Telegrammi. 514



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 514 del 3 aprile 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Da Viterbo contro la guerra

2. Peppe Sini: Un dovere

3. Contro la guerra una proposta agli enti locali

4. Nel tubo ed altri volantini contro la guerra a cura di Benito D'Ippolito

5. Giancarla Codrignani: Bertha von Suttner

6. Lia Del Corno e Alessandra Chiappano: Joan Baez

7. Daniela Musumeci: Maria Occhipinti

8. Per sostenere il Movimento Nonviolento

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. INCONTRI. DA VITERBO CONTRO LA GUERRA

 

La mattina di sabato 2 aprile a Viterbo si e' svolta un'iniziativa di informazione e sensibilizzazione contro la guerra e per i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Promossa dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, nel suo intervento il responsabile della struttura pacifista viterbese ha espresso il fermo convincimento che la grande maggioranza del popolo italiano e' contraria alla guerra e al razzismo, e' contraria alle stragi ed alle persecuzioni, e chiede quindi il rispetto della legalita' costituzionale, ovvero della legge fondamentale della repubblica italiana: che esplicitamente ed inequivocabilmente si oppone alla guerra e alle violazioni dei diritti umani.

La guerra afgana, cosi' come quella libica, sono crimini contro l'umanita'; la legge italiana proibisce allo stato italiano di prendervi parte.

L'Italia torni al rispetto della legge e della democrazia; torni all'ascolto del sentimento dell'appartenenza di tutti gli esseri umani ad un'unica umanita'; torni al rispetto di quell'interdetto fondamentale su cui si basa l'intero edificio della civilta', della convivenza umana: "non uccidere".

Solo la pace salva le vite. E la pace si costruisce con la solidarieta' che ogni essere umano raggiunge, con il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, con il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

Pace e diritti umani sono una medesima cosa, che si oppone a guerra e razzismo.

L'incontro si e' concluso con l'invito a partecipare alla manifestazione nazionale contro la guerra che si e' svolta nel pomeriggio dello stesso giorno a Roma.

 

2. EDITORIALE. PEPPE SINI: UN DOVERE

 

Leggo oggi sui mezzi d'informazione locali dichiarazioni disumane ed allucinanti di pubblici amministratori razzisti che rifiutano di ospitare nel nostro territorio degli esseri umani che giungono in Italia per salvarsi la vita in fuga da fame, dittature, guerre.

Ricordo a questi pubblici amministratori che la legge fondamentale del nostro paese, la Costituzione della Repubblica Italiana (a cui tutti i sindaci hanno dovuto giurare fedelta'), all'articolo 10 testualmente recita: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle liberta' democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge".

E quindi, se non per senso di umanita', almeno per rispetto della legge in nome della quale amministrano la cosa pubblica, questi signori cessino di lanciare ignobili ed insensati proclami razzisti, ed invece si adoperino per accogliere ed assistere ogni essere umano in fuga da fame, dittature e guerre.

E' un dovere stabilito dalla legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico; e' un dovere al quale in quanto pubblici amministratori non possono sottrarsi.

Ed e' un dovere di ogni essere umano: adoperarsi per salvare la vita degli altri esseri umani.

Vi e' una sola umanita'.

 

3. INIZIATIVE. CONTRO LA GUERRA UNA PROPOSTA AGLI ENTI LOCALI

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Proponiamo a tutte le persone amiche della nonviolenza di inviare al sindaco del Comune, al presidente della Provincia ed al presidente della Regione in cui si risiede, una lettera aperta (da diffondere quindi anche a tutti i membri del consiglio comunale, provinciale, regionale, ed ai mezzi d'informazione) con cui chiedere che l'assemblea dell'ente locale approvi una deliberazione recante il testo seguente o uno analogo.

*

"Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... ripudia la guerra, nemica dell'umanita'.

Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... riconosce, rispetta e promuove la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.

Richiede al Governo e al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.

Richiede al Governo e al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.

Richiede al Governo e al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

Solo la pace salva le vite".

 

4. MATERIALI. NEL TUBO ED ALTRI VOLANTINI CONTRO LA GUERRA A CURA DI BENITO D'IPPOLITO

[Ringraziamo il nostro buon amico Benito D'Ippolito per aver recuperato, scelto e messo insieme questi testi di varie firme, gia' piu' volte apparsi sul nostro notiziario nel corso degli anni]

 

Salvatore

 

Non e' bastato quel nome a salvarti.

Da se stesse le armi uccidono.

 

*

 

Cose che non pensavi che avremmo visto ancora

 

I campi di concentramento riaperti in Italia (dalla legge Turco-Napolitano, poi Bossi-Fini).

La guerra per le colonie ("per aprire i mercati", e' detto meglio cosi'?).

La tortura come rito di passaggio.

Il carcere affidato ai privati. Il carcere. Ai privati. La pena - la pena - come business.

Il passo successivo: la reintroduzione della schiavitu' nell'ordinamento giuridico. Solo un attimo di pazienza, signori.

 

*

 

Il doppio stato. Un'epistola agli amici oggi a Cinisi

 

I.

Il doppio stato e' questo sottoscala

sotto la guida rossa, nella stanza

ben imbottita di cartoni d'uova.

 

O nel cortile non lungi dai binari

dove si saggia quanto puo' una testa

resistere al sasso, al tritolo, agli alala'.

 

Il doppio stato e' questo rigettare

in mare i pezzi di cadaveri pescati

per sbaglio, e gia' per sbaglio naufragati

vittime non per sbaglio della mafia

e di leggi fasciste e di governi

fascisti e di un consenso assai diffuso

al nostro pio fascismo quotidiano

lieto di risa e di telefonini.

 

Il doppio stato dice che le bombe

con cui ci ammazza noi le trangugiamo

perche' troppo ghiottoni e troppo fessi

e la tortura noi ce la cerchiamo.

