La domenica della nonviolenza. 239
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- Date: Sun, 6 Mar 2011 07:34:21 +0100 (CET)
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 239 del 6 marzo 2011
In questo numero:
1. Contro il maschilismo e il patriarcato, l'otto marzo a Viterbo
2. Giuliana Martirani: Daniele. L'obiezione di coscienza al potere
3. Rosangela Pesenti: Questo otto marzo
4. Annamaria Rivera: Donne in Italia: la merce-spettacolo piu' corrente
5. Annamaria Rivera: La nostra autonomia, la loro segregazione
6. Antonella Santarelli: Otto marzo: l'occasione del confronto
7. Gruppo donne del presidio permanente "No Dal Molin": Mai state zitte
1. INCONTRI. CONTRO IL MASCHILISMO E IL PATRIARCATO, L'OTTO MARZO A VITERBO
L'otto marzo 2011 a Viterbo, con inizio alle ore 18, presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", in strada Castel d'Asso snc (nelle vicinanze dell'area del Bulicame), si terra' una iniziativa per la Giornata della lotta delle donne per la liberazione dell'umanita', contro il maschilismo e il patriarcato, contro la guerra e il razzismo, contro lo sfruttamento che devasta e distrugge le vite umane e la biosfera, contro la mercificazione dei corpi e delle esistenze, contro ogni logica di violenza che umilia, opprime e distrugge.
Interviene Antonella Litta, presidente del Comitato "Nepi per la pace" ed animatrice di tante iniziative per i diritti ed il bene comune, di pace e di solidarieta'.
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Allegato 1. Una breve notizia sulla dottoressa Antonella Litta
Antonella Litta svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi. E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) e per questa associazione e' responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo di studio su "Trasporto aereo come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute". E' referente per l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. E' la portavoce del Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Come rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) ha promosso una rilevante iniziativa per il risanamento delle acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei comuni circumlacuali. E' oggi in Italia figura di riferimento nella denuncia della presenza dell'arsenico nelle acque destinate a consumo umano, e nella proposta di iniziative specifiche e adeguate da parte delle istituzioni per la dearsenificazione delle acque e la difesa della salute della popolazione.
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Allegato 2. Un estratto dal comunicato del centro sociale "Valle Faul" che annuncia l'iniziativa e ne reca il programma
8 marzo: diciamo no al maschilismo e al patriarcato
Il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo promuove un'iniziativa per dire no a qualsiasi forma di sfruttamento degli esseri umani.
Diciamo no al maschilismo e al patriarcato.
Diciamo no alla guerra e al razzismo.
Diciamo no allo sfruttamento che devasta e distrugge le vite umane e la biosfera.
Diciamo no alla mercificazione dei corpi e ad ogni logica di violenza che rifiutiamo in ogni sua forma...
E diciamo no ad un governo che criminalizza i migranti, mentre i crimini in Italia sono dovuti innanzitutto all'eversione dall'alto del governo golpista, alla criminalita' dei potenti, dei colletti bianchi e delle camicie nere, delle mafie che operano come multinazionali e delle multinazionali che operano come mafie; e solo successivamente anche alla cosiddetta microcriminalita' dovuta per lo piu' alla condizione di precarieta' vissuta da milioni di persone; e ricordiamo che la piu' grave violenza sulle donne e' quella che si consuma ogni giorno tra le mura domestiche e sul posto di lavoro.
Quindi diciamo no al razzismo oggi piu' che mai, in questi giorni in cui stiamo vivendo la gravissima crisi del Mediterraneo e di tutto il Maghreb e il Medioriente dove migliaia di esseri umani cercano di scampare alla morte...
L'Italia e' in una grave situazione... Ma vi e' anche, ancora e sempre, la possibilita' di resistere, e dalla resistenza puo' nascere la possibilita' di un'alternativa.
Le iniziative e le lotte delle donne - e con esse delle e dei migranti, del movimento delle sfruttate e degli sfruttati - in questi anni e in questi mesi indicano che resistere si puo' e si deve; dimostrano che questa non e' l'ora della rassegnazione, ma l'ora della lotta per la dignita' e i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Si puo', si deve resistere contro il maschilismo e il patriarcato.
Si puo', si deve resistere contro la guerra e il razzismo.
Si puo', si deve resistere contro lo sfruttamento che devasta e distrugge le vite umane e la biosfera.
Si puo', si deve resistere contro la mercificazione dei corpi e delle esistenze.
Si puo', si deve resistere contro ogni logica di violenza che umilia, opprime e distrugge...
L'8 marzo durante l'iniziativa al centro sociale "Valle Faul", dopo l'intervento della dottoressa Antonella Litta e di altre donne impegnate per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera, vi sara' un ampio lasso di tempo dedicato alla convivialita' e alla consumazione del pasto in comune con cucina vegetariana (il servizio in sala e in cucina sara' effettuato solo da maschietti). E poi un grande ensemble di musicisti locali che si esibiscono per la prima volta in un grande concerto live: il gruppo appena nato si chiama "Jazzi", suoneranno latin jazz e cubop: un ringraziamento per la loro disponibilita', in particolare al maestro di percussioni Gianni Rosa, anima del gruppo.
Per ulteriori informazioni: Centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", strada Castel d'Asso snc, Viterbo, e-mail: csavallefaul at autistici.org, sito: http://csavallefaul.noblogs.org/
2. RIFLESSIONE. GIULIANA MARTIRANI: DANIELE. L'OBIEZIONE DI COSCIENZA AL POTERE
[Ringraziamo Giuliana Martirani (per contatti: giuliana at unina.it) per averci messo a disposizione questo intervento dal titolo completo "Daniele. L'obiezione di coscienza al potere. Quasi una rivoluzione nonviolenta online per una democrazia partecipata (Attualizzazione del cap. 13 del libro di Daniele, realizzato con la "scrittura collettiva" di don Lorenzo Milani)".
