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Nonviolenza. Femminile plurale. 282
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 282
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 9 Oct 2009 09:28:43 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 282 del 9 ottobre 2009 In questo numero: 1. Cettina Militello intervista Kari Elisabeth Boerresen (2002) 2. Chiara Zamboni: La bellezza come moneta circolante 1. RIFLESSIONE. CETTINA MILITELLO INTERVISTA KARI ELISABETH BOERRESEN (2002) [Da "Vita pastorale", n. 3, marzo 2002, col titolo "Donne e teologia: parla Kari Elisabeth Boerresen. La piu' mediterranea delle nordiche" e il sommario "Figlia di una luterana che si e' convertita al cattolicesimo, la teologa norvegese difende la parita' maschile e femminile davanti a Dio. E ingloba nel suo femminismo cattolico l'influenza dei Paesi protestanti come l'apporto delle Madri della Chiesa medievali, l'ortodossia d'Oriente come Agostino e Tommaso d'Aquino"] Mi sono chiesta dove e quando ho incontrato per la prima volta Kari Elisabeth Boerresen. Forse a Roma, a meta' degli anni '80, nel contesto di quegli incontri che ella ama promuovere con le persone piu' disparate. Nella capitale, infatti, vive abitualmente suo marito, un archeologo danese (la grande passione della sua vita!), ed ella lo raggiunge per congrui periodi, preferibilmente in autunno e in primavera. Nella bella casa di lui, dove sono evidenti elitarie sedimentazioni culturali, ci si apre alla vista della Citta' Eterna spaziando dalla basilica di Santa Croce a quella del Laterano. Qui ella - passando disinvoltamente da una lingua all'altra - riceve colleghe e amiche di antica e nuova data, solo di passaggio o residenti a Roma, sempre curiosa di comprendere dal vivo la complessita' del mondo cattolico, le diverse tendenze, i problemi, le aspettative. La Boerresen e' stata mia ospite a Palermo al convegno "Donna e ministero: un problema ecumenico". A quel tempo la quaestio era ancora "disputata". Nei quindici anni di frequentazione, seguiti a quel convegno, non e' mai capitato che non ci incontrassimo piu' volte all'anno. Considero la Boerresen la piu' mediterranea delle nordiche per quella "passionalita'" che non prova neppure a mascherare. Le sue simpatie (intellettuali) sono viscerali, non meno delle antipatie. Entrare nel suo circolo importa a un tempo autonomia, lucidita' di giudizio, creativita'. Tutte cose che la caratterizzano. La sua carica mette, poi, a dura prova chi le sta accanto. Malgrado i suoi quasi settant'anni - e' nata nel 1932 - ha, infatti, le energie di un vulcano. Portato a termine un progetto, ne ha gia' altri in cantiere. Per me, studentessa di teologia, lei fu una sorta di miraggio. Muovevo i primi passi quando venne pubblicato il suo Subordination et equivalence. Era il 1968. Mi affascinava la sua lucida padronanza di Agostino e Tommaso, la sua capacita' di penetrarli e di metterli a nudo. Le sue conclusioni erano inconfutabili. Non c'era acrimonia, ipoteca ideologica, ma piuttosto una lucida e implacabile ricognizione del loro pensiero. Da quel momento in poi sarebbe stato impossibile accostare la questione femminile nella tradizione cristiana senza evidenziarne l'atteggiamento ancipite nei confronti delle donne, il paradosso dell'iscriverle tra la subordinazione, a ragione della natura, e l'equivalenza, a ragione della grazia. Dobbiamo a lei la maggior parte del lessico divenuto corrente: tutti neologismi - non c'e' che dire -, parole inventate per esprimere giudizi e criteri dei quali sin li' non c'era stato bisogno. Malgrado l'appartenenza a mondi assai diversi, per cultura, ambiente sociale, percorsi personali, posso dire che della Boerresen mi sento "amica". Questo non vuol dire che approvi acriticamente la sua lettura (nordica) dei problemi ecclesiali o delle sfide cui la Chiesa cattolica deve rispondere. Sul piano politico, poi, trovo eccessivo il suo euroscetticismo, il timore che l'Europa unita vanifichi in qualche modo i percorsi di emancipazione, familiari da sempre alle donne nordiche. Se da una parte ella coglie tutta la positivita' (l'ottimismo) dell'antropologia cattolica rispetto a quella luterana - ripete a oltranza che e' felice d'essere cattolica -, dall'altra e' difficile per lei accettare certe ipoteche, certo orizzonte residuo di "soggezione", come pure certa teoria e fenomenologia religiosa "esuberante". * - Cettina Militello: Carissima Kari, cosa ti ha indotta a studiare teologia? - Kari Elisabeth Boerresen: Avevo appena dieci anni quando mia madre si e' fatta cattolica. In Norvegia, nazione a grandissima maggioranza luterana, negli anni '40, a convertirsi al cattolicesimo era soprattutto un'elite sociale e intellettuale. Mia madre aderi' a una variante elitaria del cattolicesimo riformista, introdotto in Norvegia dai domenicani del celebre convento parigino di Le Saulchoir. Per intenderci, la comunita' religiosa presso