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Telegrammi. 232
- Subject: Telegrammi. 232
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 25 Jun 2010 00:59:50 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 232
del 25 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino
proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche
della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Sciopero
2. Aldo Capitini, Lanfranco Mencaroni: Per la creazione di una corrente
rivoluzionaria nonviolenta
3. Franco Fortini: marxismo
4. Franco Fortini: comunismo
5. Franco Fortini: Canto degli ultimi partigiani
6. Associazione "Respirare": Realizzare subito il parco naturalistico,
archeologico e termale del Bulicame
7. Il 23 giugno si e' svolto a Viterbo un incontro di formazione
8. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
9.
"Azione nonviolenta"
10.
Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento
Nonviolento 12. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: SCIOPERO
Lo sciopero generale di oggi ha un grande valore politico e morale.
Esso non solo contrasta la criminale politica economica governativa, ma si
oppone altresi' allo smantellamento dello stato di diritto, della
democrazia e della legalita'; in breve: si oppone al colpo di stato
berlusconiano.
E di una resistenza democratica al colpo di stato berlusconiano vi e'
estremo bisogno.
Ed elementi cruciali di questa resistenza sono l'opposizione alla guerra e
l'opposizione alla persecuzione razzista.
Che il Movimento Nonviolento abbia voluto prendere una nitida e forte
posizione a sostegno dello sciopero generale di oggi chiarisce cio' che e'
decisivo: che uno stesso impegno unisce pace, diritti umani, democrazia, lotta
delle classi oppresse contro il sistema dello sfruttamento, contro il regime
della corruzione, contro i poteri criminali. Che qui e adesso occorre
contrastare l'eversione dall'alto del governo berlusconiano e del sistema di
interessi e del blocco sociale di cui e' espressione.
E' oggi che occorre resistere alla barbarie assassina.
E' oggi che occorre insorgere contro l'eversione governativa.
E' oggi che occorre difendere i diritti umani di tutti gli esseri
umani.
La nonviolenza e' in cammino. 2. DOCUMENTI. ALDO CAPITINI, LANFRANCO MENCARONI: PER LA CREAZIONE DI UNA
CORRENTE RIVOLUZIONARIA NONVIOLENTA
[Nuovamente riproponiamo questo testo - la cui stesura originaria risale al
1955 - nella versione pubblicata nel 1963 da Aldo Capitini e Lanfranco Mencaroni
e rivista nel 2001 da Lanfranco Mencaroni, che ringraziamo per avercela a suo
tempo inviata.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e
la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed
operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior
antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori),
Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una
raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato
delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di
Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della
nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici,
Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso
L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo,
Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta.
Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recente
antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi
capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la
redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito:
www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed
opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali
Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli
anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin
qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un
volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione
ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e'
la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini,
Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007 e Aldo Capitini, Danilo
Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero,
Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Opere su Aldo Capitini: oltre alle
introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo
Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo
Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico:
Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi,
La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb,
Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza
religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La
rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini,
Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini,
persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10,
ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza
in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo
Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La
filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio
dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia,
Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen,
Firenze 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della
nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; cfr. anche il capitolo dedicato
a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi,
Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di
Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono
nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini:
www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile
mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti
scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco
Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o
anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Lanfranco Mencaroni, medico, amico e collaboratore di Aldo Capitini, e'
infaticabile prosecutore dell'opera comune, animatore dell'Associazione
nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti: e-mail: capitini at tiscalinet.it,
sito: www.aldocapitini.it) e curatore del sito del "Cos in rete"
(www.cosinrete.it) che mette a disposizione anche una ricchissima messe di testi
di e su Capitini, ed e' un fondamentale punto di riferimento per amici e
studiosi della nonviolenza. Un profilo di Lanfranco Mencaroni, scritto da
Luciano Capitini, e' apparso nel n. 156 delle "Notizie minime della nonviolenza
in cammino"]
1) La situazione politica italiana e mondiale presenta un vuoto
rivoluzionario: i partiti stanno o su posizioni conservatrici o su posizioni
riformistiche, prive di tensione e di forza educatrice e propulsiva nelle
moltitudini.
Cosi' si va perdendo anche l'esatta prospettiva che pone come finalita'
decisiva della lotta politica il superamento del capitalismo, dell'imperialismo,
dell'autoritarismo.
Vi sono tuttavia delle minoranze che vedono chiaro, ma tali minoranze
devono giungere ad un'azione organica nella situazione italiana, per cui, da una
societa' dominata da pochi, si passi ad una societa' aperta a tutti nelle
liberta', nel potere, nella economia, nella cultura.
2) La crisi dei movimenti operai e socialisti nell'attivita' politica e
sindacale e' dovuta principalmente al fatto che non si e' saputo concordare
dinamicamente la triplice finalita' suddetta con la pratica quotidiana nella
attuale democrazia.
