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Coi piedi per terra. 336
- Subject: Coi piedi per terra. 336
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 27 Aug 2010 13:12:04 +0200
| =================== 
 COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in 
cammino" Numero 336 del 27 agosto 
2010 In questo numero: 1. Giuliano Pontara: L'escalation della barbarie. Un estratto dal primo 
capitolo de "L'antibarbarie" 2. Giuliano Pontara: Il mondo come teatro delle forze costruttive. Un 
estratto dall'ultimo capitolo de "L'antibarbarie" 3. Giuliano Pontara: Una via difficile. Le parole conclusive de 
"L'antibarbarie" 4. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e 
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo 1. TESTI. GIULIANO PONTARA: L'ESCALATION DELLA BARBARIE. UN ESTRATTO DAL 
PRIMO CAPITOLO DE "L'ANTIBARBARIE" [Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La 
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp. 23-29 
(sono le pagine iniziali del primo capitolo del libro: "Della barbarie", 
capitolo in relazione al quale in una nota Pontara scrive "Ho presentato una 
versione parziale e ridotta di questo capitolo in una delle riunioni del ciclo 
di seminari sulla pace e la guerra organizzati presso l'Universita' di Cagliari 
nel novembre-dicembre del 2004. Il testo presentato in quell'occasione e' stato 
pubblicato, insieme ai testi presentati dagli altri relatori, nel volume La pace 
e la guerra. Guerra giusta e filosofia della pace, a cura di A. Loche, 
Cooperativa Universitaria Editrice Cagliaritana, Cagliari 2005"). Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello 
internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia' 
apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto 
cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e' 
nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla 
eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia 
dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni 
all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 
1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a 
contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, 
Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International 
University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' 
Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a 
Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato coordinatore del Comitato scientifico 
della stessa e direttore dei corsi. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la 
collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' 
membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale 
qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla 
violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in 
Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di 
Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). 
Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica 
pratica e teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi 
ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del 
pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e 
svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese. 
Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett 
stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di 
posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors 
Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine 
giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal 
of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e 
giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della 
democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. 
spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in 
Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson, 
Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or 
International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, 
Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia 
pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica 
nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, 
Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona 
1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, 
disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario 
per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il 
Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione 
etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle voci 
Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in 
Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche 
Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence, 
Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de 
France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una 
vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, 
nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero 
etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli 
scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999 (che comprende circa cento 
titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La nonviolenza e' in cammino", abbiamo 
successivamente riprodotto nel n. 121 di "Voci e volti della 
nonviolenza"]Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a 
livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica 
gia' apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto 
cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e' 
nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla 
eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia 
dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni 
all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 
1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a 
contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, 
Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International 
University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' 
Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a 
Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato coordinatore del Comitato scientifico 
della stessa e direttore dei corsi. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la 
collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' 
membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale 
qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla 
violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in 
Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di 
Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). 
Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica 
pratica e teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi 
ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del 
pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e 
svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese. 
Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett 
stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di 
posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors 
Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine 
giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal 
of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e 
giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della 
democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. 
spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in 
Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson, 
Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or 
International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, 
Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia 
pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica 
nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, 
Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona 
1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, 
disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario 
per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il 
Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione 
etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle voci 
Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in 
Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche 
Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence, 
Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de 
France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una 
vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, 
nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero 
etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli 
scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999 (che comprende circa cento 
titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La nonviolenza e' in cammino", abbiamo 
successivamente riprodotto nel n. 121 di "Voci e volti della nonviolenza". Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo 
pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza 
come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione 
sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a 
Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud 
Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli 
immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in 
India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la 
liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali 
affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise 
proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed 
egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' 
tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non 
va  mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed 
alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua 
riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo Gandhi un 
organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre 
che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere 
contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in 
continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo 
Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' 
Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della 
verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col 
titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, 
Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento 
Nonviolento (traduzione del fondamentale libro di Gandhi: Hind Swaraj; ora 
disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi spiego i mali della civilta' 
moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, 
Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South 
Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile 
raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; 
da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio 
pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato 
l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi 
ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della 
drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati 
pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in 
"Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in 
proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, 
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le 
biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato 
lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh 
Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi, Feltrinelli. 
Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio 
Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni 
Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); 
Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis 
Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante 
testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la 
bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali 
esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri 
particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, 
William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica 
Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto 
Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' 
quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' 
recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero 
nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark 
Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore 
politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. 
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio 
Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di 
terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La 
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 
2006] 1.1. L'escalation della barbarie Il XX secolo e' stato profondamente segnato dall'acuirsi di due processi 
strettamente congiunti: l'escalation della brutalizzazione e la globalizzazione 
della violenza. Agli inizi del XXI secolo non vi sono segni di arresto e 
inversione. Tutti e due questi processi vengono da lontano: dai massacri imperialisti e 
razzisti perpetrati dagli spagnoli e dai portoghesi in America Latina e da altri 
europei nell'America del Nord; da quelli perpetrati dagli inglesi, dai francesi, 
dai belgi, dai tedeschi e, in ritardo su questi, dagli italiani in Africa; dalla 
"missione civilizzatrice" degli inglesi in India, i quali alternarono l'uso 
della violenza armata e delle carestie per tenere l'intero subcontinente sotto 
il loro dispotico dominio. I massacri colonialisti sono perpetrati da eserciti dotati di armi 
nettamente superiori e molto piu' distruttive di quelle di cui dispongono le 
popolazioni che cercano di resistere. Verso la fine dell'Ottocento sono 
inventate e adottate le prime mitragliatrici, prima semiautomatiche, poi 
automatiche. Nel 1885 l'esercito dell'impero britannico viene dotato della 
mitragliatrice automatica portabile Hiram Maxim, fornita di una capacita' di 
fuoco tra i 500 e i 600 colpi al minuto. Nel 1898 l'uso di questa mitragliatrice 
fu decisivo nella battaglia di Ondurman, in Sudan, nella quale le truppe inglesi 
affogarono nel sangue i guerriglieri del movimento indipendentista che si era 
sviluppato nel Paese sotto la guida di Muhammad ibn Abd Allah (normalmente noto 
come Abdullahi). Nella battaglia furono massacrati 22.000 sudanesi, altri 20.000 
furono feriti. I morti tra le file dell'esercito coloniale inglese furono 48. II 
giovane Winston Churchill, futuro primo ministro inglese, presente alla 
battaglia come corrispondente di guerra, descrive il fuoco "fermo e insistente" 
dei soldati che, "interessati al loro lavoro" e "minuziosi nell'espletamento di 
esso", sparavano "senza fretta e senza eccitazione", con la nuova mitragliatrice 
Hiram Maxim su un "nemico lontano" che non poteva colpirli. Churchill chiama la 
nuova arma automatica di distruzione un'"arma di civilizzazione" (1). Sono omicidi di massa di questo tipo a preparare quella che un noto storico 
contemporaneo ha chiamato "l'eta' dei massacri" (2), tuttora in corso, iniziata 
con la prima guerra mondiale, durante la quale centinaia di migliaia di soldati 
dei "Paesi civili" si massacrarono reciprocamente su scala industriale per quasi 
cinque anni: solo nella battaglia di Verdun, nel 1915, i tedeschi uccisero 
315.000 francesi e i francesi a loro volta trucidarono 280.000 tedeschi (3). Con 
la prima guerra mondiale si rinforza un militarismo profondamente legato a 
grandi e potenti interessi economici e di classe. Di pari passo, e favorito 
dagli sviluppi sempre piu' rapidi della scienza e della tecnologia, si 
intensifica un processo sempre piu' serrato di corsa ad armamenti sempre piu' 
distruttivi che inghiotte somme sempre piu' astronomiche: tra le nuove 
mitragliatrici usate nella prima guerra mondiale (dopo che prototipi erano stati 
provati contro i "barbari incivili" nei massacri coloniali) e lo sganciamento 
delle due bombe nucleari sul Giappone intercorrono solo una trentina d'anni. 