 

Il doppio stato ai nostri morti stessi

viene a sputare fino sulle tombe

quando non li ha insaccati nei piloni,

d'acido impoltigliati nelle vasche

da bagno, o resi fumo a Birkenau.

 

II.

Ma io qui dico che verra' anche un giorno

che le vittime saranno i vincitori.

Risorgeranno allora dal canale

i morti tutti e con essi la Rosa

rossa che in un canale fu affogata.

E un'altra legge, e non del capitale,

daranno al mondo e il mondo salveranno.

 

E cio' che e' doppio ad uno ridurranno

e cio' che e' male non sara' piu' detto

bene, e non servira' piu' la parola

ad oltraggiare il rapinato e il senzatetto,

a prender l'innocente alla tagliola.

 

Allora varra' solo quel comando

di cui il resto tutto e' sol commento:

rispetta l'altra e l'altro, dona e accogli,

abbi misericordia ancora e sempre.

 

III.

Quel giorno tu fallo venire adesso

quel giorno e' qui se fai la cosa giusta.

 

*

 

Clementina, o della verita'

 

E la verita' e' questa: che l'Afghanistan

e' il nostro futuro se altro futuro

schiudere non sapremo con la forza

della nonviolenza, che sola libera e salva.

 

E la verita' e' questa: che l'Afghanistan

potra' essere libero e felice

solo se cesseranno la guerra,

il mercato dell'eroina, i signori

della guerra, i signori

della mafia, i signori

degli eserciti, i signori del mondo

il fascismo, e il fascismo detto

"democratico", e il fascismo

del patriarcato.

 

Ma la guerra, la mafia, il fascismo

non cesseranno la'

se non li contrasteremo anche qui.

 

E' la nonviolenza la scelta da fare, la nonviolenza

clemenza e misericordia

riconoscenza, riconoscimento di umanita'.

 

E' la nonviolenza la lotta da condurre

come e con Clementina,

come e con Florence.

 

E a chi  ancora chiede

stentoreo, beffardo, tritando tra i denti

la propria vergogna di complice dei lupi,

"dove sono, dove sono, dove sono i pacifisti?"

questo solo rispondere possiamo:

sequestrati a Kabul e a Baghdad,

Clementina, Florence, tante e tanti

che non si arresero alla legge del coltello.

 

*

 

Degli eserciti

 

Gli eserciti che bucano corpi

come fossero sacchi polverosi

 

gli eserciti che rompono anime

come fossero bolle di sapone

 

gli eserciti che sanno che tu sai

ed hai paura di dire di no

 

gli eserciti che uccidono col soffio

e con lo sguardo, col batter delle ciglia

 

che svanirebbero in un lampo

se ci decidessimo a dire di no.

 

*

 

Nel tubo

 

Nel tubo incontri i signori con la gobba

con la cintura in fiamme, nel tubo

d'un lampo apprendi che la guerra e' dappertutto:

nel tubo Londra e' Srebrenica, e' Falluja.

 

Nel tubo incontri giovani spauriti

che hanno l'ordine di spararti in testa

se hai sbagliato pelle, se non sai lo scioglilingua:

nel tubo apprendi che la vita e' nulla.

 

Nel tubo vedi che unico e' il destino

e solo un gesto puo' salvarci tutti

quel gesto fallo tu, salvaci tutti:

getta la pistola, disinnesca la bomba.

 

La guerra, il terrorismo, puoi fermarli

solo a mani nude, solo le braccia aperte.

Deciditi, ti prego.

 

*

 

Quello che resta

 

Questo resta, dopo Auschwitz e dopo Hiroshima: la scelta della nonviolenza.

Poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

*

 

Dagli ossimori di Strambotto

 

I pacifisti col passamontagne.

I partiti bombardieri per la pace.

I difensori dei diritti umani che hanno aperto i campi di concentramento.

 

*

 

Per l'abolizione dei cosiddetti "centri di permanenza temporanea"

 

I campi, e nei campi l'umanita'.

I campi, e nei campi la morte.

 

I campi, e nei campi la verita'.

I campi, e nei campi l'orrore.

 

I campi, e nei campi la corte

degli antimiracoli, il dolore

senza pieta', senza voce.

 

E in questo guscio di noce

tutto sta il nostro sentire:

i campi, sei tu che li devi abolire.

 

5. PROFILI. GIANCARLA CODRIGNANI. BERTHA VON SUTTNER

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Giancarla Codrignani, gia' presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005. Si veda anche la risposta all'ultima domanda dell'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 343. Un profilo di Giancarla Codriganni scritto da Annamaria Tagliavini ed apparso sull'Enciclopedia delle donne abbiamo riportato nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 513.

Bertha von Suttner, 1843-1914, scrittrice, straordinaria militante pacifista, premio Nobel per la pace nel 1905. Opere di Bertha von Suttner: Giu' le armi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989; Abbasso le armi! Storia di una vita, Centro stampa Cavallermaggiore (Torino) 1996. Opere su Bertha von Suttner: Nicola Sinopoli, Una donna per la pace, Fratelli Palombi, Roma 1986. Su Bertha von Suttner segnaliamo anche i testi di Marta Galli (comprensivo di un'utile sitografia) e di Rosangela Pesenti apparsi rispettivamente nei nn. 850 e 845 de "La nonviolenza e' in cammino", e l'ampio saggio di Verdiana Grossi recentemente ripubblicato nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 306]

 

Bertha von Suttner (1843 - 1914).

Nel 1905 il premio Nobel per la pace fu assegnato ad una donna, la cui memoria oggi e' scarsamente onorata, anche se in Austria circola una moneta da due euro con la sua immagine. Vale certamente la pena di conoscere meglio Bertha Sophia Felicita dei conti Kinsky von Chinic und Tettau che, dopo un'educazione conforme ai sacri principi dell'aristocrazia asburgica, a causa delle mutate condizioni familiari, decise di rendersi indipendente impiegandosi come istitutrice e segretaria. Dopo aver sposato il barone von Suttner - scelta tempestosa per opposizione della famiglia di lui, che costrinse inizialmente la coppia a vita precaria - si dedico' prevalentemente all'azione e alla scrittura.

