Coi piedi per terra. 342



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 342 del 2 settembre 2010
 
In questo numero:
1. Peppe Sini: Sakineh, o dell'umanita'
2. Annamaria Rivera: Il cavaliere e il colonnello
3. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
 
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: SAKINEH, O DELL'UMANITA'
 
Sakineh Mohammadi Ashtiani e' una donna iraniana condannata a morte.
Il processo che ha portato alla condanna sembra gravemente viziato da profonde irregolarita'. E' stata gia' sottoposta a trattamenti inumani. Vi e' motivo di ritenere che sia vittima di una grave persecuzione perche' donna in una societa' e sotto un regime totalitario ferocemente maschilisti e patriarcali.
Infine: nulla autorizza l'uccisione di un essere umano.
E' in corso una vasta mobilitazione internazionale sia della societa' civile che delle istituzioni per salvare la vita di Sakineh.
A questa mobilitazione per salvare una vita ogni persona di retto sentire e di volonta' buona si associa.
Per le stesse ragioni per cui ci opponiamo alla guerra, per le stesse ragioni per cui ci opponiamo al razzismo, per le stesse ragioni per cui ci opponiamo a tutte le uccisioni e a tutte le persecuzioni: perche' vi e' una sola umanita', e a tutti gli esseri umani devono essere riconosciuti tutti i diritti umani, in primo luogo il diritto a non essere uccisi - senza del quale nessun altro diritto sussiste.
 
2. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: IL CAVALIERE E IL COLONNELLO

[Ringraziamo Annamaria Rivera (per contatti: annamariarivera at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente articolo apparso col titolo redazionale "Un orrido impasto di affari, dominio maschile, schiavismo" sul quotidiano "Liberazione" del primo settembre 2010.

Annamaria Rivera, antropologa, vive a Roma e insegna etnologia all'Universita' di Bari. Fortemente impegnata nella difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, ha sempre cercato di coniugare lo studio e la ricerca con l'impegno sociale e politico. Attiva nei movimenti femminista, antirazzista e per la pace, si occupa, anche professionalmente, di temi attinenti. Al centro della sua ricerca, infatti, sono l'analisi delle molteplici forme di razzismo, l'indagine sui nodi e i problemi della societa' pluriculturale, la ricerca di modelli, strategie e pratiche di concittadinanza e convivenza fra eguali e diversi. Fra le opere di Annamaria Rivera piu' recenti: (con Gallissot e Kilani), L'imbroglio etnico, in quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001; (a cura di), L'inquietudine dell'Islam, Dedalo, Bari 2002; Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista in Italia, DeriveApprodi, Roma 2003; La guerra dei simboli. Veli postcoloniali e retoriche sull'alterita', Dedalo, Bari 2005; Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo, Dedalo, Bari 2009]

 

L’ultima visita ufficiale in Italia del colonnello Gheddafi e' stata, ancora una volta, il trionfo della societa' dello spettacolo in versione orientalista: le amazzoni, i cavalli berberi, le tende beduine, l’harem mercenario, il Corano offerto come cadeau in luogo delle farfalline d’argento (o d’oro, non sappiamo) che il Cavaliere e' solito donare alle ospiti di Villa Certosa. A ben guardare, e' il medesimo spettacolo kitsch che sovente ci viene offerto dall’ex venditore di spazzole (elettriche) che ha fatto fortuna, ma, appunto, decorato con un po’ di paccottiglia orientaleggiante.

Il Colonnello conosce bene i suoi polli, sa bene che nel regno di Papi puo' permettersi di gigioneggiare e provocare. Di sicuro intuisce che nel basso impero che lo ha accolto trionfalmente per la quarta volta e' ben radicata, e considerata con indulgenza da buona parte dell’opinione pubblica, la protervia maschilista: la stessa che lo ha spinto ad assoldare come comparse del suo show donne che il sistema politico-mediatico berlusconiano ha assuefatto al mercimonio di se'. Sa bene, Gheddafi, che le espressioni d’indignazione o addirittura di disprezzo neocoloniale (il “Rais”, il “Satrapo”, lo hanno definito) che egli suscita nell’establishment politico - variamente motivate, quasi tutte incoerenti e ipocrite - sono il piccolo prezzo da pagare al riconoscimento politico, ad affari lucrosi, all’indennizzo cospicuo per “le sofferenze arrecate al popolo libico a seguito della colonizzazione italiana”: cosi' recita il Trattato di amicizia, cooperazione e partenariato, che ha concluso il percorso iniziato dai protocolli sottoscritti a Tripoli nel 2007 dal ministro Amato col sostegno politico di D’Alema, allora ministro degli esteri.

