Nonviolenza. Femminile plurale. 364
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 364
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- Date: Wed, 8 Jun 2011 06:46:55 +0200 (CEST)
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 364 dell'8 giugno 2011
In questo numero:
1. Il 9 giugno a Blera una conferenza su "Acqua: bene e responsabilita' di tutti"
2. La cooperativa "Il Vignale"
3. Si e' svolto il 7 giugno a Viterbo un incontro di riflessione sulla gestione nonviolenta dei conflitti
4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
5. Contro la guerra una proposta agli enti locali
6. Riferimenti utili per l'informazione sui referendum. Quattro si' per fermare il nucleare, per l'acqua bene comune, per l'uguaglianza di diritti
7. Umberto De Giovannangeli intervista Shulamit Aloni
8. Alcuni estratti da "Hannah Arendt e lo spettacolo del mondo" di Elena Tavani
9. Nadia Fusini presenta "Catastrofi politiche" di Davide Susanetti
1. INCONTRI. IL 9 GIUGNO A BLERA UNA CONFERENZA SU "ACQUA: BENE E RESPONSABILITA' DI TUTTI"
[Dalle amiche e dagli amici della cooperativa "Il Vignale" di Blera (per contatti: tel. 3475988431 - 3478113696, e-mail: ilvignale at gmail.com) riceviamo e diffondiamo.
Antonella Litta svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi. E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) e per questa associazione e' responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo di studio su "Trasporto aereo come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute". E' referente per l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. E' la portavoce del Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Come rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) ha promosso una rilevante iniziativa per il risanamento delle acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei comuni circumlacuali. E' oggi in Italia figura di riferimento nella denuncia della presenza dell'arsenico nelle acque destinate a consumo umano, e nella proposta di iniziative specifiche e adeguate da parte delle istituzioni per la dearsenificazione delle acque e la difesa della salute della popolazione]
Giovedi' 9 giugno 2011, alle ore 17,30, presso la Biblioteca Comunale di Blera (Vt), in via Roma n. 61, la cooperativa agricola "Il Vignale" organizza una conferenza dal titolo: "Acqua: bene e responsabilita' di tutti".
Relazione della dottoressa Antonella Litta, medico, dell'"Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia)".
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Cooperativa "Il Vignale"
per informazioni: tel. 3475988431 - 3478113696, e-mail: ilvignale at gmail.com
2. ESPERIENZE. LA COOPERATIVA "IL VIGNALE"
[Dalle amiche e dagli amici della cooperativa "Il Vignale" di Blera (per contatti: tel. 3475988431 - 3478113696, e-mail: ilvignale at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]
La cooperativa "Il Vignale" nasce nel luglio 2010 a Blera (Vt), dove ha sede, ed ha come scopo fondante generale quello di incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di un'agricoltura e cultura coerenti con la natura dell'essere umano e dell'ambiente che lo circonda, e dunque ecologicamente sostenibili.
Per realizzare tale scopo si propone di operare secondo principi di: preservazione dell'ambiente anche mediante la pratica e la diffusione di agricoltura ed allevamento sostenibile, con metodi naturali, tradizionali ed innovativi, a basso impatto ambientale ed ecoreversibili; ripristino e difesa della biodiversita' anche mediante progetti di rimboschimento, creazione di vivai e di una banca del seme biologico, tutela delle risorse idriche e del patrimonio genetico vegetale ed animale, etc.; utilizzo sostenibile delle risorse ambientali ed energetiche anche tramite l'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, il recupero e riutilizzo delle acque e la gestione ecocompatibile dei rifiuti; studio, promozione e diffusione di stili di vita sostenibili, anche tramite didattica, ricezione ed organizzazione di attivita' anche formative: laboratori, seminari, convegni, stage, mostre, spettacoli, ecc.; valorizzazione dei beni ambientali e culturali locali; promozione di attivita' di solidarieta' e accoglienza anche tramite l'agricoltura sociale.
3. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 7 GIUGNO A VITERBO UN INCONTRO DI RIFLESSIONE SULLA GESTIONE NONVIOLENTA DEI CONFLITTI
Sabato 7 giugno si e' svolto a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace" un incontro di riflessione sulla gestione nonviolenta dei conflitti nelle relazioni interpersonali e nelle dinamiche di gruppo, e sulle modalita' di intervento nonviolento efficaci per contrastare la violenza, risanare le relazioni, riconoscere e promuovere la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
L'incontro e' stato il secondo di uno specifico ciclo di approfondimento avviato nel mese di maggio.
4. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Riproponiamo il seguente appello]
Giova ripetere le cose che e' giusto fare.
Tra le cose sicuramente ragionevoli e buone che una persona onesta che paga le tasse in Italia puo' fare, c'e' la scelta di destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
"Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli". Cosi' recita la "carta programmatica" del movimento fondato da Aldo Capitini.
Sostenere il Movimento Nonviolento e' un modo semplice e chiaro, esplicito e netto, per opporsi alla guerra e al razzismo, per opporsi alle stragi e alle persecuzioni.
Per destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' sufficiente apporre la propria firma nell'apposito spazio del modulo per la dichiarazione dei redditi e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione: 93100500235.
Per contattare il Movimento Nonviolento, per saperne di piu' e contribuire ad esso anche in altri modi (ad esempio aderendovi): via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
5. INIZIATIVE. CONTRO LA GUERRA UNA PROPOSTA AGLI ENTI LOCALI
[Riproponiamo il seguente appello]
Proponiamo a tutte le persone amiche della nonviolenza di inviare al sindaco del Comune, al presidente della Provincia ed al presidente della Regione in cui si risiede, una lettera aperta (da diffondere quindi anche a tutti i membri del consiglio comunale, provinciale, regionale, ed ai mezzi d'informazione) con cui chiedere che l'assemblea dell'ente locale approvi una deliberazione recante il testo seguente o uno analogo.
