Nonviolenza. Femminile plurale. 346



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 346 del 16 maggio 2011

 

In questo numero:

1. Hannah Arendt: Ogni volta che e' in gioco il linguaggio

2. Edith Stein: Il risultato della nostra discussione

3. Simone Weil: Non c'e' amicizia nella disuguaglianza

4. Paola Zaretti presenta "Invidia. La passione triste" di Elena Pulcini

5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento

6. Riferimenti utili per l'informazione sui referendum. Per fermare il nucleare e per l'acqua bene comune

 

1. MAESTRE. HANNAH ARENDT: OGNI VOLTA CHE E' IN GIOCO IL LINGUAGGIO

[Da Hannah Arendt, Vita activa, Bompiani, Milano 1964, 1994, p. 3.

Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano 2006; i recentemente pubblicati Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005; Alois Prinz, Io, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1999, 2009. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

 

Ogni volta che e' in gioco il linguaggio, la situazione diviene politica per definizione, perche' e' il linguaggio che fa dell'uomo un essere politico.

 

2. MAESTRE. EDITH STEIN: IL RISULTATO DELLA NOSTRA DISCUSSIONE

[Da Edith Stein, L'empatia, Franco Angeli, Milano 1986, 2002, 2006, p. 75.

Edith Stein, filosofa tedesca, e' nata a Breslavia nel 1891 ed e' deceduta nel lager di Auschwitz nel 1942. Di famiglia ebraica, assistente di Husserl, pensatrice tra le menti piu' brillanti della scuola fenomenologica, abbraccio' il cattolicesimo e nel 1933 entro' nella vita religiosa. I nazisti la deportarono ed assassinarono. Opere di Edith Stein: le opere fondamentali sono Il problema dell'empatia, Franco Angeli (col titolo L'empatia) e Studium; Psicologia e scienze dello spirito, Citta' Nuova; Una ricerca sullo Stato, Citta' Nuova; La fenomenologia di Husserl e la filosofia di san Tommaso d'Aquino, Memorie Domenicane, poi in La ricerca della verita', Citta' Nuova; Introduzione alla filosofia, Citta' Nuova; Essere finito e Essere eterno, Citta' Nuova; Scientia crucis, Postulazione generale dei carmelitani scalzi. Cfr. anche la serie di conferenze raccolte in La donna, Citta' Nuova; e la raccolta di lettere La scelta di Dio, Citta' Nuova, Roma 1974, poi Mondadori, Milano 1997. Opere su Edith Stein: per un sintetico profilo cfr. l'"invito alla lettura" di Angela Ales Bello, Edith Stein, Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo 1999 (il volumetto contiene un breve profilo, un'antologia di testi, una utile bibliografia di riferimento). Lavori sul pensiero della Stein: Carla Bettinelli, Il pensiero di Edith Stein, Vita e Pensiero, Milano 1976; Luciana Vigone, Introduzione al pensiero filosofico di Edith Stein, Citta' Nuova, Roma 1991; Angela Ales Bello, Edith Stein. La passione per la verita', Edizioni Messaggero di Padova, 1998, 2003; Angela Ales Bello, Edith Stein. Patrona d'Europa, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2000. Per la biografia: Edith Stein, Storia di una famiglia ebrea, Citta' Nuova, Roma 1994, 1999; Elio Costantini, Edith Stein. Profilo di una vita vissuta nella ricerca della verita', Libreria Editrice Vaticana, Citta' del Vaticano 1987, 1998; Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000]

 

Il risultato della nostra discussione e' questo: la controversia sollevata e' stata mal posta e percio' nessuna risposta su questo terreno poteva esser giusta.

 

3. MAESTRE. SIMONE WEIL: NON C'E' AMICIZIA NELLA DISUGUAGLIANZA

[Da Simone Weil, Attesa di Dio, Rusconi, Milano 1972, 1996, p. 159.

Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano 1981, 1990; Eadem, Simone Weil. Una donna assoluta, La Tartaruga edizioni, Milano 1991, 2009; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Eadem, Simone Weil. Un'intima estraneita', Citta' Aperta, Troina (Enna) 2006; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]

 

Quando qualcuno desidera o accetta di subordinarsi a un essere umano non c'e' piu' traccia di amicizia. Il Pilade di Racine non e' l'amico di Oreste. Non c'e' amicizia nella disuguaglianza.

 

4. LIBRI. PAOLA ZARETTI PRESENTA "INVIDIA. LA PASSIONE TRISTE" DI ELENA PULCINI

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione dal titolo "Invidia e ingratitudine".

Paola Zaretti e' coordinatrice e presidente di "Oikos-bios. Centro filosofico di psicanalisi antiviolenza" ed autrice di vari saggi: Cfr. il suo sito paolazaretti.com

