Telegrammi. 296



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 296 del 28 agosto 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. Contro la guerra e contro il razzismo
2. Maria G. Di Rienzo: La politica dei calci
3. Giuliano Pontara: La globalizzazione della violenza e la violenza della globalizzazione (1997)
4. Si e' svolto il 26 agosto un incontro di riflessione a Viterbo
5. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
6. "Azione nonviolenta"
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
 
1. EDITORIALE. CONTRO LA GUERRA E CONTRO IL RAZZISMO
 
Contro la guerra e contro il razzismo.
Per l'umanita'.
*
Si dimetta il governo della guerra illegale e stragista.
Si dimetta il governo del colpo di stato razzista.
Si dimetta il governo violatore della legalita' costituzionale.
Si dimetta il governo criminale.
*
Insorga il popolo italiano affinche' l'Italia torni alla legalita' e alla democrazia.
Insorga il popolo italiano per il rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Insorga il popolo italiano per la pace che salva le vite.
Con la forza della verita'. Con la scelta della nonviolenza.
 

2. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: LA POLITICA DEI CALCI

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250]

 

Vivere in un ambiente tossico, inquinato, devastato, non giova com'e' ovvio ne' alla salute del corpo ne' alla salute della mente (distinguo i piani per comodita', ma lo stare bene di un essere vivente e' in sostanza l'armonia dell'interazione fra essi). L'Italia di oggi e' in senso metaforico e reale una gigantesca discarica di rifiuti nocivi: sono tossiche le relazioni sociali e quelle fra i generi, sono estremamente tossici i media e le loro “notizie”. In poche parole, non solo siamo ammalati, ma non stiamo facendo nulla per guarire: continuiamo ad accatastare spazzatura mortale nelle nostre esistenze, sperando di cavarci un guadagno, di distruggere chi ci infastidisce o ci contraddice, di scalare la montagna di immondizia nel mentre la rendiamo sempre piu' alta.

Ogni volta che persone che hanno un considerevole potere di manovra economico e/o politico scaricano le loro tonnellate di nocivita' nella vita sociale del nostro paese, io mi pongo la stessa trita domanda: “Sanno quel che fanno? Sono consci delle conseguenze?”. E' questione vieta, ma non da poco per chi desidera contrastare questo stato di cose. Se il mio oppositore e' crudele, spietato ed egoista ma intelligente, riconoscera' almeno se nella sua azione c'e' qualcosa che danneggia anche lui (e vi saranno maggiori probabilita' che la sua azione cambi), ma se il mio oppositore oltre ad essere crudele eccetera e' un idiota cerchera' semplicemente di andare avanti sino alla rovina sua e mia.

