Nonviolenza. Femminile plurale. 321



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 321 del 12 aprile 2011

 

In questo numero:

1. Emilia Mezzetti e Maura Ughi: Marie-Sophie Germain

2. Emilia Mezzetti e Maura Ughi: Sofia Vasilyevna Kovalevskaya

3. Emilia Mezzetti e Maura Ughi: Emmy Noether

4. Emilia Mezzetti e Maura Ughi: Julia Bowan Robinson

5. Laura Minguzzi: Eufrosinija

6. Laura Minguzzi: Karolina Karlovna Pavlova

 

1. PROFILI. EMILIA MEZZETTI E MAURA UGHI: MARIE-SOPHIE GERMAIN

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Emilia Mezzetti e Maura Ughi, entrambe professori ordinari presso il Dipartimento di Matematica e Informatica dell'Universita' di Trieste, matematiche professioniste quindi, autrici, oltre che di articoli scientifici, anche di articoli di carattere divulgativo e di promozione della matematica presso le scuole superiori". Cfr. anche le pagine web delle autrici nel sito del Dipartimento di Matematica e Informatica dell'Universita' di Trieste www.dmi.units.it]

 

Marie-Sophie Germain (Parigi 1776 - 1831).

Sophie nasce a Parigi in una famiglia della ricca borghesia: suo padre, colto mercante di seta, sarebbe stato eletto rappresentante del Terzo Stato nell'Assemblea Costituente convocata all'inizio della Rivoluzione Francese, per divenire in seguito direttore della Banca di Francia.

Nel 1789 Sophie ha 13 anni e passa le sue giornate in casa, lontana dalla confusione delle strade parigine, e legge molto, attingendo alla ricca biblioteca paterna. Legge in particolare la Storia della matematica di Jean-Etienne Montucla, e rimane profondamente colpita dalla vicenda di Archimede, ucciso da un soldato romano durante l'assedio di Siracusa, mentre era assorto nelle sue ricerche. Studia con passione tutti i libri di matematica che riesce a trovare, ma la famiglia ritiene sconveniente tanto interesse per questa scienza in una persona della sua eta', del suo ceto sociale, e soprattutto del suo sesso, e cerca in tutti i modi di distoglierla da questo studio, ma Sophie non rinuncia e studia di notte a lume di candela avvolta nelle coperte. Il padre, infine, si convince a lasciarle seguire la sua strada: Sophie dedichera' tutta la vita alle sue ricerche in matematica, senza mai sposarsi, sostenuta economicamente dalla famiglia.

A Parigi, nel 1795 si apre l'Ecole Polytechnique, universita' destinata alla formazione superiore di ingegneri e scienziati soprattutto per il Genio Militare, in cui i docenti svolgono parallelamente didattica e ricerca scientifica. Le donne non vi sono ammesse, ma Sophie riesce a procurarsi le dispense di alcuni corsi, e le studia da sola. Sotto il nome di Antoine-Auguste LeBlanc, uno studente che aveva smesso di frequentare le lezioni, Sophie consegna un tema scritto al professore d'analisi matematica, Joseph-Louis Lagrange. Impressionato dall'originalita' del lavoro, Lagrange vuole incontrare lo studente, e viene cosi' a scoprirne la vera identita'. Ammirato dalle sue qualita' matematiche, Lagrange diventa il mentore di Sophie, e la introduce nella comunita' degli scienziati e dei matematici.

Continuando a studiare da autodidatta, Sophie si dedica soprattutto alla matematica pura, e in particolare all'ultimo teorema di Fermat, il famoso problema sorto da una nota scritta da Pierre de Fermat a margine dell'Aritmetica di Diofanto, nel 1685, attorno al quale i progressi erano stati pochissimi. Esce negli stessi anni un libro del piu' grande matematico dell'epoca, Carl Friederich Gauss, le Disquisitiones Arithmeticae, un trattato di teoria dei numeri in cui sono contenute idee e tecniche nuove. Sophie lo studia a fondo e riesce a dimostrare qualche risultato. Nel 1804 decide di scrivere a Gauss, ma non osa scrivergli con il suo vero nome, per paura di non essere presa in considerazione, e si firma nuovamente LeBlanc. Gauss risponde dimostrando di apprezzare queste idee e la corrispondenza continua. Quando, nel 1806, Napoleone invade la Prussia dove vive Gauss, Sophie, preoccupata per lui, lo raccomanda ad un generale francese, amico di famiglia; cosi' Gauss scopre che dietro a LeBlanc si nasconde una ragazza. Sorpreso, Gauss le scrive: "Il gusto per la scienza astratta in generale, e soprattutto per i misteri dei numeri, e' molto raro: cio' non e' strano, perche' il fascino di questa sublime scienza si rivela in tutta la sua bellezza solo a coloro che hanno l'ardire di affrontarla. Ma quando una donna, che, per i nostri costumi e pregiudizi, deve incontrare difficolta' infinitamente superiori a quelle degli uomini per giungere a familiarizzarsi con questi spinosi problemi, riesce nondimeno a sormontare tali ostacoli e a penetrare fino alle regioni piu' nascoste della scienza, allora senza dubbio ella ha il piu' nobile ingegno, un talento straordinario e un genio superiore". Nel 1808 Gauss vince una cattedra di Astronomia all'Universita' di Gottinga, abbandona le ricerche in teoria dei numeri e interrompe la corrispondenza. Sophie decide allora di dedicarsi ad un altro tema, la teoria delle vibrazioni delle superfici elastiche, su cui era stato bandito un concorso dall'Accademia delle Scienze. Nel bando si chiedeva di formulare una teoria matematica per spiegare le affascinanti figure che si generavano negli esperimenti condotti dal fisico Ernst Chladni con lastre vibranti ricoperte di sabbia finissima. Si tratta di un argomento a cavallo fra matematica e fisica, dove bisogna impostare una teoria nuova, cosa che scoraggia tutti gli altri matematici. Sophie coraggiosamente si lancia in questa ricerca e partecipa al concorso, unica concorrente, ma non vince il premio, perche' il suo lavoro non e' considerato sufficientemente accurato e giustificato dal punto di vista fisico. Il premio viene bandito nuovamente, per altre due volte, e Sophie e' sempre l'unica concorrente. Al terzo tentativo, nel 1816, la giuria le assegna il premio, ma Sophie e' delusa, perche' ritiene che il suo lavoro non sia stato pienamente apprezzato, e che la giuria non l'abbia considerata come avrebbe meritato. Avrebbe desiderato che i membri della giuria discutessero e interagissero con lei alla pari, come avrebbero fatto con un concorrente uomo, dandole la possibilita' di correggere alcuni errori e migliorare la sua teoria. Alla fine Sophie non va a ritirare il premio e pubblica a sue spese i risultati ottenuti. L'equazione differenziale che descrive la soluzione del problema e' oggi citata come equazione di Lagrange-Germain.

