Telegrammi. 187



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 187 dell'11 maggio 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. Il contesto
2. Si e' svolto il ventitreesimo incontro del percorso di formazione e informazione nonviolenta presso il centro sociale "Valle Faul" a Viterbo
3. Alessandra Ziniti intervista Umberto Santino
4. Associazione "Respirare": Realizzare subito il parco naturalistico, archeologico e termale del Bulicame
5. Dell'urgenza di ridurre l'automobilismo privato e la velocita' dei trasporti
6. Storia di Alfio
7. "Azione nonviolenta"
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
 
1. EDITORIALE. IL CONTESTO
 
Tutto oggi qui e' surdeterminato da due eventi da cui nessuna analisi onesta della situazione italiana attuale puo' prescindere: la criminale partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan; il colpo di stato razzista che ha introdotto nel nostro paese un regime nazista.
La partecipazione italiana alla guerra afgana viola flagrantemente l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana, e ci rende complici di un crimine contro l'umanita' che perdura da anni.
Il colpo di stato razzista che ha avuto il suo estremo punto di precipitazione nell'hitleriana legge 94/2009 viola non solo la Costituzione, ma i fondamenti stessi della civilta' giuridica, della civilta' umana.
Dinanzi a questi due mostruosi crimini che stanno provocando sofferenze inaudite e cumuli di morti o si resiste o si e' complici.
E quello che occorre e' un'insurrezione nonviolenta per la legalita', per la civilta', per l'umanita'.
Un'insurrezione nonviolenta perche' l'Italia cessi di partecipare alla carneficina afgana; un'insurrezione nonviolenta perche' l'Italia abolisca le norme e le politiche naziste impose da uno scellerato governo golpista.
Un'insurrezione nonviolenta per difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani.
 
2. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL VENTITREESIMO INCONTRO DEL PERCORSO DI FORMAZIONE E INFORMAZIONE NONVIOLENTA AL CENTRO SOCIALE "VALLE FAUL" A VITERBO
[Riceviamo e diffondiamo]


Domenica 9 maggio si e' svolto presso il centro sociale "Valle Faul" di Viterbo il ventitreesimo incontro di formazione e informazione nonviolenta.
L'incontro e' iniziato con la condivisione di ricordi ed insegnamenti di Alfio Pannega.
In seguito e' stato esaminato uno specifico problema relativo alla salvaguardia dell'importante area termale del Bulicame e alla sua libera fruibilita' da parte di tutti; si concorda la realizzazione di un intervento presso il Comune di Viterbo.
E' stata poi affrontata una questione di solidarieta' concreta - per la quale e' stato predisposto d'urgenza un intervento adeguato - e di analisi ed opposizione democratica alle misure razziste contenute nella legge 94/2009.
Nel corso dell'incontro sono stati presentati e diffusi come di consueto vari materiali di studio e memoria: tra gli altri un testo commemorativo su Alfio Pannega e il testo integrale dell'opuscolo di Aldo Capitini, Teoria della nonviolenza.
L'appuntamento e' rinnovato per domenica 16 maggio alle ore 15,30 al centro sociale "Valle Faul", in strada Castel d'asso a Viterbo.

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Le persone partecipanti all'incontro

Viterbo, 10 maggio 2010

 
3. RIFLESSIONE. ALESSANDRA ZINITI INTERVISTA UMBERTO SANTINO
[Dal sito del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito:  www.centroimpastato.it) riprendiamo la seguente intervista originariamente pubblicata sulla cronaca di Palermo del quotidiano "La Repubblica" il 24 marzo 2010 col titolo "Mafia e borghesia mafiosa: un legame sempre vivo. Alessandra Ziniti intervista Umberto Santino".
Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino" nei nn. 931-934]
 