3) Sarebbe un errore credere che la politica del neocapitalismo con le
attrattive del benessere e la suggestione degli interventi paternalistici e
provvidenziali riesca a cancellare dalle moltitudini la tendenza a possedere
effettivamente il potere con tutte le sue responsabilita', a controllare tutte
le decisioni pubbliche, a impedire realmente la guerra, a sviluppare la liberta'
e la cultura di tutti nel modo piu' fiorente.
Lo sviluppo della lotta per la pace, la democrazia, la giustizia economica
e sociale, contro la miseria e la fame nel mondo, in difesa dell'ambiente e
della salute, per la diffusione dell'istruzione e la difesa della cultura,
provano che le moltitudini accettano sempre di meno gli equivoci offerti dalla
classe dirigente.
4) Nei problemi posti dalle esperienze di socialismo nel mondo e' facile
osservare che sono stati superati gli schemi dottrinari che attribuivano a una
determinata ideologia, o ad un unico partito la possibilita' di intervento
rivoluzionario.
E' opinione sempre piu' accettata che esiste una connessione stretta tra il
metodo rivoluzionario adottato e il tipo di potere che segue alla conclusione
vittoriosa della rivoluzione.
Anche in questo campo l'insufficienza del metodo leninista, e di altri
metodi similmente imposti da minoranze alla maggioranza, e' rivelata dalla crisi
che ha contrapposto e contrappone in maniera piu' o meno drammatica la societa'
civile al potere rivoluzionario e che e' diventata la causa della instabilita' e
della dissoluzione degli stati cosi' detti socialisti e di altri stati sorti nel
dopoguerra da moti sottoposti all'egemonia di minoranze.
La medesima crisi tra deficienza di potere civile delle masse e reale
potere politico di gruppi ristretti e' chiaramente visibile anche nelle
democrazie parlamentari, che sono sempre piu' esposte a subire la pressione
egemonica di gruppi di potere economici, politici, religiosi, agenti fuori dagli
istituti civili e capaci di svuotarli della rappresentativita' popolare,
piegandoli ai loro interessi di minoranza.
Inoltre, nel nostro paese, come del resto in tutto l'occidente, la
situazione e' tale che tutti i vecchi metodi dell'opposizione popolare si
rivelano inutilizzabili o insufficienti a mantenere una tensione rivoluzionaria
che si costruisca progressivamente, nel suo sviluppo, gli adeguati strumenti
pratici della sua applicazione.
5) Per queste ragioni siamo convinti che il metodo che deve essere assunto
per la lotta rivoluzionaria e' il metodo della nonviolenza attiva,
nell'articolazione delle sue tecniche, gia' attuate in altri paesi in lotte di
moltitudini.
Riteniamo che questo metodo sia da accettare e da svolgere non soltanto per
la sconvenienza e l'improduttivita' dei metodi violenti e la loro
inaccettabilita' da parte delle nostre moltitudini, ma soprattutto per il suo
contenuto profondamente umano, all'altezza del migliore sviluppo della societa'
civile moderna.
6) Questo metodo, che per essere visibilmente e politicamente efficace deve
essere impugnato da un largo numero di persone, mostra con cio' stesso che e' in
grado di dare le piu' ampie garanzie di democraticita', di espressione delle
forze dal basso, di insostituibile e mai sospendibile liberta' delle piu' varie
opinioni, di decentramento del potere nelle sue varie forme economiche,
politiche, sociali, civili.
7) Con questo metodo e' possibile dare inizio alla formazione di organismi
e istituzioni dal basso che concretino tali garanzie, prefigurando e preparando
la complessa societa' di tutti.
I rivoluzionari violenti con i loro metodi non sono capaci di realizzare
tali organismi e istituzioni, e, o ne rimandano l'attuazione a dopo la conquista
del potere, con atto autoritario che ne infirma la democraticita', o vi
rinunciano, vista l'impossibilita' di usare la violenza, cadendo i dirigenti
nell'inerzia e le moltitudini nello scetticismo.
8) Nell'attuale momento, crediamo che come prima fase un intervento nella
situazione italiana che segua questo orientamento possa prendere la forma di
"corrente" con "gruppi" operanti dentro e fuori le attuali associazioni
politiche, sindacali, culturali, etico-religiose.
Questi gruppi potranno operare coordinatamente secondo piani che saranno
stabiliti dai gruppi stessi nei loro incontri.
9) Possiamo definire cosi' gli obiettivi finali di tutto il lavoro: la
costituzione di una societa' nuova e socialmente aperta la cui organizzazione
economica, politica, civile e culturale sia continuamente sotto il potere e il
controllo di tutti, nella liberta' di informazione, di associazione e di
espressione, manifestazione e promovimento costante di apertura ad una societa'
universale nonviolenta.