Nel 1819 Sophie torna a dedicarsi all'amata teoria dei numeri e scrive di nuovo a Gauss, presentandogli un grande progetto per affrontare l'ultimo teorema di Fermat. Purtroppo Gauss non ha tempo o voglia di leggerlo con la necessaria attenzione, e, pur manifestandole la sua stima, non entra nei dettagli del lavoro. Sophie continua a lavorare piuttosto isolata, scrive anche di filosofia, Adrien-Marie Legendre e Guglielmo Libri sono i due matematici che le sono piu' vicini negli anni successivi, fino alla morte, per tumore, a 55 anni, nel 1831. Il "teorema di Germain", quello per cui Sophie e' maggiormente nota, e' di quest'ultimo periodo, ed e' riportato in una Memoria di Legendre del 1823, in una nota a pie' di pagina. Si tratta del maggior contributo all'ultimo teorema di Fermat dopo quello di Eulero del 1738, e fino al 1840 con Kummer (ricordiamo che l'ultimo teorema di Fermat e' stato dimostrato da A. Wiles solo nel 1994, con tutt'altre tecniche, che fanno uso di sofisticate teorie elaborate nel XX secolo).

I manoscritti di Sophie che si trovano a Parigi e a Firenze sono stati oggetto di studio negli ultimi anni, e hanno portato a una grande rivalutazione del suo lavoro (A. Del Centina, Unpublished manuscripts of Sophie Germain and a revaluation of her work on Fermat's Last Theorem, Arch. Hist. Exact Sci. (2008) 62, 349-392; R. Laubenbacher, D. Pengelley, "Voici ce que j'ai trouvé": Sophie Germain's grand plan to prove Fermat's Last Theorem, Historia Matematica, in corso di pubblicazione). Il teorema di Germain non e' che una piccola parte del suo grande progetto, che e' risultato contenere molte idee e risultati interessanti, ottenuti indipendentemente anche in tempi recenti da altri matematici. Purtroppo, a causa dell'isolamento in cui indubbiamente Sophie opero', principalmente per il fatto di esser donna, il suo notevole lavoro rimase ignorato per quasi due secoli.

L'Ecole Polytechnique fu finalmente aperta alle ragazze nel 1972; superarono l'esame di ammissione 7 candidate, tra cui Anne Chopinet (nata nel 1953), che si classifico' addirittura prima fra tutti gli allievi e, in quanto tale, fece da portabandiera per l'Ecole Polytechnique alla sfilata del 14 luglio 1973. La prima donna professore, assunta nel 1992, e' stata la fisica Claudine Hermann. Attualmente la percentuale di ragazze all'Ecole Polytechnique si aggira sul 10-15%.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: A. Dahan Dalmedico, Sophie Germain, "Le Scienze", 282, febbraio 1992; L. Toti Rigatelli, Sophie Germain. Una matematica dimenticata, Milano, Archinto 2007; cfr. anche la voce a lei dedicata su Wikipedia, e la voce a lei dedicata su The MacTutor History of Mathematics Archive.

 

2. PROFILI. EMILIA MEZZETTI E MAURA UGHI: SOFIA VASILYEVNA KOVALEVSKAYA

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Sofia Vasilyevna Kovalevskaya (Mosca 1850 - Stoccolma 1891).

Sofia Vasilyevna fu la prima donna ad essere nominata professore di matematica da una universita' europea (Stoccolma 1884) e anche la prima donna a far parte attiva del comitato editoriale di una rivista scientifica di rilievo ("Acta Matematica" 1884). Importante anche il suo impegno culturale e civile, in particolare vicino ai nichilisti russi, e ai movimenti a favore delle donne.

Oltre ad essere una matematica "professionista", pienamente inserita nella comunita' scientifica europea del suo tempo e autrice di importanti risultati matematici, fu anche scrittrice; citeremo spesso nel seguito frasi tratte dal suo bel libro autobiografico Memorie d'infanzia.

La sua famiglia apparteneva alla piccola nobilta' russa. Sofia, chiamata familiarmente Sonya, era la seconda di tre figli, fra la maggiore Anjuta, che le sara' sempre particolarmente cara, e il piu' piccolo Fedja. "In generale, la convinzione di non essere amata nella mia famiglia e' come un filo nero che si avvolge attorno a tutti i miei ricordi" (Sofia Kovalevskaya, Memorie d'infanzia, Pendragon 2000). Molto spesso sola con l'istitutrice inglese, miss Smith, Sofia leggeva molto e di nascosto scriveva poesie. Poi nella grande casa di campagna in cui vivevano, le conversazioni con l'amato zio Pjotr, che sapeva un po' di tutto e parlava volentieri con lei, suscitarono la sua curiosita' verso la matematica: "Fu proprio da lui, per esempio, che sentii per la prima volta parlare della quadratura del cerchio e dell'asintoto a cui una curva si avvicina costantemente senza mai raggiungerlo, e di molti altri problemi di natura simile. Naturalmente non riuscivo ad afferrare il significato di questi concetti, ma essi agirono sulla mia immaginazione, instillando in me un sentimento reverenziale per la matematica, una scienza misteriosa ed eccelsa che spalanca ai suoi adepti un mondo nuovo di meraviglie inaccessibili ai comuni mortali".

A questo punto dobbiamo riportare una vicenda citata in tutte le biografie della Kovalevskaya: l'episodio della carta da parati. Il caso volle che una delle camere dei bambini fosse tappezzata solo con carta comune e che su questa carta fossero stampate le conferenze sul calcolo differenziale del prof. Ostrogradskj: "Mi ricordo di me bambina, mentre rimanevo ferma per ore e ore davanti a quel muro misterioso per afferrare almeno qualche passaggio isolato o trovare la sequenza del numero delle pagine". Anni dopo queste prime "letture" la aiutarono nello studio sistematico del calcolo differenziale, almeno secondo quanto scrive lei stessa.

