Telegrammi. 484



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 484 del 4 marzo 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Laura Boella: Questo otto marzo

2. Maria D'Asaro: Questo otto marzo

3. Mimma Ianno' Latorre: Questo otto marzo

4. Adriana Perrotta Rabissi: Questo otto marzo

5. Lorella Pica: Questo otto marzo

6. Elena Pulcini: Questo otto marzo

7. Marilena Spriano: Questo otto marzo

8. Peppe Sini: Contro guerra, razzismo e dittature

9. Una lettera aperta al Presidente della Repubblica contro l'acquisto da parte dell'Italia di 131 cacciabombardieri F-35

10. Enrico Peyretti presenta "Poveri, noi" di Marco Revelli

11. Per sostenere il Movimento Nonviolento

12. "Azione nonviolenta"

13. La "Carta" del Movimento Nonviolento

14. Per saperne di piu'

 

1. RIFLESSIONE. LAURA BOELLA: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Laura Boella (per contatti: laura.boella at unimi.it) per questo intervento.

Laura Boella, docente di storia della filosofia morale all'Universita' di Milano, e' tra le massime studiose di Gyorgy Lukacs, Agnes Heller, Ernst Bloch, Hannah Arendt; e' impegnata nella ricostruzione del pensiero femminile nel Novecento; fa parte della redazione della rivista filosofica "aut aut". Opere di Laura Boella: Il giovane Lukacs, De Donato, Bari 1977; Intellettuali e coscienza di classe, Feltrinelli, Milano 1977; Ernst Bloch. Trame della speranza, Jaca Book, Milano 1987; Dietro il paesaggio. Saggio su Simmel, Unicopli, Milano 1987; (a cura di), Letture e discussioni intorno a Levinas, Jankelevitch, Ricoeur, Unicopli, Milano 1988; Parole chiave della politica, Mantova 1995; Hannah Arendt. Agire politicamente, pensare politicamente, Feltrinelli, Milano 1995; Morale in atto, Cuem, 1997; Cuori pensanti. Hannah Arendt, Simone Weil, Edith Stein, Maria Zambrano, Tre Lune, Mantova 1998; con Annarosa Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Cortina, Milano 2000; Le imperdonabili. Etty Hillesum, Cristina Campo, Ingeborg Bachmann, Marina Cvetaeva, Tre Lune, Mantova 2000; Grammatica del sentire. Compassione, simpatia, empatia, Cuem, Milano 2004; Sentire l'altro. Conoscere e praticare l'empatia, Cortina, Milano 2006; Neuroetica. La morale prima della morale, Cortina, Milano 2008]

 

L'8 marzo le donne hanno poco da festeggiare.

Certo, la rivoluzione femminile e' avvenuta nel campo delle professioni, del sapere, della societa'. Resta ancora - anzi si allontana sempre piu' - la rivoluzione nel campo della politica e nella mentalita' femminile. Cresce l'estraneita' femminile nei confronti della politica istituzionale cosi' come dell'assunzione di un effettivo potere ai vertici delle industrie. Difficile distinguere tra l'inasprirsi della lotta tra gli uomini per il potere (con l'ulteriore riduzione degli spazi per le donne) e la crescente consapevolezza femminile dell'inutilita' di una battaglia che ha regole e condizioni non condivise.

L'8 marzo fornisce in ogni caso l'occasione per considerare con attenzione l'essere donna oggi. In particolare, per tentare di leggere un fenomeno che oggi a molti appare inquietante e causa soprattutto di disordine, ma che appartiene allo sviluppo della civilta' umana, se la si guarda nel segno della differenza di donne e uomini. Si tratta della disparita' di piani, di valori e di atteggiamenti esistenziali delle donne rispetto a quelli degli uomini e della domanda fondamentale che ne scaturisce.

Oggi le donne, con la difficolta' a dare significato all'oscura resistenza nei confronti dei tempi, delle richieste, delle modalita' per aver successo in politica, in economia, nella scienza, appaiono portatrici di uno squilibrio, esposte persino all'enfatizzazione mimetica dei comportamenti di una societa' che continua a non essere affatto leale nei loro confronti.

E' possibile che, nella crisi del passaggio d'epoca che stiamo vivendo, tale squilibrio rappresenti un elemento di movimento e di valore?

Si tratta di una condizione difficile da sostenere e i cui lati distruttivi sono noti a tutti, ma che proprio per questo e' tanto piu' necessario leggere nel suo pieno significato. I numerosi esempi che hanno riempito le cronache recenti di donne esperte di denaro, e non di amore, sembrano ad alcuni segnare la definitiva eclisse del valore della differenza di donne e di uomini, la cui unica forma di sopravvivenza rimane la dipendenza meccanica tra natura biologica e cultura, convenzioni e modelli sociali o il suo esatto rovescio, il conflitto insanabile.

E' un dato di fatto che le donne si trovino in una situazione di non contemporaneita', di non allineamento sull'asse del presente della nostra epoca. Si tratta di qualcosa che e' ben diverso dal rimanere indietro o dall'andarsene per proprio conto, offrendosi, a seconda dei casi, come vittima o carnefice sull'altare del presente.

La non contemporaneita' rispetto al presente della nostra epoca e della nostra societa' e' una forza e un valore che ogni donna puo' liberare dentro di se' come il significato del suo non aderire completamente al contesto dominante.

Si tratta di rimettere in gioco un ordine naturale - ma anche sociale e mentale - delle cose, offrendosi a un diverso modo di essere, che rifiuta di schiacciarsi sulle contrapposizioni, sulle porte strette relative alla liberta', all'autonomia, al diritto di essere felici.

Cosa fa l' Antigone di Maria Zambrano? Per onorare la sepoltura del cadavere del fratello, versa una brocca d'acqua sul sangue raggrumato delle ferite. Riapre, per cosi' dire, il gioco della violenza guerriera e dell'autorita' della legge, con un gesto di amore e di pieta' che materialmente scioglie, rende fluido cio' che altrimenti si fisserebbe in eterno come simbolo della malvagita' umana.

 

2. RIFLESSIONE. MARIA D'ASARO: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Maria D'Asaro (per contatti: maridasaro at libero.it) per questo intervento.

 

Per un breve profilo di Maria D'Asaro da una recente intervista apparsa su "Coi piedi per terra" n. 327 riprendiamo la seguente notizia biografica "Vivo a Palermo, dove svolgo la professione di insegnante e psicopedagogista in una scuola secondaria di primo grado. Mi riconosco pienamente nell'affermazione di Terenzio: Homo (donna, nel mio caso!) sum: nihil humani alienum a me puto. Mi interesso, come cittadina e come docente, di scienze umane, politica, letteratura. Amo leggere e scrivere. Collaboro con la rivista mensile "Segno" e con il settimanale regionale siciliano "Centonove". Curo un blog, che dedica una sezione alla nonviolenza: http://maridasolcare.blogspot.com/. Guardo con simpatia alla nonviolenta Comunita' dell'Arca, fondata da Lanza del Vasto. Mi impegno, nel mio ambito, perche' la prospettiva nonviolenta, ecologicamente orientata, sia orizzonte possibile per gli esseri umani"]

A te, sconosciuta valletta che ascoltava Gheddafi.