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"Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... ripudia la guerra, nemica dell'umanita'.
Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... riconosce, rispetta e promuove la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Richiede al Governo e al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.
Richiede al Governo e al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.
Richiede al Governo e al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.
Solo la pace salva le vite".
6. REPETITA IUVANT. RIFERIMENTI UTILI PER L'INFORMAZIONE SUI REFERENDUM. QUATTRO SI' PER FERMARE IL NUCLEARE, PER L'ACQUA BENE COMUNE, PER L'UGUAGLIANZA DI DIRITTI
[Riproponiamo la seguente segnalazione]
Segnaliamo il sito del Comitato nazionale "Vota si' per fermare il nucleare": www.fermiamoilnucleare.it
Segnaliamo il sito del Comitato referendario "2 si' per l'acqua bene comune": www.referendumacqua.it
Segnaliamo anche il sito del Forum italiano dei movimenti per l'acqua: www.acquabenecomune.org
Segnaliamo la Costituzione della Repubblica Italiana e la Dichiarazione universale dei diritti umani.
Quattro si' ai referendum: per la legalita' e la dignita', per la democrazia ed il bene comune, per la biosfera e per l'umanita'.
7. RIFLESSIONE. UMBERTO DE GIOVANNANGELI INTERVISTA SHULAMIT ALONI
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 7 giugno 2011 col titolo "Intervista a Shulamit Aloni: Israele non e' le sue armi. Chi lo dice ci porta al disastro", il sommario "Appello al mondo: Sostenete la richiesta del riconoscimento di uno Stato palestinese. La scrittrice fondatrice di 'Peace Now' ha firmato un manifesto di intellettuali israeliani per chiedere il rispetto delle frontiere del '67. Si' a uno Stato palestinese, basta apartheid" e la notizia " Shulamit Aloni e' la leader storica dei pacifisti israeliani. Scrittrice, combattente nella guerra d'Indipendenza, fondatrice di "Gush Shalom" (Pace Adesso), parlamentare per diverse legislature, e' stata piu' volte ministra nei governi laburisti guidati da Yitzhak Rabin e Shimon Peres. Per le sue battaglie democratiche e' stata minacciata di morte dall'ultradestra israeliana".
Umberto De Giovannangeli e' giornalista e saggista, esperto conoscitore della situazione mediorientale. Tra le opere di Umberto De Giovannangeli: (con Rachele Gonnelli, a cura di), Hamas: pace o guerra?, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2005; Terrorismo. Al Quaeda e dintorni, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2005]
L'altro Israele alza la voce, scende in strada e si ribella: "Dovrebbe essere chiara a tutti l'inconciliabilita' tra democrazia e oppressione esercitata contro i palestinesi. I governanti d'Israele hanno solo un disegno in testa e lo perseguono con ogni loro atto: il disegno del Grande Israele. Ne faranno un ghetto atomico in guerra con il mondo". L'altro Israele, quello che l'altra sera ha dato vita a una manifestazione di massa conclusasi in piazza Yitzhak Rabin, nel cuore di Tel Aviv, si riconosce nelle affermazioni di Shulamit Aloni, fondatrice di "Gush Shalom" (Pace adesso). "Chi persegue la colonizzazione dei Territori palestinesi occupati, chi opprime un altro popolo - afferma Aloni - coltiva l'illusione che la sicurezza d'Israele possa reggersi sulla forza delle armi. Ma questa e' una illusione che ha gia' prodotto disastri e altri ne provochera' ancora, se il mondo non fara' sentire la sua voce di protesta. A cui deve unirsi l'Israele che non accetta di essere complice di questi crimini".
Shulamit Aloni e' una delle venti personalita' israeliane tra cui l'ex presidente della Knesset, Avraham Burg, il premio Nobel Daniel Kahneman, l'ex presidente dell'Accademia delle Scienze di Israele Menahem Yaari che hanno firmato un appello ai leader europei affinche' appoggino la richiesta del riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente sulla base del confini del 1967, quando verra' presentata a settembre alle Nazioni Unite. Il nostro colloquio parte da qui.
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- Umberto De Giovannangeli: Qual e' il senso di questo appello e delle mobilitazioni di piazza che ne sono seguite?
- Shulamit Aloni: E' l'affermazione di un concetto fondamentale che rappresenta il vero discrimine oggi.
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- Umberto De Giovannangeli: Quale sarebbe questo concetto?
- Shulamit Aloni: La pace, una pace giusta, fondata sul principio di "due popoli, due Stati", non e' una concessione che Israele fa al "Nemico", e neanche un atto di giustizia. E' semmai un sano atto di "egoismo".
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- Umberto De Giovannangeli: In che senso?
- Shulamit Aloni: Nel senso che solo riconoscendo ai palestinesi il loro diritto a vivere da donne e uomini liberi in uno Stato indipendente, integro territorialmente, solo cosi' Israele potra' difendere il bene piu' prezioso: la sua democrazia. Perche' dovrebbe essere chiara a tutti l'inconciliabilita' tra democrazia e oppressione esercitata contro i palestinesi. Non c'e' democrazia in uno Stato che impone a un altro popolo un regime di apartheid. Da qui nasce l'appello e le mobilitazioni che l'hanno seguito. Il passaggio chiave e' questo: come cittadini israeliani dichiariamo che se e quando la Nazione palestinese dichiarera' uno Stato sovrano e indipendente, che vivra' a fianco di Israele in pace e sicurezza, appoggeremo questa dichiarazione e riconosceremo uno Stato palestinese basato sui confini del 1967, e chiediamo alle Nazioni del mondo di dichiarare la loro volonta' a riconoscere uno Stato palestinese indipendente basato su questi principi.