Giuliana Martirani e' nata a Napoli nel 1945, meridionalista, docente universitaria di geografia politica ed economica e di politica dell'ambiente, fa parte del direttivo dell'International Peace Research Association (Ipra), e' membro di Pax Christi, del Mir, e collabora con numerose altre esperienze pacifiste, ecologiste, della solidarieta', nonviolente. Dal sito www.giulianamartirani.it abbiamo ripreso tempo addietro la seguente piu' ampia notizia: "Giuliana Martirani e' docente alla Facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' di Napoli 'Federico II'. E' docente alla Lumsa di Palermo, dell'Istituto interfamiliare della Famiglia Francescana di Nola, e dell'Istituto pastorale calabro Pastor Bonus di Lamezia Terme. Ha insegnato alla Ottawa University (Canada) ed e' stata direttrice del Corso di Educazione alla Pace, dell'International Peace Research Association (Ipra) all'Interuniversity Centre, Universita' di Dubrovnik, Jugoslavia. E' stata delegata ufficiale alle Conferenze Onu sulla criminalita' organizzata transnazionale (1994) e alla IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla donna (Pechino, settembre 1995). E' esperta per il V Programma Quadro della Commissione Europea relativamente agli "Aspetti socio-economici dello sviluppo sostenibile in ordine a cambiamenti globali, clima e biodiversita'". E' stata analista di scenario ed esperta per lo sviluppo sostenibile del Progetto Posidonia della Provincia di Napoli nell'ambito del Programma Terra della Commissione Europea. Ha collaborato con gli Istituti Regionali di Ricerca Sperimentazione e Aggiornamento Educativo (Irrsae) di Veneto, Campania, Toscana, Lombardia. E' delegata della Commissione Giustizia Pace Salvaguardia del Creato della Conferenza Episcopale Campana, ha animato un gruppo su Impegno sociale e politico al III Convegno della Chiesa Italiana (Palermo 1995) e sull'Interculturalismo alle Settimane Sociali (Napoli, 1999). E' membro del Progetto Policoro e l'Imprenditoria Giovanile nel Mezzogiorno. E' docente di Giustizia pace salvaguardia del creato e Pace e nonviolenza alla Facolta' di teologia della famiglia Francescana di S. Angelo in Palco (Nola). E' stata presidente dell'International Fellowship of Reconciliation - sezione italiana - Movimento Internazionale della Riconciliazione (Ifor-Mir, con stato consultivo presso Unesco ed Ecosoc). Come membro del direttivo dell'International Peace Research Association (Ipra, con stato consultivo presso le Nazioni Unite) ha creato molte "Universita' verdi", "Scuole popolari", "Istituti per la Pace", accompagnandole con conferenze, seminari nonviolenti, e l'organizzazione di numerosi convegni nazionali. Collabora alla formazione per Caritas italiana e Caritas Internationalis, Unione Superiore Maggiori d'Italia (Usmi), Unicef, Agesci, Azione Cattolica, Federazioni italiane di Organismi Non Governativi (Focsiv, Cipsi, Cocis), Legambiente, Pax Christi, Fondazione G. Serio, Commissione francescana Giustizia Pace e Integrita' del Creato, Terzo Ordine Francescano, Gifra. Comunita' di Vita Cristiana (CVX) ed altri. Ha scritto numerosi libri su sviluppo, pace, ambiente, nonviolenza, mondialita', interculturalismo per le edizioni Paoline, Dehoniane, Cittadella, Emi, Qualevita, Gruppo Abele... Collabora a molte riviste tra cui la Rivista della Conferenza Episcopale Italiana, Affari sociali e lavoro, Consacrazione e servizio, Segno Sette (Azione Cattolica), Horeb, Rassegna di Teologia, Cem Mondialita', Nord Sud (di Francesco Compagna), Azione nonviolenta, Italia Caritas, Mosaico di pace, Arcobaleno di pace, Il tetto, Qualevita, Qualeducazione, Nigrizia, Scuola viva, Ecole, Gandhi Marg...". Tra le opere di Giuliana Martirani: La geografia come educazione allo sviluppo e alla pace, Dehoniane; A scuola dai poveri, Cittadella, Assisi; La geografia della pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino; Sviluppo, ambiente, pace, Emi, Bologna 1988; Gea. Un pianeta da amare, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989; Progetto Terra, Emi, Bologna 1989; Facciamo pace? Lavori di gruppo e progetti nonviolenti per lo sviluppo, l'ambiente, la pace, Qualevita,1992; Giona, Qualevita, 1994; Facciamo politica!, Qualevita, 1995; (con Carola Fluto, Vittoria Primack), Miriam. Un sogno di pace, giustizia e salvaguardia del creato, La Meridiana, Molfetta 1995; Maria Romero. Contempl-attiva al servizio degli ultimi, Paoline, 2002; La civilta' della tenerezza. Nuovi stili di vita per il terzo millennio, Paoline, 1997; Il drago e l'agnello. Dal mercato globale alla giustizia universale, Paoline, 2001; (con Antonio Bello), Fotografie del futuro. Le beatitudini come stile di vita, Paoline, 2003; AA. VV., Pace! Voci a confronto sulla Lettera enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII, Paoline, 2003; (con Antonio Moroni, P. Francesco Ghetti), Acqua e aria per la vita, Istituto Rezzara, 2004; La danza della pace. Dalla competizione alla cooperazione, Paoline, 2004; Viandante maestoso. La via della bellezza, Paoline, 2006]
Daniele. L'obiezione di coscienza al potere. Quasi una rivoluzione nonviolenta online per una democrazia partecipata (Attualizzazione del cap. 13 del libro di Daniele, realizzato con la "crittura collettiva" di don Lorenzo Milani).
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Gioacchino
Nel Paese c'era un gruppo di volontariato formato da soli ragazzi, chiamato "Il sollievo di Dio" ("Gioacchino" lo avevano soprannominato gli amici quando avevano saputo che quel nome significa appunto "Dio ci solleva"). Avevano scelto questo nome proprio perche' loro credevano di poter essere per gli altri l'aiuto di Dio che toglie i pesi al momento giusto.