Erano i tempi in cui a Londra Hodgson Pratt aveva fondato la International Arbitration and Peace Association per la soluzione diplomatica dei conflitti, e ovunque in Europa si formavano movimenti e associazioni pacifiste, alimentati dalle denunce dei rapporti pubblicati da Henry Dunant sulle sanguinose stragi della guerra di Crimea. Dopo alcuni romanzi minori Bertha, pienamente coinvolta nell'impegno contro le guerre, nel 1889 pubblico' Das Maschinenzeitalter (L'epoca delle macchine) in cui criticava il nazionalismo e la produzione bellica, e, nello stesso anno, Die Waffen nieder (Abbasso le armi), vibrante condanna di ogni guerra che, per lo scalpore suscitato fra i benpensanti e il coinvolgimento della societa' pensosa del futuro, fu subito tradotta in molte lingue. Tolstoi disse: "La pubblicazione del vostro libro e' per me un buon segno. Il libro La capanna dello zio Tom ha contribuito all'abolizione della schiavitu'. Dio faccia si' che il vostro libro serva allo stesso scopo per l'abolizione della guerra". Auspicio rinviato sine die...

Ignoriamo, peraltro, a causa delle lacune della storiografia europea, l'importanza che ebbe fra Otto e Novecento il movimento pacifista e il rispetto in cui furono tenuti gli appelli che i leader delle grandi manifestazioni e dei congressi inviavano, in nome della pace, ai sovrani europei. C'era, infatti, nel pacifismo del tempo, una forte tensione utopistica, ma anche un acceso sostegno alla sua traduzione in termini di costruzioni democratiche e giuridiche: a questa scuola di pensiero appartenne sempre la storia di Bertha.

Tuttavia anche i tentativi piu' ragionevoli furono sconfitti dal potere determinante delle tradizionali strutture militari, dei ministeri della guerra e degli interessi ritenuti non negoziabili per l'onore nazionale. Resta ancor piu' occultata l'importanza che ebbe la presenza delle donne a difesa di una pace che non si riusci' - ne' allora ne' oggi - a far diventare diritto. Le donne, infatti, erano le piu' sensibili alla causa pacifista e Bertha, che ben ne comprendeva la forza potenziale, solidarizzo' con le iniziative a favore dei loro diritti.

L'establishment, che non voleva cogliere il segno di morte che viene dalle sfide militari, contestava il pacifismo degli "inetti" e dei "traditori"; altrettanto ovviamente, irrideva la presenza delle donne avverse al sistema militare, accusate di non poter capire il bene della patria. Bertha, definita dalla stampa maschilista dell'epoca "la strega della pace" e immortalata in atroci vignette satiriche, si impegno' senza risparmio: "le donne non staranno zitte. Noi scriveremo, terremo discorsi, lavoreremo, agiremo. Le donne cambieranno la societa' e loro stesse". Occorre ricordare che fu lei la donna che per prima prese la parola in Campidoglio, nel lontanissimo 1891, in occasione della terzo Congresso mondiale per la pace che si teneva per l'appunto a Roma: la costruttivita' del suo intervento indusse al rispetto ogni ironia maschile.

Dopo la pubblicazione di Abbasso le armi e la ripresa di contatti con Alfred Nobel, di cui era stata per un breve periodo segretaria, fondo' la Societa' Pacifista Austriaca, di cui rimase presidente a vita, per coordinare iniziative che dessero alla societa' del suo paese il senso di una politica alternativa ai principi della potenza e della belligeranza. Intanto Arthur von Suttner, l'amato marito con cui condivideva vita e passioni, istituiva l'Associazione per il rifiuto dell'antisemitismo. Bertha, divenuta in qualche modo l'ambasciatrice permanente del movimento pacifista in Europa, collaboro' alla formazione di altre Societa' pacifiste, da quella nazionale tedesca a quella locale di Venezia.

Si impegno' poi - e seguira' i lavori come inviata della "Neue Freie Presse" - nell'organizzazione della Conferenza dell'Aia del 1899, voluta dallo zar, in cui i governi europei si impegnavano a porre le basi per quella Corte permanente di arbitrato che cerchera' di propagandare e sostenere anche all'estero. Nel 1902 mori' Arthur, ma il lutto non allento' la sua tensione morale. Nel 1904 partecipo' al Congresso mondiale per la pace di Boston e, ricevuta anche dal presidente Theodore Roosevelt, compi' un ampio giro di conferenze negli Stati Uniti.

Un cosi' grande impegno fu coronato nel 1905 dall'attribuzione del premio Nobel per la Pace. La situazione in Europa era sempre piu' complessa e la baronessa da un lato seguiva le questioni continentali cercando la via delle intese fra paesi potenzialmente rivali (contribui', per esempio, alla creazione del Comitato di fratellanza anglo-tedesco), dall'altro percepiva - e denunciava - l'aggravarsi delle tensioni internazionali a causa dei paesi con cui si erano stabilite importanti relazioni commerciali e che, come la Cina, erano sostanzialmente militaristi; conseguentemente enfatizzava il pericolo dell'avanzamento tecnologico nella produzione bellica e, in particolare, le ricadute produttive sull'aeronautica destinate ad essere particolarmente pericolose. Sferzo' nel 1912 con dure critiche l'Italia per la conquista della Libia. Partecipo' (1907) ad una nuova Conferenza per la pace dell'Aia, promossa, su suo suggerimento, dal presidente degli Stati Uniti, e vide finalmente istituita la Corte permanente di arbitrato.