Elena Pulcini e' professore ordinario di Filosofia sociale presso il Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Firenze. Ha conseguito il titolo di Nouveau Doctorat nel giugno 1991 presso l'Universita' di Paris III - Sorbonne Nouvelle di Parigi. La sua ricerca verte su temi di antropologia filosofica e di filosofia sociale e politica. Al centro dei suoi interessi e' il tema delle passioni nell'ambito della teoria dell'individualismo moderno e delle forme del legame sociale, con un'attenzione anche al problema della soggettivita' femminile. Su questi temi ha tenuto varie comunicazioni a convegni nazionali e internazionali (Universite' libre di Bruxelles, Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, Universite' de Paris 8, Istituto Universitario Europeo di Firenze, Institute of Philosophy - Czech Academy of Sciences di Praga, Institut fur die Wissenschaften vom Menschen di Vienna; Festival internazionale di filosofia di Modena, Universita' Puc e Unisinos del Brasile, Humboldt Universitat di Berlino, ecc.). Tra i suoi lavori: La famiglia al crepuscolo, Editori Riuniti, Roma 1987; Teorie delle passioni (a cura di), Kluwer, Dordrecht-Bologna 1989;  Amour-passion e amore coniugale. Rousseau e l'origine di un conflitto moderno, Venezia, Marsilio 1990 (traduzione francese presso Champion-Slatkine, Parigi 1998); (a cura di, con P. Messeri), Immagini dell'impensabile. Ricerche interdisciplinari sulla guerra nucleare, Marietti, Genova 1991. Ha pubblicato numerosi saggi su riviste nazionali e internazionali e in volumi collettanei. Ha curato opere di Jean-Jacques Rousseau e Georges Bataille. Tra le sue pubblicazioni piu' recenti: L'individuo senza passioni. Individualismo moderno e perdita del legame sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2001, ristampa 2005 ("menzione speciale" al Premio Internazionale di filosofia Salvatore Valitutti; "menzione speciale" al Premio Internazionale di filosofia Viaggio a Siracusa), la traduzione tedesca e' stata pubblicata presso l'editore Diaphanes, Berlino 2004; Sulla teoria del soggetto femminile ha pubblicato, oltre a numerosi saggi, il volume Il potere di unire. Femminile, desiderio, cura, Bollati Boringhieri, Torino 2003. E' inoltre co-autrice (con E. Skaerbaek, D. Duhacek, M. Richter) del libro Common Passion, Different Voices. Reflections on Citizenship and Intersubjectivity, Raw Nerve Books, York 2006; e del libro Teaching Subjectivity. Travelling Selves for Feminist Pedagogy, Athena, Utrecht University 2009 (pubblicato nell'ambito delle attivita' del gruppo "Travelling Concepts", afferente al network europeo di Gender Studies "Athena"). Le sue ricerche vertono di recente sulle trasformazioni dell'identita' e del legame sociale in eta' globale. Su questi temi ha curato (con Dimitri D'Andrea) il volume collettivo Filosofie della globalizzazione, Ets, Pisa 2001; e (con Mariapaola Fimiani e Vanna Gessa Kurotschka) il volume Umano post-umano. Potere, sapere, etica nell'eta' globale, Editori Riuniti, Roma 2004. Il suo recente libro: La cura del mondo. Paura e responsabilita' in eta' globale, Bollati Boringhieri, Torino 2009, ha ricevuto il I Premio di Filosofia "Viaggio a Siracusa", e' inoltre prevista la traduzione inglese presso l'editore Springer. Il suo piu' recente libro e' Invidia. La passione triste, Il Mulino, Bologna 2011. E' membro del Comitato di consulenza della rivista "Iride" (Il Mulino) e del Comitato scientifico della rivista "Iris" (Florence University Press); fa parte del Comitato scientifico di varie riviste tra cui "La societa' degli individui" (Angeli), "Quaderno di comunicazione" (Meltemi), "Politica & societa'" (Carocci). E' stata membro, per l'Universita' di Firenze, del progetto europeo "Athena" (European Thematic Network Project for Women's Studies Athena) diretto da Rosi Braidotti (Universita' di Utrecht). Ha fatto parte (per due mandati consecutivi) della Giunta direttiva della Societa' Italiana di Filosofia Politica (Sifp).

Gabriella Turnaturi e' docente di Sociologia al Dipartimento di Scienza della comunicazione dell'Universita' di Bologna; ha scritto vari saggi sulla vita quotidiana e la sociologia delle emozioni. Tra le opere di Gabriella Turnaturi: (a cura di), Marginalita' e classi sociali, Savelli, Roma 1976; Gente per bene. Cent'anni di buone maniere, Sugarco, Milano 1988; Associati per amore. L'etica degli affetti e delle relazioni quotidiane, Feltrinelli, Milano 1991; Flirt, seduzione, amore. Simmel e le emozioni, Anabasi, Milano 1994; (a cura di), La sociologia delle emozioni, Anabasi, Milano 1995; Tradimenti. L'imprevedibilita' nelle relazioni umane, Feltrinelli, Milano 2000, 2006 (tradotto in Giappone e negli Stati Uniti per la Chicago University Press); Immaginazione sociologica e immaginazione letteraria, Laterza, Roma-Bari 2003, 2007; Signore e signori d'Italia, Feltrinelli, Milano 2011. Cfr. anche i materiali nelle pagine web a lei dedicate nel sito dell'Universita' di Bologna: www.unibo.it/SitoWebDocente/default.htm?UPN=gabriella.turnaturi%40unibo.it

Melanie Klein, illustre psicoanalista (Vienna 1882 - Londra, 1960). Opere di Melanie Klein: Scritti (1921-1958), Boringhieri, Torino 1978; La psicoanalisi dei bambini, Martinelli, Firenze 1970; Nuove vie della psicoanalisi, Il Saggiatore, Milano 1982; Il nostro mondo adulto ed altri saggi, Martinelli, Firenze 1972; Invidia e gratitudine, Martinelli, Firenze 1969; Analisi di un bambino, Boringhieri, Torino 1961. Opere su Melanie Klein: Hanna Segal, Introduzione all'opera di Melanie Klein, Martinelli, Firenze 1968; Hanna Segal, Melanie Klein, Bollati Boringhieri, Torino 1981, 1994; Julia Kristeva, Melanie Klein, Donzelli, Roma 2006; Franco Fornari (a cura di), Fantasmi, gioco e societa', Il Saggiatore, Milano 1976.