Nel loro statuto avevano voluto mettere, anche con una bella prosa evocativa (e quante discussioni c'erano state!), all'art. 1 la loro volonta' e fierezza di appartenere ad un Paese normale: "Al mattino lungo i binari della stazione, tra i pendolari della scuola e del lavoro, attorno alla tavola della domenica e tra gli scaffali del supermercato, all'alzare delle serrande e dietro il rumore di un trattore, siamo un Paese normale. E scopriamo un Paese migliore quando conosciamo organizzazioni di volontariato che si spendono in silenzio per disabili, carcerati, anziani. Quando un gruppo di medici decide di fare i turni in un villaggio africano per curare i figli della fame. Quando un'insegnante accompagna un gruppo di scolaretti in un museo e quando non rispetta i ritmi del programma e racconta dei morti di mafia e dei sopravissuti. Gente senza medaglie e senza copertine lucide sui settimanali. Gente che siede sulle sedie di casa e non e' mai stata ospite di un talk show. Gente normale. Gente migliore in un Paese normale. Si puo' vivere benissimo limitandosi a pranzare all'ora del pranzo, non vendendosi e non comprando gli altri, facendo le persone serie e tenendo comportamenti consoni alle responsabilita' che abbiamo. Senza millantare niente, limitandosi a proporsi per come si e'. Cercando di fare bene le cose e di fare il bene delle persone. Senza parrucchino, senza zigomi e labbra rifatte, senza conti offshore, senza stuoli di avvocati sempre e ovunque!".
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Susanna
Nello stesso Paese un gruppo di ragazze decise di associarsi e di dare al proprio gruppo il nome di Susanna, che significava giglio, anemone, loto. Perche' tali erano quei fiorellini, educate dalle loro famiglie con sani valori di bonta', pulizia, onesta' e senso del lavoro.
Ragazze che avevano una gran voglia di non rinunciare ad essere oneste, giuste e sopratutto libere dalle schiavitu' di ogni tipo, convinte che insieme potessero dire e far sentire il grido di dolore che le donne si portano dentro.
Le loro famiglie, infatti, erano famiglie profondamente radicate nel lavoro onesto e faticoso e in relazioni familiari fondate sull'affetto vero e sulla gratuita'. E che con forza affermavano: "Le nostre figlie non sono in vendita".
E infatti queste ragazze avevano scritto sulla porta della loro associazione un frase di Aung San Suu Kyi, il premio Nobel birmano che diceva: "Non tutto si può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere comprati".
Dicevano, nelle loro riunioni, che il nemico non era affatto il genere maschile ma un certo tipo di mentalita', di decadenza culturale e di malcostume che in questo momento sembravano prevalere nella societa'.
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I due vecchi
In quel periodo, nel Paese, erano al massimo potere politico e mediatico due vecchi, di quelli di cui il Signore ha scritto nella Bibbia: "L'iniquita' e' uscita da Babilonia per opera di anziani e di capi politici, che solo in apparenza sono guide del popolo".
Uno di loro, il piu' potente, trovava consenso politico soprattutto tra coloro i cui sogni nel cassetto erano di avere tanti soldi per permettersi qualsiasi cosa e, se uomini, di avere un harem, esprimendo cosi' la loro "virilita'".
Questi due vecchi, con i loro programmi e le loro tv erano sempre presenti nelle case dei ragazzi del Paese con la tv sempre accesa e soprattutto su canali di successo, quelli in cui giovani ragazzi, maschi e femmine, erano protagonisti di sfide nei reality, oppure sfide per il successo e i soldi. E facevano la coda ai cancelli delle loro televisioni per fare provini e sperare di far tanti soldi come attori, cantanti, ballerini e veline in qualche programma.
Ormai anche la piu' banale delle trasmissioni aveva il suo balletto di donne seminude e l'ultimo dei giornali aveva gigantografie di donne belle in pose ammiccanti.
I due vecchi, a furia di esercitare il loro potere su tanti giovani fanciulle, persero il lume della ragione. Soprattutto il vecchio piu' potente perche' capo politico oltre che mediatico, era preso da un'insana passione per le giovani fanciulle, se piccole e tenere meglio ancora, ed era in grado, visti i tanti soldi che aveva, di farselo a domicilio il turismo sessuale senza doversi spostare o parlare lingue straniere.
Finche' un giorno i due vecchi si ritrovarono insieme e studiarono un bel programmino per poter soddisfare le loro voglie con il fior fiore di fanciulle.
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Il giardino
Poiche' il Gruppo Gioacchino, a scopo di raccolta fondi per i loro corsi di formazione al genere maschile (dicevano, infatti, che bisognava ri-educare i ragazzi al loro stesso genere) a volte affittava il suo giardino per degli eventi pubblici, i due vecchi diedero incarico a un loro ruffiano, un cosiddetto talent scout, che organizzasse una sfilata di moda (cosiddetta!) allo scopo di mettere insieme un po' di pollastrelle con la prospettiva (falsa ovviamente!) di ingaggiarle come veline, ballerine o partecipanti ad un reality e cose simili. Con l'obiettivo vero, invece, di fare un bel festino in quel paese, visto che dovevano partecipare ad una noiosa riunione politica e si sarebbe fatto tardi per rientrare, e poi dicevano gli "esperti" che da quelle parti le ragazze erano di rara bellezza!
Venne dunque il giorno della cosiddetta sfilata a cui, incautamente o ingenuamente il gruppo Gioacchino, senza dirlo ai due vecchi e al talent scout, aveva invitato come spettatrici anche le ragazze del Gruppo Susanna. Ne furono meravigliati i due vecchi quando videro che ce n'erano ancora di piu' del previsto di ragazze. Ma nella loro arroganza e presunzione non capirono che erano ingenue spettatrici e ne furono solo contenti.
Appena le porte furono chiuse i due vecchi con la loro autorita' e dall'alto del loro potere dissero alle ragazze di sfilare per vedere quale era la piu' bella e perfetta: quella avrebbero immediatamente assunto con un gran contratto nelle loro tv.
Subito il vecchio piu' potente perche' capo politico, insidio' le ragazze della sfilata cercando di possederle, naturalmente col solito ricattuccio del miraggio di una brillante carriera artistica e... perche' no? eventualmente anche politica!
Le ragazze del Gruppo Susanna, sedute in giardino per assistere (ingenue!) alla sfilata di moda, compatte, sicure di se' e assolutamente refrattarie a futuri di veline e ballerine, loro che invece sanamente desideravano diventare dottoresse, avvocatesse, giornaliste, magistrate e insegnanti, se ne scapparono di corsa dal giardino e andarono chi a denunciare in tribunale i fatti che stavano accadendo alle giovani ragazze della cosiddetta sfilata, chi a riferire tutta la storia ai giornali locali, chi invece torno' lesta a casa per iniziare un'azione di democrazia partecipata su internet con mail, invio messaggi, Facebook, Twitter...
