Telegrammi. 491



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 491 dell'11 marzo 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Montesquieu

2. Maria G. Di Rienzo: Trickster

3. Movimento Nonviolento: Per una alleanza mediterranea

4. Alexander Langer: Fratellanza euromediterranea (1995)

5. Roberta De Monticelli: Dell'obbedienza e della disobbedienza

6. Naomi Wolf: Quando le donne

7. Si e' svolto a Blera il 9 marzo un incontro di formazione alla comunicazione nonviolenta

8. Eva Cantarella ricorda Simone Weil

9. La "Carta" del Movimento Nonviolento

10. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. MONTESQUIEU

 

Sapeva l'autore dello Spirito delle leggi che potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario devono essere separati affinche' si dia uno stato di diritto in cui sia decente vivere.

E sanno i dittatori vecchi e nuovi che una magistratura indipendente dal potere politico non fa per loro.

 

2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: TRICKSTER

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente testo estratto dall'introduzione del suo prossimo libro.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]

 

Sapete cos'e' un trickster? La traduzione italiana e' "imbroglione", ma la connotazione negativa del termine nella nostra lingua non rende davvero l'idea. Potremmo avvicinarci ad una comprensione migliore definendolo un personaggio che modifica la realta', o piu' esattamente modifica la percezione della realta' nelle persone che entrano in contatto con lui o lei.

Praticamente ogni societa' umana ha una leggenda o una fiaba su questo personaggio, che puo' essere una dea o un dio (Brigit, Loki, Eshu, Hermes), un mortale (Sherazade e i vari "buffoni" di corte o di villaggio) e persino un animale: le mitologie abbondano di volpi, coyote, corvi e topi che fanno cose davvero strane.

Il trickster e' un muta-forma, cambia apparenza, racconta storie per prendere tempo o per confondere i suoi oppositori, usa l'umorismo e gli indovinelli, fa giochi di abilita' per distrarre, si finge stupido o inconsapevole, mantiene un'impassibile faccia tosta nel bel mezzo del caos. Spesso questa figura e' riverita come sacra nelle varie culture, perche' il nobile trickster sfida i limiti ed i confini per un motivo preciso: il suo scopo e' aiutare le persone a comprendere verita' importanti, che senza il suo intervento esse non vedrebbero o non sarebbero capaci di accettare.

Le difensore dei diritti umani delle donne sono le trickster piu' intelligenti della nostra epoca. Le loro tecniche incorporano la danza, il canto, le risate, i fiori, l'arte, la cultura, parole e silenzi, svelamenti e travestimenti.

Quando devono confrontarsi con un soldato o un'intrusione armata, sanno immediatamente imbastire una protezione mantenendo l'espressione di consumati giocatori di poker: "Le mie colleghe saranno qui a minuti"; "Ero al telefono con il Ministero proprio in questo momento..."; "Ho già chiamato la polizia..."; "Ma tu non sei il figlio della mia amica?"; "Ah si', il capovillaggio, di cui sono parente, me parlava proprio ieri..."... E poi esagerano o fingono infermita' e periodi mestruali, esaltano i propri collegamenti internazionali o li negano completamente. Usando una semplicita' disarmante, soffice e non minacciosa, con la faccia tosta o il piu' clamoroso dei travestimenti, allontanano la violenza, la smontano, e cambiano il mondo.

Le trickster lo spiegano cosi':

"In alcuni villaggi, i mariti insistevano per controllare i nostri incontri fra donne. Tentammo varie strategie, per tre anni, per trovare un modo in cui le donne potessero parlare senza essere interrotte o azzittite dai loro mariti. Alla fine fu la cucina a darci il mezzo. Cucinare insieme, imparare proprieta' degli alimenti, ricette, eccetera. Chiedemmo agli uomini di partecipare, ma questo era troppo per loro: non volevano aver niente a che fare con la cucina. Cosi' se ne andarono. E noi potemmo tenere i nostri incontri indisturbate" Una difensora dei diritti umani delle donne di Most, Bosnia (che vuole mantenere l'anonimato).

"Dovemmo fronteggiare molte difficolta' quando sollevammo la questione dei diritti di proprieta'. Eravamo pesantamente criticate e continuavamo a ricevere minacce anonime di ogni tipo. Ad un certo punto, persino la Federazione Hindu comincio' a protestare contro il nostro movimento e le nostre richieste, ritenendo che noi stessimo sfidando i principi religiosi. Noi rispondemmo che stavamo sfidando la struttura sociale, e che la cosa non aveva a che fare specificatamente con la religione hindu. Non solo non volevamo offenderli: stavamo implicando che anche le donne buddiste e le donne musulmane hanno gli stessi diritti, cosa che a questo punto furono costretti ad accettare. A volte bisogna essere un po' furbi nel portare avanti i movimenti" Sapana Pradhan Malla, difensora dei diritti umani delle donne, Nepal.

"Mentre cammini per strada, puo' saltar fuori un uomo, o piu' d'uno, che ti dice cose del tipo: 'Scommetto che se faccio sesso con te non sarai piu' una lesbica'. Come posso essere libera, qui? Mi prendo la mia dose di odio solo uscendo di casa. Quando la paura passa il livello di guardia, cambio modo di portare i capelli, cambio vestiti. Ma assolutamente non cambio me stessa" Zoe Gudovic, attivista per i diritti delle persone omosessuali, Belgrado, Serbia.

"Usiamo il tempo che passiamo insieme sui campi. Coltiviamo, raccogliamo, innaffiamo, e parliamo delle violazioni dei nostri diritti umani e di come contrastarle" Josephine Kavira Malimukona, difensora dei diritti umani delle donne, Repubblica democratica del Congo.