Ho un sogno, per il prossimo otto marzo. Guardarti negli occhi. Te, una delle 487 ragazze che, il 29 agosto 2010, ha messo tra parentesi il suo senso critico e la sua autonomia di pensiero per ascoltare il pensiero unico di Gheddafi. In cambio di 100 euro, se abitavi vicino a Roma; di 150, se venivi da fuori regione. Vorrei parlarti dolcemente, magari tenendoti per mano. Senza anatemi facili, senza impartire morali logore da vecchia signora. Accarezzando il tuo sguardo, vorrei dirti semplicemente che ci sono cose che non hanno prezzo: la capacita' di pensare in proprio, il diritto di sentirsi uguali agli uomini, la volonta' di non inginocchiarsi dinanzi ai potenti.

Piu' che dirtelo, vorrei che tu, sorellina giovane, queste realta' le sentissi. Nella tua pelle, nel tuo cuore di donna. Vorrei essere capace di evitare la solita solfa di quella che ha respirato l'aria del '68. Vorrei trovare per te le parole giuste, intessute di sangue e di carne... Vorrei farti percepire di come sia stato forte per Rosa Parks, nel 1955, rimanere seduta in quell'autobus, a Montgomery, nella parte riservata ai bianchi: perche' i neri d'America, uomini e donne insieme, trovassero la forza di dire no alla segregazione razziale. Vorrei farti sentire l'energia potente di Anna Politkovskaja, che ha donato la sua vita per denunciare sino in fondo gli orrori della guerra in Cecenia. Vorrei presentarti Annalena Tonelli, la missionaria laica dagli occhi cerulei: che ha speso parte dei suoi sessant'anni in Somalia per curare i piu' poveri, le donne sfruttate e mutilate. Vorrei parlarti di quella forza della natura che e' stata Mala Zimetbaum, che non si e' piegata neppure davanti alla ferocia nazista.

Vorrei che trovassimo insieme il filo profondo che ci lega. Che e' il nostro essere donne, la nostra storia di vicinanza alla vita, il nostro essere state raccoglitrici anziche' cacciatrici. Il nostro aver accudito dei figli, gli stessi figli che la societa' violenta permette di  uccidere in guerra.

Vorrei mostrarti che difendere i diritti delle donne e' difendere i diritti di tutta l'umanita'. Vorrei farti sentire che le lotte femministe, come dice un mio vecchio amico, sono "la corrente calda della nonviolenza". Vorrei dirti, infine, quanto sono stata felice di partecipare alla manifestazione del 13 febbraio: quella che chiedeva dignita' per le donne italiane e per il nostro paese. Nessuno mi ha dato un euro, allora. E mi sono pure alzata molto presto, quella domenica, per preparare prima le lasagne ai miei figli...

Ti abbraccio.

Maria D'Asaro

 

3. RIFLESSIONE. MIMMA IANNO' LATORRE: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Mimma Ianno' (per contatti: lkian at tin.it) per questo intervento.

Mimma Ianno' Latorre e' insegnante, impegnata per la pace e i diritti, partecipe di molte esperienze di intercultura e solidarieta', e' referente del Cem (Centro di educazione alla mondialita'). Un'ampia intervista e' nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 248]

 

Questo "otto marzo" e' diverso dagli altri.

L'eco dell'ultima manifestazione "Se non ora quando" del 13 febbraio scorso mi spinge a considerare l'aspetto positivo della lotta delle donne per la propria liberazione. Si intravede, infatti, oggi piu' che mai, una reale possibilita' di poter coinvolgere anche le piu' restie e pigre tra di noi a lottare tutte insieme  per la rivendicazione dei nostri diritti; e non solo: per stabilire, anche, un patto intergenerazionale che connoti finalmente la lotta della donna, alla stessa maniera della lotta portata avanti dall'intera umanita' per i diritti di tutte e tutti alla vita.

Quest'anno, poi, la ricorrenza coincide con l'ultimo giorno della festa di carnevale; e questa sovrapposizione casuale di data mi porta ulteriormente a riflettere sia sul senso della festa carnascialesca sia sull'altro significato piu' serio legato alla memoria di tante donne morte eroicamente agli inizi dello scorso secolo in un opificio di New York. Il carnevale, si sa, e' un eccesso liberatorio dal sottile gioco della rappresentazione farsesca del quotidiano, illusione del disfarsi delle maschere imposte dalle relazioni distorte, fondate sullo scontro e sulla difesa ad oltranza dal volto dell'altro considerato nemico del nostro "io". Tutto e' lecito, e' uno scherzo, un lazzo, un guizzo ironico della mente per schernire e sorprendere la monotonia del rapporto tra uomini e donne.

Quale collegamento potrebbe esserci tra il carnevale e la festa della donna? La festa della donna non e' uno scherzo, una sacra rappresentazione dell'eterno femminino da idolatrare in modo ironico, ma e' un amaro ricordo. E' memoria di un giorno che, col passare degli anni, si tramuto' poi, per opera della militante comunista Rosa Luxemburg, in giorno di lotta internazionale delle donne contro la discriminazione sessuale e per la difesa e il riconoscimento dei propri diritti economici, sociali e politici. Sembra che il doppio significato insito nella natura delle cose possa aiutare la riflessione sullo specifico femminile, come veniva definita anni or sono la differenza di genere e i problemi ad essa collegati. L'unico legame possibile tra le due ricorrenze e' senza dubbio la globalizzazione del libero mercato che si impadronisce degli eventi per fare business; l'uso consumistico di coriandoli e mimose che si spandono in un folle volo sulle nostre citta' gonfie di beni materiali e svuotate di qualsivoglia bene spirituale.

Nella ricchezza si nasconde la miseria. I fili del male si intrecciano in modo inestricabile con i fili misteriosi del bene. Sembra che non si possa trovare soluzione alcuna ai problemi delle donne. Il Parlamento ha sempre problemi piu' urgenti da risolvere... ma basta una piazza dove si possa urlare la rabbia e il dolore, e l'attenzione della gente si concentra su un punto anche solo per poco e lentamente, se si riesce a mantenere desta l'attenzione in mezzo al turbinio costante delle news multimediali, si puo' riprendere il cammino per raggiungere la meta.

Noi donne stiamo facendo, dall'epoca della rivoluzione francese fino ad oggi, un percorso di liberazione per il riconoscimento della differenza e della parita' dei diritti. Sarebbe utile che le giovani generazioni, nelle scuole o nelle associazioni, conoscessero meglio questa storia... ma non e' questo aspetto della questione femminile il contenuto della mia riflessione.

Mi pare utile, invece, porre l'attenzione sul recente fenomeno dell'"escortismo" che sta pervadendo con piu' clamore il mondo dei nostri politici. Forse Ruby e le altre come lei non lo sanno, ma anche loro sono donne che dovrebbero iniziare un cammino di liberazione dal giogo patriarcale. Chi glielo fara' notare? Non di certo il loro oppressore. Essere oppresse e' un lavoro faticoso ma un lavoro. Non e' forse considerato il mestiere piu' antico del mondo? Dal guadagno facile ed immediato e dalla coscienza sorda? Non e' forse una donna libera dagli schemi moralistici, una che lavora con il proprio corpo? Alcune donne furbe come le "signorine a pagamento" evitano cosi' l'ostacolo della poverta' affidando il loro corpo ai giochi di un uomo che curano e allietano alleggerendolo dalle fatiche causate dal logorio del potere... Sono libere senz'altro queste donne ma non sono, certamente,  donne liberate dall'ossessione sessuale.

