Telegrammi. 547



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 547 del 6 maggio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Quanto costa?

2. Mao Valpiana: Quarantunesimo giorno di digiuno nonviolento collettivo a staffetta per opporsi alla guerra e al nucleare

3. Maria G. Di Rienzo: Messaggi d'amicizia

4. Tiziana Plebani: La vera grandezza e' la pieta'

5. Annamaria Rivera: La lotta del Bene contro il Male: un'inquietante prossimita'

6. Pamela Marelli presenta "Amore e violenza" di Lea Melandri

7. Per sostenere il Movimento Nonviolento

8. Segnalazioni librarie

9. La "Carta" del Movimento Nonviolento

10. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. QUANTO COSTA?

 

Quanto costa l'illegale, criminale partecipazione italiana alla guerra afgana ed alla guerra libica?

Quanto costa in termini di esseri umani assassinati?

E quanto in termini di necessita' di cure mediche ed assistenza per feriti e mutilati?

E quanto in termini di devastazioni ambientali?

E quanto in termini di impoverimento delle popolazioni dalle distruzioni belliche provocato?

E quanto in termini di risorse materiali ed intellettuali sperperate a fini di morte, a fini di strage, a fini di male, di male abissale ed irrimediabile?

E quanto in termini di semina di odio che nuove morti, nuove stragi, nuovo male abissale ed irrimediabile generera'?

E questo riguarda l'umanita' intera.

*

Ma a voler poi restringere lo sguardo sui soli costi finanziari per il solo pubblico erario del solo nostro paese: quanto costa all'Italia di spese militari, di armamenti, di proiettili, di attrezzature, di logistica, di organizzazione e personale impiegati a fini di male, a fini di morte?

E quanto di distruzione di risorse e di inquinamento venefico?

E quanto di sottrazione di risorse pubbliche ad altre attivita', queste orientate al bene invece che al male, alla vita invece che alla morte?

Perche' anche questo occorrera' considerare.

*

Vivo in una citta' in cui l'acqua che esce dai rubinetti delle case e' avvelenata dall'enorme presenza di arsenico. Le istituzioni sostengono di non avere risorse finanziarie per dearsenificare l'acqua che arriva nelle case: so bene che non e' vero, ma sta di fatto che questa e' la risposta del Comune, della Regione, del Governo: non ci sono le risorse finanziarie. Nelle pubbliche casse non ci sono soldi per non avvelenarci; ma ci sono per ammazzare afgani e libici.

Vivo in una regione in cui l'assistenza sanitaria e' ridotta in condizioni disastrose. Sono di quelli che si batterono negli anni Settanta del secolo scorso per ottenere una riforma sanitaria che a tutte le persone riconoscesse il diritto alla salute e all'assistenza. Oggi i ladri che tutto saccheggiano della riforma sanitaria han fatto strame, e delle vite dei piu' bisognosi di aiuto; e mentre di tutto ci derubano, all'unisono ripetono l'allegro ritornello: che non ci sono soldi per il diritto alla salute, alla cura, all'assistenza. Ma ci sono per ammazzare afgani e libici.

Ed e' inutile che aggiunga che vivo in un paese in cui il governo golpista da anni sta distruggendo la scuola pubblica: e sempre la stessa intona tiritera: non ci sono soldi per il diritto allo studio (ovvero per il diritto all'interiore responsabilita' e liberta' ed alla solidarieta' che ogni essere umano congiunge all'umanita' intera: responsabilita', liberta' e solidarieta' che dell'accesso al sapere comune sono il frutto piu' prezioso). Ma ci sono per ammazzare afgani e libici.

E dunque: quanto costa l'illegale, criminale partecipazione italiana alla guerra afgana ed alla guerra libica?

*

Ma lei - obietta il volto ora rubicondo ed ora emaciato che mi fissa sorpreso e sdegnato dall'acquario televisivo e insieme ammicca ossequioso e servile al padron suo rapace e bombardiere - ma lei, caro signore, cosi' ne fa quasi una questione personale...

E' sempre una questione personale.

E' sempre una questione personale. Di persone che vengono uccise e di persone che uccidono. E di persone rese complici del'orrore, e di persone che complici delle stragi non vogliono essere.

Di questo stiamo parlando, nessuno e' fuori del sacco, nessuno e' al di sopra della mischia: chi non salva le vite le uccide, chi non si oppone alla guerra ne e' complice, chi non sceglie la nonviolenza alla violenza massacratrice si e' gia' prostituito.

 

2. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: QUARANTUNESIMO GIORNO DI DIGIUNO NONVIOLENTO COLLETTIVO A STAFFETTA PER OPPORSI ALLA GUERRA E AL NUCLEARE

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' segretario nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

La guerra e' anche menzogna, falsita', imbroglio. Si chiama propaganda di guerra, e dilaga nel Parlamento, sui giornali, amplificata da radio e televisioni.

Il nucleare e' anche menzogna, falsita', imbroglio. Si chiama propaganda nucleare, e dilaga nel Parlamento, sui giornali, amplificata da radio e televisioni.

Queste sono semplici verita', che hanno una forza in se', nel momento stesso in cui le diciamo. La nonviolenza e' forza della verita'.

Il digiuno che stiamo conducendo e' un gesto di nonviolenza attiva, e' un atto di speranza, e' un fatto concreto contro la guerra e la sua preparazione, contro il nucleare che uccide il presente e il futuro.

Sono 140 le amiche e gli amici della nonviolenza che hanno finora aderito al digiuno promosso dal Movimento Nonviolento "per opporsi alla guerra e al nucleare".