Inizio' lo studio dell'aritmetica con il precettore di famiglia, ma erano questioni piu' astratte ad affascinarla: "... l'infinito per esempio. E, a onor del vero, e' l'aspetto filosofico della matematica che mi ha attratto per tutto il corso della mia vita. La matematica mi e' sempre sembrata una scienza che dischiude nuovi orizzonti". Il padre certo non pensava di incoraggiare le tendenze intellettuali, e matematiche addirittura, della figlia, che nei suoi progetti avrebbe dovuto diventare una classica signorina di buona famiglia. Ma un vicino di casa, professore di fisica, discutendo con Sofia di formule contenute in un suo testo di ottica che la fanciulla aveva tentato di leggere, rimase colpito dalle sue capacita' e convinse il padre a fare studiare privatamente Sofia in modo sistematico. Sofia e Anjuta, pero', volevano di piu', volevano studiare regolarmente all'universita', cosa allora impossibile per le donne in Russia. Decisero cosi' di andare all'estero, ma per uscire dalla Russia ci voleva un passaporto e le donne potevano solo essere segnate su quello o del padre o del marito. Il padre generale rifiuto', ma negli ambienti radicali di San Pietroburgo era stato inventato il "matrimonio fittizio": bastava che un gruppetto di ragazze trovasse un uomo disponibile a sposare nominalmente una di loro: le altre potevano appoggiarsi alla rispettabilita' di una coppia sposata e ottenere cosi' piu' facilmente il permesso paterno. Per Anjuta, Sofia e altre due l'uomo fu Vladimir Onufievic Kovalevskj, che scelse come sposa fittizia proprio Sofia. Per ottenere il consenso del padre al matrimonio, Sofia gli fece sapere in presenza di ospiti di essersi recata senza chaperon a casa di Kovalevskj e che ci sarebbe rimasta finche' non avesse autorizzato il matrimonio, che segui' subito nel settembre 1868 (Sofia aveva 18 anni). Subito dopo la coppia parti' alla volta di Heidelberg, presso la cui universita' Sofia studio' matematica e fisica per due anni (con Bunsen, Kirchoff, Helmholtz); fu poi a Berlino, per la presenza in quella universita' del maggior matematico tedesco ed europeo del tempo, Karl Theodor Wilhelm Weierstrass (1815-1897). Ma li', contrariamente ad Heidelberg, non fu concesso a Sofia, in quanto donna, di frequentare le lezioni ufficiali e allora lei si rivolse direttamente a Weierstrass con la richiesta di studiare con lui privatamente. Il grande matematico non era un radicale e non si era mai preoccupato dell'istruzione delle donne in generale, ma la positiva opinione sulla giovane donna dei suoi colleghi di Heidelberg insieme al metodo intelligente con cui Sofia affronto' alcuni esercizi matematici che lui le aveva proposto, lo convinsero ad accettarla come allieva. Il rapporto privilegiato, scientifico e di amicizia, tra Weierstrass e la Kovalevskaya duro' per tutta la vita di lei e ovviamente suscito' invidie e gelosie tra i contemporanei.

A Berlino la Kovalevskaya concluse tre dissertazioni, due di matematica pura e una legata all'astronomia, che furono giudicate sufficienti a conseguire il titolo di dottore presso l'universita' di Gottinga, nel 1874, abbastanza aperta da dare il titolo ad una donna. In uno di questi lavori venne dimostrato un teorema ancora citato come il Teorema di Cauchy-Kovalevskj, e tutti e tre furono pubblicati in seguito su buone riviste, segno della loro qualita'.

Il soggiorno a Berlino non fu solo occasione di studio; Sofia fu a Parigi nel periodo della Comune, per raggiungere Anjuta, rivoluzionaria e compagna del comunista Victor Jaclard; e poi a Londra, dove Anjuta fuggi' aiutata da Karl Marx, amico di Jaclard. Nei salotti londinesi Sofia si trovava a suo agio e conobbe vari personaggi fra cui Charles Darwin, amico del "marito" paleontologo, e George Eliot.

Dopo la laurea, nell'autunno del 1874, Sofia e Vladimir tornarono in Russia, a San Pietroburgo, dove della laurea di lei non sapevano che fare; le offrirono di insegnare aritmetica elementare ma lei rifiuto' l'offerta. Si trovo' cosi' a vivere secondo le aspettative paterne, cioe' come una signora della buona societa', il matrimonio con Vladimir divenne reale, nel 1878 nacque la loro figlia Sofia detta Fufa. Sofia scrisse "Varie e particolari circostanze contribuirono a distogliermi da un serio lavoro scientifico: la societa' stessa e quelle condizioni sotto le quali si e' costretti a vivere". La Kovalevskaya aiutava il marito in attivita' economiche varie ma invariabilmente sfortunate, e l'unico intermezzo matematico fu la sua partecipazione ad un convegno durante il quale conobbe il matematico Gosta Mittag-Leffler, svedese ma della scuola di Weierstrass. L'episodio fu isolato ma importante per il futuro di Sofia. Infatti, gia' durante la gravidanza, riprese i contatti con Weierstrass e in generale col mondo matematico, ricomincio' a lavorare a problemi sia teorici che applicati. Le condizioni economiche della famiglia peggioravano, il matrimonio era in crisi, Mittag-Leffler, conoscendo queste difficolta', cerco' di trovarle un incarico di insegnamento, prima senza successo a Helsingfors, poi, finalmente, presso la nuova e innovativa universita' di Stoccolma.

Nel 1881 la Kovalevskaya lascio' la Russia e il marito, e torno' in Europa, frequentando soprattutto Parigi e Berlino, e stringendo i contatti con i migliori matematici. La notizia del suicidio del marito, nel 1883, la raggiunse a Parigi. Paradossalmente la "regolarizzazione" della sua posizione - non piu' donna separata ma vedova - sblocco' la sua nomina all'universita' di Stoccolma, prima come libero docente e poi come docente ufficiale, nel 1884.

Gli anni di Stoccolma furono caratterizzati dal lavoro professionale come matematico maturo. In particolare ricordiamo il suo lavoro sul moto di un solido in particolari condizioni, tuttora citato come "caso della Kovalevskaya"; si tratta di un problema di fisica apparentemente semplice ma in realta' molto complesso, studiato dai tempi di Eulero, nel '700, ai nostri giorni. Il contributo della Kovalevskaya fu decisivo tanto che le frutto' nel 1888 il prestigioso Premio Bordin, addirittura raddoppiato in valore monetario vista la qualita' del risultato. Questo lavoro divento' famoso nell'ambiente matematico perche' usava risultati astratti di teorie di matematica pura per dare risposta a problemi applicati e importanti di fisica. Nonostante l'intensita' della sua vita professionale, Sofia trovo' lo spazio per scrivere, tra l'altro una commedia, Nichilista, successiva alla malattia e alla morte della sorella.

