Telegrammi. 216
- Subject: Telegrammi. 216
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 9 Jun 2010 00:58:57 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 216 del
9 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino
proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche
della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. I due primi doveri
2. L'11 giugno a Siena
3. Al convegno nazionale del 7 giugno 2010 a Roma su "Politiche
per l'ambiente e la salute" la dottoressa Antonella Litta ha tenuto una
fondamentale relazione
4.
Giovanna Providenti: La porta e' aperta
5. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
6.
"Azione nonviolenta"
7. Segnalazioni librarie 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. I DUE PRIMI DOVERI
Opporsi alla guerra assassina.
Opporsi al colpo di stato razzista.
*
Difendere la vita, la dignita', i diritti umani di tutti gli esseri
umani.
2. INCONTRI. L'11 GIUGNO A SIENA
[Riceviamo e
diffondiamo]
Per iniziativa del Comitato contro l'ampliamento
dell'aeroporto di Ampugnano-Siena, venerdi' 11 giugno 2010 a Siena, con inizio
alle ore 21, in piazza Salimbeni, si terra' lo spettacolo
"Aeroportini di carta. Dalla Diana al Luco e al Bulicame", racconto di e con
Antonello Ricci e la Banda del racconto (Michela e Pietro Benedetti, Olindo
Cicchetti, Domenico Coletta, Sara Grimaldi, disegni live Alfonso
Prota).
Lo spettacolo sara' preceduto da un intervento
del Comitato contro l'ampliamento dell'aeroporto di Ampugnano-Siena e da un
intervento della dottoressa Antonella Litta, portavoce del comitato che si
oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo.
*
Per ulteriori informazioni:
*
Nota per la stampa a cura del comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della
democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 8 giugno 2010
Per contattare direttamente la portavoce
del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com 3. INCONTRI. AL CONVEGNO NAZIONALE DEL 7 GIUGNO
2010 A ROMA SU "POLITICHE PER L'AMBIENTE E LA SALUTE" LA DOTTORESSA
ANTONELLA LITTA HA TENUTO UNA FONDAMENTALE RELAZIONE
[Riceviamo e
diffondiamo]
Al convegno nazionale sul
tema "Politiche per l'ambiente e la salute" che si e' tenuto a Roma il 7
giugno 2010 presso la Sala Colonne di
Palazzo Marini, sede degli uffici del Parlamento italiano, la dottoressa
Antonella Litta, referente per Viterbo dell'"Associazione italiana medici per
l'ambiente", e' stata una delle principali relatrici.
Il convegno, al quale hanno preso parte autorevolissime figure della ricerca scientifica, cattedratici
universitari, prestigiose personalita' delle istituzioni e della cultura, e'
stata una qualificata occasione di confronto scientifico e di proposta alle
istituzioni per interventi adeguati in difesa di ambiente e salute.
La relazione della dottoressa Litta ha costituito uno dei contributi
fondamentali dell'incontro.
*
Antonella Litta svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi. E' specialista
in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica
presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di
uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione
tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa
rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E'
referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International
Society of Doctors for the Environment - Italia) e per questa associazione e'
responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo di studio su "Trasporto aereo
come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute". E' referente per
l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela
del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Gia'
responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca
e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici.
Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera
comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed
internazionali. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in
progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto
dell'ambiente. E' la portavoce del Comitato che si oppone al mega-aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di
tutti.
Come rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente
(Isde-Italia) ha promosso una rilevante iniziativa per il risanamento delle
acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei
comuni circumlacuali.
*
Nota per la stampa a cura del comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della
democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 8 giugno 2010
4. RIFLESSIONE. GIOVANNA PROVIDENTI: LA PORTA E' APERTA [Ringraziamo Giovanna Providenti (per contatti: providen at uniroma3.it) per averci messo a disposizione (attraverso Giselle Dian, che ringraziamo anch'essa) la seguente relazione svolta il 17 aprile 2009 a Pistoia in un incontro sul tema "Tolleranza/intolleranza: uguali e diversi nella storia", relazione dal titolo completo "La porta e' aperta'. Donne e uomini oltre il velo dell’intolleranza" Giovanna Providenti (Messina, 1965) e'
ricercatrice nel campo dei peace studies e women's and gender studies, saggista,
si occupa di nonviolenza, studi sulla pace e di genere, con particolare
attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due figli. Collabora alle attivita'
del Centro studi Montessori e partecipa al Circolo Bateson di Roma. Scrive
per la rivista "Noi donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude.