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- Umberto De Giovannangeli: Il presidente Usa, Barack Obama, non sembra essere di questo avviso...
- Shulamit Aloni: Rispetto la sua posizione e ho anche apprezzato alcuni passaggi del suo recente discorso in cui ha fatto riferimento ai confini del '67. Ma il presidente Obama sa bene che gli appelli alla ragionevolezza rivolti a piu' riprese agli attuali governanti d'Israele sono puntualmente caduti nel vuoto. Per questo occorre cambiare registro, e dimostrare a questi oltranzisti che si e' capaci di dire basta. Se non ora, quando?
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- Umberto De Giovannangeli: La destra israeliana non ha nascosto il suo scetticismo, se non la sua contrarieta', verso le rivolte che stanno scuotendo il mondo arabo...
- Shulamit Aloni: Il mio atteggiamento, e per fortuna non sono la sola a pensarlo, e' diametralmente opposto: la "primavera araba" puo' avere ricadute importanti per l'intera regione e anche per Israele. In Piazza Tahrir, il cuore della rivoluzione egiziana, non ho visto bruciare una bandiera israeliana. E questo e' un segnale di straordinaria importanza che noi israeliani non dovremmo sottovalutare. Io sono con loro, e non sento minimamente nostalgia per i rais che hanno spazzato via dalla scena.
8. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "HANNAH ARENDT E LO SPETTACOLO DEL MONDO" DI ELENA TAVANI
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti da libro di Elena Tavani, Hannah Arendt e lo spettacolo del mondo. Estetica e politica, Manifestolibri, Roma 2010, pp. 304.
Elena Tavani insegna Estetica nell'Università "L'Orientale" di Napoli; ha dedicato saggi e traduzioni a Adorno, Arendt, Leibniz, Schopenhauer, Vischer, Warburg; collabora a Rai Radio3. Tra le opere di Elena Tavani: L'apparenza da salvare. Saggio su Theodor Adorno, Milano 1994; Hannah Arendt e lo spettacolo del mondo. Estetica e politica, Manifestolibri, Roma 2010.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano 2006; i recentemente pubblicati Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005; Alois Prinz, Io, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1999, 2009. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]
Indice del volume
Premessa estetico politica; Introduzione; 1. Le "idee estetiche" della vita activa: All'incrocio di quattro idee; Aisthesis: tutto cio' che e', appare; La forma; Il particolare; Il nuovo; Lavoro, opera, azione; 2. La scena del mondo: Mondo-dimora e mondo-teatro; Costruire il mondo; Mondi paralleli: Heidegger e Arendt sul mondo; L'abitare e il sentirsi a casa; Terra e mondo; Conservazione e innovazione; L'essere e l'apparire. Cosa fa del mondo uno scenario?; Esse est percipi; La "realta' dell'apparenza"; Un senso comune per la conoscenza; L"apparenza della realta'" e le forme di vita; Il mondo come teatro; 3. Modernita', arte, politica: L'opera d'arte come monumento; Arte e politica; Arte moderna; 4. Doxa. Un'ontologia prospettica: La doxa e il posto dello spettatore; Il luogo e la prospettiva; L'essere e il sapere della doxa; Il baratro e il frammezzo; Lo stupore in nero; La questione metafisica e la scelta a favore del finito; Il labirinto delle domande; L'opzione estetico-politica; "Dove siamo quando giudichiamo?"; Prospettivismo e ontologia. Nietzsche e Merleau-Ponty; Lo spazio politico; Mercurio in politica: la prospettiva attiva; Paragoni, immagini, bugie; Conflitti; Apolidi; 5. Lo spettatore: Postazioni; Spettatori di sorvolo; Imparzialita' e disinteresse; L'occhio e lo sguardo; Il posto assegnato; Spostamenti freudiani; La prospettiva rovesciata; Socrate e la performance dello spettatore; Alla conquista di luoghi; 6. Giudicare: Verso la condizione del politico; Una lettura antimorale; Entusiasmi; Una antinomia del giudizio; Le conseguenze del giudicare; "Pubblicita'" e essere-plurale; Pregiudizi e giudizi; La decisione imparziale; I due spettatori; Giudizio estetico, giudizio politico; Il giudizio, la legge, l'esempio; Schemi ed esempi; Il ragionevole e l'esemplare; Modelli; 7. L'attore e la vita in azione: Il senso della vita; Lavorare per vivere; Vita attiva e vita in azione; In gara con la vita; Alcune mosse nel gioco della vita attiva; 8. La questione dell'umanismo: L'uomo apolitico di filosofia e teologia; "Poeticamente abita l'uomo": il disumanismo di Heidegger; Alcune questioni heideggeriane; Tra storicita' e liberta'; Il "riferimento" come incontro; Pensanti, dunque animali; "Politicamente abita l'uomo"; Tecnica e politica; Che senso dare alla parola "umanita'"?; 9. Vita, politica, biopolitica: Vita e biopolitica; La vita nuda; Biopolitica dell'eccezione; Sordita' alla biopolitica; Biopolitica della nascita; Le "forze" e il collettivo; Conclusione; Bibliografia; Indice dei nomi.