La vita sentimentale di Sofia riprese circa nel 1887 con la sua relazione con Maksim Kovalevskj, lontano cugino del marito. Dopo una vacanza con lui Sofia doveva tornare a Stoccolma ad insegnare, ma il viaggio fu pieno di contrattempi: sotto una pioggia torrenziale dovette portarsi le valigie da sola verso il traghetto per la Svezia. Sembrava una banale influenza, e Sofia inizio' il corso, ma dovette mettersi a letto. E mori' dopo pochi giorni, il 10 febbraio 1891, a soli quarantun anni.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Sofia Kovalevskaya, Memorie d'infanzia, Pendragon 2000; Roger Cooke, The mathematics of Sonya Kovalevskaya, Springer Verlag 1984; The legacy of Sonya Kovalevskaya, in Proceedings of the Symposium, oct. 1985, Ams Contemporary Mathematics, vol. 64, 1987; cfr. anche la voce a lei dedicata su Wikipedia, e la voce a lei dedicata su MacTutor History of Mathematics.

 

3. PROFILI. EMILIA MEZZETTI E MAURA UGHI: EMMY NOETHER

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Emmy Noether (Erlangen (Germania) 1882 - Bryn Mawr (Usa) 1935).

"Gli sforzi della maggior parte degli esseri umani si consumano nella lotta per il loro pane quotidiano, ma la maggior parte di quelli che sono, per caso o per qualche dono speciale, sollevati da questa lotta sono largamente assorbiti nell'aumentare ulteriormente i loro possessi terreni... ma c'e', fortunatamente, una minoranza composta da coloro che riconoscono presto nelle loro vite che le esperienze piu' belle e soddisfacenti aperte all'umanita' non sono derivate dall'esterno, ma sono legate allo sviluppo del proprio individuale sentire, pensare e agire. I vari artisti, ricercatori o pensatori sono sempre persone di questo tipo. Per quanto la loro vita trascorra in sordina, purtuttavia i frutti dei loro sforzi sono i piu' fondamentali contributi che una generazione puo' lasciare alla successiva. Pochi giorni fa una insigne matematica, la professoressa Emmy Noether, prima appartenente all'Universita' di Gottinga e negli ultimi due anni al college Bryn Mawr, e' morta a 53 anni. Nel giudizio dei matematici piu' competenti, la signorina Noether era il piu' significativo e creativo genio matematico apparso finora da quando e' iniziata l'educazione universitaria delle donne...". E' Albert Einstein a salutare cosi' Emmy Noether (Professor Einstein writes in Appreciation of a fellow Mathematician, "New York Times", 5 maggio 1935).

Emmy era figlia d'arte, suo padre Max era professore di matematica all'Universita' di Erlangen, sua madre Ida Amalia Kaufmann proveniva da una antica e ricca famiglia ebrea della regione di Colonia. Ebbe una giovinezza normale e sembrava inizialmente avviata a diventare insegnante di lingue. Non diede seguito a questo progetto, interessandosi alla matematica; era una strada difficile per le donne, perche' non era loro permessa una iscrizione regolare e solo col favore del professore era loro possibile prender parte alle lezioni. Studio' cosi' ad Erlangen, ma segui' anche corsi nella prestigiosa Universita' di Gottinga, in particolare con F. Klein, H. Minkowski, D. Hilbert e K. Schwarzchild, nomi ben noti ai matematici e fisici. Nel frattempo nel 1904 la legge tedesca fu modificata e le donne furono ammesse come studenti regolari, come tale Emmy ottenne il titolo di dottore a Erlangen nel 1907.

A quel punto la carriera accademica normale prevedeva di ottenere l'Habilitation e diventare professore presso qualche universita', ma una donna non poteva ancora sostenere questo esame e cosi' Emmy rimase nella sua citta', aiutando il padre che invecchiava e lavorando alle proprie ricerche matematiche. La sua tesi, sotto la direzione di Paul Gordan, riguardava la teoria classica degli invarianti, molti conti e poca astrazione, l'arrivo ad Erlangen del nuovo professore Ernst Fischer la indirizzo' verso studi a lei piu' congeniali rivolti ad aspetti piu' astratti delle teorie algebriche. La pubblicazione dei suoi risultati fece crescere la sua reputazione nell'ambiente matematico, nel 1908 fu invitata a far parte del Circolo Matematico di Palermo e nel 1909 della D.M.V., l'Associazione tedesca dei matematici.

Nel 1915 Klein e Hilbert la invitarono a trasferirsi a Gottinga, invito certo non da poco visto il prestigio di quella universita' e dei due personaggi. In particolare Hilbert era interessato ad aspetti ancora non chiari della neonata Teoria della Relativita' Generale e riteneva che la Noether, proprio per la sua capacita' di astrarre e generalizzare, potesse aiutarlo. Da subito i due professori cercarono di farla assumere ufficialmente dall'Universita', ma per questo ci voleva la famosa Habilitation, quindi nulla di fatto. Si dice che Hilbert obiettasse che non poteva capire perche' il genere del candidato dovesse essere usato contro la sua ammissione come professore, continuando con la famosa frase "dopotutto questa e' una Universita' e non uno stabilimento balneare", dato che allora ai bagni di mare o lago gli uomini e le donne erano separati. Emmy non fu assunta ma pote' tenere dei corsi, ufficiosamente, come assistente appunto di Hilbert.

Nel 1918, finita la prima guerra mondiale, tutto cambio' in Germania, anche la legge sul famoso esame e finalmente la Noether ottenne il titolo necessario, nel 1919, con vari lavori tra cui spicca quello originato dallo studio sui problemi di relativita' e, piu' in generale, di meccanica. Tale lavoro contiene un risultato, tuttora noto come Teorema di Noether, sui legami tra struttura simmetrica di una teoria e leggi fisiche di conservazione, gia' apprezzato allora anche da Einstein e tuttora fondamentale. Del 1921 e' un altro lavoro sulla teoria degli ideali, fondamentale per lo sviluppo dell'algebra moderna. La Noether aveva 39 anni ed era quindi un doppio controesempio al famoso detto di G. Hardy "Mathematics is a young man game". Finalmente poteva insegnare ufficialmente corsi sui suoi argomenti di ricerca, e nonostante le sue fossero lezioni "difficili" per i piu', comincio' a formarsi intorno a lei un gruppo di entusiasti studenti, in seguito detti i "Noether boys", stimolati dalla sua intelligenza, ma protetti dal suo atteggiamento materno e amichevole. Molti dei suoi risultati scientifici non sono a suo nome ma pubblicati in lavori di questi allievi. Emmy badava poco al suo aspetto esteriore; pare che cominciasse le sue lezioni con i capelli ordinatamente racchiusi in una crocchia per finire con una testa in completo disordine, e le sue, poche, studentesse non riuscivano neanche a dirglielo perche' era troppo impegnata a discutere di matematica con chi voleva ascoltarla.