Julia Kristeva e' nata a Sofia in Bulgaria nel 1941, si trasferisce a Parigi nel 1965; studi di linguistica con Benveniste; intensa collaborazione con Sollers e la rivista "Tel Quel"; impegnata nel movimento delle donne, psicoanalista, ha dedicato una particolare attenzione alla pratica della scrittura ed alla figura della madre; e' docente all'Universita'  di Paris VII. Opere di Julia Kristeva: tra quelle tradotte in italiano segnaliamo particolarmente: Semeiotike', Feltrinelli, Milano; Donne cinesi, Feltrinelli, Milano; La rivoluzione del linguaggio poetico, Marsilio, Venezia; In principio era l'amore, Il Mulino, Bologna; Sole nero, Feltrinelli, Milano; Stranieri a se stessi, Feltrinelli, Milano; I samurai, Einaudi, Torino; Colette, Donzelli, Roma; Hannah Arendt. La vita, le parole, Donzelli, Roma; Melanie Klein, Donzelli, Roma; Il bisogno di credere, Donzelli, Roma; Teresa mon amour, Donzelli, Roma. In francese: presso Seuil: Semeiotike', 1969, 1978; La revolution du langage poetique, 1974, 1985; (AA. VV.), La traversee des signes, 1975; Polylogue, 1977; (AA. VV.), Folle verite', 1979; Pouvoirs de l'horreur, 1980, 1983; Le langage, cet inconnu, 1969, 1981; presso Fayard: Etrangers a nous-memes, 1988; Les samourais, 1990; Le vieil homme et les loups, 1991; Les nouvelles maladies de l'ame, 1993; Possessions, 1996; Sens et non-sens de la revolte, 1996; La revolte intime, 1997; presso Gallimard, Soleil noir, 1987; Le temps sensible, 1994; presso Denoel: Histoires d'amour, 1983; presso Mouton, Le texte du roman, 1970; presso le Editions des femmes, Des Chinoises, 1974; presso Hachette: Au commencement etait l'amour, 1985. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Julia Kristeva e' nata il 24 giugno 1941 a Silven, Bulgaria. Nel 1963 si diploma in filologia romanza all'Universita' di Sofia, Bulgaria. Nel 1964 prepara un dottorato in letteratura comparata all'Accademia delle Scienze di Sofia; nel 1965 ottiene una borsa di studio nel quadro di accordi franco-bulgari e dopo il 1965 prosegue gli studi e il lavoro di ricerca in Francia all'Ecole Pratique des Hautes Etudes. Nel 1968 consegue il dottorato sotto la direzione di Lucien Goldmann (con Roland Barthes e J. Dubois). Sempre nel 1968 e' eletta segretario generale dell'Association internationale de semiologie ed entra nel comitato di redazione del suo organo, la rivista 'Semiotica'. Nel 1973 consegue il dottorato di stato in lettere sotto la direzione di J. C. Chevalier. Dal 1967 al 1973 e' ricercatrice al Cnrs di linguistica e letteratura francese, al Laboratoire d'anthropologie sociale, al College de France e all'Ecole des Hautes Etudes en sciences sociales. Nel 1972 tiene un corso di linguistica e semiologia all'Ufr di Letteratura, scienze dei testi e documenti dell'Universita' Paris VII 'Denis Diderot'. E' nominata direttore del Dea di Etudes Litteraires. Nel 1974 viene eletta Permanent visiting professor al Dipartimento di letteratura francese della Columbia University, New York. Nel 1988 e' responsabile del Draps (Diplome de recherches approfondies en psycopathologie et semiologie). Nel 1992 e' nominata direttore della Scuola di dottorato "Langues, litteratures et civilisations, recherches transculturelles: monde anglophone - monde francophone", all'Universita' di Paris VII 'Denis Diderot' e Permanent Visiting Professor al Dipartimento di Letteratura comparata dell'Universita' di Toronto, Canada. Nel 1993 e' nominata membro del comitato scientifico, che affianca il ministro dell'educazione nazionale. Attualmente e' professoressa all'Universita' Paris VII 'Denis Diderot'. Dal 1978 dopo una psicoanalisi personale e una analisi didattica presso l'Institut de psychanalyse, esercita come psicoanalista. Gli interessi scientifici di Julia Kristeva vanno dalla linguistica alla semiologia, alla psicoanalisi, alla letteratura del XIX secolo. Esponente di spicco della corrente strutturalista francese e in particolare del gruppo di 'Tel Quel', che ha sviluppato in Francia le ricerche iniziate dai formalisti russi negli anni Venti e continuate dal Circolo linguistico di Praga e da Jakobson, Julia Kristeva ritiene che la semiotica sia la scienza pilota nel campo delle cosiddette 'scienze umane'. Pervenuta oggi a un'estrema formalizzazione, in cui la nozione stessa di segno si dissolve, la semiotica si deve rivolgere alla psicoanalisi per rimettere in questione il soggetto senza di cui la lingua come sistema formale non si realizza nell'atto di parola, indagare la diversita' dei modi della significazione e le loro trasformazioni storiche, e costituirsi infine come teoria generale della significazione, intesa non come semplice estensione del modello linguistico allo studio di ogni oggetto fornito di senso, ma come una critica del concetto stesso di semiosi. Opere di Julia Kristeva: Semeiotike'. Recherches pour une semanalyse, Seuil, Paris 1969; Le texte du roman, Mouton, La Haye 197l; La revolution du language poetique. L'avant-garde a' la fin du XIX siecle: Lautreamont et Mallarme', Seuil, Paris 1974; Des chinoises, Editions des femmes, Paris l974; Polylogue, Seuil, Paris 1977; Pouvoirs de l'horreur. Essai sur l'abjection, Seuil, Paris 1980; Le language, cet inconnu. Une initiation a' la linguistique, Seuil, Paris 198l; Soleil noir. Depression et melancolie, Gallimard, Paris 1987; Les Samourais, Fayard, Paris 1990; Le temps sensible. Proust et l'experience litteraire, Gallimard, Paris l994. Numerosi articoli di Julia Kristeva sono apparsi sulle riviste 'Tel Quel', 'Languages', 'Critique', 'L'Infini', 'Revue francaise de psychanalyse', 'Partisan Review', 'Critical Inquiry' e molte altre. Tra le opere della Kristeva tradotte in italiano, ricordiamo: Semeiotike'. Ricerche per una semanalisi, Feltrinelli, Milano 1978; La rivoluzione del linguaggio poetico, Marsilio, Venezia 1979; Storia d'amore, Editori Riuniti, Roma 1985; Sole nero. Depressione e melanconia, Feltrinelli, Milano 1986; In principio era l'amore. Psicoanalisi e fede, Il Mulino, Bologna 1987; Stranieri a se stessi, Feltrinelli, Milano; Poteri dell'orrore, Spirali/Vel, Venezia; I samurai, Einaudi, Torino 1991; La donna decapitata, Sellerio, Palermo 1997".