Quest'ultimo e' il caso, temo, della questione Fiat/operai reintegrati di questi giorni. Un'azienda che ha non poco peso nella storia d'Italia, che ha sempre usufruito di consistenti appoggi e aiuti in sede politica, che deve al lavoro degli italiani l'essere quel che e', ha detto esplicitamente a quegli stessi italiani che per essa la legge e' un optional. La Confindustria ha aggiunto che se pure la Fiat viola la legge, fa bene. Con la metafora vuota e vecchia del “velocissimo treno della globalizzazione” pensano di giustificare il porsi al di sopra dei comuni esseri umani, quelli che non possiedono nient'altro che il proprio lavoro. Se gli operai non vogliono prendere questo espresso della cancellazione dei diritti e dei contratti, della loro dignita', della loro stessa umanita', il capotreno li butta giu' dal vagone a calci. Sa quel che fa? Direi di no. Se la legge non vale per la Fiat, simbolicamente non vale per nessun altro. Il corpus legislativo e' la concretizzazione di un patto fra membri di una comunita', il patto che garantisce il nostro stare insieme: possiamo trovare delle leggi non piu' rispondenti ai criteri del vivere bene insieme, del vivere insieme rispettandoci, del vivere insieme senza violenza, e allora dobbiamo fare del nostro meglio per cambiarle o sostituirle con altre. Dire invece “Me ne frego, per me le regole non valgono, faccio quel che mi pare”, e dirlo da una posizione di altissima visibilita' e autorita', manda ai livelli sottostanti (nella scala gerarchica del dominio) il messaggio diretto di essere pienamente autorizzati a fare altrettanto. Non e' da oggi che l'Italia lo riceve, intendiamoci. Sono circa quindici anni, pero', che esso e' diventato il motivo portante della scena politica: governi composti da malfattori, pregiudicati, rei confessi, condannati, che si assolvono, si prescrivono, invitano ad evadere le tasse, emanano leggi a proprio uso e consumo, distruggono l'economia, flirtano con la mafia, devastano il territorio e non c'e' legge al mondo che possa fermarli. Quando ne trovano una la cancellano, o cercano di cancellare la magistratura che la applica. Se non ti va bene, ti prendi un calcio in quel posto e vai giu' dal treno, rotoli ai margini. Perche' qualcuno dovrebbe desiderare un destino del genere? Se anche lui, o lei, trova qualche altro essere umano da prendere a calci, da buttar fuori, da umiliare, da truffare, non solo risponde positivamente alla richiesta implicita nel messaggio inviato dalle autorita' economiche e politiche del suo paese, ma sale di un gradino nella scalata alla spazzatura. Se ci mette impegno, se la sua “lealta'” si spinge ad atti ancora piu' riprovevoli, se e' affidabile e procuratore di piacere per lo scagnozzo che sta sopra di lui, puo' andare piu' in alto. Da ballerina di cubo da discoteca a parlamentare, da piccolo trafficante ad imprenditore con appalti statali: non e' fantastico?

Questa e' la “globalizzazione” di cui parlano, l'impunita' generalizzata ed il premio sociale per chiunque sia abbastanza violento e stupido da credere che prendendo a calci il patto che ci tiene insieme non si distrugga anche la comunita' in cui esso si e' dato. E allora, cosa devono fare per esempio i mariti che hanno problemi con le mogli? Somministrare loro un certo ammontare di pedate in faccia (l'ex campione della pallanuoto ora imprenditore e gestore di piscine, 26 agosto 2010), meglio ancora quando hanno un neonato in braccio. Presi con le mani nel sacco, si parlera' di “banale litigio” e di “presunto atto violento” anche se ovviamente non e' la prima volta che la donna deve andare in ospedale dopo aver banalmente bisticciato con tale squisito marito. E cosa devono fare i bambini per suscitare nei “grandi” ammirazione e compiacimento? A dieci-undici anni prendere a calci un venditore ambulante straniero e' la scelta migliore (spiaggia di Civitanova Marche, 26 agosto 2010). Si provano le dinamiche di branco: in cinque si circonda la sdraio, si insulta il “ladro bengalese”, gli si sferrano pedate alla schiena. I genitori ridono. Evidentemente erano felici di vedere quanto bene i loro figlioletti hanno recepito il messaggio della scalata alla montagna di immondizia. Gli anni volano, domani potranno stuprare in gruppo la compagna alle medie, dopodomani scambiarsi coltellate con una banda rivale, e poi chissa'? Un posto da top manager? Un seggio alla Camera?

Se la comunita' esistera' ancora, beninteso, perche' il cumulo di immondizia che cresce con questa “globalizzazione alla velocita' della luce” che ci singolarizza, ci estrania, ci induce a credere di essere soli al mondo e di essere titolati a compiere qualsiasi infamia a nostro favore, sta per franarci addosso. Quando non c'e' legge per nessuno e non ci sono diritti per nessuno le istituzioni crollano, l'economia collassa, e la societa' umana diventa una riserva di caccia in cui ognuno di noi e' semplicemente preda e/o ostacolo per gli altri. Compresi quei bulletti dei vostri figli, signori che avete riso, compresi gli aderenti a Confindustria, i gestori di piscine, i politici, le escort, e quant'altre categorie vi vengano in mente. Ve lo chiedo ancora: Sapete quel che fate?