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Da pagina 9
Premessa estetico politica
Prigionieri del 'meramente'. Non di rado capita di imbattersi, in occasione della presa in esame o della valutazione di un oggetto, un edificio, un libro, un evento, nella rapida liquidazione di quanto appare riconducibile sotto il titolo del "meramente estetico". L'estetico messo a nudo, con quel 'meramente' che ne rafforza l'isolamento, risulta essere semplice involucro inessenziale, forma e non contenuto, simulacro, apparenza ingannevole, forse protesi, immagine di superficie che svuota o perlomeno riduce il valore e la realta' vera dell'oggetto. Tanto potente e' ancora la distinzione tra verita' e apparenza, che lo stesso aspetto esteticamente attraente di qualcosa o di qualcuno fa sorgere, che lo vogliamo o meno, un sospetto di mancanza di sostanza. A complicare le cose, almeno per chi si occupa di filosofia, sta poi la circostanza che il termine 'estetico' evoca tutte prospettive tendenzialmente soggettive, legate alle emozioni e in genere al sentire di un soggetto posto di fronte alla realta' secondo modalita' che non sempre entrano davvero in commercio con il mondo, il che ha favorito l'idea che una riflessione su questo genere di esperienze desse vita all'estetica come ambito 'autonomo' e separato, un orizzonte differenziato di esperienza, legato al valore di verita' della bellezza e dell'attivita' creativa umana.
La deriva, potremmo dire, 'riduzionista' collegabile e di frequente collegata all'estetico, riguarda insomma le sue due principali accezioni: il carattere (solo) apparente e non sostanziale e il carattere (solo) soggettivo e non oggettivo, reale, vero. L'estetico, schiacciato tra due metafisiche.
Gli fa eco, partecipando in fondo del medesimo carattere di esteriorita' e apparenza, il "meramente politico". In questo caso sono in gioco l'opinione priva di convinzione, il patto effimero, la presa di posizione opportunistica, l'accordo strumentale in assenza di una autentica condivisione.
Il 'meramente politico', soprattutto, e' cinico. Fa aggio su valori e principi etico-politici autentici, millantando un interesse comune di ampio respiro ma di fatto angusto, miope e fazioso. Gia' virtu' politica di principi e cortigiani, e' il vizio di una politica autoreferenziale, corporativa e disinteressata alle sorti del mondo.
Questa breve incursione nel 'meramente', che alleggerisce sia l'estetico che il politico di ingombranti contenuti, puo' tornare utile per due ragioni.
Perche' fornisce, sia pure e contrario, una chiave per comprendere l'effettivo terreno di incontro di politico e estetico nel pensiero di Hannah Arendt. Si tratta, detto in forma del tutto abbreviata, proprio del terreno dell'apparenza e dell'apparire, del mondo come luogo di esibizioni, azioni e scambio di opinioni e del valore che il mondo riveste agli occhi di spettatori e attori esteticamente oltre che politicamente attivi.
Ma Hannah Arendt si inoltra in un terreno che per molti resta insidioso. Cio' che ostacola l'ammissione della possibilita' di un proficuo incontro di estetico e politico, e' infatti anche un certo diffuso imbarazzo o difficolta' nel definire non tanto cosa implichi il 'politico', per lo piu' assimilato all'ordine dell'ovvio, quanto che cosa significhi 'estetico', e di cosa, in fin dei conti, si occupi una disciplina come l'estetica - se sia un ambito della filosofia (filosofia dell'arte o della percezione), oppure una riflessione a tutto campo, "non speciale", una indagine sull'esperienza e il suo senso. O ancora solo un "bizzarro" settore dove a lungo si sono dati convegno filosofi, critici e artisti a caccia della farfalla della bellezza.
Questi nostri rapidi cenni sul 'meramente' dell'estetico e del politico servono pero' anche a individuare la base, per cosi' dire, pregiudiziale, per inquadrare il significato di espressioni, ancora una volta di tipo liquidatorio, che mirano a dare conto del rapporto, reale o possibile, del politico con l'estetico e viceversa, evidenziando pero' l'effetto di un sostanziale stravolgimento della vocazione originaria di quanto viene vampirizzato, a seconda dei casi, dall'estetico o dal politico - al punto che il 'meramente' sembra un destino degenerativo iscritto nel Dna stesso dell'estetico e del politico.
E' il caso della 'estetizzazione della politica', che nella messa in parallelo con una 'politicizzazione dell'estetica' intreccia lo svuotamento di contenuti e il trionfo della confezione con una utilizzazione o strumentalizzazione a fini politici di ogni manifestazione o espressione, culturale, vitale, ecc. Due fenomeni che ideologicamente sono stati spesso contrapposti, e che quando si sono fusi, come nei regimi autoritari di ogni epoca ma soprattutto nei totalitarismi del '900 (di cui proprio Hannah Arendt ha contribuito a comprendere i fondamenti teorici), hanno prodotto miscele esplosive.
I pregiudizi riguardano dunque, in misura quasi identica, i pericoli di estetizzazione e di politicizzazione che vanno a interessare rispettivamente l'estetica che entra in politica e la politica che entra nell'estetica, invadendo tutti gli ambiti del sentire e dell'apparire. E il primo ostacolo, il piu' appariscente, sembra proprio essere l'utilizzo, da parte della politica, dei media della comunicazione come veicolo prioritario della ricerca di consenso. Con il doppio risultato che la scena della comunicazione contemporanea ne esce fortemente polarizzata e politicizzata e la politica estetizzata soprattutto nel senso dell'eccesso: la fabbrica dei discorsi e dei gesti conosce a fondo le strategie pubblicitarie e le tattiche di drammatizzazione. La preminenza che l'estetica viene qui ad assumere riguarda il potere collegabile alla conquista della scena, esterna e interna, della sensazione e della rappresentazione.