Quante geishe, schiave del volere maschile nei secoli si sono date generosamente e continuano a farlo? Per un frainteso senso di appartenenza al proprio ruolo (una donna ama... non si vende) e per una non compiuta identita' (il valore e la stima della sacralita' del proprio corpo), in cambio della sicurezza e del benessere, si sono prostituite e si prostituiscono all'uomo potente che apparentemente le impreziosiva e le impreziosisce rendendole oggetto di desideri carnali piu' che soggetto e protagonista del cambiamento e della trasformazione nei costumi e nelle relazioni tra cittadine e cittadini di una societa' cosiddetta civile? Mentre milioni di donne oneste, povere, lavoratrici, schiave del martoriato sud del mondo, oppure ricche ed emancipate dell'occidente opulento, profughe e migranti con obiettivi comuni e differenti, in lotta sempre, tutte unite per rivendicare i diritti umani fondamentali e universali, per esprimere desideri, proporre e trasmettere saperi e pratiche di liberazione dall'antico dominio maschile, sono in continuo travaglio da ormai troppo tempo... altrettante rappresentanti del genere femminile sono invece impegnate a svendersi al miglior offerente.

Oggi in ogni settore della societa' la presenza femminile fa la differenza. Quale differenza? La visione dei problemi del mondo scritta dalla fatica femminile sui campi di grano, nelle risaie, nelle officine, nei luridi tuguri e nelle baraccopoli delle megalopoli di oriente e occidente, la lettura seria e determinata delle madri di tutte le piazze in rivolta contro il dittatore di turno, i pianti strazianti e le ferite dei corpi violati ed uccisi non rappresentano ogni giorno per ognuna ed ognuno di noi un senso profondo di conversione ad una vita giusta, dignitosa, pacifica? Non sono queste donne un richiamo autentico alla bellezza e alla bonta' di ogni essere umano, donna o uomo che sia, e che ha il diritto di vivere e di non essere ucciso o uccisa? Ma questa differenza nell'azione nonviolenta si paga ancora a caro prezzo. La parita', utopia delle femministe degli anni '70, non e' ancora pienamente realizzata. Non tutte le donne sono, pero', consapevoli dei propri diritti e della propria uguaglianza sul piano della legge. Le nuove generazioni di donne pare che non si entusiasmino troppo a queste battaglie che furono invece ideali e scopi esistenziali delle loro madri. Strette dal bisogno di trovare un lavoro subito, sono propense per questioni di sopravivenza ad accettare con facilita' qualsiasi proposta venga fatta loro e, pur di uscire dai meandri tortuosi dell'indigenza, vanno incontro inconsapevolmente ad un assurda felicita' che le incatena per sempre alla schiavitu' del corpo, al suo apparire fallace e precario.

Il lavoro onesto non si trova, la disoccupazione giovanile nel nostro Bel Paese e' a livelli altissimi. La fuga dei cervelli aumenta, il popolo italiano e' un popolo di vecchie e vecchi! Non sarebbe il momento, come e' stato detto nella manifestazione ultima delle donne, scese nella piazze per protestare contro l'uso e la violenza dell'immagine del corpo della donna nella pubblicita', di sentirci ancora piu' unite tutte, anche se di corrente politica diversa, atee e religiose, nella comune lotta per la nostra liberazione? A cominciare dal lavoro, fonte di sostentamento onesto e dignitoso; lavoro per tutte, per poter crescere e realizzare ed esprimere pienamente il nostro "genio femminile", senza paura di essere sminuite, oltraggiate, prevaricate ed uccise. Lavorare e' un  nostro diritto. Eppure l'articolo 37 della nostra Costituzione recita: "La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parita' di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione".

In una societa' democratica come la nostra e' urgente portare avanti una politica "paritaria", non solo per puntare al miglioramento effettivo della condizione sociale della donna italiana, ma per creare anche percorsi lavorativi accessibili a tutti e tutte quelli e quelle che provengono da Paesi e culture differenti e che in questi giorni stanno arrivando sulle nostre coste per sfuggire ai regimi totalitari che non assicurano di certo un futuro lavorativo dignitoso.

Mi riferisco certamente al miglioramento dei servizi pubblici, come gli asili nido per le madri lavoratrici, il tempo pieno nelle scuole primarie, la defiscalizzazione del lavoro delle baby sitter e delle badanti, una effettiva tutela legislativa del lavoro delle donne, ad esempio: fissando delle "quote rosa", imponendo ai datori di lavoro un'assunzione paritaria (uomo-donna) dei dipendenti e sanzionando efficacemente i sempre piu' frequenti licenziamenti "giustificati" dalla maternita'.

Questo "otto marzo" vorrei infine che fosse una forte presa di coscienza soprattutto da parte di tutte quelle giovani donne che non si amano abbastanza e non credono che, solo puntando in alto, salvaguardano la propria dignita' personale e rinsaldano la coscienza, con la ferma convinzione di appartenere al genere femminile e orgogliose di esserlo!

 

4. RIFLESSIONE. ADRIANA PERROTTA RABISSI: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Adriana Perrotta Rabissi (per contatti: adrianina at tiscali.it) per questo intervento.