- Alessandra Ziniti: In merito all'arresto dell'architetto Giuseppe Liga il procurare aggiunto Ingroia sostiene che Cosa nostra e' tornata nei salotti buoni della citta', della Regione. Cosa vuol dire, secondo lei, "tornata"?
- Umberto Santino: In realta' la mafia non ha mai cessato di intessere legami con la borghesia, sia con la partecipazione diretta all'organizzazione attraverso l'affiliazione formale sia con l'inserimento di professionisti, imprenditori, rappresentanti della pubblica amministrazione, della politica e delle istituzioni nel sistema di rapporti, costitutivo del fenomeno mafioso e senza di cui i mafiosi non potrebbero esercitare il ruolo che hanno avuto e hanno nel contesto sociale. Molte dichiarazioni risentono di una certa dose di smemoratezza, per cui si presentano come novita' aspetti che sono vecchi come la mafia stessa o rimontano a quelli che ho chiamato "fenomeni premafiosi". La presenza di soggetti sociologicamente classificabili come borghesi e' una costante del fenomeno mafioso, interclassista nel suo blocco sociale che comprende anche strati popolari, piu' decisamente marcato da un punto di vista di classe nel suo organismo di comando, formato dai capimafia, a prescindere dalle loro origini, e da altri soggetti definibili come "borghesia mafiosa". Un'analisi che svolgo da quarant'anni, per molto tempo isolata perche' considerata veteromarxista ma che negli ultimi anni e' riemersa come l'unica in grado di comprendere la complessita' del fenomeno mafioso.
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- Alessandra Ziniti: Che cosa puo' voler dire, per l'organizzazione, affidare i compiti piu' delicati, come l'arruolamento degli uomini e la gestione del controllo del territorio, a personaggi che non hanno un pedigree specificamente mafioso ma sono bene introdotti nelle stanze del potere?
- Umberto Santino: Il controllo del territorio si configura come vera e propria "signoria territoriale", un dominio tendenzialmente o effettualmente assoluto sui rapporti sociali e anche su quelli interpersonali che avvengono in un determinato territorio. Questa signoria si esercita in vari modi e richiede il coinvolgimento tanto degli affiliati quanto degli altri soggetti che condividono con i mafiosi interessi e codici culturali, considerano l'illegalita' una risorsa e l'impunita' uno status symbol.
Il rapporto con i centri di potere puo' essere piu' convenientemente esercitato attraverso personaggi "insospettabili", con cui si hanno rapporti variabili, che vanno dal coinvolgimento stabile a quello episodico, ma con una netta prevalenza del primo. Le leve su cui gioca possono essere diverse, dalla amicizia-parentela alla spartizione degli affari. Il collante culturale ha un suo ruolo ma lo zoccolo duro sono gli interessi, non soltanto economici. Per un politico, o aspirante tale, la possibilita' di fare carriera, con l'ampliamento delle relazioni.
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- Alessandra Ziniti: E d'altra parte che cosa, proprio oggi quando i tanti colpi inferti da forze dell'ordine e magistratura hanno seriamente compromesso la forza e l'impermeabilita' di Cosa nostra, puo' spingere un colletto bianco come Liga a frequentare Palazzo d'Orleans e nello stesso tempo ad andare personalmente ad esigere il pizzo da commercianti e imprenditori?
- Umberto Santino: I colpi a Cosa nostra sono cominciati dopo i delitti-boomerang degli anni ''80, con la legge antimafia del 1982, dieci giorni dopo il delitto Dalla Chiesa, con il maxiprocesso, con leggi, arresti, processi e condanne dopo le stragi del '92 in cui sono morti Falcone, Morvillo, Borsellino e dieci agenti di scorta. Si puo' dire che senza i grandi delitti e le stragi questa reazione di alcuni rappresentanti delle istituzioni non ci sarebbe stata. Ha dominato la logica dell'emergenza, cioe' di risposta all'escalation della violenza mafiosa. Negli ultimi anni la repressione e' proseguita grazie all'impegno di magistrati e uomini delle forze dell'ordine, nonostante la scarsita' dei mezzi e gli ostacoli frapposti da un governo che attacca la magistratura, nega o lesina i mezzi necessari ma vanta come suoi successi i risultati ottenuti da altri. Ora si vuole fortemente limitare uno strumento indispensabile, all'origine di tanti successi, come le intercettazioni.
Liga piu' che un "uomo nuovo" e' il classico esemplare di una borghesia, mafiosa per scelta o per tradizione, che opera in base a una comparazione tra costi e benefici. Evidentemente avra' trovato la sua convenienza a giocare questo ruolo che collega universi apparentemente lontani e diversi ma in realta' contigui. A spingerlo possono essere state ragioni diverse, dalla tentazione del potere alla impossibilita', una volta mossi i primi passi, di sottrarsi ai compiti assegnatigli.
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- Alessandra Ziniti: E' d'accordo con l'analisi di Ingroia che questo e' il momento in cui l'organizzazione mafiosa sta cercando nuovamente di cambiare pelle? E se si' in che direzione?
- Umberto Santino: Parlo di mafia finanziaria a partire dagli anni '80, quando dominava la tesi di una "mafia imprenditrice" che in Sicilia era nata gia' negli anni ''60 e negli Stati Uniti trent'anni prima, con il proibizionismo degli alcolici. Questa e' la strada obbligata imposta dai processi di globalizzazione e dalla competizione tra le varie mafie. Cio' non toglie che pratiche vecchie e antiche non vengano mantenute e opportunamente riciclate. La mafia, come tutti i fenomeni di durata, intreccia continuita' e trasformazione, rigidita' formali ed elasticita' di fatto.
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- Alessandra Ziniti: Ritiene che l'epoca dei corleonesi o comunque della mafia militare sia definitivamente tramontata?
- Umberto Santino: Penso che i mafiosi si siano resi conto che una linea basata solo o soprattutto sul sangue, in nome di una sorta di onnipotenza criminale, portava necessariamente alla sconfitta. Negli ultimi anni si e' scelta la linea della sommersione, che significa controllo della violenza, soprattutto di quella rivolta verso l'alto, che innesca la reazione. I corleonesi avevano imposto una forma di monarchia assoluta che implicava l'eliminazione fisica dei concorrenti. Ora pare che si sia tornati alla repubblica confederale, forma classica della mafia siciliana.
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- Alessandra Ziniti: E la zona grigia e' sempre cosi' estesa? Davvero la societa' sana in tutto questo tempo non ha maturato alcun anticorpo per espellere gli esponenti della borghesia mafiosa disposti a diventare capi?
- Umberto Santino: I mafiosi in tutto sono alcune migliaia, 6 o 7.000, il blocco sociale puo' comprendere alcune centinaia di migliaia di persone, la borghesia mafiosa alcune decine di migliaia. Contro quest'ultima e' difficile lottare con i mezzi attuali. Il concorso esterno e' una elaborazione giurisprudenziale, sarebbe necessario regolarlo per legge, ma con i tempi che viviamo penso che sia difficile. Berlusconi e' il primo a dire che e' un'invenzione delle "toghe rosse". La situazione attuale e' contraddittoria: da una parte si danno dei colpi alla mafia militare e anche qualcuno al sistema di rapporti, ma il modello mafioso di accumulazione e di potere, fondato sull'illegalita' come cultura diffusa, e' vincente e in via di ulteriore diffusione. La lotta contro la mafia puo' essere efficace solo se e' parte di una lotta piu' generale per la democrazia. Gli anticorpi che si sono sperimentati in questi anni, con il lavoro nelle scuole, l'antiracket e l'uso sociale dei beni confiscati, coinvolgono minoranze. Le lotte contadine, una forma di lotta di liberazione, coinvolgevano centinaia di migliaia di persone. I tempi sono cambiati e i movimenti sociali attuali possono diventare "movimenti di massa" se riescono a coniugare lotte sociali, contro la disoccupazione, la precarieta', per l'uso razionale delle risorse, a cominciare dallo scongiurare l'enorme spreco che sarebbe il ponte di Messina in una terra mangiata dalle frane, e modelli culturali, decisamente antitetici rispetto a quelli in voga basati sul successo a ogni costo e con tutti i mezzi.
 