Questa iniziativa nonviolenta prosegue dal 27 marzo scorso, e nuovi aderenti hanno gia' annunciato la loro partecipazione almeno fino a domenica 22 maggio. Ma altri ancora si stanno aggiungendo, e si proseguira' oltre. Si digiuna in ogni parte d'Italia, da Trieste a Palermo, da Torino a Venezia, da Verona a Bari.

La nonviolenza e' contagiosa; abbiamo iniziato con un digiuno di 48 ore, che sta proseguendo da 41 giorni.

Chi desidera aderire al digiuno lo puo' comunicare a: azionenonviolenta at sis.it (indicare nome, cognome, citta', giorno o giorni di digiuno).

*

Di seguito l'elenco dei digiunanti aggiornato alle ore 18 del 5 maggio 2011.

Hanno finora digiunato a staffetta: Mao Valpiana (Verona), Caterina Del Torto (Ferrara - Verona), Elisabetta Pavani (Ferrara), Raffaella Mendolia (Mestre - Venezia), Lucia Grieco (Mestre - Venezia), Sergio Paronetto (Verona), Daniele Lugli (Ferrara), Maddalena Soffi (Verona), Domenico Letizia (Caserta), Alessandro Pizzi (Soriano - Viterbo), Luca Giusti (Genova), Massimiliano Pilati (Trento), Piercarlo Racca (Torino), Angela Dogliotti Marasso (Torino), Enrico Peyretti (Torino), Rocco Pompeo (Livorno), Caterina Bianciardi (Livorno), Mirella Martini (Mestre - Venezia), Vincenzo Benciolini (Verona), Gabriella Falcicchio (Bari), Albachiara Orlando e Stefano Daga (Oristano), Gavina Galleri (Cagliari), Giovanni e Graziella Ricchiardi (Torino), Mira Mondo (Condove - Torino), Claudia Pallottino (Torino), Evelina Savini (Jesi), Angela Genco (Jesi), Angela Liuzzi (Jesi), Pier Cesare Bori (Bologna), Marzia Manca (Cagliari), Tommaso Gradi (Ferrara), Laura Cappellari (Pedavena - Verona), Aurora Bedeschi (Ferrara), Marco Baleani (Gubbio), Silvana Valpiana (Verona), Claudia Capra (Brescia), Paolo Predieri (Brescia), Adriano Moratto (Brescia), Anna Zonari (Ferrara), Tiziana Valpiana (Verona), Marina Nardovino (Verona), Carmine Buro (Prato), Pier Cesare Bori (Bologna), Pietro Del Zanna (Poggibonsi), Pierpaolo Loi (Monserrato - Cagliari), Raffaele Ibba (Cagliari), Maria Erminia Satta (Tempio Pausania), Andrea Zanetti (Orvieto), Lucia Agrati (Roma), Claudia Bernacchi (Padova), Marzia Manca (Cagliari), Maria Elena Sulis (Cagliari), Ignazio Carta (Cagliari), Frate Antonio Santini (Trieste), Ettorina Rubino (Trieste), Massimiliano Brignone (Torino), Danilo Villa (Monza), Maria Grazia Misani (Monza), Stefano Panozzo (Padova - Bruxelles), Tiziana Cimolino (Trieste), Francesca Cimolino (Trieste), Arianna Salan (Verona), Beatrice Pascucci (Cesena), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Liliana Obad (Trieste), Gianfranco Aldrovandi (Guastalla), Paolo Predieri (Brescia), Pier Cesare Bori (Bologna), Giorgio Pellis (Trieste), Marzia Manca (Cagliari), Raffaele Ibba (Cagliari), Pietro Del Zanna (Poggibonsi), Marco Baleani (Gubbio), Paola, Giovanni, Benedetta Baleani (Gubbio), Alessandro Capuzzo (Trieste), Giorgio Pellis (Trieste), Anna Bellini (Ferrara), Claudia Pallottino (Torino), Massimiliano Brignone (Torino), Serena Pulcini (Trieste), Gloria Germani (San Casciano - Firenze), Teresa Piras (Iglesias), Edvino Ugolini (Trieste), Cristina Cometti (Milis - Oristano), Enrico Peyretti (Torino), Peppe Sini (Viterbo), Pasquale Dioguardi (Livorno), Mao Valpiana (Verona), Jolanda Spallitta (Alessandria), Enrico Gabbioneta (Sesto ed Uniti - Cremona), Raffaele Barbiero (Forli' - Cesena), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Anna Bellini (Ferrara), Marco Palombo (Isola d'Elba - Roma), Tiziana Cimolino (Trieste), Rosaria Totino (Trieste), Antonio Poce (Ferentino - Frosinone), Tiziana Valpiana (Verona), Alessandro Natalini (Perugia), Loretta Viscuso (Verona), Cinzia Picchioni (Torino), Raffaele Ibba (Cagliari), Teresa Gargiulo (Salerno), Liliana Obad (Trieste), Caterina Giustolisi (Firenze), Andrea Ferralasco (Genova), Paolo Predieri (Brescia), Loredana Caletti (Sesto ed Uniti - Cremona), Antonio Santini (Trieste), Luciano Ferluga (Trieste), Tonino Bisceglia (Varazze - Savona), Furio Semerari (Bari), Gabriella Falcicchio (Bari), Gianni D'Elia (Rivalta di Torino), Ettorina Rubino (Trieste), Alessio Di Florio (Casalbordino - Chieti), Andrea Salvoni (Barga - Lucca), Marzia Manca (Cagliari), Samuele Venturi (Castel San Pietro Terme - Bologna), Graziella Prendivoi (Trieste), Luca Dorizzi (Verona), Marco Palombo (Isola d'Elba - Roma), Anna Bellini (Ferrara), frate Antonio Santini (Trieste), Francesco Spagnolo (Roma), Adriano Moratto (Brescia), Francesco Montanari (provincia Pesaro-Urbino), Aldo Matzeu (Settimo San Pietro - Cagliari), Francesco Comina (Bolzano/Bozen), Pierpaolo Loi (Monserrato - Cagliari), Luca Alberghi (Faenza - Ravenna), Massimiliano Brignone (Barbania - Torino), Claudia Pallottino (Barbania - Torino), Cinzia Picchioni (Torino), Teresa Gargiulo (Castellamare di Stabia - Napoli), Giovanni Mannino (Acireale - Catania), Lorenzo Porta (Firenze), Massimiliano Pilati (Lavis - Trento), Raffaella Mendolia (Mestre - Venezia), Anna Pau (Settimo San Pietro - Cagliari), Saverio Ciarrocchi (San Benedetto del Tronto), Silvana Valpiana (Verona), Elena Buccoliero (Ferrara), Daniele Lugli (Ferrara), Maria Longhi (Vicenza), Saverio Ciarrocchi (San Benedetto del Tronto), Antonio Saulle (Trieste), Marco Iannelli (Roma), Paolo Predieri (Brescia), Franca Maria Bagnoli (Pescara), Antonio Santini (Trieste), Liliana Obad (Trieste), Maddalena Soffi (Verona), Michele Boato (Mestre), Maria Cossu (Mestre), Marzia Manca (Cagliari), Giusi Danelon (Trieste), Anna Bellini (Ferrara), Marco Palombo (Isola d'Elba - Roma), Anna Bravo (Torino), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Adalgisa Freddi (Marcheno - Brescia), Maurizio Grotta (Verona), Cinzia Picchioni (Torino), Graziella Prendivoi (Trieste), Anna Pau (Settimo San Pietro - Cagliari), Sandro Capuzzo (Trieste), Bruno Salvador (Treviso), Massimiliano Brignone (Barbania - Torino), Raffaele Ibba (Cagliari), Aldo Matzeu (Settimo San Pietro - Cagliari), Ignazio Carta (Cagliari), Maria Elena Sulis (Cagliari), Giovanni Chianchini (Chieti), Adriano Sincovich (Trieste), Daniele Taurino (Fiumicino - Roma), Tiziana Cimolino (Trieste), Pasquale Dioguardi, Rosaria Totino (Trieste), Silvana Valpiana (Verona), Marino Bergagna (Trieste), Francesco Lo Cascio (Palermo), Adriano Moratto (Brescia), Ettorina Rubino (Trieste).

