Coi piedi per terra. 219



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 219 del 3 agosto 2009

In questo numero:
1. Ne' a Viterbo ne' a Frosinone
2. Peppe Sini: Il seppuku del centrosinistra a Viterbo
3. Il sindaco onorificente e l'asino che vola
4. Peppe Sini: Ah Spose', ma che t'avemo fatto pe' volecce tanto male?
5. Peppe Sini: Quel Marrazzo uno e bino
6. Svoltosi incontro di riflessione a Viterbo sulle emergenze ambientali e
sanitarie
7. Andrea Palladino: Il disastro della Valle del Sacco
8. Marinella Correggia: Deforestazione
9. Marinella Correggia: Miniere e guerra
10. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in
Italia
11. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e
soggiorno illegale dei migranti
12. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo

1. EDITORIALE. NE' A VITERBO NE' A FROSINONE

La solita lobby mega-aeroportuale della speculazione, della devastazione,
dell'avvelenamento e dell'illegalita' tenta il solito squallido giochetto
dell'inganno campanilistico, del gioco delle tre carte, dell'imbroglio da
baraccone.
Ma le sue menzogne e le sue mistificazioni, le sue truffaldine
manipolazioni, le sue intenzioni fuorilegge, sono ormai state smascherate.
*
Ripetiamolo quindi ancora una volta.
Nessun nuovo mega-aeroporto deve essere realizzato: ne' a Viterbo, ne' a
Frosinone, ne' altrove.
E devono essere denunciati, processati e condannati quei pubblici
amministratori che intendano depredare il pubblico erario per realizzare
opere illegali, devastanti e nocive; opere come i mega-aeroporti che
danneggiano la popolazione, distruggono l'ambiente, massacrano le autentiche
vocazioni produttive del territorio, avvelenano le persone, violano le leggi
in vigore.
Il trasporto aereo va invece immediatamente drasticamente ridotto.
E la popolazione di Ciampino, di Marino e del X Municipio di Roma va
liberata dalla scellerata violenza dell'intollerabile eccesso di voli su
Campino, riducendo immediatamente e drasticamente l'attivita' di
quell'aeroporto.

2. EDITORIALE. PEPPE SINI: IL SEPPUKU DEL CENTROSINISTRA A VITERBO

Approssimandosi le elezioni provinciali e regionali le forze politiche del
centrosinistra ce la stanno mettendo tutta per ripetere lo strepitoso
risultato delle comunali dello scorso anno, che hanno messo la citta' di
Viterbo nelle mani di un sindaco resosi celebre per aver sottoscritto una
proposta di legge per dare un'onorificenza ai nazifascisti di Salo'.
E come s'ingegnano i partiti del centrosinistra per perdere anche Provincia
e Regione? Nel modo piu' semplice e sicuro. Prostituendosi alla lobby di
estrema destra che intende devastare l'area archeologica e termale del
Bulicame, massacrare l'agricoltura locale ed avvelenare la popolazione
realizzando un illegale e insensato mega-aeroporto.
*
E per ripeterlo ancora una volta in poche parole: La realizzazione del
mega-aeroporto nell'area archeologica e termale del Bulicame a Viterbo,
un'area di preziose emergenze e memorie storiche e culturali, e di
altrettanto preziosi beni naturalistici e risorse terapeutiche, avrebbe come
immediate conseguenze:
a) lo scempio dell'area del Bulicame e dei beni ambientali e culturali che
vi si trovano;
b) la devastazione dell'agricoltura della zona circostante;
c) l'impedimento alla valorizzazione terapeutica e sociale delle risorse
termali;
d) un pesantissimo inquinamento chimico, acustico ed elettromagnetico che
sara' di grave nocumento per la salute e la qualita' della vita della
popolazione locale (l'area e' peraltro nei pressi di popolosi quartieri
della citta');
e) il collasso della rete infrastrutturale dell'Alto Lazio, territorio gia'
gravato da pesanti servitu';
f) uno sperpero colossale di soldi pubblici;
g) una flagrante violazione di leggi italiane ed europee e dei vincoli di
salvaguardia presenti nel territorio.
*
Di tutti gli esempi del mondo le forze politiche del centrosinistra proprio
quello di Mishima devono seguire?