Carla Lonzi e' stata un'acutissima intellettuale femminista, nata a Firenze nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica d'arte, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi: Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978; Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1985. Opere su Carla Lonzi: Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990. Vari testi di e su Carla Lonzi sono ripetutamente apparsi su "La nonviolenza e' in cammino" (segnaliamo almeno i recenti "Telegrammi della nonviolenza in cammino", nn. 385, 478-479; "Nonviolenza. Femminile plurale", nn. 300, 304; degli anni precedenti cfr. anche almeno "Voci e volti della nonviolenza", n. 80; "La nonviolenza e' in cammino", n. 888...).

Giovanna Providenti (Messina, 1965) e' ricercatrice nel campo dei peace studies e women's and gender studies, saggista, si occupa di nonviolenza, studi sulla pace e di genere, con particolare attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due figli. Collabora alle attivita' del Centro studi Montessori e partecipa al Circolo Bateson di Roma. Scrive per la rivista "Noi donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e il volume La nonviolenza delle donne, "Quaderni satyagraha", Firenze-Pisa 2006; ha pubblicato numerosi saggi su rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale, democrazia e nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45, dicembre 2004; Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul femminile nella formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in formazione. Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005; L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004; il suo libro piu' recente e': La porta e' aperta. Vita di Goliarda Sapienza. Scrive anche racconti, di cui alcuni pubblicati sulla rivista "Marea"; sta preparando un libro dal titolo Donne per, sulle figure di Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria Montessori. Si veda anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 399. Dal sito dell'"Enciclopedia delle donne" riproduciamo anche la seguente breve scheda: "Giovanna Providenti e' autrice di La porta e' aperta. Vita di Goliarda Sapienza (premio Calvino 2009, Villaggio Maori Edizioni, 2010). Si e' laureata in lettere e filosofia a Milano e dottorata in Dottrine politiche e questione femminile all'Universita' Roma Tre. Ha collaborato per anni al mensile "Noidonne" e al master in gender studies di Roma. Oggi si occupa di processi di cura, di scienze della salute e di cultura della nonviolenza. Ha pubblicato racconti e numerosi saggi in riviste e libri e curato due volumi: La nonviolenza delle donne (Lef, 2006) e Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le differenze (Franco Angeli, 2003)"]

 

Elena Pulcini, Invidia. La passione triste, Il Mulino, Bologna 2011, pp. 188, euro 15.

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"... L'invidia femminile e' pervasiva e onnipresente, coglie ogni pretesto per posare sull'altra il proprio sguardo maligno, e tende a moltiplicarsi, riconfermando la sua sostanziale indifferenza all'oggetto, e finendo per investire non solo quella singola donna, ma le donne in generale (...). E allora? Che ne e' delle conquiste del femminismo e di quella solidarieta' in cui abbiamo intensamente creduto? (...). Il potere e' ancora il nostro spettro da esorcizzare. E' cio' che fortemente vorremmo (perche' non l'abbiamo mai avuto!), ma e' anche cio' che ci fa sentire in colpa e che non riusciamo mai completamente ad assolvere e legittimare. Cosicche' finiamo vittime di una schizofrenia tra identificazione e mimesi al maschile da un lato e negazione e rifiuto del potere dall'altro" (Pulcini).

