Nonviolenza. Femminile plurale. 339



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 339 del 4 maggio 2011

 

In questo numero:

1. Hannah Arendt: Mai il nostro futuro

2. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento

3. Anais Ginori intervista Sofi Oksanen

4. Elena Loewenthal: La scomparsa di Israele

5. Silvia Vegetti Finzi: Consigli ai genitori

6. Benedetta Craveri presenta "Tanti, tanti baci! Lettere di Ernst Bernhard a Dora Friedlaender dal campo di internamento di Ferramonti"

7. Elisabetta Rasy presenta "La fattoria dei gelsomini" di Elizabeth von Arnim

8. Silvia Ronchey presenta il "Trattato delle virtu'" di Giorgio Gemisto Pletone

 

1. MAESTRE. HANNAH ARENDT: MAI IL NOSTRO FUTURO

[Da Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano 1967, 1996, p. LI (e' un frammento dalla prefazione alla prima edizione, dell'estate 1955).

Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano 2006; i recentemente pubblicati Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005; Alois Prinz, Io, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1999, 2009. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

 

Mai il nostro futuro e' stato piu' imprevedibile, mai siamo stati tanto alla merce' di forze politiche che non si puo' confidare seguano le norme del buon senso e del proprio interesse, forze che danno l'impressione di pura follia se giudicate coi criteri di altri secoli. E' come se l'umanita' si fosse divisa fra quelli che credono nell'onnipotenza umana (ritenendo che tutto sia possibile purche' si sappia come organizzare a tale scopo le masse) e quelli per cui l'impotenza e' diventata la maggiore esperienza della loro vita.

 

2. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Giova ripetere le cose che e' giusto fare.

Tra le cose sicuramente ragionevoli e buone che una persona onesta che paga le tasse in Italia puo' fare, c'e' la scelta di destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.

"Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli". Cosi' recita la "carta programmatica" del movimento fondato da Aldo Capitini.

Sostenere il Movimento Nonviolento e' un modo semplice e chiaro, esplicito e netto, per opporsi alla guerra e al razzismo, per opporsi alle stragi e alle persecuzioni.

Per destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' sufficiente apporre la propria firma nell'apposito spazio del modulo per la dichiarazione dei redditi e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione: 93100500235.

Per contattare il Movimento Nonviolento, per saperne di piu' e contribuire ad esso anche in altri modi (ad esempio aderendovi): via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

3. RIFLESSIONE. ANAIS GINORI INTERVISTA SOFI OKSANEN

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 26 aprile 2011 col titolo "La preoccupazione della scrittrice Sofi Oksanen: Il governo e' a rischio. La mia povera Finlandia nelle mani degli xenofobi"

Anais Ginori e' nata a Roma nel 1975, di madre francese, e' giornalista a La Repubblica. Dopo gli studi di Scienze Politiche all'universita' La Sapienza, ha fatto tirocini a Parigi all'Agence France Presse, a Le Monde e a Radio France Internationale. Nel 1996 ha cominciato a lavorare nel quotidiano La Repubblica, passando due anni nella cronaca locale di Firenze. Dal 2000 e' alla redazione Esteri. Scrive di politica internazionale, cultura e costume. Ha pubblicato Le Parole di Genova (Fandango) sul movimento che ha manifestato contro il G8 nel luglio 2001, e Non calpestate le farfalle (Sperling & Kupfer) sul regime dei khmer rossi e i ricordi di un ex bambino-soldato al servizio di Pol Pot. Pensare l'impossibile. Donne che non si arrendono (Fandango), il suo ultimo libro, e' un viaggio intorno alla condizione femminile in Italia attraverso storie e testimonianze. Vive tra Roma e Parigi. Opere di Anais Ginori: Parole di Genova, Fandango, 2002; Non calpestate le farfalle, Sperling & Kupfer, 2007; Pensare l'impossibile. Donne che non si arrendono, Fandango, 2010.

Sofi Oksanen (1977) e' una scrittrice e drammaturga finlandese. Tra le opere di Sofi Oksanen: La purga, Guanda, Parma 2010]

 

"La Finlandia ha una granitica fede nella liberta' di espressione. Come artista, sono molto stupita che, nel 2011, mezzo milione di miei connazionali abbia votato per un partito che si ispira a Hitler". Sofi Oksanen, 34 anni, e' tra gli scrittori piu' apprezzati del suo paese. Racconta storie disturbanti, che rievocano le ombre di un passato mai del tutto archiviato. Il romanzo al femminile La purga, tradotto in decine di paesi e pubblicato l'anno scorso da Guanda, ha vinto numerosi premi, nel 2010 quello assegnato dall'Unione Europea al "miglior scrittore europeo", in coabitazione con Roberto Saviano.

E' stata una delle prime intellettuali a scagliarsi contro l'onda nera che dal continente e' arrivata fino a Helsinki, con la vittoria del partito di estrema destra e xenofobo "Veri Finlandesi" alle elezioni del 17 aprile. L'ascesa del razzismo in Finlandia era uno dei temi del suo primo romanzo, Stalin's cows, le mucche di Stalin, non ancora tradotto in Italia.

