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Coi piedi per terra. 350
- Subject: Coi piedi per terra. 350
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 10 Sep 2010 12:32:17 +0200
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
cammino"
Numero 350 del 10 settembre
2010 In questo numero:
1. Alexander Langer: Quando l'economia uccide... bisogna
cambiare
2. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
1. MAESTRI E COMPAGNI. ALEXANDER LANGER: QUANDO L'ECONOMIA
UCCIDE... BISOGNA CAMBIARE
[Riproponiamo ancora una volta la seguente trascrizione (non rivista
dall'oratore) di una conferenza tenuta da Alexander Langer a Viterbo il 27
gennaio 1995, che gia' ripubblicammo in opuscolo e in rete (e cogliamo
l'occasione per ringraziare ancora una volta di tutto cuore Sandro Ercoli,
all'epoca responsabile della formazione degli obiettori di coscienza in servizio
civile presso la Caritas di Viterbo nonche' principale artefice dei cicli di
incontri per una cultura della pace e della solidarieta' nel cui ambito si
svolse anche quello con Alex).
Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bolzano) nel 1946, e si e'
tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite
iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria
descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi generose di Langer
rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col
titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La
scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto
dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992 esaurito). Dopo la sua scomparsa sono
state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della
convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995,
Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die
Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu'
profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators,
Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander
Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su
"Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005;
Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005; Alexander Langer, Was gut
war Ein Alexander-Langer-ABC; inoltre la Fondazione Langer ha terminato la
catalogazione di una prima raccolta degli scritti e degli interventi (Langer non
fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la
grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa), i materiali
raccolti e ordinati sono consultabili su appuntamento presso la Fondazione.
Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza
mite di Alex Langer, La Meridiana, Molfetta 2000; AA. VV. Una vita piu'
semplice, Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia,
Milano 2005; Fabio Levi, In viaggio con Alex, la vita e gli incontri di
Alexander Langer (1946-1996), Feltrinelli, Milano 2007. Si vedano inoltre almeno
i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di
giugno 2005; l'opuscolo di presentazione della Fondazione Alexander Langer
Stiftung, 2000, 2004; il volume monografico di "Testimonianze" n. 442 dedicato
al decennale della morte di Alex. Inoltre la Casa per la nonviolenza di Verona
ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (esaurito). Videografia su Alexander
Langer: Alexander Langer: 1947-1995: "Macht weiter was gut war", Rai Sender
Bozen, 1997; Alexander Langer. Impronte di un viaggiatore, Rai Regionale
Bolzano, 2000; Dietmar Hoess, Uno di noi, Blue Star Film, 2007. Un indirizzo
utile: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Latemar 3, 9100 Bolzano-Bozen,
tel. e fax: 0471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org]
Vorrei innanzitutto fare un ricordo per tutti significativo: oggi, in tutto
il mondo, si svolge il ricordo dell'Olocausto di Auschwitz e forse molte crisi
di umanita' che oggi stiamo affrontando ci richiamano anche a questo abisso nel
quale non un solo popolo, ma la comunita', la nostra comunita' europea
civilizzata ed industrializzata, e' precipitata. Il ricordo di Auschwitz, in
questi giorni, forse sta proprio a significare, per ognuno di noi, che mai piu'
questo possa accadere.
Una delle grandi difficolta' di oggi e' quella di trovare, non solo buone
ragioni o valide cause in cui impegnarsi, ma anche ragioni perche' questo
impegno abbia un senso, non solo di testimonianza o per mettere a posto la
coscienza. Il punto di partenza e' proprio questo: il riconoscimento di una
reale grande difficolta'.
Ci sono oggi molti fatti scoraggianti e, guardando alle guerre, alla fame,
all'enorme dislivello che aumenta tra ricchi e poveri, una persona potrebbe
scoraggiarsi in anticipo ancor prima di cominciare ad impegnarsi. Ci sono tanti
fatti scoraggianti per chi e', ad esempio, impegnato sui temi ambientali e che,
in particolare, di fronte alla natura di oggi, constata come la velocita' della
distruzione e' talmente superiore ai tempi della ricostruzione: ci sarebbe
voglia di disperare. Pensiamo a quanto tempo ci vuole per far crescere un albero
e in quanto poco tempo si abbatte, a quanto tempo ci e' voluto per formare le
nostre riserve e quanto ci e' voluto perche' i nostri mari si riempissero e come
in molti casi oggi li abbiamo gia' vuotati. Insomma, se si confrontano i tempi
della distruzione e i tempi, viceversa, della manutenzione e della
ricostruzione, ci sarebbe da scoraggiarsi. Credo ci siano poi anche altre
ragioni che ci impongono degli interrogativi, senza peraltro che si possano
trovare a tutti delle risposte soddisfacenti.