3. EDITORIALE. IL SINDACO ONORIFICENTE E L'ASINO CHE VOLA

Il sindaco e il suo ukase
L'onorevole sindaco di Viterbo non trova di meglio da fare che dar fiato
alle trombe e dimostrare la sua scarsa dimestichezza con la lingua italiana
(talune sue frasi meriterebbero un premio dal Collegio di Patafisica), con
la logica aristotelica (quella, per intenderci, del principio di
non-contraddizione, per cui una cosa non puo' essere contemporaneamente il
suo contrario) e con le competenze minime richieste ad un pubblico
amministratore.
Dichiara infatti con la consueta scotomizzata tracotanza che il
mega-aeroporto si fara', incurante del fatto che il mega-aeroporto e'
illegale, che il mega-aeroporto devasterebbe l'area archeologica e termale
del Bulicame, che il mega-aeroporto massacrerebbe l'agricoltura e
impedirebbe lo sviluppo del termalismo, che il mega-aeroporto avvelenerebbe
i cittadini. Incurante del fatto che il mega-aeroporto costituirebbe uno
sperpero immane ed infame di pubblici denari, ed incurante del fatto che le
leggi in vigore proibiscono questo crimine.
Meglio farebbe il sindaco a frenare la sua logorrea, a fermarsi a
riflettere, a consultare una cartografia dell'area e a chiedere a un
qualunque impiegato dell'ufficio tecnico del Comune di spiegargli cosa siano
i vincoli di salvaguardia, cosa prescriva il Piano regolatore, cosa
impongano le vigenti leggi italiane ed europee. Non e' mai troppo tardi per
imparare, come spiegava il maestro Manzi.
Ma si sa, l'onorevole sindaco di Viterbo e' fatto cosi'. E gia' i tragici
greci sapevano che gli dei accecano coloro che vogliono perdere.
Ed ancor peggio che la sua funzione di sindaco esercita quella di
parlamentare, visto che in Parlamento si e' distinto per aver sottoscritto
una proposta di legge per insignire di un'onorificenza gli aguzzini
nazifascisti di Salo' (una proposta di legge cosi' infame che il suo stesso
boss Berlusconi ha dovuto imporre all'entusiastica sua truppa di
soprassedere dal portare avanti la geniale iniziativa), ed un'altra per
minacciare e perseguitare chi difende l'ambiente dalla devastazione.
*
El retablo de las maravillas
Compare sulla stampa locale anche l'ennesima esilarante, sgangherata e
sgrammaticata esternazione del braccio propagandistico della lobby
speculativa e vandalica dell'illegale mega-aeroporto, la cui anfanante
retorica anziche' nascondere rende ancor piu' evidenti e crasse e volgari le
grottesche mistificazioni, le colpevoli reticenze e le vergognose menzogne
che ancora certi funambolici personaggi ormai smascherati e del tutto
screditati (quelli dello slogan surrealista secondo cui un mega-aeroporto
sarebbe "a impatto ambientale zero") s'attentano a spacciare in danno della
nostra gente e della nostra terra.
Simili esempi di pessima scrittura e di pessime intenzioni li raccomandiamo
alle classi scolastiche, a dimostrazione di come scriva male chi usa la
parola per mascherare il pensiero ed ingannare gli altri senza avere le
qualita' di Talleyrand, ovvero di come si rendano ridicoli gli stolti quando
s'impancano a gabbamondo.
*
L'asino che vola
Si usa dalle parti nostre, a familiarmente motteggiare la credulita' e la
scempiaggine di taluni sciocconi, di suggerir loro d'improvviso di volger
gli occhi al cielo che c'e' un asino che vola.

4. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: AH SPOSE', MA CHE T'AVEMO FATTO PE' VOLECCE
TANTO MALE?

Devo arrendermi all'evidenza.
Noi che viviamo a Viterbo dobbiamo aver fatto qualche grave torto all'on.
Ugo Sposetti, il parlamentare del Pd e del Pd attuale capogruppo al
consiglio comunale di Viterbo, gia' presidente della Provincia che negli
anni Settanta tanto si impegno' per imporci la catastrofica centrale
nucleare di Montalto e che oggi si batte come un gladiatore per imporci il
nocivo, distruttivo ed illegale mega-aeroporto voluto da una lobby
speculativa di estrema destra, il mega-aeroporto che distruggera' l'area
archeologica e termale del Bulicame, che massacrera' l'agricoltura locale,
che avvelenera' i viterbesi.
Devo arrendermi all'evidenza, qualche grave torto dobbiamo proprio
averglielo fatto a Ugo Sposetti perche' lui si accanisca cosi' violentemente
ed insensatamente contro di noi, arrivando persino ad appoggiare le mene di
una camarilla di speculatori ed imbroglioni della destra estrema pur di
farci del male.
*
Mi permetto allora di fare una modesta proposta.
Ci dica Sposetti perche' ce l'ha tanto con noi che viviamo a Viterbo, e se
gli abbiamo fatto qualche torto m'impegno anche a nome di altri concittadini
di buona volonta' a risarcirlo, se le sue pretese sono appena appena
ragionevoli.
Dopo di che la faccia finita di volerci avvelenare. Trent'anni fa con la
centrale nucleare a Montalto ed oggi col mega-aeroporto al Bulicame.
Ma chi si crede di essere, Lucrezia Borgia?

5. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: QUEL MARRAZZO UNO E BINO

Mi chiedo talvolta se il Marrazzo che presiede la Regione Lazio sia parente
di quello che una volta in tv faceva programmi in difesa dei cittadini
imbrogliati. Penso di no, anche se mi si dice che sia la stessa persona.
Penso di no perche' deve trattarsi di un simulacro, di un artificiale
replicante, di un grottesco sosia che fa l'esatto opposto di quel Marrazzo
di allora.
Il Marrazzo di allora avrebbe difeso i cittadini viterbesi
dall'avvelenamento provocato dal mega-aeroporto voluto da una lobby
speculativa di estrema destra.
Il Marrazzo di oggi e' complice degli avvelenatori.
Il Marrazzo di allora avrebbe difeso la preziosa area archeologica e termale
del Bulicame dall'assalto vandalico degli speculatori del mega-aeroporto.
Il Marrazzo di oggi e' complice dei vandali.
Il Marrazzo di allora avrebbe chiesto il rispetto delle leggi, leggi che
proibiscono di realizzare il mega-aeroporto.
Il Marrazzo di oggi e' complice dei fuorilegge.
Possibile che sia la stessa persona?
O non sara' che come in quel romanzo di Gide il Marrazzo autentico e' stato
rapito e imprigionato in qualche oscura segreta ed al suo posto Berlusconi
ha collocato un pupazzo meccanico che fa tutto il contrario?
Sarebbe possibile fare la prova del Dna?

6. INCONTRI. SVOLTOSI INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO SULLE EMERGENZE
AMBIENTALI E SANITARIE

Si e' svolto giovedi' 30 luglio 2009 presso il Centro di ricerca per la pace
di Viterbo un incontro di riflessione sulle principali emergenze ambientali
e sanitarie della citta' e della provincia.
L'incontro e' stato anche occasione per ricordare il secondo anniversario
della nascita del "comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute,
dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti", comitato che si
costitui' con un'assemblea presso il Centro sociale autogestito "Valle Faul"
di Viterbo il 24 luglio 2007.