Per pensare le differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e il volume La
nonviolenza delle donne, "Quaderni satyagraha", Firenze-Pisa 2006; ha pubblicato
numerosi saggi su rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale,
democrazia e nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45,
dicembre 2004; Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul
femminile nella formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in
formazione. Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005;
L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in
Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004; il suo libro piu'
recente e': La porta e' aperta. Vita di Goliarda Sapienza. Scrive anche
racconti, di cui alcuni pubblicati sulla rivista "Marea"; sta preparando un
libro dal titolo Donne per, sulle figure di Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria
Montessori]
Il tema su cui sono stata invitata a parlare, l’intolleranza e la tolleranza, l’uguaglianza e la differenza nella storia, va affrontato a prescindere dalle idee e dai colori politici, con occhi attenti a quella che e' la realta' concreta delle persone in carne e ossa. Il fatto
di essere o meno tolleranti non ha a che vedere con un’idea, un pensiero.
Riguarda semmai un atteggiamento di vita. Non c’entra tanto con i contenuti
della visione del mondo che una persona ha, ma con il modo in cui una persona si
relaziona al mondo. Chi e' intollerante, sia che veda nero sia che veda
bianco, non sopporta la violazione a quello che per lui e' la legge, non
accetta l’idea che la sua legge e' solo una delle tante leggi possibili,
una delle possibili visioni del mondo (piu' o meno aderenti alla realta'). E si
relaziona a cio' che e' diverso da essa e a chi la pensa in modo diverso
non tollerando, appunto. Come spieghero' meglio piu' avanti l’intolleranza ha
anche a che fare con una difficolta' (psicologica?) a concedere, e soprattutto
concedersi, la liberta' di pensare in modo diverso, la liberta' di spostarsi di
posizione, di immedesimarsi nel punto di vista dell’altro. Com’è
invece una persona tollerante? Premettendo che la parola “tolleranza” non mi piace molto (richiama troppo il concetto di sopportazione!), provero' a proporvi una modalita' di relazionarsi al mondo, che, a mio parere, e' un presupposto molto utile per andare oltre il velo dell’intolleranza. Per aiutarmi a mostrarvi questa visione usero' la metafora della porta aperta e vi diro' che la figura, a mio parere, piu' “tollerante” e' quella dello scienziato-ricercatore interessato ad indagare direttamente il territorio delle cose di cui si occupa, qualsiasi sia la sua materia. Nel titolo ho voluto accostare la parola ignoranza all’intolleranza, perche' secondo me le due cose vanno spesso insieme. Non e' pero' necessariamente vero il contrario. Non e' per niente detto che un accumulo maggiore di conoscenze aiuti a rispettare di piu' la liberta' e l’esistenza di tutto cio' che e' altro da noi. Aanzi spesso succede che persone molto colte abbiano un atteggiamento di “supponenza” molto poco tollerante. La mia ipotesi e' che una attitudine alla curiosita' scientifica, alla ricerca e al fare esperienza delle cose, non necessariamente a livelli accademici, anche a livelli di scuola elementare, aiuti ad oltrepassare il velo dell’intolleranza. Mi riferisco ad un atteggiamento mentale “scientifico” (nel senso di sperimentata o sperimentabile in prima persona) piu' radicato nel territorio, nella realta' per come realmente e', piu' che nella mappa. Secondo
me una persona che abbia voglia di attraversare e oltrepassare il velo
dell’intolleranza (un velo che distorcendo la visione dell’altro impedisce di
incontrarlo) ha bisogno di una mente “ecologica” che possieda almeno queste due
