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Minime. 944
- Subject: Minime. 944
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 15 Sep 2009 00:58:24 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 944 del 15 settembre 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Kurtz als Erzieher 2. Modello di esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 3. Modello di esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo 4. Cosa fare 5. Roberto Saviano ricorda Anna Politkovskaja 6. Giusy Baioni intervista Frans Van der Hoff (2007) 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. KURTZ ALS ERZIEHER Nel leggere sui giornali le farneticazioni naziste di taluni ministri della Repubblica (nel silenzio complice di tutti gli altri) mi chiedo se questo sia un incubo, una distopia, un febbricitante delirio, "a tale told by an idiot, full of sound and fury, signifying nothing". * La schiavitu' nei campi e sulle strade; i morti gonfi d'acqua e smangiati dai pesci nel mare; le deportazioni nei campi di tortura; milioni di esseri umani che per legge vengono dichiarati untermenschen; l'apartheid imposto nel paese che fu di Pico della Mirandola e di Giacomo Leopardi, di Eleonora Fonseca Pimentel e dei fratelli Cervi. * Il razzismo, lo schiavismo, lo squadrismo che un governo di barbari pretende di rendere legge. E l'acquiescenza infame di tanti che pure vedono e sanno ed intendono. E tacciono. O peggio si prestano al callido teatrino di spacciar per burletta un crimine di dimensioni immani. * Ha fatto scuola Kurtz, ha fatto scuola Hitler. I criminali sono al governo. * E' dunque l'ora della resistenza. E' dunque l'ora dell'insurrezione nonviolenta per contrastare la barbarie. E' dunque l'ora che ogni persona di volonta' buona, ogni organizzazione democratica, ogni istituzione fedele alla Costituzione della Repubblica Italiana si assuma le proprie responsabilita', la responsabilita' che e' una e di tutti. Difendere la legalita' che salva le vite. Difendere la civilta' che e' una e che tutti comprende. Difendere l'umanita' perseguitata dalla violenza razzista nemica dell'intera umanita'. Denunciare, contrastare e sconfiggere il colpo di stato razzista, schiavista, squadrista, assassino. Con la forza della verita'. Con la forza della legalita'. Con la forza della democrazia. Con la forza della civilta'. Con la forza della nonviolenza. Vi e' una sola umanita'. 2. UNA SOLA UMANITA'. MODELLO DI ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE VARIE FATTISPECIE DI REATO CONFIGURATE DA MISURE CONTENUTE NELLA LEGGE 15 LUGLIO 2009, N. 94 Alla Procura della Repubblica di ... Al Presidente del Tribunale di ... Al Presidente della Corte d'Appello di ... Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di ... Al Presidente della Provincia di ... Al Presidente della Regione ... Al Questore di ... Al Prefetto di ... Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", sono contenute varie misure, particolarmente all'art. 1 e passim, che configurano varie fattispecie di reato con specifico riferimento a: a) violazioni dei diritti umani e delle garanzie di essi sancite dalla Costituzione della Repubblica Italiana; b) violazione dei diritti dei bambini; c) persecuzione di persone non per condotte illecite, ma per mera condizione esistenziale; d) violazione dell'obbligo di soccorso ed accoglienza delle persone di cui all'art. 10 Cost.; e) violazione del principio dell'eguaglianza dinanzi alla legge. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Firma della persona e/o dell'associazione esponente indirizzo luogo e data 3. UNA SOLA UMANITA'. MODELLO DI ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE IL FAVOREGGIAMENTO DELLO SQUADRISMO Alla Procura della Repubblica di ... Al Presidente del Tribunale di ... Al Presidente della Corte d'Appello di ... Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di ... Al Presidente della Provincia di ... Al Presidente della Regione ... Al Questore di ... Al Prefetto di ... Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", e' contenuta una misura, quella di cui all'art. 3, commi 40-44, istitutiva delle cosiddette "ronde", che palesemente configura il favoreggiamento dello squadrismo (attivita' che integra varie fattispecie di reato), anche alla luce di pregresse inquietanti esternazioni ed iniziative di dirigenti rappresentativi del partito politico cui appartiene il Ministro dell'Interno e di altri soggetti che non hanno fatto mistero ed anzi hanno dato prova di voler far uso di tale istituto a fini di violenza privata, intimidazione e persecuzione, con palese violazione della legalita' e finanche intento di sovvertimento di caratteri e guarentigie fondamentali dell'ordinamento giuridico vigente. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Firma della persona e/o dell'associazione esponente indirizzo luogo e data 4. UNA SOLA UMANITA'. COSA FARE Un esposto all'autorita' giudiziaria piu' essere presentato recandosi presso gli uffici giudiziari o presso un commissariato di polizia o una stazione dei carabinieri. Puo' essere anche inviato per posta. Deve essere firmato da una persona fisica, precisamente identificata, e deve recare un indirizzo per ogni comunicazione. * Noi proponiamo alle persone che vogliono partecipare all'iniziativa di presentare e/o inviare i due esposti che abbiamo preparato alla Procura competente per il territorio in cui il firmatario (o i firmatari - gli esposti possono essere anche sottoscritti da piu' persone) risiede, e ad altre magistrature di grado superiore (la Corte d'appello e' nel capoluogo di Regione, la Corte di Cassazione e' a Roma; sempre a Roma sono le altre istituzioni statali centrali). Proponiamo anche di inviare l'esposto al sindaco del Comune in cui si risiede (idem per il presidente della Provincia, idem per il presidente della Regione; ed analogamente per questore e prefetto che hanno sede nel capoluogo di provincia). Ovviamente i modelli di esposto da noi preparati possono essere resi piu' dettagliati se lo si ritiene opportuno. Ed altrettanto ovviamente gli esposti possono essere inviati anche ad ulteriori istituzioni. * Indirizzi cui inviare gli esposti: Naturalmente gli indirizzi delle istituzioni territoriali variano da Comune a Comune, da Provincia a Provincia e da Regione a Regione. Comunque solitamente: - l'indirizzo e-mail delle Procure e' composto secondo il seguente criterio: procura.citta'sede at giustizia.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Procura della Repubblica ad Agrigento e' procura.agrigento at giustizia.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail dei Tribunali e' composto secondo il seguente criterio: tribunale.citta'sede at giustizia.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail del Tribunale ad Agrigento e' tribunale.agrigento at giustizia.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail delle Prefetture e' composto secondo il seguente criterio: prefettura.citta'sede at interno.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Prefettura di Agrigento e' prefettura.agrigento at interno.it (analogamente per le altre province). - Sempre per le prefetture e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico (in sigla: urp), composto secondo il seguente criterio: urp.pref_citta'sede at interno.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Urp della Prefettura di Agrigento e' urp.pref_agrigento at interno.it (analogamente per le altre province). - L'indirizzo e-mail delle Questure e' composto secondo il seguente criterio: uffgab.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della Questura di Agrigento e' uffgab.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). - Sempre per le questure e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico (in sigla: urp), composto secondo il seguente criterio: urp.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Urp della Prefettura di Agrigento e' urp.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). - E ancora per le questure e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche all'indirizzo dell'Ufficio per gli immigrati, composto secondo il seguente criterio: immigrazione.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Ufficio per gli immigrati della Prefettura di Agrigento e' immigrazione.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province). Quanto alle istituzioni nazionali: - Presidente della Corte di Cassazione: Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour, 00193 Roma; e-mail: cassazione at giustizia.it; sito: www.cortedicassazione.it - Presidente della Corte Costituzionale: Piazza del Quirinale 41, 00187 Roma; tel. 0646981; fax: 064698916; e-mail: ccost at cortecostituzionale.it; sito: www.cortecostituzionale.it - Presidente del Consiglio dei Ministri: Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187 Roma; tel. 0667791; sito: www.governo.it - Presidente della Camera dei Deputati: Palazzo Montecitorio, Piazza Montecitorio, 00186 Roma; tel. 0667601; e-mail: fini_g at camera.it; sito: www.camera.it - Presidente del Senato della Repubblica: Piazza Madama, 00186 Roma; tel. 0667061; e-mail: schifani_r at posta.senato.it; sito: www.senato.it - Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura: Piazza dell'Indipendenza 6, 00185 Roma; tel. 06444911; e-mail: segvpres at cosmag.it; sito: www.csm.it - Presidente della Repubblica Italiana: piazza del Quirinale, 00187 Roma; fax: 0646993125; e-mail: presidenza.repubblica at quirinale.it; sito: www.quirinale.it Quanto alle istituzioni sovranazionali: - Presidente del Parlamento Europeo: rue Wiertz 60 - Wiertzstraat 60, B-1047 Bruxelles - B-1047 Brussel (Belgium); tel. +32(0)22842005 - +32(0)22307555; sito: www.europarl.europa.eu Al Presidente della Commissione Europea: 1049 Brussels (Belgium); sito: http://ec.europa.eu/index_it.htm - Presidente del Consiglio d'Europa: Avenue de l'Europe, 67075 Strasbourg (France); tel. +33(0)388412000; e-mail: cm at coe.int; sito: www.coe.int/DefaultIT.asp - Segretario generale delle Nazioni Unite: United Nations Headquarters, Between 42nd and 48th streets, First Avenue and the East River, New York (Usa); sito: www.un.org * Gli invii per fax o per posta elettronica o attraverso gli spazi ad hoc nei siti istituzionali possono non essere ritenuti dai destinatari equipollenti all'invio postale dell'esposto: si suggerisce quindi, almeno per quanto riguarda le Procure, di inviare comunque anche copia cartacea degli esposti per posta ordinaria (preferenzialmente per raccomandata). Ma poiche' ormai crediamo di aver gia' raggiunto con almeno un invio gran parte delle Procure, chi non avesse tempo ed agio di procedere agli invii cartacei per posta ordinaria puo' limitarsi all'invio per e-mail, che costituira' comunque un sostegno visibile e rilevante all'iniziativa. * Ovviamente e' opportuno che gli esposti siano inviati anche a mezzi d'informazione, movimenti democratici, persone interessate: una delle funzioni dell'iniziativa e' anche quella di ampliare la mobilitazione contro il colpo di stato razzista informandone l'opinione pubblica e coinvolgendo piu' persone, piu' associazioni e piu' istituzioni che sia possibile nell'impegno in difesa della legalita', della Costituzione della Repubblica Italiana, dei diritti umani di tutti gli esseri umani. * Infine preghiamo tutte le persone che presenteranno esposti di comunicarcelo per e-mail all'indirizzo: nbawac at tin.it Grazie a tutte e tutti, e buon lavoro. 5. LIBRI. ROBERTO SAVIANO RICORDA ANNA POLITKOVSKAJA [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo la prefazione di Roberto Saviano, dal titolo "Chi scrive, muore", al libro di Anna Politkovskaja, Cecenia. Il disonore russo, Fandango, Roma 2006, 2009] Anna era tornata dal fare la spesa, il 7 ottobre 2006. Una donna dall'aria stanca, al supermercato lungo la Frunzenskaja, la strada che costeggia la Moskva. Sta tornando dall'ospedale dov'e' ricoverata la madre divorata da un cancro. Suo padre, legatissimo alla moglie, appena ha saputo della notizia della malattia e' morto d'infarto. Sembra accanirsi il peggio della sorte in quei giorni. Divorziata, Anna, ha due figli ormai grandi che vede poco; a casa l'aspetta Van Gogh, ora un cagnone, ma era un cucciolo segnato dai maltrattamenti. Di lui scriveva: "E' di muovo sera. Giro la chiave nella serratura e Van Gogh mi vola addosso, sempre e comunque. Anche se gli fa male la pancia, qualunque cosa abbia mangiato, anche se stava dormendo profondamente. E' fonte di un affettuoso moto perpetuo. Tutti ti piantano, tutti si stancano di te: il cane non smette mai di amarti". Ha tre borse della spesa nell'auto che ferma davanti al portone di casa sua al numero 8 della Lesnaja Ulitsa. Trovare parcheggio e' facile. E' un quartiere borghese abbastanza protetto e con un certo gusto. Ci abitano i professionisti della nuova Russia. Nei palazzi si entra solo con un codice d'accesso. Anna sale a casa e posa le prime due buste della spesa, piene di alimenti e roba per la casa. Poi riscende a prendere la terza busta, piena di oggetti sanitari per la madre, in ospedale mancano. Sale al primo piano con l'ascensore, appena si spalancano le porte, ancora dentro la cabina, incontra un uomo e una donna. Lui e' magro, giovane, cappellino calzato con visiera a coprire gli occhi - diranno i testimoni - e accanto c'e' la donna. Punta una pistola IZH silenziata al petto. Al lato sinistro del petto. Spara per tre volte. Due colpi prendono il cuore spaccandolo in tre parti, un terzo colpo si devia sulla spalla. Poi per avere la certezza di aver compiuto bene il lavoro, una volta caduto il corpo a terra spara alla nuca. Avevano seguito Anna dal supermercato e sapevano i codici per entrare nel palazzo e l'hanno aspettata sul pianerottolo. Dopo l'esecuzione lasciano la pistola con matricola abrasa nella