 

3. TESTI. GIULIANO PONTARA: LA GLOBALIZZAZIONE DELLA VIOLENZA E LA VIOLENZA DELLA GLOBALIZZAZIONE (1997)

[Riproponiamo ancora una volta il testo della prolusione di Giuliano Pontara al V corso internazionale dell'Unip-Iupip, Rovereto, 22 settembre 1997, che abbiamo estratto da "Azione nonviolenta" di ottobre 1997 (disponibile anche nel sito www.nonviolenti.org).
Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia' apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999 (che comprende circa cento titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La nonviolenza e' in cammino", abbiamo successivamente riprodotto nel n. 121 di "Voci e volti della nonviolenza"]Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia' apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999 (che comprende circa cento titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La nonviolenza e' in cammino", abbiamo successivamente riprodotto nel n. 121 di "Voci e volti della nonviolenza"]
 
Il nostro secolo e' cominciato con un processo di rapida globalizzazione della violenza che e' sfociato in due guerre mondiali e l'invenzione e costruzione in massa di armi termonucleari con le quali e' possibile obliterare l'intero genere umano; si sta chiudendo con un processo di rapida globalizzazione violenta.
La globalizzazione comporta l'integrazione in un unico mercato mondiale dei flussi internazionali del commercio, del capitale, della finanza e dell'informazione. Questo processo di globalizzazione avviene in nome del nuovo paradigma neoliberista - l'ideologia che dalla caduta dei sistemi comunisti e' uscita enormemente rafforzata. Di ideologia infatti si tratta, perche' non e' mica da credere che il mercato mondiale sia libero; al contrario, esso e controllato da circa 750 onnicomprensive corporazioni multinazionali e da potentissime forze finanziarie, e risente pesantemente delle politiche interventiste del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Queste due istituzioni sono il braccio lungo dei potenti interessi economici che "regolano il processo di accumulazione del capitale a livello globale". Da esse emanano gli imperativi delle privatizzazioni, della deregolamentazione dei mercati globali, dei movimenti di capitale, e degli aggiustamenti strutturali - imperativi oggi accettati dalla stragrande maggioranza dei governi, quale che sia la loro composizione politica.
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In conseguenza di questi imperativi, ed in particolar modo dei processi di deregolamentazione, i flussi finanziari hanno raggiunto proporzioni incredibili: ogni ventiquattro ore, oltre mille miliardi di dollari si spostano in cerca di profitti massimi su un mercato finanziario globale che non conosce frontiere. Le forze che agiscono su questo mercato finanziario globale sono potentissime: esse sono in grado di condizionare pesantemente le politiche finanziarie degli stati, anche dei piu' forti, limitando il loro potere di determinazione dei tassi di interesse e dei tassi di cambio. Per farsi un'idea del potere di queste forze si pensi che nel 1994 il totale delle vendite di ciascuna delle tre maggiori multinazionali del mondo - nell'ordine, la General Motors, la Ford e la Toyota - superava il Prodotto interno lordo [in sigla: Pil] di molti paesi, inclusi Danimarca, Africa del Sud, Norvegia, Polonia, Portogallo, Venezuela, Pakistan, Egitto e molti altri. Il totale delle vendite delle cinque maggiori multinazionali - General Motors, Ford, Toyota, Exxon e Royal Dutch / Shell - fu, nel 1994, 871 miliardi di dollari: vale a dire piu' del triplo del Pil di tutti i paesi dell'Africa sub-sahariana presi assieme (246 miliardi di dollari) e quasi il doppio del Pil aggregato di tutti i Paesi dell'Asia del Sud (451 miliardi).
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La globalizzazione nell'ambito del nuovo paradigma neoliberista e' strettamente correlata con un acuirsi delle disuguaglianze e della poverta', sia a livello globale, sia a livelli regionali e nazionali.
Infatti, dal 1960 in poi la disuguaglianza economica globale non ha fatto che aumentare e, come denunciato nel Rapporto sullo sviluppo umano per il 1997 (pubblicato dall'Undp), ha raggiunto oggi "una soglia mai sperimentata in passato". I dati che corroborano questo giudizio sono moltissimi. Ne indico subito alcuni a solo titolo di esempio: altri verranno fuori man mano che procedo nel mio discorso.
