Nonviolenza. Femminile plurale. 292



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 292 dell'11 marzo 2011

 

In questo numero:

1. Alcune altre riflessioni intorno al 13 febbraio

2. Emma Fattorini: Una riflessione morale

3. Dacia Maraini: Il 13 febbraio in piazza

4. Anna Bravo: Uomini

5. Eleonora Martini intervista Carla Corso

6. Olivia Guaraldo: Il momento di andare in piazza

7. Federica Fantozzi intervista Carla Corso

8. Simonetta Agnello Hornby: La vergogna

9. Susanna Camusso: Il paese che vorrei

 

1. EDITORIALE. ALCUNE ALTRE RIFLESSIONI INTORNO AL 13 FEBBRAIO

 

Riproponiamo qui, in ordine cronologico, alcuni interventi (altri ne abbiamo pubblicati nelle scorse settimane) apparsi sulla stampa intorno alla manifestazione del 13 febbraio 2011 promossa dall'appello delle donne "Se non ora, quando?", una manifestazione che per l'impatto che ha avuto e la riflessione che ha promosso ci sembra costituisca un ineludibile punto di riferimento e - forse, ed e' nostra speranza - un punto di svolta nella lotta politica ovvero l'avvio del risorgimento civile (gramscianamente: della riforma intellettuale e morale) necessario nel nostro paese oggi.

 

2. RIFLESSIONE. EMMA FATTORINI: UNA RIFLESSIONE MORALE

[Dal "Corriere della sera" del 7 febbraio 2011 riprendiamo il seguente articolo dal titolo "La vera liberta' supera i rischi del moralismo".

Emma Fattorini si e' occupata del problema religioso nelle sue implicazioni teoriche e storiche, fin dalla sua tesi laurea in filosofia morale, con studi sulla questione religiosa in Italia nei suoi rapporti con la cultura e la politica otto-novecentesca. Le sue ricerche si non concentrate poi sullo studio dei cattolicesimi europei nell'Ottocento e nel Novecento e in particolare sul modello tedesco: la lotta del Kulturkampf, il romanticismo religioso ottocentesco, la storia del piu' antico partito cattolico e della piu' fitta rete associativa cattolica, fino agli anni della seconda guerra mondiale (I cattolici tedeschi. Dall'intransigenza alla modernita'. 1870-1953, Brescia 1997). Ha condotto ricerche di storia politico-diplomatica sul nuovo ruolo che viene assumendo nello scenario internazionale la Santa Sede all'indomani della prima guerra mondiale pubblicando i rapporti inediti del nunzio Pacelli in Germania e anticipando cosi' una documentazione che sara' al centro delle polemiche internazionali degli ultimi anni sui silenzi di Pio XII nei confronti del nazismo (Germania e Santa Sede. Le Nunziature di Pacelli tra la Grande guerra e la repubblica di Weimar, Bologna 1992. Ora e' in corso di pubblicazione un lavoro sulla politica di pace di Benedetto XV durante la grande guerra). Ha poi condotto studi sulla pieta' religiosa, sulle devozioni e sulla santita', con una particolare attenzione al culto mariano nei suoi significati religiosi, politici e sociali, ricostruendo il tracciato di modernita' e arretratezza che e' contenuto in queste forme solo apparentemente arcaiche di religiosita', sottraendole dunque a quella lettura sociologica e antropologica che le relegava alla mera sfera dell'arretratezza e del folklore (ha curato il volume collettaneo: Santi, culti, simboli nell'eta' della secolarizzazione. 1815-1915, Torino 1997, le sue ricerche sul culto della Vergine sono in parte contenute nel recente Il culto mariano nell'Otto e Novecento, Simboli e Devozioni, Roma 2000). Sempre valorizzando gli aspetti modernizzanti e anticipatori ha studiato la religiosita' femminile, il primo associazionismo femminile, le forme di culto piu' vicine alle donne, coordinando anche un gruppo di ricerca tra laureande su questi temi e partecipando, tra le fondatrici, alla Societa' delle storiche. Ha svolto negli anni passati una intensa attivita' pubblicistica, collaborando con diversi istituti di ricerca e scrivendo su riviste e quotidiani]

 

Tante amiche che stimo hanno contestato la proposta di esprimere pubblicamente il proprio sdegno. Le argomentazioni piu' pertinenti le hanno espresse sul sito femminista donnealtri.it. Due sono critiche circostanziate e condivisibili, quella di moralismo e di strumentalizzazione. Mentre altre due obiezioni mi lasciano alquanto perplessa e riguardano la natura della prostituzione e il concetto di liberta' femminile della donna che offre il suo corpo. Sulla strumentalizzazione solo poche parole. La furia che vede in Berlusconi il male assoluto - mentre, purtroppo e' la massima espressione di un clima generale -, nasconde i limiti di una certa opposizione che non riesce a scalzarlo politicamente e si nasconde, letteralmente, dietro le toghe o le sottane dei magistrati, della Chiesa e, ora, delle donne. Usando la Chiesa e le donne di chiesa, mai altrimenti prese in considerazione, sempre ignorate e che rispuntano, invece, come risorse al momento del bisogno. E qui non ci sarebbe niente di nuovo se non fosse che anche e proprio una simile strumentale miopia ci ha portati a questo punto.

L'accusa di moralismo va presa molto sul serio: non solo perche' e' profondamente sbagliato dividere le donne "perbene" da quelle "permale" - contravvenendo al principio di fondo del femminismo sulla liberta' del soggetto femminile -, ma perche' qui il pensiero di alcune donne, fatto in liberta', sine glossa, coglie un punto che riguarda tutti e tutte. Il moralismo e' stato ed e' veramente il peccato mortale e la causa reale dell'esaurirsi progressivo di quella parte della cultura di opposizione che si e' consumata internamente proprio consolandosi con il moralismo. Un vero e proprio surrogato di quella che un tempo era una vera diversita' morale, il moralismo e' stato innalzato a vessillo mentre, in un lento processo di metabolizzazione, una certa opposizione ha finito con l'interiorizzare, anche inconsapevolmente, gli stessi modelli che demonizzava. Molti contribuiscono a fare, del moralismo, quello spirito del tempo, speculare e incongruo all'assoluta decadenza morale. Certo un male minore, rispetto al degrado attuale, ma che, come tutte le emozioni e i sentimenti non autentici, e' insinuante perche' mitridatizza, assuefa e si limita a ri-pulire le coscienze. Ma, cosi' come prendere sul serio i danni del moralismo consente di porci il problema morale, altrettanto prendere sul serio la liberta' ci permette di distinguerla dal libertinismo. Questo e' veramente il punto in discussione: la liberta' del soggetto femminile.

