, il punto e' perche' gli altri votino a favore della guerra la Costituzione violando.

Il fatto che nel dibattito pubblico si sia cosi' oscenamente capovolta la logica, al punto che viene chiesto di giustificarsi a quelli che fanno la cosa lecita e piu' ragionevole (attenersi alla Costituzione, ripudiare la guerra) invece di chiedere conto a quelli che fanno la cosa piu' palesemente criminale (appoggiare la guerra, violare la legge) la dice lunga su quanto a fondo scava la manipolazione operata dai media dominanti (oggi pressoche' totalmente e totalitariamente schierati a sostegno della prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana).

Mala tempora currunt...

 

13. HERI DICEBAMUS. ALEX, LIDIA, GIGI E LE LACRIME DELLE COSE

 

Lidia e Alex

Vorrei sgombrare il campo da un possibile equivoco.

Sebbene io sia null'altro che un semplice "quidam de populo" cerchero' fino alla fine di persuadere Lidia Menapace a votare contro i crediti di guerra; ma l'affetto e la stima che provo per Lidia resteranno in ogni caso immutati. Conosco Lidia da oltre trent'anni, e devo forse soprattutto a lei se sono diventato non solo un miglior militante ma anche una persona migliore, poiche' lei piu' di ogni altra persona mi fece capire trent'anni fa che chi vuole lottare per la liberazione dell'umanita' deve mettersi alla scuola del femminismo (e per i militanti maschi questo significava e significa anche che la prima lotta da condurre e' quella contro il fascista che e' in noi - dura, penosa lotta che da trent'anni mi agita e scuote), e quella lezione non ho piu' dimenticato e per sempre gliene saro' grato.

Credo che Lidia oggi commetta un errore, cosi' come credetti che commettesse un errore Alex Langer quando si espresse in favore di un intervento bellico internazionale durante la guerra di secessione jugoslava per cercar di fermare gli orrori genocidi della "pulizia etnica" bombardando gli eserciti stragisti che stavano eseguendo la mattanza. Credevo allora, e credo ancora, che Alex sbagliasse, ma non sono mai riuscito ad esserne del tutto certo, alcuni suoi argomenti erano e restano assai persuasivi. E comunque neppure per un attimo la stima e l'affetto che nutrivo per Alex - e che nutro tuttora, nella memoria che non si estingue, e nella nostalgia per la sua bonta', il suo sorriso, la sua amicizia, la sua nonviolenza - sono mai venuti meno.

Oggi credo che - mutatis mutandis - sbagli Lidia, ma naturalmente anche oggi non posso esserne del tutto certo: le ragioni che lei adduce a sostegno delle sue provvisorie conclusioni mi sembrano non solo ragionevoli ma anche in se' convincenti, sebbene mi sembri che siano flagrantemente incoerenti rispetto alle premesse condivise e mi sembri altresi' che Lidia si lasci distrarre per cosi' dire dagli alberi delle vicende e delle manovre politico-parlamentari italiane e non veda la foresta, ovvero cio' che sta accadendo in Afghanistan, e gli esiti nefasti che la decisione di proseguire comunque nella partecipazione militare italiana alla guerra palesemente implica. Ma non escludo che possa sbagliarmi io, e che abbia ragione lei nel suo doloroso travaglio (che so bene essere comunque inteso alla ricerca di un voto che per quanto possibile la guerra effettualmente contrasti): certo non la assimilo ai farabutti e agli assassini che della guerra sono corifei, e poi magari versano la lacrimuccia d'ordinanza quando i ragazzi italiani da loro mandati a uccidere e morire tornano incassati nelle bare.

Questa mia professione di relativismo e di realismo, da materialista incallito diffidente di tutti i dogmi - poche' dalla vicenda storica mi e' parso di capire che dove c'e' un dogma presto verranno eretti roghi, e costruiti i campi -, e anche da amico della nonviolenza che sa che il saggio principio-cardine dell'azione politica di Gandhi sempre e' stato quello di "raggiungere dei buoni compromessi", non mi impedisce tuttavia di sostenere le mie opinioni sul quid agendum con la passione con cui le opinioni - non quelle accademiche, quelle sui fatti concreti, e relative quindi all'assunzione di responsabilita' per le sorti del mondo - vanno sostenute: le opinioni politiche che non appassionano valgono poco).

