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Coi piedi per terra. 347
- Subject: Coi piedi per terra. 347
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 7 Sep 2010 09:51:26 +0200
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
cammino"
Numero 347 del 7 settembre
2010 In questo numero:
1. Alcuni estratti da "Ginocidio" di Daniela Danna (parte
seconda e conclusiva)
2. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
1. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "GINOCIDIO" DI DANIELA DANNA
(PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Nuovamente riproponiamo (ripresi dal sito www.tecalibri.it) i seguenti estratti (scelti
da Angela Razzini) dal libro di Daniela Danna, Ginocidio. La violenza contro le
donne nell'era globale, Eleuthera, Milano 2007.
Daniela Danna (Milano, 1967), ricercatrice, saggista, docente, insegna
presso la Facolta' di Sociologia dell'Universita' degli Studi di Milano. Dal
sito www.danieladanna.it riprendiamo il seguente profilo: "La mia professione e'
quella di ricercatrice presso il Dipartimento di Studi Sociali della facolta' di
Scienze Politiche dell'Universita' degli Studi di Milano, dove tengo un corso di
'Sistemi sociali comparati' e una parte monografica sul concetto di capitalismo
in Marx, Weber e altri autori nel corso di 'Storia del pensiero sociologico'. E'
la facolta' dove mi sono laureata nel 1991, con una tesi di laurea intitolata
'La teoria della transizione demografica di John Caldwell e il caso della
Danimarca', che ho fatto durante un periodo ad Aarhus (la seconda citta' della
Danimarca, anche se non e' molto famosa), nel bel mezzo di un gelido inverno.
Ancora prima di laurearmi comincio a lavorare a 'Babilonia' con Giovanni
Dall'Orto, tenendo le (due) pagine lesbiche, la rubrica di notizie dall'estero,
occupandomi sotto la guida di Giovanni degli aspetti pratici della campagna in
difesa di don Crema, che era minacciato di 'licenziamento' per le sue posizioni
poco vaticane in materia di omosessualita' (teneva una rubrica su 'Babilonia',
che dovette abbandonare) e scrivendo articoli su temi vari. Subito dopo la
laurea parto per Berlino, dove continuo a scrivere per 'Babilonia', insegno
italiano, lavoro in bar e in un ristorante, insomma, mi arrangio a reddito
minimo ma con molto tempo libero. Agli archivi lesbici Spinnboden scopro
l'esistenza di uno scaffale intero di libri che parlano dell'amore tra donne
nella storia, in tedesco, inglese ed altre lingue, e comincio a lavorare a una
sintesi dei materiali per farli conoscere alle italiane. Dopo la fine di questa
ricerca propongo al mio editore un libro sul riconoscimento giuridico e sociale
delle unioni omosessuali. Mondadori accetta, ma poi in un momento di difficolta'
economica non pubblica il lavoro (contemporaneamente fa uscire Praticamente
normali di Andrew Sullivan sullo stesso tema, quindi non sembra essere una
censura sui contenuti). La scoperta di accadimenti fantascientifici, come la
pratica di emettere certificati di nascita con i nomi delle co-madri della
California, o lo sviluppo dei servizi di inseminazione assistita per lesbiche,
mi spinge (per tornare sulla Terra) a intraprendere una ricerca sulla maternita'
delle lesbiche in Italia, realizzando interviste in tutta Italia, grazie
all'aiuto di molte amiche del movimento, in particolare Giovanna Olivieri.