Guardiamo per esempio a come e' oggi l'Italia.
L'Italia venti anni fa era considerato il paese piu' politicizzato, il
paese con la piu' alta partecipazione civica e passione politica del mondo, non
nel senso di tifoseria, ma di alta partecipazione, di attivazione civica, di
intensita'. Guardiamo invece a cosa siamo arrivati oggi: da un lato la
degenerazione della politica ad affari, a procacciamento di posti, di vantaggi,
di interessi, e dall'altro, verificatosi negli ultimi mesi, il trionfo della
politica-spettacolo. Io penso che le ragioni del dubbio e anche qualche volta di
un certo sconforto, siano presenti. Tanto piu' se si guarda a quanto sia
difficile poi costruire una alternativa che abbia senso.
Oggi siamo di fronte a numerose ed a notevoli crisi di molti dei grandi
orizzonti, delle grandi ideologie o ideali, di cio' che in qualche modo dava un
senso positivo all'azione, all'impegno, dava insomma motivazioni, sostegno,
speranza e spiegazione al mondo di quel che si faceva e sembrava, per questo,
indicare un indirizzo. Credo che queste crisi attraversino un po' tutti i campi,
perche' mi pare che sia in crisi, allo stesso grado e allo stesso tempo, l'idea
del progresso. Per esempio a me sembra difficile definirsi oggi progressisti
senza autoironia cosi' come sono fortemente in crisi le varie idee di nazione:
guardiamo a che cosa portano oggi i vari nazionalismi. Al tempo stesso sono in
crisi le esperienze sovranazionali: guardiamo la crisi ad esempio delle Nazioni
Unite, la loro impotenza e scarsa credibilita', ma guardiamo anche ad altre
grandi idee, grandi ideali, comprese le religioni, compresa la fede nel
mercato.
Ecco, tutto cio' e' fortemente in crisi.
*
Per ipotizzare una via di ricostruzione bisogna fare uno sforzo per
sgomberare il campo da alcuni idoli. Non parlo di idoli come false divinita', ma
di idoli in senso piu' modesto, come veniva detto dal filosofo illuminato Bacon.
Egli aveva individuato degli idoli che, per comodita', voglio richiamare. Questo
facilitera' l'esposizione non solo rispetto a cio' che puo' fare il potere, il
mercato, il governo, i sindacati o altri, ma anche a quello che tocca ad ognuno
di noi fare: e' molto importante capire a quale ispirazione, orientamento ci
sentiamo impegnati.
Bacon aveva utilizzato questi quattro tipi di idoli: quelli del foro,
quelli del teatro, quelli della tribu' e quelli della caverna.
Quelli del foro erano quelli del mercato.
Io credo che oggi gli idoli del mercato siano ampiamente presenti nell'idea
che il fine supremo della vita sia quello di fare soldi. Questo ci viene quasi
quotidianamente propinato dalla televisione, dai concorsi a premi, dall'idea che
comunque la vita e' una lotteria e che in particolare il primo premio, o
comunque i premi vincenti, siano quelli che portano molti soldi. Tutto sembra
poter essere trasformato in soldi compresi gli organi, la creativita'
intellettuale, ogni surrogato di solidarieta' che puo' essere pagato,
dall'assistenza all'anziano alla maternita', fino all'utero in affitto. Da
questo punto di vista, l'idea dei soldi e della ricchezza come obiettivo
riconosciuto ed unificante e' oggi un po' il primo di questi idoli, e, se non
riusciamo a preparare il terreno in un'altra direzione, assai difficilmente e'
immaginabile anche la costituzione di una alternativa civile.
Il secondo, quello del teatro, mi pare non ci voglia molto a comprenderlo.