Ma Bertha sentiva il pericolo di una guerra che contagiava il mondo: nel 1912 usci' la sua lucida analisi critica L'imbarbarimento dell'aria e si impegno' perfino a sostenere appassionatamente la necessita' dell'unione europea come unico rimedio a salvaguardia della pace. Nel maggio 1914 stava organizzando l'ultimo dei Congressi mondiali per la pace, da tenersi a Vienna, ma, gia' da tempo ammalata, mori' il 21 giugno, la settimana prima dell'attentato di Sarajevo. Scoppio' cosi' la prima guerra mondiale. Non la vedra', ma l'aveva presentita prima e meglio di sovrani, statisti e militari e avrebbe voluto in ogni modo che si mettessero in atto le politiche per prevenirla.

Nella biografia scritta da Ursula Jorfeld si racconta che all'Istituto Nobel di Oslo fanno bella mostra busti di uomini insigni. Ma non di Bertha.

"La cosa piu' stupefacente, a me sembra, e' che gli uomini si possano mettere da soli, volontariamente, in uno stato simile; che gli uomini che hanno visto cose simili non cadano in ginocchio prestando il giuramento piu' appassionato di fare la guerra alla guerra e, se sono re o principi, non gettino via la loro spada e, se invece non hanno il potere, non consacrino almeno la loro attivita' di parola, di penna, di pensiero, d'insegnamento e di azione ad uno scopo: abbasso le armi!" (Bertha von Suttner).

 

6. PROFILI. LIA DEL CORNO E ALESSANDRA CHIAPPANO: JOAN BAEZ

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Lia Del Corno "nasce e vive a Milano. Traduce (molto) dal francese, inglese e tedesco e scrive (poco) per Adelphi, Garzanti, Mondadori, Rcs Libri, ma soprattutto si e' occupata di teatro e ha curato le proposte culturali del Piccolo Teatro di Milano, del Franco Parenti e del Teatro Popolare di Roma. E' sua l'idea delle lezioni-spettacolo che ha promosso con energia e entusiasmo. Attualmente continua l'attivita' di traduttrice; scrive libretti di opere liriche dedicate soprattutto ai giovani, firma qualche scenografia e disegna costumi".

Alessandra Chiappano (Genova, 1963), storica, docente e saggista, responsabile della sezione didattica dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia (Insmli) e della Fondazione "Memoria della deportazione" di Milano, ha curato la formazione per studenti e insegnanti che avrebbero successivamente visitato i lager nazisti; ha curato molteplici volumi dedicati all'approfondimento e allo studio della Shoah e della deportazione. Tra le opere di Alessandra Chiappano: (con Fabio M. Pace), Shoah. Documenti, testimonianze, interpretazioni, Einaudi Scuola, 2001; (con Fabio Minazzi), Le storie estreme del Novecento, Miur 2002; (con Fabio Minazzi), Il presente ha un cuore antico, Thelema, 2003; Il '68 e dintorni, 2005; (con Fabio Minazzi, a cura di), Pagine di storia della Shoah. Nazifascismo e collaborazionismo in Europa, Kaos, Milano 2005; (con Fabio Minazzi), Il paradigma nazista dell'annientamento. La Shoah e gli altri stermini, Giuntina, Firenze 2006; I lager nazisti. Guida storico-didattica, Giuntina, Firenze 2007; La Shoah, Unicopli, Milano 2008; (con Fabio Minazzi), Il ritorno alla vita e il problema della testimonianza, La Giuntina, Firenze 2008. Dal sito dell'Enciclopedia delle donne ripotiamo il seguente piu' breve profilo: "e' ricercatrice presso l'Insmli. Si e' occupata soprattutto di shoah e di deportazione femminile, ma anche di sessantotto e dintorni. Ha curato la mostra 'A noi fu dato in sorte questo tempo 1938-1947' che dopo essere stata inaugurata a Torino il 27 gennaio 2010 sara' allestita al Quirinale nel prossimo mese di ottobre. La sua piu' recente pubblicazione e' Luciana Nissim Momigliano: una vita, Firenze, Giuntina 2010". Alcuni estratti dal suo libro su I lager nazisti, Giuntina, Firenze 2007, abbiamo ripreso ne "La domenica della nonviolenza" nn. 154-155.

Joan Baez, folksinger e ricercatrice di tradizioni popolari americana, nata il 9 gennaio 1941 a Staten Island, New York, da padre messicano e madre irlandese, impegnata nei movimenti pacifisti e per i diritti civili, amica della nonviolenza, per il proprio impegno nonviolento ha anche subito il carcere, tra molte altre attivita' e' stata fondatrice del Centro per la nonviolenza a Carmel, in California. Opere di Joan Baez: segnaliamo particolarmente l'album del concerto all'Arena di Milano del 1970: Joan Baez all'Arena civica di Milano. In volume cfr. Saresti imbarazzato se ti dicessi che ti amo?, Mondadori, Milano 1969;  Ballate e folksong, Newton Compton, Roma 1977]

 

Joan Baez (Staten Island, New York 1941 - vivente).

In un'intervista alla televisione americana degli anni Sessanta Joan Baez ha dichiarato: "Voglio essere ricordata innanzi tutto come attivista politica e sociale e poi come folk-singer".

In effetti, e' praticamente impossibile separare, nella sua vita, la passione politica da quella musicale: questi due aspetti sono indissolubilmente intrecciati fra di loro, anche ora, a cinquant'anni dal suo debutto sulla scena musicale americana.