Molti meno ce ne vorranno per sviluppare e costruire su scala industriale 
sistemi di armi termonucleari, chimiche e biologiche con le quali e' possibile 
distruggere l'intero genere umano, o gran parte di esso. Contemporaneamente, causa ed effetto dell'escalation della violenza, con la 
prima guerra mondiale si innesca un rapido processo di vasta brutalizzazione, di 
crescente e sempre piu' largamente condivisa accettazione di forme di violenza 
precedentemente di regola non accettate e giudicate inaccettabili. Attraverso il 
blocco economico della Germania, efficacemente realizzato dalla flotta 
britannica per l'intera durata della guerra, lo sforzo bellico viene per la 
prima volta direttamente rivolto contro la popolazione civile allo scopo di 
abbatterne il morale. Le stime dei civili che morirono a causa della penuria di 
risorse essenziali causata dal blocco navale britannico variano da una cifra 
massima di 800.000 a una minima di 424.000 (4). Esso costituisce l'inizio della 
guerra come carneficina indiscriminata di combattenti e civili, perpetrata su 
scala industriale. L'invenzione e costruzione su larga scala dell'aereo rende 
possibile i bombardamenti terroristici diretti contro la popolazione civile, i 
primi dei quali si verificarono gia' verso la fine della prima guerra mondiale. 
Fatti inizialmente oggetto di un'ondata di proteste, questi bombardamenti 
vennero in seguito sempre piu' accettati e sanzionati come parte integrante 
della guerra, diventando fatto giornaliero durante la seconda. Nel XX secolo la guerra, compresa quella "civile", e' dunque diventata 
totale. La percentuale dei civili uccisi in guerra non ha fatto che crescere: 
alla fine dell'Ottocento e' il 5%; nelle guerre di fine Novecento e' il 90% (5). 
Molte delle vittime sono bambini: soltanto nel corso dei vari conflitti violenti 
che hanno infestato varie regioni del pianeta negli ultimi quindici anni i 
bambini uccisi, resi invalidi, orfani, profondamente traumatizzati si contano a 
milioni. Alla fine degli anni Novanta esistevano oltre 110 milioni di mine 
attive disseminate in una settantina di Paesi martoriati da conflitti violenti 
(6); e' stato calcolato che in media ogni mese 2.000 persone pestano una di 
queste mine e vengono uccise o rese invalide per il resto della vita. Aveva 
ragione il militarista Karl von Clausewitz quando scriveva che "gli spiriti 
umani potrebbero pensare che esistano metodi tecnici per disarmare o abbattere 
l'avversario senza infliggergli troppe ferite e che sia questa la finalita' 
autentica dell'arte militare. Per quanto seducente ne sia l'apparenza occorre 
distruggere tale errore. La guerra e' un atto di forza, all'impiego del quale 
non esistono limiti: i belligeranti si impongono legge mutuamente; ne risulta 
un'azione reciproca che logicamente deve condurre all'estremo" (7). A massacri 
avvenuti, e suggellati dalle carneficine di civili causate dai bombardamenti 
atomici con cui gli Stati Uniti rasero al suolo le citta' di Hiroshima e 
Nagasaki e da quello "tradizionale" con cui gli alleati, a guerra praticamente 
conclusa e vinta, distrussero nel fuoco la citt" di Dresda, "i popoli della 
terra", nauseati dal sangue che arriva fino alle ginocchia, si dichiarano 
solennemente "decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra" 
(8). Ma il flagello continua attraverso una serie di guerre locali, alcune delle 
quali assumono dimensioni mondiali in quanto coinvolgono, direttamente o 
indirettamente, le maggiori potenze militari del pianeta: guerra di Corea, 
guerra di Indocina, guerra del Vietnam, guerra di Algeria, guerre in Africa, 
guerre balcaniche, guerre in Aghanistan, guerre in Iraq, guerre in Libano. 
