Telegrammi. 560
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- Date: Thu, 19 May 2011 00:26:43 +0200 (CEST)
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 560 del 19 maggio 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Sommario di questo numero:
1. Movimento Nonviolento: Cinquantaquattresimo giorno di digiuno nonviolento collettivo a staffetta per opporsi alla guerra e al nucleare
2. Si e' svolto a Blera il 18 maggio un incontro di formazione alla comunicazione nonviolenta
3. Circolo della Rosa: Atti del dibattito alla Libreria delle donne di Milano del 26 marzo 2011 sul tema "Mettere il piede nel piatto della politica: dove, come?" (parte prima)
4. Per sostenere il Movimento Nonviolento
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO: CINQUANTAQUATTRESIMO GIORNO DI DIGIUNO NONVIOLENTO COLLETTIVO A STAFFETTA PER OPPORSI ALLA GUERRA E AL NUCLEARE
[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo]
Sono oltre 150 le amiche e gli amici della nonviolenza che hanno finora aderito al digiuno promosso dal Movimento Nonviolento "per opporsi alla guerra e al nucleare".
Questa iniziativa nonviolenta prosegue dal 27 marzo scorso, e nuovi aderenti hanno gia' annunciato la loro partecipazione almeno fino a domenica 22 maggio. Ma altri ancora si stanno aggiungendo, e si proseguira' oltre. Si digiuna in ogni parte d'Italia, da Trieste a Palermo, da Torino a Venezia, da Verona a Bari.
La nonviolenza e' contagiosa; abbiamo iniziato con un digiuno di 48 ore, che sta proseguendo da 54 giorni.
Chi desidera aderire al digiuno lo puo' comunicare a: azionenonviolenta at sis.it (indicare nome, cognome, citta', giorno o giorni di digiuno).
2. INCONTRI. SI E' SVOLTO A BLERA IL 18 MAGGIO UN INCONTRO DI FORMAZIONE ALLA COMUNICAZIONE NONVIOLENTA
Mercoledi' 18 maggio 2011 si e' svolto a Blera (Vt), nell'ambito di uno specifico percorso formativo iniziato da diversi mesi, un incontro di formazione alla comunicazione nonviolenta in ambito comunitario.
All'incontro ha preso parte il responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
3. RIFLESSIONE. CIRCOLO DELLA ROSA: ATTI DEL DIBATTITO ALLA LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO DEL 26 MARZO 2011 SUL TEMA ""METTERE IL PIEDE NEL PIATTO DELLA POLITICA: DOVE, COME?" (PARTE PRIMA)
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo pressoche' integralmente il seguente resoconto]
Libreria delle donne - Circolo della Rosa, sabato 26 marzo 2011: Mettere il piede nel piatto della politica: dove, come?
A partire dai due numeri di "Via Dogana", Milano citta' aperta (n. 95), e Situazioni a rischio di politica (n. 96).
A partire da Pausa lavoro - Immagina che a Milano: un'agora' del lavoro.
A partire da altre esperienze anche sconosciute, anche lontane.
Introduce l'incontro: Maria Castiglioni. Partecipano: Pinuccia Barbieri (Gruppo lavoro - Libreria delle donne), Anna di Salvo (Citta' Vicine), Maria Giovanna Piano (Ifold - Cagliari) e altre/i.
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Pinuccia Barbieri: Premessa alla pubblicazione degli atti. Donne e politica sfida aperta
Il "Corriere della sera" del 26 marzo 2011 annunciava cosi' il dibattito alla Libreria delle donne di Milano "Mettere il piede nel piatto della politica: dove, come?".
L'incontro continuava il discorso iniziato il 29 gennaio "Milano citta' aperta" - dal titolo della rivista "Via Dogana" n. 95. La', erano state molte le partecipanti donne e parecchi gli uomini.
Vari gli interventi, e molto articolati: alla fine della discussione s'era deciso di dar seguito con un altro appuntamento, fissato per il 26 marzo, con un'introduzione di Maria Castiglioni e di cui sarei stata relatrice con Maria Giovanna Piano (Cagliari) e Anna Di Salvo (Catania).
Nel pensare al mio intervento sono andata a rivedere anche le precedenti riunioni organizzate negli ultimi tre anni in Libreria sul tema della politica e della pratica delle relazione con le associazioni.
Il 20 maggio 2009 avevamo parlato di "Politica in tempi difficili".
Il 21 febbraio 2009 di "Biopolitica: cosa c'entrano le donne?".
Il 24 gennaio 2009 di "Desiderio, tempo e denaro. Investiamo e come sosteniamo la pratica di relazione nei luoghi e nelle associazioni di donne".
Il 13 dicembre 2008, "La generosita' della politica. Come si sostengono i progetti che costruiamo, i progetti a cui teniamo e le associazioni di donne che frequentiamo. Desiderio, tempo, ma anche denaro".
Il 17 maggio 2008: "Tutto si ripete, niente si ripete: che cosa sta capitando veramente in questo paese".
Il 5 aprile 2008: "La politica delle donne (politica prima) e la politica dei partiti: pensieri e discussione. Ancora elezioni. Cosa pensiamo, cosa diciamo e cosa vorremmo".
Rileggendo gli appunti che avevo preso, mi e' nato il desiderio di trascrivere la registrazione degli interventi del 26 marzo, ho proposto alle varie partecipanti di rivedere i loro, farne una pubblicazione da inserire nel sito della Libreria, e farla circolare: ho scambiato questo pensiero con Fiorella Cagnoni, con la quale sono in relazione politica e amichevole, basata sullo scambio dei nostri percorsi nelle citta' lontane e vicine in cui ci troviamo.
I punti scaturiti dai miei appunti sono numerosi e molteplici, ne trascrivo alcuni:
1. "quando ti sei collocata nella politica delle donne come esperienza in comune, puoi osservare lucidamente la politica seconda con le sue strumentalita', le sue ambiguita'".
2. "alcune donne hanno rivolto lo sguardo allo scenario della politica seconda e non hanno tenuto lo sguardo sulla pratica della politica delle donne".
3. "questo slegame tra la nostra pratica, che e' un'esperienza di soggettivita', e la politica comunemente intesa - e' un problema irrisolto".
