Minime. 936



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 936 del 7 settembre 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Modello di esposto recante la notitia criminis concernente varie
fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio
2009, n. 94
2. Modello di esposto recante la notitia criminis concernente il
favoreggiamento dello squadrismo
3. Cosa fare
4. Floriana Lipparini: La sfera della polis, la voce delle donne
5. Francesca Ortalli intervista Joumana Haddad
6. Maurizio Matteuzzi ricorda Christian Poveda
7. Jon Sobrino ricorda Ignacio Ellacuria
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. UNA SOLA UMANITA'. MODELLO DI ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS
CONCERNENTE VARIE FATTISPECIE DI REATO CONFIGURATE DA MISURE CONTENUTE NELLA
LEGGE 15 LUGLIO 2009, N. 94

Alla Procura della Repubblica di ...
Al Presidente del Tribunale di ...
Al Presidente della Corte d'Appello di ...
Al Presidente della Corte di Cassazione
Al Presidente della Corte Costituzionale
Al Sindaco del Comune di ...
Al Presidente della Provincia di ...
Al Presidente della Regione ...
Al Questore di ...
Al Prefetto di ...
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura
Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Parlamento Europeo
Al Presidente della Commissione Europea
Al Presidente del Consiglio d'Europa
Al Segretario generale delle Nazioni Unite
Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie
di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94
Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di
attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa
obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis
concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante
"Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come
"pacchetto sicurezza", sono contenute varie misure, particolarmente all'art.
1 e passim, che configurano varie fattispecie di reato con specifico
riferimento a:
a) violazioni dei diritti umani e delle garanzie di essi sancite dalla
Costituzione della Repubblica Italiana;
b) violazione dei diritti dei bambini;
c) persecuzione di persone non per condotte illecite, ma per mera condizione
esistenziale;
d) violazione dell'obbligo di soccorso ed accoglienza delle persone di cui
all'art. 10 Cost.;
e) violazione del principio dell'eguaglianza dinanzi alla legge.
Si richiede il piu' sollecito intervento.
Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare
che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei
confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che
riterranno sussistere nella concreta fattispecie.
L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da
parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p.
Firma della persona e/o dell'associazione esponente
indirizzo
luogo e data

2. UNA SOLA UMANITA'. MODELLO DI ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS
CONCERNENTE IL FAVOREGGIAMENTO DELLO SQUADRISMO

Alla Procura della Repubblica di ...
Al Presidente del Tribunale di ...
Al Presidente della Corte d'Appello di ...
Al Presidente della Corte di Cassazione
Al Presidente della Corte Costituzionale
Al Sindaco del Comune di ...
Al Presidente della Provincia di ...
Al Presidente della Regione ...
Al Questore di ...
Al Prefetto di ...
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura
Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Parlamento Europeo
Al Presidente della Commissione Europea
Al Presidente del Consiglio d'Europa
Al Segretario generale delle Nazioni Unite
Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento
dello squadrismo
Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di
attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa
obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis
concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante
"Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come
"pacchetto sicurezza", e' contenuta una misura, quella di cui all'art. 3,
commi 40-44, istitutiva delle cosiddette "ronde", che palesemente configura
il favoreggiamento dello squadrismo (attivita' che integra varie fattispecie
di reato), anche alla luce di pregresse inquietanti esternazioni ed
iniziative di dirigenti rappresentativi del partito politico cui appartiene
il Ministro dell'Interno e di altri soggetti che non hanno fatto mistero ed
anzi hanno dato prova di voler far uso di tale istituto a fini di violenza
privata, intimidazione e persecuzione, con palese violazione della legalita'
e finanche intento di sovvertimento di caratteri e guarentigie fondamentali
dell'ordinamento giuridico vigente.
Si richiede il piu' sollecito intervento.
Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare
che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei
confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che
riterranno sussistere nella concreta fattispecie.
L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da
parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p.
Firma della persona e/o dell'associazione esponente
indirizzo
luogo e data

3. UNA SOLA UMANITA'. COSA FARE

Un esposto all'autorita' giudiziaria piu' essere presentato recandosi presso
gli uffici giudiziari o presso un commissariato di polizia o una stazione
dei carabinieri.
Puo' essere anche inviato per posta.
Deve essere firmato da una persona fisica, precisamente identificata, e deve
recare un indirizzo per ogni comunicazione.
*
Noi proponiamo alle persone che vogliono partecipare all'iniziativa di
presentare e/o inviare i due esposti che abbiamo preparato alla Procura
competente per il territorio in cui il firmatario (o i firmatari - gli
esposti possono essere anche sottoscritti da piu' persone) risiede, e ad
altre magistrature di grado superiore (la Corte d'appello e' nel capoluogo
di Regione, la Corte di Cassazione e' a Roma; sempre a Roma sono le altre
istituzioni statali centrali).