Appare cosi' un nuovo fenomeno: la crescente globalizzazione e 
internazionalizzazione del terrorismo non statale (quello di Stato e' ben piu' 
antico e massiccio) favorito dalla globalizzazione del mercato, legale e nero, 
delle armi, dai nuovi fondamentalismi religiosi, ma anche da geopolitiche 
neo-imperialiste e dall'enorme iniquita' nella distribuzione delle risorse nel 
mondo. A suo tempo, Karl Marx, con una metafora divenuta celebre, poteva parlare 
della violenza come ostetrica della storia, come lo strumento attraverso il 
quale lo sviluppo storico si apre la strada, abbattendo vecchie e pietrificate 
strutture, verso forme sempre piu' aperte, meno violente e piu' umane di 
societa'. Oggi c'e' il rischio che la metafora piu' calzante sia un'altra: 
quella della violenza come becchino della storia. * 1.2. La barbarie nazista I vasti processi di brutalizzazione e globalizzazione della violenza, 
innescati dai massacri imperialisti nel mondo extraeuropeo, e ulteriormente 
sviluppati nel corso della prima guerra mondiale, favoriscono l'affermarsi del 
nazismo, una sistematica (anche se incoerente) ideologia della violenza e prassi 
metodica di essa come fine e come mezzo, che, a sua volta, fornisce combustibile 
a un ulteriore imbarbarimento. Inteso come ideologia - Weltanschauung la chiamavano i suoi fautori - il 
nazismo e' un misto di nazionalismo tribale, di darwinismo sociale e di elitismo 
conditi con idee sul superuomo e la volonta' di potenza provenienti da Nietzsche 
(dai lati piu' oscuri del suo pensiero) e con la tendenza, di provenienza 
hegeliana, a concepire un popolo, una nazione come un'entita' metafisica. Cosi' 
inteso, il nazismo si articola in una costellazione di interconnesse componenti 
che si manifestano sia a livello verbale (a questo livello la bibbia del nazismo 
rimane pur sempre il Mein Kampf di Hitler), sia a livello comportamentale, 
attraverso atteggiamenti e comportamenti individuali e collettivi estremamente 
violenti e brutali, sia a livello strutturale in istituzioni e strutture che 
promuovono distribuzioni inique di potere e autorita' nel sistema sociale e di 
risorse e ricchezza a livello economico. Molto fa ritenere che le componenti che assieme costituiscono la 
Weltanschauung nazista siano l'espressione estrema di strutture mentali, 
assunti, norme, valori a lungo presenti e coltivati non solo nella cultura 
tedesca, bensi' piu' in generale nella cultura occidentale (9). Ne' si tratta di 
un fenomeno circoscritto allo specifico contesto dei dodici anni di dittatura 
hitleriana in Germania. A determinate condizioni le componenti che 
congiuntamente costituiscono il nocciolo duro dell'ideologia nazista si possono 
realizzare, singolarmente o tutte assieme, in altri contesti. "E' avvenuto, 
quindi puo' accadere di nuovo... e dappertutto" (10). In effetti molte sono le situazioni che portano a pensare che diverse delle 
componenti essenziali del nazismo siano ancora oggi largamente presenti nel 
mondo, a Nord come a Sud, in Occidente come in Oriente. Non penso qui tanto ai 
vari gruppi neonazisti attivi in diversi Paesi e che si ispirano direttamente 
agli insegnamenti di Hitler, richiamandosi piu' o meno apertamente al suo nome. 