4. VITERBO. ASSOCIAZIONE "RESPIRARE": REALIZZARE SUBITO IL PARCO NATURALISTICO, ARCHEOLOGICO E TERMALE DEL BULICAME
[Riceviamo e diffondiamo]
 
L'area naturalistica, archeologica e termale del Bulicame a Viterbo e' minacciata da manovre speculative e da progetti vandalici; punta di lancia di questa scellerata aggressione e' la realizzazione di un mega-aeroporto nocivo, distruttivo e fuorilegge.
Occorre difendere il Bulicame, ed a tal fine occorre che al piu' presto si realizzi nell'area il parco naturalistico, archeologico e termale del Bulicame, che tuteli e valorizzi una zona che costituisce una preziosa e peculiare risorsa, un bene comune che non puo' essere dato in pasto a criminali devastatori.
Ai pubblici amministratori che vogliono essere rispettosi del pubblico bene, dei diritti della popolazione, della biosfera, chiediamo di agire subito per la realizzazione del parco naturalistico, archeologico e termale del Bulicame.
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L'associazione "Respirare"
Viterbo, 10 maggio 2010
L'associazione "Respirare" e' stata promossa a Viterbo da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto alla salute e la difesa dell'ambiente.
 
5. RIFLESSIONE. DELL'URGENZA DI RIDURRE L'AUTOMOBILISMO PRIVATO E LA VELOCITA' DEI TRASPORTI
 
E' terribile che cosi' tante persone muoiano in incidenti stradali.
Circolano troppi veicoli e sono troppo veloci.
Occorre ridurre l'automobilismo privato non solo perche' e' una forma di mobilita' dagli esiti irrazionali e insostenibili, fortemente energivora e inquinante, ma anche per ridurre gli incidenti stradali.
Uno studioso rigoroso e acuto come Guido Viale in alcuni suoi pregevoli libri (Tutti in taxi, Feltrinelli, Milano 1996; Vita e morte dell'automobile, Bollati Boringhieri, Torino 2007) ha illustrato alternative immediatamente praticabili, e cosi' vari altri prestigiosi studiosi.
Dovremmo metterci tutti all'ascolto delle sagge voci che con argomenti razionali ed inconfutabili esortano a ridurre l'automobilismo privato e la velocita' dei trasporti. E salvare cosi' tante umane vite.
 
6. MAESTRI E COMPAGNI. STORIA DI ALFIO
[I seguente testo e' stato scritto ai primi di maggio su richiesta del quotidiano "Il manifesto" per estrarne un articolo che comparira' nell'edizione odierna del giornale; i paragrafi III-VII riprendono la commemorazione funebre gia' apparsa su questo foglio]
 