Adriana Perrotta Rabissi e' docente di italiano e storia e fa parte della Libera Universita' delle Donne; si occupa di storia del femminismo, di lavoro, di linguaggio dal punto di vista psicosociale. Dal 1981 al 1994 e' stata membro della segreteria del Centro di studi storici sul movimento di liberazione della donna in Italia (trasformatosi nel 1994 in Fondazione Elvira Badaracco); per il Centro ha svolto attivita' di organizzazione e coordinamento di convegni nazionali ed internazionali e seminari di studio su temi relativi alla condizione delle donne, al linguaggio sessuato, alla letteratura e alla scrittura delle donne, alla storia dei movimenti politici delle donne; attivita' di ricerca nei campi della storia dei movimenti politici delle donne, in particolare dell'emancipazionismo e del neofemminismo degli anni Settanta e Ottanta, della storia, della scrittura e della letteratura delle donne; attivita' di documentazione nell'Archivio del Centro. Fa parte del comitato scientifico della Fondazione Badaracco, per la quale cura i rapporti con la Rete Lilith (la rete dei centri, biblioteche e archivi delle donne in Italia) e organizza momenti seminariali e convegni nazionali e internazionali. E' socia dell'Associazione per una libera universita' delle donne di Milano, per cui progetta, organizza e conduce dal 1994 corsi e seminari su temi relativi alla condizione delle donne in Italia e alle sue modificazioni strutturali in relazione al sessismo della lingua, alle rappresentazioni del maschile e del femminile sedimentate nella lingua di comunicazione, alla storia e alla letteratura delle donne nel Novecento, ai mutamenti sociali verificatisi nel campo della famiglia e del lavoro. Svolge dal 1979 attivita' di formazione, di educazione degli adulti, di aggiornamento dei docenti delle secondarie e delle/degli operatrici e operatori culturali. Ha organizzato e condotto corsi monografici delle 150 ore sulla condizione delle donne per il Consorzio Ticino 3; dal 1991 organizza e conduce corsi rivolti alla cittadinanza per il Comune di Milano sui temi del linguaggio sessuato, della letteratura, della storia delle donne, delle modificazioni della condizione delle donne nella famiglia e nel lavoro. E' stata docente di storia del Novecento, storia delle donne e della letteratura delle donne in corsi di aggiornamento dei docenti di Milano, Grosseto, Bergamo, Bolzano, Ferrara, Rovigo, e per l'Istituto svizzero di pedagogia per la formazione professionale di Lugano. E' stata formatrice in corsi e seminari sui linguaggi documentari e sull'indicizzazione tramite thesaurus, organizzati da Istituzioni italiane, dalla Cee, da Centri di ricerca e documentazione delle donne. Ha pubblicato saggi e articoli nelle riviste "Dwf", "Lapis", "Leggere donna", "La Balena Bianca", "il Paese delle Donne", "Golem. L'indispensabile". E' redattrice della rivista on line:  "Overleft. Rivista di culture a sinistra" (www.overleft.it). Tra le opere di Adriana Perrotta Rabissi: "Itinerario bibliografico sul rapporto donne/scrittura", in Calabro' A. R., Grasso L. (a cura di), Dal movimento femminista al movimento diffuso. Ricerca e documentazione nell'area lombarda, Milano, Franco Angeli, 1985; "Questo balsamo, la lettura: ovvero la necessita' della cultura", in Buttafuoco A., Zancan M. (a cura di), Svelamento. Sibilla Aleramo: una biografia intellettuale, Milano, Feltrinelli, 1988; Assolo. Sibilla Aleramo", in "Donnawomanfemme", n 3,1986; (a cura di, con Perucci M. B.), Perleparole. Le iniziative a favore dell'informazione e della documentazione delle donne europee, Atti del convegno internazionale del Centro di studi storici sul movimento di liberazione della donna in Italia, Utopia, Roma 1988; "Dalle parole delle donne a 'Linguaggiodonna'", in Perleparole, cit.; (con Perucci M. B.), Perleparole, in "Minerva", n. 9, settembre 1988; "Tra nuova sinistra e autocoscienza. Milano:1972-1974", in Crispino A. M. (a cura di), Esperienza storica femminile nell'eta' moderna e contemporanea. Parte seconda, Roma, Udi - La Goccia,1989; (con Perucci M.B.), Linguaggiodonna. Primo thesaurus "di genere" in lingua italiana, Centro di studi storici sul movimento di liberazione della donna in Italia, II ed., Milano 1991; (con Perucci M. B.), Un Convegno sull'informazione 'al femminile', in "Biblioteche oggi", n. 4, luglio-agosto 1988; "Le parole per dire", in Buttafuoco A. (a cura di), Modi di essere. Studi,riflessioni, interventi sulla cultura e la politica delle donne in onore di Elvira Badaracco, Bologna, E M Ricerche, 1991; Fra una parola e l'altra. La riflessione delle donne tra storia e memoria di genere, in "La Balena Bianca. I fantasmi della societa' contemporanea", n. 4, 1992; "Di corpi e di parole. Viaggio attraverso un dizionario di parolechiave, in "La Balena Bianca. I fantasmi della societa' contemporanea", n. 5, 1992; "Parlare e scrivere senza cancellare uno dei due sessi", in Eleonora Chiti (a cura di), Educare ad essere donne e uomini. Intreccio tra teoria e pratica, Torino, Rosenberg e Sellier, 1998;(con Luciana Tavernini), "Un percorso storiografico del Novecento", nell'ipertesto consultabile al sito Donne e conoscenza storica, www.url.it/donnestoria/; Sono soldi i soldi?, in "Golem. L'indispensabile", giugno 2001; La lingua e' neutrale rispetto ai sessi?, nel sito www.retelilith.it; (con varie coautrici), L'in-canto delle parole, Milano, Universita' delle donne, 2002; Donne di parole, in "Scuola ticinese", a. XXXII, serie III, n. 254, gennaio-febbraio 2003; (con varie coautrici), Le parole mal-trattate, Milano, Universita' delle donne, 2003]

 

Un altro 8 marzo, giorno che mi ha creato da anni contraddizioni, ben prima che si inaugurasse la sciagurata pratica di considerarla festa, per sole donne, con contorno di mimose omaggio degli uomini (in uffici, scuole...) e in anni passati, non so se ancora cosi', con spogliarelli maschili!

Ma questo 8 marzo in particolare, a breve scadenza della manifestazione nazionale del 13 febbraio, mi  offre qualche spunto di riflessione in piu'.

Il riferimento e' alla situazione sociale e culturale in cui cade, e qui non posso fare a meno di dissentire da alcune iniziative in programma; io penso che ciascuno/a debba attivarsi come meglio crede di fronte a situazioni quale quella che viviamo oggi, ho pero' un po' di perplessita' notando tutto questo darsi da fare per dare una spallata a Berlusconi (non che mi interessi poco che sparisca dalla scena pubblica il piu' presto possibile un individuo portatore di tale violenza verso tutti e tutte), mentre le stesse donne riguardo ad altre situazioni che meriterebbero ugualmente indignazione e prese di posizione, sia a livello nazionale che internazionale, e che sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti/e,  tacciono.

Mi sembra proprio che sia in atto una "strumentalizzazione" in questo preciso momento storico: fare appello alle donne, mobilitare le loro energie, ricorrere a loro quando servono come massa critica, salvo poi ringraziarle e farle rientrare nei ranghi.

Per la serie "le donne salvatrici del mondo".

Comunque ribadisco, ben vengano tutte le iniziative di lotta, ma che sia veramente un accogliere il conflitto nei confronti di qualsiasi portatore/portatrice di mentalita' patriarcale, di destra, di sinistra, di centro.

In effetti per avere un senso questo 8 marzo dovrebbe interpellare prima di tutto gli uomini; a questo proposito interrogando alcuni amici miei, ai quali sono legata da stima e affetto, ho avuto due tipi di risposte: alcuni mi hanno detto di non sentirsi minimamente coinvolti, essendo e essendo sempre stati nei  valori e nei comportamenti ben lontani dai modelli proposti da Berlusconi e sodali; altri mi hanno obiettato che non si puo' fare degli uomini un genere omogeneo, e che la rottura delle complicita' maschili e' un atto squisitamente individuale, che richiede silenzio e non proclami pubblici.

Entrambi i gruppi non si sentono coinvolti dall'appello "uomini parlate".

Io invece osservo che in linea di principio e' vero che non si puo' fare un'operazione di generalizzazione degli uomini in quanto appartenenti ad un sesso, operazione che sarebbe analoga a quella compiuta sulle donne in quanto femmine - e quindi prioritariamente genere sessuo-riproduttivo (di figli, di piacere, di cura, di attenzione, di ingentilimento di costumi, di intuito, di grazia e d'amore...).