Proponiamo anche di inviare l'esposto al sindaco del Comune in cui si
risiede (idem per il presidente della Provincia, idem per il presidente
della Regione; ed analogamente per questore e prefetto che hanno sede nel
capoluogo di provincia).
Ovviamente i modelli di esposto da noi preparati possono essere resi piu'
dettagliati se lo si ritiene opportuno. Ed altrettanto ovviamente gli
esposti possono essere inviati anche ad ulteriori istituzioni.
*
Indirizzi cui inviare gli esposti:
Naturalmente gli indirizzi delle istituzioni territoriali variano da Comune
a Comune, da Provincia a Provincia e da Regione a Regione.
Comunque solitamente:
- l'indirizzo e-mail delle Procure e' composto secondo il seguente criterio:
procura.citta'sede at giustizia.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail della
Procura della Repubblica ad Agrigento e' procura.agrigento at giustizia.it
(analogamente per le altre province).
- L'indirizzo e-mail dei Tribunali e' composto secondo il seguente criterio:
tribunale.citta'sede at giustizia.it, quindi ad esempio l'indirizzo e-mail del
Tribunale ad Agrigento e' tribunale.agrigento at giustizia.it (analogamente per
le altre province).
- L'indirizzo e-mail delle Prefetture e' composto secondo il seguente
criterio: prefettura.citta'sede at interno.it, quindi ad esempio l'indirizzo
e-mail della Prefettura di Agrigento e' prefettura.agrigento at interno.it (ana
logamente per le altre province).
- Sempre per le prefetture e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche
all'indirizzo dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico (in sigla: urp),
composto secondo il seguente criterio: urp.pref_citta'sede at interno.it,
quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Urp della Prefettura di Agrigento
e' urp.pref_agrigento at interno.it (analogamente per le altre province).
- L'indirizzo e-mail delle Questure e' composto secondo il seguente
criterio: uffgab.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad
esempio l'indirizzo e-mail della Questura di Agrigento e'
uffgab.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province).
- Sempre per le questure e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche
all'indirizzo dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico (in sigla: urp),
composto secondo il seguente criterio:
urp.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it, quindi ad esempio
l'indirizzo e-mail dell'Urp della Prefettura di Agrigento e'
urp.ag at poliziadistato.it (analogamente per le altre province).
- E ancora per le questure e' opportuno inviare gli esposti per e-mail anche
all'indirizzo dell'Ufficio per gli immigrati, composto secondo il seguente
criterio: immigrazione.siglaautomobilisticacitta'sede at poliziadistato.it,
quindi ad esempio l'indirizzo e-mail dell'Ufficio per gli immigrati della
Prefettura di Agrigento e' immigrazione.ag at poliziadistato.it (analogamente
per le altre province).
Quanto alle istituzioni nazionali:
- Presidente della Corte di Cassazione: Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour,
00193 Roma; e-mail: cassazione at giustizia.it; sito: www.cortedicassazione.it
- Presidente della Corte Costituzionale: Piazza del Quirinale 41, 00187
Roma; tel. 0646981; fax: 064698916; e-mail: ccost at cortecostituzionale.it;
sito: www.cortecostituzionale.it
- Presidente del Consiglio dei Ministri: Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370,
00187 Roma; tel. 0667791; sito: www.governo.it
- Presidente della Camera dei Deputati: Palazzo Montecitorio, Piazza
Montecitorio, 00186 Roma; tel. 0667601; e-mail: fini_g at camera.it; sito:
www.camera.it
- Presidente del Senato della Repubblica: Piazza Madama, 00186 Roma; tel.
0667061; e-mail: schifani_r at posta.senato.it; sito: www.senato.it
- Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura: Piazza
dell'Indipendenza 6, 00185 Roma; tel. 06444911; e-mail: segvpres at cosmag.it;
sito: www.csm.it
- Presidente della Repubblica Italiana: piazza del Quirinale, 00187 Roma;
fax: 0646993125; e-mail: presidenza.repubblica at quirinale.it; sito:
www.quirinale.it
Quanto alle istituzioni sovranazionali:
- Presidente del Parlamento Europeo: rue Wiertz 60 - Wiertzstraat 60, B-1047
Bruxelles - B-1047 Brussel (Belgium); tel. +32(0)22842005 - +32(0)22307555;
sito: www.europarl.europa.eu
Al Presidente della Commissione Europea: 1049 Brussels (Belgium); sito:
http://ec.europa.eu/index_it.htm
- Presidente del Consiglio d'Europa: Avenue de l'Europe, 67075 Strasbourg
(France); tel. +33(0)388412000; e-mail: cm at coe.int; sito:
www.coe.int/DefaultIT.asp
- Segretario generale delle Nazioni Unite: United Nations Headquarters,
Between 42nd and 48th streets, First Avenue and the East River, New York
(Usa); sito: www.un.org
*
Gli invii per fax o per posta elettronica o attraverso gli spazi ad hoc nei
siti istituzionali possono non essere ritenuti dai destinatari equipollenti
all'invio postale dell'esposto: si suggerisce quindi, almeno per quanto
riguarda le Procure, di inviare comunque anche copia cartacea degli esposti
per posta ordinaria (preferenzialmente per raccomandata).