4. "noi abbiamo cercato di tenere due sguardi sui due spazi pubblici, e da li' creare le conseguenze: cercare con la nostra pratica di tessere rapporti con le donne che fanno politica tradizionale, ne sentono la contraddizione e ne sentono l'inefficacia".
5. con le discussioni sui quaderni del Lavoro e del Sottosopra Immagina che il lavoro abbiamo verificato che si sono create relazioni significative tra le due pratiche, con modificazioni reciproche.
Altri incontri importanti avvenuti in Libreria nel gennaio 2006 sono raccolti in L'uso politico delle donne del 10 e 24 gennaio 2006 nella pubblicazione a cura di Laura Minguzzi e Serena Fuart dal titolo E cosi' via in un circolo di potenza illimitata.
Per introdurre ora il testo dell'incontro "Donne e Politica - Sfida aperta" del 26 marzo 2011 parto con segnalare alcuni punti di interesse rilevati da Fiorella nelle trascrizioni degli interventi:
- "gli uomini sono sempre piu' coinvolti dall'essere contro"
- "comunque vadano le elezioni..."
- "la ripetizione negli incontri inutili"
- "trovare insieme le parole"
- "facciamo si' che donne e uomini interni all'ambito istituzionale non possano fare a meno d'interessarsi a noi"
- "donne che traggono importanza dal grado di prestigio delle discipline che insegnano"
- "i processi di istituzionalizzazione favoriscono dinamiche e modalita' organizzative proprie della politica seconda"
- "renderci conto che quando si fa politica, si fa quella che noi chiamiamo 'prima' e si fa ovunque"
- "il tempo e' un modo di pensare"
- "la molla dell'innocenza"
E c'e' anche parecchio altro, di questo "parecchio altro" - se lo desiderate - potete segnalarmi i punti che a voi interessano, scrivendo al mio indirizzo painuz at tin.it o a quello della Libreria info at libreriadelledonne.it
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Mettere il piede nel piatto della politica: dove, come?
(Trascrizione a cura di Serena Fuart e Pinuccia Barbieri, rivista dalle intervenute)
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Maria Castiglioni
Vorrei riprendere alcune questioni rimaste in sospeso dallo scorso incontro (29 gennaio 2011) che riguardava l'intreccio tra la politica prima, ovvero la pratica di relazioni tra donne e uomini che accolgono il principio della differenza, e la politica seconda, o delle istituzioni di rappresentanza (politiche, sindacato, organismi costituiti).
Ispirandomi a una celebre frase di Lou Salome': "L'essenziale o c'e' da subito oppure non c'e'", e anche a una convinzione diffusa nella nostra pratica che "il metodo e' la sostanza" e non ci sono mezzi iniqui che giustifichino fini equi, cerco di elencare quello che ho capito essere l'essenziale delle esperienze di politica prima e che metto nel piatto per un confronto con le nostre ospiti.
La volta scorsa le avevamo definite "le nostre travi" e riprendo quindi questa immagine.
La prima trave:
1) la pratica di relazione, di riconoscimento dell'autorita' dell'altra e la ricerca di mediazione.
E qui faccio due esempi.
Il primo riguarda le mediazioni "minute": penso al lavoro di relazione che si fa anche solo per trovare una data di convocazione di una riunione, una data a cui non manchi nessuna; oppure all'altro lavoro, altrettanto estenuante, di raggiungere un accordo su uno scritto che vuole essere a firma di tutte e su cui vanno operati tagli e integrazioni.
Il secondo, altrettanto complesso, ha a che vedere con il riconoscimento del desiderio dell'altra, quindi della sua autorita' (non dimentichiamo che autorita' deriva da auctor, agire un desiderio e' essere autori/autrici del proprio agire politico e genera autorevolezza).
Su questo punto Vita Cosentino la scorsa volta ha parlato di un avanzamento nel suo rapporto con una donna, con le donne, in quanto, lei diceva: e' giunto il tempo che ognuna si giochi il suo desiderio, nel mantenimento di una mediazione tra di noi. Anche Luisa sottolineava lo stesso concetto, con altre parole, quando diceva: a chi vuol fare puntate nella politica seconda chiediamo molto rigore.
Il rigore di Luisa, il mantenimento della mediazione tra di noi di Vita, dal mio punto di vista, lo traduco nella seconda trave e cioe':
2) nominare di quale desiderio si tratta, aver chiarezza e onesta' rispetto ai propri desideri e metterli in gioco con le altre/altri.
Su quello degli uomini non ho tanti problemi a riconoscerne la natura.
Dice Girard, citato da Fleury (VD 79/2006 "Parla con lui" - rubo il mestiere a Vita!), che il desiderio maschile spesso e' un desiderio contro rivali, che ha per oggetto lo stesso cibo, lo stesso territorio, le stesse donne, lo stesso potere.
Anche Lia Cigarini (VD 56/2001: "E gli uomini?") si sintonizza sullo stesso concetto: "Gli uomini fanno politica con le donne solo quando c'e' una contingenza comune. E' difficile convincerli che ci puo' essere un conflitto senza lotta contro".
Quindi, se il loro desiderio e' ben visibile e lo conosciamo, il nostro desiderio contenuto nell'agire politico qual e'?
La scorsa volta avevo ricordato alcune risposte:
L. M.: un di piu' di essere.
C. Z.: il libero gioco tra noi e la realta'.
Se per realta' intendiamo anche gli obiettivi, e cosi' dovrebbe essere per non lasciarli nell'utopia, ecco che Vita ci ricorda quello indicato da Leiss (VD 73 "Passaggio in liberta'"): "La posta in gioco e' trasformare la guerra dello scontro di civilta' in un conflitto per il cambio di civilta'".
Questo, che sembra un obiettivo astratto, e' in realta' concretissimo, perche' diventa, gia' da ora, un "modus operandi e cogitandi".
In questa direzione interpreto alcune affermazioni, come quella di Lia (VD 56, gia' cit.): "Una pratica politica senza obiettivi e nemici esterni", a cui fa eco Fiorella Cagnoni con il suo "Un obiettivo non concreto, ne' materiale".
