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Legalita' e' umanita'. 50
- Subject: Legalita' e' umanita'. 50
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 26 Sep 2009 17:15:55 +0200
- Importance: Normal
===================== LEGALITA' E' UMANITA' ===================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 50 del 26 settembre 2009 In questo numero: 1. Nicola Gori intervista Antonio Maria Veglio' 2. Modello di esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 3. Modello di esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo 4. Cosa fare 5. Cinzia Gubbini: I racconti dei migranti illegalmente respinti dall'Italia in Libia e in Libia sottoposti a feroci violenze. Un rapporto di Human Rights Watch 6. Irene Zerbini: Bambini 1. UNA SOLA UMANITA'. NICOLA GORI INTERVISTA ANTONIO MARIA VEGLIO' [Dal quotidiano "L'Osservatore Romano" del 25 settembre 2009 col titolo "Il dovere della solidarieta' verso i rifugiati e i migranti" e il sottotitolo "Intervista a monsignor Antonio Maria Veglio', a cura di Nicola Gori"] Alla Chiesa non compete valutare le scelte politiche in materia di immigrazione, ma spetta comunque la responsabilita' di richiamare tutti al "dovere della solidarieta' verso coloro che vivono in situazioni di maggiore vulnerabilita', come rifugiati e migranti". Lo afferma l'arcivescovo Antonio Maria Veglio', presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ricordando che quello all'asilo e' "un diritto umano fondamentale", il cui rispetto "viene prima dei problemi concreti legati alla sua attuazione". Anche se - riconosce - esistono difficolta' economiche e giuridiche reali che richiedono "politiche lungimiranti". Basate, come precisa l'arcivescovo, su una "conoscenza oggettiva del fenomeno a livello internazionale" e orientate a "gestirlo tenendo in dovuta considerazione i suoi differenti aspetti". * - Nicola Gori: Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma che la Chiesa difende il diritto dell'uomo a emigrare e tuttavia non ne incoraggia l'esercizio, riconoscendo che "la migrazione ha un costo molto elevato e a pagarne il conto sono sempre i migranti". Non c'e' contraddizione tra queste due asserzioni? - Antonio Maria Veglio': Poste nei rispettivi contesti, le due affermazioni non si contraddicono, ma si completano. In effetti, il fenomeno migratorio esige di essere analizzato e interpretato da diverse angolature, per la vastita' e la complessita' dei fattori che lo compongono. La visione del Pontificio Consiglio anzitutto coglie le migrazioni come conseguenza di situazioni di ingiustizia e come "male minore" per milioni di donne e uomini, anziani e bambini che ne sono coinvolti. Tuttavia, e' pure importante non trascurare l'elemento positivo e provvidenziale delle migrazioni, che il magistero della Chiesa non ha mancato di mettere in luce gia' a partire da quando, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, si verificavano migrazioni di massa specialmente dal continente europeo verso quello americano. Del resto, la migrazione e' un fatto complesso e ambivalente, con elementi positivi e negativi, nei quali siamo interpellati a riconoscere il progetto di Dio, in una dimensione cristiana. Dunque, si tratta spesso di coniugare aspetti diversi, in modo che non accada che nell'interpretazione sociologica prevalgano gli elementi negativi, mentre in quella teologica si intravedano improvvisamente ingenui bagliori. * - Nicola Gori: Il Pontificio Consiglio si occupa di varie categorie di persone, tra le quali i nomadi, i rifugiati, la gente del mare e della strada. A proposito del dramma della tratta degli esseri umani, che colpisce spesso bambini e donne, quali iniziative concrete promuove il dicastero? - Antonio Maria Veglio': Secondo stime ufficiali, nel mondo sarebbero 2,5 milioni le vittime della tratta degli esseri umani. Per rispondere alla sua domanda, prendo lo spunto da un esempio concreto: l'osservatorio pastorale della Conferenza episcopale dell'America Latina (Celam) ha recentemente diffuso le cifre sulla tratta dei migranti secondo un'inchiesta della commissione nazionale dei diritti umani messicana, durata da settembre 2008 a febbraio di quest'anno. Ebbene, ogni mese in Messico spariscono piu' di 1.600 persone dirette irregolarmente negli Stati Uniti d'America. E' lo scandalo del sequestro massiccio di immigrati, che sono oltraggiati e, spesso, vengono liberati solo dopo aver pagato un gravoso riscatto a bande organizzate, che contano su reti e risorse. Il Messico - come Paese di origine, transito, meta e ritorno di migranti - rappresenta una delle frontiere con la maggiore affluenza migratoria al mondo. Ogni anno, secondo le cifre del Consiglio nazionale della popolazione, circa 550.000 messicani emigrano negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, negli ultimi tre anni l'Istituto nazionale per la migrazione ha riscontrato una media annuale di 140.000 migranti senza documenti, in maggioranza