Proseguono: venerdi' 6 maggio: Raffaele Ibba (Cagliari), Teresa Gargiulo (Castellamare di Stabia - Napoli), Giovanni Mannino (Acireale - Catania), Marco Baleani (Gubbio), Marco Iannelli (Roma), Marzia Manca (Cagliari), Aldo Matzeu (Settimo San Pietro - Cagliari), Anna Pau (Settimo San Pietro - Cagliari), Tiziana Cimolino (Trieste); sabato 7 maggio: Giovanni Chianchini (Chieti), Marco Iannelli (Roma), Antonio Santini (Trieste); domenica 8 maggio: Serena Pulcini (Trieste), Giovanni Baleani (Gubbio - Pg), Aris Elezeri   (Gubbio - Pg), Leone Faccio (Gubbio - Pg), Jyotis Medici (Pietralunga - Pg), Raydas Medici (Pietralunga - Pg), Daniela Medici (Pietralunga - Pg), Manuele Medici (Pietralunga - Pg), Jaimal Preta (Pietralunga - Pg); lunedi' 9 maggio: Mirella Mancini (Mestre - Venezia), Pasquale Dioguardi (Livorno), Gianluca D'Andrea (Potenza); martedi' 10 maggio: Oriana Gorinelli (Rivalta di Torino); mercoledi' 11 maggio: Tiziana Volta (Brescia), Marco Palombo (Isola d'Elba - Roma), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Adalgisa Freddi (Marcheno - Brescia), Anna Bellini (Ferrara); mercoledi' 18 maggio: Franco Perna (Padenghe sul Garda); domenica 22 maggio: Franco Perna (Padenghe sul Garda).

Evelina Savini (Jesi), Angela Genco (Jesi), Angela Liuzzi (Jesi) porteranno avanti il digiuno a staffetta, alternandosi, fino alla fine della guerra; Pasquale Dioguardi digiunera' tutti i lunedi'; Oriana Gorinelli digiunera' tutti i martedi'; Anna Bellini, Adalgisa Freddi, Marco Palombo e Marco Rizzinelli digiuneranno tutti i mercoledi'; Marco Baleani, Teresa Gargiulo, Raffaele Ibba e Giovanni Mannino digiuneranno tutti i venerdi'; Marco Iannelli digiunera' tutti i venerdi' e i sabato; Giovanni Cianchini digiunera' tutti i sabato. Alessandro Natalini e Marzia Manca digiuneranno un giorno a settimana.

 

3. UNA LETTERA AL PRESIDENTE DELL'IRAN. MARIA G. DI RIENZO: MESSAGGI D'AMICIZIA

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]

 

Fra l'inaugurazione di un impianto nucleare (Bushehr) e l'esaltazione di un bombardiere come "messaggero di amicizia" (il drone "Karrar", che puo' colpire amichevolmente un bersaglio con diversi tipi di ordigni a mille chilometri di distanza), il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad non cessa mai di adoperarsi per quella che e' la sua principale preoccupazione ed invero il piu' grosso problema del suo paese: l'esistenza delle donne.