cui hanno lungamente vissuto M. D. Chenu e Y. Congar, personaggi decisivi per il rinnovamento promosso dal Vaticano II. All'inizio degli anni '50, a diciotto anni, giunsi in Francia. Il mondo mediterraneo, patriarcale, era diverso da quello cui ero abituata. La mia educazione scandinava contrastava vivamente con il cattolicesimo mediterraneo. Devo dire che si tratto' di un vero e proprio shock culturale. Non solo le donne non erano autonome ma avevano addirittura interiorizzato la loro dipendenza. Mi sentii obbligata a far chiarezza. Dovevo far luce sulle radici religiose di questa tradizione che mi sembrava veicolata dalle istituzioni della Chiesa cattolica, vista, insomma, come una barriera tra Dio e le donne. * - Cettina Militello: La tua ricerca e' dunque partita da questo shock? - Kari Elisabeth Boerresen: Si'. Dopo un primo lavoro sulla "Storia delle idee", andai dal mio maestro, lo storico della Chiesa E. Molland e gli proposi di analizzare l'antropologia di Agostino e Tommaso d'Aquino. Molland era luterano, ma assai attivo a livello ecumenico. Accolse con entusiasmo il mio progetto di cui comprese l'importanza. Eravamo nel 1961. Non c'era ancora stato il Vaticano II, ne' si parlava ancora di "Women's Studies" o di "Gender Studies" o di "teologia femminista". * - Cettina Militello: Pensi che in tutto cio' abbia influito il tuo essere scandinava? - Kari Elisabeth Boerresen: Si', non c'e' dubbio. Questa appartenenza culturale mi ha consentito - ed e' stato un privilegio - di affrontare l'androcentrismo teologico ed ecclesiale come un fattore esterno. Mi mancava infatti la socializzazione propria delle ragazze provenienti da contesti tradizionalmente cattolici. Ero stata educata all'autonomia, non alla soggezione, ne' tantomeno a interiorizzarla! * - Cettina Militello: Come "pioniera" qual e' stata la tua esperienza? Hai trovato difficolta' o no? - Kari Elisabeth Boerresen: Nell'ambito scientifico, nessuna; ho conseguito i titoli senza problemi; ho frequentato l'universita' di Oslo e poi altri innumerevoli centri accademici all'estero. Ben diversi i problemi legati alla mia carriera universitaria in Norvegia. I professori di teologia sono, infatti, tenuti alla religione ufficiale, quella luterana (non cosi' in Svezia e in Danimarca). Si comprende allora come la richiesta di cattedra, da me inoltrata all'inizio degli anni '70, non abbia avuto seguito. Mi sono tornate indietro, ben impacchettate, le mie ricerche del '68 e del '71. Mancandomi il requisito di base, non c'era bisogno di esaminarle. * - Cettina Militello: Non ti sarai arresa! - Kari Elisabeth Boerresen: Naturalmente no. Ho presentato un'interpellanza al ministro del culto. Come risultato, nel 1971/72, ho ottenuto che questa legge cambiasse. Si puo' essere professori, anche se non si e' luterani, tramite una dispensa. Cio' malgrado non ho ottenuto granche', tant'e' che la mia attivita' di docente si e' svolta soprattutto all'estero. Sono stata la prima donna invitata alla facolta' di teologia della Gregoriana: ne era rettore Carlo Maria Martini. Ma ho anche insegnato ad Harvard, a Princeton e presso altre universita'. * - Cettina Militello: Qualcosa pero' e' cambiato anche in Norvegia... - Kari Elisabeth Boerresen: Si', nel 1982 sono stata nominata a titolo personale "professore ricercatore" presso il ministero della cultura; poi, mi e' stata assegnata, alla Facolta' di teologia, la cattedra di "Gender Studies", istituita nel 1999 dal Parlamento, utilizzando la dispensa. Naturalmente sono docente inabilis: non posso votare le candidature dei vescovi luterani. Detto tra parentesi, ci sono due donne vescovo in Danimarca, due in Svezia e una in Norvegia. Se mi consenti un'altra battuta, mi e' successo l'opposto di quello che e' accaduto in Germania alla Goessmann. A rifiutare a quest'ultima la cattedra e' stata la Chiesa cattolica. * - Cettina Militello: Qual e' stato e qual e' oggi il tuo personale percorso di ricerca? - Kari Elisabeth Boerresen: Lo indicherei nell'attenzione prestata al rapporto tra cristianesimo e femminismo. * - Cettina Militello: Cosa intendi per femminismo? - Kari Elisabeth Boerresen: Mi riferisco, con questo termine, sia alla teorizzazione che all'attuazione pratica dell'autonomia delle donne, in campo socio-culturale, e al riconoscimento della loro capacita' cultuale in quanto create a immagine di Dio. Se, diversamente dal passato, si smette di considerare gli uomini come gli esseri umani di sesso esemplare, ne consegue una rivoluzione epistemologica assai piu' radicale di quelle messe in atto da Copernico e da Darwin. * - Cettina Militello: E per cristianesimo? - Kari Elisabeth Boerresen: La tradizione cristiana nel suo strutturarsi attraverso successive inculturazioni. Innanzitutto, la lunga formazione dei testi biblici; poi, l'ancor piu' lunga interpretazione dei suoi dati e l'altrettanto lunga elaborazione di un simbolismo dottrinale. Questa verbalizzazione