7. ITALIA. ANDREA PALLADINO: IL DISASTRO DELLA VALLE DEL SACCO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 luglio 2009 col titolo "La Seveso
della Ciociaria" e il sommario "Storie. Da Colleferro a Ceccano, una valle
di veleni. E' uno dei disastri ambientali piu' vasti d'Italia: oltre 80
chilometri di territorio contaminato dal fiume Sacco, dove per decenni hanno
scaricato rifiuti tossici varie industrie chimiche. Le terre avvelenate
hanno causato la morte degli allevamenti e malattie tra le popolazioni"]

La piccola citta' di Morolo quasi si nasconde. Sulla via Casilina che scende
da Roma verso Frosinone, le indicazioni danno false piste. La strada ad un
certo punto termina di fronte ad un colosso dell'archeologia industriale,
una vecchia fabbrica di calce, oggi usata per gare di tiro a segno. Sembra
quasi che tutte le strade siano chiuse, sbarrando l'accesso al gruppo di
case. Si deve attraversare il fiume Sacco, e le case degli agricoltori ti
guidano. Sul lato sinistro la terra bagnata dal fiume, sul lato destro la
collina. A separare la citta' ci sono poi i pilastri della Tav Roma-Napoli.
"Giornalisti infami, ci avete lasciato soli", e' la scritta sulla curva che
porta alla piccola citta' in provincia di Frosinone, la cui terra dal 2005
e' stata dichiarata avvelenata, forse per sempre. Una Seveso quasi
sconosciuta, tenuta in silenzio, nascosta per tantissimi anni.
Il beta-esaclorocicloesano e' una parola difficile da imparare. Si abbrevia
in B-HCH, ed era solo roba per chimici esperti fino a qualche tempo fa. Oggi
e' la sigla di uno dei piu' vasti disastri ambientali d'Italia, che ha
colpito un'intera valle, dalla citta' di Colleferro, fino a Ceccano e -
probabilmente - ancora oltre. Nessuno sa quanto sia vasta l'area, quante
persone siano state contaminate, quanto latte avvelenato sia stato prodotto.
La Valle del Sacco si estende per oltre 80 chilometri, termina nel fiume
Liri, ed e' meglio conosciuta nel mondo come Ciociaria. Morolo, 3.200
abitanti, e' quasi il centro geografico della valle, a una ventina di
chilometri dalla zona industriale di Colleferro, da dove - decine di anni
fa - e' partito il veleno.
Se buona parte di questa regione oggi e' una terra avvelenata, i colpevoli
vanno cercati un po' piu' a nord, nell'area industriale di Colleferro. Le
emergenze abientali qui compongono una lista spaventosa: c'e' l'Italcementi,
con le polveri sottili, due inceneritori, con il Cdr truffa pieno di veleni,
l'area della chimica, la Simmel che produce esplosivi. All'origine di tutto
c'era il colosso Bpd difesa e spazio, fabbrica d'armi che ha portato la
morte in giro per il mondo. Non produceva solo tritolo, la Bpd; negli anni
'80 negli stabilimenti si preparava il lindano, componente micidiale del
ddt. Oggi e' una sostanza vietata, che non puo' piu' essere
commercializzata.
Smaltire quei veleni era un affare da gestire internamente, da affidare a
una squadra appositamente costituita. I resti pieni di
beta-esaclorocicloesano erano stipati in fusti e interrati. Dai tre siti che
contenevano i derivati del lindano - arpa 1, arpa 2 e cava di pozzolana - i