peculiarita': 1. riesce a integrare mappa e territorio, ovvero possiede una percezione della realta' abbastanza “realista” (non nel senso della “realpolitik”, che e' tutt’altra cosa), nel senso che riesce a vedere, a sperimentare la complessita' del territorio che indaga. A colmare la distanza tra ideale e reale. In modo che l’ideologia non condizioni la realta' al punto da trasformarne la visione. 2. tende ad accogliere diversita' e novita' grazie a un’attitudine a non arroccarsi in un unico stereotipo di se stessa, ma ad aprire porte, morire e rinascere in continuazione cosi' come, del resto, avviene a ogni singola cellula di cui e' composta. “La mappa non e' il territorio” e' una frase pronunciata da Alfred Korzybski e ripresa sia dallo scienziato della natura e antropologo Gregory Bateson sia dal fisico Fritjof Capra. Quest’ultimo afferma che tutti i concetti che usiamo per descrivere la natura sono limitati, essendo parti della mappa, non del territorio. Invece ogni volta che estendiamo il campo della nostra esperienza, i limiti della nostra mente razionale diventano evidenti e siamo costretti a modificare, o persino abbandonare, alcuni dei nostri concetti. In questo senso lui paragona l’esperienza degli scienziati moderni e la scoperta di cose come le particelle subatomiche, lo spazio curvo, la teoria dei campi, la teoria della relativita' all’esperienze dei mistici. Capra dimostra che la visione del mondo che viene fuori dalle indagini della fisica moderna e' molto simile a quella del misticismo e delle filosofie orientali che si fondano sulle indagini mistiche. Ad accomunare fisici e mistici e' innanzitutto la modalita' di indagine: che non cade nella confusione tra mappa e territorio perche' non si accontenta delle descrizioni della realta' ed anela a scoprire la realta' dietro la superficie, dietro la semplicistica spiegazione meccanicistica della vita quotidiana. Anela a scoprire/liberare l’essenziale dei loro oggetti d’indagine, che per i fisici e' la realta' piu' profonda della materia; per i mistici e' la realta' piu' profonda della coscienza. * Cosa significa entrare nella realta' piu' profonda di qualcosa? Per i mistici approfondire la comprensione della coscienza consiste nell’indagare dentro se stessi ed immergersi nel mondo sconosciuto del nirvana, rinunciando alla conoscenza, e considerando saggio non sapere di sapere. Gli scienziati, spesso partendo da una saggezza opposta (quella socratica di sapere di non sapere), approfondiscono la comprensione della materia e dei processi naturali indagando con strumenti di indagine sempre piu' sofisticati e precisi. Per entrambi, sia i mistici che gli scienziati moderni, scopo dell’indagine e' ridurre la distanza tra mappa e territorio e cogliere la natura essenziale delle cose, con la disponibilita' a mettere in discussione le certezze preesistenti. Tra queste certezze messe in discussione dalle indagini scientifiche, in vari ambiti del sapere, da un secolo a questa parte, va nominato il determinismo rigoroso e la fondamentale divisione fra l’Io e il mondo introdotta da Cartesio. La famosa frase di Cartesio “Cogito ergo sum”, “penso dunque sono”, ha portato l’uomo occidentale a identificarsi con la propria mente invece che con l’intero organismo. La mente divisa dal corpo ha provocato la comparsa di un conflitto tra volonta' cosciente e istinti volontari. Conflitto che, come scrive Fritjof Capra in Il tao della fisica ha generato nei singoli individui “una continua confusione metafisica e altrettanta frustrazione. Questa frammentazione interna dell’uomo rispecchia la sua concezione del mondo esterno, che e' visto come un insieme di oggetti e di eventi separati, [... ed e'] ulteriormente estesa alla societa', che viene suddivisa in differenti nazioni, razze, gruppi religiosi e politici. La convinzione che tutti questi frammenti - in noi stessi, nel nostro ambiente e nella nostra societa' - siano realmente separati puo' essere vista come la causa fondamentale di tutte le crisi attuali, sociali, ecologiche e culturali. Essa ci ha estraniati dalla natura e dagli esseri umani nostri simili. Essa ha provocato una distribuzione delle risorse naturali incredibilmente ingiusta, che crea disordine economico e politico". Questa frammentazione sia personale sia sociale spiega la diffusione di abitudini di pensiero, o mentalita', rigide e tendenti a vedere nel diverso il nemico. Si tratta di mentalita' poco “ecologiche”, nel senso che a questo termine da' Gregory Bateson, perche' piu' aderenti alla mappa che al territorio. In
questa mia relazione voglio provare a persuadervi del fatto che e'
possibile ridurre la distanza tra mappa e territorio, a partire dalle nostre
menti e abitudini di pensiero, e che ridurre questa distanza e' un primo