*

Ieri e oggi

Se su questo foglio tanto si parla della posizione che prendera' Lidia non e' perche' lei possieda la bacchetta magica e possa chissa' cosa, ma e' perche' tutte e tutti quelli che questo foglio variamente condividiamo le vogliamo bene, come a una savia, sapiente compagna e una maestra molto ascoltata. Se ci permettiamo di pregarla di ascoltare adesso lei noi, noi che sempre ci siamo disposti all'ascolto delle sue parole - e che, come ha scritto una volta Luisa Muraro parlando di Simone Weil, quando le nostre opinioni divergono siamo istintivamente portati a pensare che lei abbia ragione e noi torto - non e' per metterla in conflitto con se stessa e col sentimento di lealta' verso i suoi colleghi parlamentari insieme a cui giustamente vuol discutere e decidere (nobile sentimento: ma sappiamo tutti fin troppo bene che i malfattori, i soverchiatori, i ricattatori strumentalizzano proprio i nobili sentimenti altrui quando vogliono vulnerare le persone buone), ma e' in primo luogo perche' ci sembra che lei stessa abbia saputo e voluto mantenere un atteggiamento di apertura in questa vicenda, e  pur esprimendo un orientamento, non si e' preclusa la possibilita' di approfondire e sviluppare la sua posizione, ed io che scrivo queste righe confido che voglia farlo, e che voglia farsi promotrice di un'iniziativa parlamentare che sposti posizioni, che apra varchi alla pace, che contrasti l'accettazione supina della sottomissione alla guerra - la cosiddetta "mediazione" raggiunta nel Consiglio dei ministri essendo dal mio punto di vista nient'altro che la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana condita da un po' di chiacchiere (quelle di cui il poeta disse che "il tanto sospirar nulla rileva") e da quattro baiocchi con cui cercar di comprare la complicita' degli sprovveduti o dei sedicenti pacifisti parastatali arruolati come truppe di complemento, cosi' come i conquistadores si portavano dietro i missionari affinche' la croce legittimasse la spada.

Tre mesi fa scrissi poche righe che diedero origine a una valanga di pronunciamenti di tante persone a favore dell'idea che Lidia, donna, partigiana, femminista, amica della nonviolenza, sarebbe un'ottima presidente della Repubblica: le riscriverei oggi tali e quali.

E qui mi fermo, perche' non vorrei che questo articolo sembrasse una lettera d'amore: sono felicemente sposato e adoro mia moglie.

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Gigi

Conosco da tanti, tanti anni anche Gigi Malabarba, e gli voglio un bene dell'anima. Posso talvolta non esser d'accordo con lui, ma sulla sua sincerita' e generosita' ci metto la mano sul fuoco. Trovo scandaloso che per essersi pronunciato secondo legge e secondo coscienza, in difesa della Costituzione e contro le uccisioni, per la pace e contro la guerra, per la verita' e contro l'ipocrisia, in questi giorni sia stato con procedimento classicamente totalitario messo sotto accusa come lunatico e mestatore: da quando fare il bene e' diventata una colpa? Da quando difendere la Costituzione e' un crimine? Da quando opporsi alla guerra e' una follia?

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Un'ultima premessa in guisa di baruffa

Vorrei sgombrare il campo dalle petizioni di principio e dagli argumenta ad personam perche' vorrei discutere dei fatti, dei duri, nudi fatti.

Ma prima, ancora una premessa, per liberarci dell'ultimo equivoco: io non appartengo ai "senza se e senza ma", formula che ritengo totalitaria e sintomatica sia di una visione del mondo che mi spaventa, sia di quella "assenza di pensiero" che con stupenda lucidita' denunciava Hannah Arendt.

Io non appartengo neppure al sedicente pacifismo squadrista (o agli squadristi ammiccante) che pensa che la violenza americana sia cattiva e quella antiamericana sia buona, che i manganelli della polizia facciano male e le mazze dei teppisti facciano bene, che l'omicidio commesso dal soldato dell'esercito regolare sia un crimine e quello commesso dal miliziano delle guerriglie sia una benedizione, che il terrorismo degli stati sia male e quello delle bande sia bene. Tutte le vittime hanno il volto di Abele: lo sapeva e ce lo disse Heinrich Boell, ora lo sappiamo tutti.

E non appartengo neppure all'equivoca "sinistra radicale" che un giorno proclama - non si capisce bene a nome di chi - che "siamo tutti sovversivi" e il giorno dopo diventa punta di lancia della "guerra umanitaria".

E non appartengo neanche al mondo delle onlus e delle ong che dopo tanto cicalare corrono col cappello in mano a mungere prebende dagli amici al potere, dal Comune a Palazzo Chigi, da Bruxelles a New York.

Io sono oggi lo stesso di ieri: un militante della sinistra degli oppressi, e un amico della nonviolenza - non per fideismo, ma per analisi razionale, per scelta di rigore intellettuale e morale, e per esigenza di realismo nell'agire politico. Dopo i gulag e i lager, dopo Auschwitz e dopo Hiroshima, la scelta della nonviolenza e' l'unica scelta realistica per l'umanita'.

Oggi l'alternativa non e' piu' solo tra socialismo (socialismo, non totalitarismo) o barbarie, oggi essa e' anche, e ancor prima, tra disarmo o apocalisse, tra scelta della nonviolenza che consente la prosecuzione dell'umana vicenda, o continuazione della guerra che - allo stadio attuale delle risorse tecnologiche a fini di distruzione - la civilta' umana inabissa nel nulla.