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Daniele
Grazie allo Spirito che soffia e tutto scompiglia, si formo' una Rete di associazioni, di persone, di giornali, blog, che in gran fretta, alla denuncia delle ragazze del gruppo Susanna, si erano aggregate facendo rete e che con altrettanta velocita' avevano denominato Daniele, nome che avevano scelto quando avevano saputo che significava: Dio giudica (e finalmente! si erano detti, che giudica anche attraverso il nostro muoverci!). La rete Daniele lancio' un'obiezione di coscienza al potere politico e ai suoi abusi, su vari giornali, Facebook, Twitter: "Noi siamo innocenti della fine che faranno queste giovani fanciulle e della loro morte civile!". Basta con condiscendenze, silenziose connivenze, basta con l'omerta'! Da questa dichiarazione nacque una sorta di rivoluzione nonviolenta online, accompagnata da una democrazia partecipata.
Il gruppo Susanna e il gruppo Gioacchino fecero una dichiarazione congiunta che era quasi un grido di allarme: "Donne dove siete? Uomini quando vi svegliate?".
Dinnanzi a quella mercificazione il Gruppo Gioacchino scrisse un suo manifesto nel quale sottolineava che era ora di levare un grido planetario, di scuotere le coscienze maschili, di capire perche' gli uomini si siano cosi' poco evoluti: "Dove sono gli uomini, dove sono i maschi? Poche sono le loro voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti. Nei loro silenzi c'e' ancora troppa omerta', nascosta compiacenza e forse sottile invidia. Dentro questo mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, c'e' un grande bisogno di liberazione. Perche' - scrivevano i ragazzi del Gruppo Gioacchino - non era piu' soltanto una questione di dignita' femminile, ma di sano orgoglio maschile che si dovrebbe essere stufato di essere turlupinato da immagini che non corrispondono assolutamente alla realta'".
E sottolineavano che "Mercifica chi si comporta da negriero (anche se indossa abiti di cashmere), mercifica chi per ricavare piacere si rivolge al corpo di una prostituta, chi induce gli altri a prostituirsi, chi si prostituisce. Lo spirito con cui queste persone agiscono e' simile a quello di chi per speculare devasta i territori, le acque, il tessuto sociale di una regione, la sua fauna, la sua vegetazione".
Un alto prelato levo' la sua voce per dire con forza che "Sono i giovani le prime vittime perche' quando si esaltano modelli discutibili come la corsa alla ricchezza, la forza del danaro e, ancor peggio, lo sfruttamento della bellezza della donna con modi di vivere moralmente inaccettabili, i ragazzi vengono inevitabilmente danneggiati. La donna viene presentata come un oggetto e buttato via, la bellezza fatta merce, la corsa al danaro, alla ricchezza e al potere: sono questi gli esempi dannosi che da determinati politici vengono propinati. E i giovani ne sono le prime vittime... proprio in questo decennio dalla Chiesa dedicato all'educazione. E' un crimine che a livello di educazione si sta consumando a danno dei giovani... attirati da sirene pericolosissime".
E un altro disse che "se quei reati fossero stati commessi, chi li ha commessi ha una enorme responsabilita' morale, specialmente se si tratta di persona pubblica che ha responsabilita' pubbliche, e' un fatto gravissimo sia sul piano dell'etica privata che pubblica. E, in questo caso, serve un atto di vergogna e, insieme, l'uscita di scena dalla vita pubblica perche' il Paese ha bisogno di persone che non siano assolutamente imputabili di simili misfatti".
Un Gruppo di suore con forza lancio' un monito al vecchio che aveva tanto potere e rappresentanza politica: "Non ti e' lecito! Di fronte a tale e tanto spettacolo l'indignazione e' grande! Come non andare con la mente all'immagine di un altro 'palazzo' del potere dove circa duemila anni fa al potente di turno, incarnato nel re Erode, il Battista grido' con tutta la sua voce: Non ti e' lecito! Non ti e' lecito offendere e umiliare la bellezza della donna; non ti e' lecito trasformare le relazioni in merce di scambio guidate da interessi e denaro; e soprattutto oggi non ti e' lecito soffocare il cammino dei giovani nei loro desideri di autenticita', di bellezza, di trasparenza, di onesta'; tutto questo e' il tradimento del Vangelo, della vita e della speranza!".
Altre suore, anch'esse vicine a donne usate come merce e prostituite dalle mafie, lanciarono messaggi mail dicendo: "Siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per cio' che e' veramente, e non semplicemente un oggetto o una merce da usare a piacimento per interessi personali. Che immagine stiamo dando della donna e del suo ruolo nella societa' e nella famiglia, a prescindere dai fatti di cronaca, dalla veridicita' o meno di cio' che ci viene presentato, dal linguaggio usato senza vergogna? Non ci rendiamo conto che la prostituzione del corpo e dell'immagine della donna e' diventata ormai parte integrante nei nostri programmi e notizie televisive, alla portata di tutti, e che purtroppo educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, noncuranti delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vedono solo modelli da imitare. La donna e' diventata solo una merce che si puo' comperare, consumare per poi liberarsene come 'usa e getta'".
Altri credenti sostenevano che era ora che le parole del vangelo risuonassero opportunamente nei casi concreti e non solo in riti formali. A sostegno di cio' portavano i documenti della Chiesa che "chiede che siano realmente applicate le leggi che proteggono la donna e siano messe in atto misure efficaci contro l'uso umiliante di immagini femminili nella propaganda commerciale e contro il flagello della prostituzione" (Ecclesia in Europa, 28 giugno 2003).
Alcuni affermavano che non era solo una questione politico-istituzionale (ancorche' sacrosanta!), ma soprattutto un modello culturale che perdurava. Altri dicevano come inquietasse vedere esercitare un potere in maniera cosi' sfacciata e arrogante che riduce la donna a merce, dove fiumi di denaro e di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento.