"Quando e' stato pubblicato - ricorda Oksanen - molti lettori erano sorpresi di vedere descritto il loro paese come xenofobo. Ora diventa tutto piu' chiaro".

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- Anais Ginori: La sorpresa non e' solo dei suoi lettori. In Europa prevale ancora l'immagine della Finlandia come un paese tollerante e attaccato alla solidarieta' sociale. Cos'e' successo?

- Sofi Oksanen: Sono nata in Finlandia, la mia madrelingua e il mio passaporto sono finlandesi, ho fatto tutte le scuole in questo paese. Mio nonno e i suoi fratelli hanno combattuto la guerra come tutti gli altri finlandesi. Eppure mia madre e' estone. Questo e' sufficiente per non essere considerata una "vera finlandese". Per avere riconosciuta la piena nazionalita', bisogna avere il sangue al cento per cento finlandese.

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- Anais Ginori: Sta dicendo che una certa cultura xenofoba esisteva da tempo?

- Sofi Oksanen: Tra Helsinki, la capitale, e il resto del paese ci sono due mondi a parte. Credo che Helsinki rimanga ancora oggi tollerante, liberale, sicura. Il partito dei Veri Finlandesi e' molto meno popolare nella capitale: solo il 10% degli elettori lo ha votato, la meta' che nel resto della Finlandia. Come tanti, io ho dato la preferenza ai Verdi, che a Helsinki hanno avuto grande successo e si possono definire un partito urbano, cosa che non sono i Veri Finlandesi.

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- Anais Ginori: Eppure questa formazione di estrema destra e' diventata l'ago della bilancia per la formazione di un nuovo governo.

- Sofi Oksanen: Sono stati bravi a muoversi sul territorio. Il loro successo si e' costruito negli anni, non e' stato un colpo di scena. I militanti avevano l'abitudine di piantare "tende del caffe'" anche nei posti piu' sperduti della Finlandia. Inoltre, le forze politiche tradizionali hanno perso la faccia a causa di casi di corruzione sul finanziamento della campagna elettorale.

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- Anais Ginori: Quanto ha contato il tema dell'immigrazione?

- Sofi Oksanen: Abbiamo molti meno immigrati di gran parte dei paesi europei. Da noi non e' mai stato un problema. Mi sembra poi strano che nessuno si ricordi che, qualche decennio fa, mezzo milione di finlandesi ha dovuto emigrare in Svezia.

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- Anais Ginori: Il leader dei Veri Finlandesi, Timo Soini, e' un uomo politico molto popolare?

- Sofi Oksanen: E' un buon oratore, gira sempre con una cravatta blu e bianca con la bandiera nazionale. Ha esperienza nel suo campo, non c'e' che dire.

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- Anais Ginori: E il suo programma?

- Sofi Oksanen: Ha fatto un sacco di promesse che non potra' mantenere. Nel campo dell'arte ha delle idee chiaramente ispirate a Hitler. Non posso credere che andra' avanti. Almeno lo spero.

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- Anais Ginori: Questo partito xenofobo assomiglia agli altri che ci sono nel resto d'Europa?

- Sofi Oksanen: Seguo da vicino quello che succede nei paesi dell'Est. Ovunque, l'estrema destra guadagna consensi. Anche i partiti razzisti prendono voti, cosi' come quelli antisemiti. I Veri Finlandesi riuniscono tutte queste caratteristiche, fanno parte di una tendenza europea.

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- Anais Ginori: Intanto la Finlandia si allontana cosi' dall'Unione Europea. Come finira' la discussione sul salvataggio del Portogallo?

- Sofi Oksanen: Credo che questo risultato vada inserito nella lunga crisi iniziata nel nostro paese con la depressione economica degli anni Novanta. Non ci siamo mai ripresi. Avevamo gia' avuto un altro partito populista in passato, l'Smp, che non e' durato molto. Sul Portogallo e' impossibile fare una previsione. Il nostro primo ministro ancora in carica non vuole prendersi la responsabilita' di scegliere. La posizione ufficiale della Finlandia si decidera' non prima di meta' maggio, quando sicuramente non avremo un nuovo governo, se mai sara' possibile averne uno. Con questo risultato elettorale rischiamo di dover aspettare a lungo.

 

4. RIFLESSIONE. ELENA LOEWENTHAL: LA SCOMPARSA DI ISRAELE

[Dal quotidiano "La Stampa" del 17 aprile 2011 col titolo "La scomparsa di Israele".

Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa" e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini & Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani, Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; Scrivere di se'. Identita' ebraiche allo specchio, Einaudi, Torino 2007; con Giulio Busi ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis Ginzberg]

 

In questi giorni concitati per il Medio Oriente e il Maghreb affacciato sul Mediterraneo, Israele e' un osservatorio molto particolare. Dotato di una duplice prospettiva che e' come una lente bifocale in contraddizione solo apparente. Le notizie e i sommovimenti sono percepiti per un verso nella loro dimensione strettamente geografica, di grande vicinanza.