Intangibile e' la liberta' di scegliere il bene e il male, quella che ci fa essere uomini e donne. Li' sta la nostra origine, li' la nostra caduta, li', in quella scelta, la nostra irriducibile liberta'. E cosa c'e' di diverso per le donne? Quale e', secondo loro, la scelta "giusta"? E, ancora, come fare a tradurre le scelte morali che cambiano nel tempo? Accettarle per come sono, solo perche' esprimono un cambiamento della soggettivita' femminile? E, altrimenti, come fa una donna a capire cosa e' male o non e' piu' male? O, addirittura, come dicono alcune: "A noi non interessa questa domanda perche' la scelta morale si risolve e si esaurisce tutta nella libera e soggettiva scelta femminile consapevole"? Non sono assolutamente d'accordo con questo ragionamento, ne' teoricamente ne' sul piano pratico. Non sono d'accordo con questo "indifferentismo". Intanto perche' la "scelta" (?) di prostituire il proprio corpo non avviene mai nel vuoto pneumatico della soggettivita'. Non solo, ovviamente, per la moltitudine di disgraziate che fuggono dall'inferno dei mondi disperati ma anche e non di meno per quella zona grigia, sempre piu' in crescita, di prostituzione "consapevole" che coinvolge proprio la soggettivita' femminile. Non basta dire che e' un affare degli uomini e delle loro miserie il fatto che le donne si offrano chi per arrotondare, chi per migliore il proprio status, chi per comprarsi la borsa Prada, chi per aiutare i maschi di famiglia, padri, fratelli, cognati, secondo una antica tradizione italiana (i primi appassionati amplessi della innamoratissima Claretta Petacci erano associati a suppliche per favorire gli uomini di famiglia, mentre la favorita contemporanea chiede un avanzamento di carriera politica per se stessa).

Non si tratta di colpe morali ma di capire le novita': non piu' solo quelle relative alle polimorfe forme della sessualita' maschile, insieme compulsive e mai coinvolte nella relazione. Ma occorre vedere anche l'orgogliosa disinvoltura con la quale sempre piu' donne non si limitano a "lavorare con il corpo" ma lo considerino una vera e propria fortuna, un miraggio. Cambiano solo le forme della perenne accoppiata sesso e potere o c'e' qualcosa di nuovo? E, infine, non "giudicare" la prostituzione deve significare che quello e' davvero un "lavoro" come un altro? Da tempo le donne discutono di tutto cio' e certo dobbiamo continuare a farlo coinvolgendo gli uomini. Ma quando ho sentito alcuni studenti, nel liceo di mio figlio, discutere sulla inutilita' che quella loro compagna, cosi' bella, dalle gambe cosi' lunghe, continuasse a studiare greco, e li ho sentiti ragionare sullo "spreco" di quelle loro compagne - quasi sempre molto carine e molto piu' brave di loro - ad "andare cosi' bene a scuola" ho pensato che non fosse sbagliato firmare quell'appello dai rischi moralistici. E quando una mia laureanda, bellissima anche secondo i canoni estetici di Arcore, la quale si consuma sulle ricerche d'archivio, con una prospettiva del tutto incerta, mi ha chiesto quale sia la vera liberta' per la donna, io le ho risposto che non tutte le scelte sono uguali. Perche' penso di avere, senza alcuna spocchia di superiorita', ma molto semplicemente, il dovere di testimoniare una strada concreta alle mie studentesse. "Le disgraziate si sono vendute per una lira, per un grembial" recitavano le dolenti parole dei canti del primo socialismo, "ne' puttane ne' madonne, solo donne" gridavano le femministe negli anni Settanta. E ora? Cosa diciamo ora ai nostri figli e alle nostre studentesse?

 

3. RIFLESSIONE. DACIA MARAINI: IL 13 FEBBRAIO IN PIAZZA

[Dal "Corriere della sera" dell'8 febbraio 2011 riprendiamo il seguente articolo dal titolo "Le donne italiane come la piazza egiziana" e il sommario "Le richieste sono le stesse: piu' democrazia, liberta', accesso alle professioni".

Dacia Maraini, nata a Firenze nel 1936, scrittrice, intellettuale femminista, e' una delle figure piu' prestigiose della cultura democratica italiana. Un breve profilo biografico e' in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 47. Tra le opere di Dacia Maraini segnaliamo particolarmente: L'eta' del malessere (1963); Crudelta' all'aria aperta (1966); Memorie di una ladra (1973); Donne mie (1974); Fare teatro (1974); Donne in guerra (1975); (con Piera Degli Esposti), Storia di Piera (1980); Isolina (1985); La lunga vita di Marianna Ucria (1990); Bagheria (1993). Vari materiali di e su Dacia Maraini sono disponibili nel sito www.dacia-maraini.it Si veda anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 247]

 

Il giorno 13 febbraio le donne scenderanno in strada a protestare. In tutta Italia. Questa la notizia che sta correndo come una lepre per la Rete, con poca risonanza sui giornali. La Rete ormai si sta rivelando come lo strumento piu' rapido e libero di informazione. E' la Rete che ha permesso l'incontro di migliaia di persone in piazza per protestare contro la prepotenza del governo egiziano, inamovibile, sordo ormai alle ragioni di chi soccombe, incapace di rinnovarsi, impermeabile a ogni richiesta di democrazia: liberta' di parola, di pensiero, di movimento, meritocrazia, lavoro per i giovani, guerra alla corruzione dilagante.

Cosa chiedono oggi le donne italiane? Paradossalmente, in un Paese che si definisce libero, chiedono, proprio come i ragazzi tunisini ed egiziani, liberta' di parola, di pensiero, maggiore democrazia, guerra alla corruzione, accesso alle professioni. In uno dei Paesi piu' sviluppati del mondo, nel disinteresse generale, stiamo assistendo a una crescente svalutazione del pensiero e della volonta' femminile, a una spinta per il ritorno a casa, a una perdita costante di lavoro e di prestigio. Il nostro e' il Paese d'Europa dove le donne lavorano meno fuori casa, e dove, nonostante alcuni casi eclatanti, la rappresentanza nelle istituzioni e nei luoghi del potere si riduce ogni anno.