Ecco descritto, nelle ultime righe, l'Impossibile della condizione femminile all'interno di un simbolico pensato e strutturato a misura d'uomo. Il passo è tratto dal libro Invidia. La passione triste di Elena Pulcini, di recente pubblicazione in cui l'Impossibile della condizione descritta evoca la dimensione del Tragico.

Benche' l'autrice non faccia sconti all'invidia delle donne: "Non sono dunque gli uomini i veri oggetti dell'invidia femminile, il cui bersaglio e' piuttosto rappresentato dalle altre donne. La condizione di impotenza e di subalternita' all'egemonia maschile si e' tradotta in una sorda rivalita' reciproca, spingendo le donne a farsi subdolamente la guerra tra loro...".

I toni si vanno via via smorzando per far largo a un'indulgenza che vede nell'empatia e nella solidarieta' femminile "il piu' potente antidoto all'invidia". Con analogo procedimento, l'ammissione che lo stereotipo dell'invidia fra donne contenga un po' di verita', viene mitigata da cio' che lo stereotipo non dice: l'invidia delle donne non e' un dato di natura ma l'effetto di una costrizione indotta da uno stato di subalternita' e di esclusione da un ordine simbolico di cui pure sono parte.

Niente a che fare, dunque - ma c'e' forse ancora chi ne dubita? -, con "l'invidia del pene" di freudiana memoria.

Il conflitto e l'ambivalenza delle donne fra desiderio di potere e rifiuto di un potere vissuto come "colpa" - cui allude Pulcini nel suo libro - e' un nodo centrale a proposito del quale sorge spontanea la domanda: che rapporto c'e' fra il desiderio di potere e la colpa? Perche' le donne desiderose di potere dovrebbero sentirsi in colpa se il potere non e' - lo sapeva Arendt - necessariamente un male?

Cio' che nel desiderio di potere viene spesso vissuto dalle donne come "colpevole", ha a che fare con un "furto simbolico" - del tutto immaginario - che verrebbe messo in atto. Si tratta, infatti, per coloro che vi ambiscono, di autorizzarsi a occupare un "posto" (di potere) dentro un ordinamento simbolico rigorosamente maschio, di "proprieta'" dell'uomo, che pone le donne in una posizione di illegittimita' e di usurpazione: l'appropriazione - indebita - di un diritto di appartenenza a un ordine simbolico cui non si appartiene, cui non c'e' "diritto di cittadinanza", finisce per assumere i contorni fantasmatici di una trasgressione, di qualcosa dell'ordine di un "reato".

Questo diritto, questo desiderio delle donne di occupare posti di potere, si configura dunque, proprio in quanto illegittimo e illegittimabile, come un atto di hybris, la cui colpa si paga a caro prezzo: un' identificazione-mimesi-omologazione al maschile e una condizione di alienazione rigorosamente imposte dalla struttura di un ordinamento in cui la loro presenza non e' contemplata.

Non ci siamo allontanate dal tema dell'invidia. Al contrario, il nodo donne-simbolico appena evidenziato, ci permette di individuare la radice prima, simbolica, da cui nasce il sentimento di invidia nelle donne e ci suggerisce di metterlo in relazione al concetto di Giustizia su cui Pulcini ha delle buone ragioni per soffermarsi.

C'e' tuttavia un'invidia letale, primigenia, riguardante il legame madre-figlia che nonostante il contributo di Melanie Klein (Invidia e gratitudine) - decisamente contraria all'ipotesi di un legame idilliaco fra donne di cui accentuava l'ambivalenza - resta ancora, secondo Pulcini, il "grande impensato della psicanalisi", "il nodo irrisolto di cui e' necessario sondare ambivalenze e complessita'". E, in effetti, cosi' e'.

Ne troviamo traccia nel noto mito di Demetra e Core in cui la necessita' di una separazione fra madre e figlia viene incarnata da Ade benche', secondo l'autrice di Invidia, la funzione terza di Ade nel mito e del Padre nella psicanalisi, non sia affatto indispensabile come vogliono, rispettivamente, mito e psicanalisi, il cui scenario edipico non fa che riconfermare l'"ennesima epifania di un ordine patriarcale che spezza il legame irrompendo con la brutalita' del dominatore".

Ebbene, proprio nella complessita' del legame preedipico madre-figlia - evidenziato da Freud quando definiva l'amore della bimba per il padre un "surrogato" dell'amore materno - vanno ricercate le ragioni profonde delle asperita' e delle lacerazioni che tanto spesso caratterizzano i rapporti tra donne. La via indicata per un loro possibile superamento e' la via dell'elaborazione della relazione con la propria madre, la sola davvero in grado di modificare e trasformare i rapporti fra donna e donna: "E' innegabile, tuttavia, che in questa relazione e nella capacita' di elaborarla, tenendo insieme appartenenza e distanza, si gioca la possibilita' di gestire e controllare l'invidia nel corso della vita, ogni volta che siamo chiamate a confrontarci con un'altra donna".

Appartenenza e Distanza, Unita' e Differenza, ecco cio' che occorre tenere insieme. Ma che cosa si intende con il termine "elaborazione"? Si tratta forse dell'acquisizione, da parte delle donne, di nuove "consapevolezze" riguardanti il legame con la propria madre? La parola consapevolezza entrata, assieme ad altre, nel linguaggio consueto, non e', come si crede, il rimedio a tutti i mali. Non basta, lo sanno gli "esperti" dell'inconscio, trasformare in conscio cio' che e' inconscio, anche se sarebbe azzardato concludere che fra essere consapevoli di qualcosa che ci riguarda e non esserlo non vi sia alcuna differenza.

