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Coi piedi per terra. 336
- Subject: Coi piedi per terra. 336
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 27 Aug 2010 13:12:04 +0200
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
cammino"
Numero 336 del 27 agosto
2010 In questo numero:
1. Giuliano Pontara: L'escalation della barbarie. Un estratto dal primo
capitolo de "L'antibarbarie"
2. Giuliano Pontara: Il mondo come teatro delle forze costruttive. Un
estratto dall'ultimo capitolo de "L'antibarbarie"
3. Giuliano Pontara: Una via difficile. Le parole conclusive de
"L'antibarbarie"
4. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
1. TESTI. GIULIANO PONTARA: L'ESCALATION DELLA BARBARIE. UN ESTRATTO DAL
PRIMO CAPITOLO DE "L'ANTIBARBARIE"
[Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp. 23-29
(sono le pagine iniziali del primo capitolo del libro: "Della barbarie",
capitolo in relazione al quale in una nota Pontara scrive "Ho presentato una
versione parziale e ridotta di questo capitolo in una delle riunioni del ciclo
di seminari sulla pace e la guerra organizzati presso l'Universita' di Cagliari
nel novembre-dicembre del 2004. Il testo presentato in quell'occasione e' stato
pubblicato, insieme ai testi presentati dagli altri relatori, nel volume La pace
e la guerra. Guerra giusta e filosofia della pace, a cura di A. Loche,
Cooperativa Universitaria Editrice Cagliaritana, Cagliari 2005").
Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello
internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia'
apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto
cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e'
nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla
eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia
dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni
all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal
1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a
contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova,
Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International
University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita'
Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a
Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato coordinatore del Comitato scientifico
della stessa e direttore dei corsi. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la
collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E'
membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale
qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla
violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in
Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di
Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di Barcellona 1996).
Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica
pratica e teorica, metaetica e filosofia politica. E' stato uno dei primi
ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del
pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e
svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese.
Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett
stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di
posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors
Forlag, Staffanstorp 1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine
giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal
of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e
giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della
democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr.
spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in
Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson,
Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or
International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury,
Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia
pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica
nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future,
Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona
1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre,
disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario
per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il
Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione
etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle voci
Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in
Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche
Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence,
Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de
France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una
vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi,
nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero
etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli
scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999 (che comprende circa cento
titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La nonviolenza e' in cammino", abbiamo
successivamente riprodotto nel n. 121 di "Voci e volti della
nonviolenza"]Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a
livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica
gia' apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto
cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e'
nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla
eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia
dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni
all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal
1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a
contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova,
Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International
University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita'
Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a
Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato coordinatore del Comitato scientifico
della stessa e direttore dei corsi. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la
collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E'
membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale
qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla
violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in
Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di
Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di Barcellona 1996).
Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica
pratica e teorica, metaetica e filosofia politica. E' stato uno dei primi
ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del
pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e
svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese.
Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett
stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di
posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors
Forlag, Staffanstorp 1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine
giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal
of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e
giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della
democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr.
spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in
Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson,
Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or
International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury,
Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia
pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica
nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future,
Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona
1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre,
disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario
per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il
Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione
etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle voci
Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in
Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche
Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence,
Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de
France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una
vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi,
nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero
etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli
scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999 (che comprende circa cento
titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La nonviolenza e' in cammino", abbiamo
successivamente riprodotto nel n. 121 di "Voci e volti della nonviolenza".
Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo
pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza
come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione
sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a
Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud
Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli
immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in
India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la
liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali
affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise
proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed
egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e'
tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non
va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed
alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua
riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un
organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre
che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere
contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in
continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo
Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e'
Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della
verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col
titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta,
Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento
Nonviolento (traduzione del fondamentale libro di Gandhi: Hind Swaraj; ora
disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi spiego i mali della civilta'
moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza,
Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South
Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile
raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita';
da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio
pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato
l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi
ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della
drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati
pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in
"Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in
proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile,
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le
biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato
lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh
Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi, Feltrinelli.
Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio
Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni
Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori);
Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis
Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante
testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la
bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali
esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri
particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto,
William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica
Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto
Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e'
quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu'
recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero
nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark
Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore
politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'.
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio
Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di
terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino
2006] 1.1. L'escalation della barbarie
Il XX secolo e' stato profondamente segnato dall'acuirsi di due processi
strettamente congiunti: l'escalation della brutalizzazione e la globalizzazione
della violenza. Agli inizi del XXI secolo non vi sono segni di arresto e
inversione.
Tutti e due questi processi vengono da lontano: dai massacri imperialisti e
razzisti perpetrati dagli spagnoli e dai portoghesi in America Latina e da altri
europei nell'America del Nord; da quelli perpetrati dagli inglesi, dai francesi,
dai belgi, dai tedeschi e, in ritardo su questi, dagli italiani in Africa; dalla
"missione civilizzatrice" degli inglesi in India, i quali alternarono l'uso
della violenza armata e delle carestie per tenere l'intero subcontinente sotto
il loro dispotico dominio.
I massacri colonialisti sono perpetrati da eserciti dotati di armi
nettamente superiori e molto piu' distruttive di quelle di cui dispongono le
popolazioni che cercano di resistere. Verso la fine dell'Ottocento sono
inventate e adottate le prime mitragliatrici, prima semiautomatiche, poi
automatiche. Nel 1885 l'esercito dell'impero britannico viene dotato della
mitragliatrice automatica portabile Hiram Maxim, fornita di una capacita' di
fuoco tra i 500 e i 600 colpi al minuto. Nel 1898 l'uso di questa mitragliatrice
fu decisivo nella battaglia di Ondurman, in Sudan, nella quale le truppe inglesi
affogarono nel sangue i guerriglieri del movimento indipendentista che si era
sviluppato nel Paese sotto la guida di Muhammad ibn Abd Allah (normalmente noto
come Abdullahi). Nella battaglia furono massacrati 22.000 sudanesi, altri 20.000
furono feriti. I morti tra le file dell'esercito coloniale inglese furono 48. II
giovane Winston Churchill, futuro primo ministro inglese, presente alla
battaglia come corrispondente di guerra, descrive il fuoco "fermo e insistente"
dei soldati che, "interessati al loro lavoro" e "minuziosi nell'espletamento di
esso", sparavano "senza fretta e senza eccitazione", con la nuova mitragliatrice
Hiram Maxim su un "nemico lontano" che non poteva colpirli. Churchill chiama la
nuova arma automatica di distruzione un'"arma di civilizzazione" (1).
Sono omicidi di massa di questo tipo a preparare quella che un noto storico
contemporaneo ha chiamato "l'eta' dei massacri" (2), tuttora in corso, iniziata
con la prima guerra mondiale, durante la quale centinaia di migliaia di soldati
dei "Paesi civili" si massacrarono reciprocamente su scala industriale per quasi
cinque anni: solo nella battaglia di Verdun, nel 1915, i tedeschi uccisero
315.000 francesi e i francesi a loro volta trucidarono 280.000 tedeschi (3). Con
la prima guerra mondiale si rinforza un militarismo profondamente legato a
grandi e potenti interessi economici e di classe. Di pari passo, e favorito
dagli sviluppi sempre piu' rapidi della scienza e della tecnologia, si
intensifica un processo sempre piu' serrato di corsa ad armamenti sempre piu'
distruttivi che inghiotte somme sempre piu' astronomiche: tra le nuove
mitragliatrici usate nella prima guerra mondiale (dopo che prototipi erano stati
provati contro i "barbari incivili" nei massacri coloniali) e lo sganciamento
delle due bombe nucleari sul Giappone intercorrono solo una trentina d'anni.