Al posto della valorizzazione e della meritocrazia, si sta radicando nella mente dei piu' giovani una idea mercantile dei rapporti umani. Ai ragazzi si suggerisce di affinare le proprie capacita' intellettive per andare poi a offrirsi nei mercati globalizzati. Alle ragazze si propone di vendere, subito e a buon prezzo - perche' al contrario delle competenze, il corpo sessuato perde valore con il crescere e il maturare - la sola cosa che sulla piazza vale sempre di piu': un corpo da consumare. Se non e' questa una mostruosa, sottile e ossessiva induzione alla prostituzione femminile, cosa e'?

Sia chiaro, cio' avveniva anche ai tempi di Tolstoj. Il quale, solo fra tanti uomini ligi, accusato di pazzia e perversione, ha avuto il coraggio di scrivere, in forma romanzesca e saggistica, che il matrimonio era un mercato delle vacche, in cui si mettevano in vendita corpi di ragazze al miglior offerente. Con il sacrificio generazionale di talenti e capacita' straordinarie, con la mutilazione quotidiana di cervelli e cuori capaci. Di questi sacrifici non importava niente a nessuno. Ma allora era la famiglia che si adoperava per piegare le volonta' giovanili, le aspirazioni alla liberta'. Ora e' la cultura di mercato, che passa soprattutto attraverso le seduzioni di plastica della televisione, di molto cinema e della moda.

Non e' un caso che la mentalita' del mercato vada a braccetto con l'idea poco democratica di un capo carismatico. Wilhelm Reich, nel suo studio sulla psicologia di massa, racconta molto bene l'intreccio di paure, illusioni, odi e frustrazioni da cui nasce ogni tentativo di imporre un regime di autorita'. E le donne sono le prime a venire irreggimentate. Il loro storico bisogno di un capo - indotto e introiettato a furia di botte simboliche e reali - le rende docili prede. Su questo conta chi di quel mercato si fa padrone e manipolatore senza scrupoli.

 

4. RIFLESSIONE. ANNA BRAVO: UOMINI

[Dal quotidiano "La Repubblica" dell'8 febbraio 2011 riprendiamo il seguente intervento dal titolo "Uomini, abbiate piu' coraggio: tocca anche a voi vergognarvi"

Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia,  Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008. Si veda anche l'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 353]

 

Non capisco perche' alcuni uomini debbano fare appello alla propria componente femminile per indignarsi di fronte al cosiddetto Rubygate, mentre avrebbero di che indignarsi in prima persona. A uscire devastata dalla vicenda e' piu' l'immagine maschile che l'immagine femminile. Ragazze che si vendono - un fatto che mette ansia, perche' la prima giovinezza e' un impasto delicato di furbizia, ingenuita', voglia di spadroneggiare, vulnerabilita'. Ma soprattutto uomini che soltanto grazie al denaro e al potere dispongono del loro corpo (o magari solo della loro attenzione) e le gratificano con regali comprati all´ingrosso.

Eppure, mentre molte di noi si preoccupano della dignita' femminile, nessun uomo ha sentito il bisogno di difendere quella del genere maschile. Certo, il modello Berlusconi e' cosi' grezzo e simbolicamente violento che per un uomo di buona volonta' puo' essere difficile vederlo come una ferita inferta (anche) alla propria immagine. Ma, cari, quel modello vi rappresenta in giro per il mondo. Mi stupisce che la vergogna provata da tanti di voi riguardi l'essere italiani, e non l'essere uomini italiani.

Vi sentite incolpevoli? ma allora dovreste sentirvi incolpevoli anche come italiani. Berlusconi vi sembra un alieno? forse, ma non cambia il fatto che appartenete allo stesso sesso.

Alcuni uomini (penso a singoli, all'associazione Maschile plurale, a vari altri gruppi) hanno capito da decenni che non aver mai commesso stupro non basta a chiamarsi fuori da un mondo maschile in cui la violenza contro le donne si ripete ogni giorno. Uno sforzo, e potreste capire che neppure dallo svilimento delle donne e' possibile chiamarsi fuori, che c'e' una responsabilita' sovraindividuale - beninteso, non come colpa general/generica o dannazione originaria, ma nel senso in cui la intende Amery: come somma delle azioni e omissioni che contribuiscono a fare (o a lasciar sopravvivere) un clima.

Non mi riferisco soltanto al sesso in compravendita, e neanche al rischio di degradazione che pesa sulle relazioni uomo/donna - problema politico per eccellenza, a dispetto di chi invoca: "torniamo alle cose serie". Intendo un clima in cui le parole delle donne spesso non sono richieste, e se si', si ascoltano con l'orecchio sinistro, in cui i vertici di qualsiasi realta' sono clan maschili. Eccetera. Un clima, anche, in cui pochissimi e pochissime possono invecchiare in pace senza sognare/temere/detestare la bellezza e la giovinezza.

Prima di indignarsi per interposta donna, alcuni di voi potrebbero aiutarsi con la memoria. Nel Sessantotto e con molta piu' forza nel femminismo, c'era la buona abitudine di chiedere alle persone da che luogo parlassero, e il luogo era la condizione personale, i comportamenti, l'ideologia, l'istituzione di cui si faceva parte e altro ancora. Voi parlate come se viveste in una camera sterile, con un filtro all'entrata per proteggervi dal contagio delle brutture altrui, e uno all'uscita per fare il restyling alle vostre - diverse, perche' no, ma brutture comunque. Parlate come se la buona volonta' e un po' di buon gusto vi mettessero per cosi' dire al di sopra delle parti. Il che puo' spiegare certe dichiarazioni stravaganti, ma fa anche sospettare che in un angolo della vostra mente riposi la vecchia filosofia secondo cui il maschile equivale all'universale. Capire che i soggetti sono due, uomo e donna, e che il primo non puo' rappresentare il secondo, per noi e' stata una delizia.

Su, non fateci ripetere cose tanto ovvie!