10) Obiettivi immediati di transizione a questa finalita' sono:
a) la diffusione delle tecniche della nonviolenza da applicare a tutte le
lotte politiche e sindacali;
b) l'opposizione alla preparazione e alla esecuzione della guerra;
c) la convergenza sul piano rivoluzionario nonviolento di tutti i cittadini
che aspirano ad una nuova societa' e delle loro associazioni di qualsiasi
ideologia;
d) la rapida costituzione di centri di orientamento sociale aperti, in
periodiche riunioni, a tutti e alla discussione di tutti i problemi della vita
pubblica;
e) la formazione di consulte rionali o di villaggio elette da tutti i
cittadini per il controllo e la collaborazione nei riguardi delle
amministrazioni locali;
f) l'organizzazione di comitati dei lavoratori e tecnici, eletti da tutti
indipendentemente dalle organizzazioni politiche e sindacali, con il compito di
seguire i problemi delle singole aziende e di portare tutti al possesso delle
tecniche del controllo sulla produzione e sulla pianificazione democratica, da
utilizzare nella lotta per la societa' di tutti;
g) l'impostazione di una riforma della scuola per cui tutti gli istituti
scolastici a tutti i livelli siano organizzati con spirito comunitario e
controllati da comitati degli studenti e dei professori;
h) la richiesta agli enti pubblici di fondare giornali quotidiani e
settimanali con assoluta obiettivita' di informazione;
i) la costituzione di centri cooperativi culturali dal basso per
l'educazione degli adulti nel campo della divulgazione dei valori artistici,
scientifici, storici, ecc. sottraendoli alle manipolazioni autoritarie o di
parte.
11) Noi pensiamo che una corrente rivoluzionaria nonviolenta debba
richiedere ai suoi aderenti un comportamento manifestamente concorde alla sua
finalita', realizzando tra l'altro il principio che ogni eletto a qualsiasi
carica, sia della corrente sia di ogni altro organismo, possa essere dispensato
dal suo incarico nei periodici incontri con i suoi elettori; dedicando ad
iniziative pubbliche orientate in campo sociale la massima parte del proprio
bilancio privato, non partecipando al possesso di beni che comportino lo
sfruttamento dei cittadini.
12) A coloro che non scorgessero differenza tra la nostra impostazione e
quella democratica parlamentare teniamo a far presente quanto limitata sia la
democraticita' parlamentare, lontana dalla volonta' attiva e quotidiana di tutti
i cittadini, e quanto invece e' complessa e diretta la presenza di tutti negli
organismi da noi propugnati, atti a superare continuamente i privilegi e il
potere dei pochi.
13) A coloro che obiettassero che la pianificazione economica sociale di
uno stato moderno non puo' essere che centralistica e autoritaria, rispondiamo
che la pianificazione puo' e deve essere accompagnata dall'esistenza di organi
democratici che ne rendano possibile dal basso la preparazione, il controllo
della esecuzione e la revisione.
Questi organi sono l'unica garanzia che l'autoritarismo della
pianificazione non si trasferisca nell'autoritarismo di tutto l'apparato
statale, come ha dimostrato l'esperienza sovietica.
Questi organi, infatti, continuando l'azione gia' svolta nella situazione
di economia privatistica, dovranno svilupparsi fino a diventare i protagonisti
del mondo produttivo della nuova societa'.
14) La garanzia che la societa' di tutti e nonviolenta da' alla libera
funzione delle correnti ideologiche e dei partiti deve avere come unica
contropartita la libera espressione, all'interno delle correnti e dei partiti
stessi, dei pareri dei singoli e dei gruppi.
15) Nella politica internazionale attuale la nostra posizione e', oltre che
di lotta per la pace, di pieno appoggio a tutti coloro che lottano con i metodi
nonviolenti contro il capitalismo, l'imperialismo, l'autoritarismo; di aiuto
incondizionato ed immediato a tutti i popoli sottosviluppati da concretarsi in
grandi piani di collaborazione; di sviluppo della collaborazione internazionale
e degli organismi che la garantiscono, a cominciare dall'Onu, e della diffusione
dei nostri metodi nonviolenti per il raggiungimento dei fini comuni.
3. MAESTRI. FRANCO FORTINI: MARXISMO
[Riproponiamo ancora una volta il seguente testo, da Franco Fortini, Non
solo oggi, Editori Riuniti, Roma 1991 (una bella raccolta di testi brevi e
dispersi curata da Paolo Jachia, qui fine editore ma anche autore di egregi
studi - vedi ad esempio le sue belle monografie laterziane su Bachtin e De
Sanctis). Li' il testo che riportiamo e' alle pp. 145-149. Era primieramente
apparso sul "Corriere della sera" del 29 marzo 1983.
Franco Fortini (all'anagrafe Franco Lattes, Fortini e' il cognome della
madre assunto come nom de plume) e' nato a Firenze nel 1917, antifascista,
partecipa all'esperienza della repubblica partigiana in Val d'Ossola. Nel
dopoguerra e' redattore del "Politecnico" di Vittorini; in seguito ha
collaborato a varie riviste, da "Comunita'" a "Ragionamenti", da "Officina" ai
"Quaderni rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora. Ha lavorato
nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come insegnante. E' stato una
delle persone piu' limpide e piu' lucide (e per questo piu' isolate) della
sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed intellettuale pressoche'
leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco Fortini: per l'opera in
versi sono fondamentali almeno le raccolte complessive Poesie scelte
(1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi; Versi
scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si aggiungano l'ultima raccoltina Composita
solvantur, Einaudi, e postuma la serie di Poesie inedite, sempre presso Einaudi.