Cosi' adesso, ad esempio, ci sono nuove norme per le studentesse universitarie a cui viene proibito di aver le unghie troppo lunghe (mi vedo gia' la polizia armata di forbicine), di metter cappelli o cappucci sopra l'hijab e di indossare indumenti di "colori brillanti". Sempre nei campus, l'ordine e' di fare tutto il possibile perche' gli studenti e le studentesse non si "mischino" neppure in cortile, non parliamo poi di frequentare le stesse lezioni: e' incompatibile con i valori islamici sedere nella medesima classe o nel medesimo laboratorio, parola del Ministro della Scienza Kamran Daneshjou, che evidentemente la parola "scienza" non sa cosa sia e l'Islam se lo inventa a suo uso e consumo. D'altronde, nel libero e rivoluzionario Iran le donne viaggiano sul retro degli autobus, proprio come i neri a Montgomery durante gli anni '50, se non ricordo male. E se vogliono prender aria in un parco devono andare in quelli specifici per le donne.

Sono tutti sforzi necessari a "tenere a bada Satana", assicura Ahmadinejad, che per lo stesso motivo vuole che le ragazze si sposino a 16 anni, quando "sono nella prima fioritura". Qualcuno dovrebbe spiegargli che le ragazze non sono piante di cipolla. Ma il motivo per cui il presidente vuole tanti matrimoni e' che vuole aumentare la popolazione (attualmente 75 milioni di persone, di cui un terzo fra i 15 e i 30 anni d'eta'): allo stesso modo di Khomeini negli anni '80, quelli della guerra con l'Iraq, crede che tanti bambini significhino tanti soldati. Disoccupazione, inflazione e prezzi delle case non sono incoraggianti neppure per le coppie che i bambini li desiderano - il tasso di nascite oggi in Iran e' 1,2 - ma, dice sempre il presidente, la pianificazione familiare e' certamente "pericolosa" nonche' una faccenda "contraria a dio ed importata dall'Occidente".

Mahmud Ahmadinejad si sbaglia. Forse ha la memoria corta, ma la pianificazione familiare in Iran l'ha programmata ed implementata proprio il governo a partire dal 1989, quando dopo il bagno di sangue della guerra l'economia era al collasso ed avere tanti bambini avrebbe significato solo farli morire di fame. I chierici dell'epoca trovarono il limitare le nascite perfettamente "islamico". L'Ayatollah Ali Khamenei emano' una "fatwa" dopo l'altra per permettere contraccezione e sterilizzazione. Squadre mobili raggiunsero gli angoli piu' remoti del paese offrendo gratuitamente preservativi, legamenti delle tube per le donne e vasectomie per gli uomini. Non avere piu' di due bambini era definito un atto patriottico, religioso e gradito a dio.

Chissa' perche', sono convinta che smettere di usare la fede per giustificare tutto e il contrario di tutto sarebbe un atto piu' gradito a dio. Ma se Ahmadinejad ha proprio tanto bisogno di occuparsi delle donne, ho qualche suggerimento per lui.

Ad esempio, se per cortesia puo' ridarci le prigioniere politiche, fra cui:

Zahra Rahnavard, artista e scrittrice, docente, attivista politica.

Fatemeh Karroubi, attivista politica.

Fakhrossadat Mohtashamipour, attivista politica.

Fatemeh Khoramjoo, accusata di aver "insultato il supremo leader" mentre le devastavano la casa durante una perquisizione.

Leyla Tavassoli, imprigionata perche' ha testimoniato su come un'auto della polizia ha deliberatamente investito una dimostrante.

Mina Farrokh-Rezaei, detenuta perche' ha partecipato a manifestazioni.

Motahareh Bahrami Haghighi, 61enne, attivista politica, dapprima condannata a morte e con sentenza commutata in dieci anni di prigione.

Reyhaneh Haj Ebrahim Dabagh, attivista politica, dapprima condannata a morte e con sentenza commutata in 15 anni di prigione.

Nazila Dashti, attivista politica, accusata di "sostenere i Mujahedin".

Zahra Jabari, la cui esistenza secondo i suoi giudici minaccia "la sicurezza nazionale", per cui non le permettono di ricevere cure mediche anche se e' in condizioni di salute critiche.

Zahra Hatami, insegnante, tenuta in isolamento, di cui la famiglia non sa piu' nulla dal gennaio 2011.

Se sempre per cortesia puo' aprire le gabbie dove ha rinchiuso giornaliste e blogger, fra cui:

Jamileh Darolshafaie, giornalista del quotidiano "Etemad".

Hengameh Shahidi, giornalista ed attivista per i diritti delle donne.

Maryam Zolfeghar, reporter dell'agenzia di stampa "Irna", di cui non si sa piu' nulla dal giorno del suo arresto, il 22 giugno 2009.

Zeynab Kazemkhah, dell'agenzia di stampa "Isna".

Sousan Mohammadkhani Ghiasvand, blogger curda, attivista per i diritti umani.

Nazanin Khosravani, giornalista.

Mahsa Amrabadi, giornalista.

Haniyeh Farshi-Shotorban, in galera perche' si e' permessa di aprire una propria pagina su Facebook.

Parvin Javadzadeh, blogger e "citizen journalist", dapprima condannata a morte e con sentenza commutata a 26 mesi, in condizioni critiche di salute.

Visto che c'e', potrebbe lasciar andare le attiviste del movimento studentesco e per i diritti umani, fra cui:

Nasrin Sotoudeh, avvocata, attivista per i diritti umani (in particolar modo per i diritti dei bambini) che percio' deve scontare 11 anni di carcere ed e' stata bandita per 20 dalla sua professione. Da tre mesi non si puo' farle visita ne' telefonarle. E' perche' continua a protestare tramite sciopero della fame, o perche' si rifiuta di essere processata per "assenza di hijab", l'altra terribile mancanza di cui si e' resa responsabile?