veleni sono scesi nelle acque bianche e poi nel fiume. Una contaminazione
lenta, inarrestabile, che ancora oggi - dopo anni - sta colpendo gli
allevatori.
A Morolo, all'inizio dell'anno, e' venuto il presidente della Regione
Marrazzo. Dal 2005 c'e' un commissario straordinario che deve decontaminare
l'area e assistere i contadini e gli allevatori. Per ora hanno cambiato il
nome al luogo, creando il marchio Valle dei Latini, per far dimenticare ai
consumatori la Valle del Sacco. Molte donne di Morolo - nonostante il cambio
toponomastico - non potranno piu' dare il latte materno ai figli. Donne come
Claudia, che hanno nel sangue valori di B-HCH fino a nove volte i
valori-limite. Hanno dovuto aspettare due anni per conoscere i risultati
degli esami, arrivati solo qualche mese fa. Due anni e nessuno le ha ancora
spiegato cosa accadra'.
La famiglia di Claudia nel 2005 ha perso l'intera mandria di vacche da
latte. Centoventidue capi, abbattuti uno ad uno. Gli avevano promesso piu'
di mille euro di rimborso per ogni animale, ma alla fine lo stato ha
mercaneteggiato e ne sono arrivati solo seicento. Nulla per le terre
perdute, nulla per rincompensare quel veleno che si porteranno addosso per
sempre. Per ricomprarsi gli animali - venuti dalla Germania, tanto per non
rischiare - hanno speso duemila euro a capo. Oggi il fieno deve arrivare da
lontano, da terre sicure, a chilometri di distanza dal fiume oramai
completamente inquinato, dove per generazioni hanno coltivato l'erba medica.
Per cento animali spendono piu' di quarantamila euro l'anno e il latte lo
vendono a quaranta centesimi al litro. "Devi aver messo le mani in questa
terra per capire", spiega il padre di Claudia, con gli occhi di azzurro
velato. Ha in corpo il lindano, bevuto con il latte delle sue mucche e
nessuno gli ha saputo spiegare cosa puo' accadere. Se i suoi animali li
hanno abbattuti, anche lui - allevatore con la saggezza in corpo - sa che
quel veleno era meglio che non ci fosse. E lo sa la figlia Claudia, che
quando avra' un figlio non potra' allattarlo. Quello che non sanno - perche'
nessuno glielo ha ancora detto - e' chi sia il colpevole. Avra' un nome, un
indirizzo, un volto...
Il primo processo per l'avvelenamento del fiume Sacco e' del 1992,
diciasette anni fa. Fu l'allora sostituto procuratore presso la Pretura di
Velletri Villoni a chiedere di processare l'ex amministratore delegato della
Bpd difesa spazio Enrico Bondi. Un manager di alto livello, considerato il
salvatore della chimica italiana, chiamato in passato alla Montedison da
Enrico Cuccia. Fu uno degli artefici della fusione - qualche anno dopo il
disastro di Colleferro - tra Bpd, Snia e Caffaro, "una forza d'urto da 7.000
miliardi", come fu definita nel 1995. L'inchiesta era iniziata nel 1990,
quando si scopri' il deposito illegale di fusti contenenti il lindano. Oltre
alla Bpd venne processata anche la Chimica Friuli, il cui amministratore
delegato fu condannato in primo grado, nel 1993, a quattro mesi di
reclusione. Quattro mesi, centoventi giorni, per un disastro che ha
comportato l'avvelenamento di un'intera valle per almeno diciotto anni e
chissa' per quanti decenni ancora. Ma allora i reati ambientali era poco