Molti meno ce ne vorranno per sviluppare e costruire su scala industriale
sistemi di armi termonucleari, chimiche e biologiche con le quali e' possibile
distruggere l'intero genere umano, o gran parte di esso.
Contemporaneamente, causa ed effetto dell'escalation della violenza, con la
prima guerra mondiale si innesca un rapido processo di vasta brutalizzazione, di
crescente e sempre piu' largamente condivisa accettazione di forme di violenza
precedentemente di regola non accettate e giudicate inaccettabili. Attraverso il
blocco economico della Germania, efficacemente realizzato dalla flotta
britannica per l'intera durata della guerra, lo sforzo bellico viene per la
prima volta direttamente rivolto contro la popolazione civile allo scopo di
abbatterne il morale. Le stime dei civili che morirono a causa della penuria di
risorse essenziali causata dal blocco navale britannico variano da una cifra
massima di 800.000 a una minima di 424.000 (4). Esso costituisce l'inizio della
guerra come carneficina indiscriminata di combattenti e civili, perpetrata su
scala industriale. L'invenzione e costruzione su larga scala dell'aereo rende
possibile i bombardamenti terroristici diretti contro la popolazione civile, i
primi dei quali si verificarono gia' verso la fine della prima guerra mondiale.
Fatti inizialmente oggetto di un'ondata di proteste, questi bombardamenti
vennero in seguito sempre piu' accettati e sanzionati come parte integrante
della guerra, diventando fatto giornaliero durante la seconda.
Nel XX secolo la guerra, compresa quella "civile", e' dunque diventata
totale. La percentuale dei civili uccisi in guerra non ha fatto che crescere:
alla fine dell'Ottocento e' il 5%; nelle guerre di fine Novecento e' il 90% (5).
Molte delle vittime sono bambini: soltanto nel corso dei vari conflitti violenti
che hanno infestato varie regioni del pianeta negli ultimi quindici anni i
bambini uccisi, resi invalidi, orfani, profondamente traumatizzati si contano a
milioni. Alla fine degli anni Novanta esistevano oltre 110 milioni di mine
attive disseminate in una settantina di Paesi martoriati da conflitti violenti
(6); e' stato calcolato che in media ogni mese 2.000 persone pestano una di
queste mine e vengono uccise o rese invalide per il resto della vita. Aveva
ragione il militarista Karl von Clausewitz quando scriveva che "gli spiriti
umani potrebbero pensare che esistano metodi tecnici per disarmare o abbattere
l'avversario senza infliggergli troppe ferite e che sia questa la finalita'
autentica dell'arte militare. Per quanto seducente ne sia l'apparenza occorre
distruggere tale errore. La guerra e' un atto di forza, all'impiego del quale
non esistono limiti: i belligeranti si impongono legge mutuamente; ne risulta
un'azione reciproca che logicamente deve condurre all'estremo" (7). A massacri
avvenuti, e suggellati dalle carneficine di civili causate dai bombardamenti
atomici con cui gli Stati Uniti rasero al suolo le citta' di Hiroshima e
Nagasaki e da quello "tradizionale" con cui gli alleati, a guerra praticamente
conclusa e vinta, distrussero nel fuoco la citt" di Dresda, "i popoli della
terra", nauseati dal sangue che arriva fino alle ginocchia, si dichiarano
solennemente "decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra"
(8). Ma il flagello continua attraverso una serie di guerre locali, alcune delle
quali assumono dimensioni mondiali in quanto coinvolgono, direttamente o
indirettamente, le maggiori potenze militari del pianeta: guerra di Corea,
guerra di Indocina, guerra del Vietnam, guerra di Algeria, guerre in Africa,
guerre balcaniche, guerre in Aghanistan, guerre in Iraq, guerre in Libano.