Testi narrativi sono Agonia di Natale (poi riedito col titolo Giovanni e le
mani), Einaudi; e Sere in Valdossola, Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di
saggi, fondamentali sono: Asia Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli,
poi De Donato; Tre testi per film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il
Saggiatore, poi Garzanti, poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una
nuova edizione assai ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo,
presso Marietti; I cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario
di lettere, Il Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del
Novecento, Laterza; Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi italiani,
Garzanti (che riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi precedentemente
presso De Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso Pasolini, Einaudi; e
adesso il postumo incompiuto Un giorno o l'altro, Quodlibet, Macerata 2006. Si
veda anche l'antologia fortiniana curata da Paolo Jachia, Non solo oggi, Editori
Riuniti; la recente bella raccolta di interviste, Un dialogo ininterrotto,
Bollati Boringhieri; e la raccolta di Saggi ed epigrammi, Mondadori, Milano
2003. Tra le opere su Franco Fortini in volume cfr. AA. VV., Uomini usciti di
pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996; Alfonso Berardinelli, Fortini, La
Nuova Italia, Firenze 1974; Romano Luperini, La lotta mentale, Editori Riuniti,
Roma 1986; Remo Pagnanelli, Fortini, Transeuropa, Jesi 1988; Daniele Balicco,
Non parlo a tutti. Franco Fortini intellettuale politico, Manifestolibri, Roma
2006. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti della cultura e dell'impegno
civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di Pier Vincenzo Mengaldo; la
bibliogafia generale degli scritti di Franco Fortini e' in corso di stampa
presso le edizioni Quodlibet a cura del Centro studi Franco Fortini; una
bibliografia essenziale della critica e' nel succitato "Meridiano" mondadoriano
pubblicato nel 2003]
Quelli che hanno la mia eta' Marx l'hanno letto alla luce delle nostre
guerre. Hanno sempre sentito chiamare marxista chi le potenze delle armi, del
profitto o del potere avevano voluto ridurre al silenzio. "E tu come li chiami i
popoli oppressi o uccisi in nome di Marx?", mi si chiedera' ora; forse
supponendo che non abbia trovato il tempo, finora, di chiedermelo. Rispondo che
sono dalla mia parte. Li conto insieme a quelli che dal Diciassette, quando sono
nato, sono nemici dei miei nemici, a Madrid come a Shanghai, a Leningrado come a
Roma, a Hanoi, a Santiago, a Beirut... I cacciatori di "bestie marxiste" (cosi'
si esprimono) devono sempre aver avuto difficolta' ad apprezzare le differenze
teoriche fra marxiano, marxista, socialista, comunista, bolscevico e cosi'
via.
Mi spieghero' meglio, per loro beneficio. C'e' una foto russa, del tempo
della guerra civile: un plotone di morti di fame, in panni ridicoli, cappellucci
alla Charlot in testa, scarpe slabbrate; e a spall'arm i fucili dello zar.
Questo e' marxismo. C'e' un'altra foto, Varsavia 1956, un giovane magro,
impermeabile addosso, sta dicendo nel microfono, a una sterminata folla operaia
che il giorno dopo l'Armata rossa, come a Budapest, puo' volerli morti o
deportati. Anche questo e' marxismo. Con chi queste cose dice di non capirle, di
marxismo e' meglio non parlare neanche.
Un certo numero di italiani miei coetanei sparve anzitempo dalla faccia
della terra, combattendo borghesi e fascisti. Grazie a loro se le forze
dell'ordine volessero perquisirmi, potrei mostrare che sul miei scaffali
invecchiano le opere di Marx, di Lenin e di Mao, senza temere, ancora, di venire
trascinato alla tortura e alla fossa com'e' accaduto e ogni giorno accade a
poche ore di aereo da casa nostra. Dieci o quindici anni fa poco e' mancato che
la civica arena o il catino di San Siro non accogliessero, come lo stadio di
Santiago del Cile, le "bestie marxiste". So chi mi avrebbe aiutato, in quel
caso: non sarebbero stati davvero quelli che mi conoscono perche' hanno letto i
miei libri. E ora approfitto di queste righe per salutare Alaide Foppa, mia
collega di letteratura italiana a Citta' di Messico. La conobbi anni fa. In
questi giorni ho saputo chi l'ha ammazzata, in Guatemala. Anche questo e'
marxismo.
Cominciai nel 1940 col Manifesto, per consiglio di Giacomo Noventa e
Giampiero Carocci; senza alcun entusiasmo. Capii poi qualcosa da Trockij e
Sorel. Durante la guerra vissi in fanteria un buon corso di marxismo pratico. A
Zurigo, nell'inverno 1943-44, non so quanti libri lessi, riassunsi e annotai,
che parlavano di socialismo e di materialismo storico. Si faceva fuoco di ogni
frasca, allora. Un opuscolo in francese, ricordo, mi fu molto utile; l'aveva
scritto un tale che firmava con lo pseudonimo, seppi poi, di Saragat.