pozza di sangue e vanno via. Una signora, poco dopo, chiama l'ascensore, quando questo riscende al piano terra e le porte si spalancano, lancia un urlo e subito dopo una preghiera. Trova il cadavere di Anna. Era il cinquantaquattresimo compleanno del presidente Vladimir Putin e quella morte sembra un regalo. Anna Stepanovna Politkovskaja nata a New York con il cognome Mazepa, 48 anni, viene sepolta il 10 ottobre 2006 al cimitero Trojekurovo di Mosca. Dietro il feretro in prima fila i due figli, Ilja, di 28 anni, e Vera, di 26, la sorella, l'ex marito e il cane. La sua parola non poteva essere fermata che cosi'. Solo in quel modo c'erano riusciti: con le pallottole. Tre anni dopo gli accusati dell'omicidio di Anna sono stati tutti assolti. Assolto Sergej Chadzikurbanov, ex funzionario del ministero degli Interni, assolti i due fratelli ceceni Dzabrail e Inragim Machmudov, il terzo, Rustam, implicato anche lui, fuggito all'estero e mai arrestato, e assolto il colonnello delle forze di sicurezza Pavel Rjaguzov. Assolti e liberati dal presidente della Corte militare Evgenij Zubov coloro che secondo l'accusa avevano seguito, e poi ucciso Anna. L'assassinio a oggi non ha colpevoli ne' mandanti. Ma le sue parole continuano a essere spine ficcate sotto le unghie e nelle tempie stesse del potere russo. Cecenia e' un libro pericoloso. Anna Politkovskaja l'ha scritto con la volonta' di raccontare una ferita che non riguardava solo una parte sperduta in qualche antro caucasico. L'ha scritto riuscendo a rendere la storia della guerra in Cecenia una realta' quotidiana di tutti. Ed e' questo cio' che l'ha uccisa. La sua capacita' di rendere la Cecenia dibattito necessario a Londra e a Roma, fornendo elementi a Madrid e a Parigi, a Washington e a Stoccolma. Ovunque le sue parole sono diventate nitroglicerina per il governo di Putin, al punto che questo libro e' diventato piu' pericoloso di una trasmissione televisiva, della dichiarazione di un testimone, di un processo al Tribunale Internazionale. Perche' Cecenia raccoglie tutto quello che Anna ha visto in una delle peggiori guerre che l'umana specie abbia mai generato, una guerra dove le donne violentate e i soldati torturati dovevano dichiarare a verbale di essere i reali colpevoli delle violenze subite. La sua poetica e' possibile sintetizzarla in un aforisma di Marina Cvetaeva sulla qualle si era laureata: "Tutto il mio scrivere e' prestare orecchio". Anna Politkovskaja lavorava in una situazione complicatissima. Le trasferte le venivano pagate 30 dollari, non c'era possibilita' di guadagno, il lavoro non era sostenuto da alcuna gratificazione economica. Zero soldi per viaggiare e la parte maggiore dello stipendio se ne andava per difendersi da querele e denunce, che piovevano ogni volta che appariva un articolo a sua firma. Sfiancarla era l'obiettivo. E deprimerla con una forte pressione diffamatoria senza fine. Il piano principale non era ucciderla, ma distruggerne l'immagine. Far credere a chi l'amava - ed erano in molti - che fosse un'arrivista pazza. Non dimentichero' mai le parole pronunciate da Aleksandr Politkovskij, l'ex marito di Anna, all'indomani della sua morte: "Fu nel 1994, quando si occupo' della lotta tra gli oligarchi Vladimir Potanin e Vladimir Gusinskij per il controllo di Norilsk Nickel, il piu' grande produttore mondiale di nickel, che doveva essere privatizzato. Vinse Potanin, ma a un certo punto Gusinskij chiamo' Anna e le mostro' un dossier diffamatorio che aveva raccolto sulla nostra famiglia. Anna era spaventata, andai a prenderla e parlammo a lungo, seduti in macchina. Li' lei decise che sarebbe andata avanti comunque, anche se temeva il discredito piu' di tutto il resto". Meglio morire che essere diffamata. E tutto sommato e' questa la vera consolazione. Terribile, tragica ma incredibilmente vera. Almeno con la morte hanno smesso di tentare di screditarla. Il discredito e' l'elemento primo di distruzione, si infanga la famiglia cercando di dimostrare collusioni, corruzioni e reati. Si va dai parenti delle vittime che ha raccontato e si fa pressione perche' dicano che ha inventato tutto, che tutto e' avvenuto diversamente. Si diffondono voci di calunnia: e' menzognera, mitomane, matta, buffona, carrierista. Erano, in fondo, centinaia i cronisti in Russia che la odiavano perche' il marito aveva fatto carriera gia' durante la Perestrojka, diventando la voce critica, si', ma di una televisione dell'Urss. E poi Anna scriveva su un giornale in parte sotto il diretto controllo azionario di Gorbacev e dell'oligarca Lebedev. Il venticello della calunnia era di far i