Forse in questo senso potrei anche interpretare la frase detta da Lilli Rampello la scorsa riunione: "Essere presenti senza volerci essere in prima persona". E che fa dire al gruppo Lavoro: "Comunque vadano le elezioni", frase che pero' ha suscitato qualche vivace reazione tra alcune di noi.
Vedo quindi un diverso modo di intendere questo agire politico per il cambio di civilta', che origina anche un diverso modo di intendere la terza trave:
3) l'indipendenza simbolica: questa pratica puo' avere molte declinazioni. Io qui mi soffermo su due in particolare che ho trovato interessanti nell'articolo citato di Lia Cigarini, del 2001:
a) "non accettare la separazione dei piani del discorso (piano delle relazioni / piano del potere)" a cui possiamo aggiungerne tanti altri: privato/pubblico, fine/mezzi, prima/dopo, visibile/invisibile. Rispetto a quest'ultima scissione vorrei ricordare la recente "kermesse" elettorale di Pisapia al Teatro Dal Verme dove la visibilita' ha risucchiato ogni altra dimensione dell'esperienza politica portata avanti anche dalle tante donne presenti ai tavoli di lavoro.
b) "togliere di mezzo il preventivo riconoscimento di autorita', che e' una dannosa complicazione" che mi sembra diverso dalla posizione espressa da Marina Terragni: "Convincere il candidato ad assumere una conveniente postura di ascolto, gratitudine e bisogno nei riguardi delle sue concittadine" (M. T., VD 95 "Milano, citta' aperta").
Ma anche qui il "contenzioso" e' aperto.
Da ultimo un'osservazione su quanto vi e' in gioco tra noi e l'uomo nell'agire politico comune.
Relazione di differenza, abbiamo detto piu' volte. Nominare e fare spazio alla differenza significa aprire la relazione uomo-donna al reale, mentre siamo in presenza di una relazione in cui di reale c'e' ancora molto poco. Donna e uomo agiscono reciproche proiezioni.
Marina Terragni lo esemplificava molto bene la scorsa volta a proposito della sensazione che lei aveva rispetto all'interlocuzione politica avviata con Boeri: "Se non ti lascio fare il gallo, tu hai paura".
Ma quale e' la paura dell'uomo? Fleury (art. cit.) risponde che e' la paura di "essere lasciato da parte", Daniele Cini (VD 79 "Parla con lui") parla del "fantasma della madre che respinge".
Va da se', per onesta', chiederci a questo punto: qual e' il nostro fantasma?
E' una preoccupazione molto avvertita da noi, anche Annarosa Buttarelli e Lilli Rampello hanno citato nel loro articolo la "fascinazione del potere" (VD 95 "Milano, citta' aperta").
Penso che il nostro fantasma sia, come affermava Luisa Muraro in "La posizione isterica e la necessita' della mediazione" (1993) "scambiare tutto per la madre", e il nostro compito fare il lutto, come ci suggerisce Chiara Zamboni, di un "materno onnipotente".
Come tutto questo si declini nelle nostre pratiche e' una scommessa aperta per tutte.
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Pinuccia Barbieri
Abbiamo deciso in questo incontro di portare degli esempi di pratiche. Anna di Salvo parlerà della rete delle Citta' Vicine e Giovanna Piana parlerà dell'Ifold. Io parlero' della mia esperienza, che e' quella del Gruppo lavoro.
Noi alla Libreria varie volte abbiamo deciso di aprire la discussione tra politica prima e politica seconda, siamo andate a leggere qualche trascrizione che avevo fatto e devo dire che sono venute fuori cose molto interessanti. Mi piacerebbe far circolare queste trascrizioni.
Oggi pero' sono qua per introdurre un confronto che aiuti a capire se e come la politica prima e' riuscita a fare un salto, a creare un ponte, a mettere una trave con la politica dei partiti.
All'inizio degli anni Settanta, fin quando non ho incontrato la politica delle donne, io ho fatto politica nel Consiglio di zona 5, nell'urbanistica. Avevamo la prima donna presidente del consiglio di zona in Italia e abbiamo fatto donne e uomini insieme battaglie che possiamo chiamare creative, che erano fuori dalle normali battaglie che oggi avvengono, che hanno ottenuto qualche successo e uno molto grosso. Da questa esperienza sono uscita con una regola: le vittorie non sono mai per sempre, vanno accudite. Da quel momento in poi ho mantenuto un occhio attento alla politica seconda e al sindacato con l'essere presente a loro incontri, convegni, tavole rotonde. Attraverso questa partecipazione e osservazione ho visto la ripetizione: la ripetizione delle persone che parlano, e la ripetizione delle persone che ascoltano. E invece quasi mai ho visto l'attenzione dei relatori ad ascoltare le parole e la narrazione di chi e' nel pubblico e vuole intervenire. Spesso il relatore, la relatrice, persona che ha potere, dice la sua e poi si sposta in un altro luogo a fare altra presenza, un'altra rappresentazione. Ne ho visto cosi' la strumentalita', nell'usare la propria presenza per avere pubblico e significare il proprio potere.
Nel gruppo lavoro io ci sto interamente, per me e' un luogo dove c'e' pensiero, scambio, e lavoro intenso. Sottolineo che anche in un piccolo gruppo che sente di aver qualcosa di dire e vuole dirlo, e' importante dirlo a partire da se', nei luoghi in cui e'. Nel gruppo lavoro c'e' ascolto di esperienze, c'e' nascita di idee, c'e' un agire politico che si trasforma in azioni politiche. E c'e' l'impegno a trovare insieme le parole per comunicare anche all'esterno quello che si vuol dire, a dare una forma condivisa a quel che si dice, per esempio i quaderni che abbiamo scritto: "Parole che le donne usano", "Il doppio si'" e il "manifesto del lavoro". C'e' la scelta dei luoghi e delle occasioni in cui comunicare quel che si ha da dire, valorizzando le relazioni che gia' ci sono e costruendone di nuove. Soprattutto ci sono il darsi valore e una grande disponibilita' a sostenersi.
Per esempio, gli appunti per questa riflessione li ho scritti e poi ne ho parlato con Lorenza. E' uno scambio che il gruppo lavoro ha con grande facilita', io ce l'ho spesso con Silvia, Vanna e altre.