- Dal 1960 al 1990 i paesi poveri con una popolazione complessiva pari al 20% della popolazione mondiale hanno registrato un calo nella loro parte del commercio mondiale da un gia' basso 4% ad un misero 1%. Parallelamente, nello stesso trentennio, il 20% piu' ricco della popolazione mondiale ha visto la propria quota del reddito globale salire dal 70 all'85%, mentre la quota del reddito globale del 20% piu' povero della popolazione mondiale ha subito una caduta da un gia' misero 2,3% ad un miserrimo 1,4%. Cio' significa che dal 1960 ad oggi la proporzione del reddito del 20% piu' ricco rispetto al reddito del 20% piu' povero della popolazione mondiale non ha fatto che aumentare: da 30 a 1 nel 1960, a 61 ad 1 nel 1991, per giungere alla proporzione di 78 a 1 nel 1994.
- Negli ultimi quindici anni lo sviluppo economico nel mondo si e' verificato in modo estremamente disuguale. In 15 paesi esso e stato molto forte ed ha portato ad un rapido aumento di reddito per vari settori del miliardo e mezzo di persone che costituiscono la popolazione complessiva di questi paesi. Ma nello stesso quindicennio stagnazione o recessione economica hanno colpito piu' di cento paesi di cui fanno parte vari stati dell'Europa orientale ex comunista e gran parte dei paesi in via di sviluppo. Non a caso si tratta spesso di paesi con un grande debito estero e quindi sottoposti in modo molto duro al "programma di aggiustamenti strutturali" imposto dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. In questi cento paesi, che complessivamente hanno un quarto della popolazione mondiale, il reddito medio e' caduto al di sotto di quello che era nel 1980.
Nel frattempo, il numero delle persone piu' ricche del mondo - i miliardari del dollaro - e' salito da 157 nel 1989 a 358 nel 1996. L'anno scorso, questi 358 miliardari avevano assieme un reddito netto pari al reddito complessivo del 45% piu' povero della popolazione mondiale, costituito da 2 miliardi e mezzo di persone. Nel giro dell'ultimo anno il numero di miliardari e' ulteriormente aumentato di 89, giungendo a 447: la ricchezza netta dei dieci piu' ricchi di questo gruppo e' stata stimata a 133 miliardi di dollari, cifra che supera di una volta e mezzo il reddito complessivo di tutti i paesi meno avanzati.
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Forte aumento di disuguaglianza economica si registra anche a livelli regionali. Qui i dati piu' drammatici riguardano i paesi ex comunisti dell'Europa dell'Est e dell'ex Unione Sovietica - le cosiddette "economie in transizione". In questa regione del mondo dall'89 in poi le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi sono cresciute vertiginosamente: e - e' importante notarlo - questo aumento di disuguaglianza coincide in tutti i paesi di questa regione con un aumento di ricchezza per una classe di nuovi ricchi e un drammatico aumento di poverta' per strati molto vasti di popolazione.
Posta una soglia di poverta' di reddito pari a 4 dollari al giorno, in tutti i paesi dell'Est ex comunista si e' registrata una fortissima crescita della percentuale di popolazione al di sotto di questa soglia; dal 4% del 1988 al 32% del 1994, ossia da 14 milioni di individui a 119 milioni. All'interno di questa enorme massa di poveri, i piu' colpiti, quelli la cui poverta' di reddito e' molto al di sotto dei 4 dollari giornalieri, sono le donne, i bambini e gli anziani.
Va aggiunto che l'introduzione dell'economia di mercato in chiave neoliberista e la politica degli "aggiustamenti strutturali" hanno portato in tutti questi paesi a grossi ridimensionamenti della spesa pubblica per i servizi sociali e alla drastica diminuzione dei sussidi familiari: tutto cio', assieme alla grande disoccupazione, ha condotto ad un aumento di malnutrizione e sottonutrizione, specie tra i bambini, e ad un aumento di malattie, morti, suicidi e criminalita'. In Russia, la speranza di vita per i maschi, che tra il 1950-'60 era salita da 58 a 63 anni, e' oggi caduta di nuovo a 58 anni, ed e' piu' bassa di quella dell'India.
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Anche nei paesi industrializzati, la deregolamentazione finanziaria, lo smantellamento del settore pubblico, le privatizzazioni e gli altri "aggiustamenti strutturali" segnano la fine del welfare state e sono dovunque accompagnati da un forte aumento di disuguaglianza e poverta'; tutti questi fattori, assieme alla rivoluzione informatica, stanno anche rimodellando il mercato del lavoro con un conseguente forte aumento di disoccupazione che colpisce soprattutto i giovani, le donne, gli immigrati e le minoranze etniche. Anche i salari reali sono stati tagliati, introducendo lavori part-time ed occupazioni temporanee, insicure e malpagate. A causa di questa nuova poverta', dell'incertezza per il posto di lavoro, dell'emarginazione sociale cui la disoccupazione di lungo periodo conduce, milioni di persone stanno fisicamente e psichicamente male: ma le parcelle dei medici cui si rivolgono vanno ad ingrossare il Pil e incidono positivamente sull'indice di crescita economica!