Stanca dell'isolamento (e anche della scarsa considerazione) che la ricerca
'selvatica' ottiene, approdo all'Universita' come dottoranda in sociologia nel
1998, e decido (finalmente! dice il mio palato intellettuale) di cambiare
argomento di ricerca, dedicandomi alle politiche sulla prostituzione. Ora si e'
chiuso anche questo ciclo, sto preparando il mio corso e studiando autori che
occhieggiavano da un po' (magari solo parzialmente letti!) dai miei scaffali:
Wallerstein, Arrighi, Boutang, Tobin, Barrington Moore, Diamond, Delphy e molti
altri". Pubblicazioni di Daniela Danna: dalla medesima fonte riprendiamo la
seguente bibliografia: "a) Pubblicazioni recenti: (a cura di), Prostituzione
evita pubblica in quattro capitali europee, Carocci, Roma 2007; Ginocidio. La
violenza contro le donne nell'era globale, Eleuthera, Milano 2007. b)
Pubblciazioni sulla prostituzione. 1. Saggi: Donne di mondo. Costruzione sociale
e realta' della prostituzione e del suo controllo statale, Eleuthera, 2004;
Cattivi costumi: Le politiche sulla prostituzione nell'Unione Europea negli anni
Novanta, Quaderni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale, Universita'
di Trento, n. 25, 2002; Le politiche sulla prostituzione in Europa negli anni
Novanta. Tesi di dottorato di ricerca in Sociologia e ricerca sociale presso
l'Universita' degli studi di Trento, 2001. 2. Articoli: La prostituzione di
strada nell'Unione Europea: le stime piu' recenti, in "Polis", n. 2, 2000, pp.
301-321; Paradossi della prostituzione, in "Polis", n. 1, 2001, pp. 5-12; La
prostituzione come issue politica: l'abolizionismo della legge italiana e le
proposte di cambiamento, in "Polis", 1, 2001, pp. 55-75; Danish legislation on
prostitution in the context of the policy models in the E. U., in Kvinder, koen
og forskning, n. 3, 2001, pp. 34-47. Lo sfruttamento della prostituzione, in La
criminalita' in Italia, a cura di Marzio Barbagli e Ubaldo Gatti, Il Mulino
2002, pp. 149-158; Le politiche prostituzionali in Europa, in On the road:
Manuale di intervento sociale nella prostituzione di strada, Milano, Franco
Angeli 2003; Italy, the never-ending debate in The Politics of Prostitution:
Women's Movements, Democratic States, and the Globalisation of Sex Commerce, a
cura di Joyce Outshoorn, Cambridge University Press, in corso di pubblicazione.
3. Convegni. Organizzazione della Giornata di studi sulla prostituzione in
Italia dell'Istituto Cattaneo (Bologna, 15.9.2000) e partecipazione con il paper
La prostituzione di strada nell'Unione Europa: le stime piu' recenti; The
position of the prostitutes in E. U. countries law and practice al workshop Ties
that Bind: the Law, Economics and the Labour Market della IV Conferenza europea
di ricerca femminista (Bologna, 28.9-1.10.2000), vedi in
www.women.it/cyberarchive ; Organisations active in the field of prostitution in
a comparative Western European perspective. Prostitution and trafficking as
political issues Joint sessions dell'Ecpr (14-19 aprile 2000Copenaghen), vedi in
www.essex.ac.uk/ecpr/; Models of policies about prostitution in the E. U. member
states. Lezione tenuta al College di Vassar 23 aprile 2001; Danish legislation
in a E. U. perspective. Sex til salg (28 settembre 2001 Copenaghen); Modelli di
regolazione della prostituzione nell'Unione Europea.Rompere il silenzio sulle
nuove schiavitu' della strada (17 maggio 2002 Cremona) in corso di pubblicazione
negli Atti; Street prostitution and public policies in Milan, Italy. Sex work
and public health Conference (18-20 gennaio 2002 Milton Keynes, UK); Trafficking
and prostitution of foreigners in the context of the E. U. countries' policy
about prostitution. Newr Workshop on Trafficking (25-26 aprile 2003 Amsterdam);
Uno sguardo all'Europa. Convegno Nazionale Oltre le terre di mezzo. Ipotesi per
nuove politiche sulla prostituzione (22-23 settembre 2003 San Benedetto del
Tronto). c) Pubblicazioni sul lesbismo: 1. Saggi: Amiche, compagne, amanti.
Storia dell'amore tra donne, Mondadori, Milano 1994 (ristampato nella collana
Oscar, 1996). Pubblicato in edizione integrale e aggiornata da Editrice Uni
Service, 2003; Matrimonio omosessuale, Erre Emme Edizioni, Roma 1997 (poi
Massari Editore, Bolsena); "Io ho una bella figlia..." Le madri lesbiche
raccontano, Zoe Edizioni, Forli', 1998. 2. Articoli: "Bisogna difendere la
famiglia" Suggerimenti per un dibattito sulla destra al governo e le lesbiche:
perche' non ci vogliono bene? Introduzione al dibattito in occasione della
Giornata dell'orgoglio gay e lesbico a Milano, giugno 2002; Pregiudizio e
orgoglio: gli effetti italiani del world pride, Incontro annuale
dell'Associazione Americana di Italianistica, Filadelfia 2001; Cronache recenti
di lesbiche in movimento, in "Quaderni viola", n. 4, 1996, pp. 6-17; Italy, in
Lesbian motherhood in Europe, a cura di Kate Griffin e Lisa A. Mulholland,
London, Cassell 1997, pp. 141-147; Lesbiche in movimento, in Pro/posizioni.