Appare cosi' un nuovo fenomeno: la crescente globalizzazione e
internazionalizzazione del terrorismo non statale (quello di Stato e' ben piu'
antico e massiccio) favorito dalla globalizzazione del mercato, legale e nero,
delle armi, dai nuovi fondamentalismi religiosi, ma anche da geopolitiche
neo-imperialiste e dall'enorme iniquita' nella distribuzione delle risorse nel
mondo.
A suo tempo, Karl Marx, con una metafora divenuta celebre, poteva parlare
della violenza come ostetrica della storia, come lo strumento attraverso il
quale lo sviluppo storico si apre la strada, abbattendo vecchie e pietrificate
strutture, verso forme sempre piu' aperte, meno violente e piu' umane di
societa'. Oggi c'e' il rischio che la metafora piu' calzante sia un'altra:
quella della violenza come becchino della storia.
*
1.2. La barbarie nazista
I vasti processi di brutalizzazione e globalizzazione della violenza,
innescati dai massacri imperialisti nel mondo extraeuropeo, e ulteriormente
sviluppati nel corso della prima guerra mondiale, favoriscono l'affermarsi del
nazismo, una sistematica (anche se incoerente) ideologia della violenza e prassi
metodica di essa come fine e come mezzo, che, a sua volta, fornisce combustibile
a un ulteriore imbarbarimento.
Inteso come ideologia - Weltanschauung la chiamavano i suoi fautori - il
nazismo e' un misto di nazionalismo tribale, di darwinismo sociale e di elitismo
conditi con idee sul superuomo e la volonta' di potenza provenienti da Nietzsche
(dai lati piu' oscuri del suo pensiero) e con la tendenza, di provenienza
hegeliana, a concepire un popolo, una nazione come un'entita' metafisica. Cosi'
inteso, il nazismo si articola in una costellazione di interconnesse componenti
che si manifestano sia a livello verbale (a questo livello la bibbia del nazismo
rimane pur sempre il Mein Kampf di Hitler), sia a livello comportamentale,
attraverso atteggiamenti e comportamenti individuali e collettivi estremamente
violenti e brutali, sia a livello strutturale in istituzioni e strutture che
promuovono distribuzioni inique di potere e autorita' nel sistema sociale e di
risorse e ricchezza a livello economico.
Molto fa ritenere che le componenti che assieme costituiscono la
Weltanschauung nazista siano l'espressione estrema di strutture mentali,
assunti, norme, valori a lungo presenti e coltivati non solo nella cultura
tedesca, bensi' piu' in generale nella cultura occidentale (9). Ne' si tratta di
un fenomeno circoscritto allo specifico contesto dei dodici anni di dittatura
hitleriana in Germania. A determinate condizioni le componenti che
congiuntamente costituiscono il nocciolo duro dell'ideologia nazista si possono
realizzare, singolarmente o tutte assieme, in altri contesti. "E' avvenuto,
quindi puo' accadere di nuovo... e dappertutto" (10).
In effetti molte sono le situazioni che portano a pensare che diverse delle
componenti essenziali del nazismo siano ancora oggi largamente presenti nel
mondo, a Nord come a Sud, in Occidente come in Oriente. Non penso qui tanto ai
vari gruppi neonazisti attivi in diversi Paesi e che si ispirano direttamente
agli insegnamenti di Hitler, richiamandosi piu' o meno apertamente al suo nome.
Penso piuttosto alla diffusione di modi di pensare, di concepire l'uomo e il
mondo per vari versi simili a quelli propri del nazismo, alle strutture
autoritarie e oppressive non molto dissimili da quelle naziste tuttora imperanti
nel mondo, alle forme sempre piu' brutali e distruttive assunte dalla violenza
armata dopo la caduta del nazismo in Germania e che, come gia' aveva rilevato
Primo Levi, sembrano in parte diramarsi proprio dalla violenza dominante nella
Germania di Hitler (11).