Quando abbiamo deciso di portare la nostra politica il piu' possibile fuori per moltiplicare i luoghi delle pensanti e parlanti, e crearne nuovi, sapevamo bene che le donne ci sono e hanno una politica che e' preziosa per uomini e per donne. Siamo uscite e usciamo all'esterno con coraggio e chiarezza perche' sappiamo che cosa abbiamo da dire, e perche' siamo state cercate dalle organizzazioni esistenti (pari opportunita', universita', associazioni, Cgil, centri di documentazioni, aziende o circoli del Pd).
Sto facendo un'analisi dei cinquanta e piu' luoghi in cui s'e' discusso "Immagina che il lavoro", vorrei farla anche con "Il doppio si'" e con "Parole", e quindi poi andarla a vedere, intrecciarla e capire che cos'e' successo.
Oggi cosa mi rimanda quest'esperienza? Le esperienze che funzionano sono quelle in cui la comunicazione da' vita a nuovo agire politico, contribuisce cioe' a rilanciare o a creare gruppi, luoghi di pensanti e parlanti. Questi vanno consolidandosi e alimentano piano piano una rete di relazioni e di linguaggi comuni, si resta in contatto reciproco, si creano anche parole, iniziative autonome a partire dalle situazioni in cui operano, viaggiando sulle proprie gambe.
Le esperienze negative, deludenti, invece sono quelle in cui si capisce che la relazione-comunicazione che si e' instaurata e' di tipo strumentale e finisce li'. Questo accade quando si capisce d'essere invitate a parlare per riempire un vuoto di idee e di pensieri, per dare visibilita' a organismi che non funzionano, per offrire occasioni di intrattenimento del pubblico o consenso istituzionale a chi non sa cosa fare ne' cosa dire in proprio, o a chi e' interessato soltanto a introdurre - e spesso copiare senza alcun riconoscimento - quel che appare come una novita' nel mercato delle idee. E' il caso ad esempio di convegni improvvisati dai vari enti locali, dai Cpo che non hanno un'azione autonoma, associazioni culturali che vivacchiano senza impegno, organismi aziendali, partitici o sindacali alla ricerca di consenso. In questi casi si sente di comunicare quasi nel vuoto, di non scambiare un bel niente, di esercitare una funzione di supplenza, un pensiero-azione che non c'e'. Anche in questi casi puo' capitare di incontrare persone ed esperienze interessanti, ma quasi mai c'e' equilibrio con l'impegno che ci abbiamo messo. Sia nei casi positivi sia in quelli negativi la cura delle relazioni per valorizzare quelle buone e lasciar perdere quelle inutili e strumentali e' un lavoro importantissimo che richiede tempo, riguardo, intelligenza e coraggio. E in cui spesso ci si accorge di aver sbagliato proprio per troppa o troppo poca cura, e che quindi come dicevo prima va continuamente ritarato, ripensato e alimentato.
Per tornare appunto a quel che dicevo all'inizio, sul fare un salto: il gruppo lavoro questo salto lo ha fatto, e si e' assunto un ulteriore passaggio importante che stiamo sperimentando: l'iniziativa dell'agora' del lavoro, cioe' di dare vita a luoghi d'incontro piu' allargati e aperti nelle varie realta' territoriali in cui si opera - in cui confrontarsi e aprire anche un contradditorio con altri da noi, con altre esperienze di pensiero e di agire politico che ci sembrino vive e interessanti nella citta', anche se non immediatamente affini a quel che noi abbiamo fin qui pensato detto e comunicato (con uomini, generazioni piu' giovani, esperienze di agire politico che partono da pratiche e linguaggi diversi dai nostri).
Questa e' una grande e impegnativa scommessa, quella di costruire in connessione anche fisica e relazionale con altri e diversi da noi una voce plurale che parli alla citta', che moltiplichi il confronto, la discussione pubblica su quel che interessa a noi.
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Anna Di Salvo
Ci sono questioni molto calde, che interrogano il lavoro politico delle donne e degli uomini della rete delle Citta' Vicine e che costituiscono al presente la sfida che ci porta a esserci a pieno titolo nelle nostre citta' e sulla scena politica nazionale con maggiore attenzione e senso di responsabilita'. Mi riferisco alla riflessione in merito alle buone forme di governo che ogni citta' mette in essere, rispetto agli spazi urbani e allo svolgimento delle vite di chi vi abita. Mi riferisco ai lavori attualmente in corso per individuare capacita' d'intervento nei vari aspetti del pubblico, col buon senso ricavato dall'esperienza domestica e con l'invenzione di strategie politiche che intendono svuotare la rappresentanza dalle vecchie logiche di potere e di dominio, per risignificarla con pratiche relazionali e pensieri condivisi. Mi riferisco a un'altra visione dell'economia, basata sull'individuazione delle reali necessita' della vita, sulla quale stiamo lavorando con iniziative e approfondimenti insieme ad altre/i che hanno le mani in pasta in questo problema al quale dedicano risorse ed energie. Mi riferisco al desiderio originario che accomuna sin dagli inizi le Citta' Vicine e che le ha portate a collaborare con ingegnere, architette e urbaniste per creare nuove visioni del vivere e fare la citta' ridisegnando spazi e individuando contesti e realta' cittadine che, "spargendo bellezza" con il loro fare, propongono pratiche virtuose ed esempi di convivenza civile tra donne e uomini.