dei Paesi dell'America Centrale, che cercano di arrivare nel Paese nordamericano. L'ampiezza di questo fenomeno costituisce una singolare sfida dovuta alla complessita' che caratterizza l'immigrazione internazionale attuale. Inoltre questa situazione risulta aggravata dalla grande estensione e dall'alto rischio dei tragitti che le persone devono percorrere, che spesso le espone e le rende vulnerabili a differenti violazioni dei loro diritti umani. Di solito i migranti sono catturati a bordo dei treni che li portano oltre confine, oppure mentre si nascondono nelle stazioni in attesa di partire. Dopo averli maltrattati, i trafficanti chiedono ai migranti un riscatto dai 1.500 ai 5.000 dollari a persona. Cifre alla mano, il traffico potrebbe aver fatto guadagnare ai malviventi almeno 25 milioni di dollari in soli sei mesi. In questo contesto, come in altre situazioni simili in diverse zone del mondo, il nostro Pontificio Consiglio esercita una particolare azione di promozione e di sostegno alle conferenze episcopali, agli istituti religiosi e a tutti quegli organismi, soprattutto di ispirazione cristiana, che gia' sono presenti sul territorio e si occupano, nel vasto fenomeno della mobilita' umana, anche della tratta dei migranti. Come dice la Costituzione apostolica Pastor bonus, all'articolo 149, nostro compito e' quello di assistere il Papa per dirigere "la sollecitudine pastorale della Chiesa alle particolari necessita' di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la propria patria o non ne hanno affatto". Ecco perche' incoraggiamo il lavoro "in rete" di tutte quelle cristallizzazioni regionali e continentali in favore dei migranti, dei rifugiati e di altre persone in mobilita'. E' di esempio la recente costituzione dell'International network of religious against trafficking in persons (Inratip), una rete di religiose che opera sia nelle nazioni di provenienza che in quelle di destinazione delle vittime della tratta, che sono in maggioranza donne e bambini. In tal modo, si promuovono solidi legami tra Chiese, organizzazioni caritative e istituzioni locali, per avviare progetti in grado di studiare e stroncare il tragico fenomeno. * - Nicola Gori: Il Papa ha definito "doverosa" l'accoglienza di quanti fuggono da situazioni di guerra e persecuzione, pur ammettendo che essa "pone non poche difficolta'". Come si puo' salvaguardare il dovere dell'accoglienza di fronte alle obiettive difficolta' che essa comporta? - Antonio Maria Veglio': Quello dell'asilo e' un diritto umano fondamentale, come recita la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo all'articolo 14. Il rispetto di tale diritto viene prima dei problemi concreti legati alla sua attuazione. Si costituisce in tal modo la piattaforma di uno Stato di diritto, il quale deve sentirsi impegnato a fare tutto il possibile per rispettare i diritti umani fondamentali. Bisogna ricordare che l'80 per cento dei rifugiati del mondo - che solo lo scorso anno 2008 sono stati 42 milioni - si trova nei Paesi in via di sviluppo, cosi' come la stragrande maggioranza degli sfollati, stando ai dati diffusi dal "Global Trends", il rapporto statistico annuale pubblicato dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). L'Unhcr si occupa di 25 milioni di persone, fra i quali 14,4 milioni di sfollati e 10,5 milioni di rifugiati. Sono, invece, 4,7 milioni i rifugiati palestinesi sotto la competenza dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi (Unrwa). Dai dati provvisori del 2009, poi, si assiste a un consistente movimento forzato di popolazioni, principalmente in Pakistan, Sri Lanka e Somalia. Concretamente, se fissiamo l'attenzione sui Paesi dell'Unione europea, emergono chiare indicazioni sul diritto d'asilo: la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, la Carta europea dei diritti dell'uomo e le direttive dell'Unione sul diritto d'asilo esplicitano la prassi concordata da adottare nei confronti dei rifugiati riconosciuti come tali. I problemi sorgono, come sempre, laddove vi sono risorse da condividere e ricchezze da distribuire, vale a dire alloggio, casa, sanita', istruzione, impiego lavorativo, e via dicendo. Lo Stato, in tale contesto, deve vigilare e agire in modo da garantire questi beni a tutti, autoctoni e non, comprese le fasce di popolazione piu' vulnerabili, tra cui vi sono i rifugiati. Ora, per il fatto che essi pesano, soprattutto inizialmente, sulle casse dello Stato - sono gli ultimi arrivati e sono stranieri - negli ultimi decenni e' stato facile per alcune frange di certi Paesi europei, come Germania, Svizzera, Gran Bretagna, Austria e Olanda, identificarli come intrusi e approfittatori dei sistemi di assistenza sociale. Invece, nei recenti Paesi di rifugio - come Italia, Grecia, Malta e nazioni dell'Est europeo - il rifugiato e' ancora troppe volte confuso con l'immigrato per motivi economici e non gode dei dovuti sostegni sociali. In effetti, non bisogna dimenticare che