Siamo oggi, molto piu' che ai tempi di Bacon, in una societa'
dell'immagine, ed e' una constatazione sufficientemente realistica dire che oggi
sembra che solo cio' che esiste a livello di immagine ha diritto di
cittadinanza. Io credo che oggi, tra i requisiti per un cambiamento per
un'alternativa civile, etica, sociale, una condizione di grande importanza sia
quella di sfuggire alla frenesia e alla sudditanza dell'immagine. Credo, per
esempio, che chi opera in politica ed in altri enti pubblici, sa benissimo che
anche la migliore idea non serve se poi non viene riconosciuta o se piu'
semplicemente viene deformata. La concorrenza sull'immagine e per l'apparire
sulla stampa e sulla televisione fa parte quindi di un certo senso del
mestiere.
Credo pero' che una costruzione di alternativa sia possibile solo da parte
da chi, non solo si sia appunto liberato dall'idolo del foro, cioe' del denaro e
del mercato, ma anche di questo dell'immagine. Altrimenti non c'e' dubbio, e lo
vediamo in questa fase politica, che tutto, tutto verra' sottoposto alla
utilizzabilita' sul piano dell'immagine, della spettacolarita', della finzione,
insomma della non-verita'.
Sostanzialmente quindi, se si vuole lavorare a un cambiamento, occorrono
ambiti, persone, comunita' che in qualche modo incoraggino anche chi sia stanco
della dittatura dell'immagine, cioe' che incoraggino per esempio chi non e'
servo dell'immagine televisiva o della stampa, sia che si tratti di magistrati o
che si tratti di vescovi, sia che si tratti di sportivi o che si tratti di
medici. Sappiamo che nel momento in cui l'esercizio di una funzione, l'esercizio
di una partecipazione civile o di qualunque altra cosa, si svolge sotto il
condizionamento dell'idolo del teatro e della sceneggiata, allora e' pressoche'
impossibile la reale partecipazione e il peso della gente, e la stessa verita'
in tanti ancora sara' assente.
Il terzo tipo di idolo di cui parlava Bacon, riferendosi a tempi un po'
diversi, e' quello della tribu', cioe' quello dell'appartenere alla
tribu'.
Se io oggi uso questa immagine mi riferisco fortemente ad una intesa di
spirito quasi tribale, etnico, nazionalistico, e, comunque vogliamo chiamarla,
una ipervalutazione del noi: noi che abbiamo lo stesso colore di pelle, noi che
apparteniamo alla stessa nazione, noi che tifiamo la stessa squadra, noi che
pratichiamo la stessa religione.
In questo smodato ed esagerato bisogno di bandiere vi sono bandiere di
identificazione e di compattazione, vi sono bandiere contro qualcuno, bandiere
che dovrebbero obbligare chi non vuole stare in un campo a scegliere e a
delimitarsi, e quindi anche a contrapporsi a qualcun altro. Io credo che oggi
anche la ripresa della crisi di ideali internazionalisti o sovranazionali,
comunque di affratellamento dei popoli, porta ad una forte emergenza di idoli
della tribu' e mi pare che sia una delle cose che impediscono la costruzione di
alternative piu' pacifiche e piu' civili.
Il quarto di questi idoli che voglio citare, abusando di Bacon, e' quello
della caverna.
Bacon diceva che l'uomo, la specie umana, non ha una conoscenza piena delle
cose. Egli ha una conoscenza velata che deriva dal nostro essere finiti e
limitati. Bacon diceva che l'uomo e' come se stesse in una caverna e vede
passare alle sue spalle le cose delle quali in realta' vede solo l'ombra, e
quindi e' vittima in un certo senso di questa illusione ottica, di questa sua
ridotta percezione.
Tra le illusioni ottiche della caverna di cui siamo oggi particolarmente
vittime e particolarmente esposti, c'e' una illusione di onnipotenza. In questo
senso oggi il "diventerete come Dio" e' piu' forte che in ogni altro tempo che
l'umanita' abbia mai vissuto. Si pensi che oggi appunto non solo si teorizza, ma
si pratica, la stessa costruzione artificiale di vita, della natura ed in
generale delle fonti energetiche, dell'equilibrio termico o di qualunque cosa.
Si pensa che attraverso una artificializzazione della natura, della vita, del
pianeta intero, si riesca, con fughe in avanti, a risolvere i problemi ed a
puntare su una ulteriore crescita, un'ulteriore arbitraria soddisfazione di
presunti bisogni.