Alieh Eghdam Doost, attivista per i diritti delle donne.

Bahareh Hedayat, attivista del movimento studentesco.

Ronak Safarzadeh, curda, attivista per i diritti delle donne.

Mahdieh Golroo, attivista del movimento studentesco.

Hakimeh Shokri, attivista per i diritti umani (i suoi visitatori riferiscono che e' sempre piena di lividi: cade per le scale della prigione? Lo fa apposta per denigrare il "supremo leader"?).

Neda Mostaghimi, delle "Madri in lutto", attivista per i diritti umani.

Fatemeh Masjedi, attivista per i diritti delle donne.

Zeynab Bayazidi, curda, membro della Campagna "Un milione di firme".

Marjan Alizadeh, studentessa, arrestata durante uno sciopero della fame collettivo alla Facolta' di Medicina dell'Universita' di Yasuj: non se ne sa piu' nulla da quel giorno, il 6 gennaio 2011.

Maryam Baziah, studentessa, medesime circostanze.

Pegah Zeidavani, studentessa, medesime circostanze.

Sarah Rahimi, studentessa, medesime circostanze.

Marjan Fayazi, studentessa universitaria.

Farzaneh Najjarnejad, studentessa universitaria.

Shaghayegh Heirani, studentessa universitaria.

Farzaneh Karami, studentessa universitaria.

Shima Vozarai, studentessa universitaria.

Delaram Ghahreman, studentessa universitaria, arrestata per aver partecipato ad un funerale.

Fataneh Rahghi, studentessa universitaria, stesse circostanze.

Sarah Bagheri, attivista del movimento studentesco.

E per non tirarla tanto per le lunghe, per favore tolga le grinfie anche dalle donne arrestate perche' praticano una fede diversa dalla sua, fra cui:

le baha'i Anisa Matahar, Fariba Kamalabadi (psicologa), Mahvash Sabet (docente), Fataneh Nouri, Romina Ahrari, Homeyra Parvizi, Mahin Taj Rouhani, Manijeh Manzavian, Nahid Ghadiri, Roya Ghanbari, Rozita Vaseghi, Sahar Beyram-Abadi (attivista per i diritti dei bambini), Sahba Khademi, Sahba Rezvani... e in special modo ci faccia sapere dove sono finite, dopo l'arresto, Maria Ehsan Jafar, Mona Hoveydaei Misaghi, Naghmeh Ghanouni, Romina Zabihian;

le cristiane Arezou Teimuri (accusata di "sionismo cristiano", irreperibile da dopo l'arresto), Leila Akhavan, Parya Razavi Derakhshi, Sonia Avanessian (irreperibile da dopo l'arresto) e le sufi come Yasmin Ghaderi, di cui pure non si sa nulla dal giorno dell'arresto, il 3 dicembre 2010.

Ci mandi questi "messaggi d'amicizia", signor presidente. Vedra', faranno piu' strada dei suoi drone-bombardieri e forniranno energia migliore di quella delle sue centrali nucleari.

 

4. UNA LETTERA AL PRESIDENTE DEGLI USA. TIZIANA PLEBANI: LA VERA GRANDEZZA E' LA PIETA'

[Ringraziamo Tiziana Plebani (per contatti: tiplebani at libero.it) per questo intervento.

Tiziana Plebani, prestigiosa intellettuale, autrice di saggi di straordinaria finezza, bibliotecaria e storica, e' attiva nella Rete di donne per la pace di Mestre e Venezia; tra le sue opere: Il genere dei libri, Angeli, Milano 2001; Corpi e storia, Viella, Roma 2002. Si veda anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 392]

 

Caro Obama,

sono indignata e non credo di essere la sola: non si esulta per la morte di un uomo, fosse anche il peggiore dei criminali sulla terra. Hai sbagliato, dovevi avere piu' coraggio, il coraggio della grandezza.

La grandezza di una civilta' non si regge sulla vendetta ma sulla costruzione e la difesa ad ogni costo di un orizzonte etico, che riconosce l'irriducibile valore di ogni vita. E' giusto cercare i responsabili del grave massacro delle torre gemelle, ma lo si faccia senza ebbrezza di sangue, senza pensare che il fine giustichi ogni mezzo. La storia insegna che in tal modo non si riparano ferite ma se ne creano altre, piu' profonde. Lo spettacolo di un popolo che esulta per la morte di un uomo fa rabbrividire.

Con la tua elezione abbiamo visto vincere un'America coraggiosa, capace di parole e gesti nuovi, abbiamo ascoltato un presidente parlare il linguaggio dell'amore e del rispetto tra le persone.

Il primo rispetto e' quello per i morti. Ogni essere ha diritto alla sepoltura, a essere consegnato ai suoi cari.

La giustizia si fonda sul diritto che non e' un terreno immobile, come sappiamo, ma che generazioni di donne e uomini hanno indirizzato verso l'inclusione dell'universalita' dei diritti umani che non ammette sconti o eccezioni.

Ora nei media osserviamo il tuo turbamento, affrontalo con coraggio, sii capace di parole nuove e di gesti di riparazione, cioe' di vera grandezza.

Tiziana Plebani

Venezia

 

5. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: LA LOTTA DEL BENE CONTRO IL MALE: UN'INQUIETANTE PROSSIMITA'

[Ringraziamo Annamaria Rivera (per contatti: annamariarivera at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente intervento apparso sul quotidiano "Liberazione" del 4 maggio 2011.