passo per oltrepassare il velo dell’intolleranza. Quello successivo e' aprire la porta, metafora che ho scelto come titolo. * Il titolo dato a questa relazione richiama il titolo del mio ultimo libro: La porta e' aperta. Vita di Goliarda Sapienza. La metafora della porta aperta, suggeritami dalla scrittrice italiana Goliarda Sapienza e' una metafora di rinascita. Tutta l’opera di Goliarda Sapienza e la sua stessa vita e' permeata da quella che potremmo definire una pratica della rinascita, della capacita' di rinascere continuamente a se stessi. La protagonista de L’arte della gioia, suo romanzo piu' famoso, ambientato dal 1900 agli anni Settanta del XX secolo e scritto tra il 1969 e il 1976, e' una donna, di nome Modesta, dotata di una coscienza in continua crescita di consapevolezza personale, che trova la propria strada verso la liberta' e la gioia attraverso continui processi di rinascita. Nel romanzo, una sorta di saga siciliana, torna spesso l’idea di aprire porte piuttosto che chiuderle, di rinascere continuamente invece di morire lentamente. Una delle forme in cui questa continua rinascita si manifesta e' la disponibilita' d’animo a lasciarsi alle spalle qualcosa e intraprendere qualcos’altro. Sembra facile a dirsi, ma a farsi... e' molto piu' complicato... soprattutto quando si possiede una modalita' tendenzialmente predisposta a identificarsi in specifici ruoli o modi di essere. Vi leggo un breve brano tratto da L’arte della gioia, in cui la protagonista, Modesta, alla soglia della vecchiaia ed anche di una potenziale depressione-rinuncia a continuare a perseguire i propri sogni e a lottare per la giustizia e la liberta', sceglie di non mollare e di aprire la porta: "la vecchiaia... nessuno ha mai osato parlarne per timore - sempre l’eterno timore - di rovesciare i falsi equilibri stabiliti. Davanti alla porta chiusa... la tentazione di entrare, osservare tutto ti prende, vero Modesta? Certo, a ogni cantone, dopo aver imboccato quella porta, puoi incontrare la tua morte. Ma perche' aspettarla li' fuori, le spalle curve, le mani molli nel grembo? Perche' non andarle incontro e sfidarla giorno per giorno, ora per ora, rubando a essa tutta la vita possibile? [...] E' ora di muoversi, di lottare con tutti i muscoli e i pensieri in quella partita a scacchi con la Certa che attende. E ogni anno rubato, vinto, ogni ora strappata alla scacchiera del tempo, si fa eterna in quella partita finale. Pensa, Modesta, forse invecchiare diversamente non e' che un ulteriore atto di rivoluzione...". Oggi la vecchiaia e' uno dei topoi su cui si accaniscono molte intolleranze e nei confronti dei quali si hanno molti pregiudizi, una “diversita'” che si preferisce interdire, rifiutare, relegare in cantina invece di accogliere e vivere intensamente e con gioia. Altre vittime di simili trattamenti sono l’omosessualita', gli zingari, gli extracomunitari e in passato sono state le donne e i neri. Nella storia ci sono sempre state intolleranze motivate da presunte “diversita'” trasformate in disuguaglianze: porte sbarrate alla ricchezza del territorio variegato dell’umanita'. Mappe disegnate per semplificare, illudendosi di ridurre i problemi provenienti dalle pluralita'. Mappe che hanno stabilito, nel lungo corso della Storia, il privilegio di pochi e la sofferenza di molti. E se, invece di ridurre e semplificare, si aprisse la porta alle pluralita' con spirito libero e curioso? * Per
spiegare cosa intendo, quando parlo di “accogliere/aprire la porta al diverso”,
andro' a scomodare il se', ovvero il nostro mondo
interiore. Ma prima vorrei aprire una breve parentesi sul signiicato di "liberta'". Rosa
Luxemburg diceva che “liberta' e' sempre soltanto la liberta' per chi la
pensa in modo diverso”. In Italia, dove domina un partito che fa della liberta' il proprio vessillo, presente anche nel nome, e' un’altra l’idea di liberta'. Per i nostri governanti chi la pensa in modo diverso dalla maggioranza sta con la morte e non con la vita e chi bussa alle porte per cercare liberta' viene bollato come clandestino da rispedire indietro. Nel nostro “belpaese” liberta' e' sinonimo di privilegio e permissivismo dentro una trincea di mattoni che diventera' sempre piu' fitta grazie a condoni e proprieta' estendibili. Il successo dell’attuale coalizione al governo, che si prepara a vincere anche le elezioni europee, si fonda sul presupposto (purtroppo rinforzato dai fatti!) che a giudicare l’operato governativo non siano dei cittadini in grado di capire che cosa stia succedendo intorno a loro, ma degli utenti-consumatori da corteggiare con proposte allettanti e facendo loro credere di stare dalla parte dei vincenti. Di essere dei privilegiati: nei confronti degli sfigati di sinistra, di tutti coloro che non possiedono nemmeno una piccola proprieta', degli immigrati clandestini a cui negare persino il diritto di curarsi, e, addirittura, nei confronti di tutti gli abitanti del mondo, che subirebbero le conseguenze della crisi internazionale in maniera molto piu' grave che in Italia. Questa