 

5. RIFLESSIONE. ELEONORA MARTINI INTERVISTA CARLA CORSO

[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8  febbraio 2011 riprendiamo la seguente intervista dal titolo "Streghe e puttane".

Eleonora Martini, giornalista, scrive sul quotidiano "Il manifesto".

Carla Corso ha fondato nel 1982 il Comitato per i diritti civili delle prostitute ed e' impegnata contro il traffico degli esseri umani e contro la schiavitu'. Opere di Carla Corso: Carla Corso e Sandra Landi, Ritratto a tinte forti, Giunti, Firenze 1991; Carla Corso e Sandra Landi, Quanto vuoi? Clienti e prostitute si raccontano, Giunti, Firenze 1998; Carla Corso e Ada Trifiro', ... E siamo partite! Migrazione, tratta e prostituzione straniera in Italia, Giunti, Firenze 2003]

 

"Qui si rischia un moralismo imperante: tutto fa scandalo, tutto e' vergognoso, ma diamine! Un po' di sesso non ha mai fatto male a nessuno". Comincia cosi' la conversazione con Carla Corso che nella sua vita non si e' mai nascosta dietro a nessun nomignolo: "escort", "accompagnatrice", "entraineuse". Per lei, veronese, classe 1946, fondatrice quasi vent'anni fa del Comitato per i diritti civili delle prostitute, fare la puttana e' stata forse anche una scelta - come dire - antisistema.

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- Eleonora Martini: E oggi, cosa pensa di queste escort che si vendono per ottenere soldi, favori, visibilita', potere?

- Carla Corso: Facciamo ordine: fare la prostituta vuol dire mettersi in vendita tutti i giorni come attivita' primaria. Quello che trovo insopportabile nella reazione pubblica, via via che si scoprono gli altarini dei nostri governanti, e' che tutto viene censurato, il sesso diventa un atto vergognoso e si e' aperta di nuovo la caccia alle streghe. Se ci sono donne che si vogliono prostituire sono affari loro, e' vergognoso che accada nei palazzi del potere istituzionale e semmai con minorenni. E invece Berlusconi viene giustificato, perfino ammirato, e le ragazze diventano le nuove streghe da mettere all'indice. Mi scandalizza solo che queste donne, se vogliono entrare nel mondo dello spettacolo (o ripiegare, pur di diventare famose, sulla carriera politica che viene loro offerta in alternativa), devono passare nei letti di certi vecchiacci.

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- Eleonora Martini: Lei non l'avrebbe accettato?

- Carla Corso: No, mai, perche' ero molto autonoma, indipendente, e rivendicavo la liberta' di scegliermi il cliente e di non vendere proprio tutto.

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- Eleonora Martini: Queste ragazze sono molto perbeniste, non ammettono di prostituirsi, non portano il peso della "lettera scarlatta": sono "amiche" del potente di turno, con lui intrattengono "rapporti affettivi" a volte, e in nome di questi rapporti si fanno mantenere.

- Carla Corso: Sono costrette a negare perche' se ammettono di prostituirsi sono automaticamente fuori da quel mercato, si bruciano la carriera. Il mondo dello spettacolo e della politica-spettacolo si regge solo sulla doppia morale. Ma d'altra parte ci sono donne e uomini che fanno politica da anni e per arrivarci hanno dovuto fare cose ben peggiori. Non mi faccia fare nomi, ma quelle politiche oggi in prima fila a strapparsi le vesti per il rais, su quali doti fondano la loro carriera politica? Magari non si sono mai tolte le mutande ma c'e' tanta prostituzione intellettuale.

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- Eleonora Martini: Non le sembra che, a differenza delle prostitute, queste donne non pongano limiti allo scambio arrivando a mettere in gioco anche la propria "affettivita'"?

- Carla Corso: Vendono tutto, certo. Non mettono limiti perche' non sanno vendersi: una professionista non bacia mai un cliente. Mi sembra un'accozzaglia di ragazzine che sgomitano tra di loro e non hanno un minimo di capacita' contrattuale con questi signori che - come tutti i clienti, a qualunque livello, dall'operaio in strada in su - rimuovono il fatto di averle comprate e si convincono di averle conquistate. D'altra parte ogni prestazione ha il suo prezzo: c'e' chi paga molto perche' vuole che tu abbia un orgasmo, e tu fingi di averlo. E loro fingono di non sapere.

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- Eleonora Martini: Che effetto le fanno i genitori che incoraggiano le figlie alla prostituzione?

- Carla Corso: Ecco, questo mi fa davvero orrore. Il problema e' proprio che dietro queste ragazze c'e' un entourage che le sfrutta e poi le butta via. Il perbenismo delle famiglie c'e' sempre stato, per carita': trent'anni fa facevo la puttana ma la mia famiglia che pure aveva capito - perche' arrivavo a casa con tanti soldi, con macchinoni incredibili e avevo tanto tempo libero - non mi ha mai chiesto nulla, faceva finta di niente: non se ne doveva parlare. La doppia morale c'e' sempre stata, solo che ora non ci si vergogna, e' piu' sfrontata.

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- Eleonora Martini: E' stata, come dire, "sdoganata"?

- Carla Corso: Ma senta, in Italia da sempre la mascolinita' si e' misurata con il numero di donne - soprattutto se giovani - che un uomo riesce a prendersi. Anche se a pagamento. Il papa' o lo zio prima portavano i figli a svezzare nei bordelli. Poi, quando dalla prostituzione di Stato si e' passati alla libera attivita', allora e' diventata vergognosa. Ma il problema esiste solo per determinate fasce sociali: se sei un operaio non puoi andare con una ragazzina, ma se sei un capitano d'industria o l'uomo piu' potente d'Italia, si'. Lo star system italiano pullula di coppie con 40 anni di differenza, il problema ci sarebbe solo se la donna fosse piu' vecchia.

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- Eleonora Martini: Il 13 febbraio le donne scenderanno in piazza contro questo modello di relazioni, condivide?

- Carla Corso: Ma si', credo sia giusto perche' la figura della donna e' stata inflazionata, usata per tutto, per vendere le merci e i conti bancari, e pure con sfregio. Dico solo che sulla prostituzione bisogna andare cauti perche' a pagare in queste campagne moraliste e' sempre l'anello piu' debole. Oggi vedo sui giornali locali l'annuncio di una manifestazione antilucciole per le strade del Veneto capitanata da un prete; e non dimentichiamo che questo governo con il pacchetto sicurezza ha avviato la crociata contro le prostitute, ma solo quelle di strada.