Israele e' nell'occhio del ciclone, esattamente al centro di quell'immenso movimento che parte dall'Africa settentrionale e attraversa il mondo arabo dalla Tunisia alla Libia, lo Yemen, l'Egitto, la Siria e non pochi altri Paesi. Questa vicinanza fisica si accompagna, nella percezione dei media e nel modo in cui nello Stato ebraico vengono lette e interpretate le notizie, a una sorta di inedito distacco. Non e' questione di priorita' o dimensioni dei titoli, e' qualcosa di piu' profondo. La vicinanza fisica da una parte e la distanza mentale dall'altra, risolvono la contraddizione in una specie di prudente stupore. Nella consapevolezza che qualcosa sta cambiando.

Perche' dalla Tunisia al Bahrein e' successa e sta succedendo una cosa nuova. Israele non e' piu' al centro. Non e' piu' il fantasma, lo spettro, il demonio. Il nemico per eccellenza, che non va neppure nominato ma solo annientato: nemmeno "lo Stato d'Israele" ma "l'entita' sionista". L'entita' sionista e' stata per decenni il presunto collante che ha tenuto insieme le masse arabe e l'islam. E' servito al potere per rivendicare se stesso, per ottenere un consenso piu' urlato che sostanziale. E invece in questi ultimi mesi di Israele si e' detto ben poco, dentro le rivoluzioni dell'islam. Qualche bandiera bruciata, certo. Qualche sporadico richiamo. Ma la voce "Israele" non e' piu' il riflesso condizionato che fa puntualmente gridare le masse. Perche' le lotte a questi regimi hanno ben altro a cui pensare: rivendicano i propri diritti, la liberta', governi meno corrotti. Vogliono benessere e una societa' civile degna di questo nome. Cose che, nel mondo della globalizzazione, sono note anche a chi non le ha. E le vuole.

Nel bene della rivoluzione e nel male del terrorismo, come dimostra l'assassinio di Vittorio Arrigoni. A parte qualche delirio residuale che, come nel caso degli squali di Sharm El Sheikh non molto tempo fa, vede tutto e tutti al soldo del Mossad, questa tragica vicenda tiene fuori Israele dal problematico scacchiere che e' Gaza oggigiorno, con i suoi giochi di potere interni. Come dimostra, del resto, l'eloquente e prudentissimo silenzio dell'Anp in questa vicenda.

Per decenni i popoli arabi sono stati tenuti a bada con una strumentazione di potere che prevedeva in prima linea lo stereotipo di Israele fonte di tutti i mali e l'idea malsana che eliminando dalla faccia della Terra questo Paese tutto si sarebbe risolto. L'impressione generale e' che queste rivoluzioni abbiano aperto una nuova fase in cui questo collante artificiale non tiene piu'. Le ragazze tunisine che chiedono la liberta' di portare il velo o non portarlo nel loro Paese, non temono di dire che Facebook e' stato il vero strumento di lotta per il loro popolo. Facebook: un prodotto dell'imperialismo americano, inventato da un ragazzo ebreo... Roba che fino a non molto tempo fa sarebbe stato un tabu' politico.

Pensiamo del resto al profilo assai basso scelto anche dall'Iran di fronte a quel che succede nell'universo islamico. I silenzi talora valgono non meno delle parole: Ahmadinejad e' un po' che tace, che non sputa piu' ad uso del mondo intero i suoi proclami contro Israele, le sue profezie d'annientamento. E' un segnale importante di consapevolezza - quasi la prova del nove -, che questo genere di slogan non attecchisce piu' come una volta, su dei popoli in lotta per se stessi e non contro qualcun altro.

 

5. MAESTRE. SILVIA VEGETTI FINZI: CONSIGLI AI GENITORI

[Dal "Corriere della sera" del 23 aprile 2011 col titolo "Come fare per aiutarle a 'rallentare'".