i motivi di fuga sono molto complessi e spesso le persone non scappano da persecuzioni politiche direttamente rivolte alle loro persone, ma da situazioni generali di pericolo e di violazione dei diritti umani, che rendono la vita impossibile in numerosi Paesi, per cui risulta difficile distinguere tra migranti "economici" e rifugiati. Il vero problema, poi, risiede nell'accesso allo status di rifugiato. Dal momento, infatti, che esso reclama diritti, gli Stati tendono a concederlo a un numero limitato di persone per risparmiare denaro e strutture, anche perche' tendenzialmente le domande si moltiplicano. Di anno in anno, comunque, le leggi riguardanti l'asilo in Europa si fanno sempre piu' restrittive. La tendenza recente sviluppata dai Paesi dell'Unione europea e' quella della esternalizzazione del diritto d'asilo, che mira a impedire l'accesso al territorio dell'Unione e a obbligare i richiedenti asilo a fermarsi nei Paesi di transito. Non compete al magistero della Chiesa valutare le scelte politiche in questo campo, ma certo non posso eludere una considerazione generale, indirizzata a tutte le persone di buona volonta', che domanda conto alla retta coscienza del dovere di solidarieta' verso coloro che vivono condizioni di maggiore vulnerabilita', come rifugiati e migranti, ma anche, mutatis mutandis, anziani, disabili e malati terminali, nei confronti dei quali non possiamo tollerare che si avallino tentativi che vanno contro il diritto alla vita. E' ovvio che bisogna fare i conti con la limitatezza delle risorse, ma dobbiamo anche chiederci: si sta gia' facendo il possibile per l'equa distribuzione delle ricchezze? A che punto siamo con l'impegno, a livello internazionale, per risolvere conflitti di lunga durata? Quali comportamenti vengono adottati nei confronti di Governi dittatoriali che "producono" migranti e rifugiati? Quali orientamenti stanno indirizzando la gestione del fenomeno migratorio, in maniera lungimirante e non populista? * - Nicola Gori: La tutela della sicurezza e della legalita' e' conciliabile con le dimensioni e le caratteristiche del flusso immigratorio che attualmente interessa il continente europeo? - Antonio Maria Veglio': E' probabile che sicurezza e legalita', in equa e armonica simbiosi, non possano essere raggiunte pienamente in nessuna societa'. Si constata, infatti, che nelle "societa' aperte", come quelle dei Paesi democratici, caratterizzate dall'economia di mercato e dal libero movimento di alcune categorie di persone, e' quasi impossibile non correre rischi. D'altra parte, un eccessivo apparato di sicurezza rallenta la mobilita' e gli scambi necessari ai sistemi economici e, cio' che maggiormente conta, lede la liberta' di cui i cittadini sono legittimamente gelosi. Nello specifico ambito migratorio, legalita' e sicurezza possono essere favorite da politiche lungimiranti, che si basano sulla conoscenza approfondita e oggettiva del fenomeno a livello internazionale e cercano di gestirlo tenendo in dovuta considerazione i suoi differenti aspetti, senza sottovalutare le conseguenze delle scelte politiche. Per fare qualche esempio, possiamo senz'altro accertare che un'eccessiva chiusura delle frontiere determina l'aumento dell'immigrazione irregolare e alimenta le organizzazioni malavitose che trafficano esseri umani; poi, il mancato investimento in progetti di inserimento dei figli degli immigrati nell'area della formazione crea insuccesso e abbandono scolastico, alimentando il disagio giovanile e la conseguente criminalita' o devianza; ancora, l'insufficiente attenzione alla situazione abitativa di immigrati e cittadini autoctoni piu' poveri favorisce la crescita di ghetti e di aree socialmente degradate; infine, le paure dei cittadini possono essere alimentate o sottaciute da chi amministra la cosa pubblica e da chi gestisce i canali dell'informazione, anche in risposta a propri interessi. Tutto cio' non puo' essere ingenuamente ignorato e deve essere affrontato con oggettivita', per non rischiare di creare reazioni xenofobe e razziste. A ogni buon conto, sicurezza e legalita' si raggiungono solo con il positivo apporto di tutti, anche degli immigrati. Allo stesso tempo, sia gli immigrati che gli autoctoni devono poter vivere sicuri e rapportarsi in egual misura alle leggi del Paese in cui vivono. * - Nicola Gori: Le paure che si diffondono tra la gente nei confronti degli immigrati sono gestibili attraverso appositi provvedimenti politici e legislativi oppure e' necessario coinvolgere anche le istanze culturali, educative e sociali? - Antonio Maria Veglio': Senza dubbio non bastano le leggi per favorire la crescita di una societa' integrata, in cui le varie componenti convivano pacificamente e mutuamente si arricchiscano. Tutte le istanze culturali ed educative devono essere coinvolte in un processo che e' epocale e riguarda tutti gli ambiti di vita. L'Europa presenta gia' un volto multietnico, multireligioso e multiculturale, ma ancor