Questo e' il quarto dei grandi idoli che rendono appunto difficile oggi il
cambiamento. Qualcuno lo ha chiamato "il faustismo", richiamando l'idea di poter
fare tutto, facendo anche il patto con il diavolo, fino alla ri-creazione
dell'uomo secondo i propri desideri.
Io penso che per costruire un mondo oggi piu' sostenibile, termine con il
quale intendo molte cose, bisogna prima riuscire ad affrancarsi da questi idoli
e la cosa non e' facilissima perche' tutto tenderebbe a spingere nella direzione
opposta.
*
Cosa potrebbe voler dire un mondo piu' sostenibile? Oggi si parla, anche
nei documenti dell'Onu, di sviluppo piu' sostenibile, e, al di la' del nome
tecnologico, una lettura realistica potrebbe voler dire "continuiamo come prima,
ma cerchiamo di moderarci un po'". Pero', al di la' di questa lettura, e'
importante capire che la nostra civilta', cosi' come appare, non e' compatibile
con la natura perche', se continuassimo solo con questa produzione di rifiuti,
non ci basterebbe il pianeta che abbiamo. La stessa cosa si potrebbe dire per
l'energia e per tutti gli altri campi.
Tutto questo, accanto ai molti paradossi della vita economica, della vita
sociale, della vita ecologica, credo che ci obblighi ad un cambiamento di rotta.
Io cerco di individuare solo alcune strade possibili, non un affresco di come
potrebbe essere il nuovo mondo, perche' mi pare che non si possa avere un
affresco del genere. Ci sono pero' alcune cose che si possono gia' dire.
Una e' la forte rivalutazione e rivitalizzazione delle comunita'
locali.
Io credo che oggi una delle vie del risanamento passa attraverso la
rivitalizzazione ed il rafforzamento delle radici, anche delle pluralita' delle
radici. Quando dico radici non parlo di realta' biologica, ma, sostanzialmente,
di cio' che ci permette di sentirci a casa, di cio' che ci permette di sentirci
parte di generazioni, di storia, di tradizione, di cultura, anche di prospettiva
di senso. Credo che oggi ci sia un forte bisogno di rafforzare le radici e,
siccome su questo bisogno si specula con tante forme di integralismo, la
comunita' locale deve essere la ragionevole alternativa su cui coltivare le
radici senza abusi ideologici.
Coltivare le radici vuol dire fare quello che noi tanto ammiriamo nei
cosiddetti popoli indigeni, che vivono da custodi della terra in cui stanno. Da
questo punto di vista oggi qualunque politica si proponga un'alternativa deve
fortemente rivalutare la dimensione locale, che portera' poi a rivalutare la
dimensione del vicinato, delle vicinanze, del radicamento, per restituirgli un
senso.
Radicamento non vuol dire che uno deve concentrarsi egoisticamente sul
proprio territorio o che sara' obbligato a vivere sempre nello stesso posto,
anche perche' in ogni caso la nostra civilta' obblighera' sempre piu' persone ad
andare via, ad emigrare, per necessita', per poter migliorare la propria vita e
per altro ancora. Pero' se oggi non si riscoprono le radici, ho paura che si e'
molto piu' esposti a qualunque soluzione totalitaria, a qualunque inganno
televisivo, agli idoli sopra esposti.
Serve quindi la rivalutazione della comunita' locale dove comunita' non
vuol dire solo unita' amministrativa, non vuol dire solo un quadratino sulla
carta geografica, ma vuol indicare qualcosa che e' cresciuto, che poi si
modifica ma che ha dei legami.
Penso invece che la frase ormai molto usata, del "pensare globalmente ed
agire localmente", e' fondamentale, ed oggi nessuno puo' fingere di non sapere
che qualsiasi scelta facciamo a livello locale ha delle ripercussioni globali
molto forti: i prodotti che compriamo cominciano ad essere quelli che
rifiutiamo, quelli che versiamo nel rigagnolo sotto casa hanno delle conseguenze
anche altrove, il motore acceso della macchina ha conseguenze anche globali, i
sacchetti di plastica hanno conseguenze anche altrove, eccetera. Il fatto che
utilizziamo dei detersivi piu' rispettosi dell'aria e dell'acqua ha conseguenze
globali. Anche delle piccole scelte quali l'andare in bicicletta e non in
macchina hanno conseguenze un po' su tutto e non solo sui nostri polmoni.