storica si e' sviluppata in funzione di culture diverse: giudaica, greco-romana, bizantina, germanica, celtica e slava. In epoca moderna l'inculturazione cristiana si estende alle Americhe, all'Africa e all'Asia. * - Cettina Militello: Dunque denuncia e lotta a favore dell'autonomia delle donne da una parte, attenzione alla progressiva inculturazione della fede dall'altra... - Kari Elisabeth Boerresen: Si', tutto cio' nella contestualita' nuova dell'epistemologia femminista. Dopo gli anni '70, i "Gender Studies" in scienze religiose si sono collocati all'avanguardia delle discipline umanistiche, mettendo a profitto il carattere sessuato di tutto l'essere umano, genderedness (biologicamente programmato e culturalmente espresso), come principale categoria analitica. Applicata alla tradizione cristiana, questa nuova metodologia ha messo in luce il ruolo determinante dell'esperienza specificatamente femminile o maschile nel discorso umano su Dio. * - Cettina Militello: Quando ha avuto luogo l'elaborazione dei "modelli di genere"? - Kari Elisabeth Boerresen: La loro strutturazione e' avvenuta nell'antichita'. Sono poi stati elaborati nel Medioevo, mantenuti dal Rinascimento e dalla Riforma, restando di fatto immutati sino al secolo XX. Nel 1993 ho pubblicato una rassegna estesa di "Women's Studies/Gender Studies" sulla tradizione cristiana, dalle origini al secolo XVI. L'analisi abbraccia 553 libri e articoli importanti che riguardano l'antropologia, la sessuologia, il diritto canonico, la storia, l'agiografia e la matristica. * - Cettina Militello: E la tua personale ricerca in questo contesto? - Kari Elisabeth Boerresen: Distinguerei un mio triplice ambito di ricerca e dunque un mio triplice apporto. Innanzitutto quello all'antropologia; poi quello alla matristica; infine quello relativo al femminismo cristiano. * - Cettina Militello: Dimmi dell'antropologia... - Kari Elisabeth Boerresen: L'inferiorita' delle donne e' affermata in tutte le grandi religioni. Nelle varianti monoteiste - giudaismo, cristianesimo, islam - Dio viene descritto come andromorfo o metasessuale. C'e' una fondamentale incompatibilita' tra la divinita' e la femminilita'. In corrispondenza, l'umanita' maschile e' considerata esemplare e normativa, mentre l'umanita' femminile risulta derivata e subordinata. Tutte le grandi religioni spiegano l'esistenza delle donne a partire dalla loro funzione strumentale di riproduzione della specie. L'umanita' femminile e' di secondo rango e il suo ruolo specifico e' la maternita'. * - Cettina Militello: Tu hai parlato pero' di subordinazione ed equivalenza... - Kari Elisabeth Boerresen: Nella mia tesi di abilitazione sulla concezione del femminile in Agostino e Tommaso d'Aquino, ho dovuto introdurre il termine "androcentrismo". Questo neologismo sottolinea che la dottrina tradizionale e' stata elaborata nella prospettiva del maschio, assunto come sesso esemplare. Ho dimostrato che la subordinazione della donna e' un fatto assiomatico nell'antropologia cristiana, perche' la si considera istituita da Dio secondo l'ordine della creazione. D'altra parte l'equivalenza tra maschio e femmina, introdotta mediante l'incorporazione a Cristo nell'ordine della salvezza, sara' perfettamente realizzata solo nella compiutezza escatologica. Ne consegue la normativita' della relazione gerarchica tra i sessi tanto nella societa' quanto nella Chiesa. L'assioma del primato maschile restera' incontestato nella cultura occidentale sino al secolo XX. * - Cettina Militello: Ma la donna non e' anch'essa creata a immagine di Dio? - Kari Elisabeth Boerresen: La divaricazione fondante tra divinita' e femminilita', che il cristianesimo condivide con il giudaismo e con l'islam, costituisce la sfida maggiore per le donne. Data l'interazione tra monoteismo e androcentrismo, il privilegio dell'imago Dei e' riservato all'umanita' maschile o all'anima asessuata. Essendo derivata e subalterna, l'umanita' femminile non e' creata a immagine di Dio. D'altra parte, a motivo di quella che io chiamo la "democrazia della salvezza", al cui interno le donne sono ugualmente salvate da Cristo, agli esseri umani appartenenti al sesso secondario sono attribuite prerogative teomorfe nell'ordine della redenzione. Va precisato che, durante la storia cristiana, Eva e le sue figlie sono state gradualmente inserite nella definizione dell'umanita' creata a immagine di Dio. * - Cettina Militello: Quali le tappe di questa progressiva inclusione? - Kari Elisabeth Boerresen: Innanzitutto, conformemente ai testi biblici, l'esegesi antica afferma che solo i maschi sono creati a immagine di Dio (cfr. Gen 1, 26-27a; Gen 2, 7; 1 Cor 11, 7). Cio' malgrado, le donne possono acquisire la pienezza dell'umano esemplare diventando maschi, vale a dire figli di Dio e fratelli di Cristo nell'ordine della salvezza (cfr. Gal 3, 28; Col 3, 10-11; Ef 4, 13). In un secondo momento, avvalendosi di una concezione platonizzante