Interventi alla prima universita' gay e lesbica d'estate, a cura di Gigi
Malaroda e Massimo Piccione, Livorno, 24-30 agosto 1997. Universita' gay e
lesbica d'estate, Livorno, 2000, pp. 50-56; The Beauty and the Beast. Lesbian
characters in the turn-of-the-century Italian literature, in Queer Italia:
Same-Sex Desire in Italian Literature & Film, a cura di Gary P. Cestaro,
Palgrave MacMillan, 2004. 3 Convegni: Lesbian mothers in contemporary Italy,
alla sezione "GenDerations" convegno internazionale "Women's Worlds '99"
(Tromsoe 20-26.6.1999), vedi in www.skk.uit.no/WW99 ; Le modele italien: 20 ans
de luttes lesbiennes organisees, in "Espace lesbien. Rencontre et revue d'etudes
lesbiennes", n. 2, 2001 (Actes du colloque europeen d'etudes lesbiennes,
Toulouse 13-16.4.01), pp.179-194, intervento al convegno "La grande dissidence
et le grand effroi. Colloque europeen d'etudes lesbiennes"; Effetti italiani del
World Pride al convegno annuale dell'American Association for Italian Studies
(Filadelfia 19-22.4); Bisogna difendere la famiglia La destra al governo e le
lesbiche. Perche' non ci vogliono bene? Giornata del Pride Glbt (21 giugno 2002
Cdm Milano); Non osava esprimere il suo desiderio: Gertrude Stein anno 1903,
intervento al convegno "Dalle grandi madri alle grandi figlie. Storia della
letteratura lesbica dal Novecento ad oggi", Roma 26-28.6.02, in corso di
pubblicazione negli Atti"]
Societa' senza violenza (p. 23 e sgg.)
"La violenza e' una modalita' dell'interazione umana, e' una possibilita'
sempre presente nell'incontro con l'altro - ed e' molto piu' presente negli
incontri tra estranei laddove il grado di organizzazione sociale e' piu' basso:
le fitte foreste tropicali sono molto piu' pericolose delle strade asfaltate
delle grandi citta'" (Diamond 1998). Eppure esiste una minoranza di societa
prestatuali in cui i rapporti tra uomini e donne non seguono il copione
dell'aggressione maschile contro le femmine: non vi e' alcuna violenza ginocida,
non vi sono maltrattamenti o stupri, ne' fra estranei ne' all'interno della
coppia.
L'antropologo David Levinson (1989) ha esaminato un campione di 90 societa'
descritte negli Human Relations Area Files, trovando che in 15 di esse la
violenza all'interno delle famiglie non esiste. Non vi e' violenza ginocida
sulle mogli, ne' violenza delle mogli sui mariti, la violenza non e' un metodo
educativo per correggere i bambini, ne' gli anziani sono maltrattati.
Queste societa' sono sparse in tutti i continenti, ma hanno alcune
caratteristiche in comune. La prima che Levinson elenca e' il matrimonio
monogamico: la monogamia e' espressione di parita' tra i sessi. L'importanza
della parita' la si trova anche nelle due caratteristiche successive: la prima
e' l'eguaglianza economica tra i sessi, che potremmo chiamare anche il controllo
femminile su una parte equa delle risorse familiari, e la seconda e'
l'eguaglianza tra i sessi nelle pratiche sessuali prematrimoniali e nella
possibilita' di divorziare. E' importante poi che il divorzio esista, come nota
lo stesso Levinson: "Tra i Bororo del Brasile furono i missionari, nel loro zelo
di prevenire il divorzio, a incoraggiare indirettamente la violenza sulle
mogli", perche' se una coppia non andava d'accordo, prima della
cristianizzazione si sarebbe semplicemente separata (Levinson 1989, 64).