Il corollario di tanta fervida amicizia - perfino servile, cosi' da indurre il Cavaliere a baciare la mano del Colonnello come fosse il Papa - sono, come e' noto, i pattugliamenti congiunti delle coste, i sistemi di controllo delle frontiere terrestri libiche (affidati a imprese italiane), i respingimenti collettivi di migranti e profughi, i cadaveri abbandonati nel deserto, le violenze e le torture inflitte ai migranti rinchiusi nelle prigioni e nei centri di detenzione.

E qui il cerchio si chiude. Infatti, a pensarci bene, non e' cosi' paradossale quel che sembra tale. Lo scenario orientalista ostentato in un paese afflitto da islamofobia e arabofobia e' una stranezza solo apparente. Nel paese in cui si assaltano moschee, si aggrediscono donne velate e si insulta l’Islam (Santanche', sottosegretario), si propone il Maiale Day in spregio ai musulmani (Calderoli, ministro), si auspica una nuova Lepanto contro gli infedeli ("La Padania"), in un tale paese ci possono stare pure quattro inviti ufficiali al rappresentante della Repubblica Araba di Libia il quale regala il Corano a fanciulle prezzolate e le invita alla conversione. Purche' la sostanza sia salva: il business, il profitto, il dominio maschile, l’acquisto della forza-lavoro al prezzo piu' basso, ergo la selezione dei migranti e la loro de-umanizzazione, nonche' l’uso propagandistico del tema immigrazione.

Intatta resta anche la sostanza neocoloniale dell’operazione. Il Trattato di amicizia e i quattro ricevimenti solenni di colui cui si e' attribuito il ruolo di cane da guardia delle sacre frontiere marittime italiane non scalfiscono lo spirito di una societa', quella italiana, che mai ha fatto i conti collettivamente col proprio passato coloniale, mai ne ha riconosciuto e rinnegato gli orrori; una societa' che oggi continua a nascondere la polvere della xenofobia e del razzismo quotidiani sotto il tappeto del mito degli "italiani, brava gente". Chi oggi bacia la mano a Gheddafi e' lo stesso che nel 2004 presiedeva il governo che patrocino' un’indecente mostra fotografica sull’Epopea degli Ascari Eritrei: ospitata nel Vittoriano, la mostra celebrava il contributo delle truppe “indigene” collaborazioniste alla conquista coloniale del Corno d’Africa. Per dirne un’altra, il film Il leone del deserto, sulla resistenza contro il colonialismo italiano in Libia, mai fino a oggi e' entrato nel circuito ufficiale delle sale cinematografiche italiane: messo al bando nel 1982 - secondo Andreotti, allora capo del governo, infangava l’onore dell'esercito -, perseguito per vilipendio delle forze armate, solo dopo la visita italiana di Gheddafi nel 2009 fu proposto per la prima volta da una rete televisiva. Quanto al Leone del deserto, Omar al-Mukhtar, martire della resistenza anticoloniale ed eroe nazionale, temiamo si stia rivoltando nella tomba: in fondo, quelli che ora omaggiano il Colonnello sono, per lo meno sul piano culturale, i degni eredi di coloro che misero a morte al-Mukhtar dopo un processo sommario. E comunque al Leone del deserto non sarebbe piaciuto, immaginiamo, che il riconoscimento della dignita' del suo paese costasse la scia di cadaveri che si allunga dal deserto libico fino alle porte della Metropoli.

 
3. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
 
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it
 
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Numero 342 del 2 settembre 2010
 
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