Merita una breve menzione il caso di Walter Benjamin. Egli pensa che una politicizzazione dell'arte possa essere usata come arma contro l'estetizzazione della politica praticata dal fascismo. Che i film di Ejzenstejn, il teatro didattico di Brecht e le messe in scena di Mejerchol'd possano attaccare battaglia contro le sirene del futurismo italiano inneggianti alla velocita', alle macchine, alla guerra. La posta in palio e' il ruolo delle masse, che diventano protagoniste nell'arte politicizzata, e viceversa autoestraniate e annichilite nella politica estetizzata (Benjamin 1936). Il fatto e' che la politica estetizzata risulta anestetizzante, mentre l'arte politicizzata (in senso buono, evidentemente, per Benjamin) puo' ricevere dalla politica, nonche' restituirle di rimando, un nuovo modo di sentire e infine di modificare l'esperienza riformando il reale. Cosi' lo stesso ragionare sul confronto delle masse con la piu' recente cultura visiva, con le tecniche e i nuovi linguaggi artistici di fotografia e cinema, diventa occasione per una esplorazione di nuovi modi della percezione - si ricordi la "percezione nella distrazione" indotta dalla sequenza delle inquadrature cinematografiche (Benjamin 1936). Si tratta di nuove forme percettive che in modo perentorio non solo mutano i destini e lo stesso concetto dell'arte, ma avanzano la richiesta di una riforma del sentire che diventa un altro modo di vedere e di pensare, in grado di avere ricadute salutari sulla stessa politica, disincagliandola dall'inaridimento estetico indotto dalla fabbricazione di immagini totalizzanti e autoritarie. Benjamin ha creduto che tale circostanza innescasse una sorta di circolo virtuoso tra estetico e politico. Un criterio di valutazione forse datato in qualche punto dell'analisi dedicata all'arte nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, ma ancora, mi pare, non privo di validita'. Verificato, in particolare e questa volta in forma difettiva, dall'andare di pari passo di apoliticita' e anestetizzazione, ampiamente sintomatico delle nostre societa': il che rivela quanto forte sia il nesso che informa il 'politico' di un sentire comune e l''estetico' di un comunicare e stare in relazione. Quanto poco, in definitiva, l'estetico e il politico, considerati singolarmente o presi nella loro congiunzione, possano essere esautorati da un 'meramente'.
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Da pagina 13
Introduzione
La tesi centrale di questo lavoro e' che la teoria politica di Hannah Arendt diventa anche e non marginalmente una teoria dell'estetico proprio a seguito della critica radicale che rivolge all'indirizzo "dispotico" della filosofia, e cioe' alle spiegazioni intorno alla natura dell'uomo e intorno alla verita' che riducono il molteplice a unita', ignorando le ragioni dell'esperienza particolare e contingente.
In via preliminare si trattera' quindi di chiarire e circoscrivere l'ambito di definizione dell''estetico' che viene chiamato in causa nelle riflessioni teorico-politiche arendtiane. Dimostrando che non delimita un luogo separato o circoscrivibile dell'esperienza ne' riveste il ruolo di una risorsa residuale o di un farmaco da somministrare come cura ricostituente per il politico, ma traccia piuttosto un piano di comunicazione e di condivisione che riguardando, kantianamente, "la piu' comune esperienza", non puo' non attraversare i luoghi del politico e contribuire a definire il senso dell'esperienza umana.
La nostra attenzione si concentrera' quindi in prevalenza sul nodo che nella riflessione di Arendt si stringe tra l'estetico e il politico e che fara' da filo conduttore delle principali coordinate di un pensiero che, attraverso l'analitica della Vita activa, i saggi filosofico-letterari, le lezioni su Kant, gli assestamenti teorici della Vita della mente, ma anche gli scritti di interesse piu' storico-politico e l'ampio materiale fornito dai quaderni di lavoro, si propone infine nei termini di una fenomenologia e di una ontologia estetico-politica, prospettica e plurale. Ma l'obiettivo principale non e' ricostruttivo. La ricognizione dei riferimenti e delle scelte teoriche risultate decisive per l'assetto complessivo del discorso arendtiano mira piuttosto a convogliare i diversi motivi raccolti al punto di confluenza di una domanda. Una domanda elementare, che credo dovrebbe sempre guidare una lettura filosofica: Hannah Arendt ha qualcosa da dirci? Qual e', se c'e', la forza di provocazione del suo pensiero?
Partiremo dunque seguendo il personalissimo percorso di smontaggio della "fallacia metafisica" (la distinzione di essere e apparire), che conduce Arendt a sostenere un fenomenismo non solo radicale ma 'spettacolare': non apparenze che celano un essere o una sostanza sconosciuti, ma esposizione singolare o collettiva sulla scena del mondo, con un'opinione da comunicare o un gesto da compiere. Non liberta' interiore, ma liberta' pubblica. Un fattore estetico dunque attraversa e innerva i percorsi tracciati da Arendt gia' nell'analitica della "condizione umana", per andare poi a interessare la percezione spettatoriale, come apprensione diretta di tutto cio' che appare, a partire dal vivente e dal simile, e poi l'"esecuzione" attoriale dell'agente e la pronuncia del giudizio dello spettatore. Con un ruolo cardine affidato all'immaginazione in quanto si rappresenta l'assente (l'altrui posizione e l'altrimenti) e permette la formazione dell'opinione. Infine, l'estetico impegnato da Arendt nella definizione del politico rimandera' al principio che nella Critica della facolta' di giudizio di Kant legittima, come "senso comune", l'attivita' del giudicare. La centralita' della doxa risolve a favore del politico il conflitto tra verita' e politica, ma anche tra vita contemplativa e vita attiva, sciogliendo la seconda dall'obbligo di essere giudicata non in base ai suoi propri principi (poter fare, verita' mutevole), ma in base ai principi di una 'verita'' indifferente al contingente. Arendt entra nell'agone per rivendicare al politico, attraverso il giudizio, una diversa legalita'. E per delineare un'ontologia prospettica, oltre che una fenomenologia della doxa.