Penso piuttosto alla diffusione di modi di pensare, di concepire l'uomo e il 
mondo per vari versi simili a quelli propri del nazismo, alle strutture 
autoritarie e oppressive non molto dissimili da quelle naziste tuttora imperanti 
nel mondo, alle forme sempre piu' brutali e distruttive assunte dalla violenza 
armata dopo la caduta del nazismo in Germania e che, come gia' aveva rilevato 
Primo Levi, sembrano in parte diramarsi proprio dalla violenza dominante nella 
Germania di Hitler (11). Nelle pagine che seguono cerchero' di mettere brevemente e sinteticamente 
in luce ciascuna delle componenti che costituisce il nocciolo della 
Weltanschauung nazista (12), indicando di volta in volta come ciascuna di esse 
sia ancora ben presente nel mondo in tendenze naziste che costituiscono una 
grande minaccia per il futuro dell'umanita'. Ostacolare lo sviluppo di queste tendenze costituisce una delle maggiori 
sfide del secolo XXI. * 1.3. La nuova barbarie: tendenze naziste oggi Elenco riassuntivamente le componenti essenziali dell'ideologia nazista 
sulle quali nel resto di questo capitolo intendo incentrare il discorso. Esse 
sono otto: a. la visione del mondo come teatro di una spietata lotta per la 
supremazia; b. il diritto assoluto del piu' forte; c. lo svincolamento della politica da ogni limite morale;  d. l'elitismo; e. il disprezzo per il debole; f. la glorificazione della violenza; g. il culto dell'obbedienza assoluta; h. il dogmatismo fanatico. * Note 1. W. Churchill, The River War: An Historical Account of the Reconquest of 
the Sudan, Green Longmans, London 1899 (tr. it. Riconquistare Khartoum, Piemme, 
Casale Monferrato 1999). 2. E. Hobsbawm, The Age of Extremes, Abacus, London 1995, p. 24 (tr. it. Il 
secolo breve, Rizzoli, Milano 1997). 3. S. Robson, La prima guerra mondiale, il Mulino, Bologna 2002, p. 89 (ed. 
orig. The First World War, Longman, London-New York 1998). 4. J. Glover, Humanity. Una storia morale del ventesimo secolo, Il 
Saggiatore, Milano 2002, pp. 90-91 (ed. orig. Humanity. A Moral History of the 
Twentieth Century, Pimlico, London 2001). 5. Undp, Human Development Report, Oxford University Press, Oxford 1998, p. 
35. 6. Ivi. 7. K. von Clausewitz, Della guerra, Mondadori, Milano 1970, pp. 21-22. 
 8. Preambolo della Carta delle Nazioni Unite. 9. Lo storico Enzo Traverso argomenta bene questa tesi nel suo lavoro La 
violenza nazista. Una genealogia, il Mulino, Bologna 2002. 10. P. Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, p. 164.  11. Ivi, p. 165. 12. Per una dettagliata analisi delle molteplici componenti che 
costituiscono la Weltanschauung nazista cfr. la meticolosa ricostruzione 
dell'intera ideologia fatta da H. Ofstad in Our Contempt for Weakness: Nazi 
Norms and Values - and Our Own, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 
1989 (ed. orig. in norvegese, Var forakt for svakhet, Pax Forlag, Oslo 1971). 
Debbo molto a questa analisi. Cfr. anche l'intera parte VI del lavoro di Glover, 
op. cit. 2. TESTI. GIULIANO PONTARA: IL MONDO COME TEATRO DELLE FORZE COSTRUTTIVE. 
UN ESTRATTO DALL'ULTIMO CAPITOLO DE "L'ANTIBARBARIE" [Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La 
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp. 