"Une delle tecniche e' stata continuare a 'fare le donne': cucito, cucina, eccetera, come mezzo per entrare in contatto con le altre ed aiutarle a comprendere la realta' della loro situazione e dei loro diritti umani. Altre attiviste hanno ricevuto l'aiuto delle Peace Brigades International: membri di questa associazione vivevano nelle loro case, le accompagnavano alle manifestazioni o agli incontri. I membri delle brigate sono pacifisti e amici della nonviolenza che vengono dall'estero: dietro ognuno di loro c'e' un'ambasciata straniera, e questo per la protezione dalla violenza conta. Le donne dicevano che averli al proprio fianco era come avere un'intera ambasciata dietro di te" Emerita Patinio Acue, difensora dei diritti umani delle donne, Colombia.

 

3. RIFLESSIONE. MOVIMENTO NONVIOLENTO: PER UNA ALLEANZA MEDITERRANEA

[Dal Movimento Nonviolento (sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo]

 

Di la' del canale di Sicilia, soffia il vento del cambiamento. Da alcune settimane, giovani e meno giovani sono scesi per strada in nome della liberta' che non hanno conosciuto ancora. Molti sono morti, assassinati dai difensori dello status quo, dei privilegi e della corruzione che sono la norma e la regola di dittature e dispotismi vigenti da decenni. Ma l'onda e' piu' forte della diga, e quello che sembrava impossibile si sta avverando: i vecchi detentori del potere sono costretti alla fuga e alla capitolazione.

E' netta l'impressione che il pendolo della storia stia portando un vero e profondo cambiamento nel Maghreb e nel Mashrek, anche se e' ancora troppo fresco il sangue versato per potere decifrare in modo chiaro i contorni di un nuovo ordine politico e sociale in questi paesi. E la stessa storia insegna che i privilegiati di un ordine ingiusto non mollano cosi' facilmente il potere, mentre ci sono forze in agguato per riempire quello che puo' apparire come un vuoto politico, all'indomani della rivolta e della ribellione.

Quale che sia il destino di questo movimento, e' innegabile che la sete di liberta', di giustizia e di democrazia di milioni di persone ha prevalso sulla sopraffazione in atto da troppo tempo. Il grido di rivolta corre veloce da un cellulare all'altro, da facebook a twitter, nella piazza virtuale di internet che diventa piazza reale, annunciando l'alba di una emancipazione rivendicata anche con la morte che miete vittime innocenti e inermi. E' difficile pensare che tutto potrebbe tornare come prima, anche se il Mediterraneo e' la patria del pessimismo, avendo gia' conosciuto troppe volte nella propria storia il dominio della repressione e dell'ingiustizia, in difesa del potere e dei privilegi di tiranni e dittatori.

Mentre la sponda sud del mare bianco (come gli arabi chiamano il Mediterraneo) si libera, vediamo la stanca sponda nord preoccuparsi principalmente dei propri interessi messi in pericolo dal rovesciamento dello status quo. Per anni, la realpolitik europea e nordamericana ha rafforzato senza farsi troppi scrupoli il dominio di rais e oppressori. Il rifornimento di petrolio e di gas, la vendita di armi e il mercato del cemento sono stati i motori delle relazioni con i regimi in atto, e non ci si e' molto preoccupati della sorte di intere popolazioni costrette a subire il prezzo dell'intolleranza e della repressione.

Oggi appare in tutta la sua crudezza la mancanza di una vera politica mediterranea dell'Unione Europea e dei singoli stati europei, e preoccupano non poco le affermazioni di un possibile intervento anche militare da parte degli Usa e dei paesi europei per "garantire la sicurezza" dei propri connazionali o per assicurare la continuita' dell'approvvigionamento energetico, tanto cruciale per il modo insostenibile di vivere delle vecchie e opulenti popolazioni del mondo "ricco". Invocare un intervento muscolare nei paesi del Mediterraneo meridionale evoca i recenti orrori ed errori delle guerre in Iraq e in Afghanistan. E avrebbe sicuramente come conseguenza di dirottare l'insurrezione verso un ennesimo conflitto del mondo arabo con l'occidente.

Anni fa, il re Hassan II aveva chiesto di fare entrare il Marocco nell'Unione Europea. All'epoca ci furono risate per questa boutade politica, ma forse sarebbe stato piu' saggio prendere sul serio questa domanda. Oggi, la distanza fra una sponda e l'altra del mare nostrum si e' ingrandita, e appare difficile un riavvicinamento in tempi brevi. Ma sarebbe intelligente cominciare almeno ad immaginare una alleanza mediterranea, che garantirebbe a tutti i popoli di questo mare di vivere in una grande spazio geopolitico, economico, culturale e ambientale condiviso e soprattutto in un'area di pace. Gia' oggi, migliaia e migliaia di migranti attraversano il mare da sud a nord, mentre pensionati europei volano da nord a sud per godersi la vecchiaia nel Maghreb. Ci sono dei movimenti della storia che nessuna becera politica xenofoba potra' mai arrestare.

Allora, invece che preoccuparsi di ondate di rifugiati o di penuria di petrolio, faremmo bene, noi europei, ad ispirarci al vento fresco del cambiamento che soffia attraverso il Mediterraneo e il mondo arabo, per riscoprire insieme alle popolazioni rivoltose il buon vecchio gusto della liberta', che non puo' essere solo una parola in un testo costituzionale, ma deve essere una forza vibrante che attraversa tutta la societa'.

Sembra una utopia? Certo che lo e'! Ma ricordiamoci che il Mediterraneo e' la culla ancestrale di tante utopie che hanno cambiato il mondo.

*

Post scriptum: Ci sembra utile riproporre, a completamento di questo nostro pensiero aperto, un articolo di Alexander Langer, scritto piu' di quindici anni fa, che gia' individuava i primi segnali di un risveglio del Mediterraneo. Le voci profetiche sono spesso inascoltate, ma indicano la strada che la storia percorre.

 

4. MEMORIA. ALEXANDER LANGER: FRATELLANZA EUROMEDITERRANEA (1995)

[Dal Movimento Nonviolento riceviamo e difondiamo questo editoriale scritto nel maggio 1995 da Alexander Langer per la rivista "Verdeuropa".