Un'altra tesi del libro e' che il nesso di estetico e politico viene sostenuto, all'interno del pensiero di Arendt, da un chiasma di azione e giudizio che si attiva in particolare sui temi dell'apparenza dell'azione e dell'azione del giudizio. Per il suo valore di 'inizialita'' l'azione, non solo politica, e' pensata da Arendt sia come insorgenza e innovazione, sia come artificio che inaugura "opere", che edifica monumenti al pensiero e al modo umano di abitare il mondo. In ogni caso un fenomeno osservabile e sottoposto al giudizio, il quale, da parte sua, e' chiamato a esporsi pubblicamente e a prodursi attivamente nella forma della comunicazione e della condivisione.
Non solo la figura dell'attore, ma anche la figura dello spettatore che giudica e opina in merito ad azioni e fatti concreti viene cosi' ad assumere un ruolo centrale rispetto all'interrogativo portante del discorso arendtiano: come dare "alle opinioni un peso e alle azioni un effetto?". Lo spettatore che giudica le contingenze o che cerca di trarne un racconto testimoniale o storico ha un ruolo cardine proprio nell'allontanare il fantasma della "superfluita'" dei singoli viventi umani, evocato e praticato in senso storico-politico (i totalitarismi) ma anche in forma teoretica (il dispotismo delle verita' di ragione). Ciascuno e' chiamato a testimoniare e a giudicare a partire da un diverso punto di vista. Il giudizio stesso e' azione nel momento in cui rompe gli schemi del pregiudizio, sa rispondere agli eventi - e allo 'stupore' provocato da contingenze inattese - con giudizi e prese di posizione potenzialmente innovativi e suscettibili di diventare 'esemplari'.
I diversi tracciati del pensiero politico di Hannah Arendt seguiti all'interno di questo lavoro finiscono tutti per confluire in un problema centrale, per domandarsi, in vario modo, cosa significhi 'abitare il mondo'. Lo sguardo che Arendt ci invita a rivolgere alla sfera pubblica e alle pratiche che la alimentano riesce a ritagliare un territorio distinto sia rispetto a visioni tipiche di un umanismo tradizionale, sia rispetto a visioni riduzionistiche o solo naturalistiche dell'esistenza.
Abitare il mondo significa qui, innanzitutto, trovare condizioni, sufficienti e necessarie, perche' ciascuno possa esistere pubblicamente e politicamente. Ma questo presuppone che non sussistano inibizioni al singolo apparire e che la singola opinione possa formarsi e essere comunicabile. E' in questo terreno di origine del giudizio politico che entrano in gioco nozioni ("percezione politica", "mentalita' allargata", "carattere rappresentativo" del pensiero politico) che nel loro insieme portano Hannah Arendt alla scoperta di una sorta di aria di famiglia tra giudizio politico e giudizio estetico, all'insegna di un condiviso sentirsi a casa (occupare un posto) nel mondo e di un comune disporsi a scegliere tra alternative, accordando il proprio plauso o dichiarando la propria disapprovazione su qualcosa che e', in forma reale o virtuale, sotto gli occhi di tutti.
Come dare "alle opinioni un peso e alle azioni un effetto"? Lo sforzo affidato da Arendt a questo interrogativo si chiarisce insomma, lungo il percorso, come un tentativo di focalizzare l'attenzione sulla condizione umana in quanto capace di "giudizio" e capace di "azione". Con l'effetto principale di inserirsi nella discussione sull'attualita' o meno dell'umanismo presentando, come possibile via d'uscita nei confronti dell'impronta unitaria per lo piu' conferita alla riflessione tradizionale sulla natura dell'uomo e dell'umano, ma anche alle sue piu' recenti soluzioni biopolitiche, un provocatorio armamentario categoriale di carattere estetico-politico, che riabilita apparenza, opinione, spettacolo, performance.
Il tema della spettacolarita' del mondo si impone come questione non solo non marginale o accessoria, ma radicata nell'idea di un fondamento estetico dell'esperienza. Un fondamento affiorante prima sotto il titolo delle 'idee estetiche' di percezione e apparenza, e poi ripensato, grazie all'apporto decisivo della lettura della terza Critica di Kant, sotto il segno di una fondamentale esteticita' del giudicare - risultando, alla disamina fatta da Arendt, il giudizio estetico kantiano l'esito proprio di un modo politico di pensare: portatore cioe' di un tipo di universalita' e di necessita' che nel rispondere a un bisogno di comunicazione e di condivisione dei giudizi, non mortifica e anzi riconosce l'indispensabile 'presa diretta' dell'esperienza particolare e contingente.
"La nostra apprensione della realta' dipende dalla nostra condivisione del mondo con gli altri" (Arendt 1967, p. 65). In questa affermazione, in apparenza piuttosto ovvia e inoffensiva, Hannah Arendt da' un preciso indirizzo alla riflessione sulla condizione umana. Indica in sostanza la direzione da prendere in vista di una riflessione senza pregiudizi (e forse, almeno in questo, non rimandabile) sui rapporti che intercorrono tra l'estetica come pensiero del sentire, percepire e immaginare 'comune', e la teoria della politica come luogo di decantazione e di rilancio di quanto accade nella dimensione pubblica degli "affari umani".