Nelle pagine che seguono cerchero' di mettere brevemente e sinteticamente
in luce ciascuna delle componenti che costituisce il nocciolo della
Weltanschauung nazista (12), indicando di volta in volta come ciascuna di esse
sia ancora ben presente nel mondo in tendenze naziste che costituiscono una
grande minaccia per il futuro dell'umanita'.
Ostacolare lo sviluppo di queste tendenze costituisce una delle maggiori
sfide del secolo XXI.
*
1.3. La nuova barbarie: tendenze naziste oggi
Elenco riassuntivamente le componenti essenziali dell'ideologia nazista
sulle quali nel resto di questo capitolo intendo incentrare il discorso. Esse
sono otto:
a. la visione del mondo come teatro di una spietata lotta per la
supremazia;
b. il diritto assoluto del piu' forte;
c. lo svincolamento della politica da ogni limite morale;
d. l'elitismo;
e. il disprezzo per il debole;
f. la glorificazione della violenza;
g. il culto dell'obbedienza assoluta;
h. il dogmatismo fanatico.
*
Note
1. W. Churchill, The River War: An Historical Account of the Reconquest of
the Sudan, Green Longmans, London 1899 (tr. it. Riconquistare Khartoum, Piemme,
Casale Monferrato 1999).
2. E. Hobsbawm, The Age of Extremes, Abacus, London 1995, p. 24 (tr. it. Il
secolo breve, Rizzoli, Milano 1997).
3. S. Robson, La prima guerra mondiale, il Mulino, Bologna 2002, p. 89 (ed.
orig. The First World War, Longman, London-New York 1998).
4. J. Glover, Humanity. Una storia morale del ventesimo secolo, Il
Saggiatore, Milano 2002, pp. 90-91 (ed. orig. Humanity. A Moral History of the
Twentieth Century, Pimlico, London 2001).
5. Undp, Human Development Report, Oxford University Press, Oxford 1998, p.
35.
6. Ivi.
7. K. von Clausewitz, Della guerra, Mondadori, Milano 1970, pp. 21-22.
8. Preambolo della Carta delle Nazioni Unite.
9. Lo storico Enzo Traverso argomenta bene questa tesi nel suo lavoro La
violenza nazista. Una genealogia, il Mulino, Bologna 2002.
10. P. Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, p. 164.
11. Ivi, p. 165.
12. Per una dettagliata analisi delle molteplici componenti che
costituiscono la Weltanschauung nazista cfr. la meticolosa ricostruzione
dell'intera ideologia fatta da H. Ofstad in Our Contempt for Weakness: Nazi
Norms and Values - and Our Own, Almqvist & Wiksell International, Stockholm
1989 (ed. orig. in norvegese, Var forakt for svakhet, Pax Forlag, Oslo 1971).
Debbo molto a questa analisi. Cfr. anche l'intera parte VI del lavoro di Glover,
op. cit.
2. TESTI. GIULIANO PONTARA: IL MONDO COME TEATRO DELLE FORZE COSTRUTTIVE.
UN ESTRATTO DALL'ULTIMO CAPITOLO DE "L'ANTIBARBARIE"
[Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp.
322-323]
Alla Weltanschauung nazista che vede il mondo come teatro di una perenne
lotta violenta e brutale per la supremazia, la mentalita' nonviolenta oppone una
visione del mondo al centro della quale sta quella "forza costruttiva" che nella
storia dell'umanita' si esprime concretamente in atteggiamenti, comportamenti,
pratiche, istituzioni, strutture - a livello morale, giuridico, sociale,
economico, politico - volti ad arginare la violenza in tutte le sue forme;
quella forza costruttiva che nella storia ha permesso agli esseri umani di
convivere pacificamente, di condurre e risolvere i conflitti senza distruggersi
a vicenda, di istituire relazioni cooperative, fiduciose, e costruire societa'
fiorenti. La pace non e' vista come situazione di tregua tra guerre, bensi' come
un continuo e dinamico processo costruttivo interrotto da esse. A una visione
della storia umana, per cui il "progresso" si fa faticosamente strada con e
grazie alla violenza, viene opposta una visione per cui le maggiori conquiste
dell'umanita' sono avvenute non grazie alla violenza, ma nonostante essa.