dell'imago Dei, considerata asessuata in quanto incorporea, quella che io ho indicato come la patristica "femminista" e' riuscita ad attribuire questo privilegio alle donne sin dalla creazione, malgrado la loro femminilita' non teomorfa. Infine, anticipata dalla matristica medievale e attualizzata dall'esegesi femminista del secolo XIX, la nuova definizione olistica dell'imago Dei, in quanto comprendente tutto l'essere umano maschile o femminile, e' stata adottata nel secolo XX dall'esegesi protestante. Dopo il Vaticano II l'adattamento alla cultura post-patriarcale e' accettato anche dalla Chiesa cattolica, mentre la teologia ortodossa resta allo stadio del privilegio asessuale. * - Cettina Militello: Hai fatto cenno a una patristica femminista... - Kari Elisabeth Boerresen: Si', mi riferisco innanzitutto a Clemente d'Alessandria. Questo Padre, morto prima del 215, e' il primo teologo a connettere il testo sull'immagine di Gen 1, 26-27a alla differenza sessuale di Gen 1, 27b: "Maschio e femmina li creo'", testo letterariamente in rapporto con l'idea della fecondita' presente nel versetto seguente. Clemente e' anche il primo a giustificare questo spostamento esegetico ricorrendo a Gal 3, 28: "Non c'e' piu' uomo e donna, poiche' voi tutti siete uno (un solo uomo) in Cristo Gesu'". Va sottolineato come questo versetto offra una citazione negativa di Gen 1, 27a, nel senso dell'abolizione redentrice della differenza dei sessi mediante il ritorno alla perfezione originaria: a un tempo unita' presessuale e perfetta mascolinita' cristomorfa. Ignorato da Clemente, il testo della 1 Cor 11, 7 serve, nell'es egesi antiochena, a rinsaldare la subordinazione delle donne non-teomorfe: "L'uomo non deve coprirsi il capo, poiche' egli e' immagine e gloria di Dio; la donna invece e' gloria dell'uomo". Questa interpretazione letterale e' sopravvissuta nel diritto canonico medievale, tramite l'Ambrosiaster (attivo attorno al 370-380), citato sotto i nomi di Ambrogio e di Agostino. * - Cettina Militello: Cosa dice l'autentico Agostino? - Kari Elisabeth Boerresen: Al contrario dell'Ambrosiaster, Agostino e' il primo Padre della Chiesa che affronta direttamente 1 Cor 11, 7. E poiche' tutta l'esegesi patristica interpreta questo testo ad litteram nel senso di un'imago Dei esclusivamente riservata ai maschi, egli ricorre a una soluzione allegorica. Dando priorita' all'immagine asessuata, attribuita alle donne sin dalla creazione, Agostino interpreta il vir teomorfo come simbolizzante la parte superiore dell'anima umana, mentre la mulier, privata dell'immagine divina, simbolizza la parte inferiore dell'anima. Questa ingegnosa esegesi non abolisce l'incompatibilita' fondamentale tra il divino e il femminile. Il che vuol dire che la femina/mulier e' teomorfa malgrado il suo sesso, mentre il sesso primario del masculus/vir riflette l'eccellenza della propria imago Dei. Detto altrimenti, poiche' la subordinazione creazionale delle donne e' imposta dalla loro femminilita' derivata, il fatto di possedere un'anima asessuata non abolisce il primato degli uomini maschi. D'altra parte, Agostino e' il primo Padre della Chiesa che respinge la tesi secondo cui le donne risusciteranno asessuate sotto le parvenze del sesso virile. Poiche' la femina in quanto homo fa parte dell'umanita' creata, le donne risusciteranno come esseri umani di sesso femminile. Androcentricamente, Agostino sottolinea che la concupiscenza maschile sara' abolita nella restaurazione finale. Cosi' l'organismo femminile sopravvivera', liberato tuttavia dalla finalita' ausiliaria della procreazione. Invocando la tipologia Adamo-Cristo e Eva-Chiesa, con riferimento a Gen 2, 21-23; Gv 19, 34 ed Ef 5, 32, Agostino sottolinea che la differenza sessuale dell'ordine della creazione verra' ristabilita nell'ordine della salvezza. * - Cettina Militello: E' tipologia che tu consideri androcentrica... - Kari Elisabeth Boerresen: La tipologia tradizionale corrisponde allo stadio iniziale dell'antropologia cristiana, quello in cui la gerarchia dei sessi e' trasposta dall'ordine della creazione a quello della salvezza. Cosi' Adamo teomorfo ed Eva da lui derivata prefigurano Cristo quale nuovo Adamo e la Chiesa/Maria quale nuova Eva (cfr. 2 Cor 11, 2; Ef 5, 32). Questi modelli vengono elaborati nel secolo II da Giustino e Ireneo, dunque in conformita' all'idea dell'immagine di Dio riservata all'umanita' maschile. Cio' malgrado, questa tipologia fonda, ancora nel secolo XX, nell'ambito del cristianesimo cattolico e ortodosso, tanto la cristologia che l'ecclesiologia e la mariologia. In conseguenza, l'introduzione recente dell'imago Dei olistica segna una inculturazione squilibrata, al cui interno l'antropologia cattolica si trova costretta tra un'immagine accomodata e una tipologia arretrata. * - Cettina Militello: Sono temi che hai lungamente affrontato nel tuo saggio del 1971. Passiamo piuttosto al secondo aspetto della tua