Una simile impostazione non poteva non attirare l'attenzione e la diffidenza di chi tende ad associare l'accusa di estetizzazione al carattere 'elusivo' attribuito a una teoria a un certo punto del suo argomentare, quando il ricorso teorico a fattori di matrice estetica suona come un escamotage (apparente, di superficie), un'invenzione o uno stratagemma, che trova soluzioni improprie a questioni e problemi che non si lasciano risolvere con lo stretto utilizzo degli strumenti in dotazione alla teoria stessa. Ed e' questo dunque anche il caso delle letture della filosofia di Hannah Arendt che parlano di estetizzazione del politico (Mongin 1980, Jay 1993, Kateb 1999, Brunkhorst 1999). Interpretazioni che ci mettono in guardia da pericolose deviazioni in direzione dell'estetico, per lo piu' foriere di un oscuramento della strada maestra, quella del paradigma logico-razionale. Che ci avvertono, per entrare nel merito, che il mito della grandezza greco-antica e della polis, riesumato inopinatamente dalla filosofa, impedisce di vedere l'autentica grammatica del politico, e che prospettare, come fa Arendt, una natura estetico-politica del giudizio penalizza, assieme al nesso di politica e morale, anche una corretta lettura e interpretazione del Kant politico (Kateb 1999).
C'e' qualcosa, evidentemente, nel pensiero dell'estetico, che disturba ancora radicati convincimenti sulle prerogative del pensiero filosofico.
Hannah Arendt si imbatte nell'estetico nella sua indagine sul mondo e sul giudizio. E scopre il fondamentale valore politico dell'estetico che entra nella definizione dei titoli di "spazio pubblico" e "senso comune".
In gioco e', al fondo, la pubblicita' come radice comune di estetico e politico, una radice comune che nell'estetico trova meglio esplicitati i fattori dell'apparenza, del sentire comune e del giudizio, e nel politico i fattori dell'azione e della decisione.
9. LIBRI. NADIA FUSINI PRESENTA "CATASTROFI POLITICHE" DI DAVIDE SUSANETTI
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 6 giugno 2011 col titolo "Se vivere insieme diventa tragedia" e il sommario "Un saggio di Davide Susanetti che attualizza Sofocle. Le ossessioni del nostro presente dietro i drammi di Edipo, Aiace, Oreste voluti dal fato"
Nadia Fusini, nata ad Orbetello nel 1946, acuta intellettuale, fine saggista, narratrice, traduttrice e curatrice di edizioni di classici, docente universitaria (laureata in lettere e filosofia all'Universita' La Sapienza di Roma nel luglio 1972 con Agostino Lombardo e Giorgio Melchiori con una tesi sul tema dell'iniziazione nella letteratura del Novecento; dopo un periodo di studi nel campo della letteratura americana negli Stati Uniti presso le universita' di Ann Arbor e di Harvard, ha studiato Shakespeare e il teatro elisabettiano presso lo Shakespeare Institute di Birmingham, in Gran Bretagna; e' stata nel 1978-'82 professore incaricato di lingua e letteratura inglese all'Universita' di Bari e dal 1982 ha la cattedra di lingua e letteratura inglese all'Universita' La Sapienza di Roma; dal 2000-2001 insegna, oltre letteratura inglese, critica shakespeariana), e' impegnata nelle esperienze del movimento delle donne. Opere di Nadia Fusini: segnaliamo particolarmente (a cura di, con Mariella Gramaglia), La poesia femminista, Savelli, Roma 1974; La passione dell'origine. Studi sul tragico shakespeariano e il romanzesco moderno, Dedalo, Bari 1981; Pensieri di pace e di guerra, Centro Virginia Woolf, Roma 1984; Nomi. Dieci scritture femminili, Feltrinelli, Milano 1986, nuova edizione Donzelli, Roma 1996; Due. La passione del legame di Kafka, Feltrinelli, Milano 1988; La luminosa. Genealogia di Fedra, Feltrinelli, Milano 1990; B e B. Beckett e Bacon, Garzanti, Milano 1994; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Donzelli, Roma 1996; Due volte la stessa carezza, Bompiani, Milano 1997; Uomini e donne. Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma 1996; Il figlio negato, Mondadori, Milano; L'amor vile, Mondadori, Milano 1999; Lo specchio di Elisabetta, Mondadori, Milano 2001; I volti dell'amore, Mondadori, Milano 2003; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Mondadori, Milano 2004; Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006. Ha curato traduzioni e edizioni, tra gli altri, di testi di Mary Shelley, Keats, Ford, Shakespeare, Wallace, Virginia Woolf (di cui ha curato l'edizione delle opere nei Meridiani Mondadori).
Su Davide Susanetti dal sito dell'Universita' di padova riprendiamo la seguente scheda: "Davide Susanetti e' professore di Letteratura greca. Si occupa prevalentemente di tragedia greca, di Platone e di letteratura tardoantica. Ha pubblicato fra l'altro: Sinesio di Cirene, I sogni, Bari 1992; Plotino, Sul Bello (Enneade I, 6), Padova 1995; Euripide, Alcesti, Venezia 2001; Euripide, Ippolito, Milano 2005; Euripide, Troiane, Milano 2010; Eschilo, Prometeo, Milano 2010. Ha commentato il Simposio di Platone (Venezia 2006, V ed., con la traduzione di C. Diano) e la Medea di Euripide (Venezia 2002, II ed. con traduzione di M. G. Ciani). Per Carocci ha scritto: Il teatro dei Greci. Feste e spettacoli, eroi e buffoni (Roma 2003) e Favole antiche. Mito greco e tradizione letteraria europea (Roma 2005); Euripide fra tragedia, mito e filosofia (2007); Euripide, Baccanti (2010). E' condirettore della collana La tradizione del mito"]
Accadono cose che ci commuovono. Ci meravigliano, ci spaventano, ci confondono. Restiamo stupiti, ammutoliti. Poi, come se il significato fosse qualcosa che viene dopo l'emozione, proviamo a ragionare. In altre parole, diventiamo responsabili, e cioe' capaci di rispondere di cio' che accade - e ci offende, o ci contraria, o ci rincuora - spassionatamente raffreddando la passione. Addirittura, in un certo senso dimenticando il nostro interesse, anche nel senso puro e semplice di coinvolgimento personale, ideologico. La ragion pura e' un sogno inattingibile, ma lo sforzo per raggiungere tal fine resta encomiabile.