E' nata a Staten Island nel 1941 da padre messicano e madre scozzese. Seconda di tre figlie, ha passato la giovinezza tra l'Est e l'Ovest degli Stati Uniti, poiche' il padre, un professore di fisica, si spostava frequentemente. Nel documentario, uscito nel 2009 negli Usa, "How sweet the sound", inedito in Italia, ha ricordato questo aspetto della sua adolescenza inquieta: "Mio padre doveva spostarsi di continuo, da una sede all'altra. Per noi figlie era difficile ambientarci: non riuscivamo a farci degli amici perche' passavamo da un trasloco all'altro". Ancora ragazzina Joan ha sperimentato sulla propria pelle la discriminazione, spesso infatti veniva canzonata dai compagni di scuola per il colore della sua pelle. "Non e' facile essere una principessa negli Usa se la tua pelle e' scura", cosi' scrisse molti anni dopo in una canzone affinche' questo messaggio giungesse a molte orecchie. A dieci anni trascorse un anno, insieme alla famiglia, a Baghdad, dove il padre aveva ricevuto da parte dell'Unesco l'incarico di creare un laboratorio di fisica all'Universita'. Questa esperienza la segno' profondamente; in numerose interviste ha affermato che la poverta' e la miseria viste a Baghdad avevano contribuito a far sorgere in lei una coscienza civile. Nel 1958 i Baez si trasferirono nella zona di Boston. Joan si iscrisse all'Universita', ma la lascio' presto per dedicarsi completamente alla musica. Aveva imparato dalle sue compagne di studi a suonare la chitarra e frequentava i numerosi coffee shop sorti un po' ovunque nella zona di Harward Square, a Cambridge. In questi locali i giovani universitari si incontravano per ascoltare musica folk, mentre sorseggiavano te' o caffe': era un ambiente decisamente intellettuale.

La sua carriera, profondamente legata al revival della musica folk, che raggiunse nei primi anni Sessanta il suo apice, ebbe inizio al Club 47, a Cambridge, Massachusetts. La sua prima apparizione sulla scena musicale nazionale avvenne nel 1959, quando fu invitata da Bob Gibson a partecipare al Festival folk di Newport. Ebbe enorme successo, tanto da ottenere che la Vanguard le facesse incidere il suo primo disco. Aveva solo diciannove anni, era il 1960; Negli anni Sessanta la Baez, in piedi sul palco, spesso a piedi nudi, e con i lunghi capelli sciolti sulle spalle, era chiamata la "madonna del folk" e la "regina della folk music". Il suo repertorio era composto da lunghe, tristi ballate che affondavano le loro radici nel vastissimo patrimonio del folklore americano, raccolto da Francis Child e da Alan Lomax. Le sue interpretazioni di "Barbara Allen", "All my trials", "Geordie", "Mary Hamilton" fanno parte della storia della musica folk.

Nel 1961 Joan Baez conobbe Bob Dylan, allora ancora sconosciuto al grande pubblico e per qualche anno intreccio' la sua carriera e la sua vita con quelle dell'originale vagabondo. Il suo repertorio di pura musica folk si amplio' grazie alle splendide canzoni di Bob Dylan: Dylan le mise a disposizione un arsenale di canzoni fortemente politicizzate che riuscivano ad esprimere la visione politica che Joan sentiva, ancora in modo confuso, dentro di se'. Una delle prime composizioni di Dylan che Joan Baez inseri' nel suo repertorio e' "With God on our side", una splendida, lunghissima ballata contro la guerra. Famosa e' rimasta la loro apparizione il 28 luglio 1963 al Festival Folk di Newport, quando cantarono, insieme ad altri artisti, tra cui Pete Seeger, "We shall overcome", l'inno della lotta per i diritti civili. Un altro momento particolarmente rilevante del loro sodalizio musicale avvenne durante la famosa marcia su Washington il 28 agosto 1963, quando Martin Luther King pronuncio' il suo discorso "I have a dream..." e tutti insieme, bianchi e neri, intonarono "We shall overcome": il sogno si sarebbe avverato piu' di quarant'anni dopo con l'elezione di Barack Obama. Ma da quel momento in poi Dylan si allontano' progressivamente dalla politica attiva, Joan Baez al contrario resto' sempre fedele ad un discorso politico imperniato sul rifiuto della violenza e della guerra. Sono rimasti famosi i suoi concerti nel Sud degli Usa, dove ancora c'era la segregazione razziale e la Baez pretendeva di esibirsi di fronte ad un pubblico misto, di bianchi e neri. E ancora quando marcio' insieme a Martin Luther King nel profondo Sud, per favorire l'integrazione dei bambini di colore nelle scuole.

In quello stesso periodo, tra il 1962 e il 1963, Joan Baez fece conoscere Bob Dylan al grande pubblico: mentre lei era gia' famosa, lui era ancora agli esordi della sua straordinaria carriera. Le loro strade si divisero nel 1965, per ragioni politiche e personali. La loro separazione, che coincise con un netto cambiamento della rotta musicale da parte di Dylan, e' immortalata nel film "Don't look back". I due si rincontreranno dieci anni dopo, ai tempi della Rolling Thunder Revue, un tour ideato da Dylan, assai riuscito musicalmente, e poi ancora durante una serie di concerti in Europa nel 1984. Dall'incontro con Dylan, la Baez usci' profondamente arricchita sul piano musicale; le sono rimaste in eredita' alcune canzoni del poeta, autentici gioielli, scritte per lei: "Farewell Angelina" e "Love is just a four letter word" che ancora oggi fanno parte del suo repertorio.

Joan Baez, con grande coerenza, ha continuato a manifestare e a marciare, nella convinzione che le canzoni potevano cambiare il mondo. Fu alla testa del movimento di protesta che si sviluppo' contro la guerra del Vietnam e per questo fu arrestata due volte nel corso del 1967. Nel 1968 ha sposato uno dei leader del movimento contro la leva obbligatoria, David Harris, da cui ha avuto un figlio, Gabriel. Questo matrimonio e' durato tre anni.