L'apprendistato comprendeva testi anche troppo disparati: Malraux e Rosselli,
Victor Serge e Silone, Mondolfo e Eluard...
A guerra finita vennero letture meno selvagge: le opere storiche (Le lotte
di classe in Francia, Il diciotto brumaio, La guerra civile in Francia), parte
della Sacra famiglia, i primi capitoli, splendidi di genio e forza sintetica,
della Ideologia tedesca, i due volumi del primo libro del Capitale, e a partire
dal 1949 quei Manoscitti economico-filosofici del 1844 oggi tanto derisi e che
mai hanno cessato di stupirmi per la loro capacita' di guidarci da Hegel fino ai
giorni che ancora ci aspettano; e di dirci parole di incredibile attualita'. E
altro ancora.
Dopo vent'anni di diatribe storico-filologiche sul primo e il secondo Marx;
dopo Lukacs e Sartre, Bloch e Sohn-Rethel, Adorno e Althusser, Mao e gli amici
torinesi di "Quaderni rossi", a quelle pagine non ho piu' sentito il bisogno di
tornare se non nei termini di cui parla Brecht in una poesia intitolata,
appunto, "Il pensiero nelle opere dei classici":
Non si cura
che tu gia' lo conosca; gli basta
che tu l'abbia dimenticato...
senza l'insegnamento
di chi ieri ancora non sapeva
perderebbe presto la sua forza rapido decadendo.
Non stiamo commemorando la nostra giovinezza. Anche se fondamentale, quel
pensiero non e' se non un passaggio dell'ininterrotto processo che porta da luce
a oscurita' poi ad altra luce, e dal credere di sapere al sapere di credere. Se
ne compone (come quella di chiunque) la nostra esistenza. O per la gioia dei
piu' sciocchi dovremmo ripetere qual che ci sembra di aver detto sempre e cioe'
di non aver creduto mai che il pensiero di Marx potesse fungere da chiave
interpretativa del mondo piu' o meglio di quanto lo faccia, ad esempio, la
poesia dell'Alighieri? Una educazione alla storia ci faceva almeno intravvedere
quel che era stato detto e fatto ben prima e sarebbe stato detto e patito molto
dopo di noi.
Quando, per l'Italia, almeno dal 1900, data del libro di Croce, ci viene
ogni qualche anno ripetuto che quella di Marx e' filosofia superata, non ho
difficolta' ad ammetterlo; sebbene subito dopo domandi che cosa significa
superare la filosofia di Platone o di Kant. Quando ci viene spiegato che la
teoria marxiana del valore o quella sulla caduta tendenziale del saggio di
profitto sono manifestamente errate, non ho difficolta' ad ammetterlo; anche
perche' mai l'ho impiegata per capire come vadano le cose di questo mondo.
Quando mi si dimostra che l'idea, certo marxiana, di un passaggio dalla
preistoria umana alla storia mediante la fine della proprieta' privata, dello
Stato e del lavoro alienato, si fonda su di una antropologia fallace e
senz'altro smentita dai "socialismi reali", apertamente lo riconosco; anche
perche' ho sempre attribuita la figura d'un progresso illimitato all'errore che
afferma la indefinita perfettibilita' dell'uomo, un errore
illuministico-borghese che Marx ebbe a ereditare.
Ma quando mi si dice che la teoria delle ideologie e' falsa, che la lotta
delle classi e' una favola e che il socialismo e' una utopia senza neanche
l'utilita' pragmatica delle utopie, chiedo allora un supplemento di istruttoria.
Primo, perche' il pensiero epistemologico contemporaneo, dalla critica
psicanalitica del soggetto fino alla semiologia, conferma la fine d'ogni
immediata coerenza fra parola, coscienza e realta', come fra mondo e concezioni
del mondo; secondo, perche' a tutt'oggi e' difficile negare - e lo si sapeva ben
prima di Marx - l'esistenza di ininterrotti conflitti di interessi fra gruppi
umani per il possesso dei mezzi di produzione e la ripartizione del prodotto
sociale; conflitti determinati dai modi del produrre e determinanti l'assetto, o
lo sconvolgimento, dell'intera societa'. Per quanto e' del terzo ed ultimo
punto, convengo volentieri che esso rinvia ad una persuasione
indimostrabile.
La volonta' di eguaglianza e giustizia pertiene alla politica solo grazie
alla mediazione dell'etica e della religione. Marx non ne ha data nessuna
ragione migliore. Indipendentemente da ogni mito perfezionista, credo si debba
continuare a volere (un volere che implica lotta) una sempre piu' sapiente
gestione delle conoscenze e delle esistenze. Il "sogno di una cosa" e' la
realizzata capacita' dei singoli e delle collettivita' di operare sul rapporto
fra necessita' e liberta', fra destino e scelta, fra tempo e attimo.