I. Un attimo, per favore
La camera ardente nel mezzo del capannone del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", la salma composta nella bara aperta, al collo il fazzoletto zapatista portatogli dal Chiapas, ai piedi una rossa bandiera con il volto del dottor Ernesto Guevara, dietro la testa la bandiera arcobaleno della pace, il canto di Bella ciao dei compagni piu' vicini stonato e rotto dal pianto. E un innumerevole concorso di persone a rendergli un ultimo saluto: vecchi, persone giovani e mature, bambini, fino a quell'estremo straziante momento, quando un amico diversamente abile trascinandosi sulle stampelle giunge proprio mentre si sta per chiudere per sempre la bara e in un sussurro dice: "Un attimo, per favore", e lentissimo claudicante si avvicina al corpo immoto e gli porge l'ultima delicatissima carezza.
Poi il funerale (rigorosamente laico, secondo la sua volonta' piu' volte espressa - e con particolare intensita' in occasione di precedenti esequie, quelle dei compagni partigiani Gaspare Bocchini e Biagio Gionfra) al cimitero di Viterbo il primo maggio, il rosso delle piante fiorite (le piante vive, non i fiori morti), i canti del movimento operaio e della Resistenza, l'orazione funebre. Centinaia di viterbesi in silenzio e in lacrime, ed in silenzio a capo chino nella folla i rappresentanti delle istituzioni.
Una citta' intera piegata dal dolore, e molti anche dalla vergogna di non aver saputo rispettare ed onorare in vita la persona che ora dirottamente piangono morta.
Chi era Alfio Pannega?
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II. Una vita proletaria
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i  motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi.
Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. Raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi fa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): "Ho fatto er carzolaro, ho fatto er pecoraro... facevo li travetti", e ancora: "Ho tirato il carrettino del cartone, poi ho fatto il garzone in campagna, ho lavorato pe' 'n muratore"; per decine di anni ha raccolto per la citta' gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava.
E nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: "c'era un gran movimento... so' zompato il muretto e so' annato in mezzo a loro. J'ho detto: Ma che e' tutto 'sto movimento?... dice: Dovemo occupa' qui il centro sociale. E allora vengo pure io - dico - porca miseria!". Certe cose "le fanno sempre i giovani... allora ero giovane pure io".
Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente: "Io me sa che so' l'ultimo che so' rimasto de 'na vorta... ma mica m'arrendo. Io la mattina m'arzo, arzo 'na mano, accenno la luce da capo al letto. So' le quattro. Dormo fino alle otto". Il 30 aprile non si e' piu' risvegliato.
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III. Un'orazione funebre
Questo uomo aveva la bonta' e l'ira dei profeti, di coloro che sanno dire la verita' in faccia alle persone e al mondo: con la virtu' della misericordia verso tutte le creature sofferenti, e con la virtu' dell'indignazione contro ogni ingiustizia.
Aveva la pazienza di Giobbe: fedele sempre al vero e al giusto, senza mai un cedimento al male, senza mai una meschinita', senza mai una vilta'.
Recava la verita' di Qohelet: sapeva che tutto e' vanita' di vanita' e fame di vento, e che proprio per questo e' dovere di ciascuno recare aiuto a tutti, giacche' e' meglio essere in due che uno solo, poiche' chi e' solo, se lungo il cammino della vita inciampa, allora cade e non si risolleva, ma se ha compagni essi lo sosterranno, reciprocamente si sosterranno.
Era un poeta, educato alla lingua e alla musica e alla tempra di Dante del cui capolavoro sapeva declamare a memoria interi canti, e cresciuto alla scuola dei poeti a braccio, per i quali la poesia e il pane, il lavoro quotidiano e l'estro armonico, la cruda realta' e la sublime bellezza sono una stessa cosa.
Ed era un testimone, e non di una generica viterbesita', formula astratta e vuota, ma di quella Viterbo popolare, civile, resistente, antifascista, che fu anche quella di Achille Poleggi e di Sauro Sorbini.
Ed era un esempio della sublime e luminosa dignita' e generosita' dei poveri: tutto cio' che era suo era di tutti, tutti accoglieva ed aiutava; all'ora della consumazione in comune dei pasti prima accudiva gli animali, poi gli ospiti e solo alla fine mangiava anche lui.