piu' manifestera' tali caratteristiche nel futuro, in un dinamismo che investira' anche le rimanenti aree del pianeta. Questo dato attualmente non puo' essere messo in discussione. Negare la metamorfosi che sta avvenendo a livello internazionale non solo e' un'assurdita' - smentita comunque dalla realta' dei fatti - ma e' anche una scelta pericolosa e irresponsabile, perche' non accetta di gestire un fenomeno che ha gia' assunto tratti strutturali e globali, cercando di favorirne gli aspetti positivi e di ridurre quelli negativi. E' necessario, quindi, offrire adeguati percorsi di formazione alle nuove generazioni, in modo particolare, ma anche a tutta la popolazione - sia autoctoni che immigrati - per prepararsi alla convivenza con le diversita'. Certamente in questo processo i Governi devono essere in prima linea, soprattutto legiferando e adottando opportuni provvedimenti per dare impulso in misura corretta ed equilibrata a tale cammino di apprendimento. * - Nicola Gori: La sfida che gli immigrati pongono alle comunita' si gioca anche a livello ecclesiale oltre che sociale. Non vi e' il rischio di perdere l'identita' cristiana di fronte a consistenti afflussi di rifugiati appartenenti ad altre religioni? - Antonio Maria Veglio': Il rischio potrebbe essere reale, quantunque io sia convinto che l'arrivo di migranti e rifugiati appartenenti ad altre religioni sia uno stimolo piu' che una minaccia per l'identita' cristiana. In effetti, essi arricchirebbero se stessi e il nuovo ambiente se si trovassero a confronto con una diversa identita' religiosa davvero solida e coerente. A mettere in pericolo l'identita' cristiana e' piuttosto il processo di avanzata secolarizzazione, che talora sta degenerando in secolarismo intollerante e, nel vecchio continente, sta ormai facendo perdere le radici cristiane dell'Europa, negate in sede istituzionale e in alcuni ambiti della societa'. Di fatto, mediante il laicismo e il relativismo, l'Europa sta costruendo una comunita' senza Dio e cio' non e' solo un ostacolo alla sua identita', ma e' anche un impedimento alle politiche di integrazione. Se fossimo coraggiosi testimoni del Vangelo, forse un numero maggiore di migranti e di rifugiati, in ricerca e in fuga da realta' oppressive, anche sul piano religioso, sarebbe affascinato dalla fede cristiana o, quanto meno, essa sarebbe apprezzata per il suo contributo nell'ambito culturale, storico e artistico. Mi pare, invece, che il cristianesimo in Europa sia guardato con sospetto da migranti e rifugiati non cristiani allorquando si lascia identificare con uno stile di vita che lo contraddice e con la mancanza di genuina religiosita' da parte degli autoctoni. Talvolta, poi, si paventa l'espansione demografica dei non cristiani in Europa. Ma anche in questo caso dovremmo chiederci perche' non siamo in grado di equilibrare il dinamismo demografico e, soprattutto, di trasmettere la fede cristiana alle nostre nuove generazioni, che, per quanto in calo, sono ancora numericamente in maggioranza. * - Nicola Gori: Sul terreno del rispetto dei diritti e della dignita' della persona, crede che le Chiese siano adeguatamente impegnate nel sollecitare le coscienze dei fedeli e della societa'? - Antonio Maria Veglio': Le Chiese locali sono molto impegnate a sensibilizzare cittadini e societa' al rispetto dei diritti e della dignita' della persona umana, a seconda dei vari contesti nazionali in cui si trovano. Talora, in verita', esse corrono il rischio di limitarsi all'annuncio dei principi fondamentali o alla risposta immediata alle emergenze umanitarie, forse senza tenere sufficientemente in conto che e' necessaria anche un'adeguata formazione ed educazione cristiana, soprattutto delle giovani generazioni. Infatti, accanto agli interventi sociali e alle opere caritative, e' importante investire molto anche nella formazione dei cristiani, affinche' possano comprendere a fondo e applicare negli ambiti della societa' il rispetto dei diritti e della dignita' della persona. Infine, per quanto riguarda i migranti, e' urgente superare il tono assistenzialista, che prevale talvolta nelle prese di posizione di chi vede nel migrante soltanto il povero disgraziato, mentre anch'egli e' portatore di diritti e di doveri. Cosi' come e' indispensabile operare una corretta sensibilizzazione dei media perche' offrano un'informazione obiettiva e realistica. * - Nicola Gori: Quali sono le prossime iniziative e gli appuntamenti che ha in programma il Pontificio Consiglio? - Antonio Maria Veglio': I migranti non hanno pausa e anche durante il periodo estivo il Pontificio Consiglio, sebbene a ritmo meno serrato, ha continuato senza interruzioni la sua attivita' di promozione della pastorale specifica della Chiesa nel mondo della mobilita' umana. Ora, comunque, ci prepariamo a importanti appuntamenti, che ci porteranno in varie parti del mondo. Dopo il terzo incontro nazionale di pastorale della mobilita' umana, che si e' svolto a