 

Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bolzano) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992 esaurito). Dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005; Alexander Langer, Was gut war Ein Alexander-Langer-ABC; inoltre la Fondazione Langer ha terminato la catalogazione di una prima raccolta degli scritti e degli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa), i materiali raccolti e ordinati sono consultabili su appuntamento presso la Fondazione. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La Meridiana, Molfetta 2000; AA. VV. Una vita piu' semplice, Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005; Fabio Levi, In viaggio con Alex, la vita e gli incontri di Alexander Langer (1946-1996), Feltrinelli, Milano 2007. Si vedano inoltre almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione della Fondazione Alexander Langer Stiftung, 2000, 2004; il volume monografico di "Testimonianze" n. 442 dedicato al decennale della morte di Alex. Inoltre la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (esaurito). Videografia su Alexander Langer: Alexander Langer: 1947-1995: "Macht weiter was gut war", Rai Sender Bozen, 1997; Alexander Langer. Impronte di un viaggiatore, Rai Regionale Bolzano, 2000; Dietmar Hoess, Uno di noi, Blue Star Film, 2007. Un indirizzo utile: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Latemar 3, 9100 Bolzano-Bozen, tel. e fax: 0471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org]

 

Tutti abbiamo passato alcuni anni in cui l'Europa occidentale ha dovuto - non senza fatica - riscoprire la sua "altra faccia della luna", cioe' i propri concittadini europei dell'Est. Caduti i muri e le cortine, una reciproca amputazione durata almeno mezzo secolo si sta lentamente ed assai contraddittoriamente rimarginando. Non si sono ammazzati vitelli grassi per il fratello ritrovato, piuttosto si e' vista la penosa reazione di chi rifa' i conti di un'eredita' ritenuta gia' assegnata in esclusiva ed ora, invece, da spartire.

Oggi un'altra fratellanza affievolita o forse dimenticata e' da riscoprire: quella euromediterranea. In anni passati in Italia si e' assistito ad un curioso dibattito geopolitico: chi voleva "entrare in Europa", reclamava spesso la necessita' di staccarsi dal Mediterraneo, "dall'Africa", come talvolta si diceva in senso spregiativo. Anche nel resto d'Europa l'attenzione al Mediterraneo negli ultimi anni ha subito alterne vicende, e si e' ulteriormente resa precaria dalla guerra del Golfo in poi, dove si e' invece consolidata una sorta di egemonia dell'asse Usa - Stati petroliferi del Golfo (con l'Arabia Saudita in testa), con una forte influenza nel Mediterraneo che si e' manifestata anche nella politica della spesa pubblica. Su ogni Ecu investito dalla Comunita' europea, se ne sono investiti dieci da parte degli Usa ed altrettanti da parte dei petrolieri arabi. L'assenza di una comune politica mediterranea la si e' vista non solo intorno alla guerra del Golfo: ancor piu' pesante la marginalita' dell'Europa nel ritrovare la pace tra israeliani ed arabi, nel dialogo con i paesi "difficili" (come Libia, Siria, ecc.), in alcune ingiustizie ormai da troppo tempo sopportate (la divisione di Cipro, per esempio), nella ricerca di un nuovo ordine post-guerra fredda anche nel Mediterraneo. La proposta, avanzata fin dai primi anni '90, di organizzare per quest'area una sorta di "Helsinki del Mediterraneo", cioe' un quadro complessivo di accordi per la cooperazione e la sicurezza, e' stata lasciata cadere; gli stessi governi che l'avevano caldeggiata (Spagna, Italia, poi anche Francia e Grecia), l'hanno messa nel dimenticatoio.

Oggi i governi si preoccupano di certi campanelli d'allarme, e tendono ad affrontarli, ma troppo spesso in modo solo repressivo: immigrazione incontrollata, tensioni sociali e "rivolte del pane", la crescita dell'integralismo islamico, i rischi del traffico illegale di droga e di armi... insomma, i pericoli piu' che le opportunita'. La Conferenza intergovernativa euromediterranea, indetta dall'Unione europea per il prossimo novembre 1995 sotto presidenza spagnola, si prefigge - assai positivamente - un nuovo partenariato euromediterraneo, ma rischia di limitarsi a puntare al controllo di alcuni di questi fenomeni ritenuti minacciosi, attraverso accordi di cooperazione e di finanziamento, senza osare un disegno piu' ambizioso: un partenariato che porti ad una vera e propria Comunita' euromediterranea, a fianco ed intrecciata con l'Unione europea.

D'altra parte forse non si puo' chiedere ai governi quanto dai cittadini e dalla societa' civile non e' ancora sufficientemente sentito e condiviso.

E' questa oggi una sfida ed una possibilita' di grande rilievo per i cittadini ed i gruppi europei e mediterranei. Non c'e' nessun'altra area del mondo in cui in uno spazio cosi' concentrato si trova un'eredita' cosi' comune e cosi' diversificata insieme: al crocevia tra i tre continenti (Europa, Asia, Africa) e le tre grandi religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo, Islam), in una cornice ambientale e monumentale con caratteristiche fortemente comuni ed oggi gravemente minacciata.

Ecco perche' riteniamo che sia tempo di affrontare anche dal basso la costruzione di una nuova fratellanza euromediterranea, e di accompagnare criticamente ed attivamente il processo che si svolge al livello delle istituzioni e dei governi. Una parte del volontariato europeo impegnato per la pace, per la cooperazione, per l'ambiente, per la giustizia tra nord e sud, per uno sviluppo umano e sociale sostenibile, gia' opera in questa dimensione. Ma se vogliamo davvero ravvivare e rinnovare il patrimonio comune che lega comunita', popoli, cittadini, ecosistemi, economie e societa' mediterranee, ed intrecciarle con quell'altro grande processo di integrazione che oggi faticosamente avviene tra l'Occidente e l'Oriente del continente europeo, bisognera' sviluppare una nuova sensibilita', e cogliere le molte occasioni di azione ed interazione.