Un'altra caratteristica e' invece la bassa frequenza dei divorzi effettivi. Un
altro tratto comune e' che molte altre persone, oltre ai genitori, si occupano
dei bambini: l'allevamento dei figli e' una grossa fonte di stress, e la
possibilita' di suddividere il carico di lavoro per la loro cura tra piu'
persone migliora notevolmente le relazioni familiari.
Tra i fattori individuati vi e' anche la disponibilita' a intervenire da
parte di vicini e parenti che si accorgano di atti di aggressione - una
conseguenza dell'ultimo fattore, che e' la presenza di norme che prediligono una
risoluzione non violenta dei conflitti anche al di fuori della famiglia.
Viceversa, i maltrattamenti dei mariti sulle mogli accadono piu' di
frequente in societa' in cui, nelle parole dello stesso Levinson, "gli uomini
controllano i frutti del lavoro familiare, hanno l'ultima parola nelle decisioni
della famiglia, il divorzio e' piu' difficile per le donne che per gli uomini,
le donne non si uniscono in gruppi di lavoro esclusivamente femminili, il
parentado del marito controlla il diritto a risposarsi della vedova e il
matrimonio poliginico e' permesso" (Levinson 1989, 71).
Questi risultati forniscono prove sia alla teoria della "cultura della
violenza" (il fatto che una forma socialmente approvata di violenza renda piu'
facile esercitarne altre forme), sia alla teoria femminista che sottolinea
l'importanza dell'eguaglianza tra i sessi. In Sanctions and Sanctuary (Counts et
al. 1992) un gruppo di antropologhe, coordinate da Dorothy Ayer Counts, Judith
Brown e Jacquelyn Campbell, descrive altre societa' in cui la violenza contro le
donne non e' presente e le compara con quelle in cui accade con frequenza
diversa.
Un popolo in cui i mariti non picchiano mai le mogli e' quello dei Wape di
Papua-Nuova Guinea (Mitchell 1992). I Wape sono orticoltori che vivono in
montagna nella foresta tropicale, tagliando e bruciando la vegetazione per
seminare sul terreno concimato dalla cenere. La loro vita sociale richiede il
controllo delle emozioni, specialmente di quelle che possono sfociare nella
violenza, come l'aggressivita' e la gelosia - in una curiosa similitudine con i
tratti psico-sociali prevalenti nell'Europa del Nord, in particolare
nell'egualitaria Scandinavia. Il clima sociale in cui la violenza non e' ammessa
e' trasmesso fin dall'infanzia, come scrive William Mitchell: "Acculturare un
antropologo residente o i bambini wape non e' sempre un compito facile, ma il
metodo e' identico. Gli atti aggressivi incontrano disinteresse. Un bambino
piccolo che si arrabbia e' lasciato solo a scalciare e gridare finche' non torna
alla ragione. I bambini e gli antropologi imparano presto che l'aggressivita'
esibita in pubblico e' imbarazzante, e' un'attivita' del tutto priva di
ricompense. Di conseguenza, i Wape limitano l'espressione di emozioni negative
verso gli altri e sono generalmente amichevoli nelle loro attivita' quotidiane
nel villaggio" (Mitchell 1992, 90-91).
Alla valorizzazione dell'interazione pacifica si unisce un altro tratto per
noi estremamente interessante: le differenze di genere, espresse
dall'abbigliamento e dalla divisione del lavoro, non polarizzano i sessi. Nelle
societa' dove la violenza ginocida e' meno diffusa si cerca di minimizzare le
differenze sessuali invece di accentuarle. Tra i Wape i bambini e le bambine
giocano insieme e vengono accuditi da persone di entrambi i sessi; gli uomini e
le donne vivono mescolandosi socialmente, anche durante il periodo mestruale. I
maschi che raggiungono la puberta' vanno si' a dormire nella casa degli scapoli,
ma vedono quotidianamente i parenti e i genitori, e di solito mangiano a casa
con loro. Nella loro vita sociale i Wape non prevedono i sanguinosi riti di
passaggio alla virilita' che in altre parti della Nuova Guinea sono approntati
per purificare i giovani maschi dalle nefaste influenze materne e femminili e
farli diventare dei guerrieri.