Silvia Vegetti Finzi (Brescia 1938), psicologa, pedagogista, psicoterapeuta, docente universitaria, saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Su Silvia Vegetti Finzi dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente notizia biografica: "Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5 ottobre 1938. Laureatasi in pedagogia, si e' specializzata in psicologia clinica presso l'Istituto di psicologia dell'Universita' cattolica di Milano. All'inizio degli anni '70 ha partecipato a una vasta ricerca internazionale, progettata dalle Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause del disadattamento scolastico. Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta dell'infanzia e della famiglia nelle istituzioni pubbliche. Dal 1975 e' entrata a far parte del Dipartimento di Filosofia dell'Universita' di Pavia ove attualmente insegna psicologia dinamica. Dagli anni '80 partecipa al movimento femminista, collaborando con l'Universita' delle donne 'Virginia Woolf' di Roma e con il Centro documentazione donne di Firenze. Nel 1990 e' tra i fondatori della Consulta (laica) di bioetica. Dal 1986 e' pubblicista del 'Corriere della Sera' e successivamente anche di 'Io donna' e di 'Insieme"' Fa parte del comitato scientifico delle riviste: 'Bio-logica', 'Adultita'', 'Imago ricercae', nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della 'Casa della cultura' di Milano, della 'Libera universita' dell'autobiografia' di Anghiari. Collabora inoltre con le riviste filosofiche 'Aut Aut' e 'Iride'. Molti suoi scritti sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco e spagnolo. E' membro dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa' italiana di psicologia; della Societe' internationale d'histoire de la psychoanalyse. Nel 1998 ha ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il premio nazionale 'Cesare Musatti', e per quelli di bioetica il premio nazionale 'Giuseppina Teodori'. Sposata con lo storico della filosofia antica Mario Vegetti, ha due figli adulti, Valentina e Matteo. Gli interessi di Silvia Vegetti Finzi seguono quattro filoni: il primo e' volto a ricostruire una genealogia della psicoanalisi da Freud ai giorni nostri, intesa non solo come storia del movimento psicoanalitico ma anche come storia della cultura; il secondo, una archelogia dell'immaginario femminile, intende recuperare nell'inconscio individuale e nella storia delle espressioni culturali, elementi di identita' femminile e materna cancellati dal prevalere delle forme simboliche maschili: a questo scopo ha analizzato i sogni e i sintomi delle bambine, i miti delle origini, i riti di iniziazione femminile nella Grecia classica, le metafore della scienza, l'iconografia delle Grandi Madri; il terzo delinea uno sviluppo psicologico, dall'infanzia all'adolescenza, che tenga conto anche degli apporti psicoanalitici. Si propone inoltre di mettere a disposizione, tramite una corretta divulgazione, la sensibilita' e il sapere delle discipline psicologiche ai genitori e agli insegnanti; il quarto, infine, si interroga sulla maternita' e sugli effetti delle biotecnologie, cercando di dar voce all'esperienza e alla sapienza delle donne in ordine al generare". Tra le opere di Silvia Vegetti Finzi: (a cura di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con L. Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri), Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987); Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre, Mondadori, Milano 1990; (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994; Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi), Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri), Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne, Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, Alma Edizioni, 1997; (con altri), Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; (con Anna Maria Battistin), L'eta' incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori, Milano, 2000; Parlar d'amore, Rizzoli, Milano 2003; Silvia Vegetti Finzi dialoga con le mamme, Fabbri, Milano 2004; Quando i genitori si dividono, Mondadori, Milano 2005; Nuovi nonni per nuovi nipoti, Mondadori, Milano 2008; La stanza del dialogo, Casagrande, Bellinzona 2009]

 

Un mutamento epocale vuole che l'infanzia sia sempre piu' breve mentre l'adolescenza tende a non finire mai. Gia' a nove anni molte bambine rivelano i prodromi della puberta', fisica e psichica, una anticipazione che si registra in molti paesi europei, anche nordici. La prematurita' psichica e' preoccupante in quanto inaridisce i processi immaginativi, riduce il tempo del gioco, depotenzia i sogni ad occhi aperti, separa i due sessi e favorisce un'acritica adesione alla identita' stereotipa proposta dai mass-media. A lungo termine ne consegue un depauperamento del potenziale creativo proprio dell'infanzia. Chi esce troppo presto dagli "anni magici" rischia un'identita' emotivamente arida, un pensiero conformista, una eccessiva ricerca del consenso sociale.

Certo la fretta di crescere si afferma in un contesto di generale accelerazione della vita quotidiana. Sin da piccoli i bambini vengono incentivati all'autonomia e soprattutto le bambine ricevono particolari apprezzamenti per la loro "adultita'". Ma, visti gli esiti, e' forse e' il caso di rallentare la corsa.

Ecco una serie di consigli che mi sento di dare ai genitori: 1) meglio adottare abitini sobri senza cedere alle lusinghe del "lolitismo"; 2) non regalare cosmetici e gioielli; 3) sdrammatizzare l'eventuale sovrappeso e non colpevolizzare il cibo; 4) evitare libri e spettacoli eroticamente stimolanti; 5) rinviare l'acquisto del cellulare e controllarne l'abuso; 6) proibire i "viaggi" in chat dove sono sempre possibili incontri pericolosi; 7) non mostrarsi lusingati per i primi corteggiamenti o alludere divertiti al "fidanzatino"; 8) favorire le amicizie di gruppo rinviando a piu' tardi l'esclusivita' dell'amica del cuore; 9) non incentivare le esibizioni (cast di baby modelle, spettacoli, book fotografici); 10) preferire sport di squadra non competitivi; 11) accordarsi con le mamme delle compagne di classe per adottare atteggiamenti coerenti. E, infine, convincersi che la puberta' e' un'eta' di passaggio, intermedia tra un "non piu'" e un "non ancora", che va rispettata e protetta.

 

6. LIBRI. BENEDETTA CRAVERI PRESENTA "TANTI, TANTI BACI! LETTERE DI ERNST BERNHARD A DORA FRIEDLAENDER DAL CAMPO DI INTERNAMENTO DI FERRAMONTI"

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 18 aprile 2011 col titolo "Il nostro nemico" e il sommario "Il carteggio fra il grande terapeuta, internato dai fascisti, e Dora Friedlaender. Amore e psicanalisi le lettere di Bernhard. Il nemico peggiore e' sempre quello interiore che ci spinge nell'ombra, che ci rimprovera distruggendoci da dentro".