ricerca... - Kari Elisabeth Boerresen: Si', passiamo alla "matristica", termine che ho coniato nel 1993 per indicare le teologhe dei secoli XII-XV che hanno trasformato la dottrina e il simbolismo del cristianesimo classico. L'inculturazione nord-europea delle Madri della Chiesa medievale non e' inferiore all'inculturazione greco-romana dei Padri della Chiesa antica. Questa interazione tra innovazione patristica e sviluppo matristico si manifesta nel discorso su Dio e la sua relazione con l'umanita'. Tutte le Madri della Chiesa medievale dicono che le donne possiedono l'imago Dei sin dalla creazione. * - Cettina Militello: Sono dunque le eredi del femminismo patristico? - Kari Elisabeth Boerresen: Si', fondandosi su di esso, le teologhe del Medioevo sono innovatrici e oltrepassano l'espediente platonizzante del privilegio asessuale. Le mulieres sanctae non si contentano piu' di diventare maschio incorporandosi a Cristo e di essere teomorfe a scapito del loro sesso femminile. Con perspicacia, esse si sforzano di trasformare le concezioni correlative di divinita' andromorfa o metasessuale, cosi' da stabilire un modello di femminilita' perfetta sul piano divino. Cito due Madri della Chiesa che, secondo me, sono particolarmente importanti: Ildegarde di Bingen (morta nel 1179) e la reclusa Giuliana di Norwich (morta dopo il 1416). Tutte le Madri della Chiesa medievale chiamano, poi, in causa l'ispirazione divina perche' venga riconosciuta la validita' del loro messaggio. A motivo dell'equivalenza nell'ordine della redenzione, le donne carismatiche vengono piu' o meno tollerate, a condizione che si lascino controllare dagli uomini di Chiesa. * - Cettina Militello: Penso che verra' a molti la voglia di leggere piu' diffusamente quanto hai scritto in proposito in Le Madri della Chiesa. Veniamo pero' al terzo aspetto della tua ricerca, il "femminismo cristiano"... - Kari Elisabeth Boerresen: Ho gia' indicato come vadano compresi i termini di "femminismo" e "cristianesimo". Si tratta ora di evidenziare il divario confessionale, la modalita' diversa di recepire le istanze del femminismo all'interno delle Chiese cristiane. I tre fattori costitutivi del femminismo, ossia la parita' politica, l'autonomia riproduttiva e l'idoneita' cultuale, sono non solo enunciati ma, direi, realizzati nel contesto della cultura protestante. Malgrado l'iniziale opposizione di tutte le istituzioni cristiane, il diritto di voto venne innanzitutto riconosciuto alle donne nei Paesi protestanti (Nuova Zelanda 1893, Australia 1902, Finlandia 1906, Norvegia 1913, Gran Bretagna 1928). Paesi di tradizione cattolica quali la Francia e l'Italia giungeranno alla parita' politica solo intorno al 1945. Dopo il concilio Vaticano II, l'equivalenza socio-culturale acquisita dalle donne nella civilta' occidentale e' stata fatta propria a posteriori anche dalla Chiesa cattolica, pur affermando la divisione dei ruoli sessuali riconosciuti come complementari, nella famiglia come nella societa'. * - Cettina Militello: Resta l'insistenza sul ruolo materno... - Kari Elisabeth Boerresen: Tale insistenza, come fondamento della dignita' delle donne, si collega all'antropologia patristica, al cui interno la creazione di Eva e' spiegata dalla funzione strumentale della procreazione dei figli di Adamo. D'altra parte l'autonomia riproduttiva delle donne nel senso di una fecondita' volontaria, inconcepibile prima del secolo XX, e' ora assolutamente necessaria per realizzare una piena collaborazione dei due sessi in tutti gli ambiti della societa' come della Chiesa. Secondo me, non e' irrilevante che la Santa Sede collabori con i Paesi islamici per limitare l'autonomia riproduttiva delle donne nei contesti internazionali delle Nazioni Unite (cfr. La Conferenza sulla popolazione del 1994 e la Conferenza sulle donne del 1996). E' stupefacente che stia in compagnia dei Paesi islamici non avendo questi ratificato ne' la Convenzione per i diritti politici delle donne (1952), ne' la Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione concernente le donne (1979). In verita', il tema della maternita' come ragion d'essere specifica delle donne corrisponde a una identica concezione della donna, sostenuta da una comune retorica apologetica. Il mondo protestante ha anche riconosciuto per primo la capacita' cultuale delle donne. * - Cettina Militello: So come la pensi, ma di questo preferirei non parlare... - Kari Elisabeth Boerresen: D'accordo, lasciami pero' dire come femminista cattolica e come pioniera di "Gender Studies", che e' assolutamente indispensabile la conoscenza approfondita della storia del cristianesimo per poter affrontare questi problemi. Sfortunatamente, una tale prospettiva sembra spesso assente, tanto nelle femministe credenti quanto nei chierici tradizionalisti. In effetti, la concezione dell'autonomia della persona deriva dal privilegio umano dell'essere creato a immagine e somiglianza di