Certo e' che accettare l'idea che l'invidia, questa "passione triste", ci abiti, nostro malgrado e a nostra insaputa, e' assai difficile ed e' proprio questa difficolta'-resistenza a fare dell'invidia il vizio capitale piu' indicibile, inconfessabile a se stessi/e prima che ad altri/e. Le ragioni di questa indicibilita' non vanno tuttavia imputate a un sentimento, comprensibile, di vergogna ma al narcisismo dell'invidioso/a, legato a doppio filo con l'invidia: un narcisista che fosse in grado di confessare la propria invidia o qualsiasi altra debolezza, cesserebbe immediatamente di essere tale per la semplice ragione che il narcisismo e l'onnipotenza di cui si nutre sono - diversamente da quanto solitamente si crede - l'armatura fabbricata dal soggetto per oscurare un deficit, una fragilita' di fondo che gli appare  intollerabile.

Ma il narcisismo e' davvero, come sosteneva Freud, una caratteristica della donna?

Alla passione "primordiale" dell'invidia e' dedicato il libro di Pulcini che grazie a una vasta e ricca panoramica sul pensiero e sulle opere di filosofi, teologi, pittori e scrittori insigni che si sono cimentati sul tema dell'Invidia - da Omero a Nietzsche, a Scheler, a Simmel, a Zizek, a Kant, ad Agostino, a Tommaso, a Bosch, a Giotto, a Melville, a Spark e a tanti altri - riesce nella impresa, non facile, di volare alto, al di sopra delle banalita' e dello stereotipo che, attraversando epoche, culture e civilta', ha sempre considerato l'invidia una passione squisitamente femmina.

I Greci, a ricordarcelo e' l'autrice, con questo peccato capitale, con questo "vizio senza piacere" tanto piu' letale e distruttivo quanto piu' silenzioso e invisibile - benche' a primeggiare nell'invidia sia proprio lo sguardo - avevano imparato a riconoscerlo e persino a trovare delle strategie di contrasto - senza rimozioni, senza sconti, senza ritorni del rimosso. Avevano imparato, insomma, a usare quella "strategia omeopatica" che consiste nel "combattere le passioni con le passioni", un'ottima indicazione "clinico-terapeutica" per curare l'incurabile: le passioni,  infatti, non possono-non devono essere "curate" - se non nel senso che bisogna averne la massima cura.

Quel che piu' interessa, fra suggestioni, pieghe, risvolti e tornanti degli argomenti affrontati nel libro, e' la sottolineatura, a piu' riprese, dell'aspetto universale, relazionale, sociale, economico e politico dell'invidia e della sua perfida azione silente - "Se il serpente morde senza sibilo (...) l'incantatore non ha rimedio", ricorda Pulcini riportando un detto del monaco Giovanni Cassiano (p. 9) - che rende cosi' difficile, per chi ne e' colpito, una reazione che sia qualcosa di piu' e di diverso da una "strategia difensiva".

Si tratta, per la precisione, di una particolare strategia messa in atto dall'invidiato/a, costretto/a, per proteggersi dall'invidia, a ricorrere al sacrificio, alla minimizzazione e svalutazione dei suoi successi oggetto d'invidia e, come non bastasse, a una serie di misure di carattere affettivo allo scopo di contenere e placare la furia distruttiva dell'invidioso/a (Turnaturi).

All'acuta descrizione di Turnaturi in Parola di donna, si puo' solo aggiungere, in sovrappiu', che l'esito, davvero estremo, di questa "strategia difensiva" adottata dall'invidiato/a, supera il livello di guardia, ogni qualvolta ci si trovi nell'incredibile-assurda condizione di dover chiedere perdono all'altro/a per cio' che si e', come se essere quel che si e' - quale che ne sia il valore ontologico reale o quello di volta in volta assegnato dall'altrui immaginario - fosse una colpa e/o un crimine da farsi perdonare.

Eppure, per quanto possa sembrare eccessivo, di questo, proprio di questo, si tratta: per l'invidioso/a, tormentato da una corrente alterna di ressentiment e di adulazione riparativa, a dover essere eliminata e' proprio l'esistenza, colpevole, dell'altro: "Tutto posso perdonarti, non pero' il fatto che ci sei, non il fatto che io non sono cio' che tu sei, anzi che io non sono te".

Ecco descritta, come meglio non si potrebbe, la pulsione assassina e la "gioia maligna" che governa qualsiasi processo di identificazione, ma ecco anche farsi avanti, prepotente, l'esigenza ineludibile di indagare a fondo il legame fra invidia e pulsione di morte. Ne ho trovato conferma nel pensiero di Julia Kristeva che nel suo libro su Melanie Klein, Melanie Klein. La madre, la follia - una delle tre figure femminili che assieme ad Arendt e a Colette compare nella sua trilogia dedicata al genio femminile nel XX secolo - considera "la violenza dell'invidia come la versione piu' esplicita della pulsione di morte": "Pur derivando dall'amore e dall'ammirazione primitivi, l'invidia si differenzia dall'avidita' per la minore presenza dell'Eros: e' la pulsione di morte a sopraffarla".