Un altro, aggregatosi anch'egli alla rete Daniele, mise finalmente il dito sulla piaga e cioe' sul "cliente", e disse con chiarezza che una ragazza puo' fare la escort per mille o miliardi di motivi, ma un uomo che paga una donna offende la sua dignita' trasformando quello che e' un essere umano in merce. Non ci sarebbero escort se non ci fossero clienti.
Si apri' un grande dibattito nazionale, quasi come un tappo di champagne che finalmente liberava tutte le bollicine fino ad allora compresse.
Alcuni sostenevano che quel che non si poteva consentire era che questo delirio senile di impotenza declinato da un uomo che aveva i soldi - e come li ha fatti, a danno di chi, non ve lo domandate mai? - per pagare e per comprare cose e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e "prostituite" portate a domicilio come pizze, continuasse ad essere il primo cittadino del Paese, il modello, l'esempio, la guida.
Altri, nel dibattito evidenziarono le connivenze della sua "corte": un potere decadente fatto di una corte bolsa di lacche' che lucrano alle spalle del despota malato.
Altri ancora evidenziavano le connivenze di padri, madri, fratelli e sorelle che alla domanda se la ragazzina che ci casca nella rete del vecchio fosse sua figlia o sua sorella rispondevano: "Magari!". Un popolo di "mantenuti", che mandava le sue donne a fare sesso con un vecchio perche' portassero i soldi a casa.
Alla Rete Daniele aderirono anche gruppi e associazioni di genitori e di famiglie che inviarono un documento nel quale dicevano: "Purtroppo, nonostante l'emancipazione acquisita dalla donna in questi ultimi anni in diversi modi e settori, dobbiamo constatare con vergogna che ancora oggi, nel 2011, la sua dignita' e' terribilmente minacciata e calpestata e la sua identita' completamente offuscata. Noi auspichiamo, come genitori ed educatori coinvolti quotidianamente nella poverta' spirituale di un'epoca contrassegnata da 'soldi successo e sfida' che sembrano le tre tentazioni nel deserto della nostra civilta', e marcata dal consumismo e dall'egoismo piu' irragionevole, che si sollevi dal nostro Paese una voce forte a spazzare la lordura che ha invaso l'etica pubblica. Noi auspichiamo che questa voce affermi che le vicende del Vecchio e i suoi protagonisti rappresentano un cancro da estirpare e non un ostacolo da aggirare. Siamo interessati, impegnati come siamo nella sfida educativa dei nostri giovani quotidianamente, a ritrovare una direzione, a cercare di stabilire cosa e' giusto e cosa non lo e'. Sappiamo quanto sia importante garantire una alta coesione sociale in un momento di crisi economica cosi' profonda ma siamo sbalorditi di fronte alla deriva etica mostrata da alte cariche politiche del nostro paese e gli ripetiamo in coro: Non ti e' lecito!".
3. RIFLESSIONE. ROSANGELA PESENTI: QUESTO OTTO MARZO
[Ringraziamo Rosangela Pesenti (per contatti: rosangela_pesenti at yahoo.it) per questo intervento.
Rosangela Pesenti, laureata in filosofia, da molti anni insegna nella scuola media superiore e svolge attivita' di formazione e aggiornamento. Counsellor professionista e analista transazionale svolge attivita' di counselling psicosociale per gruppi e singoli (adulti e bambini). Entrata giovanissima nel movimento femminista, nell'Udi dal 1978 di cui e' stata in vari ruoli una dirigente nazionale fino al 2003, collabora con numerosi gruppi e associazioni di donne. Fa parte della Convenzione permanente di donne contro tutte le guerre, della Convenzione delle donne di Bergamo, collabora con il Centro "La Porta", con la rivista "Marea" e la rivista del Movimento di cooperazione educativa. Tra le opere di Rosangela Pesenti: Trasloco, Supernova editrice, Venezia 1998; (con Velia Sacchi), E io crescevo..., Supernova editrice, Venezia 2001; saggi in volumi collettanei: "Antigone tra le guerre: appunti al femminile", in Alessandra Ghiglione, Pier Cesare Rivoltella (a cura di), Altrimenti il silenzio, Euresis Edizioni, Milano 1998; "Una bussola per il futuro", in AA. VV., L'economia mondiale con occhi e mani di donna, Quaderni della Fondazione Serughetti - La Porta, Bergamo 1998; AA. VV., Soggettivita' femminili in (un) movimento. Le donne dell'Udi: storie, memorie, sguardi, Centro di Documentazione Donna, Modena 1999; "I luoghi comuni delle donne", in Rosangela Pesenti, Carmen Plebani (a cura di), Donne migranti, Quaderni della Fondazione Serughetti - La Porta, Bergamo 2000; "Donne, guerra, Resistenza" e "Carte per la memoria", in AA. VV., Storia delle donne: la cittadinanza, Quaderni della Fondazione Serughetti - La Porta, Bergamo 2002; Caterina Liotti, Rosangela Pesenti, Angela Remaggi e Delfina Tromboni (a cura di), Volevamo cambiare il mondo. Memorie e storie dell'Udi in Emilia Romagna, Carocci, Firenze 2002; "Donne pace democrazia", "Bertha Von Suttner", "Lisistrata", in Monica Lanfranco e Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne Disarmanti, Intra Moenia, Napoli 2003; "I Congressi dell'Udi", in Marisa Ombra (a cura di), Donne manifeste, Il Saggiatore, Milano 2005; "Tra il corpo e la parola", in Io tu noi. Identita' in cammino, a cura dell'Udi di Modena, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, 2006]
Questo 8 marzo lo passo con le Sconfinate, il mio gruppo della bassa bergamasca est, con cui condivido esistenze e resistenze,
per ricordare che i confini, reali e simbolici, sono fatti per essere attraversati liberamente, per ricordare le molte barriere costruite intorno alle vite delle donne, confinate nelle case, nei lavori non pagati, nella schiavitu' dei bordelli e degli stereotipi.
Per imparare insieme ad amare le persone senza rinchiuderle nei ruoli, ad amare le case senza esserne prigioniere, ad amare la terra che abitiamo senza diventare le vestali di nessuna patria.
Sara' una serata della nostra Scuola politica "Giacche lilla".