Dio. Di conseguenza, il femminismo contemporaneo si colloca all'ultimo stadio dell'antropologia cristiana, rivendicando la parita' politica, l'autonomia riproduttiva e la capacita' cultuale per gli esseri umani di ambedue i sessi. E nondimeno, il simbolismo dottrinale che deriva dagli stadi anteriori della tipologia androcentrica e dall'imago Dei asessuata, resta l'ostacolo fondamentale per una trasposizione femminista dell'equivalenza redentrice all'ordine della creazione. * - Cettina Militello: Parlavi di divario confessionale. Vuoi precisare meglio? - Kari Elisabeth Boerresen: Si', trovo stupefacente che il divario confessionale del femminismo cristiano sembri seguire la cronologia della cristianizzazione dell'Europa, ma in senso opposto. La Scandinavia, cristianizzata solo a partire dal secolo X, si trova nel secolo XX all'avanguardia per cio' che concerne l'equivalenza dei due sessi. Le ricerche storiche provano che l'introduzione del diritto canonico fu svantaggiosa per le donne nordiche, riducendo il loro statuto giuridico e privandole di capacita' cultuale. L'impatto della riforma luterana nel secolo XVI fu alquanto ambivalente, dando per scontato che il potere del padre di famiglia dovesse imitare la patria potestas di Dio Padre. Al contrario, le donne sono state liberate dalla subordinazione mariotipica nella misura in cui la cristologia e l'ecclesiologia protestante sono state strutturate meno dalla tipologia classica. Va pero' sottolineato che nel cattolicesimo romano e ortodosso, Maria come nuova Eva rinsalda la divisione dei ruoli sessuali nel senso di una specificita' femminile. E' per questo che il modello scandinavo di collaborazione tra donne e uomini, in quanto esseri sessualmente differenti, in tutti i campi della societa' civile e religiosa, resta ancora marginale per la cultura mediterranea. * - Cettina Militello: Vuoi aggiungere qualcosa a proposito di questo modello scandinavo di collaborazione? - Kari Elisabeth Boerresen: Mi riferisco soprattutto alla Norvegia. Credo si debba sottolineare come da tempo il potere politico sia qui ripartito quasi equamente tra i due sessi. Abbiamo avuto negli anni '90 un primo ministro donna, un numero rilevante di donne ha ricoperto e ricopre incarichi ministeriali, e anche in Parlamento e' rilevante la presenza delle donne. Il confronto con la Spagna, la Francia e l'Italia non e' lusinghiero per questi Paesi. Cio' spiega perche' la maggior parte delle donne ha votato nel 1994 contro l'ingresso della Norvegia nella Comunita' Europea. Era grande la paura di un influsso mediterraneo di segno opposto. Il welfare scandinavo, che in Norvegia si fonda su vaste risorse naturali di energia, ha prodotto una sorta di "femminismo di Stato". Qui l'obiettivo politico e' la collaborazione fra i sessi in tutti i campi, dando per scontata la possibilita' di decidere in materia di fertilita' e riconoscendo la responsabilita' di entrambi i genitori nell'educazione dei figli. Percio' il sistema legale promuove la carriera professionale delle donne, facilitando il coinvolgimento di entrambi i genitori. E' evidente il contrasto tra il modello scandinavo di collaborazione alla pari in tutte le sfere socio-economico-culturali e il tradizionale modello cattolico e islamico che esige ruoli separati fra maschio e femmina. * - Cettina Militello: Ti confesso che mette a disagio questa tua insistenza su una simmetria tra cattolicesimo e islam... Piuttosto qual e' la ricaduta di questo che chiami "femminismo di Stato" a livello di studio e di ricerca? - Kari Elisabeth Boerresen: E' grazie a esso che i centri di "Women's Studies and Gender Research" si trovano in tutte le universita'. Questa rete e' ora coordinata da un Istituto Nordico con sede a Oslo. Lo scopo comune e' di rafforzare l'uso della categoria analitica di genderedness in tutti i campi dell'insegnamento e della ricerca. Io stessa dirigo un seminario interdisciplinare su "Gender" e religione nel Dipartimento di Storia della Chiesa dell'Universita' di Oslo. Quanto alla presenza delle donne, le studentesse e le ricercatrici superano gia' il 50%. Non e' cosi' invece per le docenti associate. La percentuale scende ancora di piu' per le docenti ordinarie. * - Cettina Militello: Un'ultima battuta da cattolica del Nord quale ti definisci... - Kari Elisabeth Boerresen: Trovo paradossale constatare che se il protestantesimo ha sostenuto per primo il femminismo cristiano, le tradizioni cattolica e ortodossa ci offrono invece gli strumenti indispensabili per una nuova inculturazione: un'esegesi dinamica della Scrittura in quanto incarnata humano modo e un'antropologia ottimista circa la divinizzazione dell'essere umano. Purificate dagli asserti androcentrici e dualisti, nel senso dell'incarnazione del Figlio di Dio in vista della theosis holistica, l'inculturazione patristica dell'antichita' greco-romana e l'inculturazione nord-europea delle Madri della Chiesa medievale