Nonostante la sua posizione ufficiale non fu mai di docente ordinario, lei divenne il piu' importante centro attrattivo per l'algebra nel gia' grande gruppo di matematica di Gottinga e in generale nel mondo matematico di allora. Fu invitata all'estero, ricordiamo il periodo 1928-29 a Mosca, con la cui scuola matematica aveva ottimi rapporti, oltre che avere simpatia per quel paese per le sue idee politiche, orientate al socialismo e al pacifismo. Soprattutto importante e' la sua partecipazione a due congressi internazionali dei matematici, nel 1928 a Bologna e nel 1932 a Zurigo, dove tenne una delle conferenze generali: un grande onore e un riconoscimento dell'importanza internazionale di un matematico, ancora oggi.

Tutto sembrava andare per il meglio, ma era il 1933 e Emmy era tedesca ed ebrea insieme: dopo la vittoria dei nazisti in Germania lei, come molti altri, fu congedata, senza stipendio ne' pensione. La sua facolta' cerco' di tenerla, ben quattordici furono le testimonianze a suo favore che ne esaltavano l'importanza come matematica. Furono inviate al ministero, ma senza successo, forse arrivarono insieme all'informazione circa le sue tendenze politiche e comunque oggi sappiamo che sarebbero state inutili. Su raccomandazione di altri matematici (ad esempio Hermann Weyl) e con l'aiuto finanziario dell'Institute for Advanced Studies, di Princeton (Usa), le fu creato un posto ad hoc al College femminile di Bryn Mawr vicino a Princeton. Lei si trovava bene li', andava regolarmente all'Ias a tenere corsi e a discutere di matematica coi colleghi, la lingua non era certo un problema visto che dopo le leggi razziali c'erano piu' matematici tedeschi di vaglia a Princeton che a Gottinga. La Noether torno' anche d'estate in Germania per vedere l'unico fratello rimasto, Fritz, anche lui matematico, congedato in quanto ebreo e in partenza per Tomsk in Siberia, dove ebbe in seguito una fine tragica: fu fucilato dai russi nel 1941 con l'accusa di essere una spia tedesca.

Il periodo negli Usa fu un buon periodo, ma molto breve, la Noether mori' improvvisamente a 53 anni dopo una operazione per un tumore pelvico, che all'inizio sembrava riuscita e che non la preoccupava, tanto che non ne aveva scritto neanche al fratello. Fra i molti discorsi funebri oltre a quello di A. Einstein, citiamo quello di H. Weyl, di Alexandrov a Mosca e di Van der Waerden, l'unico in tedesco, pubblicato sulla rivista "Mathematische Annalen", alla cui organizzazione Emmy aveva a lungo lavorato. Quest'ultimo fu pubblicato nel 1935 in pieno regime nazista, nonostante si parlasse di una ebrea.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: A. Dick, Emmy Noether 1882-1935, Birkhauser, 1981; P. Roquette, Emmy Noether and Hermann Weyl, in Groups and Analysis, London Math. Soc. Lecture Note ser. 354, Cambridge Univ. Press, 2008, pp. 285-326; M.Teicher (editor), The heritage of Emmy Noether, Israel Math. Conf. Proceedings, vol. 12, 1999; A. Einstein, Professor Einstein writes in Appreciation of a fellow-Mathematician, "New York Times" 5 maggio 1935; nel web cfr. la biografia a cura di Aldo Brigaglia su Matematica Pristem; la biografia di Emmy Noether sul sito MacTutor History of Mathematics; la voce su Wikipedia a lei dedicata.

 

4. PROFILI. EMILIA MEZZETTI E MAURA UGHI: JULIA BOWAN ROBINSON

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Julia Bowan Robinson (St. Louis, Missouri (Usa) 1919 - Oakland, California (Usa) 1985).

Nel 1900 il matematico tedesco David Hilbert, uno dei piu' illustri matematici del tempo, tenne una famosa conferenza a Parigi al Congresso internazionale dei matematici, in cui enuncio' 23 problemi da sottoporre all'attenzione delle generazioni future. Tali problemi, divenuti noti come "i problemi di Hilbert", sono stati il filo conduttore della matematica del XX secolo, indicando le principali linee guida per la ricerca e aprendo la strada a nuove teorie (U. Bottazzini, I problemi di Hilbert. Un programma di ricerca per le "generazioni future", in Vite matematiche, Protagonisti del '900 da Hilbert a Wiles, Springer Italia,  2007). Alcuni dei problemi di Hilbert sono ancora aperti, in parte o completamente, ma dieci sono stati completamente risolti, in senso affermativo o negativo. Tra questi e' il decimo problema di Hilbert, risolto nel 1970 da un giovane matematico russo, Yuri Matiyasevich. Semplificando molto, il problema chiedeva di determinare un algoritmo (ossia una procedura esplicita) che, dato un polinomio a coefficienti interi, dica se questo polinomio si annulla o meno su numeri interi. La soluzione alla questione, trovata da Matiyasevich e' negativa: un tale algoritmo non esiste. Questo fondamentale risultato, che si colloca tra la Logica Matematica e quella che oggi si chiama Informatica Teorica, e riguarda la "teoria della decisione", e' noto anche come Teorema Dprm, dalle iniziali di Davis, Putnam e Robinson, oltre che di Matiyasevich. Infatti il matematico russo riusci' a trovare l'ultimo tassello di un puzzle matematico che era ormai quasi completo, grazie agli sforzi di Martin Davis, Hilary Putnam e soprattutto Julia Bowman Robinson.

Americana di nascita e di formazione, Julia era una matematica part-time. Non aveva avuto un'infanzia felice: la madre mori' quando aveva due anni, e il padre, poi risposatosi, aveva scelto di vivere quasi in isolamento prima nel deserto dell'Arizona, poi vicino a San Diego, in California. Ammalatasi a nove anni prima di scarlattina, poi di febbre reumatica, Julia fu costretta a restare tre anni lontana dalla scuola. La malattia, da cui si riprese con difficolta', le lascio' seri problemi al cuore, cosa che le impedira' di avere i figli che tanto avrebbe desiderato e le impedira' per anni di lavorare a tempo pieno; solo nel 1961, grazie a un intervento chirurgico perfettamente riuscito, Julia pote' migliorare di molto il suo stile di vita.