Benedetta Craveri e' docente universitaria e saggista finissima. Tra le opere di Benedetta Craveri: Madame du Deffand e il suo mondo, Adelphi, Milano 1982, 2001; (a cura di), Lettere di Mademoiselle Aisse' a Madame C..., Adelphi, Milano 1984; La civilta' della conversazione, Adelphi, Milano 2001]

 

"Io mi trovo bene. Studio la psicologia di questa situazione eccezionale con molto interessamento". Siamo nell'estate del 1940 e la condizione a cui si riferisce Ernst Bernhard in una lettera del 6 luglio a Dora Friedlaender, la compagna della sua vita, e' quella di internato in un campo di concentramento fascista. Ma per il medico berlinese che si preparava ad introdurre la psicoterapia junghiana in Italia e avere pazienti illustri come Adriano Olivetti, Natalia Ginzburg, Federico Fellini e Giorgio Manganelli, "la situazione eccezionale" non era solo un eufemismo in vista della censura, rispondeva a una precisa dichiarazione di intenti. Egli intendeva infatti conferire ordine e senso all'esperienza estrema che gli era toccata in sorte servendosene come un'occasione propizia alla riflessione, allo studio, alla maturazione spirituale.

Nei dieci mesi passati, assieme ad altri ebrei delle piu' varie provenienze, nel grande campo di concentramento di Ferramonti, in Calabria, Bernhard avrebbe mantenuto fede al suo proposito di progredire nel processo autoanalitico di "individuazione" ed "accettazione della sua intera personalita'". Una prova certamente cruciale, di cui egli avrebbe trascritto i sogni, destinati non a caso a costituire un capitoletto della sua Mitobiografia (Adelphi, 1969), ma che possiamo ora seguire giorno dopo giorno, come un work in progress, sul filo della lettura di Tanti, tanti baci! Lettere a Dora dal campo di internamento di Ferramonti (1940-41), il carteggio intrattenuto da Bernhard con la Friedlaender nel corso della sua detenzione, che l'editore Aragno manda in questi giorni in libreria.

Arrivati a Roma, in fuga dalla Germania nazista, nel 1937, Ernst e Dora, entrambi quarantaquattrenni, sono costretti a scriversi, per motivi di censura, in un italiano che nessuno dei due padroneggia ancora perfettamente. Le poche lettere in tedesco che figurano nel carteggio sono, al contrario, assai belle. Ma spesso e' il loro stesso dialogo epistolare, intessuto di sottintesi personali, di riferimenti astrologici e di responsi dell'I Ching (il libro divinatorio cinese che Bernhard fara' poi pubblicare dall'Astrolabio), a coglierci impreparati. Tuttavia se ci affidiamo alla guida appassionata e sapiente della curatrice, Luciana Marinangeli, le lettere di Bernhard riveleranno la straordinaria molteplicita' di messaggi che si nascondono, come in un palinsesto, sotto l'italiano zoppicante della sua scrittura.

Vi e' innanzitutto il desiderio di rassicurare la sua corrispondente sulle sue condizioni fisiche e morali, ma vi e' anche la necessita' di infonderle coraggio e indicarle le iniziative da prendere per ottenere la sua liberazione. Amante e allieva, Dora ha con lui un rapporto di totale dipendenza e soffre di depressione. Quella che Bernhard svolge con lei e' una vera e propria terapia di sostegno a distanza: "Non devi perdere il contatto con la vita, mia carissima... prendi le cose semplicemente come sono, guardale come segni dati per farci vedere la strada giusta". I "segni" sono in primo luogo quelli inviati dalle stelle e dall'I Ching che Dora consulta ossessivamente.

Vi e' ugualmente l'incessante lavoro di autoanalisi, la cronaca dettagliata del dialogo che Bernhard intrattiene con se stesso e con il mondo, alla luce di un pensiero religioso frutto di una personalissima sintesi tra Oriente e Occidente. Vi sono poi i messaggi indiretti che l'internato spera possano impressionare favorevolmente i funzionari preposti al servizio di censura del campo. Dati oggettivi come il suo distacco dall'ebraismo ortodosso e la sua apertura ai valori del cristianesimo si prestano a essere spacciati per antisemitismo. Cosi' come il suo interesse per il mito mediterraneo della Grande Madre, che sara' piu' tardi all'origine di un saggio famoso, e le sue riflessioni sul concetto junghiano di inconscio collettivo gli offrono i presupposti concettuali per progettare uno studio sulla psicologia fascista.

Vi e', infine, il suo celebre intuito rabdomantico che prima ancora di fare di lui un terapeuta d´eccezione, gli avrebbe salvato la vita. Sarebbe stato infatti Bernhard a guidare passo dopo passo Dora sulle tracce di Giuseppe Tucci, il famoso orientalista che pur avendo firmato il Manifesto della razza, doveva garantire per lui e ottenere la sua liberazione.

 

7. LIBRI. ELISABETTA RASY PRESENTA "LA FATTORIA DEI GELSOMINI" DI ELIZABETH VON ARNIM

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "Il sole 24 ore" del 17 aprile 2011 col titolo "Tutto male nel dorato weekend all'inglese. Elizabeth von Arnim".