Ma poiche' ormai crediamo di aver gia' raggiunto con almeno un invio gran
parte delle Procure, chi non avesse tempo ed agio di procedere agli invii
cartacei per posta ordinaria puo' limitarsi all'invio per e-mail, che
costituira' comunque un sostegno visibile e rilevante all'iniziativa.
*
Ovviamente e' opportuno che gli esposti siano inviati anche a mezzi
d'informazione, movimenti democratici, persone interessate: una delle
funzioni dell'iniziativa e' anche quella di ampliare la mobilitazione contro
il colpo di stato razzista informandone l'opinione pubblica e coinvolgendo
piu' persone, piu' associazioni e piu' istituzioni che sia possibile
nell'impegno in difesa della legalita', della Costituzione della Repubblica
Italiana, dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
*
Infine preghiamo tutte le persone che presenteranno esposti di comunicarcelo
per e-mail all'indirizzo: nbawac at tin.it
Grazie a tutte e tutti, e buon lavoro.

4. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: LA SFERA DELLA POLIS, LA VOCE DELLE
DONNE
[Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle at fastwebnet.it) per
averci messo a disposizione questo suo intervento gia' apparso nel sito de
"Il paese delle donne". L'intervento si inserisce nel dibattito, avviato su
un quotidiano, sul cosiddetto "silenzio delle donne"]

Non voglio fingere che le sparse membra di quello che un tempo e' stato il
movimento delle donne siano al di sopra delle critiche. Per numero e per
varieta' di errori non ci siamo fatte mancare niente, come del resto accade
a quasi tutti i movimenti che conoscono alterne fasi fisiologiche. Mi sembra
pero' che il dibattito innescato dall'intervento di Nadia Urbinati dia
spazio a un equivoco: confonde il non esserci con il non comparire. E' vero,
le "nicchie" femministe non stanno sulle prime pagine dei grandi quotidiani,
nei salotti televisivi e nelle news dei telegiornali. Eppure esistono, ma
agli occhi del teatro mediatico non possiedono sufficiente appeal e non
offrono elementi di spettacolo.
Il femminismo non e' semplificabile in uno slogan e purtroppo non basta dire
"si', noi possiamo" per attrarre nuove energie. Forse perche' ci manca una
leader carismatica? Ma il leaderismo politico e' proprio tra i fenomeni piu'
lucidamente criticati dal mondo femminista.
I mezzi a nostra disposizione sono le parole che nascono dalle relazioni e
dalle esperienze, quelle parole che secondo quanto e' stato scritto
sull'"Unita'" cerchiamo e non troviamo. Eppure, avete provato a farvi un
giro su internet? Avete idea del numero di siti e di blog gestiti da donne,
e della loro vivacita'? Avete letto gli articoli che vi compaiono? Quelli di
riflessione e quelli di attualita'? Le notizie, le iniziative, gli appelli?
Lavoro prezioso e gratuito, naturalmente (e questo sembrera' una pecca a chi
pensa che il valore si misuri in euro). Ma anche quando queste donne
chiedono espressamente spazio per far sentire all'esterno la propria voce su
fatti di bruciante attualita', non trovano eco sui media ufficiali. E questo
e' strano, nell'era del citizen journalism, quel modo diverso e autogestito
di fare comunicazione di cui ovunque si sta riconoscendo l'importanza.
Troppo semplice, purtroppo, dire che dobbiamo tornare in piazza per contare
nella realta'. Esiste ancora una realta' condivisa? Quando si dice "stare in
piazza" s'intendono le piazze vere, fatte di selciato, alberi e marciapiedi,
o quelle di carta dei giornali? Le videopiazze al plasma o le vetrine di
affollatissimi e visitatissimi blog? Folle diverse abitano queste diverse
piazze e nella maggior parte dei casi s'ignorano, non s'incrociano.
Comunque, nemmeno il ritorno in piazza garantisce alle donne di "esistere"
pubblicamente, ossia di influire sulla realta'. La piazza a Roma l'abbiamo
ben riempita, al primo corteo di "Usciamo dal silenzio" contro la violenza,
qualche anno fa. Ma anche se la violenza sulle donne continua a fare vittime
con impressionante frequenza, l'importanza di quell'evento ben presto e'
svanita senza quasi lasciare traccia e nulla ha fatto la politica per
modificare nel profondo la mortifera cultura di un maschilismo che dovrebbe
essere superato, e invece ci si ripresenta nelle sue peggiori espressioni.