Tornata a scuola a 12 anni, Julia dimostro' subito doti eccezionali, soprattutto per la matematica; grazie ai sacrifici e all'aiuto della famiglia (il padre nel frattempo era morto suicida, dopo un tracollo finanziario), Julia ebbe l'opportunita' di entrare alla prestigiosa Universita' di Berkeley in California, dove si laureo' brillantemente. Li' conobbe il futuro marito, il professor Raphael Robinson. Dopo il matrimonio, Julia per un periodo lascio' la matematica, salvo qualche saltuario contratto; le regole dell'Universita' di Berkeley non le permettevano di insegnare al Dipartimento di Matematica, in quanto moglie di un membro dello staff. Dopo un'interruzione di cinque anni, Julia riprese i suoi studi nel 1946, quando accompagno' il marito in una lunga visita a Princeton. Sotto la supervisione del famoso logico Alfred Tarski, consegui' il dottorato di ricerca con un lavoro in Teoria della Decisione. Negli anni successivi Julia fu "una casalinga che faceva matematica", come la definisce la sorella, la giornalista e scrittrice Constance Reid (C. Reid, Being Julia Robinson's sister, Notices Ams, vol. 43, n. 12, dicembre 1996). Alternava pero' il lavoro scientifico con altri interessi, fra cui l'impegno politico; negli anni '50 lavoro' con passione nelle file del Partito Democratico, partecipando per esempio alla campagna elettorale del candidato alle elezioni presidenziali Adlai Stevenson.

Julia torno' al lavoro matematico piu' regolare all'inizio degli anni '60, anni nei quali scrisse i suoi lavori piu' originali e innovativi. I fondamentali risultati che portarono alla soluzione del decimo problema di Hilbert fecero balzare Julia in primo piano nell'attenzione del mondo scientifico: le fu offerta una cattedra a Berkeley (che lei ricopri' solo parzialmente, visti i problemi fisici), fu eletta, prima donna, alla National Academy of Sciences, ricevette alcuni premi prestigiosi, fu invitata nel 1982 a presiedere la American Mathematical Society (Ams).

Julia Robinson e' ricordata da chi l'ha conosciuta personalmente per le sue rare doti di idealismo, integrita', modestia e generosita', e per l'apprezzamento e l'incoraggiamento nei confronti del lavoro degli altri (S. Feferman, Julia Bowman Robinson). Altri avrebbero potuto provare rimpianto, o addirittura risentimento, per non aver portato a compimento il proprio lavoro giunto quasi alla fine, ma per lei la cosa importante era che il problema fosse stato risolto. Julia sorvolava sui propri risultati ed elogiava Matiyasevich e gli altri che avevano contribuito alla soluzione. In particolare con Matiyasevich, che aveva 22 anni al momento della soluzione del problema, non solo Julia ma entrambi i Robinson instaurarono un rapporto sia scientifico, sia umano molto forte, nonostante le difficolta' oggettive - erano gli anni '70, loro erano americani e lui russo - quasi fosse per loro il figlio che non avevano avuto.

Julia era una brava e apprezzata parlatrice, lucida e dotata di sottile ironia, ma amava uno stile di vita schivo e tranquillo, i viaggi e le gite in bicicletta in mezzo alla natura. Era convinta che tutti dovessero avere l'opportunita' di accedere a una carriera in matematica, senza differenze di sesso, eta' e mezzi economici. Per questo motivo, per promuovere il ruolo della donna ed esserne testimone, accetto' la gravosa carica di presidente dell'Ams, e con lo stesso obbiettivo si racconto' in un'autobiografia (C. Reid, Julia. A life in mathematics. Washington, Maa 1996), scritta dalla sorella sulla base di lunghi colloqui avuti con lei mentre gia' stava insorgendo la leucemia che la porto' alla morte nel 1985.

Alla fine dell'autobiografia Julia dice: "Un matematico, ecco cio' che io sono veramente. Piuttosto che essere ricordata come la prima donna questo o quello, preferirei essere ricordata, come ogni matematico dovrebbe, semplicemente per i teoremi che ho dimostrato e per i problemi che ho risolto".

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Biographies of women mathematicians, Agnes Scott College, Atlanta; The MacTutor History of Mathematics archive, Biographies; G. P. Csicsery, Julia Robinson and Hilbert's tenth problem, documentario di 60 minuti, Zala Films, Oakland, Usa 2004.

 

5. PROFILI. LAURA MINGUZZI: EUFROSINIJA

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Laura Minguzzi, di origini ravennati, ha insegnato lingue straniere in licei milanesi; femminista storica, ha promosso insieme ad altre una "Comunita' di pratica e di riflessione pedagogica e di ricerca storica" che si ispira alla pratica politica della Libreria delle donne di Milano, di cui fa parte; e' autrice di varie pubblicazioni. Dal medesimo sito dell'Enciclopedia delle donne riprendiamo la seguente breve scheda: "Nata a Ravenna (1949), ha studiato a Venezia, a Mosca e a Varsavia. Laureata a Ca' Foscari con una tesi sui Movimenti femminili e femministi nella Russia della seconda meta' dell'800, insegna dal 1977. Attivista di iniziative di dialogo e formazione, e' presidente del Circolo della rosa dal 2001 e collabora con la Libreria delle Donne di Milano dal 1996"]

 

Eufrosinija (Predslava) (Polozk (Bielorussia) 1104 - Gerusalemme 1167).

All'eta' di 63 anni, nell'inverno del 1167, Eufrosinija, "la pura" si mise in cammino. Partita da Polozk, all'epoca centro di un importante principato antico-russo, segui' la strada fluviale che collegava il mar Baltico al mar Nero e giunse alla fine di aprile a Gerusalemme. Lo storico Andrej Mel'nikov sostiene che il primo racconto agiografico sulla badessa sia stato scritto poco dopo la sua morte, avvenuta a Gerusalemme nel maggio del 1167, probabilmente a causa delle fatiche del viaggio. Alla fine di maggio avrebbe voluto bagnarsi nelle acque del Giordano, ma si ammalo' e non pote' arrivarci.