Superficiale e' la tesi che la nuova poverta' nei paesi industrializzati sia in gran parte dovuta ad una debole crescita economica. E falsa e' la tesi che la crescita economica comporti necessariamente un miglioramento per tutti ed in modo particolare per gli strati piu' poveri. Dipende piuttosto dai modelli di crescita e dalle politiche distributive adottate. A questo proposito e' assai istruttivo un paragone tra Inghilterra e Svezia. Nel ventennio che va dal 1968 al 1988, in tutti e due questi paesi il Pil reale pro capite aumenta del 2,2%. In Inghilterra, pero', il reddito pro capite del 20% piu' povero della popolazione in questo periodo aumenta soltanto dello 0,3%, mentre in Svezia, invece, aumenta del 6%. Ma in Svezia in questo periodo la socialdemocrazia e' impegnata nella "politica solidale dei salari", mentre in Inghilterra fiorisce e si consolida il tatcherismo. Quasi nello stesso periodo (1971-1989), il Costarica, con un tasso di crescita del Pil pro capite inferiore a quello inglese (meno dell'1%), vede pero' il reddito pro capite del 20% piu' povero della sua popolazione crescere del 5%. In Norvegia, invece, nonostante una crescita economica del 3,4%, recenti dati mostrano che per il settore piu' povero della popolazione la situazione economica e sociale sta peggiorando.
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La globalizzazione dell'economia nell'ambito del nuovo paradigma neoliberista e' fondata sullo sfruttamento ed e' intrisa di violenza strutturale. Esiste sfruttamento quando si traggono iniquamente vantaggi da altri; esiste violenza strutturale quando la gente muore di fame o conduce una vita grama a causa dei meccanismi e della logica delle strutture economiche, sociali, politiche dominanti.
Si consideri, ad esempio, la sovvenzione delle esportazioni agricole ed i sussidi concessi all'agricoltura negli Stati Uniti e in Europa che dominano il mercato globale dei prodotti agricoli. Questa politica di sovvenzioni crea una concorrenza iniqua per i paesi poveri e in via di sviluppo i quali si vedono esclusi dai grandi mercati agricoli dei paesi ricchi. Nel 1995 i paesi industrializzati hanno speso un totale di 182 miliardi di dollari in sussidi e sovvenzioni alla propria agricoltura. E' stato calcolato che una riduzione del 30% delle sovvenzioni dei paesi industrializzati alla propria agricoltura comporterebbe un guadagno per i paesi in via di sviluppo di 45 miliardi di dollari all'anno.
Lo sfruttamento e la violenza strutturale insiti nella logica della globalizzazione in chiave neoliberista si colgono forse meglio di tutto nel sistema globale dei prestiti agli stati in via di sviluppo e dell'incasso degli interessi da parte dei grandi creditori del Nord. Il debito estero totale di tutti i paesi in via di sviluppo - tra cui vengono fatti rientrare anche la Russia e gli altri paesi ex comunisti - e' giunto oggi alla cifra astronomica di due bilioni di dollari.
I tassi di interesse imposti ai paesi piu' poveri sui prestiti loro concessi dal grande capitale internazionale sono stati, per tutti gli anni Ottanta, il quadruplo degli interessi sui prestiti concessi ai paesi ricchi. In conseguenza di questa politica da usurai, il debito estero di molti paesi poveri e' diventato un circolo vizioso che li dissangua e li rende preda delle condizioni poste dai grandi creditori del Nord e delle politiche neoliberiste di "aggiutamento strutturale" da essi imposte. Un esempio particolare ne sono i paesi dell'Africa sub-sahariana: questi paesi hanno tutti assieme un debito estero di 150 miliardi di dollari, per il quale continuano a pagare ai grandi creditori del Nord una somma superiore di quattro volte a quella che congiuntamente impiegano nel settore sociale per la tutela della salute delle loro popolazioni. Secondo calcoli dell'Unicef, con una spesa addizionale di 9 miliardi di dollari all'anno si potrebbe far fronte ai bisogni essenziali di tutta la popolazione dei paesi sub-sahariani nei settori della nutrizione e dell'istruzione: ma gli interessi sul debito estero costano a questi paesi 13 miliardi di dollari all'anno.