piu' che contravvenzioni, quasi come parcheggiare in doppia fila.
Oggi la Procura di Velletri sta ripercorrendo i lunghi anni del disastro,
cercando di capire chi ha taciuto, chi non ha bonificato. I colpevoli di
allora non potranno essere riprocessati ed oggi siedono in importanti
consigli di amministrazione. Enrico Bondi e' alla guida di Parmalat, il che
ha il sapore della beffa, visto quello che e' accaduto al latte della valle
del Sacco. E nessuno lo associa piu' a quello che avvenne a Colleferro,
quando i signori della chimica interravano migliaia di fusti di veleni. Per
ora il sostituto procuratore di Velletri, Luigi Paoletti, ha iscritto nel
registro degli indagati due responsabili della Centrale del latte di Roma e
l'amministratore della Caffaro, l'industria che ha ereditato parte
dell'attivita' che era gestita da Bondi negli anni '80.
C'e' ancora molto da scoprire, pero', nella lunga storia della valle che
taglia la Ciociaria. Nel 1993 la pretura di Velletri aveva, infatti, imposto
alla Bpd e alla Chimica Friuli di bonificare il deposito dei veleni. Da
allora al 2005, quando il caso esplose dopo alcune denuncie di allevatori,
poco o nulla e' stato fatto. Negli archivi si trova traccia del rimpallo tra
Regione, governo e aziende, dei progetti di smaltimento poi spariti o mai
attuati, di assessori all'ambiente silenziosi. Una responsabilita'
trasversale, passata attraverso cinque amministrazioni regionali: Giorgio
Pasetto, Carlo Proietti, Arturo Osio, Piero Badaloni e Francesco Storace.
Dall'alto di Morolo si puo' vedere la valle del Sacco. Una distesa
d'industrie tagliata dall'autostrada, dalla Tav e dal fiume. Tre serpenti
che scorrono avvinghiandosi, incrociando le storie. La terra di riporto
della Tav - avvelenata - fu sparsa spacciandola per una specie di concime,
contaminando anche coltivazioni distanti dal fiume. Altre industrie, anche
meno conosciute, continuano, ancora oggi, a scaricare veleni. "La domenica
l'acqua diventa scura, sembra olio bruciato", raccontano gli allevatori. E
il beta-esaclorocicloesano continua a spargersi, a raggiungere posti che
fino a un paio di mesi fa erano considerati sicuri. L'ultimo allarme arriva
da Ceccano, quasi alla fine del fiume, pochi chilometri prima che entri nel
Liri. L'Arpa ha trovato allevamenti di bufale contaminate dall'acqua.
Verranno abbattute probabilmente, ma quanto latte avvelenato hanno prodotto
in questi anni? Nessuno vuole rispondere alla domanda, perche' il rischio di
un crollo definitivo dell'economia della valle e' evidente.
Si cerca allora di dimenticare, cambiando il nome dei luoghi, non parlando
piu' dei veleni che le famiglie portano nel corpo. Qui arriveranno tanti
soldi per la bonifica, per il recupero dell'economia uccisa due volte. Prima
con le industrie che hanno tolto linfa vitale all'allevamento, poi con i
veleni, che hanno ucciso definitivamente intere mandrie. E a ricordare che
siamo nella nuova Seveso ci pensa un camioncino venuto dalla Campania, che
alle porte di Colleferro gira ancora oggi a ritirare i cadaveri delle
pecore. "Morte di parto", spiegano i certificati.