Ma nel concreto c'e' proprio questa asimmetria tra la posizione delle donne e quella degli uomini nella mentalita' patriarcale -condivisa da uomini e donne -, gli uomini non sono considerati un genere, ma sono soggetti individuali, infatti se un uomo stupra e/o ammazza, gli altri uomini non si sentono responsabili in quanto genere di quell'atto e non si sognano di dichiarare o scendere in piazza a dire: "non sono/siamo tutti cosi', la maggior parte di noi e' costituita da mariti-amanti-compagni amorosi, solleciti, che si sacrificano per le loro donne... siamo onesti lavoratori...". Non ce ne e' bisogno, nessuno/a lo pensa.

Mentre di fronte a comportamenti di donne quali le frequentatrici di Arcore, scatta la censura politico-morale che pretende  dichiarazioni (di donne prima di tutto, ma anche di uomini) tese a rassicurare che non tutte le donne si comportano in questo modo, proliferano elenchi delle virtu' pubbliche e private della maggioranza delle donne, dei compiti e delle attivita' svolte dalle donne, nel pubblico e nel privato, per il bene comune. Se questo non avviene immediatamente si sollecitano le donne dai mezzi di comunicazione di massa a prendere le distanze, a parlare: "e che cosa dicono le donne... perche' stanno zitte? il femminismo e' morto?"... Non c'e' migliore esempio di come funzioni l'assimilazione delle donne al genere femminile.

Se giustamente non si possono appiattire gli uomini nel genere, in che modo sciogliere le donne dal vincolo di genere?

E' uno dei compiti storici del femminismo, tra gli altri, che viene condotto nel silenziamento generale dei mezzi di comunicazione di massa, che preferiscono rappresentare il femminismo nei suoi presunti aspetti folkloristici.

Allora l'appello "uomini parlate" e' rivolto agli individui, non perche' parlino in nome del genere, ma perche' chiariscano la "propria posizione" personale in merito alle questioni, altrimenti il silenzio potrebbe essere veramente vissuto o come assenso a certi modelli di maschilismo (ce ne sono molti, e a vari livelli di rozzezza e di  violenza) o come disinteresse: e' una questione che riguarda solo le donne, non il rapporto tra uomo e donna.

L'appello poi interroga ogni uomo e non solo uomini "pubblici" (con seguito di dichiarazioni e/o manifestazioni) nella concretezza e quotidianita' dei suoi rapporti (di amicizia, d'amore, di conoscenza, sia con uomini che con donne), stimola alla presa di coscienza - in modo individuale o collettivo, silenzioso o pubblico, a seconda delle sensibilita' personali - delle complicita' interiorizzate con questo ordine del discorso.

Questo gesto secondo me e' veramente difficile, come e' stato difficile e doloroso per noi donne, negli anni Settanta, uscire dalla dimensione vittimistica dell'oppressione, per renderci conto delle nostre complicita' interiori con il patriarcato.

In questo senso non basta dire "io non sono come Berlusconi", perche' B. non e' il mostro assoluto, e' il piu' in vista, innanzitutto, per la carica che ricopre, inoltre e' tra gli uomini piu' volgari, scostumati, ossessivi, ma in realta' amplifica una mentalita' e un modo di essere che si rifrangono in centomila atti, discorsi, parole, linguaggi propri di uomini e donne che li condividono e che e'/sono alla base della costruzione patriarcale.

Mi riferisco alla "naturalizzazione" che fa di certi tratti femminili (e analogamente di certi maschili), che sono invece frutto di processi storico-sociali, e quindi di educazione-apprendimento. Faccio alcuni esempi in positivo: le donne hanno maggior senso pratico, sono per natura generose, hanno la capacita' di "salvare" il mondo... e via dicendo, aspetti che sono simmetrici a quelli negativi, altrettanto "naturali": sono volubili, inclini alla puttanaggine, facilmente influenzabili da sentimenti e stati d'animo, spesso invidiose e inaffidabili...

Le femministe, quelle che "danno fastidio" all'ordine costituito (e quindi agli uomini e alle donne omologati/e al sistema vigente) continuano l'opera di scavo di se', dei linguaggi, dei comportamenti, delle rappresentazioni e delle autorappresentazioni proposte da uomini e donne, alla ricerca delle immagini interiorizzate, degli stereotipi, delle fantasie, dei desideri, delle paure, alla base di una societa' patriarcale.

Questo fa dire che  sono esagerate, rompiscatole, isteriche... Le si accusa di rompere i vari fronti di lotta comune contro il nemico del momento (fu cosi' negli anni Settanta per i compagni del movimento ed e' cosi' ancora oggi).

Ma e' veramente l'unico modo, secondo me, per sovvertire realmente l'ordine vigente: il patriarcato, strettamente intrecciato oggi con il capitalismo, ma sappiamo che il patriarcato si combina e si e' combinato con molti e differenti sistemi socio-economici,  fornendo loro la base materiale e psichica per la loro edificazione.

 

5. ESPERIENZE. LORELLA PICA: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Lorella Pica (per contatti: lorella.pica at gmail.com) per questo intervento.

Lorella Pica, gia' apprezzata pubblica amministratrice, e' impegnata nella straordinaria esperienza dell'associazione "Sulla strada" (sito: www.sullastradaonlus.it, e-mail: info at sullastradaonlus.it) e in molte iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza]

 

Questo otto marzo, per Josefa, non sara' come quello dello scorso anno.

L'ho incontrata qualche giorno fa in Guatemala, in una stanza del poliambulatorio medico appena costruito.

Una stanza particolare, una stanza dove si parla e si ascolta. Solo questo.

E' arrivata che sembrava sotto l'effetto di un incantesimo di un mago...

Occhi sbarrati, piegata da un lato, con la spalla che andava sempre piu' giu' e con le gambe chiuse... che non riusciva a camminare.

Tremava e guardava in alto.

La mamma l'accompagnava piangendo e piangendo tormentava gli stracci che portava per coprirsi.

Non avevo mai visto cosi' da vicino una bambina vittima di uno stupro.

L'ho abbracciata ed era caldissima. Tremava e non si fermava.

C'e' voluto tanto tempo per farla calmare e per capire quello che era successo e che succedeva da tanto tempo. Da anni, nella sua casa.

Martedi' 8 marzo 2011, questo otto marzo, Josefa non stara' piu' a portata del suo aguzzino e sua madre non si sentira' piu' impotente di fronte alla potenza della violenza.

Hanno capito e sperimentato, tutte e due, che ci si puo' liberare e che, se si metteno in circolo le energie positive, si puo' scegliere di vivere con gioia.

*

In partenariato con il "Comitato di donne sopravvissute alla violenza" di San Juan (una cittadina a 50 chilometri da Citta' del Guatemala) l'associazione "Sulla strada" ha attivato un centro d'ascolto per le vittime della violenza in un villaggio maya dell'entroterra del Guatemala.

Nel Centro di ascolto le donne indigene, che sono le piu' colpite, trovano altre donne che parlano la loro lingua maya. Con loro possono parlare, essere ascoltate, ascoltare, essere aiutate e anche trovare rifugio, sia per l'immediata emergenza che per impostare una nuova vita aperta alla speranza e alla dignita'.

 

6. RIFLESSIONE. ELENA PULCINI: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Elena Pulcini (per contatti: e_pulcini at unifi.it) per questo intervento.