In molti dei paesi indebitati soltanto una piccola parte dei crediti ottenuti viene investita in progetti favorevoli alla crescita economica nazionale; notevole parte e' invece spesa nell'importazione di beni di consumo dai paesi industrializzati per una minoritaria classe agiata di consumatori locali e nell'acquisto di armi; armi poi usate in guerre civili e conflitti armati interni che aumentano maggiormente la poverta' tra le popolazioni colpite. Dalla Somalia al Peru', dal Rwanda alla ex Yugoslavia, alla base dei conflitti violenti, delle guerre civili, dei massacri etnici, dello sfascio della societa' civile, vi e' il tracollo delle economie locali travolte dal debito estero e dalle politiche destabilizzanti imposte dai grandi creditori del Nord. E su questi conflitti i mercanti - legali e illegali - di armi fanno affari d'oro.
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Il grande mercato delle armi - che come ogni mercato ha le sue lobby, e la sua pubblicita', e le sue grandi fiere internazionali, e le sue tangenti - e' oggi dominato al 51% dagli Stati Uniti, che nel 1995 hanno venduto armi per quasi 10 miliardi di dollari (9 miliardi 894 milioni). Segue, a distanza, la Russia che nel 1995 rispondeva del 13% delle esportazioni mondiali (3.905 miliardi); ma e' di questi giorni la notizia che la Russia prevede nuove esportazioni di armi per circa 7 miliardi di dollari. Al terzo posto nei paesi esportatori di armi si colloca la Germania la quale con l'8% delle esportazioni globali supera l'Inghilterra che risponde del 6% e la Francia che risponde del 5%. L'Italia, nel 1995, ha venduto armi per 324 milioni di dollari equivalenti al 2% delle esportazioni globali. Assieme, i paesi industrializzati rispondono del 94% delle esportazioni di armi nel mondo.
Una delle conseguenze di questo enorme mercato di armi - e una delle dimensioni della globalizzazione della violenza - e' che in una settantina di paesi martoriati da conflitti violenti si trovano oggi sparse piu' di cento milioni di mine anti-uomo: ogni venti minuti un essere umano inciampa in una di esse e viene ucciso o invalidizzato, e le altre sono li' in attesa di uccidere, storpiare, invalidizzare altre decina di migliaia di persone, molte di esse oggi non ancora nate. Sino ad oggi il numero delle mine non ha fatto che crescere; ogni anno ne vengono disinnescate centomila, ma ne vengono piazzate due milioni di nuove. E abbiamo tutti letto in questi giorni come il presidente Clinton si e' rifiutato di apporre la sua firma al patto anti mine approvato alla conferenza di Oslo da cento paesi.
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La globalizzazione nel contesto del nuovo paradigma neoliberista ha dunque i suoi vincitori e i suoi vinti - ma in un processo ed in una gara che sono iniqui, perche' sono dominati dallo strapotere delle forze congiunte del grande capitale e della grande finanza internazionale (Club di Parigi, Club di Londra) alleati con i gruppi piu' potenti dei paesi piu' ricchi e piu' forti (i G 7).
Quale che sia il principio della giustizia con cui la si giudica, l'attuale distribuzione delle risorse mondiali risulta profondamente ingiusta. Risulta ingiusta in base al principio utilitarista che prescrive la massimizzazione del benessere generale: questo principio richiede, infatti, una ridistribuzione molto ugualitaria delle risorse, in base alla legge di diminuzione dell'utilita' marginale di esse: in parole povere, sottraendo parte della loro ricchezza ai ricchi e ridistribuendola ai poveri si diminuisce di poco il benessere dei ricchi ma si aumenta di molto quello dei poveri, e conseguentemente il benessere generale risulta massimizzato. Parimenti, l'attuale distribuzione mondiale delle risorse e' incompatibile con i principi in cui si articola la concezione liberale della giustizia. Questi principi - come formulati dal filosofo americano John Rawls, il maggiore esponente odierno della concezione liberale della giustizia - richiedono l'affermazione dei diritti e delle liberta' democratiche fondamentali a livello mondiale; richiedono altresi' una ridistribuzione delle risorse economiche tale da massimizzare le aspettative di vita decente delle popolazioni piu' povere del pianeta. Si consideri anche la concezione libertaria della giustizia - di cui uno dei piu' noti fautori e' il filosofo americano Robert Nozick: questa concezione insiste sui diritti fondamentali alla vita, alla salute, alla liberta'; inoltre, essa fa valere un diritto pressoche' assoluto di proprieta' su cio' di cui si e' entrati in possesso, a patto che non si siano violati i diritti fondamentali di altri. Vale a dire a patto che non si sia usata frode, violenza o coercizione. Ma l'attuale distribuzione delle risorse a livello mondiale e' in gran parte proprio il risultato di politiche colonialiste e neocolonialiste di conquista, sfruttamento, violenza, coercizione e frode: e' dunque ingiusta. E la dottrina libertaria della giustizia esige che tali ingiustizie siano rettificate - appunto attraverso una ridistribuzione delle risorse mondiali a favore delle vittime o dei discendenti piu' poveri, piu' deboli e piu' indifesi di esse.