Certo siamo poche a insistere, solitarie davanti al computer o nelle rare
sedi d'incontro scampate al deserto della vita urbana, ma non credo sia
questa la principale causa cui si deve una clamorosa "inesistenza pubblica".
E' troppo grande ormai il divario di potere tra chi e' sul palco, dentro la
scena, e chi invece sta fuori, in mezzo al pubblico, perche' ancora pensa
che sia giusto stare dalla parte della base. Ed e' proprio sul significato
da attribuire a cio' che viene definito pubblico che da un po' di tempo noi
"sopravvissute" stiamo riflettendo.
Non sono scomparse le donne in rivolta, o perlomeno non tutte, e' scomparsa
invece quell'agora' che Hannah Arendt definiva "cittadinanza attiva", lo
spazio dove si svolge il dibattito aperto che rompe l'anonimato della folla
indistinta e permette di "esistere" influendo sulla vita della
collettivita'. Una sfera diversa dalle aule parlamentari e dalle tribune
televisive, la sfera della polis nel senso antico del termine.

5. RIFLESSIONE. FRANCESCA ORTALLI INTERVISTA JOUMANA HADDAD
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 5 settembre 2009 col titolo "Io, che scrivo
la realta' con le unghie" e il sommario "Intervista a Joumana Haddad,
poetessa e scrittrice libanese. Dalle parole alla musica. La poetessa
Joumana Haddad e' responsabile delle pagine culturali del quotidiano
libanese 'An Nahar', caporedattrice di 'Jasad', rivista in lingua araba
specializzata nelle arti e la letteratura del corpo. Ha pubblicato varie
raccolte di poesia e diversi racconti. Per il suo In compagnia dei ladri del
fuoco (An, Nahr 2006) ha intervistato un gran numero di scrittori, fra i
quali Eco, Auster, Handke, Jelinek"]

Poetessa, scrittrice, giornalista e membro del Comitato del libro e della
lettura presso il Ministero della cultura libanese. Sono tanti i volti della
libanese Joumana Haddad, artista a tutto tondo dalla scrittura graffiante ed
incisiva. Nei suoi versi le parole svelano percorsi dell'anima ed esperienze
che vengono da lontano, diventando realta' necessaria che non
ha paura di svelarsi al resto del mondo. Penna instancabile e dalle mille
risorse, ha appena terminato il suo ultimo libro che uscira' l'anno prossimo
in Italia. E, sorridendo, racconta che il titolo (rigorosamente top secret)
l'ha trovato al suo arrivo in Sardegna. Joumana fino a domani sara' a
Seneghe, paese nel centro dell'isola, ospite dell'ultima giornata di
"Settembre dei poeti", festival allestito dallo scrittore Flavio Soriga.
*
- Francesca Ortalli: Qual e' il valore della parola nell'epoca della
comunicazione di massa?
- Joumana Haddad: C'e' una grande differenza tra le parole che sono della
comunicazione di massa e quelle che appartengono alla poesia. Per me sono
queste quelle autentiche, perche', anche se non cambiano il mondo, ci
permettono di entrare in fondo alla nostra coscienza. Non sono cosi'
utopista e non credo che i versi possano cambiare la realta', pero' possono
aiutarci a comprenderla meglio nella sua essenza. Il che, alle volte, puo'
farci soffrire.
*
- Francesca Ortalli: Che cosa intende quando dice di "scrivere con le
unghie"?
- Joumana Haddad: Vuol dire farlo sulla propria pelle, senza farsi sconti e
nessuna concessione. Per questo la mia e' una poesia che si puo' toccare,
quasi una ricerca della fisicita' della parola. E' anche andare in qualche
modo "contro", con ferocia e durezza. Cerco cosi' di raccontare me stessa,
le mie paure, la mia parte nascosta che voglio far emergere senza nessuna
ipocrisia.
*
- Francesca Ortalli: Ne Il ritorno di Lilith si rievoca la figura della
donna prima di Eva, l'indomabile che rifiuto' Adamo...
- Joumana Haddad: Ci ribelliamo sempre, anche senza essere consapevoli. E'
una battaglia quotidiana che facciamo ogni mattina, quando scegliamo di
alzarci e di vivere. Puo' essere una forma di ribellione anche continuare a
credere che c'e' qualcosa di bello che ci aspetta ogni giorno. Infatti la
vita non ha piu' senso se pensiamo di avere avuto tutto. Per questo non
bisogna accontentarsi ma cercare di andare sempre avanti, assaporando tutto.
*
- Francesca Ortalli: Come vede la condizione femminile nel mondo di oggi?