idea di liberta' come privilegio e' molto lontana dalla concezione di Rosa
Luxemburg e delle molte donne e uomini che nella storia hanno combattuto per la
liberta' di tutti e di ciascuno anche a costo della vita. Liberta' non e' chiusura, ma apertura alle e verso le diversita'. Ed ecco
che ritorno al punto: aprire la porta al diverso per superare il velo
dell’intolleranza, presuppone un atto di liberta' che consiste nell’aprire la
porta al diverso. Ma cosa significa esattamente questa apertura al/verso il diverso? Prima di essere un’apertura verso il diverso da se' e' un’apertura verso il diverso dentro di se'. Cosa
voglio dire con questo? Voglio
dire che per aprire davvero la porta a chi la pensa in modo diverso servirebbe
prima aprirla alla possibilita' di pensare in modo diverso dentro di noi. Spesso
le persone piu' intolleranti lo sono innanzituto verso se stessi. Non
“tollerano” di sbagliare, stanno male se gli capita di accorgersi di stare
facendo o dicendo qualcosa che e' contrario alla morale che hanno scelto di
perseguire (e poiche' la contraddittorieta', o meglio la dualita'/pluralita', fa
parte della natura umana, gli capita molto spesso di contraddirsi, ma, se sono dei veri intolleranti,
non se ne accorgono, e quando se ne accorgono potrebbe essere tragico per
loro). Voglio
dire che in ognuno di noi alberga sia Mr Hyde che il dottor Jekyll, e che il
problema non e' nel fatto che loro sono due e non uno, ma nel fatto che
entrambi, sia Jekyll che Hyde, vorrebbero essere cittadini esclusivi e
privilegiati e giudicano l’altro peggiore di se'. Lo scrittore Robert Stevenson nel capolavoro Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, coglie bene la natura duale dell’essere umano e ha avuto una grande intuizione (non a caso ha avuto, e ha tuttora, grandissimo successo: sul dottor Jekyll e Mr Hyde sono stati fatti moltissimi film, persino cartoni animati, ed e' uno dei testi piu' noti e piu' citati a livello internazionale e interdisciplinare). In ognuno di noi alberga sia Mr Hyde che dottor Jekyll. Il guaio e' se si permette solo a uno dei due di essere cittadino, inebetendolo di privilegi, e si relega l’altro in cantina non permettendogli di sviluppare le sue migliori potenzialita'. Il limite della prospettiva dell’autore de Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, tendente a identificarsi piu' con Jekyll che con Hyde (considerato come “una maledizione”, “la parte peggiore di me”, una “tentazione” da mettere alla catena, un male interiore che finisce per distruggere l’equilibrio della sua anima), e' l’atteggiamento di rifiuto nei confronti dell’alter ego Mr Hyde, giudicato malvagio perche' trasgredisce la sua visione ordinata del mondo. Ma la trasgressione di Hyde e' direttamente proporzionale alla repressione subita da parte di Jekyll, il quale, non riuscendo a cogliere la propria natura duale, si identifica solo con il se' rappresentato dal dottore socialmente vincente, “buono” e bravo, che si ritrova ad essere “invaso” da un clandestino indesiderato, che non e' altri che lui stesso, diventato criminale in reazione al divieto di esistere. Jekyll non comprende che il suo problema non e' Hyde, ma la propria visione riduttiva e bipolare del mondo, che, definendo cosa e' bene e cosa e' male, crea il mostro cattivo. A livello intrapersonale il mostro cattivo e' Mr Hyde, colpevole di distruggere equilibri e da mettere alla catena. A livello sociale il mostro cattivo diventano i “diversi”, contro cui altri che invece si percepiscono “uguali” si accaniscono. Come spesso e' successo nella storia, trasformando le diversita' in disuguaglianze e discriminazioni, attribuendo a qualcuno qualita' positive e a qualcun altro qualita' negative, andando a toccare anche differenze molto relative come il colore della pelle, trasformando la differenza sessuale in una categoria storico-sociale discriminante (il “gender”), riducendo la bellezza sia dell’essere umano che dell’universo, che consiste proprio, a mio parere, nella pluralita' e poliedricita'. * In