 

5. RIFLESSIONE. ROBERTA DE MONTICELLI: DELL'OBBEDIENZA E DELLA DISOBBEDIENZA

[Dal sito della Fondazione "Roberto Franceschi" riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente su "Saturno" del 25 febbraio 2011 col titolo "Soggetti alla legge ma non al capo" e il sommario "In questa autolimitazione del potere che ci fa, governanti e governati, uguali di fronte alla legge, e' il valore della legalita' e il senso delle istituzioni democratiche. Come la divisione e la relativa autonomia dei poteri".

 

Roberta de Monticelli, acuta pensatrice, docente e saggista. Riproponiamo per stralci la seguente scheda di alcuni anni fa: "Roberta De Monticelli ha studiato alla Scuola Normale e all'Universita' di Pisa, dove si e' laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl: dalla Filosofia dell'aritmetica alle Ricerche logiche; ha continuato i suoi studi presso le Universita' di Bonn, Zurigo e Oxford, dove e' stata allieva di Michael Dummett, logico e filosofo del linguaggio. Sotto la sua direzione ha scritto la tesi di dottorato su Frege e Wittgenstein. A Oxford e' stata iniziata allo studio della tradizione platonica da Raymond Klibansky, membro e custode del Circolo Warburg, grande storico delle idee ed editore di numerosi testi medievali e moderni. Ha cominciato la sua carriera universitaria come ricercatrice della Scuola Normale di Pisa, poi trasferita presso il dipartimento di filosofia dell'Universita' statale di Milano, nell'ambito della cattedra di Filosofia del linguaggio (Andrea Bonomi). A Milano ha frequentato per anni i corsi della Facolta' Teologica dell'Italia Settentrionale, approfondendo la sua formazione nel quadro delle sue ricerche sul platonismo, e poi sulla filosofia di Agostino, di cui ha curato per Garzanti un'edizione delle Confessioni con testo a fronte, commento e introduzione (La Spiga 1992). E' stata dal 1989 al 2004 professore ordinario di filosofia moderna e contemporanea all'Universita' di Ginevra, sulla cattedra che fu di Jeanne Hersch (1910-2000, con Hannah Arendt e Raymond Klibansky la migliore allieva di Karl Jaspers). Per valorizzare l'opera di questa pensatrice, fra le piu' significative del Novecento, ha diretto fra l'altro una ricerca d'equipe sull'opera e la figura di Jeanne Hersch, finanziata dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, ricerca che ha gia' portato alla preparazione per la stampa di numerosi inediti, e a svariate traduzioni in italiano e altre lingue di opere della pensatrice ginevrina. A Ginevra ha fondato la scuola dottorale interfacolta' 'La personne: philosophie, epistemologie, ethique', che ha diretto fino al 2004 (corresponsabili: Bernardino Fantini, Faculte' de Medicine, Bernard Rordorf, Faculte' Autonome de Theologie Protestante, Alexandre Mauron, Centre Lemanique d'ethique), scuola dottorale frequentata da studenti di ogni paese europeo, nel quadro della quale ha invitato i migliori specialisti internazionali delle discipline interessate (etica ed etica applicata, ontologia, fenomenologia, filosofia della mente, filosofia della psicologia, scienze cognitive, storia della medicina, filosofia della biologia). Dall'ottobre 2003 e' stata chiamata per chiara fama all'Universita' Vita-Salute San Raffaele, sulla cattedra di filosofia della persona. Un insegnamento di concezione nuova anche nel nome (e' la prima cattedra in Italia con questa denominazione). La persona, la sua realta' e i modi della sua conoscenza sono al centro della sua ricerca, che, pur riconoscendosi erede della grande tradizione, da Platone ad Agostino a Husserl, tenta una fondazione nuova, sul piano ontologico e sulla base del metodo fenomenologico, di una teoria della persona. Sua ambizione e' di costruire un linguaggio limpido e rigoroso per affrontare le questioni che si pongono a ogni esistenza personale matura (identita' personale, sfere della vita personale - cognitiva, affettiva, volitiva -, libero arbitrio, natura della conoscenza morale, fondamenti dell'etica, natura della vita spirituale). Un linguaggio, d'altra parte, capace di contribuire, anche con analisi concettuali e fenomenologiche e un proprio insieme di tecniche d'argomentazione, al dibattito contemporaneo promosso dagli sviluppi della filosofia della mente e delle scienze naturali dell'uomo, biologia, neuroscienze, scienze cognitive...". Tra le opere di Roberta de Monticelli: Dottrine dell'intelligenza - Saggio su Frege e Wittgenstein, De Donato, Bari 1982; (con M. Di Francesco), Il problema dell'individuazione - Leibniz, Kant e la logica modale, Edizioni Unicopli, Milano 1984; Il richiamo della persuasione. Lettere a Carlo Michelstaedter, Marietti, Genova 1988; Le preghiere di Ariele. Garzanti, Milano 1992; L'ascesi filosofica, Feltrinelli, Milano 1995; L'ascese philosophique - Phenomenologie et Platonisme, Vrin, Paris 1997; La conoscenza personale. Introduzione alla fenomenologia, Guerini e associati, Milano 1998; (a cura di), La persona: apparenza e realta'. Testi fenomenologici 1911-1933, Raffaello Cortina, Milano 2000; L'avenir de la phenomenologie - Meditations sur la connaissance personnelle  Aubier-Flammarion, Paris, 2000; Dal vivo, Rizzoli, Milano 2001; El conoscimiento personal, Catedra, Madrid 2002; Le Medecin Philosophe aux prises avec la maladie mentale, Actes du Colloque International Phenomenologie et psychopathologie, Puidoux, 16-18 fevrier 1998 , Etudes de Lettres, Lausanne 2002; Leibniz on Essental Individuality, Proceedings of International Symposium on Leibniz (G. Tomasi, editor,  M. Mugnai, A. Savile, H. Posen), Studia Leibnitiana, 2004; La persona e la questione dell'individualita', in "Sistemi intelligenti", anno XVIII, .33, dic. 2005, pp.419-445; L'ordine del cuore - Etica e teoria del sentire, Garzanti, Milano 2003; (a cura di), Jeanne Hersch, la Dame aux paradoxes - Textes rassembles par Roberta de Monticelli, L'Age d'Homme, Lausanne 2003; L'allegria della mente, Bruno Mondadori Editore, Milano 2004; Nulla appare invano - Pause di filosofia, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2006; Esercizi di pensiero per apprendisti filosofi, Bollati Boringhieri, Milano 2006; Sullo spirito e l'ideologia, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2007]