rivoluzionari con lo spazio dato dai vecchi padroni comunisti. Non era difficile per il potere politico trovare appigli verosimili per rovinare la sua immagine. Cosi' come oggi centinaia di suoi colleghi in ogni angolo del mondo la difendono e indagano su quanto accaduto. Ma poi il marito continua a spiegare perche' Anna temeva il discredito sopra ogni cosa: "Lei scriveva i suoi articoli per cambiare le cose. Ogni pezzo doveva aiutare qualcuno o contrastare un'ingiustizia. Doveva produrre qualcosa, anche poco, ma qualcosa. Se avesse perso la sua credibilita' questo sarebbe diventato impossibile. Lo stesso le successe, anni dopo, con Ramzan Kadyrov, il governatore filorusso della Cecenia, che minaccio' di trascinarla in una sauna e farla fotografare in pose sconce con uomini nudi". L'avrebbero narcotizzata, rapita e fotografata in pose porno con degli uomini, in una specie di orgia, di gang bang tra omaccioni unti d'olio con al centro la piu' pericolosa delle giornaliste. Come dire, ecco la vita che fa quella che va raccontando il suo paese come un inferno. Chi avrebbe creduto che era stata costretta e narcotizzata? Tutti avrebbero accettato quelle foto sconce, e avrebbero urlato al vizio, all'orgia, al piacere della nuova cortigiana che si credeva una combattente. In quel caso, dopo le foto sparate sulle prime pagine di molti giornali e sui siti di gossip di mezzo mondo, nessuna smentita, nessuna denuncia o dimostrazione di violenza avrebbero potuto togliere il fango sul viso. Un fango che avrebbe messo in dubbio e in discussione ogni reportage, ogni inchiesta, ogni parola. E questo e' il pericolo primo. Prima delle pallottole o quando le pallottole non riescono nel loro intento, si arriva alla distruzione della credibilita', a inabissare l'autorevolezza, a rendere nulle le parole non partendo dalle parole stesse, ma creando un meccanismo che quelle parole priva di ogni senso, rendendole involucri vuoti. Quando Anna decise di dismettere il ruolo di giornalista e partecipare attivamente a cio' che stava vedendo e raccontando, nell'ottobre del 2002, partecipo' ai colloqui con i terroristi che avevano preso in ostaggio gli spettatori del musical Nord Ost al teatro Dubrovka di Mosca. Decise di farlo portando acqua agli ostaggi. Nel settembre del 2004, durante l'assedio della scuola di Beslan, voleva tentare la mediazione. E ci sarebbe riuscita poiche' era rispettata da entrambi i fronti, ma Anna dichiaro' di essere stata avvelenata proprio a bordo dell'aereo che la stava portando in Ossezia. Quel veleno doveva ammazzarla e impedirle di portare avanti una sua proposta per la soluzione della crisi. In un modo semplice, leggero, tentarono di eliminarla: con una tazza di te'. Dopo aver bevuto le inizio' a girare la testa e lo stomaco si contraeva in spasmi. Svenne, ma aveva avuto il tempo di chiedere aiuto alla hostess. Fu portata in ospedale a Rostov. Quando si risveglio' un'infermiera le sussurro' all'orecchio: "Mia cara l'hanno avvelenata ma tutti i test sul suo sangue sono stati distrutti per ordini dall'alto". Ricordo benissimo giornalisti italiani che alcuni giorni dopo la notizia si davano di gomito: "Ha visto troppo 007 la nostra Anna. E poi quando uno e' in pericolo non lo sbandiera a tutte le conferenze, cerca di difendersi in silenzio". Questo il tenore dei commenti dopo che era sopravvissuta a un avvelenamento senza prove. Anna sapeva invece che il silenzio sarebbe stato un enorme regalo a chi la voleva zittire e delegittimare. Aveva ricevuto moltissime minacce, e per un periodo le fu pagata una scorta privata dal suo giornale, la "Novaja Gazeta". Il 9 settembre 2004 scrisse un articolo su "The Guardian", "Avvelenata da Putin", e in molti, in troppi non le credettero. Per strani meccanismi, l'invidia dei colleghi per la visibilita' e la forza delle parole di Anna, che facevano identificare la lotta per i diritti civili in Cecenia con la sua penna e il suo viso, trasformandola in un simbolo, divenne spesso il maggior alleato delle voci ufficiali del governo che raccontavano di una donna presa da se stessa e dal suo progetto mitomane. E tutto questo la lasciava completamente isolata. Nell'articolo del 9 settembre 2004 scrivera': "E' assurdo, ma non era forse lo stesso durante il comunismo, quando tutti sapevano che le autorita' dicevano idiozie ma fingevano che l'imperatore fosse vestito? Stiamo ricadendo nell'abisso sovietico, nell'abisso dell'informazione che crea morte dalla nostra stessa ignoranza... per il resto, se vuoi continuare a fare il giornalista, devi giurare fedelta' assoluta a Putin. Altrimenti puo' significare la