Nel mondo d'oggi i piu' deboli e i piu' vulnerabili sono il miliardo e 300 milioni di esseri umani che vivono in condizioni di poverta' assoluta, con meno dell'equivalente di un dollaro al giorno - seguiti da quell'altro miliardo e 700 milioni che si trova in condizioni di grande poverta'.
Ai grandi attori del mercato, alle grosse multinazionali, al capitale e alla finanza internazionale, questi tre miliardi di esseri umani senza alcuna capacita' di acquisto non interessano, neanche come riserva di forza lavoro a costi minimi; al Mercato basta quell'altra meta' della popolazione mondiale, ed in particolare quel 15% di essa che ha i mezzi economici per consumare quei beni sempre piu' di lusso verso cui la produzione nell'economia capitalista globale e' sempre piu' indirizzata.
Se poi, in seguito all'introduzione dell'economia di mercato in Cina, 250 milioni di cinesi - meno di un quarto della popolazione di quel paese - si arricchiscono e diventano efficaci consumatori, le "magnifiche sorti e progressive" del Mercato sono piu' che assicurate. Mezza umanita' basta - una parte minore di essa come grande mostro consumatore, e una parte maggiore di essa come grande serbatoio di forza lavoro a basso costo. L'altra meta' puo' morire nella miseria: e cosi, infatti, e' - per usare il titolo di un validissimo libro di Susan George - "come muore l'altra meta del mondo" ("How the Other Half Dies").
L'alternativa al processo di globalizzazione violenta in corso e' costituita dalle politiche di sviluppo umano sostenibile, pace positiva e uguaglianza reale di opportunita'. La realizzazione di queste politiche - che sono interdipendenti e si rinforzano tra di loro - comporta una strenua lotta contro gli enormi interessi finanziari che oggi governano il mondo: la lotta e' globale, e' essenzialmente dal basso e passa necessariamente attraverso l'empowerment dei poveri della terra. A questa lotta stanno dando un fondamentale apporto decine di migliaia di organizzazioni popolari non governative e di movimenti sociali di promozione umana impegnati per l'implementazione dei diritti umani fondamentali, per le economie alternative, per il disarmo globale, per la protezione dell'ambiente e gli interessi vitali delle generazioni future... E' nell'ambito di questo sistema - diverso da quello interstatale e veramente internazionale - che si elabora e verifica la nuova cultura della pace per il ventunesimo secolo.
Ed e' in questo ambito che opera l'Unip, impegnata per la diffusione a livello locale, nazionale e globale della nuova cultura della pace, e per la formazione a quei ruoli attivi di diplomazia popolare e di lotta nonviolenta dal basso essenziali per bloccare la violenza della globalizzazione e la globalizzazione della violenza.
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Bibliografia
- Undp, Rapporti sullo sviluppo umano, 1996 e 1997.
- Aiken,W., La Folette, H. (a cura di), World Hunger and Moral Obligation, Prentice Hall, Englewood Cliffs, N. J. 1977.
- Chossudosky, M., The Globalization of Poverty, Third World Network, Penang, Malaysia, 1997.
- Dalla Costa, M., Dalla Costa, G. (a cura di), Donne e politiche del debito, Franco Angeli, Milano 1993.
- Fondazione Internazionale Lelio Basso (a cura di), Violazioni dei diritti dei bambini, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995.
- Gandhi, M. K., Teoria e pratica della nonviolenza, a cura di G. Pontara, Einaudi, Torino 1996.
- George, S., How the Other Half Dies.
- George, S., Il debito del Terzo Mondo, Edizioni Lavoro, Roma 1988.
- Nozick, R., Anarchy, State and Utopia, Basil Blackwell, Oxford 1974, tr. it. Anarchia, stato e utopia, Le Monnier, Firenze 1980.
- Pontara, G., Etica e generazioni future, Laterza, Roma-Bari 1995.
- Pontara, G., Il pensiero etico-politico di Gandhi, in Gandhi, M. K, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1996, pp. IX-CXXXII.
- Pontara, G., La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996.
- Rawls, J., A theory of Justice, Harvard University Press, Cambridge, Mass. 1971, tr. it. Una teoria della giustizia, Feltrinelli, Milano 1982.
- Sath-Anand, C., Islam e nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino.
- Sharoni, S., La logica della pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1997.
 
4. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 26 AGOSTO UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO
 
Giovedi' 26 agosto 2010 a Viterbo, presso la sede del "Centro di ricerca per la pace", si e' svolto un nuovo incontro di riflessione e organizzazione nell'ambito di un percorso di formazione e iniziativa nonviolenta.
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Parte della riunione e' stata dedicata all'organizzazione dei prossimi svolgimenti di un'iniziativa gia' avviata, finalizzata a promuovere il diritto allo studio.
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Gran parte dell'incontro e' stata poi dedicata alla prosecuzione del lavoro organizzativo e di verifica a supporto della realizzazione dell'inchiesta giornalistica in corso sul tema "La nonviolenza oggi in Italia"; inchiesta che si viene svolgendo in forma di "autoanalisi popolare" attraverso un'ampia serie di interviste a varie persone significative e rappresentative dell'impegno nonviolento nel nostro paese (interviste che vengono via via pubblicate sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" e che sono consultabili in rete dalla pagina web http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ ).
 
5. APPELLI. IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento.

Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato.

Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235.

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Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 
6. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- Adolfo Bioy Casares, L'invenzione di Morel, Bompiani, Milano 1966, 1974, pp. 152.
- Adolfo Bioy Casares, La invencion de Morel. El gran Serafin, Catedra, Madrid 1991, pp. 352.
 
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
9. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 296 del 28 agosto 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
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