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- Eleonora Martini: Non sarebbe piu' opportuna una manifestazione di uomini in tutela della propria dignita' calpestata?

- Carla Corso: Il problema e' che tutto il potere e' nelle mani dei maschi. La pubblicita' la fanno gli uomini, quante agenzie pubblicitarie sono in mano alle donne? E sono gli uomini che detengono il potere politico, cosi' come quello d'acquisto. I modelli, dunque, li impongono i maschi. E loro non hanno fatto grandissimi passi in avanti.

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- Eleonora Martini: Ai tempi in cui lei fondava il Comitato per i diritti delle prostitute, dichiararsi puttana era un atto di sindacalizzazione e poteva perfino essere un atto di ribellione contro una societa' perbenista. Oggi quell'atto di ribellione e' stato come fagocitato, "normalizzato", neutralizzato, in un sistema di potere più onnicomprensivo. Non trova?

- Carla Corso: Tutte le liberta' acquisite negli anni '70 e '80 le stiamo perdendo poco a poco. Ma le donne sono quasi contente. In uno spot pubblicitario la cucina e' cosi' efficiente che la donna ha piu' tempo libero, ma per fare cosa? Andare a lavorare, in palestra, o uscire con gli amici? No, per fare una torta per i bambini.

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- Eleonora Martini: Infatti molte donne, forse la meta' delle italiane stando ai sondaggi, non si sentono affatto offese dal modello relazionale descritto dal grande bordello politico italiano.

- Carla Corso: Certo, le donne hanno dovuto soccombere ad una societa' maschile che in fondo non e' cambiata cosi' tanto. Gli uomini, infatti hanno sempre avuto paura della donna libera e forte, che il piu' delle volte rimane sola. E cosi' le donne stesse si sono riappropriate dello stereotipo dell'angelo del focolare, della donna dolce e sottomessa, che non chiede molto ma e' sempre disponibile, e a letto e' un po' troia: perche' cosi' e' piu' semplice avere una relazione di coppia. Nel mercato del matrimonio e' successa esattamente la stessa cosa che nella prostituzione: le donne immigrate soprattutto quelle dall'est hanno scalzato le donne italiane perche' sono piu' dolci, sottomesse, suadenti e costano meno, mentre le italiane sono piu' aggressive, prepotenti, e hanno capacita' contrattuali piu' alte.

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- Eleonora Martini: Ma e' cosi' vero che Berlusconi, a giudicare dai suoi presunti costumi sessuali, appare come un uomo solo e infelice?

- Carla Corso: Non riesco a vederlo infelice. Se avesse avuto paura della solitudine avrebbe salvato i suoi rapporti importanti, mi sembra solo un uomo che ha paura di invecchiare e morire: rifugge dalla decadenza fisica succhiando - come un vampiro o un atleta che si sottopone a trasfusioni con sangue "fresco" - la giovinezza altrui.

 

6. RIFLESSIONE. OLIVIA GUARALDO: IL MOMENTO DI ANDARE IN PIAZZA

[Dal "Corriere della sera" del 9 febbraio 2011 riprendiamo la seguente lettera dal titolo "Quei liberismi tra Foucault e il Bagaglino".

Olivia Guaraldo e' docente di filosofia politica all'Universita' di Verona. Tra le opere di Olivia Guaraldo: Corpi che non contano. Femminismo radicale e identita', in "aut aut", n. 298, luglio-agosto 2000; Storylines. Politics, History and Narrative from an Arendtian Perspective, SoPhi, Jyvaskyla (Finlandia) 2001; Politica e racconto. Trame arendtiane della modernita', Meltemi, Roma 2003; Per una nuova poetica della politica. Nota a margine dell'Archivio Arendt, in "Filosofia politica", vol. XVII, n. 2, 2003;"Hannah Arendt" in Raffaella Gherardi (a cura di), La politica e gli stati, Carocci, Roma 2004; Il pensatore scabroso. Note a margine dell'opera di Slavoj Zizek, in "Filosofia politica", vol. XVIII, n. 1, 2004; (a cura di, con Leonida Tedoldi), Lo stato dello Stato. Riflessioni sul potere politico nell'era globale, Ombre corte, Verona 2005]

 

Caro direttore,

c'e' una curiosa tendenza, tutta italiana, a oscillare tra le piu' raffinate posizioni critiche e dissidenti (specie nella sinistra) e la barbarie, tra Foucault e il Bagaglino per intenderci. Mi pare invece che sia giunto il momento di andare in piazza ed essere numerose perche' questo non e' il tempo dei distinguo, delle raffinate discussioni fra le diverse anime del femminismo italiano, questo e' il tempo della piazza. Questo e' il tempo delle donne in piazza: l'indignazione, infatti, si dice in molti modi, non solamente annunciando che in Italia esistono donne per bene che studiano e lavorano - e che quindi si distinguono, in maniera autoevidente, da coloro che preferiscono fare altro - ma anche denunciando il semplice fatto che lo scambio fra sesso, denaro e potere sia divenuto il principale ambito di reclutamento "politico" delle donne. Che cosa hanno da dire su questo le donne? Va tutto bene, dunque?