Elisabetta Rasy, scrittrice e giornalista, nata nel 1947 a Roma, dove vive e lavora, ha pubblicato numerosi romanzi e racconti e vari saggi di argomento letterario molti dei quali dedicati alla scrittura femminile; vincitrice di numerosi premi letterari, le sue opere sono state tradotte in molti paesi; collabora con importanti testate giornalistiche. Tra le opere di Elisabetta Rasy: La lingua della nutrice, 1978; Le donne e la letteratura, Editori Riuniti, 1984, 2000; La prima estasi, Mondadori, 1985; Il finale della battaglia, Feltrinelli, 1988; L'altra amante, Garzanti, 1990; Mezzi di trasporto, Garzanti, 1993; Ritratti di signora, Rizzoli, 1995, 1997; (con Giosetta Fioroni), Esercizi di lettura, Corraini, 1996; La prima volta. Scoprirsi donne nella vita e sul lavoro, Rizzoli, 1996; Posillipo, Rizzoli, 1997; L'ombra della luna, Rizzoli, 1999; Tra noi due, Rizzoli, 2002; Due giorni a Natale, Rossi, 2003; (con Giosetta Fioroni), Succede a Roma, Corraini, 2004; La scienza degli addii, Rizzoli, 2005; L'estranea, Rizzoli, 2007.

Su Elizabeth von Arnim riportiamo ancora la seguente notizia redatta qualche anno fa: "Elizabeth von Arnim (Mary Annette Beauchamp) nasce a Sydney, in Australia, nel 1866, ma trascorre l'infanzia e la giovinezza in Inghilterra. Nel 1890 sposa il conte Henning August von Arnim-Schlagenthin, figlio adottivo di Cosima Wagner, e si trasferisce con lui a Berlino e dopo qualche anno nella loro proprieta' di Nassenheide in Pomerania. Quando, nel 1908, il conte von Arnim e' costretto a vendere la tenuta per debiti, la famiglia si trasferisce a Londra. Dopo la morte del marito Elizabeth e' in Svizzera, dove ha una relazione con Herbert George Wells. Tornata in Inghilterra allo scoppio della guerra, sposa Francis Russell, fratello di Bertrand Russell, ma il matrimonio fallisce dopo appena un anno. Conduce da allora vita errabonda, tra Stati Uniti, Svizzera, Inghilterra e Francia. Muore nel 1941 negli Stati Uniti, dove si era trasferita allo scoppio della seconda guerra mondiale. Cugina di Katherine Mansfield, amica di Edward Morgan Forster e di Hugh Walpole, e' descritta da Wells come 'la donna piu' intelligente della sua epoca'" (da una notzia biografica nel sito della casa editrice Bollati Boringhieri). Tra le opere di Elizabeth von Arnim: Amore; Cristoforo e Colombo; Elizabeth a Ruegen; I cani della mia vita; Il giardino di Elizabeth; La memorabile vacanza del barone Otto; La moglie del pastore; Mr Skeffington; Un incantevole aprile; Un'estate da sola; Vera; Vi presento Sally; tutte presso Bollati Boringhieri, Torino]

 

Elizabeth von Arnim è uno di quei fortunati autori che, piu' che dei lettori, possono vantare degli adepti: un vasto pubblico di affezionati che non sono interessati tanto alle trame e ai personaggi quanto al tono che li caratterizza, una calda tonalita' colorata rintracciabile di storia in storia. Non c'e' aspetto dell'esistenza che il particolare colore rosa di von Arnim non sappia trattare a suo modo. Amore, sesso, conflitti, questioni di denaro popolano i suoi romanzi in un intreccio perverso di alta e bassa societa' mescolate in un cocktail perfetto da quello speciale ingrediente che e' l'ironia dell'autrice, un'ironia dai molti versanti: caustica ma anche tollerante verso i personaggi e verso i lettori. Che, come si sa, amano il lieto fine, tanto che persino in una storia come quella raccontata nell'appena pubblicato La fattoria dei gelsomini, dove tutto va storto fin dalle prime battute e l'ombra del dramma si profila all'orizzonte, un'imprevedibile quanto ironicamente plausibile ricomposizione arriva a pacificare chi si trova dentro e fuori dalle pagine. Siamo, all'inizio, nella piu' catastrofica situazione che una ancora morigerata upper class inglese - negli anni successivi alla prima guerra mondiale - possa temere: un weekend in campagna dove niente va come dovrebbe, ne' il clima - troppo caldo - ne' il cibo - troppo pesante - ne' l'incantevole e soprattutto irreprensibile padrona di casa, lady Daisy, che una volta tanto non riesce ad avere l'aristocratico e dunque perfetto controllo della situazione. Sembra, insomma, che nulla possa proteggere l'eletto gruppetto degli ospiti dagli inconvenienti del sudore e della digestione quando arriva una eccitante e salvifica rivelazione: l'angelica e apparentemente casta figlia della padrona di casa ha una relazione adulterina con il grigio e anziano contabile di famiglia, per giunta malmaritato con una ragazza tanto belloccia quanto plebea.