Era un educatore alla solidarieta' con tutti i viventi: e le persone che hanno condiviso con lui un tratto di strada, un'ora del giorno, da lui hanno imparato questo dovere nativo, sorgivo, elementare: di essere con gli altri e per gli altri.
Ed e' stato un dono, un dono grande, per chi ha avuto la fortuna, la grande fortuna, di averlo piu' intimamente conosciuto.
E che quest'uomo sia vissuto tra noi resta un'alta ragione di orgoglio per questa citta', che oggi gli rende omaggio.
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IV. Una resurrezione
Ma detto questo ancora non e' detto tutto, e forse non e' detto ancora l'essenziale.
Gia' anziano, sofferente dei malanni di una travagliata vita di vicissitudini e fatiche, e dimorante allora in umana solitudine in una zona abbandonata della citta', 17 anni fa Alfio ebbe una seconda nascita, una seconda vita, partecipando fin dal primo giorno all'occupazione dell'ex-gazometro e alla nascita quindi del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", e del centro sociale e' stato simbolo e anima, il cuore pulsante, e il centro sociale si e' riconosciuto in lui: in questi 17 anni lui e' stato il centro sociale e il centro sociale e' stato lui; e questi 17 anni da quell'estate del 1993 sono stati gli anni di un amore reciproco cosi' appassionato che ieri vedendo nella camera ardente, presso il centro sociale allestita, sgambettare e giocare ai piedi del feretro, o dalle braccia dei giovani genitori guardarlo e salutarlo, bambini di pochi anni e di non molti mesi, e insieme vedendo Giselle che venne al centro sociale bambina ed ora e' una meravigliosa giovane donna, tu vedevi che grande fioritura di vita e di bellezza Alfio ha saputo coltivare con l'esempio amorevole ed autorevole della sua dignita', della sua generosita'. E che grande eredita' lascia di umanita' fraterna e sororale, di persone sensibili e solidali, che alla scuola del suo esempio sono cresciute splendide.
E ci sono questi ultimi anni, dalla fine del 2007 a oggi, caratterizzati soprattutto dalla sua lotta per il diritto alla casa: Alfio getto ' il suo cuore e la sua vita stessa nella lotta per il diritto di ogni essere umano ad avere un tetto, per il diritto sociale alla casa, per il diritto umano alla casa. Ed e' un dolore grande per noi che restiamo che sia deceduto senza che quel diritto almeno lui abbia potuto vederlo riconosciuto. Un dolore che non potremo dimenticare. E un'onta per l'amministrazione comunale che per anni il riconoscimento di quel diritto promise a parole e cinicamente nego' nei fatti.
E poi ci sono questi ultimi mesi, questi ultimi felici mesi, mesi che per Alfio sono stati forse i piu' gioiosi della sua vita da tanto tempo a questa parte.
La realizzazione del libro delle sue poesie, arricchito di un'ampia intervista ed impreziosito da tante stupende fotografie; un ringraziamento grande va a tutte le persone che hanno reso possibile questa pubblicazione, adempiendo quello che era da molti anni un suo profondo desiderio e una promessa solenne che i compagni del centro sociale a lui e a se stessi avevano fatto.
E con il libro, le sue presentazioni pubbliche con immensa e commossa partecipazione popolare, e la mostra fotografica sulla sua vita, e la lectio magistralis che tenne alla Sala Regia del Comune conclusa, dopo aver esortato ancora una volta i piu' giovani al sapere e alla generosita', con quel gesto sublime del rifiuto di un'onorificenza finche' non fosse stato riconosciuto un diritto, il diritto alla casa.
Con quel discorso e con quel gesto la grande cultura, la vera civilta', e l'autentica dignita' umana facevano irruzione nelle stanze del palazzo, divenivano ora di verita', sfida all'ipocrisia, alla menzogna e all'ingiustizia.
E poi ancora i manifesti col suo volto a segnalare l'emergenza casa, e la sottoscrizione pubblica promossa in suo nome cui lui magnanimamente acconsenti' ancora una volta mettendo tutto se stesso nella lotta per un diritto di tutti.
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V. Compagni
Ma anche detto questo forse non e' ancora detto cio' che e' decisivo: per molti di noi, e mi perdonerete se qui il discorso si fa piu' intimo, Alfio e' stato un maestro e un compagno, di vita e di lotte. Un maestro e un compagno di vita: nella piena condivisione del pane, e di tutto. E un compagno di lotte, contro la guerra, contro razzismo, discriminazione, sfruttamento. Sempre dalla parte degli ultimi, degli umiliati e offesi, degli oppressi, dell'umanita in lotta per la liberazione.