Questa concezione costruttiva non nega la centralita' del conflitto nel
mondo delle relazioni umane e l'importanza del potere nella conduzione dei
conflitti. Ma potere non equivale a violenza; se la violenza e' sempre potere,
non sempre il potere e' violenza. Non e' contraddittorio a livello teorico, ne'
controfattuale a livello empirico, parlare di potere della nonviolenza, potere
che nella storia si e' manifestato in una miriade di modi diversi, sia prima sia
dopo Gandhi, e al quale Gandhi ha aggiunto, con la dottrina e la pratica del
satyagraha, una nuova e originale dimensione.
3. TESTI. GIULIANO PONTARA: UNA VIA DIFFICILE. LE PAROLE CONCLUSIVE DE
"L'ANTIBARBARIE"
[Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp.
333-334]
"Sento nel piu' profondo del mio cuore - scriveva Gandhi verso la fine
della sua vita - che il mondo e' mortalmente nauseato dai versamenti di sangue.
Il mondo sta cercando una via d'uscita". Uscita dalla barbarie.
Combattere la barbarie senza diventare barbari, questo e' il problema;
opporsi, con mezzi immuni dal contagio, alla logica della volonta' di potenza,
quella logica gia' enunciata, e forse anche denunciata, da Tucidide per cui "i
forti fanno cio' che hanno la potenza per fare, mentre i deboli accettano quello
che sono costretti ad accettare", e in base alla quale gli ateniesi, dopo che
Melos si era arresa a discrezione, fecero massacro tra gli abitanti maschi in
eta' militare e deportarono in schiavitu' donne e bambini; la stessa logica che
domina tuttora nel mondo fra quanti vedono nel terrorismo della guerra e nella
guerra del terrorismo la continuazione della politica con altri mezzi. E'
difficile vedere come si possa uscire da questa logica con nuove e ulteriori
violenze. Non c'e' una guerra che ponga fine a tutte le guerre, un terrorismo
che ponga fine a ogni terrorismo, una barbarie che ponga fine a ogni barbarie,
tranne la barbarie ultima dell'olocausto dell'umanita'. Non si tratta di
abbandonarsi a discorsi apocalittici, ma non si puo' e non si deve assuefarsi
alla convivenza con armi di distruzione di massa, e rimuovere la consapevolezza
che la minaccia e il pericolo di una Auschwitz e di una Hiroshima sempre piu'
globali sono pur sempre incombenti.
Se, da una parte, guardando all'immane corsa storica ad armamenti sempre
piu' distruttivi, ai massacri, alle carneficine, alle guerre, ai genocidi
perpetrati nel "mattatoio della storia" e alle minacciose tendenze naziste nel
mondo d'oggi, si puo' ragionevolmente e pessimisticamente disperare di poter
uscire dalla barbarie ed evitare la barbarie ultima; dall'altra, rivolgendo
l'attenzione alle forze morali, costruttive e nonviolente che in ogni epoca
della storia gli umani sono riusciti a mobilitare contro la violenza e la
barbarie, si possono trovare ragioni per non disperare, appigli per
un'intelligente speranza, quell'intelligente speranza di cui era "prigioniero"
Gandhi e che l'accompagno' nel suo cammino sulla via della politica e della
lotta nonviolenta. La via e' difficile, e Gandhi e' il primo a riconoscerlo:
"Enunciare la nobile dottrina dell'ahimsa e' facile; osservarla in un mondo
pieno di conflitti, di sconvolgimenti e di passioni e' un compito della cui
difficolta' mi rendo conto ogni giorno di piu'". Ma esistono forse vie
facili?
4. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone
al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti:
e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it
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COI PIEDI PER TERRA
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cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione:
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 336 del 27 agosto
2010
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