In effetti, nulla e' piu' insidioso e temibile dell'amore e dell'altrui ammirazione messi insieme. A integrazione del quadro solo un'aggiunta: l'invidiato/a deve guardarsi bene dalla trappola di far trapelare all'altro/a, anche solo vagamente, la percezione di sentirsi bersaglio della sua invidia: non c'e' arma, per l'invidioso, piu' formidabile di questa per riversare sulla "vittima" un sovrappiu' di umiliazione rovesciando e proiettando su di lui/lei la propria onnipotenza. Per essere o sentirsi invidiato/a bisogna ritenersi, infatti, invidiabile: "Chi ti credi di essere per pensare che qualcuno possa invidiarti?".

Ma c'e' un ulteriore passaggio in cui, nel giuoco mortale del "o tu o io", l'odio e il rancore dell'invidioso, mai soddisfatti, virano nella calunnia attraverso l'uso di un terzo che assumera' in tutta la faccenda una funzione determinante: "L'invidia attiva (...) ha bisogno di testimoni: ha bisogno di un terzo giudicante a cui si chiede, indirettamente, di diventare complice della propria valutazione, perche' e' solo attraverso la complicita' e il consenso di un terzo che si ristabilisce la distanza fra se' e l'altro.

Penso che a spingerci alla lettura di certi libri piuttosto che di altri non siano solo delle pure casualita' ma la nostra storia, le tappe di un iter personale, la collocazione e l'esperienza all'interno di quell'iter, il flusso di pensieri che in determinati momenti si agitano e ci agitano, orientandoci nella lettura di quel libro che, piu' di altri, ci invita e ci sollecita a proseguire nella ricerca in cui siamo impegnate.

Stavo giusto scrivendo e ripensando alla storia del femminismo, mi stavo giusto interrogando sull'origine delle pulsioni distruttive e sulle lacerazioni avvenute all'interno dei gruppi negli anni '70, sulle profonde ragioni del passaggio di molte donne dalla pratica dell'autocoscienza alla pratica psicanalitica (v. Se "Femminista non si puo' dire" psicanalista femminile si puo'?) e sugli esiti di una riduttiva e malintesa idea di Differenza all'interno dei gruppi (v. Quando la differenza indossa l'uni-forme), quando mi e' capitato d'incrociare le riflessioni sull'Invidia di Gabriella Turnaturi e di Elena Pulcini.

Due occasioni per tastare meglio il peso e l' incidenza che questa passione "obliqua" potrebbe avere avuto sull'inasprimento dei conflitti presenti all'interno dei gruppi femministi degli anni '70 in cui a favorire un terreno fertile alla coltura dell'invidia erano proprio "prossimita'", "somiglianza" e "sorellanza", "identita'", concetti che, in un'ottica di valorizzazione dell'"appartenenza", potrebbero aver annullato quella distanza feconda su cui l'arte di coniugare prossimita' e distanza si fonda.

In mancanza di motivi convincenti per credere che l'Invidia rinunci al suo lavoro di mietitura anche all'interno dei gruppi di donne attualmente esistenti, se e' vero che in ogni incontro di una donna con l'altra si riaccendono la passione del legame madre-figlia e il dolore per la rinuncia al primo oggetto d'amore appartenente al proprio stesso sesso a favore di un oggetto di sesso diverso -  in forza di una eterosessualita' normata -, questo incontro sara' fatale finche' il lutto per questa perdita non sara' stato attraversato, finche' la Differenza insistera' ad essere pensata, tematizzata e teorizzata quasi esclusivamente in relazione al genere maschile.

"L'oggetto del desiderio di una donna - scrive Kristeva - rimane, tutto sommato, l'altra donna, anche dietro il velo dell'eterosessualita' - ecco quello che afferma Melanie Klein con piu' energia e convinzione di quanto non facciano altri discepoli o detrattori di Freud".

Niente di piu' vero e confermato non solo dal lavoro con le donne ma dalla semplice osservazione.

Eppure non e' facile seguire Kristeva quando si chiede, nel suo libro, se l'invidia tra donne, che nasce nel modo qui descritto da Klein, sia davvero analizzabile: "L'invidia assumera' in seguito forme nella quali (...) non e' piu' concentrata sul seno, ma sulla madre che riceve il pene del padre, che ha dentro di se' i figli, che da' loro la luce ed e' in grado di nutrirli (...). In particolare la creativita' e' oggetto di questi attacchi" (M. Klein, cit. da J. Kristeva in Melanie Klein, La madre, la follia).

La risposta ci lascia col fiato sospeso perche', se cio' non fosse possibile, questo inanalizzabile costituirebbe, come si vede, il piu' grande ostacolo allo sviluppo della creativita': "bisogna staccarsi dalla madre per pensare" - scrive Kristeva. E il salto che garantisce della riuscita e' possibile attraverso il passaggio dalla posizione schizo-paranoide (mamma-seno) alla posizione depressiva e al suo superamento: "La creazione del pensiero, e poi l'esercizio di una liberta' sovrana, che fara' forse nascere un'opera di genio, testimoniano una fantasia riuscita di matricidio".

Come? La "forza creativa" delle donne sarebbe dunque oggetto d'invidia anche per le donne?

Klein non e' una pensatrice facile: e' la creatrice moderna del mito della dea-madre. L'invidia per la madre e l'incoraggiamento al matricidio ha dato modo a femministe, detrattori e detrattrici di questa analista di dire la loro.