Scuola nel senso originario greco di Skhole', che significa tempo libero e per noi quindi tempo liberato dal lavoro, dai doveri, dal casalingato, dalle preoccupazioni, dall'obbligo di divertirsi, dalla coazione al consumo, dall'aspirazione al successo, dalla competizione, dalla dipendenza, dai sensi di colpa, dai ricatti affettivi. Tempo liberato per il piacere di stare insieme, per scoprire, imparare, scambiare saperi ed esperienze, per inventare occasioni e incontri, per ascoltare e parlare, per condividere emozioni, silenzi, storie, per costruire luoghi solidali e culture di pace, per conoscere, pensare, trasmettere, agire le culture cancellate delle donne a cominciare dalla memoria della tante esistenze individuali dentro le storie collettive e come genere nella specie umana.
Scuola per donne e uomini che sanno riconoscere e riconoscersi.
Politica perche' "La politica tratta della convivenza e comunanza dei diversi", come scrive Hannah Arendt, ed e' lo spazio nel quale ogni essere in quanto umano puo' discutere e condividere scelte in merito a cio' che ritiene bene per se', commisurandolo al bene di tutte e tutti.
Disprezza la politica solo chi pratica la sopraffazione attraverso la violenza, la menzogna e la manipolazione.
Senza la consapevolezza politica oggi le relazioni tra gli esseri umani regrediscono alla relazione tra potenti e servi/e, capi e subordinati/e, proprietari e schiavi/e.
Quando il terreno della politica e' devastato dalla corruzione e dalla sopraffazione, le donne vengono rinchiuse nel logica del privato, cancellate dalla storia, asservite nel lavoro e ridotte a stereotipo nella conoscenza.
Politica per smascherare le strutture del dominio che occupano la societa' e si annidano dentro di noi rendendoci complici.
Politica come cura di noi stesse/i, delle relazioni che intrecciamo quotidianamente e del territorio che abitiamo, quello piccolo che calpestano i nostri piedi e quello grande, fatto del cibo di cui ci nutriamo e dell'aria che respiriamo.
Giacche lilla, per ricordare quella che Rosa Luxemburg ha chiesto ai suoi amici di acquistare mentre era in carcere. Non una nota frivola, ma la capacita' di vivere con leggerezza anche i giorni piu' difficili, praticando la resistenza alla brutalita' del mondo e all'ipocrisia dei benpensanti, anche attraverso la cura di se', del proprio abito e abitare, come sempre sanno fare le donne in mezzo ad ogni catastrofe, guerra e degrado.
Una giacca lilla per non seguire gli imperativi della moda, ma l'espressione della propria armonia e bellezza e per noi il fiorire e sfiorire del corpo, che accompagni la liberazione dei pensieri e un cammino di speranza, nel degrado delle relazioni umane e nella meschinita' del vivere in cui siamo immerse/i.
4. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: DONNE IN ITALIA: LA MERCE-SPETTACOLO PIU' CORRENTE
[Ringraziamo Annamaria Rivera (per contatti: annamariarivera at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente testo estratto dal suo libro La Bella, la Bestia e l'Umano. Sessismo e razzismo senza escludere lo specismo, Ediesse, Roma 2010, pp. 86-88.
Annamaria Rivera, antropologa, vive a Roma e insegna etnologia all'Universita' di Bari. Fortemente impegnata nella difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, ha sempre cercato di coniugare lo studio e la ricerca con l'impegno sociale e politico. Attiva nei movimenti femminista, antirazzista e per la pace, si occupa, anche professionalmente, di temi attinenti. Al centro della sua ricerca, infatti, sono l'analisi delle molteplici forme di razzismo, l'indagine sui nodi e i problemi della societa' pluriculturale, la ricerca di modelli, strategie e pratiche di concittadinanza e convivenza fra eguali e diversi. Fra le opere di Annamaria Rivera piu' recenti: (con Gallissot e Kilani), L'imbroglio etnico, in quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001; (a cura di), L'inquietudine dell'Islam, Dedalo, Bari 2002; Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista in Italia, DeriveApprodi, Roma 2003; La guerra dei simboli. Veli postcoloniali e retoriche sull'alterita', Dedalo, Bari 2005; Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo, Dedalo, Bari 2009]
Guardando al nostro paese, piu' che gloriarci del lascito del femminismo, dovremmo allarmarci per la condizione penosa delle donne e per l'opera costante, svolta dalle piu' varie agenzie del potere (dall'economico al politico, fino al mediatico), di umiliazione od offesa della dignita' femminile. Se da noi e' tanto evidente e diffuso il fenomeno della donna-tangente, e' anche a causa della scandalosa mortificazione del ruolo, del corpo e dell'immagine della donna, cosa della quale nondimeno assai poco si parla.
Come provano in modo lampante statistiche, rapporti e studi italiani e internazionali, in Italia la condizione femminile e' a livelli pressoche' infimi rispetto ad altri paesi, occidentali e non (...). In Italia, a offendere la dignita' femminile vi e' altresi' la diffusa e abituale rappresentazione della donna come oggetto sessuale, resa possibile soprattutto dal sistema televisivo - dal privato dapprima, poi anche dal pubblico, che ha finito per conformarsi al primo quasi perfettamente. La televisione italiana - volgare, sessista, per lo piu' razzista - e' stata ed e' un elemento cruciale dell'offensiva contro le donne e le loro pretese di uguaglianza e di liberazione. Oggi, pressoche' tutti i programmi televisivi italiani, d'intrattenimento come d'informazione, sono improntati a un unico modello: quello della ragazza nuda o seminuda, ammiccante e ancheggiante, che, sorvegliata dal conduttore, si esibisce per gli ospiti e per il pubblico, lei discinta e privata di parola, loro loquaci e vestiti di tutto punto (vedi: Campani 2009 e Rangeri 2007).