Elizabeth von Arnim e' una sorta di anti Virginia Woolf: la possibile tragedia si profila immediatamente come una tragicommedia e l'elemento basso - qui nei panni di una attempata e ancora piacente ex attrice che affronta da madre a madre l'affranta lady Daisy - con il suo linguaggio schietto e i suoi rozzi quanto franchi appetiti redime quello alto dalla sua immaginaria disperazione. La scrittrice sa di cosa parla: due eleganti e sventurati matrimoni, un conte tedesco e un conte inglese fratello di Bertrand Russell, l'hanno addestrata agli splendori e soprattutto alle miserie ben arredate dell'aristocrazia. Cosi', procedendo con la grazia crudele di una conversazione salottiera a snidare e smascherare la psicologia dei suoi personaggi e la lotta di classe nel mondo delle buone maniere, sa come trasportare quasi fiabescamente il lettore dall'afa mefitica della campagna inglese al caldo riparatore del sud della Francia per il suo beffardo lieto fine, dove la figlia adultera e la madre irreprensibile vivranno d'amore e d'accordo felici e contente.

 

8. LIBRI. SILVIA RONCHEY PRESENTA Il "TRATTATO DELLE VIRTU'" DI GIORGIO GEMISTO PLETONE

[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La Stampa" del 23 aprile 2011 col titolo "Vi presento Pletone (e non e' un refuso...)" e il sommario "Il pensatore bizantino che innesto' la dottrina platonica nel Quattrocento. Trattato delle virtu': l'opera di uno fra i primi geni del moderno, curioso di ogni ramo del sapere. Stimato e tradotto da Leopardi, detestato da tutte le chiese, un utopista radicale, politico e religioso"

Su Silvia Ronchey dalla Wikipedia riprendiamo il seguente breve profilo: "Silvia Ronchey (Roma, 13 marzo 1958) e' una storica italiana. E' figlia della scrittrice Vittoria Aliberti e di Alberto Ronchey, giornalista, scrittore ed ex-ministro dei Beni Culturali. Bizantinista dal 1976, nello stesso anno inizia il suo tirocinio paleografico sui manoscritti del Monastero di San Giovanni Teologo a Patmos. Nel 1981 si laurea a Pisa con una tesi in Filologia bizantina. Negli anni successivi, oltre che a Patmos, lavora alla Biblioteca del Patriarcato Greco Ortodosso di Alessandria d'Egitto, al Centre d'Histoire et Civilisation du Monde Byzantin del College de France di Parigi e al Dumbarton Oaks Center for Byzantine Studies di Washington D.C., dove inizia la collaborazione con uno dei massimi bizantinisti del Novecento, Aleksandr Petrovic Kazdan. Dal 1995 insegna stabilmente all'Università di Siena, dove e' attualmente professore associato. Scrive sui giornali italiani dal 1986. Da venticinque anni collabora regolarmente a "La Stampa" e al suo supplemento culturale "Tuttolibri", oltre che, episodicamente, a varie altre testate. E' stata autrice e conduttrice di programmi televisivi e per la Rai, tra cui L'altra edicola (RaiDue, 1994-1999), Fino alla fine del mondo (RaiDue1999), interviste a testimoni del secolo quali Ernst Juenger, Claude Levi-Strauss, Elemire Zolla, Jean-Pierre Vernant, James Hillman; tra i programmi radiofonici, si segnalano il ciclo sulla caduta di Costantinopoli in Alle 8 della sera (RadioRaiDue) e la serie sul melodramma antico, medievale e bizantino in Di tanti palpiti (RadioRaiTre). Oltre ai numerosi saggi specialistici in pubblicazioni scientifiche, ha scritto saggi di ampia diffusione, tradotti in piu' lingue, come L'enigma di Piero (Rizzoli), Il guscio della tartaruga (Nottetempo), Il romanzo di Costantinopoli (Einaudi), Ipazia. La vera storia (Rizzoli). Opere principali di Silvia Ronchey: Michele Psello, Imperatori di Bisanzio (Cronografia), traduzione di Silvia Ronchey (testo greco a fronte), 2 voll., Milano, Mondadori - Fondazione Lorenzo Valla, 1984; (con Aleksandr Petrovic Kazdan), L'aristocrazia bizantina, Palermo, Sellerio, 1998, 1999 (con postfazione di Luciano Canfora); James Hillman, L'anima del mondo: conversazione con Silvia Ronchey, Milano, Rizzoli, 2001; Lo Stato Bizantino, Torino, Einaudi, 2002; James Hillman, Il piacere di pensare: conversazione con Silvia Ronchey, Milano, Rizzoli, 2004; L'enigma di Piero. L'ultimo bizantino e la crociata fantasma nella rivelazione di un grande quadro, Milano, Rizzoli, 2006; Il guscio della tartaruga, Roma, Nottetempo, 2009; Il romanzo di Costantinopoli, guida letteraria alla Roma d'Oriente, Torino, Einaudi, 2010; Ipazia. La vera storia, Milano, Rizzoli, 2010"]

 