Annamaria Rivera, antropologa, vive a Roma e insegna etnologia all'Universita' di Bari. Fortemente impegnata nella difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, ha sempre cercato di coniugare lo studio e la ricerca con l'impegno sociale e politico. Attiva nei movimenti femminista, antirazzista e per la pace, si occupa, anche professionalmente, di temi attinenti. Al centro della sua ricerca, infatti, sono l'analisi delle molteplici forme di razzismo, l'indagine sui nodi e i problemi della societa' pluriculturale, la ricerca di modelli, strategie e pratiche di concittadinanza e convivenza fra eguali e diversi. Fra le opere di Annamaria Rivera piu' recenti: (con Gallissot e Kilani), L'imbroglio etnico, in quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001; (a cura di), L'inquietudine dell'Islam, Dedalo, Bari 2002; Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista in Italia, DeriveApprodi, Roma 2003; La guerra dei simboli. Veli postcoloniali e retoriche sull'alterita', Dedalo, Bari 2005; Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo, Dedalo, Bari 2009; La Bella, la Bestia e l'Umano. Sessismo e razzismo senza escludere lo specismo, Ediesse, Roma 2010]

 

L'uccisione di Osama Bin Laden, ha dichiarato a caldo Berlusconi, e' "un grande risultato nella lotta contro il Male"; "E' una vittoria del Bene contro il Male", ha esultato Frattini. Piu' letterario, Bersani si e' congratulato con il governo e il popolo americani per la fine del "Principe della barbarie e della guerra fra civilta'". Nel tentativo di distinguersi, il segretario del Pd ha enunciato un paradosso: per condannare lo scontro di civilta' ha finito per usarne il linguaggio ("il Principe della barbarie"). Barack Obama stesso, benche' piu' sobriamente dei nostri politici, ha annunciato che "giustizia e' fatta", come se la giustizia potesse essere ristabilita d'un tratto mediante la vendetta e l'eliminazione di un Nemico concepito come unico e totale.

Insomma, quel che colpisce delle reazioni piu' immediate e' il linguaggio di tipo jihadista che connota le dichiarazioni dei Nostri, forse inconsapevoli d'essere all'interno della stessa logica e dello stesso ordine semantico del terrorismo islamista. L'ideologia che traspare dal loro linguaggio finisce, infatti, per somigliare a quella del loro Nemico: il  mondo e' rappresentato come la Grande Scena ove si affrontano fino all'annientamento due Entita' rivali, l'Impero del Bene contro l'Impero del Male, la "guerra al terrore" -aberrante categoria metafisica - contro il terrorismo e lo stragismo giustificati in nome di un principio metafisico.

Mondher Kilani in Guerra e sacrificio (Dedalo 2008) scrive, sulla scia di Carl Schmitt, che la politica postmoderna e' caratterizzata non solo dal ricorso costante allo stato di eccezione, ma anche dalla cancellazione del confine fra politico e non-politico e dalla comparsa della figura del nemico totale. L'"impero occidentale" e il terrorismo islamista, che si considerano e si trattano reciprocamente da nemici totali, sono in realta', aggiunge l'antropologo, figure gemellari che in fondo appartengono al medesimo campo: fra i due, egli scrive, vi e' "un'inquietante prossimita'", e non solo simbolica.

Ancora una considerazione. Fonti del Pentagono ammettono che nel compound che ospitava il leader di al Qaeda c'erano molte donne e bambini, dei quali per ora ignoriamo la sorte. Ci hanno dato per certo solo che una delle sue due mogli e' stata uccisa. Di un altro scenario di guerra, quello libico, sappiamo che due bambini, di due e tre anni, e un neonato di quattro mesi, i nipoti di Gheddafi, oltre al minore dei suoi figli, sono stati trucidati nel corso del raid dei "volenterosi" contro la sua dimora. Le cronache riferiscono di scene di giubilo fra gli insorti dopo aver appreso la notizia. Che dei ribelli gioiscano per la morte di quattro vittime civili, delle quali tre del tutto innocenti, e' prova di quanto abbiano interiorizzato la logica del loro avversario e della guerra. Del pari, negli Stati Uniti folle esultanti sono scese in piazza per festeggiare la morte dell'icona del terrorismo islamista, giustamente detestata. Per quanto in questo caso l'esultanza sia piu' comprensibile che nel primo, la sua espressione pubblica e collettiva, in forma di festeggiamenti da stadio, ha qualcosa di osceno e angosciante: e' il prevalere dello spirito di vendetta, intrinseco alla tradizione americana, sullo spirito di giustizia. Lo dice con chiarezza il direttore della sala stampa del Vaticano: chiunque muoia, non c'e' da rallegrarsi per la sua morte. Da laici, noi pensiamo che sia umano provare senso di sollievo e di liberazione - non  gia allegria - per la fine di un tiranno, di un despota, di un dittatore, di uno stragista. Ma che ben meglio sarebbe poterlo portare in giudizio e condannare secondo le regole del diritto. Lo ribadisce con nettezza e coraggio Mohammed Shafiq, della Ramadhan Foundation: "Sarebbe stato meglio catturarlo vivo e processarlo davanti a una corte internazionale per i crimini che ha commesso".

E' difficile prevedere se l'uscita di scena di Bin Laden - stranamente cosi' dimessa, povera di immagini, quasi furtiva, come ha osservato sul "Manifesto" Marco d'Eramo, col cadavere affidato agli abissi invece che esibito come prova - segnera' davvero una svolta, se non sul versante delle rappresaglie terroristiche. In realta', il leader del quaedismo, sostiene Renzo Guolo, nei tempi piu' recenti era autorevole fra i suoi soprattutto per la dimensione spirituale e califfale, non per quella politica. Senza considerare che al Qaeda e' solo uno dei tanti gruppi islamisti violenti presenti sulla scena dell'estremismo sunnita. Inoltre, a parere  nostro e di altri,  il quaedismo e' gia' stato sconfitto politicamente dalla "primavera araba" nei paesi attraversati dalle rivolte e in quelli in cui se ne avvertono l'eco e gli effetti. Certo, non si puo' negare l'importanza strategica e simbolica che riveste la fine di Bin Laden. La nostra flebile speranza e' che sottragga pretesti alla permanenza in Afghanistan e in Iraq, alla "guerra al terrore", alla moltiplicazione delle Guantanamo reali e mentali.