Brasilia, dal 16 al 18 settembre, celebreremo, nella sede del nostro Pontificio Consiglio, il primo incontro europeo per la pastorale della strada, dal 29 settembre al 2 ottobre. Nei giorni 27 e 28 novembre, a Bhopal, in India, parteciperemo alla conferenza nazionale per la pastorale dei nomadi nel continente indiano, mentre sempre nella sede del dicastero organizzeremo l'incontro dei direttori nazionali della pastorale per i circensi e i fieranti, l'11 e 12 dicembre. Nel frattempo, offriremo il nostro contributo a diversi incontri dell'apostolato del mare in Finlandia, Australia, India, Oceania, Giappone e Corea. Ma l'evento piu' significativo sara' senza dubbio il VI congresso mondiale per la pastorale dei migranti e dei rifugiati, che si svolgera' in Vaticano dal 9 al 12 novembre. E' un appuntamento quinquennale di verifica, studio e progettazione, che convochera' oltre trecento esperti e operatori internazionali della pastorale dei migranti e dei rifugiati sul tema "Una risposta al fenomeno migratorio nell'era della globalizzazione". 2. UNA SOLA UMANITA'. MODELLO DI ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE VARIE FATTISPECIE DI REATO CONFIGURATE DA MISURE CONTENUTE NELLA LEGGE 15 LUGLIO 2009, N. 94 Alla Procura della Repubblica di ... Al Presidente del Tribunale di ... Al Presidente della Corte d'Appello di ... Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di ... Al Presidente della Provincia di ... Al Presidente della Regione ... Al Questore di ... Al Prefetto di ... Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", sono contenute varie misure, particolarmente all'art. 1 e passim, che configurano varie fattispecie di reato con specifico riferimento a: a) violazioni dei diritti umani e delle garanzie di essi sancite dalla Costituzione della Repubblica Italiana; b) violazione dei diritti dei bambini; c) persecuzione di persone non per condotte illecite, ma per mera condizione esistenziale; d) violazione dell'obbligo di soccorso ed accoglienza delle persone di cui all'art. 10 Cost.; e) violazione del principio dell'eguaglianza dinanzi alla legge. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Firma della persona e/o dell'associazione esponente indirizzo luogo e data 3. UNA SOLA UMANITA'. MODELLO DI ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE IL FAVOREGGIAMENTO DELLO SQUADRISMO Alla Procura della Repubblica di ... Al Presidente del Tribunale di ... Al Presidente della Corte d'Appello di ... Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di ... Al Presidente della Provincia di ... Al Presidente della Regione ... Al Questore di ... Al Prefetto di ... Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", e' contenuta una misura, quella di cui all'art. 3, commi 40-44, istitutiva delle cosiddette "ronde", che palesemente configura il favoreggiamento dello squadrismo (attivita' che integra varie fattispecie di reato), anche alla luce di pregresse inquietanti esternazioni ed iniziative di dirigenti rappresentativi del partito politico cui appartiene il Ministro dell'Interno e di altri soggetti che non hanno fatto mistero ed anzi hanno dato prova di voler far uso di tale istituto a fini di violenza privata, intimidazione e persecuzione, con palese violazione della legalita' e finanche intento di sovvertimento di caratteri e guarentigie fondamentali dell'ordinamento giuridico vigente. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Firma della persona e/o dell'associazione esponente indirizzo luogo e data 4. UNA SOLA UMANITA'. COSA FARE Un esposto all'autorita' giudiziaria piu' essere presentato recandosi presso gli uffici giudiziari o presso un commissariato di polizia o una stazione dei carabinieri. Puo' essere anche inviato per posta. Deve essere firmato da una persona fisica, precisamente identificata, e deve recare un indirizzo per ogni comunicazione. * Noi proponiamo alle persone che vogliono partecipare all'iniziativa di presentare e/o inviare i due esposti che abbiamo preparato alla Procura competente per il territorio in cui il firmatario (o i firmatari - gli esposti possono essere anche sottoscritti da piu' persone) risiede, e ad altre magistrature di grado superiore (la Corte d'appello e' nel capoluogo di Regione, la Corte di Cassazione e' a Roma; sempre a Roma sono le altre istituzioni statali centrali). Proponiamo anche di inviare l'esposto al sindaco del Comune in cui si risiede (idem per il presidente della Provincia, idem per il presidente della Regione; ed analogamente per questore e prefetto che hanno sede nel capoluogo di provincia). Ovviamente i modelli di esposto da noi preparati possono essere resi piu' dettagliati se lo si ritiene opportuno. Ed altrettanto ovviamente gli esposti possono essere inviati anche ad ulteriori istituzioni. * Indirizzi cui inviare gli esposti: Naturalmente gli indirizzi delle istituzioni territoriali variano da Comune a Comune, da Provincia a Provincia e da Regione a Regione. Comunque solitamente: - l'indirizzo e-mail delle Procure e' composto secondo il seguente criterio: procura.citta'sede at giustizia.