Per cogliere l'importanza della cosa, si deve considerare che la tv, col modello pornografico che propone, costituisce un ganglio importante, se non decisivo, dell'apparato di consenso e di potere quale si e' definito in Italia; e percio' finisce per condizionare non solo il linguaggio dei politici, sempre piu' apertamente sessista, ma la stessa struttura del potere politico e delle istituzioni: alla ridicola presenza delle donne nelle istituzioni fanno da contrappunto le pin-up e le "veline" televisive cooptate in parlamento e nel governo. Questo fenomeno non e' altro se non una delle varianti del sistema di scambio fra potere, sesso e danaro. A sua volta, il porno televisivo mitridatizza giorno dopo giorno il senso comune, l'immaginario collettivo, l'opinione pubblica, i quali, avvelenati da dosi quotidiane di sessismo e razzismo mediatici, sono pronti per essere invocati dai politici mainstream a sostegno e giustificazione dei loro discorsi, imprese e misure sessiste e razziste. La profezia di Debord si e' realizzata: la merce-spettacolo e' giunta all'occupazione totale della vita sociale.
5. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: LA NOSTRA AUTONOMIA, LA LORO SEGREGAZIONE
[Ringraziamo Annamaria Rivera (per contatti: annamariarivera at libero.it) per averci messo a disposizione anche il seguente testo sempre estratto dal suo libro La Bella, la Bestia e l'Umano. Sessismo e razzismo senza escludere lo specismo, Ediesse, Roma 2010, pp. 117-120]
In Italia (...), piu' che in qualsiasi altro paese ad economia avanzata, il peso della gestione domestica grava sulle donne, il Welfare State e' debole, inefficiente, particolaristico, i servizi e le strutture pubbliche di sostegno alla famiglia, ai bambini e agli anziani deficitarie e insufficienti, mentre aumenta progressivamente l'invecchiamento della popolazione. In un tale paese, a compensare le inadempienze dello Stato e la mancata partecipazione degli uomini ai compiti domestici e' il lavoro delle colf e delle assistenti domiciliari, queste ultime dette ormai ufficialmente "badanti", un termine peggiorativo, pronunciato in pubblico per la prima volta da una bocca leghista e largamente acquisito perfino dai dizionari e dalla letteratura scientifica.
Eppure si tratta di un esercito di piu' di un milione e mezzo di lavoratori, in gran parte lavoratrici immigrate, del quale la societa' italiana non potrebbe fare a meno: due milioni e mezzo di famiglie - cioe' piu' di una famiglia su dieci - ricorrono al loro aiuto prezioso. E' una necessita' tanto diffusa, un tratto della societa' italiana cosi' strutturale che da febbraio del 2010 questa voce ha fatto ingresso nel "paniere" dell'Istat, vale a dire nella lista dei beni di riferimento per il calcolo dell'inflazione.
Insomma, in Italia le native borghesi o piccolo-borghesi conseguono la propria de-segregazione e parziale emancipazione solo grazie al lavoro, per lo piu' oscuro, dequalificato, talvolta servile, delle migranti, cioe' grazie alla loro quasi-segregazione. Nel 1995 la sociologa statunitense Barbara Ellen Smith osservava che le donne "bianche" non solo godono, direttamente e indirettamente, dei privilegi di una struttura di classe "razzizzata", ma, impiegando personale domestico "non bianco", sfruttano anche direttamente le donne "nere". E' questo, concludeva, il paradosso centrale del femminismo contemporaneo: non solo le identita' di "razza", di classe, di orientamento sessuale e altri fattori producono conflitti fra le donne, ma e' lo stesso genere ad essere fonte di differenziazione sociale.
Oltre a questo paradosso, l'esempio che ho illustrato ne configura un secondo, poiche' per queste lavoratrici la migrazione e' stata pur sempre una scelta soggettiva di emancipazione, in molti casi un mezzo per sottrarsi alla sottomissione e all'oppressione dei rapporti patriarcali.
Il terzo paradosso e' che, migrando, esse possono perseguire la propria emancipazione e realizzare un avanzamento di status per se' e per la propria famiglia nel paese di origine: infatti, da emigrate, quando fanno ritorno in patria per brevi periodi, godono di un certo prestigio sociale, sono ammirate, talvolta perfino riverite dalla cerchia dei parenti e del vicinato. Ma tutto questo costa loro la rinuncia alla promozione sociale e di status nel paese d'immigrazione, dove restano per lo piu' confinate nel settore lavorativo della riproduzione e della cura (vedi Salih 2004), a dimostrazione di quanto la divisione dei ruoli maschile/femminile e l'ideologia patriarcale si riflettano anche nel campo del lavoro.
Infine, sebbene inferiorizzate, spesso umiliate e ricattate, il piu' delle volte private di fondamentali diritti di cittadinanza, di solito queste lavoratrici riescono a conquistarsi alcuni spazi di autonomia che, quantunque limitata, e' in ogni caso piu' ampia di quella di cui godevano in patria prima di emigrare.
6. RIFLESSIONE. ANTONELLA SANTARELLI: OTTO MARZO: L'OCCASIONE DEL CONFRONTO
[Ringraziamo Antonella Santarelli (per contatti: info at mediterraneoforpeace.it) per questo intervento.
Antonella Santarelli, insieme a Salvatore Giordano, anima il sito di "Mediterraneo for peace" (www.mediterraneoforpeace.it). Cfr. anche una sua intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 347]
Credo che non abbia piu' senso interrogarsi sulla liceita' dell'otto marzo come giornata dedicata alla donna. Penso, invece, che possa essere un'occasione per riflettere su come noi donne viviamo all'interno di una societa' sempre piu' classista, discriminatoria e, purtroppo, violenta. Il confronto tra le tante storie puo', allora, aiutarci a cogliere i frammenti di una memoria sempre piu' parcellizzata (e difficile da ricomporre) a seconda dei contesti e delle eta'. Due esistenze di donne tra le migliaia che potremmo raccontare.