Le Citta' Vicine sono nate una decina d'anni fa a Scoglitti, in Sicilia, sollecitate dal desiderio delle donne dell'Associazione La Citta' Felice di Catania che ha voluto nominare un tessuto relazionale gia' in parte esistente, e rendere politicamente piu' incisive e risonanti le elaborazioni e lo scambio tra donne e uomini di citta' diverse che volevano prendere autorevolmente parola in merito ad accadimenti importanti che avvengono non solo nei rispettivi contesti, ma anche in scenari politici piu' ampi. Clara Jourdan della Libreria delle donne di Milano, oggi qui con noi, sin dall'inizio ne ha seguito l'impegno e partecipa con attenzione a tutti gli incontri elargendo consigli, misura e orientamento. Le Citta' Vicine sono costituite da citta' dove si svolge un'attivita' intensa di pratiche e pensiero da parte di donne che vi lavorano, sostenute anche da uomini di buon senso. Tra le realta' da piu' tempo nelle Citta' Vicine: la Merlettaia di Foggia, le Vicine di casa di Mestre, la Mag di Verona, alcune donne di Catanzaro, la Libreria delle donne e il progetto Clotilde di Bologna, Amare Chioggia e il suo territorio, il gruppo donne di Roma, Identita' e Differenza di Spinea, la Libreria delle donne di Milano alla quale facciamo riferimento e dalla quale riceviamo forza e visibilita', e tante altre realta' di Napoli, Firenze, Cagliari, Pescara, Palermo, Vicenza, Barcellona in Spagna, e le donne di "Femminile Plurale" di Vicenza (ben accolta di recente tra le Citta' Vicine), con cui siamo in stretto contatto. Le Citta' Vicine s'incontrano di frequente laddove il desiderio o la necessita' lo richiedono o dove si organizzano iniziative che ne sollecitano la presenza. Sono solite rispettare la tradizione dell'incontro seminariale che si tiene ogni anno in novembre, e la "Vacanza politica" estiva che in genere avviene nelle belle localita' marittime della Sicilia, Calabria e Puglia. Su questioni e argomenti proposti dalle Citta' Vicine si sono svolti importanti convegni nazionali a Bologna, Milano, Roma e Mestre; alcuni organizzati anche con realta' a carattere istituzionale come i Nuovi Municipi di Firenze, che abbiamo incontrato per discutere di partecipazione, oppure con architette e urbaniste del Politecnico di Milano, come Bianca Bottero qui presente, per affrontare il tema delle nuove architetture, degli spazi urbani ecc., o con la Mag di Verona, l'Universita' del Bene Comune, la Libera Universita' dell'Incontro, per discutere delle nuove forme d'economia, convegno dal quale e' stato tratto un importante libro dal titolo La vita alla radice dell'economia (a cura di Vita Cosentino e Giannina Longobardi, Mag, 2007). La scelta di allargare sempre piu' il raggio dell'azione e dei rapporti, ha dato alla rete la possibilita' di ampliare l'area della discussione e dilatare l'orizzonte nel quale muoversi. Durante il loro cammino le Citta' Vicine hanno realizzato varie pubblicazioni in merito alla loro storia e alla loro ricerca, in particolare grazie alla Mag di cui oggi e' qui Loredana Aldegheri, che ci offre molti spazi nella rivista trimestrale "Azione Mag" e grazie all'impegno di Sandra De Perini delle Vicine di casa di Mestre che cura attentamente e tesse con maestria la trama e l'ordito di queste pubblicazioni.
Vorrei parlare ora delle modalita' di rapporto che le Citta' Vicine intrattengono con donne e uomini delle istituzioni culturali, politiche e amministrative che incontriamo spesso e con le/i quali prendiamo contatti in merito a varie questioni della citta' e della politica, intrecciamo relazioni, apriamo conflitti spesso infuocati e a volte anche costruttivi. Su questa questione le Citta' Vicine hanno avviato da tempo uno scambio vivace e prima di venire qua ho sentito alcune esperienze e pareri in proposito. Ne viene fuori che certo non e' facile avere rapporti con donne e uomini docenti e presidi nelle scuole e nelle universita', amministratori comunali, sindache, funzionari, sindacaliste, consiglieri di quartiere, responsabili di partito, sanitari, padri e madri spirituali, direttore di biblioteche ecc. Pinuccia Barbieri prima di me, ha fatto l'elenco di queste realta' con cui anche le Citta' Vicine si confrontano o si scontrano con modalita' che a volte risultano simili tra loro, mentre per altre sono diverse: la cosa guardata nel suo insieme offre un caleidoscopio di varieta' che distinguono una realta' dall'altra e al contempo le arricchiscono tutte. Devo dire che, alla luce dei fatti, risulta che il lavoro delle Citta' Vicine e' molto apprezzato e sostenuto da donne e uomini che lavorano all'interno di istituzioni, per il pensiero e le pratiche creative e per la capacita' che la rete mostra nel sapersi allargare a macchia di leopardo grazie alle relazioni sincere e durature che nel tempo si vanno consolidando con altre citta'. C'e' una strategia delle Citta' Vicine che le accomuna nel loro fare: ad esempio, le iniziative che si svolgono nelle citta' vengono organizzate prevalentemente in spazi istituzionali. Ora sono spazi del Comune ora della Provincia, dell'universita', della scuola, biblioteche pubbliche, sedi sindacali, istituti religiosi e via discorrendo. Chiaramente non sosteniamo nessun partito e nessuna candidatura di turno e neanche agiamo da interni nelle istituzioni, ma accerchiamo con insistenza sempre maggiore le istituzioni, mettendole alle strette e mostrando il nostro valore e il nostro desiderio. Non lavoriamo per esse quindi, ma facciamo si' che donne e uomini interni all'ambito istituzionale non possano fare a meno d'interessarsi a noi, di riconoscere la bellezza e la sensatezza di quanto diciamo e facciamo, insomma di vedere la novita' del cambiamento che viaggia con noi.
Vorrei dire qualcosa in merito all'opportunita' di occupare anche spazi all'aperto per le iniziative: per esempio a Catania per l'associazione Citta' Felice e' molto importante operare anche negli spazi aperti istituzionali della citta', organizzare dibattiti, mostre, presentazioni di libri, proiezioni, performance, ecc. in vie, piazze, cortili storici, chiostri religiosi della citta' per affermare la nostra costante presenza e creare tradizione femminile. Per esempio a Chioggia il Comune ha affidato alle donne di "mare Chioggia e il suo territorio" che ogni anno celebrano la festa della Riconoscenza, un terreno molto vasto dove realizzare ogni anno nello stesso periodo un'iniziativa ricca di fantasia creativa e di senso. Aver fatto proprio il linguaggio dell'arte consente alle Citta' Vicine di dare forma a pratiche trasformative, suggerisce ulteriori possibilita' espressive, sensi nuovi e chiavi di lettura originali per interrogare la citta' nel suo essere e nel suo divenire.