morte, proiettile, veleno, tribunale o qualunque soluzione i servizi segreti, i cani da guarda di Putin, riterranno piu' adeguata". A difenderla c'erano solo i suoi libri e i suoi articoli. I suoi libri sono immediati, veloci, hanno la potenza della scoperta, della novita', dell'informazione sconosciuta e resa nota. Ed e' questo cio' che l'ha esposta. In Memorie di un rivoluzionario, Victor Serge preciso': "Sono piu' interessato a dire che a scrivere, altri piu' bravi di me sapranno curare le parole assieme ai fatti, io ora non ho tempo, devo dire e basta". Sembra essere lo stesso per Anna. I suoi libri sono immediati, veloci, hanno la potenza della scoperta, della novita', dell'informazione sconosciuta e resa nota. "A chi in Occidente mi vede come la principale militante contro Putin rispondo che io non sono una militante, sono solo una giornalista. E basta. E il compito del giornalista e' quello di informare. Quanto a Putin, ne ha fatte di tutti i colori e io devo scriverne", diceva dichiarando senza problemi che il suo non era un compito politico, ma assolveva alla necessita' di scrivere. Detestava scrivere editoriali "non importa sapere che penso, ma quello che vedo" e andava avanti con i suoi racconti-inchiesta. Anna Politkovskaja sapeva che solo i lettori l'avrebbero difesa, partecipava a moltissimi convegni internazionali, sapeva che la gente, gli occhi, l'interesse, avrebbero difeso le sue parole. E solo loro erano la sua scorta. I suoi strumenti erano il reportage e l'intervista e quando questa era diretta a un'autorita', se il politico o il burocrate era evasivo o mendace, la Politkovskaja passava alla denuncia. Sono dozzine i processi ai quali la scrittrice ha partecipato anche solo come testimone. In un'intervista al quotidiano inglese "The Guardian", il 15 ottobre del 2002, racconto': "Sono andata oltre il mio ruolo di giornalista. L'ho messo da parte e ho imparato cose di cui non sarei mai venuta a conoscenza se fossi rimasta una semplice giornalista, che sta ferma nella folla come tutti gli altri". Fu forse questa la ragione che la spinse in Cecenia nel 1999 e da allora, articolo dopo articolo, inizio' a montare questo libro che oggi rappresenta uno dei piu' grandi documenti letterari del nostro tempo per comprendere la fisiologia di ogni conflitto, feroce, nascosto, abominevole, terribilmente moderno. 6. ESPERIENZE. GIUSY BAIONI INTERVISTA FRANS VAN DER HOFF (2007) [Dal mensile "Jesus" n. 2, febbraio 2007, col titolo "Frans Van der Hoff. Il prete 'equo e solidale'" e il sommario "Olandese trapiantato in America latina, Frans Van der Hoff e' un prete che ha vissuto lunghi anni in Cile e poi in Messico. Dagli indios zapotechi ha appreso a mettere in primo piano la comunita'. E con loro ha dato vita a una cooperativa da cui e' nata la Max Havelaar, uno dei primi e piu' importanti marchi di prodotti del commercio equo e solidale"] Si definisce "prete contadino" e non ama parlare molto di se' e della sua storia. Preferisce raccontarvi dei suoi indios, delle comunita' del Sud del Messico, nello Stato di Oaxaca, dove vive da 25 anni. Lui e' Frans Van der Hoff, sacerdote olandese trapiantato in America latina e, soprattutto, uno dei padri del commercio equo e solidale. Cresciuto in una famiglia contadina cattolica da cui eredita l'amore per la terra, fin da ragazzino sceglie gli studi in seminario, nella congregazione del Sacro Cuore, e li completa a singhiozzo negli anni della contestazione, mentre molti dei suoi compagni abbandonano. Continua gli studi al di fuori del convento, a contatto con il mondo universitario che in quegli anni era in pieno fermento. Oggi ricorda: "All'universita', ho imparato che protestare e' interessante, ma solo se si ha una proposta". Diviene studente lavoratore e cresce da subito sensibile alle istanze che in quegli anni richiamavano l'attenzione del ricco Nord alle miserie degli altri continenti, proprio mentre la Chiesa vive il Vaticano II. Viene ordinato sacerdote nel '68; l'anno successivo si laurea con lode in teologia con una tesi sul Cile e qui sceglie di andare, nel 1970, come ricercatore. Appena giuntovi, scopre la vita dei barrios, poverissima ma ricca di fermento, e ben presto si ritrova a svolgere la funzione di mediatore tra i molti movimenti politici e sociali, attivissimi in quegli anni ma frammentati. Le sue scelte sono condivise da alcuni confratelli, mentre altri preferiscono la vita chiusa del convento. "Avevo la sensazione che non avrei mai compreso fino in fondo l'universo della poverta', se non facendone veramente parte", scrive ora Van der Hoff nel suo Max Havelaar, L'avventura