- Joumana Haddad: E' un disastro dappertutto, tranne forse che in
Scandinavia. Nel mondo arabo e' peggio ma anche in Italia non mi sembra che
vada benissimo. Mi rattrista pero' il modo in cui i paesi occidentali vedono
le donne arabe, come una grande massa compatta ed omogenea. Invece non e'
cosi', anche da noi esistono delle differenze, costruite su piccoli e grandi
cambiamenti che sono importanti. Per questo bisogna guardare oltre i
cliche'.
*
- Francesca Ortalli: Cosa pensa delle politiche sull'immigrazione del
governo italiano?
- Joumana Haddad: Non essendo italiana non mi permetto di dare giudizi. In
generale penso che ci siano alcune incomprensioni di fondo. Tutto il
movimento migratorio che sta interessando l'Europa ha provocato reazioni di
diverso tipo. La paura di quello che in qualche modo non ci appartiene e
vediamo come "straniero" ha prodotto da un lato una reazione di difesa, e
dall'altro l'esasperazione di alcuni aspetti del mondo islamico. E' come se
ci si volesse "autoproteggere" dalla societa' occidentale. Non e' un caso
che in Europa ci siano moltissime donne velate. Questo e' diventato per la
coscienza europea un modello assoluto. Un altro aspetto importante riguarda
l'atteggiamento di superiorita' con cui l'occidente guarda i paesi arabi.
Questo ha creato non pochi problemi: torto o ragione non stanno da una sola
parte. C'e' sempre un atteggiamento sbagliato quando si creano motivi di
conflitto cosi' gravi da non poter essere superati con il dialogo.

6. LUTTI. MAURIZIO MATTEUZZI RICORDA CHRISTIAN POVEDA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 settembre 2009 col titolo "El Salvador.
Ucciso Christian Poveda: il regista del film sulle maras"]

Aveva coperto - ed era sopravissuto - come fotoreporter un'infinita' di
guerre qua e la' per il mondo - il Sahara occidentale, il Libano, il
conflitto Iran-Iraq, l'intifada palestinese, la guerra civile salvadoregna
degli anni '80, l'invasione Usa di Grenada, il crollo del regime militare in
Argentina - ma non e' riuscito a scampare dalla violenza sfrenata del
Salvador.
Il corpo crivellato di colpi a bruciapelo di Christian Poveda, fotoreporter
e documentarista franco-spagnolo di 54 anni, e' stato trovato su una strada
di un sobborgo della capitale San Salvador. Ucciso mentre stava ritornando
da uno dei luoghi che aveva filmato ne La vida loca, un documentario girato
nel 2008 sulle maras, le terribili bande giovanili che sono diventate
l'incubo del Salvador e di quasi tutto il Centroamerica. Il nuovo presidente
salvadoregno Mauricio Funes, dell'Fmln, si e' detto scioccato e ha promesso
che i responsabili saranno trovati e giudicati. Ma e' difficile perche' le
bande che imperversano in Salvador, Honduras e Guatemala tengono in scacco
paesi, autorita' e polizia nonostante la politica "della mano dura" e gli
accordi di cooperazione con l'Fbi degli Usa.
Finita la guerra civile e dopo gli accordi di pace del '92, Poveda era
tornato nel Salvador dove risiedeva da qualche anno e si era dedicato a
documentare, questa volta come regista, il fenomeno delle maras. Nel 2008
aveva firmato un documentario di 90 minuti, presentato e premiato in molti
festival cinematografici, intitolato La vita pazza in cui aveva seguito per
16 mesi la quotidianita' di una cellula della Mara 18, una delle due che si
contendono il dominio del crimine organizzato nel paese e in Centroamerica
ma il cui potere arriva fino agli Stati Uniti (non solo piu' a Los Angeles
dove sono nate). Durante quei 16 mesi lui assistette e documento' nel film
sette assassinii ad opera dei pandilleros, i membri della banda, di cui tre
furono uccisi dalla polizia.
Le maras nacquero negli anni '80 nei sobborghi di Los Angeles dove erano
emigrati un gran numero di salvadoregni (piu' di un milione su meno di sette
della popolazione totale sono negli Usa), in fuga dalla guerra e dalla
miseria. Erano pandillas, bande composte da giovani emigrati che si
identificavano per il corpo totalmente coperto da tatuaggi e per l'estrema
violenza. Le autorita' Usa pensavano di risolvere il problema deportando nei
loro paesi i pandilleros. In realta' questo servi' solo a diffondere in
Centroamerica il virus di una violenza sempre piu' sfrenata, senza riuscire
a estirparlo dalle strade delle citta' Usa. Oggi si calcola che nel Salvador
le maras - due sono le principali che si combattono selvaggiamente, la Mara
Salvatrucha e la Mara 18 - contino fra i 15 e i 30.000 effettivi, 6.000 in
Guatemala e 40.000 a Los Angeles.