Un altro settore importante di rigenerazione e' l'assoluta necessita' di
agire per una politica, per una cultura e una amministrazione per la convivenza
tra diversi. Non esistono piu', e se mai esistevano, non esisteranno piu'
soprattutto nelle citta', ma anche nelle campagne, realta' perfettamente
omogenee dal punto di vista etnico, culturale.
Siamo cioe' in un mondo molto piu' mescolato di quanto magari non ci
piaccia, pero' abbiamo solo due alternative di fondo: o puntare, chiamiamola
pure cosi', sull'epurazione etnica, cioe' creare una forte omogeneita', e questo
significa usare violenza, reprimere, cacciare via, sterminare, ghettizzare;
oppure sviluppare l'arte della convivenza.
Io credo che lo sviluppo dell'arte della convivenza, tra etnie, tra Nord e
Sud, tra noi diversi, tra professioni, tra persone con diverso colore della
pelle, tra lingue, culture, eccetera, e' oggi una delle condizioni fondamentali
per il riequilibrio e per la conservazione della stessa pace. Penso che a questo
proposito sia molto importante dire che la convivenza non e' in contrasto con la
politica del luogo, perche' il luogo e' ospitale anche con chi ha diverso colore
della pelle o parla una lingua diversa se sa rispettosamente inserirsi.
Io credo che al di la' dei grandi disegni che si possono fare, oggi un
punto di svolta verso un'alternativa di ricostruzione, che e' forse possibile,
mi pare che possa sintetizzarsi abbastanza bene intanto con una parola molto
comune che io chiamerei la semplicita'. Credo cioe' che oggi ci sia molto
bisogno di una svolta verso la semplicita', da molti punti di vista. E quando
dico semplicita' non lo dico per negare che il mondo e' complesso, anzi, le
semplificazioni sarebbero pericolosissime.
Non voglio significare l'idea manichea della massima semplificazione di
decidere chi e' il buono e chi e' il cattivo, con la quale le destre del mondo a
volte hanno successo; non dico quindi semplificazione o semplicismo, dico
proprio semplicita', che vuol dire sostanzialmente operare una svolta nei nostri
comportamenti, nelle scelte economiche che facciamo, nelle scelte di come
organizziamo la convivenza. Svolta che a mio giudizio si potrebbe sintetizzare
bene capovolgendo esattamente nel suo contrario il motto dei giochi
olimpici.
Il motto dei giochi olimpici ci spinge al massimo della competizione: "piu'
forte, piu' alto, piu' veloce". Io credo che la svolta verso la semplicita' puo'
facilmente capovolgere questo.
Invece di dire piu' veloce probabilmente abbiamo bisogno oggi di una svolta
verso una maggiore lentezza (lentius).
Invece di dire piu' alto, che e' poi il massimo della competizione, io
credo che possiamo puntare viceversa sul piu' profondo (profundius), cioe' sul
valorizzare piu' le dimensioni della profondita' che significa tante volte
rinunciare alla quantita', alla crescita, guadagnando in qualita'.
E invece di piu' forte oggi possiamo cercare invece il piu' dolce, il piu'
mite (suavius): nei comportamenti collettivi ed individuali invece di puntare
alla prova di forza, al massimo della competizione, si punti, anche in questo
caso, sostanzialmente alla convivenza.
Piu' di duecento anni fa, Kant cercando di capire una regola generale che
potesse illuminare tutti, credenti e non credenti, su che cosa fosse giusto
fare, disse: "noi dobbiamo agire in modo tale che i nostri criteri di
comportamento possano essere anche i criteri di ciascun altro".
Io credo che oggi questa regola ha una comunicazione in piu': oggi dovremmo
dire che, di per se', ogni nostro comportamento, per essere equo, dovrebbe
teoricamente essere moltiplicabile per cinque miliardi, tali siamo gli abitanti
del mondo, e credo che allora molto presto ci accorgeremmo che molti dei nostri
comportamenti non sono eticamente accettabili perche' non sono moltiplicabili
per cinque miliardi.
2. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone
al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti:
e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it
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cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione:
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 350 del 10 settembre
2010
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