Eufrosinija era nata nel 1104. Giovinetta di rara bellezza, cosi' ce la descrivono le fonti, appena dodicenne manifesto' il suo desiderio di autonomia. Si era formata sulle Sacre Scritture e sulle vite dei santi, e "quando arrivo' l'eta'", non accetto' la volonta' del padre di divenire promessa sposa a un principe di Kiev. Rifiuto' di entrare nel gioco dell'uso strumentale delle donne per fini politici: mantenere con i matrimoni la pace, scongiurare le guerre di conquista, espansionistiche, di Kiev verso il ricco nord-est della Russia.

Contrasto' la volonta' del padre e si trasferi' dalla zia Romanovna. Questa figura ebbe un ruolo fondamentale nella sua adolescenza. Nella relazione con la donna adulta che guidava un borgo monacale, una sorta di comunita' nei pressi di una chiesa di Polozk, la giovane nipote cercava sostegno, insieme all'occasione di studiare: "Dai libri mi viene consolazione dell'anima e allegria del cuore". Si trasferi' successivamente in una cella della cattedrale di Polozk e prese i voti con il nome di Eufrosinija, scelto dalla zia. Componeva la cronaca (lietopis') della citta', doto' la cattedrale di una biblioteca e di uno scriptorium, dove "alle giovani donne raccolte attorno a lei insegnava a leggere e a scrivere, artigianato, canto e ricamo, le sacre scritture, la legge di Dio e l'amore per il lavoro", cosi' parlano di lei le cronache dei tempi antichi.

La sua popolarita' fra la gente comune la spinse a cercare un luogo autonomo, non sottoposto all'autorita' dell'episcopo di Polozk. Ottenne in proprieta' la localita' di Sel'zo e li' fondo' il monastero femminile di San Salvatore e costrui' la chiesa di San Salvatore sui resti della chiesa di legno della Trasfigurazione. Al Museo di Novgorod e' conservato un piccolo sigillo, attribuito dagli storici ad Eufrosinija, con inciso il suo nome da un lato e dall'altro la sua appartenenza alla Trasfigurazione. Apri' una scuola e uno scriptorium, dove prosegui' l'attivita' cominciata a Polozk. Vennero creati nei suoi scriptoria veri tesori dell'arte religiosa dell'antica Russia, in particolare codici miniati, quali il Vangelo Pogodinskoje. L'architettura della Chiesa univa elementi di stile bizantino-ellenistico e caratteri dell'arte slava.

Verso il 1155, non lontano dalla chiesa del San Salvatore, Eufrosinija decise di costruire una seconda chiesa dedicata alla Madre di Dio e un secondo monastero, questa volta maschile. L'attivita' della badessa nei due monasteri del Salvatore e della madre di Dio coinvolgeva le/gli abitanti delle campagne di Sel'zo e della citta' di Polozk. Andavano per studiare canto, le note musicali, oltre che per imparare a leggere e a scrivere. Per dipingere icone nei laboratori di pittura e per fare rize (coperture in argento delle icone). Eufrosinija stessa era impegnata nello scriptorium, nella traduzione dei testi dal greco e dal latino nella propria lingua madre. Manteneva una corrispondenza in greco con l'imperatore bizantino Manuele I Comneno ed era in rapporti epistolari diretti con i principi kieviani.

L'autorita' che Eufrosinija esercitava nel monastero mostra che il monastero non era un luogo di ascesi, chiuso, isolato dal contesto, separato dalla societa', ma al contrario, contribuiva a tessere e garantire relazioni di pace e di prosperita'.

Alcuni storici ipotizzano che Eufrosinija avesse in animo un grande disegno: riunire la Chiesa russa e quella greco-bizantina, separate in seguito allo scisma del 1147. Questo pare fosse l'oggetto della corrispondenza con l'imperatore di Bisanzio Manuele I. Fra le due Chiese erano sorti innumerevoli conflitti e dispute teologiche ed Eufrosinija, desiderando risolverli, si offri' come mediatrice. Soprattutto si andava definendo la supremazia della Chiesa russa nella nomina dei vertici ecclesiastici. Era suo intento anche accrescere l'autorita' del principato di Polozk di fronte all'imperatore di Bisanzio.

Il suo motto era "Prima comprendere e poi giudicare...". Il periodo in cui resse come badessa i due monasteri, una quarantina d'anni, fu per il principato di Polozk un tempo di pace. Ma questo contesto andava mutando. Il principato di Polozk e la sua diocesi stavano in un delicatissimo equilibrio fra due potenze, quella russa del principato di Kiev, che pretendeva indipendenza politica e linguistica da Bisanzio, e quella di Bisanzio, con cui Eufrosinija voleva mantenere legami spirituali e culturali. Parti' per tentare attraverso la sua azione diplomatica di mantenere la propria terra, pur nella sua indipendenza, legata spiritualmente e politicamente alla comunita' che gravitava attorno all'area mediterranea, di cui Gerusalemme era il centro simbolico e Bisanzio il centro politico.

Il suo sguardo attento sugli accadimenti del principato, del cui monastero doppio era la badessa, le veniva da un intenso legame con la madre Sofja che partecipava, come moglie del principe Georgij, al governo del territorio.

Eufrosinija da fondatrice di monasteri e promotrice di civilta' si trasforma in pellegrina, lascia una posizione agiata e sicura, abbandona i due monasteri, i familiari e rilancia il suo piano di ampio respiro. Si mette in cammino. Il suo non fu un viaggio di predicazione, ma di realizzazione di un desiderio - come gia' quello di Egeria, nel IV secolo. Metafora del cambiamento, percezione di una svolta? Io mi sono autorizzata a leggere il pellegrinaggio di Eufrosinija come una mossa che testimonia la sua grande liberta' interiore e la consapevolezza della propria importanza e della propria influenza.

Nell'esperienza esistenziale e spirituale di Eufrosinija mi sembra di rintracciare un movimento circolare aperto verso l'infinito. Le sue scelte e il suo operare tracciano questo dinamismo e sono per noi una preziosa indicazione, poiche' rispondono al criterio irrinunciabile della fedelta' a se stessa e nello stesso tempo allo stare in ascolto di cio' che accade, del vivente. La sua storia personale ci guida nella comprensione del passato che non procede per spostamenti lineari ma per una continua rilettura delle storie di donne e di uomini, nel loro movimento, a cui sono spinti dalla ricerca di trascendenza o dalla ricerca del senso della realizzazione dei propri desideri nel mondo.

La coscienza viva del presente le fece presagire l'imminente invasione delle terre russe meridionali da parte dei nomadi delle steppe, dei mongoli dell'Orda d'oro che nel 1169 distrussero Kiev, appena due anni dopo la sua morte a Gerusalemme.