Brevemente vorrei portare alcuni esempi di buoni esiti di questo lavoro delle Citta' Vicine perche' io sono convinta che l'aspetto di estraneita' di cui parlava prima Maria Castiglioni, in merito a quel doppio piano in cui permangono le istituzioni non facendo venire a galla tutto quanto c'e' di buono nel lavorio delle relazioni, si possa modificare mediante la narrazione articolata e le elaborazioni in cui riusciamo a esprimere la complessita' e il senso di un percorso. Per esempio, a Catania con la Citta' Felice abbiamo fatto comprendere a buona parte della citta', grazie alle relazioni instaurate con donne e uomini di altre associazioni, come l'intenzione di costruire dieci parcheggi multipiano sotterranei con in corso d'opera l'aggiunta di centri commerciali da parte di privati in accordo con l'amministrazione comunale, rappresentasse un'idea a dir poco dissennata. All'inizio sembrava una lotta tra Davide e Golia, ma l'aver suggerito alcuni accorgimenti in merito all'esecuzione dei lavori e suggerito possibili soluzioni alternative ha fatto si' che della questione si interessassero magistrati e Italia Nostra, che hanno bloccato i lavori in attesa di progetti migliori. In piu' quello che e' rimasto nell'animo a molti in citta' e' stato proprio il senso del nostro fare e della nostra politica che non mostrava la messa in campo ne' di logiche di potere, ne' posizioni reattive o di solo contrasto.
Ultima cosa: vi aspettiamo all'Aquila all'incontro nazionale del 7 e 8 di maggio, io ci andro' con altre delle Citta' Vicine per approfondire la conoscenza con quella citta' devastata dal terremoto e sostenere le coraggiosissime donne "dei campi" che stanno lavorando per ridisegnare insieme ad altre le loro "Terre-Mutate" e far rinascere la loro e anche nostra Citta' del Desiderio.
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Maria Giovanna Piano
L'esperienza che porto e' quella dell'I.fo.l.d. (Istituto di Formazione Lavoro Donne), associazione nata alla fine degli anni '80 e che nel tempo e' diventato un ente di formazione di una certa importanza.
In origine, l'associazione (formata per lo piu' da insegnanti gia' impegnate a scuola nelle pratiche di pedagogia della differenza) si occupava di aggiornamento delle docenti e di approfondimento delle problematiche relative ad un ri-attraversamento dei saperi e dei linguaggi. Contestualmente abbiamo avviato un piccolo ente di formazione pensato come una sorta di laboratorio di nuove pratiche politiche e formative.
Inizialmente la formazione era rivolta esclusivamente alle donne, cui era chiesto di uscire dalla riduttiva ottica di fruitrici di un servizio e di pensarsi in un percorso piu' importante e soggettivamente partecipato.
Ci eravamo accorte che molte delle donne che venivano in formazione (in particolare le laureate), erano alla ricerca di un senso di se' e pensavano di trovarlo mutuandolo dall'importanza delle figure professionali di riferimento. Una carenza di essere che si pensava colmabile in forza dell'habitus professionale. Avevo gia' visto qualcosa di simile nella scuola, donne che traevano il senso della propria importanza dal grado di prestigio delle discipline che insegnavano. Abbiamo lavorato con attenzione su queste dinamiche proponendo i percorsi formativi come acquisizione di competenze professionali che potevano legarsi a percorsi di autonomia simbolica. Nel frattempo cresceva in noi l'esigenza di una riconsiderazione dell'importanza del lavoro nella vita delle donne e di una riflessione altra rispetto ai format della sociologia emancipazionista imperante in quegli anni.
Nel tempo il piccolo ente e' diventato sempre piu' consistente. Partecipiamo a bandi di gara e vinciamo molti progetti. Lavoriamo prevalentemente con risorse pubbliche (pur avendo anche qualche esperienza di lavoro con privati), in tal senso siamo un soggetto privato-pubblico.
Nel panorama formativo della nostra realta' ci troviamo a essere per molti versi in una condizione atipica, non abbiamo sponsor politici, non siamo emanazione di partiti, sindacati e/o affiliati, questo ha comportato la messa in campo di un di piu' di competenze da cui molti si sentono esonerati. Il di piu' di passione politica e culturale, vero motore della nostra attivita', rimane la cifra della configurazione interna come pure del nostro rapporto con le istituzioni. A lungo abbiamo pensato di vivere politicamente in un mondo felice, tutto abitato da pratiche di politica prima, le cui contraddizioni non intaccavano il senso di superiorita' di essere nella politica prima completamente, lontane dalle logiche di potere proprie della politica seconda.
Nominavamo i rapporti (obbligati) con le istituzioni regionali di riferimento per le nostre attivita' come rapporti burocratici. A un certo punto ci siamo rese conto che tale nominazione non dava conto di cio' che avveniva, in particolare nel rapporto con diverse funzionarie. Ci siamo rese conto che le pratiche di relazione, che pur con tante contraddizioni e battute d'arresto avevano segnato la nostra attivita' in lontananza dalle istituzioni, lavoravano quasi spontaneamente anche all'esterno della nostra organizzazione, non solo in ambiti affini, ma in luoghi estranei e assolutamente impervi. Sembrava quasi che piu' che portare quelle forme di relazione ne fossimo portate.
Quasi spontaneamente si creavano delle cose che ci facevano pensare, cose diventate cosi' evidenti anche alle persone (donne ma anche uomini) con cui ci relazionavamo istituzionalmente, pratiche che in Regione (ci dicono e ci diciamo) non si erano mai viste. Infatti i rapporti istituzionali sono per lo piu' improntati al clientelismo dei partiti che sponsorizzano questo e quello.
Senza enfatizzare cio' che ci sembrava politicamente una novita', abbiamo rilevato che si andava creando un rapporto di fiducia tra il nostro ente e l'istituzione di riferimento, un rapporto fatto di trasparenza e di esplicita e chiara diretta contrattualita', i cui risultati sono visibili anche ai tavoli in cui veniamo chiamate ad esprimere il nostro parere sui vari problemi attinenti l'attivita' del settore.