possono servire come modello per una restaurazione femminista del cristianesimo. Ed e' cio' che mi auguro. * Postilla prima. Le opere. Tra subordinate ed equivalenti Impossibile dar conto dei suoi articoli (circa un centinaio). Segnalo soltanto i volumi, scritti per intero da lei o da lei curati: Subordination et Equivalence. Nature et role de la femme d'apres Augustin e Thomas d'Aquin, Oslo-Paris 1968 (tr. it.: Assisi 1979); Anthropologie medievale et theologie mariale, Oslo 1971; Nicolaus Cusanus: dialog. "De pace fidei". Om trosfreden, Oslo 1983; Image of God and Gender Models in Judeo-Christian Tradition (Ed.), Oslo 1991 (tr. it., Roma 2001); Le Madri della Chiesa. Il Medioevo, Napoli 1993; Women's Studies of the Christian and Islamic Traditions. Ancient, Medieval and Renaissance Foremothers (Ed. con Kari Vogt), Dordrecht-Boston-London 1993; Subordination and Equivalence. A Reprint of a Pioneering Classic, Kampen 1995; Gender and Religion/Gendre et religion. European Studies/Etudes Europeennes (Ed. con Sara Cabibbo ed Edith Specht), Roma 2001. * Postilla seconda. Ha insegnato nelle universita' europee e americane. Un'esperta dei "Gender models" Se volessimo descrivere sinteticamente la parabola culturale di Kari Elisabeth Boerresen, essa va dai "Women's Studies" - nei quali e' stata pioniera - ai "Gender Studies", anzi ai "Gender Models" che rappresentano oggi l'ambito e il metodo della sua ricerca. Quanto al profilo accademico, la Boerresen e' magister artium in storia delle idee presso l'Universita' di Oslo (1960), dove ha conseguito anche il dottorato in filosofia (1968). Ha studiato presso i piu' prestigiosi centri d'Europa: la Sorbona, l'Institut Catholique, L'Ecole pratique des hautes etudes di Parigi, ma anche a Poitiers (Centre d'etudes medievales), Heidelberg (Theologische Fakultaet), Mainz (Cusanus Institut), Oxford (St. Hilda's College)... E' stata prima assistente al Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Oslo (1961), poi ricercatrice presso il Consiglio norvegese per la ricerca (1961-1965); ricercatrice presso il Dipartimento di teologia sistematica dell'Universita' Arhus; borsista dell'Accademia norvegese di lettere e arti (1970-71); ricercatrice del Consiglio norvegese per la ricerca per un programma di "Women's Studies" (1977-1980); professore ricercatore del Reale ministero norvegese per la cultura (1982-2000), professore di studi medievali e di "Gender Studies" presso il Dipartimento di studi della cultura dell'Universita' di Oslo (1993-2000). Dal 2000 e' professore di storia della teologia e di "Gender Studies" al Dipartimento di storia della Chiesa dell'Universita' di Oslo. Dottore honoris causa dell'Universita' di Uppsala (1992), e' membro dell'Accademia norvegese di scienze e lettere (dal 1995). Fuori dalla Norvegia, e' stata professore invitato presso l'Universita' Gregoriana, l'Universita' di Ginevra, la Harvard University, l'Universita' di Princeton. Troppo lungo l'elenco delle sue attivita' a livello internazionale, ricordo soltanto il congresso su "Women in the Christian Tradition", che ha raccolto a Strasburgo, nel 1992 e nel 1995, sotto l'egida della Comunita' Europea, studiosi e studiose da tutto il mondo. 2. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: LA BELLEZZA COME MONETA CIRCOLANTE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 ottobre 2009 col titolo "La bellezza come moneta circolante"] Che credito ha la bellezza femminile ai tempi di Berlusconi? Apparentemente molto alto: sembra si possa scambiare facilmente bellezza con potere, denaro, lavoro e la bellezza femminile e' una moneta al rialzo rispetto ad altre monete sui mercati che contano di piu'. Si e' verificato pero' un ribaltamento misogino che osservo a partire da me e che mi ha impressionato. Guardando soprapensiero delle ragazze camminare per strada, alcune vestite e truccate stile modelle degli inserti femminili del "Corriere della sera" e di "Repubblica", accanto ad altre vestite in modo casuale, delle prime ho pensato: dai, come le escort. Identiche. E l'immaginazione e' filata via veloce. Poi mi sono bloccata per l'attacco di stupidita' che il pensiero fluttuante rivelava. Perche' identiche alle escort si', ma anche identiche a tante mie studentesse all'universita' e a tante giovani amiche, che amano vestirsi cosi'. Mi sono detta poi: il pensiero era si' stupido, ma rivelatore di quanto i comportamenti della classe politica amplificati dai media, anche nella forma della critica, trasformino la percezione che abbiamo degli altri. Che lo si voglia o no, il modo di apparire della classe al potere, il suo modo di comportarsi, il linguaggio adoperato - e le donne e gli uomini che gli sono vicini - ha effetti profondi sull'immaginario e sulla percezione della realta'. Mi sono anche resa conto che quella misoginia serpeggiante nei confronti delle ragazze disinvolte e impeccabilmente alla moda, dopo mesi di notizie sulla