*
Lucia, ancora nel tunnel
Lucia ha quarantadue anni, ne dimostra molto meno, fisico esile e lineamenti delicati. Esce fuori, almeno legalmente, da un matrimonio difficile che ha segnato indelebilmente la sua esistenza. Sposa, poco piu' che ventenne, il suo primo e unico grande amore, un ragazzo di qualche anno piu' grande. Lui non piace molto ai suoi familiari, Lucia ne e' consapevole, ma dimostrera' a tutti che il suo Giulio in realta' e' la persona adatta per lei. Si sapra', nel corso di pochi anni, che, a causa della gelosia del marito, Lucia e' costretta ad abbandonare il lavoro nell'agenzia commerciale, e ad arrangiarsi alla meno peggio con lavoretti saltuari, sottopagati e pesanti. Lui, invece, non cerca il lavoro e conta sull'aiuto dei parenti. Tra i due le cose iniziano ad andare male, Lucia si separa legalmente, ma poi torna con lui e, pur da separata, ci stara' assieme per altri dieci anni. Per scelta dichiarata di Giulio, non avranno figli. Lei lavora quando e come puo', lui vive alla giornata, fuma di tutto e ha bisogno di soldi. Diventa violento e Lucia lo lascia definitivamente, divorzia dandogli i soldi ricavati dalla vendita del piccolo appartamento pagato un'intera vita. Lucia fara' l'operaia in fabbrica ma non riesce a mantenere il ritmo, turni, notti, catena e poi licenziamento per tornare di nuovo a fare i turni. Abbandona la vita di operaia, sebbene precaria. E' distrutta, fisicamente e moralmente. Non sa piu' cosa le piace. Il futuro? Un punto interrogativo.
*
Monica, la professionista
Monica e' un brillante avvocato, giovane e interessante. Ha dedicato una vita a prepararsi per affrontare la professione e si sente appagata. Sposa un suo collega e la vita le sorride "alla grande", puo' iniziare a consolidare lentamente la sua posizione sociale ed economica. Sa che tante sue coetanee non ce l'hanno fatta ed e' fiera di esserci riuscita. Si sposta in un'altra zona e, precisa come un orologio, affronta in modo adeguato i ritmi della vita familiare e del lavoro. Studio, cause e clienti la impegnano fino a sera, la domenica e' spesso dedicata a preparare documenti per le udienze della settimana. L'orologio biologico pero' preme e scandisce la voglia del figlio. Arrivera' scardinando ritmi e aggiustamenti vari. Monica e' per la prima volta in affanno, cerca di organizzare vita e lavoro, ma sente che non puo' farcela, ha bisogno di aiuto, attorno a se' non ha reti sociali, la famiglia e' lontana, tutto diventa un problema, si scopre fragile e non sopporta il defilarsi del marito dalle incombenze quotidiane piu' banali. L'acqua e' alla gola, vuole tornare a dedicarsi a tempo pieno al suo lavoro ma non e' possibile. Anzi, deve abbandonare gran parte di quello che faceva. Le dicono che e' fortunata, perche', da autonoma, puo' lasciare e prendere quando vuole. Le lavoratrici dipendenti affrontano ben altre problematicita' con la nascita di un figlio. Perche' la maternita' la paghi cara, socialmente ed economicamente. Monica puo' permettersi il nido. Altre donne no.
7. RIFLESSIONE. GRUPPO DONNE DEL PRESIDIO PERMANENTE "NO DAL MOLIN": MAI STATE ZITTE
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo il testo letto dal gruppo donne del presidio permanente "No Dal Molin" in occasione del 13 febbraio nella citta' di Vicenza]
Oggi le molte voci presenti sono qui a declinare in modi diversi la dignita' e l'indignazione.
Si dice che le donne oggi riprendono la parola, escono dal silenzio. Noi diciamo: non siamo mai state zitte. Le persone e la terra non sono in vendita.
Siamo le donne che, insieme a tanti altri e altre, si battono da anni per la propria citta', per i beni comuni, per l'acqua, la terra. Con il nostro corpo, il desiderio e il pensiero, ci siamo impegnate perche' questa fosse una terra di pace, di democrazia; contro lo stupro di una falda d'acqua, di una citta', compiuto da un cantiere di morte; contro la colata di cemento che sta coprendo il nostro territorio, nelle basi, nelle tangenziali e nei villaggi per i soldati in arrivo.
Siamo qui per dire che come donne non siamo state in silenzio sulle conseguenze sociali e ambientali della nuova base e della militarizzazione del territorio, come l'aumento del mercato sessuale che da sempre fiorisce attorno, e la violenza che i giovani soldati si portano a casa dal fronte.
E che non possiamo stare zitte sul prezzo delle guerre, degli interventi militari, pagato soprattutto dalle donne e dai loro figli dei paesi lontani.
In un momento in cui tutto sembra essere comprato e venduto, continuiamo a indignarci con chi ha permesso che questo cancro prendesse corpo nella nostra citta', sacrificandola agli interessi politici ed economici.
Ci indigniamo per la corruzione, e per la mercificazione del corpo femminile, ma anche per il ben piu' misero spettacolo di poveri uomini che confondono sesso, potere, denaro, e non sono piu' capaci di desiderare, amare, essere amati.
Ma pensiamo anche che la dignita' delle persone sia attaccata dallo sfruttamento estremo dei corpi e delle menti nei luoghi di lavoro, dove in nome della produzione si deve rinunciare alla propria vita, persino al tempo dei bisogni primari, e alle relazioni umane: e' vietato perdere tempo a parlare, e' vietata la solidarieta'.
Sa indignarsi solo chi e' capace di speranza, diceva Seneca.
Di questi tempi molti di noi hanno visioni pessimiste, rassegnate, prive di futuro. Perdere la speranza e' perdere l'impegno, e l'interesse a vivere. E' necessario riprendere la speranza.
Ma pensiamo che dobbiamo partire da noi, dalla responsabilita' di ognuno, non basta trovarci in tanti a dire soddisfatti come siamo bravi e brave, che siamo migliori.
Noi non siamo piu' buone di altre, non ci sentiamo migliori, ragazze perbene, non giudichiamo e non condanniamo. Ma non ci sentiamo nemmeno vittime.
E neppure siamo qui per conto di altri che forse hanno bisogno di noi donne per fare le battaglie che non hanno saputo fare nei luoghi e nei modi per impedire tutto questo. Siamo qui perche' sentiamo ancora il desiderio e la volonta' di dare in prima persona il nostro contributo a noi stesse, a una citta', un territorio, un mondo piu' a misura degli esseri umani, insieme a tutte e tutti quelli che sentono la stessa urgenza. Mantenendo la nostra autonomia di pensiero e azione come le donne sono capaci di fare.
E chiedendoci, con don Milani, "A che serve avere le mani pulite se poi si tengono in tasca?".
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 239 del 6 marzo 2011
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