Elena Pulcini e' professore ordinario di Filosofia sociale presso il Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Firenze. Ha conseguito il titolo di Nouveau Doctorat nel giugno 1991 presso l'Universita' di Paris III - Sorbonne Nouvelle di Parigi. La sua ricerca verte su temi di antropologia filosofica e di filosofia sociale e politica. Al centro dei suoi interessi e' il tema delle passioni nell'ambito della teoria dell'individualismo moderno e delle forme del legame sociale, con un'attenzione anche al problema della soggettivita' femminile. Su questi temi ha tenuto varie comunicazioni a convegni nazionali e internazionali (Universite' libre di Bruxelles, Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, Universite' de Paris 8, Istituto Universitario Europeo di Firenze, Institute of Philosophy - Czech Academy of Sciences di Praga, Institut fur die Wissenschaften vom Menschen di Vienna; Festival internazionale di filosofia di Modena, Universita' Puc e Unisinos del Brasile, Humboldt Universitat di Berlino, ecc.). Tra i suoi lavori: La famiglia al crepuscolo, Editori Riuniti, Roma 1987; Teorie delle passioni (a cura di), Kluwer, Dordrecht-Bologna 1989;  Amour-passion e amore coniugale. Rousseau e l'origine di un conflitto moderno, Venezia, Marsilio 1990 (traduzione francese presso Champion-Slatkine, Parigi 1998); (a cura di, con P. Messeri), Immagini dell'impensabile. Ricerche interdisciplinari sulla guerra nucleare, Marietti, Genova 1991. Ha pubblicato numerosi saggi su riviste nazionali e internazionali e in volumi collettanei. Ha curato opere di Jean-Jacques Rousseau e Georges Bataille. Tra le sue pubblicazioni piu' recenti: L'individuo senza passioni. Individualismo moderno e perdita del legame sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2001, ristampa 2005 ("menzione speciale" al Premio Internazionale di filosofia Salvatore Valitutti; "menzione speciale" al Premio Internazionale di filosofia Viaggio a Siracusa), la traduzione tedesca e' stata pubblicata presso l'editore Diaphanes, Berlino 2004; Sulla teoria del soggetto femminile ha pubblicato, oltre a numerosi saggi, il volume Il potere di unire. Femminile, desiderio, cura, Bollati Boringhieri, Torino 2003. E' inoltre co-autrice (con E. Skaerbaek, D. Duhacek, M. Richter) del libro Common Passion, Different Voices. Reflections on Citizenship and Intersubjectivity, Raw Nerve Books, York 2006; e del libro Teaching Subjectivity. Travelling Selves for Feminist Pedagogy, Athena, Utrecht University 2009 (pubblicato nell'ambito delle attivita' del gruppo "Travelling Concepts", afferente al network europeo di Gender Studies "Athena"). Le sue ricerche vertono di recente sulle trasformazioni dell'identita' e del legame sociale in eta' globale. Su questi temi ha curato (con Dimitri D'Andrea) il volume collettivo Filosofie della globalizzazione, Ets, Pisa 2001; e (con Mariapaola Fimiani e Vanna Gessa Kurotschka) il volume Umano post-umano. Potere, sapere, etica nell'eta' globale, Editori Riuniti, Roma 2004. Il suo ultimo e recente libro: La cura del mondo. Paura e responsabilita' in eta' globale, Bollati Boringhieri, Torino 2009, ha ricevuto il I Premio di Filosofia "Viaggio a Siracusa", e' inoltre prevista la traduzione inglese presso l'editore Springer. E' membro del Comitato di consulenza della rivista "Iride" (Il Mulino) e del Comitato scientifico della rivista "Iris" (Florence University Press); fa parte del Comitato scientifico di varie riviste tra cui "La societa' degli individui" (Angeli), "Quaderno di comunicazione" (Meltemi), "Politica & societa'" (Carocci). E' stata membro, per l'Universita' di Firenze, del progetto europeo "Athena" (European Thematic Network Project for Women's Studies Athena) diretto da Rosi Braidotti (Universita' di Utrecht). Ha fatto parte (per due mandati consecutivi) della Giunta direttiva della Societa' Italiana di Filosofia Politica (Sifp)]

 

Le donne sono sempre riuscite a trasformare l'8 marzo in un appuntamento non formale. Ma quest'anno, piu' che mai, c'e' bisogno di riempire di contenuti questa data simbolica; e proseguire con la mobilitazione che ha dato vita alle grandi manifestazioni del 13 febbraio.

Mobilitazione a tutto campo, non solo nelle piazze, ma nei singoli e quotidiani spazi in cui ognuna di noi opera, cercando di difendere le proprie conquiste, la propria dignita', la propria capacita' di pensare e di criticare.

Dobbiamo reagire alla forbice di violenza che ci colpisce: da un lato la violenza arcaica, quella sui nostri corpi, stuprati, violentati, uccisi, come ci raccontano ogni giorno pagine di cronaca nera; e quella sulla nostra psiche, come testimoniano i sempre piu' frequenti episodi di stalking che trasformano in un incubo persino l'amore.

Dall'altro la violenza sulle nostre anime, sulla nostra identita', ridotta a fantoccio vuoto degli squallidi desideri di potenti senza dignita', a preda mercificata di pulsioni miserevoli.

C'e' bisogno di riflettere piu' a fondo su questo secondo tipo di violenza, sulla inedita complicita' delle donne (di alcune donne) pronte a tutto pur di apparire e di diventare protagoniste della societa' dello spettacolo... E indubbiamente bisogna farlo per capire, distinguere, cogliere le trasformazioni profonde di una societa' alla deriva...

Ma ora c'e' bisogno anche di esserci senza esitazioni, di "apparire insieme" direbbe Hannah Arendt, tutte insieme, senza divisioni ne' cavilli, per gridare al mondo che ci siamo, siamo qui, in tante, con l'orgoglio di essere donne che pensano, decidono, progettano, amano.

 

7. RIFLESSIONE. MARILENA SPRIANO: QUESTO OTTO MARZO

[Ringraziamo Marilena Spriano (per contatti: marilena.spriano at fastwebnet.it) per questo intervento.

Marilena Spriano, persona di volonta' buona e di retto sentire, amica della nonviolenza, in un suo intervento di alcuni mesi fa su questo stesso foglio cosi' si era descritta con infinita modestia e dolcezza: "Vi posso brevemente dire che credo nella nonviolenza come unica strada per risolvere i conflitti ed affrontare i problemi e credo nella nonviolenza come cammino indicato da Cristo a coloro che accettano di seguirlo perche' pensano che solo Lui possa dare un senso alla loro vita. Non sono in grado (per carattere, cultura, capacita' personali) di indicare strade o dare consigli a chi mi sta intorno. Ammiro molto chi ha il coraggio di alzare la voce e fare denunce contro le ingiustizie, ma faccio molta fatica a seguirli. In questo momento sono soprattutto una mamma e una moglie, con un po' di problemi da affrontare ogni giorno (come tutti, ma un  po' di piu' che in altri periodi della mia vita) e non ho ne' il tempo ne' l'energia per riflessioni teoriche. Il mio piccolissimo contributo alla nonviolenza si limita a cercare di far vivere il piu' serenamente possibile le persone che mi stanno intorno ed educare i miei tre figli al rispetto del prossimo"]