Bibliografia: Mariri' Martinengo, Claudia Poggi, Marina Santini, Luciana Tavernini, Laura Minguzzi, Libere di esistere, Costruzione femminile di civilta' nel Medioevo, Torino, Sei 1996; Mel'nikov A.A, Un cammino non triste, Minsk, Edizione della Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca 1992; Garoska L., Santa Eufrosinija-Predslava. Badessa del monastero del Salvatore a Polozk e patrona della Bielorussia, Parigi, Edizione della Missione bielorussa 1949; Gianna Pomata, La storia delle donne: una questione di confine, in Il mondo contemporaneo, X/II: Gli strumenti della ricerca, a cura di N. Tranfaglia, Firenze, La Nuova Italia 1982-83; Gemma Beretta, Ipazia di Alessandria, Roma, Editori Riuniti 1993; Luisa Muraro, L'ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti 1991; Luisa Muraro, Il Dio delle donne, Mondadori, Milano, 2003.

 

6. PROFILI. LAURA MINGUZZI: KAROLINA KARLOVA PAVLOVA

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Karolina Karlovna Pavlova (Jaroslavl' 1807 - Dresda 1893).

Scrittrice e poetessa romantica russa, e' conosciuta in Italia per merito di un unico libro, La doppia vita, edito da Sellerio e tradotto da Luciana Montagnani. La sua produzione e' stata invece intensa e molteplice. Scrisse elegie e poemi a tema storico. Visse una vita lunga e avventurosa, piena di rischi, poiche' amava la liberta'. A Mosca era famoso il suo salotto del martedi', frequentato dagli esponenti delle due correnti politiche e culturali dell'epoca: gli slavofili e gli occidentalisti. Era l'unico salotto che avesse questa ambizione: far conversare chi aveva idee opposte. Conosceva molte lingue: tedesco, per l'origine tedesca del padre medico, francese, polacco, italiano e inglese. A 19 anni inizio' a frequentare il salotto della principessa Zinaida Volkonskaja. Li' incontro' il poeta esule polacco Adam Mickiewicz e se ne innamoro'. Ma la loro storia d'amore fu breve. La famiglia Jaenisch non autorizzo' l'unione e lei coltivo' per tutta la vita questo amore romantico. Negli anni Trenta, nei salotti letterari moscoviti, strinse rapporti di stima reciproca e di amicizia con E. Baratinskij e Jazykov, e con A. Humboldt, di passaggio a Mosca. Nel 1833 a Lipsia usci' la sua prima raccolta in tedesco Das Nordlich, cui segui' nel 1839, a Parigi, la raccolta Les Preludes. Entrambe le raccolte recensite favorevolmente in patria dal critico V. Belinskij. Il romanzo La doppia vita e' del 1848. In seguito alla morte di uno zio Karolina nel 1836 divenne una ricca ereditiera e sposo' Nikolaj Pavlov che, secondo varie testimonianze, era attirato piu' dal suo denaro che dalle sue doti. Fu allora che il suo salotto divenne punto d'incontro della piu' colta societa' moscovita. Li' ogni martedi' si riunivano i piu' famosi intellettuali del tempo, Michail Lermontov frequento' il suo salotto prima di partire per il Caucaso, insieme a celebri stranieri di passaggio, intrattenuti da Karolina che leggeva i propri versi e che inseriva nelle conversazioni versi di Goethe in tedesco, di Byron in inglese o di Dante in italiano.

La relazione con il marito, cacciatore di dote e scrittore da strapazzo, presto degenero'. Fu denunciato per debiti e rinchiuso in prigione. La posizione di Karolina a Mosca si fece insostenibile, dato che la pubblica opinione era contro di lei. Fu definita da alcuni poeti russi un mostro per avere denunciato il marito, colpevole di avere dilapidato il suo patrimonio! Si stabili' in Germania, a Dresda, dove visse in condizioni precarie e in solitudine. Ma Karolina trovo' nella scrittura una forma di resistenza. Come lei stessa scrive: "ho trovato... nel lavoro quotidiano, lavoro tenace, la forza, bene supremo dell'anima, per non lasciarmi travolgere dal minaccioso angelo della sofferenza".

In vita fu derisa e poco apprezzata dopo la morte. Fu riscoperta dai poeti simbolisti russi all'inizio del Novecento. La sua produzione letteraria, in poesia e in prosa, esprime l'ardua scommessa di essere donna e di essere poeta. Nel romanzo La doppia vita si assiste a questo doppio regime di espressione formale: la protagonista Cecilija von Linderborn combatte la realta' convenzionale e conformista, espressa in prosa, con una vita altra che si svolge altrove nel sogno e nelle visioni e formalmente e' espressa in poesia. Un doppio registro stilistico che comunica l'intima contraddizione della giovane donna che per combattere il ruolo che le e' assegnato dalla societa', crea una bolla di estraneita' nella scrittura come antidoto e riesce a vivere una doppia vita.

All'inizio dell'opera leggiamo una dedica. L'autrice si rivolge alle donne mute, per dare loro una speranza di potere un giorno spiccare il volo e conoscere un altrove, un altro mondo: "A voi il dono di questo pensiero, / il saluto della mia poesia, / a voi quest'opera di solitudine, / d'una schiava del chiasso e della vanita'. / Voi tutte, mai incontrate Cecilije, / il mio triste sospiro ha nominato nel silenzio, / voi tutte, Psiche, prive d'ali, / mute sorelle della mia anima! / Che Dio conceda anche a voi, sconosciuta famiglia, / tra le peccaminose menzogne almeno un sacro sogno, / nella prigionia di quest'angusta vita / almeno un fugace balenar dell'altra" (settembre 1846).

La sua vera vita Karolina la visse nel canto, nella poesia: "Mio raggio di luce sulle ceneri / Delle mie gioie e beatitudini! / Mia sventura! Mia ricchezza! / Mio sacro mestiere!". Quest'ultimo verso fu scelto da Marina Cvetaeva come epigrafe per il suo saggio sulla pittrice Natal'ja Gonciarova (1929) e come epigrafe nascosta della sua raccolta Il paese dell'anima, tradotto a cura di Serena Vitale.

Raccontando la storia di Cecilija, della sua diurna cecita' e delle sue notturne "visioni", la Pavlova rivive la sua stessa "doppia vita". Ma a differenza di Karolina, Cecilija non ha raggiunto la coscienza diurna della sua voce interiore. Karolina invece non abbandonera' i sogni, i suoni, le presenze che popolano l'"altra" vita.

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Numero 321 del 12 aprile 2011

 

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