Questa interessante tendenza all'indifferenziazione sessuale collegata
all'assenza di violenza contro le donne non la si ritrova pero' in tutte le
societa' libere dal ginocidio. I Gerai, daiacchi che vivono nell'isola di
Kalimantan in Indonesia, classificano rigidamente un individuo nel sesso
maschile o in quello femminile, ma non per la capacita' riproduttiva, quanto per
la divisione del lavoro tra "quelle che conoscono le specie di riso" (donne) e
"quelli che dissodano i campi per piantare il riso" (uomini).
Lo stupro e' inesistente: "L'idea di avere un rapporto sessuale con
qualcuno che non vuole - e cosi' l'idea di costringere qualcuno al sesso - e'
quasi impensabile per il popolo gerai. Gli informatori affermano inoltre che
qualunque azione di tal fatta distruggerebbe l'equilibrio spirituale
dell'individuo e del suo gruppo del riso, portando calamita' all'intero gruppo"
(Helliwell 2000, 192).
L'antropologa Christine Helliwell scrive di non essere stata subito
classificata come donna, dal momento che insieme ai genitali femminili possedeva
molte caratteristiche maschili: l'alta statura, il coraggio nell'attraversare la
giungla per andare da un villaggio all'altro, e soprattutto l'incapacita' di
distinguere le specie di riso. I Gerai credono che i bambini vengano concepiti
grazie all'incontro di fluidi simili ("altrimenti come potrebbero unirsi?"), e
che anche gli uomini in linea di principio possano condurre una gravidanza,
benche' non lo facciano a motivo del fatto che le donne sono molto piu'
brave.
I Wape e i Gerai non sono i soli popoli che ignorano il ginocidio. Sempre
in Nuova Guinea, anche ai Nagovisi rimangono sconosciute e incomprensibili le
violenze coniugali e le aggressioni sessuali: "In generale, la gente non
riusciva proprio a immaginare come potesse avvenire uno stupro: dicevano che la
donna avrebbe gridato e che gli altri sarebbero accorsi per aiutarla" (Nash
1992. 103). Il meccanismo sociale per limitare la violenza e' diverso dalla
prevenzione dei Wape ma egualmente efficace: l'interposizione attiva dei
vicini.
Un'altra caratteristica di questo popolo e' la sua filosofia dell'"azione
circolare": "Per i Nagovisi, l'idea di reciprocita' delle azioni e degli oggetti
materiali impregna il comportamento sociale. Fin dall'infanzia si ha la
consapevolezza che sia il comportamento positivo che quello negativo verranno
ripagati" (Nash 1992, 108).
Un'altra societa' che non pratica il ginocidio di cui si parla estesamente
in Sanctions and Sanctuary e' quella dei Mayotte che vivono nell'arcipelago
delle Comore, tra Madagascar e Tanzania. I Mayotte sono musulmani, ma le
relazioni tra i sessi sono molto diverse dallo stereotipo che l'Occidente
attribuisce a tutto l'islam derivandolo dall'estremismo integralista: "Le donne
non sono segregate dagli uomini in nessun modo particolare e non indossano veli;
oggi hanno parecchia voce in capitolo nella scelta del loro primo partner nel
matrimonio e piena voce in capitolo dopo di cio'; possono far finire un
matrimonio praticamente a piacimento e di frequente agiscono nella sfera
pubblica, politica e cerimoniale" (Lambeck 1992, 159).
Anche qui troviamo una caratteristica estremamente interessante del modo di
vivere le relazioni intime. La gelosia e' un sentimento che non e' socialmente
sostenuto, dal momento che non si concepisce l'unione coniugale come
l'attribuzione all'uno del possesso del corpo dell'altro: "L'autonomia corporea
degli adulti si riflette anche sui costumi sessuali. L'adulterio e' piuttosto
comune; inoltre, se i coniugi feriti rispondono con dolore e rabbia, essi non
possono, nel senso stretto del termine, punirsi l'un l'altro a causa di un
adulterio, dal momento che ne' l'uno ne' l'altra sono sotto il controllo
sessuale altrui. Se un marito si arrabbia per le conquiste sessuali di sua
moglie (ma alcuni uomini sono compiacenti), la sua aggressivita' viene diretta,
in modo piu' appropriato, verso l'amante della moglie" (Lambeck 1992,
165).