 

6. LIBRI. PAMELA MARELLI PRESENTA "AMORE E VIOLENZA" DI LEA MELANDRI

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione.

Pamela Marelli, storica, ricercatrice e saggista, operatrice territoriale di sportelli per stranieri, si interessa del mondo dell'intercultura, partecipa al gruppo di donne italiane e straniere "Il bagaglio invisibile". Opere di Pamela Marelli: Tessendo abiti e strategie. Esperienze e sentimenti di operaie bresciane, Gam, 2008.

Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

 

"Amore e violenza. Il fattore molesto della civilta'" e' il nuovo libro scritto da Lea Melandri, nota femminista che da anni condivide il suo attento sguardo politico sul mondo.

"Nata femmina, in una campagna incattivita dalla miseria del dopoguerra", "adolescente in fuga da scomode radici contadine", Lea arrivo' a Milano negli anni '60, "distruggendo l'immagine di figlia, allieva e poi moglie e insegnante di indiscussa 'moralita'' costruita forzatamente per venticinque anni". Questo gesto assunse per lei, nel tempo, il segno di una nascita.

Venne al mondo negli spazi della citta', nelle piazze, "nelle sedi politiche vaganti", luoghi attraversati con la convinzione "che fosse finito il tempo delle famiglie, delle autorita' costituite, delle sofferenze private". Il femminismo trasformo' ulteriormente la mappa "di un territorio che aveva ormai il volto dei nostri progetti, delle nostre attese di cambiamento". La sua casa milanese, sede di riviste, luogo di ospitalita' per le numerose amicizie ed i progetti condivisi, e' da lei vissuta come "la stanza tutta per se'" che "abitua all'idea di abitare in se stessi come nel mondo".

Nell'ultimo capitolo del libro, Lea scrive: "un confine prezioso e' quello che separa congiungendo, che rende la solitudine capace di intensa socialita', e la propria finestra un osservatorio proteso verso realta' e affetti distanti migliaia di kilometri".

Questa immagine del confine che separa ponendo a contatto, mi sembra una figurazione calzante per descrivere la (pratica) politica di Lea Melandri.

Dagli inizi nel movimento non autoritario al lungo percorso nel femminismo, costante e tenace e' stata la sua ricerca dei nessi, l'uscita dagli schemi dualistici, dalle rigide ideologie. Lea parte dalle zone d'ombra, dagli spazi di ambiguita' per rilanciare analisi profonde e problematiche sul mondo che ci circonda. In questo stimolante ed emozionante libro, al centro dell'indagine c'e' il complesso meccanismo che insidia la civilta', quel fattore molesto che sta nell'annodamento tra amore e violenza. "Il dominio dell'uomo sulla donna si distingue da tutti gli altri rapporti storici di potere per le sue implicazioni profonde e contraddittorie. Innanzitutto la confusione tra amore e violenza: siamo di fronte ad un dominio che nasce e si impone all'interno di relazioni intime, come la sessualita' e la maternita'". E' difficile riconoscere la parentela antica e duratura "che lega l'amore all'odio, la tenerezza alla rabbia, la vita alla morte. Si distrugge per conservare, si uccide per troppo amore, si idealizza l'appartenenza a un gruppo, una nazione, una cultura, per differenziarsi da chi ne e' fuori, visto come nemico".

Uno degli aspetti piu' inquietanti della contemporaneita' e' l'altissimo numero di donne uccise e sottoposte a violenze da parte dei loro mariti, amanti, figli, "incapaci di tollerare pareti domestiche troppo o troppo poco protettive, abbracci assillanti o abbandoni che lasciano scoperte fragilita' maschili insospettate". L'accanimento viene protratto dall'uomo sul corpo della donna, corpo femminile simile a quello che gli ha dato vita, accudimento, protezione; quel corpo materno che lo tenne in balia nella fase di maggiori dipendenze e fragilita'.

Il dominio dell'uomo nasce, secondo Lea, come costruzione storica "volta a mettere riparo alla inermita' dell'uomo-figlio, ma anche alla marginalita' maschile rispetto al processo riproduttivo". "Confinando la donna nel ruolo di madre, facendola custode della casa, dell'infanzia, della sessualita', l'uomo ha costretto anche se stesso a restare eterno bambino, a portare una maschera di virilita' sempre minacciata". "La fuga dal femminile, da cui si puo' pensare abbia tratto la sua spinta piu' profonda la comunita' storica degli uomini, e' anche fuga dai bisogni infantili".

Per celebrare il suo essere autonomo, libero nella sfera pubblica, l'uomo ha cancellato i vincoli biologici, la fragilita', la dipendenza dal corpo femminile. Facendo cio' ha dovuto anche svilire il suo corpo maschile e le passioni da cui e' attraversato.

La violabilita' del corpo femminile fa tutt'uno con la nascita della polis, con la divisione sessuale del lavoro, con la separazione tra la casa e la citta', la famiglia e lo stato.