Eppure, a pensarci bene, sia Foucault che il Bagaglino sono indispensabili strumenti di analisi di un fenomeno tutto italiano, in atto da un ventennio o forse piu', relativo ad una curiosa, e se vogliamo innovativa, gender politics davvero originale, nella quale il nostro Paese si dimostra essere all'avanguardia in Occidente: una politica del sesso che persegue, attraverso una apparente cornice liberatoria, un pervicace quanto pervasivo addomesticamento subdolo e costante del femminile. Il dispositivo, come direbbe Foucault, e' complesso ed agisce su piu' livelli, e non e' "repressivo", ovvero non riguarda piu' la vecchia formula patriarcale della sottomissione della donna al volere del padre, del fratello o del marito. Esso e', se vogliamo dargli un nome, post-patriarcale: le donne questa volta vi figurano in qualita' di straordinari oggetti del desiderio che, finalmente liberati dai pudori del tradizionalismo, si concedono volenterose. Basti citare le note e familiari espressioni della cultura popolare di massa dell'albo nostrano: dall'indimenticabile filmografia di Alvaro Vitali a Striscia la notizia, passando per Colpo Grosso, Non e' la Rai, e il Bagaglino, cio' che e' costantemente messo in scena, scrutato, sezionato quasi, dalla macchina da presa e' un corpo femminile prosperoso e perfetto, lo sguardo ammiccante e voglioso, la voce muta o tutt'al piu' balbettante banalita'. A chi sia allenata ad osservare i fenomeni politici e culturali con occhi femministi, tutto questo processo dice molte cose: in prima battuta non e' difficile notare come la produzione in serie di una femminilita' prosperosa e disponibile, assecondi e gratifichi lo sguardo e il desiderio maschile, sia pensata esclusivamente per esso (mi sono sempre chiesta, quando i miei compagni di classe alle medie guardavano con avidita' i film pseudo-erotici degli anni '70, come diavolo facesse una bella donna come la Fenech a desiderare di andare a letto con i vari panzuti di turno...). In seconda battuta e' lecito affermare che l'impatto di quello sguardo maschile sulle donne, soprattutto sulle donne piu' giovani, e' stato enorme, canalizzato per lo piu' dalla democratizzazione dei programmi televisivi. La televisione ha in qualche modo normalizzato, naturalizzato lo sguardo maschile sui corpi femminili "a disposizione". E le ragazze hanno, chi piu' chi meno, interiorizzato quello sguardo, ne sono state disciplinate, direbbe ancora Foucault, forse convinte che per essere in gamba bisognava aderire volenterose all'imperativo del godimento. Tuttavia, proprio perche' tale disciplinamento e' avvenuto secondo modalita' dell'entertainment, del divertimento e della trivialita', gli si e' dato poco peso, convinte che la politica, quella seria, fosse altrove. Oggi capiamo, senza bisogno di scomodare Foucault o Lacan, che invece sta proprio li' il dilemma.

Se quindi da una parte i corpi femminili sono stati cooptati dentro il dispositivo post-patriarcale del godimento, dall'altra il modello astratto dell'emancipazione ha prodotto degli effetti perversi, e andando a coincidere, proprio come nel caso dell'emancipazione dalla servitu' della gleba, con la liberta' di vendere il proprio corpo. Marx cosi' defini' infatti i primi "salariati": "Liberi venditori di forza lavoro". La perversione ora, per le donne, consiste appunto nella trasformazione della liberta' in liberismo, della sudditanza nei confronti del padre o del marito (il vecchio patriarcato) in una sorta di concorrenza spietata fra giovani donne per ottenere i favori dei potenti di turno. I quali non sono piu' i maschi-padroni di un tempo, ma gli imprenditori del godimento, i broker del successo che passa per quella "fortuna su cui le donne stanno sedute sopra". C'e' anche una neo-lingua che nomina questo preciso trend politico: le donne non sono prostitute, ma escort, prestatrici di immagine, curiose manager di loro stesse in una gara all'auto-imprenditorialita' del proprio corpo che pare non avere confini, ne' regole. Tuttavia molte di noi hanno la innegabile impressione che sempre di sottomissione si tratti, o per lo meno di sudditanza simbolica, di mancanza di autonomia, di autodeterminazione, di liberta'. Tanto piu' difficile da stanare perche' apparentemente perfetta, indolore e seducente.

Smascherare i tranelli di questo neo-patriarcato seduttore e' il compito del femminismo in questa precisa congiuntura storica. Se i dispositivi di controllo del femminile si sono trasformati e hanno affinato le loro armi, anche il femminismo deve irrompere in questo presente e provare a decodificare, senza moralismi, quello che sta accadendo. E' il compito complesso ma affascinante che la crisi del presente ci impone. Si tratta di adoperare l'armamentario teorico che in questi anni si e' sviluppato (forse, e' vero, a danno del movimento, della piazza) per mostrare come i processi materiali di produzione dei corpi femminili possano essere contrastati da altrettante analisi materiali di come i corpi, a volte, disobbediscono all'imperativo del godimento imposto dal patriarcato seduttore. Come dice la filosofa americana Judith Butler, ogni processo di normalizzazione dei corpi non e' mai completo, esaustivo, e spesso apre la via a modi "sleali" di conformarsi alle regole. Ma tutto questo rimane pura testimonianza personale, o martirio, se non si inserisce in un contesto collettivo, ampio e plurale di un nuovo movimento politico femminile e femminista. Che ci includa tutte, le une e le altre, le sante e le puttane, tutte insieme, per una volta, a cercare di sbrogliare e decodificare un intreccio tanto perverso.

 

7. RIFLESSIONE. FEDERICA FANTOZZI INTERVISTA CARLA CORSO

[Dal quotidiano "L'unita'" del 9 febbraio 2011 riprendiamo la seguente intervista dal titolo "Corso: In piazza tutte unite, contro il gioco sporco degli uomini".

Federica Fantozzi e' avvocata, giornalista, scrittrice]

 

Contro il "gioco sporco degli uomini" che nobilitano le escort per tramutarle, con un colpo di bacchetta a rovescio, in puttane pazze appena rivelano verita' scomode. Contro la "doppia morale" del governo che caccia "sfigate, tossiche, immigrate" dalle strade ma riempie le ville di ragazze anche minorenni. Contro la tratta delle figlie da parte di padri e madri che anziche' proteggerle vogliono monetizzarle.

Sabato in piazza, con l'amica Pia Covre e il Movimento dei diritti civili delle prostitute, ci sara' anche lei: Carla Corso, 65 anni, che da vent'anni lotta per la dignita', la sicurezza, l'autodeterminazione di chi vende il proprio corpo.

*

- Federica Fantozzi: Ci sarete per "contaminare" la piazza. Perche' ne sentite l'esigenza?

- Carla Corso: Mai come ora tutte le donne devono essere unite. Altrimenti si realizzera' la separazione che vogliono gli uomini: puttane o madonne. Le prime dal premier, le altre a casa.

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- Federica Fantozzi: In cosa si sente simile o diversa dalle ragazze che frequentano Arcore?