questa operazione di riduzione del reale e di discriminazione dei diversi, un
capitolo a parte meriterebbe il ruolo dei mass-media quando caratterizzano
“etnicamente” un delitto (lo strupatore sempre rumeno o marocchino; il
terrorista palestinese, etc). La paura dello straniero, amplificata dai
mass-media, sembra volere frenare il processo in corso di un mondo in cui il
trasferimento di persone da un paese all’altro e' (per le piu' svariate
ragioni) una necessita'... di un mondo di dimensioni sempre piu' internazionali
(in Europa la popolazione proveniente dai paesi extraeuropei e' aumentata a
livelli esponenziali negli ultimi decenni). Non ha senso chiudere le frontiere, impedire questa internazioalizzazione del mondo. La mente umana dovrebbe trovare soluzioni di diverso tipo, molto piu' creative e articolate, rispetto ai semplicistici chiudere, sterminare, combattersi a vicenda, etc. Ma questo e' un argomento da affrontare a parte. * L’abitudine a semplificare, a ridurre e a perseguire abitudini di pensiero bipolari e' oggi responsabile di alcune “ipersoluzioni” con cui le istituzioni politiche pensano di risolvere le questioni sociali, non basandosi sulla conoscenza reale di cio' che succede nel quotidiano di cittadini e cittadine e dei loro reali bisogni, ma sulla base di convinzioni astratte: il bene che deve dominare sul male, la verita' che deve trionfare. In Italia oggi stiamo assistendo a una serie di “ipersoluzioni” di questo tipo: la questione “testamento biologico” risolta con una legge poco rispettosa dei diritti umani dell’individuo; il “pacchetto sicurezza”, rivolto a mettere a norma i campi nomadi e combattere la clandestinita', che prevede cose come la segnalazione da parte dei medici e i campi di concentramento per gli immigrati; il problema della violenza contro le donne affrontato fomentando la paura dell’estraneo e dello straniero, cercando “capri espiatori” e garantendo branchi di ronde contro ipotetici branchi di violentatori, ottenendo il risultato di aumentare l’insicurezza delle donne invece di incoraggiarle a rafforzarsi. Il
problema della violenza alle donne (che avviene soprattutto dentro le case e
che e' spesso dovuto a irrisolti conflitti interpersonali) non verra' certo
risolto dalla polizia! Le persone che bussano alle nostre frontiere sono esseri
umani come noi (e come noi italiani siamo stati fino a pochi decenni fa in
America e in nord Europa) da aiutare piu' che da
respingere. I problemi di singole persone e/o di collettivita' non si risolvono con “ipersoluzioni”, ma vanno affrontati caso per caso, rinunciando agli slogan e imbrattandosi le mani a contatto con la realta' concreta. Oggi, e' soprattutto nella pratica quotidiana dei singoli che molte questioni vengono affrontate. Ad esempio la questione del razzismo, in moltissime persone e' superata a partire da se': nel percepire se stessi personalita' plurime o nomadi. La crisi economica e' ben affrontata da reti del terzo settore, da cittadini che si auto-organizzano in gruppi di acquisto, che trovano strategie per ridurre gli sprechi o che si rivolgono allo sviluppo dell’agricoltura di prossimita', come avviene nel Parco Sud di Milano; da stili di consumo, di imprenditorialita', di management e persino di finanza che danno piu' valore alla solidarieta' e alla costruzione di relazioni e legami sociali che all’accumulo di capitale. Non e' forse un caso che Banca Etica, in totale controtendenza alla crisi, ha chiuso il 2008 con un utile netto superiore al 25% rispetto al precedente anno. Qualsiasi crisi, sia personale che collettiva, sia politica, finanziaria che di identita', si affronta meglio rafforzando autonomia e fiducia nelle proprie capacita' piuttosto che affidandosi al semplicistico ottimismo di chi offre privilegi a scapito di qualcun altro. Una persona autonoma e' in grado di individuare la bugia nascosta dietro promesse seduttive, e' in grado di decodificare i progetti di chi sa sfruttare le debolezze individuali: si accorge di essere vittima delle suggestioni che vanno a nutrire la parte di se' a cui piace sentirsi privilegiata e capisce di essere piu' libera quando e' padrona di se stessa, anche se non possiede piccole proprieta' di immobili estendibili. Una persona davvero libera non si barrica in false certezze e, invece di morire lentamente per conformarsi ai valori dominanti, rinasce giorno per giorno, affrontando a piccole dosi, con coraggio e curiosita', le novita' che la vita puo' offrire. Per questo non teme tutto cio' che e' differente da se' ed auspica una liberta' che comprenda anche chi la pensi in modo diverso. Non teme di scoprire cosa puo' esserci dietro uno qualsiasi dei sintomi di malessere che attanagliano individui e societa' al giorno d’oggi: per questo fa diagnosi precise e dettagliate. Invece spesso, sia in politica che in medicina, si trova la cura prima di comprendere la malattia, trascurando l’ipotesi che un sintomo o una crisi, prima di essere un male che distrugge l’equilibrio, e' un segnale di un cambiamento che bussa alle porte: che sarebbe meglio ascoltare e comprendere prima che si decida di sfondare tutto, pur di attraversare la soglia. * La capacita' di ascolto di tali segnali e' possibile se si sviluppa la capacita' di concedere e concedersi la liberta' di pensare in modo diverso, a partire dale istanze contrastanti dentro di noi. Permettendo loro di dialogare e vivere insieme senza distruggersi l’un l’altro, in una sorta di stato federalista integrato. Uno stato che fa delle pluralita' e differenze motivo di continuo arricchimento e non di problemi da risolvere, semplificando e depauperando. I conflitti interiori credo facciano parte dell’esperienza di ognuno di noi: una parte vorrebbe cambiare lavoro, partner, vorrebbe fare un viaggio verso mete lontane e comunemente considerate pericolose, e un’altra parte, invece, teme questi cambiamenti. Semplificando molto potremmo dire che una parte e' piu' conservatrice o tradizionalista e l’altra piu' progressista e innovatrice. O anche puo' capitare che una e' stanziale e l’altra e' zingara, nomade. O una tollerante e l’altra intollerante. Potrebbe anche essere che una sia eterosessuale e l’altra gay. Una piu' femminile e l’altra piu' maschile. Una razzista e l’altra terzomondista... si', insomma, un po’ scherzando e un po’ no, credo che ognuno di noi possa accorgersi che anime diverse albergano dentro di noi... In ogni caso, il punto non e' se una delle due parti abbia piu' ragione dell’altra, ma il modo in cui si compie la scelta quando si decide a chi dare piu' ragione: se chiudere la porta alle istanze altre rispetto alla propria scelte identitarie oppure se, pur scegliendo una identita' prevalente, si lascia la porta aperta, o anche solo socchiusa, a tutto cio' che e' altro rispetto alla identita' scelta. Goliarda Sapienza aveva scelto di tenere aperte le porte della sua esistenza, portando quasi all’eccesso una dimensione di pluralita' o poliedricita' esistenziale: sceglie di non aderire ad alcuna “chiesa”, di immergersi nella contraddittorieta' e paradossalita' della vita portando all’estremo il suo anticonformismo e sperimentando in prima persona esperienze forti, come ad esempio il carcere, da cui apprende nuove conoscenze (scrivera' L’universita' di Rebibbia) immedesimandosi nel quotidiano delle ospiti del carcere di Rebibbia e comprendendo come certi meccanismi, personali e sociali, siano uguali sia dall’una che dall’altra parte delle sbarre. In quanto a se stessa, lei diceva di perseguire solo le certezze del dubbio, come ha voluto intitolare uno dei suoi ultimi libri. Per lei era piu' importante potere continuare a rinascere, a rialzarsi ogni volta che cadeva, piuttosto che appoggiarsi su verita' consolidate. Era piu' importante aspirare a un benessere quotidiano concreto fatto di relazioni interpersonali arricchenti piuttosto che arroccarsi ad un’idea di bene assoluto che l’avrebbe portata lontana dalla realta'. Ma la tendenza a cercare (e trovare) verita' consolidate e' un bisogno umano. Un bisogno talmente tanto importante che, come ci insegna la storia culturale dell’umanita', si e' spesso preferito cadere nel riduzionismo piuttosto che ammettere la presenza di dubbi, la possibilita' che una “novita'” clandestina vada a mettere in crisi anni e anni di organizzazione