querelle Berlusconi, non aveva toccato solo me ma anche altri. Soprattutto uomini. Mi sono allora domandata quale sia la molla profonda che guida certe studentesse, che incontro ogni giorno all'universita', ad essere cosi' sapientemente truccate e vestite. Belle per una pratica sul proprio corpo molto esercitata, pazientemente costruita sui modelli della moda, interpretati in modo non banale. Mi sono detta che rispondere a questa domanda poteva fare luce anche sul particolare tipo di bellezza, che e' poi un certo atteggiamento nei confronti del mondo, che certe ragazze esibiscono per avere in cambio denaro e lavoro nello scambio con gli uomini di potere. La risposta che mi sono data e' che sono accomunate da una coazione all'essere perfette. Un perfezionismo per il quale non c'e' piu' la vecchia distinzione ormai antiquata: bella, ma stentata agli esami. Queste ragazze sono perfette sia nel modo di curare il loro corpo sia nel modo di preparare gli esami. Insomma, impeccabili in tutto. La loro linea d'ombra si disegna altrove: tra una solarita' mostrata nella visibilita' pubblica, che deve risultare perfetta, e una contrazione di se' e del proprio corpo, che in genere chiamiamo depressione, e che le porta ad essere distruttive di se', degli altri, e delle relazioni, alla prima avvisaglia di cedimento. Nell'ultimo film di Woody Allen, "Basta che funzioni", a mio parere irrimediabilmente misogino, il protagonista sessantenne decide di divorziare dalla moglie architetta, bella, intelligente, raffinata. Il matrimonio non va male, ma non ha piu' una sua storia. Dopo qualche tempo da scapolo, entra nella sua casa e nella sua vita una ragazza giovane, carina, ingenua, che sembra non ragionare con la sua testa, ma con quella degli uomini che ama. Le giovani donne perfezioniste, che conosco, assomigliano - potenzialmente - alla moglie con lavoro, intelligenza, bellezza molto costruita. E' questo genere di donna ad entrare in depressione, quando qualcosa crolla. Una delle battute del protagonista sulla moglie e': non avendo super-io ha dovuto costruire il suo io. Battuta significativa sotto molti punti di vista. Dopo anni di neoliberismo che ha invitato a puntare sul proprio io, a farsi manager di se stessi - e le donne sono effettivamente la novita' piu' interessante nell'attuale mercato del lavoro - le donne hanno affinato le tecniche di perfezionamento dell'io in ogni aspetto che le riguardi: capacita' a scuola e all'universita', modellamento del proprio corpo, dinamicita'. In genere ormai lo so: quando mi trovo di fronte una studentessa vestita e curata alla moda e' quasi automaticamente anche molto preparata. Il fatto e' che Allen ha ragione, oggi il super-io non e' vincolante. Non c'e' un simbolico che faccia ordine in modo complesso, e che venga fatto proprio in modo inconscio. Non a caso non circola molto il senso di colpa come riparazione di una qualche trasgressione. La fine del patriarcato come sappiamo ha portato disordine sotto il cielo, oltre che vantaggi notevoli per le donne. Uno degli elementi del disordine - indice comunque di liberta' - e' che non ci sono piu' verita' date, ma ogni verita' va guadagnata ogni volta da capo. Ed un altro e' che il simbolico dominante e' estremamente povero, semplificato, rozzo. Cosi' per queste giovani donne la bellezza e' una moneta circolante scambiabile con molte cose. In genere vale sul mercato del lavoro, ma anche dell'amore e della sicurezza. Solo alcune vanno ad uno scambio diretto con il potere. Comunque per tutte quelle che hanno fatto della pratica di modellamento del corpo un punto di forza, la bellezza e' un elemento tra gli altri di costruzione del proprio io. Di costruzione di un curriculum pubblico. E' il genere di ragazze - ne conosco alcune - che sono piu' esposte alla linea d'ombra della depressione, alla contrazione distruttiva di sé e degli altri, quando qualche crepa si presenta irrimediabile nel loro progetto di vita centrato sulla costruzione di un io perfetto. Di fronte ad un simbolico dominante cosi' povero e rozzo, quello che possiamo fare e' invitarle a trovare parole di verita' riguardo alla loro esperienza e al loro desiderio. Solo cosi' il simbolico si puo' arricchire di potenzialita', di modi d'essere, di stili di pensiero che in modo molteplice siano alternativi a quello unidimensionale dato dal potere e dall'industria della moda. Solo quando c'e' un riconoscimento di se' nell'immagine che lo specchio ci riflette e nello sguardo degli altri - quando cioe' c'e' armonia tra il nostro corpo e il suo lato inconscio - allora il rapporto con la moda e i modelli di bellezza risulta un gioco affascinante. Altrimenti e' alienazione. Problema, va da se', del tutto estraneo alla produzione industriale del settore. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 282 del 9 ottobre 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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