Che cosa sarebbe il nostro mondo senza Platone? Infinitamente diverso e certamente peggiore, lo sanno tutti. Ma pochi sanno che lo sarebbe anche senza un altro filosofo, suo quasi omonimo: Pletone. Non e' uno scherzo, ne', o non solo, un calembour. Il nostro pensiero, la nostra cultura, la nostra politica, questa nostra civilta' occidentale, che ha origine nella Grecia antica ma e' nel Rinascimento che si forma alla modernita' e appunto rinasce, non avrebbero avuto il loro imprinting nella filosofia di Platone se a trasmetterla all'internazionale degli umanisti europei non fosse stato quel grandissimo filosofo bizantino. Il suo vero nome, Gemisto, nel greco del Quattrocento voleva dire "colmo" (gemistos); e lo stesso o quasi - "pieno", "traboccante" - significava, nel greco classico, lo pseudonimo Plethon, Pletone, che si era dato in omaggio al filosofo per cui traboccava d'amore. Con questo nome era noto in tutto il mondo, come spiega Moreno Neri nello straordinario libro - un vero evento - che oggi ci consegna la traduzione del piu' diffuso fra i testi di Pletone, il Trattato delle virtu', e in cui piu' di 400 pagine sono dedicate a un saggio introduttivo che ha lo spessore intellettuale e critico oltreche' la lunghezza di un'esemplare monografia.

Da Platone a Pletone, la filosofia platonica, per dieci secoli, aveva seguito un cammino carsico, ininterrotto ma spesso sotterraneo. Inizialmente cristianizzata, eppure quasi sempre coniugata a un sincretismo religioso intrinseco ai suoi principi e a un neopaganesimo filosofico condiviso anche dagli esponenti ecclesiastici delle piu' o meno eretiche o clandestine "eterie" o "fratrie" che seguitarono a professarla anche dopo la sua eclissi dalla teologia ufficiale divenuta aristotelica, solo alla Scuola di Pletone sarebbe riemersa alla piena luce. E con la venuta del Gran Maestro e dei suoi discepoli in Italia per il concilio fiorentino del 1439 si sarebbe trasmessa agli intellettuali e ai politici riuniti in suo ascolto.

Fu un preciso passaggio di dottrine, uomini e testi, che da Bisanzio ormai prossima a cadere sotto il dominio turco vennero portati in salvo nell'Europa occidentale. Fu un deliberato passaggio di consegne, in nome del quale Cosimo de' Medici fondo' l'accademia platonica. E quella filosofia divento', come ha scritto Eugenio Garin, "l'ideologia della sovversione europea".

"E' solo grazie a una combinazione di talento e fortuna che Marsilio Ficino - scrive Neri - resta un nome che non si scorda, mentre quello di Giorgio Gemisto e' ignoto ai piu', cosi' come Shakespeare e' un'icona internazionale e Marlowe no". Di Pletone, come scrisse il suo grande estimatore e traduttore Giacomo Leopardi, "la fama tace al presente, non per altra causa se non che la celebrita' degli uomini, come in effetti ogni cosa, dipende piu' da fortuna che da ragione, e nessuno puo' assicurarsi di acquistarla per merito, quantunque grande".

In realta', non sono certo mancate le ragioni per dimenticare Gemisto, o per travisarlo, se non per diffamarlo, spiega Neri, il primo dopo Leopardi ad essersi misurato vittoriosamente con il suo greco splendido e impossibile, musicale e burrascoso, arcaico e futuribile, che ha dissuaso molti dal tradurre la sua opera omnia, di cui invece questo Trattato e' il primo volume.

"Detestato da tutte le chiese costituite, finita sul rogo la sua opera piu' importante" - il libro delle Leggi, bruciato dal patriarca Gennadio poco dopo la sua morte -, "Pletone diede vita a entusiasmi come a odi non passeggeri tra le persone piu' eccellenti del Rinascimento", scrive Neri. "Fu uno dei primi geni del moderno, mosso da una curiosita' quasi topografica per ogni ramo del sapere". Oltre che un teologo neopagano e un eretico, era un utopista che "aveva trovato nelle dottrine platoniche e neoplatoniche, nei mitici testi zoroastriani, orfici e pitagorici, il fondamento di un radicale programma di rinnovamento politico e religioso, di una rinascita della piu' antica sapienza che fosse l'inizio di un nuovo tempo dell'esperienza umana". Alla sapienza nascosta del cristianesimo non potevano non essere arrivati, riteneva Pletone, gli antichi saggi ellenici e orientali. Far rivivere i loro testi e riti avrebbe portato a una religione filosofica in cui le diversita' dei culti e delle confessioni storiche sarebbero state irrilevanti per gli iniziati di un alto clero illuminato. In quel mondo nuovo, ogni devozione sarebbe stata ammessa e libera di prosperare.

Pletone affermava che tutto il mondo entro pochi anni avrebbe accolto una sola religione con un solo animo, una sola mente e una sola predicazione. "Cristiana o maomettana?", gli avevano chiesto. "Nessuna delle due - aveva risposto - ma simile a quella dei gentili. Solo quando Maometto e Cristo saranno dimenticati, la verita' vera splendera' su tutte le terre del mondo". I filosofi musulmani amarono quanto gli umanisti italiani le sue opere e poco dopo la sua morte cio' che restava del libro delle Leggi fu tradotto in arabo.

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Numero 339 del 4 maggio 2011

 

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