 

Mentre un vento di rivolta soffia a sud della Penisola, incendiando i paesi islamici dal Nord Africa all'Iran, ci si puo' chiedere se la millenaria riflessione occidentale sul potere, la legge e la disobbedienza potra' ancora aiutarci a decifrare il futuro di questa che gia' la nostra speranza chiama "la caduta dei tiranni". Ma se rivolgiamo di nuovo lo sguardo al presente italiano, un dubbio ancora piu' forte ci assale. Ovvero se le categorie filosofiche dell'obbedienza e della disobbedienza, sulle quali si fonda in definitiva quanto di meglio abbiamo saputo dire sui fondamenti del potere politico nella coscienza delle persone, possano servirci ancora. In questa Italia, "terra di nefandezze, abiure, genuflessioni e pulcinellate".

In questo nostro Paese che "attraverso Machiavelli, ha mostrato al mondo il volto demoniaco del potere"; "che ha inventato il fascismo"; dove "la politica si e' definitivamente trasformata in crimine, ricatto, delazione, scandalo, imbroglio". Parole vigorose. Parole di uno scrittore, Ermanno Rea, che si fa leggere d'un fiato dalla prima all'ultima pagina nel suo La fabbrica dell'obbedienza (Feltrinelli). Questa fabbrica e' l'Italia. Rea attraversa la questione morale passando per i nostri classici, l'Unita' tradita, il fascismo, il dopoguerra democristiano, la svolta degli anni Ottanta, fino al presente di "un regime cosi' corrotto e maleodorante che non si sa piu' con quale aggettivo bollarlo".

Ma questo libro pone una domanda, semplice e per cosi' dire spettacolare. La stessa dei saggi su Rinascimento Riforma e Controriforma di Bertrando Spaventa, che proprio dagli studi del filosofo napoletano trae ispirazione e respiro. Noi siamo stati i primi. Abbiamo inventato il cittadino responsabile con l'Umanesimo e il Rinascimento. Com'e' successo che a questi centocinquant'anni di splendore sia seguita la nostra lunga servitu' civile e morale, con il suo corredo di arti della sudditanza, della menzogna, dell'opportunismo e del cinismo, che ritroviamo tanto ben descritte nelle pagine dei nostri classici da Guicciardini a Leopardi? Com'e' potuto accadere che questa storia si sia inesorabilmente ripetuta dopo grandi, in qualche modo miracolose, accensioni di speranza? Il Risorgimento fini' di morire col fascismo, e la Costituzione nata dalla Resistenza si vede oggi che fine rischia di fare. Ecco, sarebbe molto miope chi vedesse nella risposta di Rea una semplice riedizione di quella di Spaventa: colpa della Controriforma! Cio' che conta non e' di chi o di cosa sia la colpa, ma l'analisi spietata di come si fabbrica la servitu' del cuore e la prigionia della mente - che sono l'esatto contrario di tutte le figure di una coscienza delle leggi, antiche e moderne. Delle figure, cioe', dell'obbedienza e della disobbedienza. Del dovere e del diritto. Che stanno alla liberta' dei cittadini come la sudditanza al potere illimitato sta alla liberta' dei servi. L'opposizione e' la stessa che corre fra "I care" e "me ne frego" - come gia' aveva notato don Milani ne L'obbedienza non e' piu' una virtu'. A differenza della legge, il potere e' "alla ricerca di un'obbedienza sempre contingente e percio' da rinnovare continuamente, senza mai esigere... una responsabilita' totale, prolungata nel tempo". Che sia ottenuta con la dipendenza spirituale, con la tecnica della confessione e del perdono, oppure con la dipendenza materiale, il favore e il ricatto: la distruzione dello "spirito delle leggi" e' una cosa sola con la polverizzazione dell'impegno personale. Cioe' la riduzione della necessita' del dovere alla contingenza della soggezione, del valore della promessa al prezzo dello scambio - in una parola, la demolizione della responsabilita' personale, che obbedienza e disobbedienza autentiche presuppongono.

Ci aiuta a vederlo Raffaele Laudani con il suo Disobbedienza (Il Mulino): un testo che, come ogni prima lezione di filosofia del diritto, si apre nel duplice segno del Socrate platonico e dell'Antigone sofoclea. "E poiche' sei venuto al mondo, sei stato allevato ed educato, come puoi dire di non essere, prima di tutto, creatura nostra, in tutto obbligato a noi, tu e i tuoi avi?".

Questo dicono le leggi a Socrate, secondo un celeberrimo passo del platonico Critone. Piu' che padre e madre sono per Socrate le leggi, senza le quali non esiste Citta' dove ragione si oppone a ragione, ma solo la ragione del piu' forte, la guerra o il dispotismo. Percio' Socrate accetta la morte e non fugge, pur sapendo che la condanna e' ingiusta. Howard Zinn, cantore americano della disobbedienza civile, non perdonava a Socrate il suo atto di obbedienza. Eppure e' proprio dai tempi dell'Umanesimo e del Discorso sulla servitu' volontaria (1548) di Etienne La Boetie che lo sappiamo: un tiranno non ha altra forza che quella che gli conferiscono i suoi sudditi, perche' non c'e' altra fonte di sovranita' che il libero volere degli individui.