322-323] Alla Weltanschauung nazista che vede il mondo come teatro di una perenne 
lotta violenta e brutale per la supremazia, la mentalita' nonviolenta oppone una 
visione del mondo al centro della quale sta quella "forza costruttiva" che nella 
storia dell'umanita' si esprime concretamente in atteggiamenti, comportamenti, 
pratiche, istituzioni, strutture - a livello morale, giuridico, sociale, 
economico, politico - volti ad arginare la violenza in tutte le sue forme; 
quella forza costruttiva che nella storia ha permesso agli esseri umani di 
convivere pacificamente, di condurre e risolvere i conflitti senza distruggersi 
a vicenda, di istituire relazioni cooperative, fiduciose, e costruire societa' 
fiorenti. La pace non e' vista come situazione di tregua tra guerre, bensi' come 
un continuo e dinamico processo costruttivo interrotto da esse. A una visione 
della storia umana, per cui il "progresso" si fa faticosamente strada con e 
grazie alla violenza, viene opposta una visione per cui le maggiori conquiste 
dell'umanita' sono avvenute non grazie alla violenza, ma nonostante essa. Questa concezione costruttiva non nega la centralita' del conflitto nel 
mondo delle relazioni umane e l'importanza del potere nella conduzione dei 
conflitti. Ma potere non equivale a violenza; se la violenza e' sempre potere, 
non sempre il potere e' violenza. Non e' contraddittorio a livello teorico, ne' 
controfattuale a livello empirico, parlare di potere della nonviolenza, potere 
che nella storia si e' manifestato in una miriade di modi diversi, sia prima sia 
dopo Gandhi, e al quale Gandhi ha aggiunto, con la dottrina e la pratica del 
satyagraha, una nuova e originale dimensione. 3. TESTI. GIULIANO PONTARA: UNA VIA DIFFICILE. LE PAROLE CONCLUSIVE DE 
"L'ANTIBARBARIE" [Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La 
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp. 
333-334] "Sento nel piu' profondo del mio cuore - scriveva Gandhi verso la fine 
della sua vita - che il mondo e' mortalmente nauseato dai versamenti di sangue. 
Il mondo sta cercando una via d'uscita". Uscita dalla barbarie. Combattere la barbarie senza diventare barbari, questo e' il problema; 
opporsi, con mezzi immuni dal contagio, alla logica della volonta' di potenza, 
quella logica gia' enunciata, e forse anche denunciata, da Tucidide per cui "i 
forti fanno cio' che hanno la potenza per fare, mentre i deboli accettano quello 
che sono costretti ad accettare", e in base alla quale gli ateniesi, dopo che 
Melos si era arresa a discrezione, fecero massacro tra gli abitanti maschi in 
eta' militare e deportarono in schiavitu' donne e bambini; la stessa logica che 
domina tuttora nel mondo fra quanti vedono nel terrorismo della guerra e nella 
guerra del terrorismo la continuazione della politica con altri mezzi. E' 
difficile vedere come si possa uscire da questa logica con nuove e ulteriori 
violenze. Non c'e' una guerra che ponga fine a tutte le guerre, un terrorismo 
che ponga fine a ogni terrorismo, una barbarie che ponga fine a ogni barbarie, 
tranne la barbarie ultima dell'olocausto dell'umanita'. Non si tratta di 
abbandonarsi a discorsi apocalittici, ma non si puo' e non si deve assuefarsi 
alla convivenza con armi di distruzione di massa, e rimuovere la consapevolezza 
che la minaccia e il pericolo di una Auschwitz e di una Hiroshima sempre piu' 
globali sono pur sempre incombenti. Se, da una parte, guardando all'immane corsa storica ad armamenti sempre 
piu' distruttivi, ai massacri, alle carneficine, alle guerre, ai genocidi 
perpetrati nel "mattatoio della storia" e alle minacciose tendenze naziste nel 
mondo d'oggi, si puo' ragionevolmente e pessimisticamente disperare di poter 
uscire dalla barbarie ed evitare la barbarie ultima; dall'altra, rivolgendo 
l'attenzione alle forze morali, costruttive e nonviolente che in ogni epoca 
della storia gli umani sono riusciti a mobilitare contro la violenza e la 
barbarie, si possono trovare ragioni per non disperare, appigli per 
un'intelligente speranza, quell'intelligente speranza di cui era "prigioniero" 
Gandhi e che l'accompagno' nel suo cammino sulla via della politica e della 
lotta nonviolenta. La via e' difficile, e Gandhi e' il primo a riconoscerlo: 
"Enunciare la nobile dottrina dell'ahimsa e' facile; osservarla in un mondo 
pieno di conflitti, di sconvolgimenti e di passioni e' un compito della cui 
difficolta' mi rendo conto ogni giorno di piu'". Ma esistono forse vie 
facili? 4. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO 
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO  Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone 
al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, 
in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: 
e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del 
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in 
cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: 
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 336 del 27 agosto 
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