- Carla Corso: Loro non sono prostitute. Le prostitute vanno con tanti uomini, scelgono clientela e prestazioni, lo fanno per soldi. Queste giovani donne, in maggioranza, frequentano solo Berlusconi. Cercano di sfondare nel mondo dello spettacolo e sono costrette a subire incontri con un uomo anziano.

*

- Federica Fantozzi: Vede una differenza tra prostituta ed escort?

- Carla Corso: Anche questa e' una terminologia maschile. Ora le chiamano escort per nobilitarle, ma appena dicono cose scomode tornano prostitute inattendibili perche' reiette della societa'. In quanto tempo la D'Addario e' stata trasformata in puttana pazza? E nelle intercettazioni non si dice che una delle ragazze e' pazza e pericolosa?

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- Federica Fantozzi: Ne discutono Emilio Fede e la Minetti.

- Carla Corso: Prima le usano e poi le trattano cosi'. Le rendono cortigiane, con l'accesso ai palazzi in auto blu, poi le gettano. E' un gioco sporco. Le hanno tutte bruciate: dopo questo scandalo non potranno piu' avere una carriera nello spettacolo.

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- Federica Fantozzi: C'erano anche altre strade.

- Carla Corso: Certo. I casting? Una su mille ce la fa. Arcore e' una scorciatoia, ma non credo che la loro intenzione iniziale fosse vendersi.

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- Federica Fantozzi: Alla fine sono imprenditrici di se stesse - pochi maledetti e subito - o vittime del potere maschile?

- Carla Corso: Sono vittime di un sistema che le vuole anoressiche, mute, belle da guardare. Senza borse di Gucci o Prada si sentono niente. Abbiamo creato una gran brutta societa'. Queste ragazze meritano di meglio.

*

- Federica Fantozzi: Come giudica il tifo dei familiari per le loro fanciulle?

- Carla Corso: Questo e' veramente ignobile. Viviamo in una societa' dove si vende tutto, anche i figli. Noi lavoriamo con la tratta delle prostitute, ragazzine ridotte in schiavitu'. Dieci anni fa ci sconvolse scoprire che le albanesi venivano vendute dalle famiglie. E qui allora? Figlie che dovrebbero essere il bene piu' prezioso, sfruttate.

*

- Federica Fantozzi: Voi, sulla strada negli anni '70, eravate piu' libere?

- Carla Corso: Eravamo molto politicizzate, frutto comunque delle lotte femministe. Poche, molto determinate, consapevoli di essere in lotta contro il mondo.

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- Federica Fantozzi: Detto cosi' suona suggestivo. Lo era?

- Carla Corso: Ovviamente non credo che prostituirsi sia quanto di meglio possa capitare a una donna. Dico che lottare per la liberta' di vendere il proprio corpo era una forma di contestazione forte, un modo di mettersi in gioco.

*

- Federica Fantozzi: In queste ragazze vede una forma di contestazione?

- Carla Corso: Macche'. Sono funzionali al sistema. Le studentesse che contestano la Gelmini fuori dalle universita', loro coetanee, non andrebbero a prendere nemmeno il caffe' ad Arcore. Esiste una parte sana di societa'. Ma stiamo attenti al rischio di cadere nel moralismo che vanificherebbe molte conquiste.

*

- Federica Fantozzi: Sabato con voi ci saranno anche donne giovani?

- Carla Corso: Poche. Per fortuna, forse.

*

- Federica Fantozzi: La prostituzione pero' non e' affatto scomparsa. E per molte non e' una libera scelta.

- Carla Corso: No. Questo governo fa una repressione feroce. E pagano le sfigate, le immigrate, le tossiche. La proposta del ministro Carfagna, di togliere le lucciole dalle strade, e' ignobile. E' l'ipocrisia, la grande contraddizione, di chi vive la doppia morale e nasconde l'immondizia sotto il tappeto. Le puttane fuori dalle strade ma nelle ville.

*

- Federica Fantozzi: Vendere il corpo e' un diritto, ma comprarlo con i soldi pubblici?

- Carla Corso: Ecco, e' vergognoso che accada nei palazzi delle istituzioni, che coinvolga cariche elettive. Le favorite sono sempre esistite, ma Berlusconi dovrebbe limitarsi ai regali e lasciare la politica a chi la sa fare.

*

- Federica Fantozzi: Visto nella filigrana dei nastri, il premier e' un uomo triste e solo?

- Carla Corso: Figuriamoci. Se la spassa alla grande. Non si fa mancare nulla. Se non governasse il Paese e non frequentasse minorenni sarebbe anche simpatico. Ma per favore, non tiri dentro l'Italia e tutti noi.

 

8. RIFLESSIONE. SIMONETTA AGNELLO HORNBY: LA VERGOGNA

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 9 febbraio 2011 riprendiamo il seguente intervento dal titolo "Voglio dire sono italiana senza dovermi piu' vergognare".

Simonetta Agnello Hornby e' nata a Palermo nel 1945 e vive dal 1972 a Londra dove svolge la professione di avvocato ed e' presidente del Tribunale di Special Educational Needs and Disability. Il suo studio legale nel quartiere di Brixton lavora per lo piu' con le comunita' nera e musulmana. Tra le opere di Simonetta Agnello Hornby: La Mennulara, Feltrinelli, 2002; La zia marchesa, Feltrinelli, 2004; Boccamurata, Feltrinelli, 2007]

 

Alcuni mesi fa, a Londra, in un'intervista, mi fu chiesto cosa pensassi dell'ultima di Berlusconi: aveva intercesso presso la questura a favore di una ragazzina marocchina accusata di furto. Pensai che il premier avesse sentito la notizia alla radio - un'immigrata che ruba per fame, vittimizzata dalla polizia (da avvocato dei minori conosco bene quel tipo di "razzismo istituzionale") - e d'impulso si fosse mobilitato per lei. "L'intervento a favore di un'emigrante islamica e' un bel gesto", dissi. Quando andai in Sicilia fui rimproverata da amici e parenti per le incaute parole: la ragazzina che avevo immaginato povera e indifesa era Ruby. Vivo all'estero da quarant'anni. Ho trasmesso ai miei figli un'orgogliosa appartenenza alla Sicilia e all'Italia. Mille volte ho difeso il mio paese dalle critiche degli stranieri, sostenendo che abbiamo sani principi morali e che la corruzione e il clientelismo diminuiranno - ci vuole tempo. Ora non posso piu'.