*

In medias res

E qui finiscono le premesse ed entriamo nel cuore delle cose.

Tra pochi giorni il parlamento sara' chiamato a votare il rifinanziamento della partecipazione militare italiana alla guerra afgana. Il governo in carica ha gia' decretato tale prosecuzione, ed alcuni ministri hanno persino tuonato contro i reprobi che non si genuflettono in adorazione dinanzi al dio Ares (altri ministri, piu' ipocriti e piu' navigati a tutte le malizie della scuola di Talleyrand, hanno tenuto ben altro profilo, ma condiviso le stesse decisioni, sanguinarie decisioni, magari sorridendo, del sorriso di Franti).

E' opinione di chi scrive queste righe che il parlamento debba votare contro i crediti di guerra, per due precise ragioni, una de jure e una de facto.

Quella de jure: la Costituzione italiana proibisce la partecipazione italiana a a quella guerra. E sulla fedelta' alla Costituzione a nessuno dovrebbe essere permesso di transigere, meno che mai a chi in forza di quella Costituzione esercita la funzione legislativa.

Quella de facto: la guerra e' un crimine sempre, uccide, uccide e uccide esseri umani; e la guerra afgana si prolunga da decenni ormai: quanto ci vorra' per capire che occorre metter fine alle stragi e che per metter fine alle stragi occorre fermare la guerra, avviare il disarmo di tutte le parti, investire risorse su una politica del tutto alternativa, quella della nonviolenza?

Perche' questo e' il punto, e questo e' cio' che differenzia le persone amiche della nonviolenza dai cialtroni di tutte le risme: che noi non diciamo, come quella vocetta assassina del sonetto del Belli, "Avanti alo', chi more more"; noi diciamo invece: basta con la guerra, basta con le armi, basta con gli eserciti, ed al loro posto aiuti umanitari, Corpi civili di pace, interposizione nonviolenta, azione nonviolenta, ricostruzione civile e democratica nonviolenta, sostegno alle donne afgane contro il fascismo patriarcale, sostegno ai contadini per sostituire le colture dell'oppio con colture per l'alimentazione e la manifattura, infrastrutture sanitarie, assistenziali, educative, di promozione di un sviluppo autocentrato con tecnologie appropriate: la politica internazionale della nonviolenza, la politica della nonviolenza giuriscostituente.

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L'alternativa

Ai parlamentari sensibili al valore della legalita' costituzionale e alla scelta della pace (ovvero: ai parlamentari che non vogliono commettere reati, ai parlamentari che non vogliono essere complici delle stragi) chiediamo di votare non solo secondo coscienza, ma con realismo politico: se essi divengono oggi complici della guerra e della violazione della Costituzione, domani potranno essere ancor piu' agevolmente ricattati dai malfattori che li hanno resi loro complici.

Ai  parlamentari sensibili al valore della legalita' costituzionale e alla scelta della pace (ovvero: ai parlamentari che non vogliono commettere reati, ai parlamentari che non vogliono essere complici delle stragi) chiediamo di difendere la civilta' giuridica e la norma morale, ma anche di proporre loro - di contro alla sciagurata attuale scelta governativa - una politica internazionale degna di questo nome: e alla proposta insana formulata dal governo contrapporre una proposta ragionevole che si incardini su due principi: cessazione della partecipazione italiana alla guerra, avvio di un grande piano di intervento nonviolento e di aiuti umanitari accompagnato da un'azione diplomatica in sede Onu e in sede Ue per il disarmo, il disarmo, il disarmo.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Che tutte e tutti si esca dall'apatia, dalla rassegnazione, dalla subalternita': la nonviolenza e' in cammino.

 

14. HERI DICEBAMUS. PER CARITA'

 

Circola un appello con cui all'incirca si propone di demandare "al popolo dell'Unione" di dichiarare se e' giusto o meno fare la guerra in Afghanistan.

Ci duole per "il popolo dell'Unione" (qualunque cosa esso sia, e certo un tal nome non promette nulla di buono), ma e' la Costituzione della Repubblica Italiana che proibisce quella guerra.

Non c'e' nessuna consultazione da fare: la consultazione sulla Costituzione l'abbiamo fatta alla fine del mese scorso, adesso c'e' solo da applicare quello che essa stabilisce: "L'Italia ripudia la guerra".

 

15. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riedizioni

- Francis Conte, Gli slavi. Le civilta' dell'Europa centrale e orientale, Einaudi, Torino 1990, 2006, Mondadori, Milano 2011, pp. XXVI + 598, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori).

- Gilles Deleuze, Felix Guattari, L'anti-Edipo, Einaudi, Torino, 1975, 2002, Fabbri-Rcs, Milano 2008, pp. XL + 450, euro 9,90.

 

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

17. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 619 del 17 luglio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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