E' questa coscienza, infine, che ha permesso di intendere non solo la disobbedienza, ma anche l'obbedienza come un modo della liberta': l'obbedienza, s'intende, alla legge e non al capo. L'auto-obbligazione responsabile dei cittadini, che ha dunque come ultima fonte di legittimita' nient'altro che il rispetto della pari dignita' di ognuno. In questa autolimitazione del potere che ci fa, governanti e governati, uguali di fronte alla legge, e' il valore della legalita' e il senso delle istituzioni democratiche. Come la divisione e la relativa autonomia dei poteri.

Oggi respiriamo l'onda maleodorante fatta di abusi condoni favori tangenti impunita' soprusi e perdoni. E' la palude stigia che abbiamo fatto della nostra anima, con un si' dopo l'altro alla ventennale svendita della legalita' in cambio di consenso. Chiamiamola pure "democrazia bloccata": Ermanno Rea ci insegna che l'impunita' assurta a stile di vita non e' che l'ultimo capitolo della storia di minorita' morale e cinismo cui ha condotto l'intimo matrimonio delle coscienze e della Controriforma. Solo una parola cambieremmo, al titolo. Non la fabbrica dell'obbedienza, ma della servitu' - questo abbiamo fatto e continuiamo a fare dell'Italia. Allora sara' piu' chiaro che non abbiamo scusanti: perche' non c'e' servitu' se non volontaria.

 

6. RIFLESSIONE. NAOMI WOLF: QUANDO LE DONNE

[Dal sito de "La stampa" riprendiamo il seguente articolo del 3 marzo 2011 col titolo "Il noi delle donne da Facebook a piazza Tahrir" e il sommario "Quando le donne cambiano, tutto cambia e le donne nel mondo musulmano stanno cambiando radicalmente" (traduzione di Carla Reschia).

Naomi Wolf (San Francisco 1962) e' una prestigiosa intellettuale femminista statunitense. Opere di Naomi Wolf: The Beauty Myth: How Images of Beauty Are Used Against Women (1990); Fire with Fire (1994); Promiscuities: The Secret Struggle for Womanhood (or a Secret History of Female Desire) (1998); Misconceptions (2001); The Treehouse (2005); The End of America: Letter of Warning to a Young Patriot (2007); Give Me Liberty: A Handbook for American Revolutionaries (2008)]

 

Tra i piu' diffusi stereotipi occidentali sui Paesi islamici ci sono quelli riguardanti le donne musulmane: occhi da cerbiatto, velate e sottomesse, esoticamente silenziose, eteree abitanti di immaginari harem, rinchiuse in rigidi ruoli di genere. Allora dov'erano queste donne in Tunisia e in Egitto?

In entrambi i Paesi, le manifestanti non avevano nulla in comune con lo stereotipo occidentale: erano in prima linea e al centro, nei notiziari e sui forum di Facebook, e anche al comando. In Egitto, in piazza Tahrir, le donne volontarie, alcune accompagnate da bambini, hanno lavorato costantemente per sostenere le proteste - dando un mano alla sicurezza, alle comunicazioni e all'assistenza. Molti commentatori hanno accreditato al gran numero di donne e bambini la complessiva notevole tranquillita' dei manifestanti di fronte alle gravi provocazioni.

Altri cittadini diventati reporter in Tahrir Square - e praticamente chiunque con un telefono cellulare poteva esserlo - hanno rilevato che le masse di donne coinvolte nelle proteste erano demograficamente rappresentative. Molte indossavano il velo e altri segni di conservatorismo religioso, mentre altre ostentavano la liberta' di baciare un amico o fumare una sigaretta in pubblico.

Ma le donne non servivano solo come lavoratrici di supporto, il ruolo abituale a cui sono relegate nei movimenti di protesta, da quelli degli anni '60 fino alla recente rivolta studentesca nel Regno Unito. Le donne egiziane hanno anche organizzato, elaborato strategie e riportato gli eventi. Blogger come Leil Zahra Mortada hanno affrontato gravi rischi per tenere quotidianamente il mondo informato sulla scena in piazza Tahrir e altrove.

Il ruolo delle donne nel grande sconvolgimento del Medio Oriente e' stato tristemente sottovalutato. Le donne in Egitto non si sono limitate a "unirsi" alla protesta - sono state una forza trainante per l'evoluzione culturale che ha reso la protesta inevitabile. E cio' che e' vero per l'Egitto e' vero, in misura maggiore e minore, in tutto il mondo arabo. Quando le donne cambiano tutto cambia e le donne nel mondo musulmano stanno cambiando radicalmente.

Il piu' grande cambiamento e' sotto il profilo educativo. Due generazioni fa, solo una piccola minoranza delle figlie delle elite ricevevano una formazione universitaria. Oggi, le donne rappresentano piu' della meta' degli studenti nelle universita' egiziane. Sono istruite a usare il potere in un modo che alle loro nonne sarebbe stato difficile immaginare: pubblicando giornali (come Sanaa El Seif ha fatto, a dispetto dell'ordine del governo di cessare le sue attivita'), facendo campagna per i posti di leadership degli studenti; raccogliendo fondi per le organizzazioni studentesche e organizzando riunioni.

Oggi una consistente minoranza di giovani donne in Egitto e altri Paesi arabi hanno trascorso i loro anni formativi esercitando il pensiero critico in ambienti misti, con uomini e donne, e anche sfidando pubblicamente in classe professori maschi. E' molto piu' facile tiranneggiare la popolazione quando la meta' di essa e' scarsamente istruita e addestrata a essere sottomessa. Ma, come gli occidentali dovrebbero sapere dalla propria esperienza storica, una volta che le donne sono istruite, diventa probabile che l'agitazione democratica accompagni il conseguente massiccio mutamento culturale.