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Procura della Repubblica ad Agrigento e' procura.agrigento at giustizia.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail dei Tribunali e' composto secondo il seguente criterio: tribunale.citta'sede at giustizia.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail del Tribunale ad Agrigento e' tribunale.agrigento at giustizia.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail delle Prefetture e' composto secondo il seguente criterio: prefettura.citta'sede at interno.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Prefettura di Agrigento e' prefettura.agrigento at interno.it (analogamente per le altre province). - Sempre per le prefetture e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico (in sigla: urp), composto secondo il seguente criterio: urp.pref_citta'sede at interno.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Urp della Prefettura di Agrigento e' urp.pref_agrigento at interno.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail delle Questure e' composto secondo il seguente criterio: uffgab.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Questura di Agrigento e' uffgab.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). - Sempre per le questure e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico (in sigla: urp), composto secondo il seguente criterio: urp.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Urp della Prefettura di Agrigento e' urp.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). - E ancora per le questure e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per gli immigrati, composto secondo il seguente criterio: immigrazione.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Ufficio per gli immigrati della Prefettura di Agrigento e' immigrazione.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). Quanto alle istituzioni nazionali: - Presidente della Corte di Cassazione: Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour, 00193 Roma; e-mail: cassazione at giustizia.it; sito: www.cortedicassazione.it - Presidente della Corte Costituzionale: Piazza del Quirinale 41, 00187 Roma; tel. 0646981; fax: 064698916; e-mail: ccost at cortecostituzionale.it; sito: www.cortecostituzionale.it - Presidente del Consiglio dei Ministri: Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187 Roma; tel. 0667791; sito: www.governo.it - Presidente della Camera dei Deputati: Palazzo Montecitorio, Piazza Montecitorio, 00186 Roma; tel. 0667601; e-mail: fini_g at camera.it; sito: www.camera.it - Presidente del Senato della Repubblica: Piazza Madama, 00186 Roma; tel. 0667061; e-mail: schifani_r at posta.senato.it; sito: www.senato.it - Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura: Piazza dell'Indipendenza 6, 00185 Roma; tel. 06444911; e-mail: segvpres at cosmag.it; sito: www.csm.it - Presidente della Repubblica Italiana: piazza del Quirinale, 00187 Roma; fax: 0646993125; e-mail: presidenza.repubblica at quirinale.it; sito: www.quirinale.it Quanto alle istituzioni sovranazionali: - Presidente del Parlamento Europeo: rue Wiertz 60 - Wiertzstraat 60, B-1047 Bruxelles - B-1047 Brussel (Belgium); tel. +32(0)22842005 - +32(0)22307555; sito: www.europarl.europa.eu Al Presidente della Commissione Europea: 1049 Brussels (Belgium); sito: http://ec.europa.eu/index_it.htm - Presidente del Consiglio d'Europa: Avenue de l'Europe, 67075 Strasbourg (France); tel. +33(0)388412000; e-mail: cm at coe.int; sito: www.coe.int/DefaultIT.asp - Segretario generale delle Nazioni Unite: United Nations Headquarters, Between 42nd and 48th streets, First Avenue and the East River, New York (Usa); sito: www.un.org * Gli invii per fax o per posta elettronica o attraverso gli spazi ad hoc nei siti istituzionali possono non essere ritenuti dai destinatari equipollenti all'invio postale dell'esposto: si suggerisce quindi, almeno per quanto riguarda le Procure, di inviare comunque anche copia cartacea degli esposti per posta ordinaria (preferenzialmente per raccomandata). Ma poiche' ormai crediamo di aver gia' raggiunto con almeno un invio gran parte delle Procure, chi non avesse tempo ed agio di procedere agli invii cartacei per posta ordinaria puo' limitarsi all'invio per e-mail, che costituira' comunque un sostegno visibile e rilevante all'iniziativa. * Ovviamente e' opportuno che gli esposti siano inviati anche a mezzi d'informazione, movimenti democratici, persone interessate: una delle funzioni dell'iniziativa e' anche quella di ampliare la mobilitazione contro il colpo di stato razzista informandone l'opinione pubblica e coinvolgendo piu' persone, piu' associazioni e piu' istituzioni che sia possibile nell'impegno in difesa della legalita', della Costituzione della Repubblica Italiana, dei diritti umani di tutti gli esseri umani. * Infine preghiamo tutte le persone che presenteranno esposti di comunicarcelo per e-mail all'indirizzo: nbawac at tin.it Grazie a tutte e tutti, e buon lavoro. 