Durante l'escalation della guerra in Vietnam, nel Natale del 1972, si e' recata ad Hanoi, dove ha assistito ad uno dei bombardamenti piu' violenti scatenati dall'amministrazione Nixon. Questa esperienza e' confluita nell'album "Where are you now my son?" che rappresenta, forse, il momento piu' alto dell'intreccio tra musica e politica perseguito con ostinazione dalla Baez. Se la sua carriera musicale ha subito una battuta d'arresto, soprattutto negli anni Ottanta, non e' mai diminuito il suo impegno politico e sociale. Joan Baez ha continuato ad esprimere la sua solidarieta' nei confronti di tutti coloro che soffrivano a causa di governi totalitari: ha cantato per i cileni, per le madri dei desaparecidos in Argentina, per Sacharov e sua moglie Yelena Bonner, per Vaclav Havel, per i boat people della Cambogia e, in anni piu' vicini a noi, per gli abitanti della Bosnia e dell'Iraq.

Da un punto di vista musicale Joan Baez non e' mai stata una vera e propria cantautrice, anche se si e' cimentata in questo ambito, ma piuttosto una straordinaria interprete.

Ha ricevuto nel 2007 il Grammy alla carriera e il suo ultimo Cd, "The day after tomorrow", e' stato giudicato il miglior disco folk del 2009. Oggi grazie alle cover di giovani compositori, tra cui Steve Earle, che l'hanno fatta conoscere ad un pubblico giovane, e alla ripresa di un movimento contro la guerra in Iraq e a favore dell'elezione di Barack Obama, la musica di Joan Baez ha conosciuto una primavera che per una signora di ormai settanta anni rappresenta un successo. Ora, come lei stessa ammette, si sente assai piu' libera rispetto agli anni Sessanta, meno nevrotica e prova un'autentica gioia nello stare sul palco. Ma ha anche riscoperto la famiglia: trascorre molto tempo con sua madre, che ha 97 anni, e con la sua nipotina. In una immagine recente Joan Baez, allo spettacolo di beneficenza per la scuola della sua nipotina, intona insieme alla bambina "Farewell Angelina". Suo figlio, il padre di Jasmine, suona la batteria: tre generazioni unite sul palco.

Riguardo a Dylan, continuamente evocato durante i concerti con la canzone "Diamonds and rust", forse in assoluto la piu' bella composizione della Baez, oggi dice: "A quanti mi dicono che il mio nome sara' sempre legato al suo, rispondo che e' un bel modo per essere ricordata".

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Joan Baez, E una voce per cantare, Milano, Sperling & Kupfer 1988; Alessandra Chiappano, Il sessantotto e dintorni, Milano, Einaudi Scuola 2005; Alessandra Chiappano, Fabio Minazzi (a cura di), Anno domini 1968: la generazione che voleva il potere, Lecce, Manni 2004; Sito ufficiale: www.joanbaez.com

 

7. PROFILI. DANIELA MUSUMECI: MARIA OCCHIPINTI

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Daniela Musumeci "e' nata a Palermo (1953), insegna filosofia e storia presso il liceo classico 'Umberto I' della sua citta', dedicandosi in particolare alla interculturalita', alla pedagogia della differenza e all'educazione contro la mafia; dal 1992 al 2005 ha collaborato con la rivista 'Mezzocielo' e con l'associazione culturale Luminaria. Ha pubblicato, tra l'altro, per la casa editrice Ila Palma raccolte di scritti e poesie". Cfr. anche l'ampia intervista a Daniela Musumeci apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 258 (da cui estraiamo questa minima notizia biografica: "ho 57 anni, insegno filosofia e storia presso il liceo classico Umberto I di Palermo. Dal '68 in poi ho sempre partecipato alle iniziative politiche e sociali della mia isola nel mondo dell'associazionismo ed anche dei partiti di sinistra. In particolare, ho fatto parte dell'Associazione siciliana delle donne per la lotta contro la mafia ed ho collaborato con la rivista di donne "Mezzocielo", occupandomi soprattutto di pedagogia della differenza e interculturalita'. Oltre a numerosissimi articoli, anche a carattere filosofico, ho pubblicato tre libri: due raccolte di poesie (Doveri d'allegria e La quinta dimora) e una raccolta di riflessioni sui quattro elementi alla luce dell'antropologia e della storia delle religioni (Devota come un ramo) per i tipi della Ila Palma. In preparazione, ancora poesie").