del pensiero rivolto a spiegare quale fosse il funzionamento ordinato e categorizzato del mondo. Ma, paradossalmente, non ci sarebbe stata storia della scienza e non saremmo arrivati al livello di conoscenze scientifiche e tecnologiche attuali se non ci fosse stato qualcuno che, attraversando la soglia di porte aperte, avesse messo in dubbio la conoscenza ordinata del momento facendo nuove scoperte. E' anche vero che senza quella conoscenza ordinata, senza un sistema matematico e la possibilita' di farne uso per comprendere il mondo dei fenomeni fisici e per decodificare il funzionamento della natura e per creare strumenti di conoscenza sempre piu' sofisticati, nessun Einstein avrebbe potuto scoprire che la misura di lunghezze, tempi, forze, masse ed energie dipende dal sistema di riferimento, ovvero che le leggi della natura non sono assolute ma relative al proprio sistema di riferimento (semplificando potremmo dire al proprio punto di vista) e che cio' che rimane sempre uguale e che permette di verificare il ripetersi di determinate “leggi” della fisica all’interno di uno stesso sistema di riferimento e' la relazione tra grandezze. Tanto che Einstein stesso ha definito delle importanti formule scientifiche (E=mc2). Ma la soluzione trovata, la verita' rivelata finisce prima o poi per rivelarsi incompleta, riduttiva rispetto alla complessita' non solo del mondo ma della stessa mente umana. Il fatto e' che nella mente umana c’e' sia il desiderio di trovare, che quello di continuare a cercare. C’e' sia ansia di verita' che curiosita'. Sia certezze che dubbi. Ed il
grado di evoluzione cui siamo arrivati oggi, funzionale alla nostra
sopravvivenza, ci porta ad accogliere questi ed altri paradossi, piuttosto che
rigettarli come inammissibili. Questo gesto mentale di accoglienza e' un ulteriore passo oltre il velo dell’intolleranza. * Mi fermerei qui. Ma prima vorrei domandarvi cosa ne pensiate voi di una concezione del mondo piu' ampia e complessa. Cosa ne pensiate dell’idea di incrementare la nostra mente con abitudini di pensiero che comprendano l’apertura di porte a/verso tutto cio' che e' straniero e sconosciuto (sia che si tratti di persone o di conoscenze, di saperi, culture, meccanismi della natura, nuove scoperte nell’Universo). Secondo voi tali abitudini di pensiero, che vanno oltre il velo di ogni intolleranza, possono migliorare il nostro modo di stare insieme? A me piace indagare la realta' piu' profonda della comunicazione e della relazione umana facendo uso di una mentalita' simile a quella degli scienziati e dei mistici di cui parla Capra. E penso che, accogliendo la compresenza sia dell’odio che dell’amore, si possa superare l’idea di doversi sempre difendere dagli altri. Si possa andare oltre le paure, l’attaccamento a rancori, rabbia e giudizi negativi verso gli altri. Si possa indagare il territorio ancora sconosciuto dell’amore, amore anche del diverso da me, che, come ogni cosa che si conosce poco, che e' diversa dalle nostre solite abitudini di pensiero... fa molta paura. 5. APPELLI.
IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento. Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235. * Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 6.
STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
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Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'".
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Bartolome' de Las Casas, Obra indigenista, Alianza Editorial, Madrid
1985, 1992, pp. 480.
- Frantz Fanon, I dannati della terra, Einaudi, Torino 1962, 1976, pp. XXX
+ 250.
- Franco Basaglia, Scritti, 2 voll., Einaudi, Torino 1981-1982 (I.
1953-1968. Dalla psichiatria fenomenologica all'esperienza di Gorizia; II.
1968-1980. Dall'apertura del manicomio alla nuova legge sull'assistenza
psichiatrica), pp. XLIV + 530 e X + 492.
- Adriana Cavarero, Franco Restaino, Le filosofie femministe, Paravia,
Torino 1999, Bruno Mondadori, Milano 2002, 2009, pp. VI + 266.
- Vandana Shiva, Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006, pp.
216.
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo
di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 216 del 9 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
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