del commercio equo e solidale, edito da Feltrinelli, e Faremo migliore il mondo. Idea e storia del commercio equo e solidale, da Bruno Mondadori. I suoi slanci vengono bruscamente interrotti nel 1973, con l'avvento al potere del generale Pinochet. Le attivita' di Frans Van der Hoff sono incompatibili con il regime e cosi' si ritrova costretto a fuggire. In quel periodo molti suoi confratelli, disillusi per la posizione assunta dalla gerarchia ecclesiastica, abbandonano l'istituto. Anche Frans ha quella tentazione, ma resiste: "Mi convinsi che uscendo avrei definitivamente perso ogni tipo di capacita' di azione, lasciando la Chiesa in mano alle forze conservatrici. Era l'ultima cosa che volevo. E cosi', un'altra volta, per quanto furioso, scelsi di rimanere". Van der Hoff trova riparo in Messico, come tanti rifugiati politici cileni. Anche li' il clima repressivo e' forte e ben presto il sacerdote viene di nuovo coinvolto nella resistenza. Fedele alla scelta di essere prete lavoratore, inizia come venditore ambulante di calze, poi trova un posto in una fabbrica di automobili; nel frattempo, si occupa della tipografia clandestina della resistenza, insegna nel seminario ecumenico e segue gli abitanti delle bidonville (dove gli altri sacerdoti non entrano), iniziando a celebrare la messa domenicale nella discarica. Non avendo casa, soggiorna un po' dappertutto: capanne, stanzette, retrobottega. Le varie attività di Van der Hoff lo espongono ben presto a nuovi pericoli. Riceve due volte minacce dalla polizia segreta, e nello stesso periodo si ammala di epatite A: i due motivi, insieme, lo convincono della necessita' di abbandonare Citta' del Messico per la campagna. E' il 1980. Il vescovo di Cuernavaca, suo sincero amico, gli consiglia di trasferirsi a Tehuantepec, "luogo interessante e con molte popolazioni indigene". Si tratta della regione di Oaxaca, nel Sud del Messico, allora come oggi poverissima e percorsa da forti tensioni sociali. In quell'area, l'80 per cento della popolazione e' india, in maggioranza zapoteca. Inizia per Frans la vita da campesino, che continua ancora oggi: si sistema in una casetta di argilla e comincia a coltivare la terra, stupendo gli indigeni e conquistando cosi' la loro fiducia. All'inizio, nessuno sa che e' sacerdote. E' qui che Van der Hoff scopre i valori indigeni e la loro visione antropologica che al centro pone non l'individuo, ma la comunita'. Ed e' qui che nell'81-'82 comincia anche l'avventura di Urici (Unione delle comunita' indigene della regione dell'Istmo), la cooperativa di coltivatori di caffe' che e' diventata una delle prime cooperative di commercio equo e solidale. Il sacerdote ha impiegato poco a constatare le misere condizioni di vita dei campesinos e le cause che ne sono all'origine: lo sfruttamento indiscriminato da parte dei commercianti di caffe', che impongono prezzi irrisori, la miseria che causa ignoranza e sottomissione. Anche la fede di questa gente ne e' condizionata: la poverta' e la sofferenza sono percepite come punizioni di un Dio severo e inaccessibile. "La vostra miseria non e' stata voluta da Dio, siete liberi di ribellarvi", comincia a suggerire loro Frans. Da questa esperienza di osservazione e condivisione, Van der Hoff trae anche spunto per scrivere una tesi di dottorato, nata dalla rielaborazione organica degli appunti presi a matita su fogli volanti alla mattina, mentre munge le mucche. Quando i campesinos si organizzano in cooperative e cominciano a vendere il caffe' a valle, saltando l'intermediazione dei coyotes (gli intermediari), scoprono che e' di qualita' molto piu' alta di quanto gli intermediari facevano loro credere. I guadagni crescono, la poverta' diviene un po' meno misera. Anche la loro spiritualita' cambia e si apre alla visione di un Dio misericordioso, che in Cristo ha scelto la condivisione coi poveri. Van der Hoff oggi rilegge il suo ruolo in quegli anni come quello di un'ostetrica: "Le idee venivano concepite dalla gente, io assistevo al parto". Nel 1985, dall'incontro di Frans Van der Hoff con Nico Roozen, economista olandese che lavorava per l'organizzazione interconfessionale di sviluppo Solidaridad, nasce la Max Havelaar, oggi uno dei piu' importanti marchi equosolidali internazionali, diffuso in tutto il Nord Europa. La fonte del progetto furono proprio le parole dei coltivatori indigeni: "Non vogliamo la vostra elemosina, non siamo mendicanti; se voi ci pagate un prezzo giusto per il nostro prodotto, possiamo cavarcela senza il vostro aiuto". Questo, commenta oggi Van der Hoff, "e' il nocciolo della questione, in senso sia teologico