Per un accostamento alla figura di Maria Occhipinti, dalla tesi di laurea di Silvia Ragusa, "Maria Occhipinti: una ribelle del Novecento" (sostenuta all'Universita' di Catania nell'anno accademico 2003-2004, disponibile nel sito www.tesionline.it) riportiamo per stralci la seguente utile bibliografia: a. Opere di Maria Occhipinti: Monito alle donne siciliane, in "La comune anarchica", Siracusa 1947; Chi sono i colpevoli della prostituzione?, In "Anarchismo", Napoli, numero unico maggio-marzo 1950-1951; Una donna di Ragusa, prefazione di Paolo Alatri e nota di Carlo Levi, Landi Editore, Firenze 1957; Una donna di Ragusa, prefazione di Enzo Forcella, Feltrinelli, Milano 1976; Lettera a Feliciano Rossitto, in "L'Unita'", 5 maggio 1977; Mani in alto e fuori la terra!, in "L'Europeo", 8 novembre 1979; Sull'ospedale civile di Ragusa, in "Sicilia Libertaria", anno IV, n. 15, novembre 1980; I terremoti, quelli creati dallo Stato, in "Lotta Continua", 12 dicembre 1980; Una donna di Ragusa, nota di Carlo Levi, Sellerio, Palermo 1993; Il carrubo ed altri racconti, introduzione di Gianni Grassi, Sellerio, Palermo 1993; Una donna libera, nota di Marilena Licitra, Sellerio, Palermo 2004. b. Studi critici in libri e riviste: Addonizio Michele, Una donna contro il governo, la chiesa, la guerra, in "Lotta Continua", 22 novembre 1979; Anonimo, A "Donna di Ragusa" di Maria Occhipinti il premio Brancati, in "Corriere della Sera", 30 dicembre 1976; Antoci Franca, Maria, la Pasionaria di Ragusa, in "La Sicilia", 8 marzo 1994; Eadem, Nelle lettere ai grandi la rabbia della ribelle, in "La Sicilia", 8 marzo 1994; Asciolla Enzo, La Sicilia esca dal suo "letargo", in "Gazzetta del Sud", 31 dicembre 1976; Barone Laura, Maria Occhipinti. Storia di una donna libera, Sicilia Punto L, Ragusa 1984; Eadem, Il carrubo ed altri racconti della ragusana Maria Occhipinti, in "Ragusa Sera", 17 luglio 1993; Eadem, Maria Occhipinti, in Rivolta e memoria storica. Atti del convegno 1945-1995: le sommosse contro il richiamo alle armi, cinquant'anni dopo, Sicilia Punto L, Ragusa 1995; Eadem, Una donna di Ragusa: Maria Occhipinti, in Nella Sicilia del passato tra figure femminili e vecchi mestieri, Fidapa, Distretto Sicilia 2002; Eadem, Maria Occhipinti, in Tra terra e cielo. Due secoli di storia iblea al femminile, Donna e Comunita', Ragusa 2002; Bonina Gianni, Dalla Russia con dolore, in "La Sicilia", 1 aprile 1995; Bravo Anna, La ribelle di Ragusa messa in galera dagli antifascisti, in "Liberal", 21 maggio 1998; Calapso Jole, Donne ribelli, Flaccovio, Palermo 1980; Cambria Adele, Un'isola di rabbia, in "Il Messaggero", 5 luglio 1976; Catalfamo Antonio, Scrittori umanisti e "cavalieri erranti" di Sicilia, Sicilia Punto L, Ragusa 2001; Chemello Adriana, Una donna di Ragusa, in "Azione nonviolenta", novembre-dicembre 1976; Eadem, Una donna contro la guerra, in "Azione nonviolenta", novembre-dicembre 1981; Cotensin Ismene, Maria Occhipinti e la rivolta di Ragusa (gennaio 1954): un percorso intellettuale, politico e letterario, Sicilia Punto L, Ragusa 2003; D'Aquino Alida, Maria Occhipinti, in Sarah Zappulla Muscara' (a cura di), Letteratura siciliana al femminile: donne scrittrici e donne personaggio, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta, 1987; D. S., Una donna di Ragusa - veicolo al verbo comunista, in "Avvenire Ibleo", 22 febbraio 1958; Giarratana Letizia, Ciao Compagna, in "Sicilia Libertaria", XX anno, n.146, Ragusa, settembre 1996; Giubilei Giuliano, Lo Stato ruba la terra ai contadini ragusani, in "Paese Sera", 25 gennaio 1980; G. V, Occhipinti-Cambria: meta' premio per ciascuna, in "Espresso Sera", 31 dicembre 1976; Mafai Simona, Le siciliane, in AA. VV., Essere donna in Sicilia, Editori Riuniti, Roma 1976; Marzocchi Umberto, Un documento umano: una donna di Ragusa, in "Umanita' Nova", 3 ottobre 1957; Mughini Giampiero, Essere donna a Ragusa nel 1945, in "Paese Sera", 3 gennaio 1977; Nicolosi Casimiro, Le donne protagoniste al "Brancati-Zafferana", in "La Sicilia", 28 dicembre 1976; Santi Correnti, Donne di Sicilia, Tringale Editore, Catania 1990; Stajano Corrado, Una donna di Ragusa, in "Linus", n.10, ottobre 1976; Seroni Adriano, Una donna di Ragusa, in "L'Unita'", 17 settembre 1957; Simonelli Giovanni, Una donna di Ragusa, in "6 gennaio 1945", Ragusa, maggio 1976; Teodori Maria Adele, La pasionaria di Ragusa, in "L'Europeo", 8 novembre 1979; c. Opere storiche d'inquadramento: AA. VV., Rivolta e memoria storica. Atti del convegno 1945-1995: le sommosse contro il richiamo alle armi, cinquant'anni dopo, Sicilia Punto L, Ragusa 1995; La Terra Giovanni, Le sommosse nel ragusano: dicembre 1944 - gennaio 1945, Sicilia Punto L, Ragusa 1980; Mangiafico Antonio, Gurrieri Pippo, Non si parte! Non si parte! Le sommosse in Sicilia contro il richiamo alle armi, Sicilia Punto L, Ragusa 1991; Mangiamieli Rosario, La regione in guerra 1943-1950, in Storia d'Italia. Dall'unita' a oggi: la Sicilia, Einaudi, Torino 1987; Nicolosi Salvatore, Sicilia contro Italia (il separatismo siciliano), Tringali Editore, Catania 1981; Nobile Giuseppe, Questi miserabili, S. E. I., Genova 1953; Ragionieri Ernesto, La storia politica e sociale, in Storia d'Italia. Dall'unita' ad oggi, tomo III, Einaudi, Torino 1976; Romano Giosue' Luciano, Moti rivoluzionari nel ragusano: dicembre 1944 - gennaio 1945, Sicilia Punto L, Ragusa 1998. d. Altri saggi letterari: (...) [sono segnalati testi di riferimento non specifici di Salvatore Battaglia, Italo Calvino, Franco D'Intino, Danilo Dolci, Marizano Guglielminetti, Carlo Levi, Carlo Salinari, Manfred Schneider, Leonardo Sciascia, Rocco Scotellaro, Ignazio Silone, Carlo Varese - ndr]. e. Fonti internet, audio e video: (...) Adele Cambria, La rivolta dei Non si parte, 17 settembre 2002, Raisat Album 2002; Silvana Mazzocchi, Le ribelli del Novecento, 22 febbraio 2003, Raisat Album; 16 aprile 2004: Presentazione libro di Ismene Cotensin: Maria Occhipinti e la rivolta di Ragusa (gennaio 1945). Un percosrso intellettuale, politico e letterario, Sicilia Punto L, Sala Avis, Ragusa. Relatori: Laura Barone, Marilena Licitra Occhipinti, Pippo Gurrieri, Ismene Cotensin; 10 luglio 2004: Intervista personale, riportata in appendice [alla tesi di laurea da cui citiamo - ndr], con Marilena Licitra Occhipinti, Ragusa; 12 novembre 2004: Presentazione del libro postumo di Maria Occhipinti Una donna libera, Sellerio, Centro Studi "Feliciano Rossitto", Ragusa. Relatori: Salvatore Assenza, Laura Barone, Marilena Licitra Occhipinti, Pippo Gurrieri, presente in sala Franco Leggio". Cfr. anche il breve saggio a lei dedicato di Anna Bravo, recentemente ripubblicato nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 450]