A fronte della semi-tragica situazione economica e sociale dei paesi
centramericani, con uno degli indici piu' alti del mondo di omicidi, la
politica della "mano dura" non e' servita a niente. Le carceri che scoppiano
(solo nelle 19 galere del Salvador, con capacita' per 8.000 reclusi, ce ne
sono 20.500) si sono convertite in centri di potere dei mareros.
L'arcivescovo di San Salvador, Jose' Luis Escobar, poco tempo fa ha
ricordato saggiamente che "la soluzione non sta nel costruire piu' carceri e
applicare misure piu' severe, ma nel promuovere l'economia e leggi piu'
giuste". Parole al vento.

7. MEMORIA. JON SOBRINO RICORDA IGNACIO ELLACURIA
[Dal mensile "Jesus" n. 9 del settembre 2009 col titolo "Ignacio Ellacuria.
Lo spirito e' tra i poveri" e il sommario "Il 16 novembre 1989 uno squadrone
della morte irrompeva nell'Universita' Centroamericana (Uca) e massacrava
otto persone: sei gesuiti, tra cui il noto teologo Ignacio Ellacuria, e due
donne che lavoravano per loro. A distanza di vent'anni, quell'eccidio e'
ricordato dal libro di Emanuele Maspoli, Ignacio Ellacuria e i martiri di
San Salvador (Paoline). Anticipiamo la prefazione di padre Jon Sobrino,
scampato per caso all'eccidio perche' in quei giorni all'estero. Il
religioso, anche lui sulla lista nera dei militari salvadoregni responsabili
del massacro, riassume i punti fondamentali del pensiero di Ellacuria, e
spiega perche' qualsiasi riscatto non puo' che partire dai poveri"]

Sono passati venti anni dal martirio dei gesuiti dell'Uca, l'Universita'
centroamericana in Salvador: Ignacio Ellacuria, Segundo Montes, Ignacio
Martin Baro', Juan Ramon Moreno e Joaquin Lopez y Lopez. Con loro furono
assassinate due donne semplici che lavoravano con i gesuiti: Julia Elba e
Celina, madre e figlia. Sono simbolo di molte altre migliaia di donne e
bambini che sono morti e muoiono innocenti e indifesi. Non possiamo
dimenticare cio' che e' accaduto. E con la memoria coltiviamo la speranza
che si possa umanizzare questo nostro mondo, che continua a produrre martiri
e vittime.
Per comprendere il significato di quelle morti occorre partire dal pensiero
di padre Ellacuria, il rettore dell'Uca. Il gesuita insisteva
particolarmente, nella sua riflessione, su tre punti nodali. Punti che
bisogna riportare nella coscienza collettiva, nel mondo della cultura e
nelle chiese. Dimenticarli significherebbe impoverire la realta' che
viviamo, nella societa' e nella Chiesa, e rendere ancora piu' difficile il
compito piu' importante del nostro tempo, cosi' come lui lo vedeva:
"Invertire la storia, sovvertirla e lanciarla in un'altra direzione".
*
Il pensiero di Ellacuria parte innanzitutto dal concetto di popolo
crocefisso, un tema che si dimentica con facilita'. Nel 1981, durante il suo
secondo esilio a Madrid, Ellacuria scrisse un testo vigoroso. In esso
ricorda che "tra tanti segni che come sempre si danno, alcuni vistosi e
altri appena percepibili, in ogni tempo ce n'e' uno che e' il principale,
sotto la cui luce si devono discernere e interpretare tutti gli altri. Tale
segno e' sempre il popolo storicamente crocefisso, che unisce alla sua
permanenza la sempre distinta forma storica della sua crocifissione. Questo
popolo e' la continuazione storica del servo di Jahve', al quale il peccato
del mondo persiste nel togliere l'umanita', che i poteri di questo mondo
continuano a spogliare di tutto, strappandogli persino la vita, soprattutto
la vita".
Il testo e' facile da leggere, ma dice cose difficili da accettare, anche da
parte delle teologie progressiste e delle politiche di sinistra. Esso dice
che il "segno", quello in cui si concentra la realta', sono "i popoli", le
immense maggioranze che vengono private, ingiustamente, della loro umanita'
e a cui viene data la morte con crudelta' comparabile a quella della
crocifissione. Questa e' la verita' piu' profonda della realta'. E'
strutturale. Divide e contrappone gli esseri umani in minoranze del Primo
mondo e maggioranze del Terzo mondo. Ha alle sue spalle secoli di storia e
continua a essere vigente.