Il movimento socialista e comunista si e' fondato per cent'anni su quel che
si chiamava l'insegnamento di Marx. Ne era parte maggiore l'idea che il
passaggio al comunismo dovesse essere conseguenza dello sviluppo delle forze
produttive, della industrializzazione e della crescita della classe operaia; e
compiersi con una pianificazione centralizzata. In questi nodi di verita' e di
errore si e' legato il "socialismo reale". Oggi gli esiti del passato ci
impediscono di guardare al futuro. Sono esiti tragici non solo per cadute
politiche, economiche o culturali ne' solo per costi umani; ma perche', anche al
di fuori dei paesi comunisti, il "marxismo reale" ha accettato il quadro mentale
del suo antagonista: primato della tecnologia, etica della efficienza,
sfruttamento dei piu' deboli. Sembrano falliti tutti i tentativi per uscire da
questa logica: massimo quello cinese. Eppure, Bloch dice, non e' stata data
nessuna prova che quella uscita sia impossibile. L'eredita' marxiana e' divisa:
una meta' e' ancora nostra, l'altra e' dei nemici del socialismo e comunismo,
sotto ogni bandiera, anche rossa.
Quanto alla mente geniale morta cent'anni fa, e' anche grazie ad essa che
e' stato ridimensionato il ruolo delle grandi personalita' e dei loro sepolcri.
Pero' ho visitato con commozione a Parigi il Muro dei Federati, a Nanchino la
Terrazza della Pioggia di Fiori o dei Centomila Fucilati; mi fosse possibile,
andrei a onorare i morti dei Gulag: sono tutti di una medesima parte, tuttavia
parte; non ipocrita bacio tra vittime e carnefici. Marx ci ha infatti insegnato
a capire una volta per sempre quale opera implacabile gli ignoti, gli infiniti
vinti vincitori, compiano entro le societa' che preferirebbero ignorarli ed
entro di noi; quali cunicoli scavino, quali fornelli di mina preparino anche in
coloro che li odiano per aver voluto qualcosa che interi popoli oppressi
continuano, morti e vivi, a volere. Tutta la storia umana, ci dice, deve essere
ancora adempiuta, interpretata, "salvata". E o lo sara' o non ci sara' piu' -
sappiamo che e' possibile - nessuna storia. O ti interpreti, ti oltrepassi, ti
"salvi" o non sarai esistito mai.
L'amico di Federico Engels non e' stato davvero il primo a dircelo.
L'ultimo si'. E meglio ancora ogni giorno lo dice, oscuro a se stesso, "il
movimento reale che abolisce lo stato di cose presente" (Ideologia tedesca,
1845-46, I, a). Anche questo e' marxismo.
4. MAESTRI. FRANCO FORTINI: COMUNISMO
[Riproponiamo ancora una volta il seguente testo, da Franco Fortini,
Extrema ratio, Garzanti, Milano 1990, pp. 99-101; era stato pubblicato per la
prima volta nell'inserto settimanale satirico "Cuore" del quotidiano "L'Unita'"
del 16 gennaio 1989. Dopo la pubblicazione in Extrema ratio, questo testo e'
stato ristampato anche nell'opuscolo Una voce: comunismo, Edizioni del Centro di
ricerca per la pace, Viterbo 1990; in Non solo oggi, Editori Riuniti, Roma 1991;
in Saggi ed epigrammi, Mondadori, Milano 2003]
"Termine con cui si designano dottrine che propugnano e descrivono una
societa' basata su forme comunitarie di produzione ovvero di produzione e
consumo, in alternativa a societa' basate su forme di proprieta' privata ovvero
di distribuzione e di consumo diseguali. Possesso comune della terra e dei mezzi
di produzione, lavoro per tutti, regolazione pianificatrice dei bisogni e delle
funzioni (...) parte integrante di tali dottrine e' l'educazione comune,
pubblica, di tutti gli individui" (Enciclopedia Garzanti).
Il combattimento per il comunismo e' gia' il comunismo. E' la possibilita'
(quindi scelta e rischio, in nome di valori non dimostrabili) che il maggior
numero di esseri umani - e, in prospettiva, la loro totalita' - pervenga a
vivere in una contraddizione diversa da quella oggi dominante. Unico progresso,
ma reale, e' e sara' il raggiungimento di un luogo piu' alto, visibile e
veggente, dove sia possibile promuovere i poteri e la qualita' di ogni singola
esistenza. Riconoscere e promuovere la lotta delle classi e' condizione perche'
ogni singola vittoria tenda ad estinguere la forma presente di quello scontro e
apra altro fronte, di altra lotta, rifiutando ogni favola di progresso lineare e
senza conflitti.