 

Sono profondamente grata del fatto di essere donna, e di esserlo in un contesto tutto sommato poco discriminante. Non sono stata venduta a mio marito, posso lavorare, le mie figlie vanno a scuola e probabilmente verra' valorizzata la loro intelligenza e potranno mettere a frutto le loro capacita'. So molto bene che essere donna significa lavorare, faticare, soffrire mediamente piu' degli uomini. Credo che una vita senza fatica, senza impegno, senza sentirsi utili mi piacerebbe molto meno della vita che ho adesso. Spendo le energie che ho soprattutto in famiglia, col marito malato e tre figli non ancora grandi, una casa, un lavoro, tre anziani che contano su di me, cercando di far stare il meglio possibile le persone che ho intorno. Vedo colleghe e amiche con molto tempo libero da dedicare a se stesse e proprio non le capisco. Vedo altre donne, parenti o amiche, con situazioni analoghe alla mia, o piu' impegnative. Vedo tutto il loro sforzo di sostenere al meglio le persone che hanno intorno, il loro farsene carico in quanto donne e penso che il bello di essere donna e' questo nostro naturale ruolo d'amore, questo sforzo di aiutare altri a crescere, ad andare avanti, ad affrontare la sofferenza, per rendere loro la vita un pochino piu' dolce.

 

8. EDITORIALE. PEPPE SINI: CONTRO GUERRA, RAZZISMO E DITTATURE

 

Che fare contro guerra, razzismo e dittature?

Nel rispondere cerchiamo di essere chiari, e semplici.

1. Sostenere ovunque i movimenti nonviolenti in lotta contro la violenza.

2. In particolare e soprattutto e decisivamente sostenere i movimenti delle donne in lotta contro la violenza.

3. Accogliere ed assistere tutti gli esseri umani in fuga da dittature, guerre, fame.

4. Opposizione integrale alla guerra, agli eserciti, alle armi.

5. Vi e' una sola umanita', in un unico pianeta casa comune di tutte le persone umane.

6. La nonviolenza sei tu che fai la scelta giusta, che dici la parola vera, che compi l'azione buona: l'azione che salva le vite.

 

9. DOCUMENTI. UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CONTRO L'ACQUISTO DA PARTE DELL'ITALIA DI 131 CACCIABOMBARDIERI F-35

[Riceviamo e diffondiamo]

 

Al Presidente della Repubblica Italiana

e per opportuna conoscenza: al Presidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera dei Deputati, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Corte Costituzionale, al Presidente della Commissione Europea

*

Signor Presidente,

la richiediamo di un autorevole, urgente intervento - pienamente nell'ambito delle sue prerogative di garante della Costituzione - contro la realizzazione e l'acquisto da parte del governo italiano di 131 cacciabombardieri F-35 predisposti per armamento nucleare.

Tale acquisto di strumenti di morte e' in palese contrasto con l'impegno per la pace, il disarmo, la promozione dei diritti sociali ed umani, l'oculata gestione delle risorse economiche e del bilancio dello stato.

La decisione del governo italiano di sperperare miliardi di euro del pubblico erario per acquistare 131 cacciabombardieri F-35 costituisce un crimine e una follia. Le armi servono a uccidere. La guerra e' nemica dell'umanita'.

Quei miliardi di euro possono e devono essere utilizzati invece per promuovere la vita, i diritti, il benessere dei cittadini.

Tale acquisto di strumenti di morte capaci di armamento nucleare e' in palese contrasto con l'art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana, che esplicitamente "ripudia la guerra", laddove esse armi sono inequivocabilmente armi d'attacco, e capaci di recare armamento nucleare atto a stermini di massa. E' quindi evidente l'incostituzionalita' di questa sciagurata decisione governativa.

Con la presente chiediamo un impegno suo e di tutte le istituzioni democratiche affinche' quella decisione insensata e scellerata sia immediatamente e definitivamente revocata.

Distinti saluti,

*

il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti

Viterbo, 3 marzo 2011

 

10. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "POVERI, NOI" DI MARCO REVELLI

[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa meditazione che estraiamo da una lettera personale scaturita dal ricordo di Gianni Fiorentini, deceduto due giorni fa.

Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.serenoregis.org, www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68.

Marco Revelli, storico e saggista, figlio di Nuto Revelli, e' docente di scienza della politica all'Universita' del Piemonte Orientale. Tra le opere di Marco Revelli: Lavorare in Fiat, Garzanti, Milano 1989; (con Giovanni De Luna), Fascismo/antifascismo, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1995; Le due destre, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La sinistra sociale, Bollati Boringhieri, Torino 1997; Fuori luogo, Bollati Boringhieri, Torino 1999; Oltre il Novecento, Einaudi, Torino 2001; La politica perduta, Einaudi, Torino 2003; (con Fausto Bertinotti e Lidia Menapace), Nonviolenza. Le ragioni del pacifismo, Fazi, Roma 2004; Carta d'identita', Intra Moenia - Carta, Napoli-Roma 2005; Sinistra destra. L'identita' smarrita, Laterza, Roma-Bari 2007; Poveri, noi, Einaudi, Torino 2010. Ha anche curato l'edizione italiana del libro di T. Ohno, Lo spirito Toyota, Einaudi, Torino 1993; un suo importante saggio e' in Pietro Ingrao, Rossana Rossanda, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995]

 

Marco Revelli, Poveri, noi, Einaudi, Torino 2010, pp. 127, euro 10.

*

Sulla base di documenti ufficiali della Commissione d'indagine sulla esclusione sociale (Cies, da lui presieduta dal 2006 al 2010), l'autore descrive l'impoverimento anzitutto morale del Paese, che genera risentimento, rancore, incrudelimento, drammaticamente raccontati all'inizio del libro: il pogrom dei poveri contro i rom, a Ponticelli.

L'Italia non e' come la narra la retorica del benessere. La forbice e' alta: nel 2009 sono state immatricolate 200.000 auto da oltre 100.000 euro l'una, mentre 8 milioni di italiani sono in poverta' relativa (la "soglia di poverta'" era nel 2008 sui 1.000 euro di spesa media mensile per una coppia di due persone) e 3,5 milioni sono in poverta' assoluta (incapacita' di uno standard minimamente accettabile; pp. 29 e 30). Avere un lavoro non garantisce piu' dalla caduta in poverta': nella Europa dei 27 quasi 9 lavoratori su 100 sono a grave rischio di poverta', in Italia quasi il 10% con punte del 18,8% tra i precari (p. 46). "14 milioni di italiani guadagnano meno di 1.300 euro mensili e piu' di 7 milioni non raggiungono i 1.000 euro" (p. 65).

In Italia circa l'8% del Pil (pari a 120 miliardi di euro) si e' trasferito dai salari ai profitti: significa, secondo le categorie, da cinquemila a settemila euro in meno nelle buste paga. Questa sconfitta incide sulla coscienza del lavoro, sulla sua capacita' di memoria e di racconto, di essere "soggetto" nella societa' e nella politica. Il leghismo tribale e localista  ne ha preso il posto: "La ferocia del lavoro senza la speranza dell'emancipazione. La forza inerte della 'cosa' che assume a se' la persona'"  (pp. 52-58). In Italia, tra il '95 e il 2005, i salari sono cresciuti del 4,8%, i profitti del 15,5% per tutte le imprese, del 63,5% per le "grandi imprese", fino quasi al 90% per un campione selezionato (p. 60). La produttivita' non e' aumentata soprattutto a causa di uno "sciopero del capitale", scarsamente disponibile all'investimento innovativo.