che economico". A quel punto, occorreva trovare uno sbocco per il caffe' equo. Racconta ancora Van der Hoff: "Nell'88 vado in Olanda con quattro campesinos, per capire come creare un mercato diverso con l'associazione Solidaridad e far arrivare i prodotti messicani in Olanda in tutte le botteghe, non solo quelle dei prodotti tipici. C'era abbastanza sensibilita', ma ci domandavamo come ampliare il campo, sviluppare questo progetto con le centrali d'importazione. Ci venne un'idea: lo sposo della regina d'Olanda ricevette il primo pacchetto di caffe' Max Havelaar e fu un boom. Tanto che le grosse compagnie tentarono di bloccare il fenomeno. Ma noi abbiamo continuato ad andare avanti e un po' alla volta abbiamo raggiunto la Germania, il Belgio, l'Inghilterra e nel '94 l'Italia. Ora siamo presenti in 21 Paesi, con un marchio di certificazione". Un successo pagato a caro prezzo, anche dai campesinos: "Tra il 1985 e il 1992, molti furono i contadini uccisi dai sicari. Ne morirono trentasette, tra quelli assassinati e quelli che hanno perso la vita in incidenti occorsi mentre tentavano di sfuggire ai loro inseguitori. Ho dovuto celebrare numerosi funerali, ma posso dire che ne uscimmo piu' forti". Oggi Van der Hoff dice di se': "Sono messicano, anche se nato in Olanda". E risponde volentieri alle domande sul futuro del commercio equo e solidale e sulle sfide che lo attendono. "Il commercio equo non e' una panacea, da solo non basta. Bisogna creare una piattaforma ampia, fatta di organizzazioni di consumatori, gruppi di donne, ambientalisti... Dobbiamo muoverci su vari fronti per guadagnare spazio. Il commercio equo e' un assunto politico, quindi bisogna cercare di convincere presidenti e politici. L'anno scorso ho parlato con Jacques Chirac e gli ho chiesto: in che tipo di mondo crediamo? E' irresponsabile trasferire alle prossime generazioni i problemi. La politica non funziona piu', perche' il suo spazio d'azione e' ridotto, non puo' decidere senza il consenso del potere economico. In vent'anni, si e' avuta un'evoluzione del commercio equo: il volume e' cresciuto enormemente e ora le multinazionali e i politici lo prendono sul serio. Ad esempio, il 35 per cento delle banane ormai vengono dalla filiera del commercio equo. Questo cambia anche i grandi produttori. In un mondo con un solo modello, urgono contromodelli, perche' quello neoliberale non funziona. In vari Paesi dell'America latina si sta realizzando un percorso alternativo, perche' ci si e' resi conto che non c'e' sviluppo secondo il modello del Nord". Van der Hoff non si ferma, ha le idee molto chiare: "La poverta' dignitosa va bene, se arriva a garantire salute, istruzione, una vita degna. Mentre il pianeta non riesce a sostenere lo stile di vita opulento del 20% della popolazione. Questo non e' semplificare, ma ridurre la problematica mondiale all'essenziale e affrontarlo. Faremo migliore il mondo: e' un sogno, non un'utopia". E davanti a quanti vogliono far credere che la realta' e' troppo complessa per poter essere modificata, la risposta di Van der Hoff e': "Semplificare le cose, non creare illusioni e simulacri, camminare uniti: anche la mosca piu' piccola puo' dare molto fastidio! In 50 anni, contiamo di costruire un mondo piu' giusto, tenimos paciencia". Dopo tanti anni con gli indios, anche la sua idea di Dio e' cambiata. "Abbiamo cominciato in Cile a leggere il Vangelo con Paulo Freire, a leggere Matteo 25, il giudizio finale. Alla fine la traduzione corrente e' inesatta: il greco dice 'ai piu' poveri', non 'ai piu' piccoli'". Questa e altre espressioni del Vangelo, lette nella Sierra ricevono un tipo di illuminazione diversa. Commenta Van der Hoff: "E' come se cadesse il velo di Maya. Oggi io credo in un Dio tanto grande da essere un Dio povero. Senno' non si capirebbe Gesu', che si impegno' a fianco dei poveri e che per questo fu ammazzato. Dio assume il rischio di stare coi poveri. E un altro pensiero e' importante, per me: stiamo cercando responsabilita', ma soprattutto felicita'. Io sono molto ottimista e felice. Vivere con il minimo necessario ti fa libero. Lo mas elementar es lo mas feliz. Guardi: nella scuola primaria studiavamo il vecchio catechismo e la prima domanda era: perche' siamo sulla terra? Risposta: per essere contenti qui e dopo. Innanzitutto qui! Il poi lo vedremo, ma ora dobbiamo costruire linee vitali per essere felici qui. E questo lo possiamo fare con i poveri". 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 944 del 15 settembre 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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