La donna e' stata tenuta fuori dalla polis, ma non la femminilita', la rappresentazione che l'uomo ha fatto di lei. "La cancellazione della donna come persona, individualita', soggetto politico, produce inevitabilmente lo svilimento del suo corpo". Nell'immaginario sessuale dominante maschile le donne sono infatti viste come corpi erotici, seduttivi, che scatenano desiderio oppure come corpi materni, figure integre, rigeneranti e salvifiche.

Questa rappresentazione dualistica e' stata storicamente interiorizzata dalle donne. E non e' un caso che il movimento femminista degli anni '70 mise fortemente in discussione il concetto "naturale" di femminilita'; quelle donne, e tra loro Lea, partirono da se', dalla sfera personale per svelare la storia non scritta nella politica e nella cultura, per ridare significato politico al corpo.

Nell'intricato annodamento tra amore e violenza, le donne, attraverso strategie di sopravvivenza, adattamenti, forme di resistenza e di risarcimento, hanno assunto poteri sostitutivi. La cura e' un potere, rendersi indispensabili agli altri, anche se adulti e sani, e' una compensazione per altri tipi di potere, dai quali le donne sono state espropriate.

Oggi si assiste ad un elemento inedito sulla scena: alcune donne scelgono di usare a proprio vantaggio i ruoli che altri hanno loro cucito addosso, il corpo e la sessualita' si prendono una rivalsa sulla storia che li ha negati. La tendenza a ottenere il potere attraverso il proprio corpo, da sempre escluso dalla polis, si configura come una scorciatoia per un riconoscimento sociale che fatica a darsi per altre strade, in qualche ambiguo modo "il femminile si emancipa in quanto tale".

Di fronte a questo scenario Lea Melandri sprona coraggiosamente a porsi interrogativi scomodi. Si ha una reazione di sdegno quasi esclusivamente quando si tratta del corpo erotico, dell'immagine "degradante che passa nei programmi televisivi e nelle pubblicita', molto meno quando si legge nei giornali economici l'esaltazione delle doti femminili, come la capacita' relazionale, la mediazione dei conflitti, l'adattabilita'. E' evidentemente la retorica del materno a rendere accettabile il fatto che il sistema produttivo voglia utilizzare lo stesso lavoro gratuito che le donne prestano in casa". "Che altro e' la 'femminilizzazione' del lavoro, della politica - ci chiede Lea -, se non l'estensione di un ruolo tradizionalmente domestico all'intera sfera pubblica, la 'riserva' di energia chiamate in soccorso di una civilta' in declino?".

Lea Melandri e' una lucida analista, un'attenta osservatrice dei temi che tornano in diverso modo nei differenti contesti storici, una stimolante guida che propone possibili altre strade da percorrere, estranee ai dualismi castranti, e foriere di imprevedibili percorsi di liberta'.

Nel libro mette a nudo la societa' nei suoi molteplici aspetti, dalle migrazioni alla biopolitica, dalla precarieta' alle nuove tecnologie socializzanti, dalle tecnoscienze ai valori etici, dagli integralismi religiosi alla spettacolarizzazione dei media. Va alle radici dell'umano, ricucendo quei binomi che apparentemente non sono conciliabili (come straniero e comunita'), tracciando le modalita' per riportare tutta la vita all'interno della politica, del conflitto, delle azioni trasformative.

"Per costruire una nuova cultura politica, che abbia presente l'intera vita, occorre 'mettere in gioco il proprio corpo', interrogare la propria esperienza, vedere la soggettivita' come corpo pensante, sessuato, plurale, capace di riconoscersi nella sua singolarita' e al medesimo tempo in cio' che lo accomuna agli altri, consapevole che solo avanzando verso strati sempre piu' profondi di noi stessi si puo' accedere a un orizzonte piu' generale".

 

7. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Jack London, Il popolo dell'abisso, Sonzogno, Milano 1974, pp. 224.

- Jack London, La strada, Savelli, Roma 1978, pp. 160.

- Jack London, La lotta di classe, Lerici, Cosenza 1977, pp. 212.

- Jack London, La figlia delle nevi, Sonzogno, Milano 1966, pp. 288.

- Jack London, Il richiamo della foresta, Bompiani-L'Espresso, Milano-Roma 1987, pp. 110.

- Jack London, Zanna Bianca, Garzanti, Milano 1973, 1978, pp. 296.

- Jack London, Prima di Adamo, Mursia, Milano 1968, pp. 168.

- Jack London, Il tallone di ferro, Feltrinelli, Milano 1972, 1977, pp. 264

- Jack London, Martin Eden, Rizzoli, Milano 1952, 1979, pp. 456

- Jack London, La Valle della Luna, Mursia, Milano 1966, pp. 400.

- Jack London, La Piccola Signora della Grande Casa, Mursia, Milano 1966, pp. 272.

- Jack London, Le mille e una morte, Theoria, Roma-Napoli, L'Unita'-Theoria, Roma 1994, pp. 144.

- Jack London, Farsi un fuoco e altri racconti, De Donato, 1976, pp. XLVIII + 256.

- Jack London, Il richiamo della notte. Racconti di fantastoria e fantascienza, Feltrinelli, Milano 1977, pp. 304

- Jack London, I racconti del Grande Nord e della corsa all'oro, Newton Compton, Roma 1992, pp. 592.

- Jack London, I racconti del Pacifico e dei Mari del Sud, Newton Compton, Roma 1992, pp. 416.

- Jack London, Il richiamo della foresta, Zanna Bianca e altre storie di cani, Newton Compton, Roma 1992, pp. 336.

- Jack London, Avventure di mare e di costa. Il lupo dei mari e I racconti della pattuglia guardiapesca, Newton Compton, Roma 1992, pp. 320.

- Jack London, La sfida e altre storie di boxe, Newton Compton, Roma 1994, pp. 98.

 

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

10. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 547 del 6 maggio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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