Un modo magnifico di ragionare per comprendere un fatto accaduto nei nostri giorni s'e' manifestato nell'articolo di Barbara Spinelli del 18 maggio scorso, dove rifletteva su quel che e' accaduto nella suite dell'albergo Sofitel di Manhattan a una personalita' di spicco, un "eroe" moderno, ricorrendo a Dostoevskij. Ecco, mi sono detta, un bell'uso della letteratura! - che come tutti sanno e' una forma di conoscenza, un patrimonio, di cui disponendo si puo' capire la realta' in cui viviamo.
E' la stessa reazione che ho avuto leggendo il libro di Davide Susanetti, Catastrofi politiche (Carocci editore, pp. 236, euro 18). Il sottotitolo spiega che Sofocle, si', il grande drammaturgo cui si debbono indimenticabili tragedie come Antigone, Filottete, Edipo Re, Edipo a Colono, Aiace, Elettra, le Trachinie, con le sue storie ci racconta "la tragedia di vivere insieme". E' questo secondo Susanetti il vero dramma a tema nel teatro greco gia' con Sofocle, e ancora di piu' con Euripide: con loro si liquida un mito, e cioe' che le istituzioni reggano l'urto della vita. Invece, piu' e piu' volte nelle loro tragedie "la casa va in frantumi, la citta' rischia di diventare un deserto inabitabile". Altro che catarsi, trionfa la catastrofe. Per catastrofe intendendo la devastazione della memoria, e con essa l'intransitabile passaggio da una generazione all'altra, e dunque alla fine l'impossibilita' di vivere congiunti in uno stesso orizzonte condiviso.
Con garbo e sapienza Susanetti ri-racconta le vecchie storie. Non c'e' nessuna compiaciuta e sterile esibizione, c'e' semmai un gusto del sapere; si sente che conoscere i suoi testi da' allo studioso un'emozione autentica. Li indaga con amore, li parafrasa, li riassume, li assorbe nella sua lingua, nel nostro tempo. Ma non per questo si concede un'estemporanea attualizzazione, nessun troppo ovvio riferimento al presente. Eppure chi legge sente affiorare i fantasmi che aleggiano sulla scena politica nei secoli dei secoli fino ad oggi... Ed e' qui l'incanto, dove si dimostra che la cultura serve all'intelligenza. Che la conoscenza della tradizione sostiene il presente e sorregge ogni vero atto di comprensione della nostra esistenza qui e ora.
Pian piano riconosciamo la "nostra" catastrofe politica: dietro Edipo, Aiace, Oreste si sollevano a specchio i tipi attuali, i contemporanei impacci intellettuali e pratici che ossessionano il nostro presente. Sofocle e' un signore vissuto in un certo tempo e di quel certo tempo parla; risponde di cio' che accade nella sua epoca nel modo poetico. Ripeto: non vive nell'empireo, e' un "poeta" e un "politico" che vive ad Atene e mai la lascia e la ama. Il potere lo conosce, la sua vita ne e' toccata, di Atene e di Pericle e della democrazia e' fervido sostenitore. Basta leggere l'orgoglio con cui descrive la sua terra nell'Edipo a Colono. Nelle sette tragedie che ci sono giunte per lo piu' al centro e' un uomo di straordinarie capacita', che gli dei travolgono, come accade ad Aiace. E' commovente oltre ogni dire seguire le dolorose vicende dell'eroe che la dea Atena trasforma in una cieca macchina di distruzione... E' tremendo assistere alla fine atroce di Eracle, e non e' colpa di Deianira la quale gli ha mandato in dono il mantello che gli divora la carne; e' il fato che cosi' si compie. Quanto a Elettra e a Oreste, anche loro sono perduti in un atto cui li trascina la legge androcratica della stirpe, che riconosce nella vendetta del padre l'inevitabile debito di obbedienza. Ma quale nuovo ordine seguira'?
Il modo della lettura del testo antico da parte di Davide Susanetti non ha niente a che fare con una certa critica marxista d'antan, che anche in revival foucaultiani, intende strappare alla sovrastruttura della costruzione artistica la maschera che nasconde il vero fondo. Niente di tutto cio'. Nessuno smascheramento, nessun violento strappo. Susanetti acconsente, si concede al testo, lo insegue nelle sue ambiguita', lo commenta intonandosi alle sue preoccupazioni. Perche' un dramma e' anche questo, un gomitolo di fili in cui si annodano le cure profonde di una cultura, una societa', un paese; una cultura, una societa', un paese, in questo caso, dove il potere comincia ad apparire in-fondato. Tanto che chi lo raggiunge e' forse "solo un delinquente piu' fortunato di altri".
Vi ricordo che cosi' Edipo giunge a Tebe: con le mani insanguinate. Edipo e' tyrannos a Tebe, e quel termine, anche se non coincide con il significato che noi diamo alla parola "tiranno", pero' svela che Edipo non e' re per diritto di nascita. E' semmai un self-made re, che grazie alla sua intelligenza - ha risolto l'indovinello, ricordate? - si eleva il piu' in alto che puo', finche' non si ritrova il "piu' maledetto" tra gli uomini. Ma, allora, chi governa il mondo?
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Numero 364 dell'8 giugno 2011
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