Una cosa molto diversa dalle complicita', forzature, deroghe, dinamiche che degradano la qualita' di un ambito cosi' importante come la formazione, facendone merce di scambio.
Oggi e' per noi piu' chiara l'idea che le sorti della formazione possano risollevarsi solo a partire da queste pratiche.
L'altro aspetto che volevo sottolineare riguarda il fatto che noi abbiamo sempre pensato di essere al riparo dalla politica seconda, vista sempre fuori di noi e da noi non scelta.
Avevamo sottovalutato che la crescita rilevante del nostro ente portava al nostro interno una configurazione anche istituzionale e che i processi di istituzionalizzazione favoriscono dinamiche e modalita' organizzative proprie della politica seconda. La politica seconda si faceva strada nella nostra stessa organizzazione. Organizzazione che peraltro diventava essa stessa contesto di lavoro.
Personalmente reagivo a questa presa d'atto con un forte malessere che mi portava a prendere le distanza da tutti gli aspetti amministrativi. Vivevo la dimensione amministrativa come la deriva della politica (Hannah Arendt docet), per cui tendevo a comprimerla, circoscriverla, renderla invisibile, non riconoscerla come attivita' che invece stava guadagnando progressivamente spazi rilevanti. Cosi' rilevanti che non si e' potuto piu' tenerla sotto sabbia ed e' arrivato il momento in cui ci siamo dette: la politica prima deve misurarsi con la dimensione amministrativa e con tutte le dimensioni istituzionali che stanno sorgendo nella nostra organizzazione. Abbiamo accettato la scommessa: misurare, partendo da noi e dal lavoro fatto, cosa vuol dire buon governo dell'amministrazione, cosa vuol dire buon governo di un'organizzazione ormai diventata anche un contesto di lavoro dai tratti imprenditoriali. Oggi sappiamo che sotto le lente della politica prima anche un bilancio di esercizio puo' perdere la sua falsa neutralita'.
L'impresa politica e' diventata anche un'impresa economica con un ampliamento del ventaglio professionale del mondo del lavoro: sanita', beni culturali, alta formazione, settori delle nuove tecnologie, professioni ambientali ecc.
Abbiamo acquisito competenze e saperi nuovi e inimmaginabili per noi, quando io ho sostenuto il desiderio fondativo di Mariolina Fusco da cui e' nato un contesto che ha visto la realizzazione dei miei piu' significativi desideri.
Il nostro lavoro si e' notevolmente articolato, per l'intersecarsi di piani diversi: la dimensione didattica-formativa, le relazioni che la sottendono, le relazioni di lavoro nel contesto interno all'organizzazione e la proiezione nei diversi settori del mondo del lavoro verso cui orientiamo le persone, donne e uomini, che frequentano i nostri numerosi corsi. Poi c'e' tutta la gestione amministrativa istituzionale che ci e' apparsa a lungo materia opaca e impenetrabile alla nostra politica, non avendo in tale ambito altre esperienze per noi politicamente confortanti. Il malessere nel doverci occupare di cose diventate inevitabili oggi e' passato. Mi sono interrogata se e' passato per assuefazione al negativo a cui non e' possibile sottrarci o se c'e' qualcos'altro. Credo proprio che ci sia qualcos'altro.
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Interventi:
Marina Terragni
Ci siamo rese conto che dire politica prima e politica seconda, identificare la politica prima con quello che facciamo noi e la politica seconda con i partiti e le istituzioni finisce poi per ipostatizzare questa politica seconda come qualcosa di immutabile. Noi siamo arrivate piu' o meno alla conclusione di Maria Giovanna per altre strade, cioe' non passando attraverso l'esperienza. Quindi mi conforta che l'esperienza reale indichi una possibilita' di pratiche di relazione laddove noi pensiamo che non ce ne siano, e il rischio viceversa di irrigidirsi in una politica seconda dove tu credi di fare altro. Mi colpisce questa complessita', l'esistenza di punti di passaggio tra politica prima e seconda, una permeabilita'. Questo secondo me racconta anche quello che io sto tentando di fare con altre nella partita politica milanese: vedere dove ci sono le possibilita' di passaggi, di varchi, e tenerli bene aperti. Poi magari non ci riesce, pero' almeno questo tentativo lo facciamo.
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Luisa Muraro
Tenendo presente che e' vero che parlare di politica prima e politica seconda finisce, come dice giustamente Marina, per ipostatizzarle, per bloccarle come se fossero due entita', sulla questione della politica prima e seconda vorrei riportare il risultato di una discussione che e' stata fatta qui un anno fa. Dico la conclusione cosi' come me la ricordo, non era una conclusione unanime: la politica seconda e' una politica che sta morendo, in realta'. Quella che noi chiamiamo politica seconda e' in una specie di agonia dove ogni tanto, soprattutto a livelli locali, a livelli amministrativi, ci sono personalita' che riescono a far vivere lo spirito della politica. E lo spirito della politica e' che ci sia politica e non ci sia la logica del potere.
La politica nasce cosi', da quando e' nata, per impedire che si impongano rapporti di potere. Ormai si impongono i rapporti di forza e di potere, i soldi principalmente e altre fonti di forza, per cui la cosiddetta politica seconda e' un puro trafficare, bilanciare eccetera, questioni di potere, chi piu' chi meno, cioe' non e' politica ed e' morta.
Quando Marina dice il suo avvicinarsi a quegli ambiti, tipo la politica partitica che e' in agonia, la politica istituzionale che e' in agonia... quando si va li' si va a fare politica prima, ne' piu' ne' meno.
La conclusione di quella volta era esattamente questa: che c'e' solo la politica prima, c'e' solo la politica che vuol dire stabilire relazioni e riuscire a realizzare piu' ampiamente possibile attraverso la forza della convinzione e delle relazioni quei traguardi di convivenza civile, di benessere e di risposte civili ai problemi man mano che si pongono, perche' non si finisca come purtroppo si sta finendo con delle non soluzioni.
L'esempio che non c'e' politica e' la spedizione libica, non si sa piu' da che parte prendere la situazione e non perche' semplicemente hanno fatto la guerra invece di fare politica, neanche la guerra sanno come farla perche' non sanno piu' a che punto fermarsi e come farla, e' cioe' la totale morte della politica.