L'uomo tradito puo' lasciare la moglie, ridurre la quantita' di aiuti che
le fornisce o lottare contro l'amante, sia fisicamente sia per mezzo della
stregoneria. Invece tra i Mayotte e' socialmente scorretto aggredire fisicamente
la moglie (o il marito nel caso delle donne che vengono tradite), perche' cio'
significherebbe rivendicare un'autorita' su di essa, significherebbe voler
controllare la sessualita' della moglie, come se fosse una propria subordinata.
E sarebbe cosi' scorretto da provocare un grande risentimento sia da parte della
moglie che del suo intero clan.
L'indagine comparativa di questi autori rimane senza pretesa di
definitivita', come essi stessi ammettono, anche per il basso numero di societa'
studiate, scelte con il semplice criterio delle competenze degli antropologi che
hanno accettato di partecipare all'impresa. In totale cinque delle societa' a
confronto presentano un livello alto di violenza contro le mogli (iraniana,
indiana, indo-figina, taiwanese, bun); in cinque il livello e' intermedio
(aborigeni, paesani dell'Ecuador, !Kung, Kaliai e abitanti delle isole
Marshall); mentre tre hanno una bassa frequenza di violenza coniugale (Garifuna,
Nagovisi, Mayotte), con un solo caso privo di violenza (Wape). La prima
conclusione degli autori e' che non esiste un rapporto lineare tra la frequenza
della violenza contro le mogli e lo status femminile generale, status definito
essenzialmente come il controllo del comportamento sessuale premaritale e la
divisione ereditaria della proprieta'. E' importante invece lo status delle
donne all'interno della famiglia per capacita' di guadagno, capacita' di
decisione femminile, presenza o assenza di restrizioni al divorzio. La presenza
di gruppi di lavoro femminili protegge le donne che ne fanno parte. Le
caratteristiche correlate a una maggiore violenza contro le donne sono
l'isolamento delle mogli dal gruppo familiare di origine, la mancanza di
sanzioni e di rifugi contro questo tipo di violenza, la bassa eta' delle mogli,
perche' nel processo di invecchiamento una donna conquista un potere maggiore
sia in famiglia che nella societa'. Si riduce l'abuso sulle mogli anche quando
le sanzioni sono certe, immediate e severe.
Tra tutti i fattori elencati, i rifugi, cioe' le alternative al continuare
la convivenza con un uomo violento, sembrano essere quello piu' importante,
insieme alla solidarieta' femminile che si concretizza nell'intervento di altre
donne in immediato soccorso della donna maltrattata. La presenza di parenti
vicini (residenza uxorilocale) in particolare garantisce protezione a una
moglie: al contrario, se e' la moglie a dover andare a vivere presso la famiglia
allargata del marito (residenza virilocale), si trovera' tra estranei che piu'
difficilmente le presteranno soccorso. La protezione del vicinato in casi di
violenza infatti mancava quasi del tutto nel villaggio iraniano, dove la
condizione femminile era indubbiamente la peggiore: "La gente non voleva
intervenire, e alcune donne consigliavano pazienza: le donne devono sopportare e
rassegnarsi" (Hegland 1992, 207). Una donna maltrattata avrebbe potuto trovare
rifugio solo presso il padre, che pero' non avrebbe avuto il diritto di
rimproverare il marito per la violenza, contemplata nell'autorita' che questi
esercita sulla moglie. Alle donne schiacciate da questo sistema, si richiede
inoltre di accettarlo e di provare amore per i propri oppressori: "Gli uomini
iraniani picchiavano le loro mogli e sorelle quando le donne sfidavano il
sistema gerarchico autoritario. Se le mogli disobbedivano al marito o se gli
rispondevano, se non eseguivano immediatamente e con allegria il lavoro che
veniva loro richiesto, se non erano abbastanza sottomesse e bendisposte verso i
parenti di lui, venivano punite. Il comportamento corretto non era sufficiente,
era dovuto ai superiori anche un sentimento corretto" (Hegland 1992,
208).
2. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone
al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti:
e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione:
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 347 del 7 settembre
2010
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