5. UNA SOLA UMANITA'. CINZIA GUBBINI: I RACCONTI DEI MIGRANTI ILLEGALMENTE RESPINTI DALL'ITALIA IN LIBIA E IN LIBIA SOTTOPOSTI A FEROCI VIOLENZE. UN RAPPORTO DI HUMAN RIGHTS WATCH [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 settembre 2009 col titolo "Il rapporto" e il sommario "Che odissea in Libia. E Hrw accusa l'Italia. I racconti dei migranti respinti: botte e igiene precaria"] Bisognerebbe saper ascoltare le parole raccolte dall'ultimo rapporto di Human rights watch. Bisognerebbe capire fino in fondo cosa raccontano. Invece, probabilmente, sara' considerato di nuovo un punto di vista di parte: la loro parola contro chi dice che, invece, e' tutto regolare. L'organizzazione internazionale e indipendente ha deciso di raccogliere le testimonianze di 91 migranti, piu' un'intervista telefonica con un uomo ancora detenuto in Libia, per documentare gli abusi - fisici, psicologici e sessuali - che affronta chi tenta di raggiungere l'Europa. Si tratta di racconti agghiaccianti, della descrizione di odiosi abusi dei diritti umani. Il rapporto si chiama "Scacciati e schiacciati. L'Italia e il respingimento dei migranti e dei richiedenti asilo. La Libia e il maltrattamento dei migranti e dei richiedenti asilo". Perche' a livello internazionale ad essere considerati attori dello sfruttamento e del maltrattamento dei migranti che viaggiano verso l'Europa sono ormai due paesi: non piu' soltanto la Libia, ma anche l'Italia che ha ufficialmente avviato nel maggio del 2009 i respingimenti verso il paese "amico" nordafricano. "La realta' e' che l'Italia sta rimandando questi individui incontro ad abusi", ha detto Bill Frelick, direttore delle politiche per i rifugiati a Human Rights Watch, e autore del rapporto, "i migranti che sono stati detenuti in Libia riferiscono, categoricamente, di trattamenti brutali, condizioni di sovraffollamento ed igiene precaria". Non c'e' alcun dubbio, sottolinea Hrw che l'Italia stia violando il diritto di non refoulement, cioe' di non respingimento, stabilito dalle convenzioni internazionali. Per questo tra le raccomandazioni dell'organizzazione compare al primo punto l'immediata cessazione dei respingimenti. All'Unione Europea si chiede di obbligare l'Italia a rispettare l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani che vieta di rimandare qualsiasi persona verso un luogo in cui possa subire maltrattamenti, e a non coinvolgere proprie agenzie - a cominciare da Frontex - in operazioni di questo tipo. Gli autori del rapporto hanno raggiunto gli intervistati a Malta, Lampedusa e in alcune citta' della Sicilia. Tutti, nessuno escluso, descrivono la Libia come un paese in cui e' successo loro di tutto: sono stati picchiati, rapinati, detenuti per mesi senza avere neanche la possibilita' di capire se si trovavano in centri ufficiali o in quelli gestiti dai trafficanti. La sensazione dei migranti e' che poliziotti e sfruttatori siano in combutta, visto che entrambi sfruttano migranti vulnerabili e ne abusano. Tomas, un eritreo di 24 anni, faceva parte di un gruppo di 108 migranti che si rifiuto' di salire, nell'ottobre 2008, su un barcone inadeguato a prendere il mare. Arrivarono i poliziotti ma non per difenderli, bensi' per dare man forte ai trafficanti: "Appena vidi la barca - racconta Tomas - mi resi conto che sarei morto se ci fossi salito. Imposero a due persone di salire e il resto del gruppo comincio' a battersi. Arrivarono molti soldati e ci catturarono. Cio' che mi sorprende e' che la persona che ci disse che ci avrebbe portati in Italia e' la stessa che ci arresto'". Cosa accade nei centri, o nelle prigioni, o anche nei covi usati dai trafficanti e' difficile da raccontare, anche per gli intervistati. Soprattutto quando si tratta di descrivere cosa succede alle donne. Iskinder, etiope di 40 anni che si trova a Malta e la cui moglie invece e' ancora in Libia, racconta come fosse sempre sua moglie ad essere arrestata, perche' era lei quella che andava a lavorare: "Non mi hai mai detto nulla sul trattamento ricevuto in prigione. Ma anche io sono stato arrestato. So cosa succede alle donne". Ma nel rapporto di Hrw emergono anche informazioni interessanti sulla pratica dei respingimenti. Quelli "ufficiali" avviati dall'Italia quest'anno non sono stati gli unici. Gia' precedentemente questa pratica era attuata dalla marina maltese, mentre la marina libica per fermare i barconi gia' sparava - come ha poi documentato un video di Repubblica.it. Daniel, eritreo, racconta di essere stato rispedito indietro da una nave maltese gia' nel luglio del 2005. Il ritorno in Libia e' stato brutale: "Eravamo veramente stanchi e disidratati quando arrivammo in Libia. Iniziarono a prenderci a pugni. Ci dicevano, 'Credevate di andare in Italia, eh?'". Ci sono poi i racconti sui centri di detenzione: sporchi e dove, quando arriva la notte, succede di tutto. Racconta Ghedi, un somalo di 29 anni, sulla sua esperienza nel centro di detenzione di Kufra: "Le guardie ci picchiavano specialmente di notte, quando erano sotto l'effetto dell'hashish. Alcune guardie ci prendevano a calci con i loro scarponi. Dormivamo solo prima dei pestaggi. Non chiedevamo nulla". 