Meno consapevole di se' quanto piu' lacerante e reale, il conflitto e' fra
classi di individui dotati di diseguali gradi e facolta' di gestione della
propria vita. Oppressori e sfruttatori (in Occidente, quasi tutti; differenziati
solo dal grado di potere che ne deriviamo) con la non-liberta' di altri uomini
si pagano l'illusione di poter scegliere e regolare la propria individuale
esistenza. Quel che sta oltre la frontiera di tale loro "liberta'" non lo vivono
essi come positivo confine della condizione umana, come limite da riconoscere e
usare, ma come un nero Nulla divoratore. Per dimenticarlo o per rimuoverlo gli
sacrificano quote sempre maggiori di liberta', cioe' di vita, altrui; e,
indirettamente, di quella propria. Oppressi e sfruttati (e tutti, in qualche
misura, lo siamo; differenziati solo dal grado di impotenza che ne deriviamo)
vivono inguaribilita' e miseria di una vita incontrollabile, dissolta ora nella
precarieta' e nella paura della morte ora nella insensatezza e non-liberta'
della produzione e dei consumi. Ne' gli oppressi e sfruttati sono migliori,
fintanto che ingannano se stessi con la speranza di trasformarsi, a loro volta,
in oppressori e sfruttatori di altri uomini. Migliori cominciano ad esserlo
invece da quando assumono la via della lotta per il comunismo; che comporta
durezza e odio per tutto quel che, dentro e fuori degli individui, si oppone
alla gestione sovraindividuale delle esistenze; ma anche flessibilita' e amore
per tutto quel che la promuove e la fa fiorire.
Il comunismo in cammino (un altro non esiste) e' dunque un percorso che
passa anche attraverso errori e violenze, tanto piu' avvertiti come
intollerabili quanto piu' chiara si faccia la consapevolezza di che cosa gli
altri siano, di che cosa noi si sia e di quanta parte di noi costituisca anche
gli altri; e viceversa. Il comunismo in cammino comporta che uomini siano usati
come mezzi per un fine che nulla garantisce invece che, come oggi avviene, per
un fine che non e' mai la loro vita. Usati, ma sempre meno, come mezzi per un
fine, un fine che sempre piu' dovra' coincidere con loro stessi. Ma chi dalla
lotta sia costretto ad usare altri uomini come mezzi (e anche chi accetti
volontariamente di venir usato cosi') mai potra' concedersi buona coscienza o
scarico di responsabilita' sulle spalle della necessita' o della storia.
Chi quella lotta accetta si fa dunque, e nel medesimo tempo, amico e nemico
degli uomini. Non solo amico di quelli in cui si riconosce e ai quali, come a se
stesso, indirizza la propria azione; e non solo nemico di quanti riconosce, di
quel fine, nemici. Ma anche nemico, sebbene in altro modo e misura, anche dei
propri fratelli e compagni e di se stesso; perche' non dara' requie ne' a se'
medesimo ne' a loro, per strappare essi e se stesso agli inganni della
dimenticanza, delle apparenze e del sempreuguale.
Dovra' evitare líerrore di credere in un perfezionamento illimitato; ossia
che l'uomo possa uscire dai propri limiti biologici e temporali. Questo errore,
con le piu' varie manipolazioni, ha gia' prodotto, e puo' produrre, dei
sottouomini o dei sovrauomini; egualmente negatori degli uomini in cui ci
riconosciamo. Ereditato dall'Illuminismo e dallo scientismo, depositato dalla
cultura faustiana della borghesia vittoriosa dell'Ottocento, quell'errore
ottimistico fu presente anche in Marx e in Lenin e oggi trionfa nella maschera
tecnocratica del capitale. Quando si parla di un al di la' dell'uomo, e' dunque
necessario intendere un al di la' dell'uomo presente, non un al di la' della
specie. Comunismo e' rifiutare anche ogni sorta di mutanti per preservare la
capacita' di riconoscersi nei passati e nei venturi.
Il comunismo in cammino adempie l'unita' tendenziale tanto di eguaglianza,
fraternita' e condivisione quanto quella di sapere scientifico e di sapienza
etico-religiosa. La gestione individuale, di gruppo e internazionale,
dell'esistenza (con i suoi insuperabili nessi di liberta' e necessita', di
certezza e rischio) implica la conoscenza delle frontiere della specie umana e
quindi della sua infermita' radicale (anche nel senso leopardiano). Quella umana
e' una specie che si definisce dalla capacita' (o dalla speranza) di conoscere e
dirigere se stessa e di avere pieta' di se'. In essa, identificarsi con le
miriadi scomparse e con quelle non ancora nate e' un atto di rivolgimento
amoroso verso i vicini e i prossimi; ed e' allegoria e figura di coloro che
saranno.
Il comunismo e' il processo materiale che vuol rendere sensibile e
intellettuale la materialita' delle cose dette spirituali. Fino al punto di
sapere leggere nel libro del nostro medesimo corpo tutto quel che gli uomini
fecero e furono sotto la sovranita' del tempo; e interpretarvi le tracce del
passaggio della specie umana sopra una terra che non lascera' traccia.