In effetti, la parola piu' audace e piu' interpellante del testo, scritto
piu' di venti anni fa, e' il "sempre" del popolo crocifisso. La tesi del
"sempre" di solito non e' accettata. Alcuni, infatti, pensano che gia'
viviamo in un mondo sufficientemente umano, nascondendo e fingendo di non
vedere l'orrore che si continua a produrre. Non e' cosi'. Persino
istituzioni ufficiali sono obbligate ad ammettere il "sempre". Secondo il
rapporto del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) del 2007-2008,
il 20% dei piu' ricchi assorbe l'82,4% della ricchezza mondiale, mentre il
20% dei piu' poveri deve accontentarsi dell'1,6%. Cio' significa che una
piccolissima minoranza monopolizza il consumo su scala mondiale e le immense
maggioranze sono gettate nella miseria. Jean Ziegler, nel suo rapporto per
le Nazioni Unite, afferma che nel mondo ci sono piu' di 900 milioni di
affamati e che ogni quattro secondi un essere umano muore di fame. E la
tragedia ecologica non e' minore.
Si cerca d'ignorare o alleggerire il peso del "sempre", ma il dato resta. E
s'ignora pure - ed e' comprensibile in una societa' civile ma non dovrebbe
essere altrettanto nelle Chiese - che questo popolo crocefisso e' il "segno
della presenza di Dio". Ed e' la continuazione storica del servo di Jahve'.
Su questo Ellacuria insistette fino alla fine.
*
Un altro punto importante e' il concetto della civilta' della poverta'. Su
questo tema Ellacuria comincio' a scrivere nel 1982 e vi insistette fino
alla fine della sua vita. Era convinto che la nostra societa' fosse
gravemente malata e che la colpa fosse dell'imperante civilta' della
ricchezza, che a volte chiamava pure "civilta' del capitale". Tale civilta'
offre sviluppo e felicita'. Propone come motore della storia l'accumulazione
privata del maggior capitale possibile e come principio di umanizzazione la
partecipazione e il godimento della ricchezza. In questa civilta' vive oggi
il Primo mondo, glorificandosene, con pochi che beneficiano dei suoi
successi e le maggioranze che soffrono le conseguenze del suo egoismo.
Senza cadere in semplificazioni, ne' negare i benefici che ha prodotto,
bisogna ricordare che un tale progetto non e' percorribile perche' non ci
sono le risorse affinche' tutti gli esseri umani possano vivere cosi'.
Citando Kant, Ellacuria ricordava che cio' che non e' universalizzabile non
puo' essere morale, ne' umano. E anche se fosse realizzabile, non sarebbe
desiderabile, perche' ha condotto con se' grandi mali e i meccanismi stessi
di autocorrezione non sono ne' efficaci ne' sufficienti per invertire il suo
corso distruttore. Il peggiore dei suoi mali e' che non soddisfa le
necessita' fondamentali di tutti. Un altro grande male, sul quale Ellacuria
insistette ogni giorno con piu' forza, e' che esso non genera "spirito", non
genera valori che umanizzino le persone e le societa'.
A tale civilta' egli contrappose la civilta' della poverta'. In questa
visione il motore della storia e' il soddisfacimento universale delle
necessita' fondamentali e il principio di umanizzazione e' la crescita della
solidarieta' condivisa. La civilta' della poverta' e' "uno stato universale
di cose in cui e' garantito il soddisfacimento delle necessita'
fondamentali, la liberta' delle opzioni personali e un ambito di creativita'
personale e comunitaria che permetta l'apparizione di nuove forme di vita e
cultura, nuove relazioni con la natura, con gli altri uomini, con se stessi
e con Dio". Alla base della civilta' della poverta' c'e' la tradizione
biblico-cristologica. In tutto l'Antico e Nuovo Testamento si afferma che e'
dai poveri che proviene la salvezza. E, scandalosamente, anche dalle
vittime. Su questo insisteva Ellacuria: il servo sofferente di Jahve' porta
alla salvezza.
In forma programmatica, nel contesto della XXXIV Congregazione generale dei
gesuiti, scriveva: "Questa poverta' e' quanto da' realmente spazio allo
spirito, che non si vedra' piu' soffocato per l'ansia di avere sempre piu'
degli altri, per l'ansia concupiscente di ottenere ogni sorta di bene
superfluo, quando invece alla maggior parte dell'umanita' manca il
necessario. Potra' allora fiorire lo spirito, l'immensa ricchezza spirituale
e umana dei poveri e dei popoli del Terzo mondo, oggi spenta dalla miseria e
dall'imposizione di modelli culturali piu' sviluppati in alcuni aspetti, ma
non per questo piu' pienamente umani".
Sono parole importanti raramente pronunciate. Parlare dell'immensa
"ricchezza spirituale e umana dei poveri e dei popoli del Terzo mondo" non
significa nascondersi i mali che genera la poverta'. Ma e' un fatto
riconosciuto che coloro che hanno vissuto e lavorato in Paesi in via di
sviluppo, che hanno conosciuto la sua gente, che hanno gioito e sofferto con
essa, riconoscono con gratitudine di aver incontrato "qualcosa" che non
avevano trovato nel mondo della ricchezza. Questo "qualcosa" puo' essere
l'aver trovato un modo di vivere con speranza e senza arroganza, con
misericordia e senza egoismo, con forza fino alla fine e senza tentativi ed
esperienze sempre provvisori. Puo' essere smettere di provare vergogna di
far parte di questa crudele specie umana attuale.