*

La botte e la clessidra

Un tempo il profilo dei redditi aveva forma di botte: piu' numerosi i redditi medi, meno numerosi i redditi piu' alti e i piu' bassi. Ora ha forma di clessidra asimmetrica: un piccolo serbatoio dei redditi piu' alti e una vasta base di quelli piu' bassi, e meno numerosi i redditi medi (p. 96). Il 10% in alto si accaparra quasi la meta' della ricchezza nazionale, mentre il 50% arriva a malapena a spartirsi il 10% (p. 110). Questi fatti materiali intossicano l'anima del Paese.

L'invidia sociale (tema approfondito nella sua nuova gravita', fino alle "retoriche del disumano", da p. 113) oggi non e' contro il privilegio, che e' tollerato e ammirato, ma e' trasversale, e' rottura della solidarieta' e sfogo contro chi sta peggio: il lavavetri, l'immigrato. Il risentimento non provoca la violenza degli anni di piombo, ma la microviolenza verso gli ultimi e quella che si ritorce su se stessi, di fronte al fallimento.

Questo degrado nasce dal blocco della ridistribuzione sociale, che funziono' abbastanza tra il 1945 e il 1975. Non si tratta di perseguitare i ricchi, ma di ridistribuire. Oggi nessun partito mette in programma un reddito minimo garantito di sopravvivenza per i piu' poveri. Nell'Europa dei 27, solo Grecia e Ungheria, con l'Italia, mancano di questa garanzia sociale.

I giovani, "massacrati" sul mercato del lavoro, sono troppo buoni: non ci chiedono il conto di questa societa' bloccata, che noi lasciamo peggiore di quella ricevuta dai nostri padri. La famiglia e' spinta a chiudersi su se stessa, attorno a chi ha un lavoro, necessario egoismo di gruppo, riparo dalla tempesta dell'insicurezza. Il 30% delle famiglie non puo' sopportare una spesa straordinaria di 750 euro senza avvitarsi nei prestiti rischiosi. E' vulnerabile anche il ceto medio, borghese, delle professioni, tradizionalmente garantito, non abituato alle difficolta' e a ricorrere all'assistenza istituzionale. Il male sottile dell'indebitamento, per le piu' varie cause (benche' minore in Italia che nel resto d'Europa), si e' diffuso man mano che nell'antropologia contemporanea la figura del "cittadino lavoratore" e' stata sostituita da quella del "cittadino consumatore" (p. 83). I mutui per la casa sono cresciuti di sei volte in un decennio, ma i crediti al consumo di dodici volte. Sotto la pressione del consumismo, un'intera generazione di lavoratori "non sa gestirsi il salario". Soprattutto i giovani con un lavoro stabile sono vittime di questo doping sociale per acquistare beni e servizi voluttuari. Anche questa e' poverta', materiale e mentale.

La Caritas di Torino descrive le "figure grigie", i "nuovi poveri", persone prima ben collocate, messe fuori da aziende in crisi, ora a rischio di tutto: perdere la casa, non poter mantenere i figli.

I redditi dichiarati dai lavoratori autonomi sono ridicolmente inferiori ai salari dei lavoratori dipendenti. Solo 149.000 contribuenti dichiarano piu' di 150.000 euro, pero' ci sono oltre un milione di auto di valore superiore a 50.000 euro, 94.000 barche sopra i 10 metri e 500.000 sotto i 10 metri. Ma e' vero che molti piccoli commercianti sono spinti sulla soglia della poverta' dall'invadenza della grande distribuzione. E tanti piccoli imprenditori (il 47% delle imprese ha meno di 3 addetti), creati dalle esternalizzazioni post-fordiste, sommano i rischi dell'indipendenza a quelli del lavoro dipendente.

Intanto, si e' formata una nuova categoria, il "lavoro autonomo di seconda generazione", le "partite Iva", che rifuggono dal "lavoro normato", operano con conoscenze, navigazione in rete, e sono anch'essi figure fragili, nonostante l'apparente prestigio: la loro remunerazione risulta la meta' di quella dichiarata dagli autonomi di prima generazione; non hanno alcuna indennita' ne' ammortizzatori sociali. La destra ne fa modelli di iperliberismo, senza dar loro protezione sociale; la sinistra, sbagliando, li considera solo un passaggio verso la collocazione stabile (che avviene solo per il 30-40%). Questa categoria e' la sola che non nutre rancore sociale, si tiene fuori dal terreno politico e sociale, alimenta quell'anti-politica che mina alle radici il sistema politico.

*

Vittime dell'ideologia

Uno studio di Guido Ortona, riferito da Revelli (p. 105), mostra che la riduzione di 10 minuti delle pause a Pomigliano (come si e' fatto poi a Mirafiori) fa risparmiare alla Fiat il costo di una giornata di 100 lavoratori. Il costo annuale di 100 lavoratori cosi' risparmiato e' di tre milioni, ed e' meno di un terzo di quanto hanno ricevuto nel 2009 Marchionne e Montezemolo messi insieme. Se il primo si accontentasse di 9.100 euro al giorno, e il secondo di 10.000, si potrebbe dare lavoro a 100 operai in piu', oppure lasciare la pausa di 40 minuti. Chi sono le "vittime dell'ideologia"?

Gad Lerner ha calcolato che Berlusconi percepisce 126,4 milioni di dividendi Fininvest, che sono 11.490 volte il reddito di un cassintegrato Fiat di Pomigliano. Marchionne ha un compenso di 4.782.000 euro, che e' 435 volte quello di un suo dipendente di Pomigliano. L'egualitarismo e' "demonizzato come una ideologia totalitaria" (dice Lerner). La semplice distribuzione sociale sembra un'idea fuori dalla mente non solo delle elites manageriali, ma anche della massa che subisce queste decisioni. E' statuto imperativo della globalizzazione la divaricazione radicale tra elite e popolo. La fine dell'eguaglianza e' malattia globale, ma in Italia piu' maligna e volgare.

Per famiglie e bambini l'Europa destina in media il 2,1% del Pil (Danimarca 3,7, Francia 2.5); l'Italia, con la sua retorica della famiglia, un misero 1,2%. Nella inoperosita' della politica razionale sui problemi reali, si fa spazio il nemico simbolico, individuato nel migrante, nel rom, nel povero: la sua esclusione ci fa sentire "dentro", al sicuro. Funziona il capro espiatorio, oppure la compassione. I moderni diritti umani universali lasciano il posto a relazioni selettive, al tribalismo. Lo scambio sociale si fa diseguale: chi chiede protezione deve promettere fedelta'. La questione della poverta' non e' solo di economia: e' di democrazia. Poveri, noi, di soldi e di sicurezza, ma assai piu' poveri di civilta' politica.

 

11. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

12. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"

 

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.

Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.

E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

 

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

14. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 484 del 4 marzo 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it