6. UNA SOLA UMANITA'. IRENE ZERBINI: BAMBINI [Dal quotidiano "La Repubblica" del 24 settembre 2009 col titolo "Ma come mai qui sono tutti bianchi?"] Caro direttore, i miei figli hanno 12 e 9 anni. Vivono a Milano da due mesi. Tutti, bambini e genitori, li vogliono come compagni di classe, di giochi, di compiti. Eppure avevo sentito che i bambini stranieri sono considerati un "problema" nelle scuole italiane. I miei figli parlano un italiano approssimativo. I loro compagni di classe cinesi o arabi non suscitano tanto entusiasmo. Dimenticavo, i miei figli si esprimono in inglese. Sono cresciuti a Toronto. Di fronte a loro, a noi in generale, come famiglia, ogni barriera si abbatte, gli italiani si mettono in ginocchio pur di scambiare quattro parole. Hanno la cittadinanza italiana perche' io, la madre, sono italiana naturalizzata canadese. Ma il loro passaporto diventa un dettaglio per gli ammiratori che ignorano e non si curano della loro italianita' anagrafica. Parlano in inglese, fra loro e con noi, quindi sono degli dei. Dovrebbe farmi piacere, tutto questo interesse, e sono molto contenta che questo elemento stia di fatto facilitando la loro integrazione. Eppure mi fa anche tristezza constatare il provincialismo di cui e' frutto. Immersa in una societa' davvero multietnica, dove la diversità e' un pregio da esibire, sono abituata ad apprezzare ogni seconda lingua, ogni seconda cultura. Invece constato qui che i miei figli sono accolti meglio di bambini che sono nati in Italia da genitori stranieri, che per i miei parametri sono italianissimi, ma che hanno occhi a mandorla o la pelle scura. Parlando con un bambino italiano e' emerso che sua madre e' marocchina. "Sei fortunato - gli ho detto - puoi imparare l'arabo. Cerca di non dimenticarlo mai ed esercitati perche' sara' una competenza molto richiesta in un mondo del lavoro che dara' l'inglese per scontato". Il padre, italiano, del ragazzino, mi ha guardato come fossi un'aliena, al punto che ho pensato di aver toccato un tasto doloroso: forse la madre era deceduta o divorziata e lontana. "Non gliel'ha mai detto nessuno - mi ha spiegato riferendosi al figlio che, ha aggiunto - non solo non esibisce mai questa capacita' linguistica, ma addirittura la tiene nascosta". Spingere la gente, o peggio: i bambini, a vergognarsi della propria identita' non portera' a nulla di buono. A Toronto e' esattamente l'opposto. L'esaltazione della diversita' e' tale che sono i ragazzi "solo" anglosassoni a sentirsi obbligati, per apparire "cool", a fingere di avere una parentela italiana, portoghese o giamaicana. Il Canada e' ben lontano dall'essere il paradiso sulla terra che molti pensano, ma in termini di politiche per l'integrazione dovrebbe essere una scuola obbligatoria per ogni amministratore e politico italiano che abbia a cuore il conseguimento di una societa' pacificata e piu' vivibile per tutti. Mentre mi cimento a spiegare ai miei figli l'analisi grammaticale e l'educazione tecnica, mi chiedo anche quando la scuola italiana entrera' nel terzo millennio. Dov'e' l'educazione ambientale, l'esposizione al multiculturalismo, la valorizzazione per esempio delle lingue e delle culture rappresentate in ogni classe? A Toronto non so nemmeno quanti fossero i figli di immigrati tra i compagni di scuola dei miei figli. Prima di tutto i bambini erano tutti considerati canadesi. Ogni giorno, inoltre, i programmi offrivano loro decine di occasioni per essere fieri della loro lingua polacca, o farsi, portoghese o italiana. Una domanda molto frequente che i bambini canadesi si rivolgono quando si incontrano in un parco non e' "come ti chiami?", ma semmai "e tu che lingua parli a casa?". In un clima di questo genere l'essere straniero non puo' essere un problema. Sono certa che i miei figli acquisiranno una cultura piu' solida, dal punto di vista umanistico, nella scuola dell'obbligo italiana piuttosto che in una nordamericana. Ma l'esposizione alla diversita' e l'insegnamento che hanno ricevuto dalla scuola canadese e' ineguagliabile. Al punto che ricordero' sempre una vacanza in Italia di cinque anni fa, quando scoprii che per mio figlio, allora di otto anni, una societa' omogenea era una menomazione, un'anomalia che ovviamente non poteva essere naturale. "Mamma - mi disse - non vorrei offenderti, ma mi sembra che siano tutti bianchi qui... Cosa avete fatto agli altri?". ===================== LEGALITA' E' UMANITA' ===================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 50 del 26 settembre 2009 Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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