E in lotta per l'ambiente casa comune, per la difesa qui a Viterbo del Bulicame, il Bulicame cantato da Dante e a un tiro di sasso dal centro sociale; e resta indimenticabile per chi lo visse quel suo meraviglioso discorso tenuto al Bulicame in quella notte in cui proprio dinanzi alle sorgenti e alle pozze di acqua sulfurea manifestammo in molti per salvare quel prezioso bene ambientale e culturale dalla devastazione cui lo avrebbe condannato la realizzazione di un mega-aeroporto nocivo, distruttivo e fuorilegge.
Alfio Pannega non e' mai stato riducibile a un'immaginetta pittoresca di una Viterbo che fu coi suoi antichi mestieri e le sue vetuste tradizioni che vanno scomparendo, non e' mai stato un personaggio museale, da mummificare e archiviare; al contrario: fino all'ultimo dei suoi giorni Alfio e' stato un vitale, ardente, consapevolissimo militante del movimento degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; per la difesa della natura che conosceva intimamente, essere vivente per essere vivente, animale per animale, pianta per pianta; per la liberazione dell'umanita' dallo sfruttamento e dall'oppressione, per l'uscita da questa preistoria verso il regno della liberta'.
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VI. Il nostro primo maggio
Oggi e' il primo maggio, e per il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, per il movimento delle oppresse e degli oppressi, e' il giorno della memoria e dell'impegno per la liberazione dell'umanita' dalla violenza dello sfruttamento; e vedete come sono strane e imprevedibili le coincidenze della vita: accingendoci proprio in questo giorno a recare l'estremo saluto ad Alfio, l'indomito combattente antifascista e il lavoratore che conosceva per averli sperimentati tutti i piu' faticosi mestieri - di pastore e di contadino, di artigiano e di operaio -, per noi da oggi il primo maggio lo sara' due volte quell'appello alla lotta solidale contro l'ingiustizia: nel ricordo dei martiri di Chicago uccisi nell'Ottocento dalla violenza del potere perche' lottavano per i diritti dei lavoratori, e nel ricordo di Alfio: e' la stessa memoria, e' la stessa lotta.
Molti anni fa, commemorando Duilio Mainella, Sauro Sorbini concluse la sua orazione funebre col canto della Marsigliese, simbolo della lotta dell'umanita' contro la tirannide; vorrei oggi almeno ricordare le parole del refrain di quel canto composto un secolo dopo a rivendicare le ragioni dell'umanita' e della lotta per la sua liberazione proprio mentre la reazione persecutrice dilagava con la caccia all'uomo e le fucilazioni dei comunardi parigini, quel canto che e' l'Internazionale, che da quasi un secolo e mezzo e' il canto di quanti si levano a contrastare ogni oppressione: "Su', lottiam, l'ideale / nostro fine sara' / l'internazionale / futura umanita'".
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VII. Hic et nunc
Ed ora che, con quelle indimenticabili parole di Paolo nella seconda lettera a Timoteo, di Alfio Pannega possiamo dire che ha concluso la sua corsa dopo aver combattuto la buona battaglia senza perdere la tenerezza, ora che Alfio ha compiuto la sua vita che e' stata fino all'ultima ora la vita di un giusto, ora sta a noi che restiamo di essere fedeli a quello che ci ha donato, che ci ha insegnato, e testimoniarlo a nostra volta, con le parole ed ancor piu' con gli atti, continuando la sua lotta, continuando a mettere in pratica i suoi insegnamenti; e se posso rivolgermi in particolare a tutti gli amici piu' vicini, a tutti i compagni che hanno condiviso e che proseguiranno, che proseguiremo insieme, l'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, ogni volta che accadra' che qualcuno vi chieda, ci chieda, "Chi era Alfio Pannega?", ebbene, che noi tutti che lo abbiamo conosciuto e che lo abbiamo avuto nostro compagno si possa essere degni di rispondere, testimoniandolo con ogni nostra azione: "Io sono Alfio Pannega, Viterbo e' Alfio Pannega, l'umanita' e' Alfio Pannega".
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VIII. Envoi
In una sua poesia al centro sociale dedicata ha scritto: "Oggi e' bello stare fra la gioventu' / come un fiore appassito / nel mezzo del giardino della vita".
 
7. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- John Beattie, Uomini diversi da noi, Laterza, Roma-Bari 1972, 1978, pp. 416.
- Ruth Benedict, Modelli di cultura, Feltrinelli, Milano 1960, 1979, pp. 280.
- Bernardo Bernardi, Uomo cultura societa', Franco Angeli Editore, Milano 1985, pp. 424.
- Philip K. Bock, Antropologia culturale moderna, Einaudi, Torino 1978, 1987, pp. XVI + 518.
- Edward E. Evans-Pritchard, Introduzione all'antropologia sociale, Laterza, Roma-Bari 1971, 1975, pp. L + 222.
- Ugo Fabietti, Antropologia un percorso, Zanichelli, Bologna 1979, pp. X + 158.
- Maurice Freedman, L'antropologia culturale, Laterza, Roma-Bari 1979, pp. VIII + 280.
- Marvin Harris, L'evoluzione del pensiero antropologico. Una storia della teoria della cultura, Il Mulino, Bologna 1971, 1994, pp. XXVIII + 1090.
- Abram Kardiner, Le frontiere psicologiche della societa', Il Mulino, Bologna 1973, pp. VI + 678.
- Clyde Kluckhohn, Lo specchio dell'uomo, Garzanti, Milano 1952, 1979, pp. 328.
- Claude Levi-Strauss, Antropologia strutturale, Il Saggiatore, Milano 1966, Mondadori, Milano 1992, pp. 456 (+ 12 illustrazioni fuori testo).
- Ralph Linton, Lo studio dell'uomo, Il Mulino, Bologna 1973, pp. XXIV + 550.
- Ida Magli, Introduzione all'antropologia culturale, Laterza, Roma-Bari 1980, 1983, pp. VIII + 216.
- Lucy Mair, Introduzione all'antropologia sociale, Feltrinelli, Milano 1970, 1980, pp. 312.
- Paul Mercier, Storia dell'antropologia, Il Mulino, Bologna 1972, 1975, pp. 254.
- Jean Poirier, Storia dell'etnologia, Lucarini, Roma 1987, pp. 144.
- M. Krischke Ramaswami, Introduzione all'etnologia, Garzanti, Milano 1989, pp. 320.
- Tullio Tentori, Antropologia culturale, Studium, Roma 1960, 1973, pp. 204.
- Carlo Tullio-Altan, Antropologia, Feltrinelli, Milano 183, 1985, pp. 416.
- Fred W. Voget, Storia dell'etnologia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 1984, pp. X + 404.
 
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
10. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 187 dell'11 maggio 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
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