Questo e' "spirito". Per Ellacuria i suoi depositari diretti sono i poveri
"con spirito", e coloro che solidarizzano con essi. Con tutti loro e'
possibile costruire una "civilta' della poverta'".
*
Infine il pensiero di Ellacuria non prescinde dalla figura di monsignor
Romero. Con lui "Dio passo' da El Salvador", disse nell'omelia della Messa
che celebrammo nell'Uca pochi giorni dopo l'assassinio dell'arcivescovo.
Sono parole profonde, piene di gratitudine e affetto. Ma esse mostrano pure
cos'era per Ellacuria il Dio misterioso. In termini piu' astratti, come egli
spiegava la trascendenza. A partire da Gesu', vide nella fede o credette di
vedere che la trascendenza si fece trans-discendenza per giungere a essere
con-discendenza. E cio' si concretizzo' e attualizzo' in monsignor Romero.
La fede in un Dio disceso tra gli uomini puo' umanizzare e, anche quando non
si espliciti religiosamente, puo' indicare quanto nella storia e nella vita
c'e' del mistero. Personalmente non credo che quanto ci viene offerto oggi
umanizzi molto. La democrazia, la liberta' e l'umanesimo sono senza dubbio
positivi e posseggono valori se si vivono bene. Ma non e' facile vedere solo
in essi un potenziale di umanizzazione. E quando in altri lari si ricorre a
un qualche tipo di trascendenza, non la si suole presentare come
trans-discendenza e con-discendenza fino alla croce.
Per Ellacuria - che ripensava a Dio in corsi di filosofia con Xavier Zubiri,
e al Dio di Gesu' nei corsi di teologia con Karl Rahner - monsignor Romero
era fondamentale per ripensare e leggere Dio nella vita reale e per essere
introdotto al mistero. Monsignor Romero si poneva su un piano differente da
quello di Zubiri o Karl Rahner, i suoi amati e ammirati maestri.
Lo stesso Ellacuria spiegava questo rapporto e cosa intendeva per
trascendenza dicendo che "monsignor Romero non si stanco' mai di ripetere
che i processi politici, anche quando siano purissimi e sommamente
idealisti, non sono sufficienti per condurre l'uomo alla liberazione
integrale. Intendeva perfettamente quel detto di Sant'Agostino che per
essere uomo si deve essere 'piu'' che uomo. Per lui, la storia che si
presentasse solo come umana, che pretendesse d'essere soltanto umana, presto
avrebbe smesso di esserlo. Ne' l'uomo ne' la storia bastano a se stessi. Per
questo non smetteva di richiamare alla trascendenza. In quasi tutte le sue
omelie usciva questo tema: e' la parola di Dio, l'azione di Dio a rompere i
limiti dell'umano. Una trascendenza che mai si presentava come abbandono
dell'umano, come fuga dall'uomo, quanto piuttosto come il suo superamento e
perfezionamento. Un piu' in la' che non abbandonava il piu' in qua, ma che
lo apriva e lo spingeva piu' avanti".
Dio non lascio' mai in pace Ellacuria. E lo sollecito' soprattutto
attraverso monsignor Romero. L'arcivescovo fu di fondamentale importanza per
la fede stessa del padre Ellacuria. Siamo di fronte al mistero ultimo di
ogni essere umano, nel quale si puo' entrare soltanto in punta di piedi. Ma
io credo che in monsignor Romero egli vide un uomo di Dio e vide Dio in
quell'uomo.
Romero divenne il volto di Dio, un volto, in definitiva, piu' fascinans che
tremens. Ellacuria, al quale in quasi tutte le altre cose toccava d'essere
il primo e di condurre dietro di se' gli altri, nella fede sentiva di dover
essere condotto da altri: dai poveri di questo mondo e certamente da
monsignor Romero. Egli era il pedagogo e il mystagogo, invito permanente a
mettersi di fronte al mistero ultimo, a lottare con Dio come fece Giacobbe,
e a camminare umilmente con Lui, come chiede Michea.
*
Ancora oggi, a distanza di tanti anni, il popolo crocifisso continua a
essere il segno dei tempi per tutti, credenti e non credenti. La civilta'
della poverta' continua a essere la formulazione piu' azzeccata dell'utopia
umana, forse piu' comprensibile per i credenti della tradizione
biblico-gesuanica. Vedere il passaggio di Dio nella storia in monsignor
Romero, e in molte vittime e martiri, puo' essere possibile a partire da un
umanesimo intriso di spirito di purezza, e puo' essere reale a partire da
una fede che si sia lasciata permeare da Gesu' di Nazaret.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 936 del 7 settembre 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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