Quanto a me, continuo ad avere alcune perplessita' sia sulla teoria kleiniana - soprattutto se confrontata con la teoria davvero rivoluzionaria di Irigaray dalla quale Klein mi sembra piuttosto distante - sia sulla lettura decisamente esaltante che ne da' Kristeva il cui giudizio sul femminismo nonostante alcune condivisibili ragioni, resta alquanto pesante: "Sono contro il femminismo che ha finito per ignorare la liberta' individuale", e' quanto dichiarato durante un' intervista: "Tutti  i movimenti profetici nati dopo la crisi delle religioni, si sono illusi di realizzare il paradiso in terra, ponendosi in un'ottica collettiva. Anche le femministe. Ma volendo liberare un gruppo umano nella sua totalita', si finisce per ignorare la liberta' individuale. Come gia' le rivoluzioni passate, anche il movimento femminista ha dimenticato che la liberta' si declina sempre al singolare. Per me e' una questione essenziale (...). Occorre sempre rispettare la specificita', i desideri e la creativita' d'ogni individuo. Anche il femminismo deve tenere conto della singolarita', altrimenti rischia di degenerare in un altro totalitarismo" (Libreria delle donne, Il genio delle donne, Intervista a Julia Kristeva).

La liberta' si declina al singolare, certo, ma non siamo di fronte, ancora una volta, alla visione dicotomica di sempre? Non si tratta di individuale o collettivo, di individualismo o totalitarismo ma di Singolare Plurale come titola un libro di Jean-Luc Nancy in cui viene riportato in una nota quanto segue: "Tra il 'noi tutti' dell'universalismo astratto e l''io me' dell'individualismo miserabile, c'e' il 'noi altri' di Nietzsche, un pensiero del caso singolare che mette fuori giuoco la contrapposizione tra il particolare e l' universale" (F. Warin).

E se e' vero che il rischio del femminismo e' il totalitarismo - e diciamo pure che in alcune realta' italiane i segni non mancano - non e' meno vero che il setting psicanalitico e' il piu' pericoloso incentivo allo sviluppo e alla formazione di un individualismo onnipotente e miserabile, di casta, totalmente avulso da legami sociali e indifferente alla sfera della politica. Non e' forse un caso che, a proposito di Kristeva, Carla Lonzi abbia scritto cosi nel suo diario del 12 settembre 1975: "Naturalmente l'impostazione della Kristeva mi ha messo in moto tutto un lavorio mentale. Vorrei incontrarla, parlare con lei. Mi chiedo se si aprirebbe con me. Dove non le credo e' in una capacita' di godimento diversa dalla mia. Anzi mi sembra una che passa la sua vita a 'capire' e a 'studiare' molto piu' di me. Se quella non e' trascendenza...".

Lonzi le scrivera' una lettera che non spedira' mai ma il cui contenuto tornera' alla memoria di Giovanna Providenti, il 21 marzo 2006, molti anni dopo la sua morte, durante l'incontro per il premio "Amelia Rosselli" vinto dall'editore Donzelli per avere pubblicato la trilogia di Kristeva: "Stava gia' parlando l'assessora Mariella Gramaglia, quando i flash impazziti dei fotografi hanno annunciato che Julia Kristeva era arrivata in ritardo (...) e la mia vicina, quasi parlando con se stessa, mi sussurra: 'chissa' lei com'e' poi... voglio dire... veramente'. Ed e' da questo punto in poi che, ricordandomi la lettera che Carla Lonzi scriveva a Julia Kristeva nel 1975 (...) la mia mente ha fatto entrare in campo anche lei, la 'fondatrice' del femminismo italiano morta nel 1982, che ha trovato subito qualcosa da rispondere a chi mi sedeva accanto: 'tradimento sostanziale delle donne che si paludano nel mondo maschile'". (Libreria delle donne, maggio 2006, Piccole verita' e genio femminile).

Che sia questo il "paludamento" che avverto in Kristeva come in Klein e che non convince del tutto?

 

5. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Giova ripetere le cose che e' giusto fare.

Tra le cose sicuramente ragionevoli e buone che una persona onesta che paga le tasse in Italia puo' fare, c'e' la scelta di destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.

"Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli". Cosi' recita la "carta programmatica" del movimento fondato da Aldo Capitini.

Sostenere il Movimento Nonviolento e' un modo semplice e chiaro, esplicito e netto, per opporsi alla guerra e al razzismo, per opporsi alle stragi e alle persecuzioni.

Per destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' sufficiente apporre la propria firma nell'apposito spazio del modulo per la dichiarazione dei redditi e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione: 93100500235.

Per contattare il Movimento Nonviolento, per saperne di piu' e contribuire ad esso anche in altri modi (ad esempio aderendovi): via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

6. REPETITA IUVANT. RIFERIMENTI UTILI PER L'INFORMAZIONE SUI REFERENDUM. PER FERMARE IL NUCLEARE E PER L'ACQUA BENE COMUNE

[Riproponiamo la seguente segnalazione]

 

Segnaliamo il sito del Comitato nazionale "Vota si' per fermare il nucleare": www.fermiamoilnucleare.it

Segnaliamo il sito del Comitato referendario "2 si' per l'acqua bene comune": www.referendumacqua.it

Segnaliamo anche il sito del Forum italiano dei movimenti per l'acqua: www.acquabenecomune.org

Quattro si' ai referendum: per la legalita' e la dignita', per la democrazia ed il bene comune, per la biosfera e per l'umanita'.

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 346 del 16 maggio 2011

 

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