Non soltanto Berlusconi ha corroso il senso etico degli italiani, ma ha inflitto a noi donne un'ulteriore umiliazione: ci ha strappato la dignita'. Questo settantenne dal volto rifatto non lesina commenti offensivi sull'aspetto fisico delle deputate dell'opposizione, e sceglie candidate e ministre giovani e belle; ostenta la propria debordante sessualita' e tratta le donne (e ne parla) come oggetti di piacere, colmandole di regali in proporzione al grado di soddisfazione che ne ottiene. Agli incontri internazionali si comporta da cafone e imbarazza gli statisti con battute a sfondo sessuale. Le sue capacita' comunicative da intrattenitore condite con una accattivante volgarita' macchiettistica, l'imprevedibilita' del comportamento, la schiacciante superiorita' dei media da lui controllati e l'assenza di un'opposizione compatta hanno mantenuto alta la sua popolarita' permettendogli di offrire agli elettori una pruriginosa telenovela sulle gesta del maschio italiano che non si arrende alla vecchiaia e si gode giovani voluttuose. Una formula vincente. Il suo esempio "giocoso" ha reso accettabile lussuria e promiscuita' tra vecchi e giovani; ha "elevato" la prostituta al rango di escort e nobilitato, trasformandolo in "regalo", il pagamento per prestazioni sessuali. Ma quel che e' peggio, Berlusconi ha infangato la propria carica istituzionale commettendo un abuso di potere bizzarro e squallido - protagonista, per l'appunto, Ruby. Altro che marocchina! Altro che nipote di Mubarak! Altro che un'amicizia basata su "rispetto e affetto filiale" da parte di Ruby e di balorda generosita' da parte di lui!

Le feste "distensive" ad Arcore sono oscene - non importa se vi si commettevano atti sessuali e non importa di che tipo. Alcune di quelle "ospiti" maniate e toccate erano povere, altre straniere. Una aveva la figlia malata. Cosa speravano di ottenere? Denari, certo. Una carriera di velina? Un'automobile? Un appartamento? C'erano anche ambiziose ragazze della borghesia. Pure loro volevano regali? E di che genere? Forse una candidatura? Un posto in tv o in un'azienda di Berlusconi? Scavando nel passato a noi noto, emergono genitori che spingono le figlie a intrattenere "Papi" e diventare sue amiche. E a partecipare alle sue feste. Ora sappiamo di che tipo di festa si tratta. Non sappiamo, pero', quanti dei suoi cortigiani lo scopiazzano e godono della sua protezione. E non sappiamo nemmeno quante famiglie italiane incoraggiano le figlie a denudarsi e a farsi toccare da chi ha potere - anche a copulare, se e' il caso - perche' e' il modo piu' rapido ed efficace per trovare lavoro.

Basta, signor Berlusconi. Quando e' troppo e' troppo. Non voglio piu' sentirmi dire che il mio paese va alla deriva, perche' c'e' lei al governo. Non voglio piu' sentirmi dire che noi italiani deteniamo in Europa il primato del degrado morale. Fra due settimane portero' i nipotini a Roma, per la prima volta. Voglio camminare a testa alta, con loro, e dire "nonna e' italiana" senza vergognarmi del mio presidente del Consiglio. Se ne vada, signor Berlusconi. E lo faccia presto.

 

9. RIFLESSIONE. SUSANNA CAMUSSO: IL PAESE CHE VORREI

[Dal sito senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com riprendiamo il testo dell'intervento di Susanna Camusso, dal titolo "Il Paese che vorrei", alla manifestazione in piazza del Popolo a Roma il 13 febbraio 2011.

Susanna Camusso e' la segretaria generale della Cgil. E' stata segretaria generale della Cgil della Lombardia ed e' stata tra le fondatrici del movimento "Usciamo dal silenzio". Milanese, comincia la sua attivita' sindacale nel 1975 coordinando le politiche di formazione di base per la Flm di Milano, la categoria unitaria dei metalmeccanici Cgil, Cisl, Uil. Dal 1977 dirige la Fiom, la categoria dei metalmeccanici della Cgil, in una zona di Milano per poi cominciare a seguire le politiche del Gruppo Ansaldo. Nel 1980, entra nella segreteria Fiom di Milano, e nel 1986 in quella regionale della Lombardia. Dal settembre del 1993 alla fine del 1997 e' in segreteria nazionale della Fiom con la responsabilita' del settore auto prima e in seguito della siderurgia. Nel dicembre '97 viene eletta segretaria generale della Flai Lombardia, incarico che ricopri' fino all'elezione a segretaria generale della Cgil Lombardia nel luglio del 2001. Nel novembre del 2005 ha dato vita, insieme ad un gruppo di altre femministe, al movimento di donne "Usciamo dal silenzio" che organizzo' il 14 gennaio 2006 una grande manifestazione che porta a Milano da tutta Italia oltre duecentomila donne e uomini in difesa della liberta' femminile, della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza e delle conquiste civili]

 

E' la misura colma. E' lo sguardo limpido su noi stesse. E' il rispetto rivendicato. E' la serenita' di non dover mai dirci: siamo state zitte, non abbiamo visto.

Abbiamo visto bene, comportamenti pubblici, scelte politiche, persino un linguaggio che ci vorrebbe umiliate, succubi, divise tra corpo e mente.

Non si pensi di poter cancellare la nostra intelligenza, il nostro essere cittadine a pieno titolo. Non accettiamo di vedere il nostro Paese trasformato in una brutta telenovela.

Percio' se non ora quando, per dire senza paura, a voce alta, il Paese che vorremmo?

E allora io vorrei, vorrei un Paese che sa che le giovani donne, i loro progetti, la creativita', l'innovazione, sono il futuro.

Vorrei che chi oggi dice che siamo puritane ricordasse i divieti che ha voluto, dalla fecondazione assistita alla pillola.

Vorrei che sesso fosse una relazione tra pari e non un incarico politico.

Vorrei un Paese con una sola morale, quella doppia offende e nasconde.

Vorrei che la giustizia fosse uguale per tutte e per tutti.

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Numero 292 dell'11 marzo 2011

 

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