Quindi io sono d'accordo che si faccia questa distinzione purche' sempre piu' orientandoci a renderci conto che quando si fa politica, si fa quella che noi chiamiamo prima e si fa ovunque, e io so che anche Marina e' con questo spirito che ha avvicinato e tenta di agire all'interno di quel dispositivo che portera' alle elezioni comunali della citta' di Milano. Che sono importanti a livello nazionale.
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Laura Minguzzi
Volevo riprendere il discorso delle relazioni con donne che sono nelle istituzioni, nei partiti o in altri luoghi di politica seconda; nel senso che nella mia esperienza personale - ripeto qui cose che si sono sempre dette, riflessioni che abbiamo sempre fatto - queste relazioni che abbiamo intrattenuto nel passato con alcune donne sono sempre state molto estemporanee, finalizzate; si attivavano sempre alla vigilia di elezioni politiche o amministrative e quindi erano sempre connotate da questa eccezionalita', frammentarieta', non c'era il fattore tempo-continuita' di cui ha parlato Maria Giovanna Piano. Anzi, lei ha detto chiaramente che il fattore tempo e' stato determinante; ha permesso loro di capire cose che altrimenti sarebbe stato impossibile capire, in una relazione breve e scandita sul tempo altrui. Le contraddizioni che hanno visto, che si sono rese visibili anche al loro interno, nel loro contesto, sono emerse con il tempo, quindi anche il nome che prima loro avevano dato alle relazioni con le funzionarie regionali, per esempio, con il tempo ha potuto cambiare: da burocratiche hanno potuto avere un altro nome, e diventare relazioni vere in seguito a esperienze e riflessioni nate da una frequentazione di lunga durata. Quindi il fattore tempo non e' secondario nella nostra politica. Il tempo e' un modo di pensare. Percio' ci hanno sempre insospettito quelle relazioni che nascono o sono nate alla vigilia di elezioni e poi spariscono una volta passato il momento caldo...
Nel suo intervento, Anna di Salvo ha parlato della strategia dell'accerchiamento verso donne delle istituzioni; questa parola, anche noi in passato l'abbiamo utilizzata come strategia del costruire relazioni per noi importanti con donne che ricoprivano ruoli importanti in partiti o in sindacati, nei comuni, con sindache ecc. Con questo lavoro di "accerchiamento", un lavoro politico quotidiano, noi speravamo di trarne per noi quello che era l'essenziale, quello che serviva per la relazione politica: migliorare la qualita' delle relazioni e darci visibilita' nella citta'. A volte sono accaduti cambiamenti simbolici a volte no. Oggi posso dire che nel percorso di accerchiamento, se vogliamo usare questa parola, ci sono sempre degli svelamenti e si mettono a nudo delle verita' che, anche se non si possono misurare in termini di risultati oggettivi o obiettivi, col tempo e col lavoro del pensiero, possono portare a modificazioni profonde.
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Oretta Dalle Ore
Mi ha molto colpito quello che ha detto la nostra amica sarda perche' ha quasi solo parlato di progetti e non di desideri, e trovo che cio' sia molto importante.
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Loredana Aldegheri
Pinuccia Barbieri, Anna Di Salvo e Giovanna Piano hanno fatto oggi una fotografia - da punti di vista diversi - di una realta' politica in crescita, significativa, vera e importante. Interessante e' l'elenco degli interventi, che ha comunicato Pinuccia a partire da Immagina che il lavoro, testo che ha sortito una vasta interlocuzione esterna. Queste nostre politiche vengono cercate... All'Aquila siamo state chiamate anche come Citta' Vicine a presenziare prossimamente ad un seminario per allacciare rapporti con realta' femminili che operano una ri-costruzione dal basso.
Poi, il discorso quadro che ha fatto Maria Castiglioni dimostra un avanzamento della politica prima. Quindi la politica delle donne, la politica prima, quello che e' stato detto stasera, e' in crescita di qualita': crescono i rapporti di credibilita' ed e' importante dirselo, compresa la presenza qui stasera di tante donne. E' vero che comunque ci sono tanti patimenti, che c'e' un potere, anzi uno strapotere, che come ha detto prima Luisa Muraro "ne fa di ogni". L'economia va come va, le istituzioni, soprattutto piu' in alto si sale, sono spesso arroganti e quindi c'e' una grandissima contraddizione con il livello della politica prima che opera a livello territoriale. Come dicevo, la politica prima e' in crescita e lo dimostrano anche le altre importanti iniziative; Diotima per esempio. Al Grande Seminario c'e' sempre una presenza forte delle donne. Ma c'e' anche da tener conto dello strapotere imperante. Strapotere economico che porta a una distribuzione delle risorse in modo iniquo, che non permette a tante energie, tante intelligenze di farsi progettualita'.
Complimenti per tutti i progetti che fate, ma ci sono tante trentacinquenni, trentenni che hanno una ricca formazione e anche tanta voglia di costruire, di sperimentare, ma che non hanno credito, non trovano mezzi ecc. C'e' da affrontare secondo me un nucleo molto, molto grosso che posso chiamare... conflitto/lotta con il potere. [Luisa Muraro suggerisce: "rivolta verso il potere"].
Io, nella mia immaginazione, in questo periodo, mi sono pensata qualcosa di rivoluzionario. E di riprendere Gandhi. Sandra De Perini mi ha detto che ha letto un libro sulle pratiche nonviolente di natura rivoluzionaria e che c'e' un qualcosa che qua e la' si muove in questo senso... Nel Maghreb, i movimenti tunisini mi hanno sollecitata a ripensare a delle forme di un cambiamento che non si puo' piu' tanto rinviare.
(parte prima - segue)
4. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.
Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Ryszard Kapuscinski, Cristo con il fucile in spalla, Feltrinelli, Milano 2011, pp. 188, euro 15.
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Riedizioni
- Peppe Dell'Acqua, Non ho l'arma che uccide il leone, Stampa Alternativa, Viterbo 2007, pp. 336, euro 15.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 560 del 19 maggio 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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