 

Maria Occhipinti (Ragusa 1921 - Roma 1996).

"Le cartoline precetto che ordinavano ai giovani dai venti ai trent'anni di presentarsi ai distretti cominciarono ad arrivare in Sicilia tra la fine di novembre e i primi di dicembre del 1944. [...] Quando i carabinieri presero a rastrellare i renitenti casa per casa, ci furono tumulti, scontri a fuoco, incendi dei municipi, occupazioni di interi paesi". Gia' dalla primavera, piu' volte, le forze dell'ordine avevano aggredito assembramenti pacifici di donne e bambini che chiedevano pane e lavoro o contadini che occupavano terre incolte confidando nella sponda politica dei decreti Gullo, mai rispettati nell'isola, e nella guida di tanti sindacalisti, destinati ad annodare un rosario di sangue che ancora oggi esige giustizia. Il 19 ottobre 1944, ad esempio, a mezzogiorno, fu perpetrata a Palermo la strage di via Maqueda: la fanteria sabauda apri' il fuoco su una folla inerme che dimostrava per il pane, uccidendo 24 persone e ferendone altre 158, la maggior parte minorenni! "Maria Occhipinti in quell'epoca ha ventitre anni, e' incinta di cinque mesi e vive con il marito, i genitori, le sorelle nel quartiere dei 'mastricarretti', la zona piu' popolare di Ragusa". Ha trascorso un'infanzia e un'adolescenza senza amore e senza cultura, senza carezze e senza musica o poesia, ma e' curiosa, e con passione confusa legge, si guarda intorno: la guerra le fa orrore, e pena quei profughi, uomini ridotti come "cani randagi". Con grande scandalo del marito, del padre e di tutti gli uomini del vicinato si iscrive alla Camera del Lavoro, organizza le donne del quartiere mescolandosi alle prime manifestazioni contro il carovita e il mancato pagamento dei sussidi alle famiglie dei richiamati alle armi. La mattina del 4 gennaio 1945, l'ennesimo rastrellamento. "All'incrocio dello stradone, mi trovai dinanzi al camion, seguita dalle altre donne. Ci avvicinammo agli sbirri, che erano armati, cercando di persuaderli: Lasciate i nostri figli, per carita', lasciateli. Qualcuna tentava di disarmarli o s'inginocchiava per commuoverli. Dei giovani piangevano, altri avevano nello sguardo lampi d'odio. Ma i poliziotti erano impassibili, il camion riprendeva la sua marcia lenta e inesorabile. Allora urlai: Lasciateli! E mi stesi supina davanti alle ruote del camion [...] Lo stradone in pochi minuti fu pieno di gente eccitata e pronta a tutto. [...] Ma l'ira dei soldati fu tremenda, spararono sulla folla inerme". Maria viene condannata al confino ad Ustica, dove le nasce la bambina, e poi trasferita con la piccola al carcere delle Benedettine a Palermo, infine liberata per l'amnistia di Togliatti. Il racconto che Maria Occhipinti fa di questa sua esperienza e' pero' ben piu' di una testimonianza personale: colpisce in questo suo primo libro la sensibilita' con la quale raccoglie le storie di vita di altre donne, nel suo quartiere detto "la Russia", proprio perche' abitato da persone che si sono avvicinate alla Camera del Lavoro e sono tacciate, specie se donne, di essere "comuniste e ribelli", e poi al confino e in carcere. Insomma si tratta, almeno in parte, di un libro-inchiesta, simile a quelli che scrivera' Danilo Dolci da Partinico.

Un breve esempio: "la triste canzone che risuona in tutte le carceri siciliane: Mamma, che mi facesti sfortunata,/ il carcere mi desti tu per dote./ Carceratella sono di san Vito;/ entro con la parola e n'esco muta./ Chi dice trenta e chi dice quaranta/ Come riesce, la cosa si conta".

A partire dagli anni Sessanta la Occhipinti viaggera' in Marocco, a Parigi, a Londra, in Canada, sempre attenta e sempre a servizio, come quando si trovera' a lavorare in un ospedale psichiatrico alle Haway.

Tornata in Italia con la figlia, collaborera' a diversi quotidiani e riviste, proseguendo il suo impegno politico libertario, tra l'altro, contro l'installazione dei missili nucleari a Comiso.

Fonti bibliografiche: Giovanni Criscione, in Siciliane, Siracusa, E. Romeo 2006; Maria Occhipinti Una donna di Ragusa, Milano, Feltrinelli 1976.

 

8. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Mariastella Margozzi con Arianna Marullo (a cura di), Rolando Monti. Dal tonalismo all'astrazione lirica. Catalogo della mostra, Roma, 13 dicembre 2009 - 28 febbraio 2010, Fabbrigrafica Adv, 2009, pp. 154.

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 513 del 2 aprile 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it