Anche la natura dei media sociali ha contribuito a trasformare le donne in leader della protesta. Avendo insegnato le capacita' di leadership alle donne per piu' di un decennio, so quanto sia difficile far loro affrontare e rivolgersi a una struttura organizzata gerarchicamente. Allo stesso modo, le donne tendono ad evitare l'iconografia che la protesta tradizionale in passato ha imposto ad alcuni attivisti - quasi sempre un giovane dalla testa calda con un megafono in mano.

In tali contesti - con un palcoscenico, un riflettore, e la necessita' di parlare in pubblico - le donne spesso rifuggono dai ruoli di leadership. Ma i social media, attraverso la natura stessa della tecnologia, hanno cambiato l'aspetto e il senso della leadership. Facebook imita il modo in cui molte donne scelgono di vivere la realta' sociale, con connessioni tra le persone importanti tanto quanto la posizione di dominio o di controllo individuale, se non di piu'.

Su Facebook si puo' diventare un leader che conta solo creando un "noi" davvero grande. O si puo' rimanere allo stesso livello, concettualmente, di tutti gli altri nella pagina, non occorre far valere una posizione dominante o di autorita'. La struttura dell'interfaccia di Facebook crea cio' che le istituzioni "reali", nonostante trenta anni di pressione femminista, hanno omesso di fornire: un contesto in cui le capacita' delle donne di forgiare un potente "noi" e impegnarsi in una leadership di servizio possa far progredire la causa della liberta' e della giustizia in tutto il mondo.

Naturalmente, Facebook non puo' ridurre i rischi della protesta. Ma, per quanto violento possa essere nell'immediato futuro il Medio Oriente, la documentazione storica di cio' che accade quando le donne istruite partecipano a movimenti di liberazione suggerisce che quelli che vorrebbero mantenere l'ordine con il pugno di ferro nella regione sono finiti.

Proprio quando la Francia inizio' la sua ribellione nel 1789, Mary Wollstonecraft, che era stata coinvolta nella testimonianza di quegli eventi, scrisse il suo manifesto per la liberazione delle donne. In America dopo che le donne ebbero aiutato a combattere per l'abolizione della schiavitu', misero all'ordine del giorno il suffragio femminile. Dopo che negli anni '60 del Novecento fu detto loro che "la posizione delle donne nel movimento e' sdraiata" generarono la "seconda ondata" del femminismo - un movimento nato dalle nuove competenze delle donne e dalle loro antiche frustrazioni.

In ogni tempo, una volta che le donne hanno combattuto le battaglie per la liberta' di altri, sono poi passate a difendere i loro diritti. E, dal momento che il femminismo e' semplicemente una logica estensione della democrazia, i despoti del Medio Oriente si trovano di fronte a una situazione in cui sara' quasi impossibile forzare queste donne risvegliate a fermare la loro lotta per la liberta' - la loro propria e quella delle loro comunita'.

 

7. INCONTRI. SI E' SVOLTO A BLERA IL 9 MARZO UN INCONTRO DI FORMAZIONE ALLA COMUNICAZIONE NONVIOLENTA

 

Mercoledi' 9 marzo 2011 si e' svolto a Blera (Vt), nell'ambito di uno specifico percorso formativo iniziato da diversi mesi, un incontro di formazione alla comunicazione nonviolenta in ambito comunitario.

Nel corso dell'incontro e' stata sperimentata un'esercitazione sulla concentrazione, l'ascolto e la memoria; successivamente si e' svolta un'ampia riflessione sull'ascoltarsi, sul metodo del consenso nei processi decisionali, sulla risoluzione nonviolenta dei conflitti, sulla cooperazione educativa e su varie questioni pratiche.

All'incontro ha preso parte il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo.

 

8. PROFILI. EVA CANTARELLA RICORDA SIMONE WEIL

[Dal "Corriere della Sera" del  2 febbraio 2011 riprendiamo il seguente articolo dal titolo "Simone Weil la "rossa": la difesa dei poveri, la vocazione mistica" e il sommario "Perche' volle lavorare in fabbrica da operaia"

Eva Cantarella, docente universitaria di diritto romano e di diritto greco; ha pubblicato molte opere sulla cultura antica ed e' autrice di fondamentali ricerche sulla condizione della donna nelle culture antiche. Dall'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo la seguente scheda: "Nata nel 1936 a Roma, Eva Cantarella si e' laureata in giurisprudenza nel 1960 presso l'universita' di Milano. Ha compiuto la propria formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all'Universita' di Berkeley e in Germania all'universita' di Heidelberg. Ha svolto attivita' didattica e di ricerca in Italia presso le universita' di Camerino, Parma e Pavia e all'estero all'Universita' del Texas ad Austin ed alla Global Law School della New York University. E' professore ordinario di Istituzioni di diritto romano presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita' di Milano, dove insegna anche diritto greco. Partendo dalla ricostruzione delle regole giuridiche, le ricerche di Eva Cantarella, sia in campo romanistico che grecistico, tendono da un lato a individuare la connessione tra le vicende politiche ed economiche e la produzione normativa, e dall'altro a verificare la effettivita' delle norme stesse, analizzando lo scarto tra diritto e societa', la direzione di questo scarto e le ragioni di esso". Tra le opere di Eva Cantarella: La fideiussione reciproca, Milano 1965; Studi sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976; Norma e sanzione in Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco, Giuffre', Milano 1979; L'ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell'antichita' greca e romana, Editori Riuniti, Roma 1981; Tacita Muta. La donna nella citta' antica, Editori Riuniti, Roma 1985; Pandora's Daughters, Bpod, 1987; Secondo natura. La bisessualita' nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma 1988; I supplizi capitali in Grecia e a Roma, Rizzoli, Milano 1991; Diritto greco, Cuem 1994; Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli, Milano 1996; (con Giulio Guidorizzi), Profilo di storia antica e medievale, Einaudi Scuola, 1997; Pompei. I volti dell'amore, Mondadori, Milano 1998; (con Luciana Jacobelli), Un giorno a Pompei. Vita quotidiana, cultura, societa', Electa, Napoli 1999; Storia del diritto romano, Cuem, 1999; Istituzioni di diritto romano, Cuem, 2001; (con Giulio Guidorizzi), Le tracce della storia, Einaudi Scuola, 2001; Itaca. Eroi, donne, potere tra vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2002; (con Lorenzo Gagliardi, Marxiano Melotti), Diritto e sessualita' in Grecia e a Roma, Cuem, 2003; (con Giulio Guidorizzi), L'eredita' antica e medievale, Einaudi Scuola, 2005; L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006; Il ritorno della vendetta, Rizzoli, Milano 2007; altre opere a destinazione scolastica: (con Giulio Guidorizzi), Corso di storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Il mondo antico e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), La cultura della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Lo studio della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi), Antologia latina, Einaudi Scuola; (con Giulio Guidorizzi, Laura Pepe), Letteratura e storia di Roma antica. Antologia degli autori latini, Einaudi Scuola; (con G. Martinotti), Cittadini si diventa, Einaudi Scuola; (con E. Varni, Franco Della Peruta), La memoria dell'uomo, Einaudi Scuola.

Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano 1981, 1990; Eadem, Simone Weil. Una donna assoluta, La Tartaruga edizioni, Milano 1991, 2009; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Eadem, Simone Weil. Un'intima estraneita', Citta' Aperta, Troina (Enna) 2006; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]

 

"La vergine rossa" la chiamavano ai tempi in cui (una delle prime donne a esservi ammesse) studiava a Parigi, alla Ecole Normale Superieure. Una definizione che aveva qualche ragione, ma non era certo sufficiente a descriverla. Definita abitualmente filosofa, era certamente tale, professionalmente. Ma considerarla solo sotto questo profilo vorrebbe dire dimenticare gli aspetti del suo carattere e del suo pensiero che, dopo la morte, hanno fatto di lei un'icona.

Nata a Parigi nel 1909 da una famiglia ebraica di intellettuali, Simone, ottenuta nel 1931 l'agregation in filosofia, inizia a insegnare in diversi licei di provincia, dove la sua personalita' e il suo comportamento fanno subito di lei un personaggio singolare, non di rado guardato con sospetto. Incapace di accettare ogni forma di discriminazione, Simone organizza corsi per i lavoratori, appoggia le rivendicazioni operaie, partecipa agli scioperi dei minatori disoccupati, alla testa dei cui cortei sfila portando la bandiera rossa. Ma la sua vita non era solo militanza politica. Era, in modo non meno appassionato, insegnamento e ricerca. Tra gli autori prediletti, Platone: i greci, a suo giudizio, avevano elaborato un modello di vita superiore, anche se con un limite: non avevano riconosciuto il lavoro come valore umano.

L'influenza di Marx nella sua formazione e' evidente. Ma neppure lui era perfetto: non aveva dato indicazioni compiute nella direzione di una filosofia del lavoro. Il marxismo, dunque, non era in grado di rispondere alla "necessita' interiore" che, come scrive, guidava la sua vita: la ricerca della verita', che per lei si poteva raggiungere solo nel contatto con la realta'. Per questo, nel 1931, parte per la Germania. In quel Paese i problemi sociali non erano solo dibattito intellettuale, come in Francia, erano una realta'. Ma la sinistra la delude: nessuno dei partiti rivoluzionari, incluso quello comunista, ha la capacita' di instaurare un vero regime socialista, in cui l'essere umano si riappropri del dominio sulla natura, gli strumenti e la societa'. Nel 1934 chiede un anno di congedo dall'insegnamento, e va a lavorare in fabbrica, alla Renault di Parigi. Un'esperienza durissima, che matura in lei la convinzione che le condizioni stesse del lavoro devono cambiare, che bisogna pensare a un "regime nuovo" dell'impresa. Terminata l'esperienza per ragioni di salute, nel 1936 partecipa come volontaria alla guerra di Spagna.

Infine, la svolta religiosa e l'esperienza mistica, la "vocazione particolare" che le da' delle "ragioni legittime" per chiedersi se "in un'epoca in cui gran parte dell'umanita' e' sommersa dal materialismo, Dio non voglia che ci siano uomini e donne che si sono donati a lui, e che tuttavia restano fuori dalla Chiesa" (Attesa di Dio, Adelphi). Interessante, nella sua riflessione sulla religione, il collegamento tra la visione greca dell'uomo e quella dei Vangeli, accomunate, per lei, dal senso della miseria umana, alla quale i greci avrebbero opposto la virtu', i Vangeli la Grazia. Quando viene allontanata dall'insegnamento per motivi razziali, dopo un breve soggiorno negli Stati Uniti, torna in Europa, per aiutare le Forze francesi libere in Inghilterra. Ma la sua resistenza fisica e' ormai al limite e nel 1943 muore, sola, in un sanatorio inglese, a soli 34 anni.

Superfluo, a questo punto, dire che le interpretazioni del personaggio sono state molte e diverse. In vita fu vittima di tutti i luoghi comuni ai quali si faceva (e si fa) ricorso per ridicolizzare le donne trasgressive: l'aspetto fisico, l'abbigliamento, persino i grandi occhiali da vista che le coprivano il volto. Per alcuni era un'anoressica, una fanatica, una pazza... Ci volle tempo perche' le fosse resa giustizia (in Italia, e se ne possono ben comprendere le ragioni, le sue opere vennero tradotte e pubblicate grazie ad Adriano Olivetti). Ovviamente il giudizio sul contenuto e il valore del suo pensiero filosofico spetta agli esperti. Ma non e' necessario essere tali per capire l'eccezionalita' del suo carattere indomito e del suo spirito critico e libero, capace di non delegare mai ad altri, per nessuna ragione, le proprie scelte: ne' in campo politico, ne' in campo religioso.

 

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

10. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 491 dell'11 marzo 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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