5. MAESTRI. FRANCO FORTINI: CANTO DEGLI ULTIMI PARTIGIANI
[Da Franco Fortini, Foglio di via, Einaudi, Torino 1946, 1999, p. 32, riprendiamo questo testo del 1945 (da ultimo ristampato anche in Franco Fortini, Versi scelti. 1939-1989, Einaudi, Torino 1990, p. 15)] Sulla spalletta del ponte Le teste degli impiccati Nell'acqua della fonte La bava degli impiccati. Sul lastrico del mercato Le unghie dei fucilati Sull'erba secca del prato I denti dei fucilati. Mordere l'aria mordere i sassi La nostra carne non e' piu' d'uomini Mordere l'aria mordere i sassi Il nostro cuore non e' piu' d'uomini. Ma noi s'e' letta negli occhi dei morti E sulla terra faremo liberta' Ma l'hanno scritta i pugni dei morti La giustizia che si fara'. 6. INIZIATIVE. ASSOCIAZIONE "RESPIRARE": REALIZZARE
SUBITO IL PARCO NATURALISTICO, ARCHEOLOGICO E TERMALE DEL BULICAME
[Riceviamo e
diffondiamo]
La lobby speculativa del mega-aeroporto tenta
l'ultimo insensato e criminale assalto col fine di avvelenare i viterbesi,
devastare l'area del Bulicame e saccheggiare il pubblico
erario.
Anche questo assalto deve essere respinto con la
forza della verita', col rispetto della legalita', con la difesa limpida e
intransigente dei beni ambientali e culturali, delle tradizioni civili, delle
vocazioni produttive del territorio, con l'affermazione della dignita' e dei
diritti della popolazione di Viterbo e dell'Alto Lazio.
Ed in particolare va ribadito una volta di
piu' che la realizzazione di un mega-aeroporto nella preziosa area
naturalistica, archeologica e termale del Bulicame di dantesca memoria, un'area
di immenso pregio ambientale, culturale e terapeutico, e a ridosso di popolosi
quartieri della citta', avrebbe come immediate conseguenze: a) lo scempio dell'area del Bulicame e dei beni ambientali e
culturali che vi si trovano; b) la devastazione
dell'agricoltura della zona circostante; c) l'impedimento alla valorizzazione terapeutica e sociale delle risorse
termali; d) un pesantissimo inquinamento chimico,
acustico ed elettromagnetico di grave nocumento per la salute e la qualita'
della vita della popolazione locale; e) il
collasso della rete infrastrutturale dell'Alto Lazio, territorio gia' gravato da
pesanti servitu'; f) uno sperpero colossale di
soldi pubblici; g) una flagrante violazione di
leggi italiane ed europee e dei vincoli di salvaguardia presenti nel
territorio.
E una volta di piu' va ricordato
anche che la magistratura penale ha gia' aperto un'inchiesta per
corruzione a carico di amministratori e dirigenti del Comune di Viterbo in
relazione a operazioni urbanistiche connesse alla realizzazione
del mega-aeroporto. *
Ma oltre a confermare la consapevole
indispensabile opposizione al crimine del mega-aeroporto, nell'iniziativa
in difesa di ambiente, salute e diritti occorre passare alla realizzazione
del necessario "programma costruttivo" (per usare la terminologia
gandhiana): "programma costruttivo" il cui fulcro e' la realizzazione
del parco naturalistico, archeologico e termale del Bulicame, ovvero la
difesa e la valorizzazione dell'intera area in cui si trovano le sorgenti di
acqua sulfurea, innumerevoli straordinarie emergenze naturalistiche ed
archeologiche, rilevanti attivita' agricole e la possibilita' di sviluppare
adeguate e sostenibili strutture ed attivita' ricettive e terapeutiche
legate al termalismo.
La realizzazione del parco naturalistico,
archeologico e termale del Bulicame e' il passo necessario per sconfiggere
definitivamente ogni manovra speculativa, cementificatrice, devastatrice ed
avvelenatrice.
La realizzazione del parco naturalistico,
archeologico e termale del Bulicame deve essere impegno primario del
Comune, della Provincia e della Regione.
*
L'associazione "Respirare"
Viterbo, 24 giugno 2010
L'associazione "Respirare" e' stata promossa a
Viterbo da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto
alla salute e la difesa dell'ambiente. 7. INCONTRI. IL 23 GIUGNO SI E' SVOLTO A VITERBO UN INCONTRO DI
FORMAZIONE
Mercoledi' 23 giugno 2010 si e' svolto a
Viterbo, nell'ambito di uno specifico percorso formativo iniziato da diversi
mesi, un incontro di accostamento alla comunicazione nonviolenta in ambito
comunitario.
All'incontro ha preso parte il responsabile del
"Centro di ricerca per la pace" di Viterbo.
Nel corso dell'incontro si sono analizzati dettagliatamente fini e
mezzi di una esperienza di convivenza comunitaria in costruzione orientata
al rispetto della biosfera e dei diritti umani di tutti gli esseri umani ed
impegnata nella promozione di una cultura della pace inverata
in molteplici pratiche di accudimento, solidarieta', comprensione
reciproca, autoformazione ed autogestione, responsabilita' per il bene
comune. 8. APPELLI.
IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento. Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235. * Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 9.
STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'".
10. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- G. D. H. Cole, Storia del pensiero socialista, Laterza, Roma-Bari 1967,
1976, 5 voll. in 7 tomi (I. I precursori 1789-1850; II. Marxismo e anarchismo
1850-1914; III. La Seconda Internazionale 1889-1914 (in due tomi); IV. Comunismo
e socialdemocrazia 1914-1931 (in due tomi); V. Socialismo e fascismo
1931-1939).
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo
di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 232 del 25 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
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