8. TERRA. MARINELLA CORREGGIA: DEFORESTAZIONE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 luglio 2009 col titolo "L'arrosto
amazzonico"]

Che la filiera della bistecca bovina da animali bradi sia una delle maggiori
killer dell'Amazzonia brasiliana e' chiaro da tempo ma forse mai era stato
illustrato tanto bene come nel rapporto di Greenpeace International
"Slaughtering the Amazon" (Macellando l'Amazzonia). Il documentatissimo
rapporto fa i nomi delle compagnie internazionali di distribuzione che
comprano carne e pelli da fornitori del Brasile, diventato il maggior
esportatore di carne bovina al mondo a spese degli alberi, della
biodiversita', dell'equilibrio idrico, del clima (il paese sudamericano e'
il quarto produttore mondiale di gas serra proprio a causa della distruzione
della foresta).
Il rapporto e' durissimo: l'industria dei bovini provocherebbe l'80% della
perdita dell'Amazzonia e il 14% della perdita mondiale delle foreste. L'area
totale di Amazzonia brasiliana ridotta a pascolo e' oggi di 240.000 miglia
quadrate; piu' di tutta la Francia. La' dove c'era la foresta pascolano
stabilmente 80 milioni di bovini. Altre superfici sono occupate dalle
coltivazioni di soia.
Il rapporto di Greenpeace ha fatto effetto. La Banca mondiale, nientemeno,
ha revocato un prestito di 90 miliardi di dollari al gigante brasiliano
degli allevamenti Bertin, che nel rapporto degli ambientalisti compare fra
gli accusati di deforestazione. Il prestito, garantito dalla International
Finance Corporation, sarebbe servito ad ampliare le strutture di
trasformazione della carne nell'Amazzonia brasiliana. "Una buona notizia -
hanno dichiarato Greenpeace e Friends of the Earth Brasile - e che serva di
lezione; peccato che per tanto tempo diverse banche abbiano sostenuto questa
compagnia colpevole di attentare al clima". Gli ambientalisti hanno poi
chiesto un impegno analogo alla Banca brasiliana per lo sviluppo sociale ed
economico (Bndes), che ha garantito nel 2008 un prestito a Bertin per circa
1,25 miliardi di dollari. E la pubblica Bndes ha risposto, come riporta la
Agenzia Estado: presto esigera' da chi chiede un prestito la tracciabilita'
dei suoi prodotti, fino al ranch. Un pubblico ministero federale dal canto
suo ha avanzato una causa da un miliardo di dollari contro l'industria dei
bovini per danno ambientale.
Inoltre tre grandi catene di supermercati, Wal-Mart, Carrefour e Pao de
Acucar hanno dichiarato la sospensione dei contratti con fornitori implicati
nella deforestazione. Anche l'associazione brasiliana dei supermercati
(Abras), ammettendo che "non ci sono garanzie che la carne non provenga
dall'Amazzonia", ha annunciato ogni cessazione di rapporto con complici
accertati della deforestazione. E non solo: Marfrig, il quarto commerciante
mondiale di carne bovina, egualmente nominato nel rapporto di Greenpeace,
non comprera' piu' animali allevati in aree all'interno dell'Amazzonia
legale.
Lavaggio verde a buon mercato? Forse, visto che non esiste un sistema di
certificazione per i prodotti carnei o conciari brasiliani, tale da
garantire che sono prodotti "con responsabilita'", o meglio, se non altro
fuori dall'Amazzonia. Un'organizzazione chiamata Alianca da Terra sta
lavorando proprio a questo sistema. Nell'attesa, il primo gruppo di
distribuzione britannico (e terzo al mondo dopo la statunitense Wal-Mart e
la francese Carrefour), ha ammesso che e' difficile conoscere la fonte ma
"si sta attrezzando". Fra le altre "grandi firme" tirate in ballo - per la
carne o il cuoio - nel rapporto di Greenpeace: Adidas/Reebok, Nike,
Carrefour, Eurostar, Unilever, Johnson & Johnson, Toyota, Honda, Gucci,
Louis Vuitton, Prada, Ikea, Kraft, Tesco and Wal-Mart. Che non vendono solo
carne e cuoio.

9. TERRA. MARINELLA CORREGGIA: MINIERE E GUERRA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 luglio 2009 col titolo "Congo e
utilizzatori finali"]

Compagnie inglesi e belghe acquistano i minerali provenienti dalla
Repubblica Democratica del Congo senza controlli sulle fonti e cosi' facendo
finanziano gruppi armati - ribelli ed esercito - che controllano le miniere
alimentando una guerra "civile" che in dodici anni ha provocato milioni di
morti, sofferenze indicibili, fame, violenze, bambini soldato, spostamenti
di popolazioni.
L'organizzazione londinese Global Witness, che lavora sulle violazioni dei
diritti umani e sulle devastazioni ambientali legate allo sfruttamento delle
risorse naturali nel quadro del sistema commerciale internazionale, ha
pubblicato un nuovo rapporto dal titolo "Faced with a gun, what can you do?
War and the Militarisation in Eastern Congo" ("Di fronte a un fucile che si
puo' fare? Guerra e militarizzazione nelle miniere del Congo orientale"). Il
rapporto e' disponibile sul sito www.globalwitness.org
L'assenza di regolamentazione del settore minerario nella regione e lo
sfascio delle istituzioni statali permettono ai gruppi armati un accesso
illimitato ai minerali e la messa in opera di reti commerciali molto
profittevoli, causa prima del permanere del conflitto e delle relative
atrocita'. Per l'estrazione i belligeranti ricorrono spesso a manodopera
forzata, in condizioni pericolose e durissime; chi rifiuta di lavorare per
loro o di vendere loro i minerali estratti e' violentemente punito; le
popolazioni locali subiscono stupri, deportazioni, anche "tasse" illegali.
Nemici sul campo di battaglia, quando si tratta di affari le fazioni armate
collaborano e si mettono d'accordo per spartirsi i territori e perfino
aiutarsi nella commercializzazione.
Lo si sa da anni, ma non si e' fatto nulla e le parti belligeranti hanno
consolidato le loro basi economiche. Le autorita' provinciali non riescono a
controllare le esportazioni che transitano per le frontiere orientali della
Rdc. Soprattutto l'oro esce quasi totalmente con il contrabbando. Ruanda e
Burundi sono i paesi di transito e i loro governi non esercitano alcun
controllo. Fra gli acquirenti delle agenzie di commercio, ufficialmente
registrate nella Rdc e basate a Goma e Bukavu ci sono gruppi asiatici ed
europei. Fra questi il gigante britannico Amc (tramite una sua affiliata
tailandese), l'altro gigante britannico Afrimex, diverse imprese del Belgio
come Trademet e Traxys.
Attori economici che "scelgono di ignorare l'impatto delle loro attivita',
si trincerano dietro la natura 'legale' dei loro fornitori e avanzano varie
scuse per spiegare l'assenza di procedure che permetterebbero di controllare
la catena di approvvigionamento. Alcune compagnie affermano che il benessere
della popolazione congolese dipende direttamente dai loro acquisti". Quanto
agli incontri internazionali per la pace nel Congo, "tendono a escludere la
dimensione economica del conflitto che pure ne e' il motore chiave. Cosi'
non si arrivera' ad alcuna pace durevole". Il rapporto chiede la fine
dell'impunita'. L'Onu imponga sanzioni di qualche tipo alle compagnie
acquirenti "distratte". Si prendano misure per impedire alle parti
belligeranti di accedere ai siti minerari come alle reti commerciali.
Utilmente il rapporto indica anche le destinazioni merceologiche dei
minerali. Fabbricazione di apparecchi elettronici con i metalli estratti da
coltan, cassiterite e wolframite. Lampadine con il tungsteno tratto dalla
wolframite. Scatolame con lo stagno estratto dalla cassiterite. Piu' gli
utilizzatori finali consumano, piu' c'e' bisogno di estrarre. Da miniere che
minano l'Africa.

10. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE
LEGGI RAZZIALI IN ITALIA

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una
straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento
italiano al fascismo.
Non sempre sono state pero' conosciute in tempo.
In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni
aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un
dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni
passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si
riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far
arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al
Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme
discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si
vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli
ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta
centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti
previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di
un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza
vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene
sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.
Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita'
umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in
condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro
stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una
maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari"
diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri
e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi
razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei
loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro
bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste
misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse
una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune
umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori
regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi
internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si
basa la stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che
viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la
propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame,
Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

11. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI
DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie
innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della
discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e
il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma
che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso
simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e
presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale.
La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua
sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella
dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta
irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema
ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata,
nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri
strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.
Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato
sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del
migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti
gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si
rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non
rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale,
ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di
migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato
discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di
eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia
penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme
di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di
ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio'
alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione
della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali
criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e
magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da
un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di
giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema
complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia
dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa
coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati"
(Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il
legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi
fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di
discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di
razionalita' finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu'
avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si
puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o
anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare
le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole
con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di
"mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995)
offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella
dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria
complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla
Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano
Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia,
Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio
Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi,
Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo
Zagrebelsky

12. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO

Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail:
info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it

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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 219 del 3 agosto 2009

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