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Nonviolenza. Femminile plurale. 264
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 264
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 30 Jul 2009 10:45:43 +0200
- Importance: Normal
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 264 del 30 luglio 2009 In questo numero: 1. Astrit Dakli ricorda Natalia Estemirova 2. Barbara Yukos intervista Natala Estemirova (aprile 2009) 3. Ahmad Gianpiero Vincenzo intervista Shirin Ebadi 4. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in Italia 5. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e soggiorno illegale dei migranti 6. Maria Grosso presenta tre recenti libri sull'esperienza della maternita' 1. MEMORIA. ASTRIT DAKLI RICORDA NATALIA ESTEMIROVA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 luglio 2009 col titolo "Pace alla cecena" e il sommario "Storie. In Cecenia rapita e uccisa con un colpo alla nuca Natalia Estemirova, leader di Memorial, rimasta da sola a difendere i diritti umani in una regione dove la 'pax moscovita' sta trasformandosi in una guerra civile ogni giorno piu' feroce. Sotto accusa i servizi segreti del leader ceceno Ramzan Kadyrov. L'omicidio ricorda da vicino quello di Anna Politkovskaja e chiama in causa il Cremlino"] E' uscita dalla sua casa di Grozny come ogni mattina, verso le otto e mezzo, per recarsi al lavoro: ma questa volta ad aspettarla in strada, qualche metro piu' in la', c'erano alcuni uomini che l'hanno spinta a forza su una Zhiguli bianca, partendo a tutta velocita'. "Mi rapiscono, mi rapiscono!", ha fatto in tempo a gridare; un paio di persone hanno visto la scena, hanno sentito le sue grida, ma l'allarme e' stato dato solo piu' tardi, dai colleghi che l'aspettavano per una riunione e dal responsabile dell'ufficio ceceno di Memorial, Shaaman Akbulatov. Poche ore dopo il corpo di Natalia Estemirova, vedova Huseinov, principale figura di riferimento per i difensori dei diritti umani nel Caucaso russo, e' stato trovato in un bosco a Gazi-yurt, nei pressi di Nazran, capitale dell'Inguscezia, una cinquantina di chilometri da Grozny. Un colpo di pistola alla testa, un altro al cuore: un'esecuzione a freddo. Non fosse per l'identita' della vittima, sarebbe "solo" l'ennesimo omicidio della guerra civile ormai dilagante a cavallo della fragile frontiera tra Cecenia e Inguscezia, un massacro strisciante che ogni giorno porta un bilancio di due, tre, cinque, dieci morti in un susseguirsi ininterrotto di attentati, imboscate, sparatorie ed esecuzioni sommarie. E' di questa natura l'assurda "pace" che Mosca pretende esserci nelle sue repubbliche meridionali; da quando il Cremlino ha deciso di proclamare la fine dello status di "zona di operazioni speciali antiterrorismo" per la Cecenia, e parallelamente ha sostituito il corrotto presidente dell'Inguscezia con un militare di stretta fiducia, il caos e la violenza sono aumentati in una spirale vorticosa. * Medvedev "indignato" Ma Natalia Estemirova non e' una vittima qualsiasi e non a caso il presidente russo Dmitrij Medvedev, appena circolata la notizia dell'assassinio, ha voluto manifestare la sua "indignazione", ordinando che l'inchiesta sul delitto venga coordinata dal procuratore capo federale Aleksandr Bastrykin (cioe' sottoposta al diretto controllo del Cremlino). Natalia era una personalita' davvero importante per la societa' civile cecena e caucasica, una figura stimata e rispettata: per i premi internazionali ricevuti, per il suo pericoloso lavoro di denuncia degli abusi e delle violenze di stato, ma anche per la sua ostinata determinazione a vivere fino in fondo a fianco dei deboli e delle vittime, in una qualsiasi casa di Grozny, senza scorte ne' difese. Non e' pensabile che a colpirla siano stati i residui "militanti islamisti" che operano tra Cecenia e Inguscezia - a meno di non pensare a un machiavellico piano - mentre tutto (le modalita' del delitto e il lavoro che questo ha interrotto) porta a pensare che la sua esecuzione sia opera in qualche modo dei servizi segreti, o meglio delle bande paramilitari, che ubbidiscono al giovane ras ceceno Ramzan Kadyrov, principale accusato nei dossier che Natalia stava raccogliendo su delitti, sequestri e sparizioni nella repubblica cecena e in Inguscezia. Nella giornata di ieri Natalia Estemirova avrebbe dovuto recarsi a Stavropol in auto insieme ad alcuni funzionari del ministero dell'interno ceceno - che dunque era perfettamente al corrente dei suoi spostamenti. E' da diverse settimane - dal giorno in cui il presidente dell'Inguscezia Yunus-bek Evkurov e' rimasto ferito in modo gravissimo in un attentato compiuto da un terrorista suicida contro la sua auto - che Kadyrov ha ottenuto de facto la licenza di operare con i suoi uomini anche in Inguscezia, per "riportare l'ordine" con ogni mezzo in una repubblica ormai fuori controllo. Kadyrov non ha nascosto di voler adempiere questo compito - autoassegnato senza nessuna obiezione da parte del Cremlino - con selvaggia ferocia: parole sue, colpendo i famigliari dei presunti terroristi, bruciando le loro case, scovandoli e uccidendoli "anche al cesso". Le parole che Vladimir Putin uso' nel '99 quando scateno' la seconda guerra cecena in risposta agli attentati a Mosca nell'estate di quell'anno. * Bande paramilitari in azione All'inizio l'azione delle forze speciali di Kadyrov in Inguscezia e' stata un disastro: in pochi giorni di battaglie e imboscate una ventina di paramilitari sono rimasti uccisi dai militanti islamici; il livello del conflitto si e' rapidamente alzato, con scontri a fuoco continui, mentre parallelamente gli incidenti si moltiplicavano, con vittime sempre piu' numerose, anche all'interno della Cecenia (dove da diversi mesi regnava invece una relativa calma) e nel vicino Dagestan. Oggi, l'assassinio di Natalia Estemirova giunge proprio quando la violenza ha raggiunto nell'intera regione livelli che non si vedevano da diversi anni. Ancora una volta, c'e' da chiedersi perche': e i terreni su cui cercare risposte sono due, da un lato le condizioni economiche e sociali in cui versa il Caucaso russo, dall'altro l'oscuro scontro di potere che evidentemente e' in corso nei palazzi che contano di Mosca. Nel Caucaso, a un visibile miglioramento della situazione sociale ed economica in Cecenia - dove il Cremlino ha riversato una pioggia di soldi e dove Kadyrov ha impegnato moltissime forze nella ricostruzione delle citta' distrutte dalla guerra - corrisponde un peggioramento continuo nelle repubbliche vicine e in particolare in Inguscezia; la corruzione e' a un livello estremo e tutte le risorse finiscono nelle tasche di qualche clan mentre la popolazione e' sempre piu' prostrata. Nell'estate 2008 un esponente di punta dell'opposizione inguscia, proprietario-editore di una rivista on-line in cui denunciava i maggiori episodi di corruzione, veniva arrestato e subito dopo "per sbaglio" ucciso dai poliziotti: la morte di Magomed Evloyev - e l'assoluzione subito decretata da un tribunale locale per i poliziotti assassini - provocavano una serie di disordini e vendette che gettavano l'Inguscezia nel caos piu' totale; come rimedio il Cremlino alla fine di ottobre decideva la rimozione del presidente Murat Zyazykov e la sua sostituzione con il generale Evkurov, considerato un uomo integro e onesto. Ma il suo arrivo a Nazran non portava affatto ordine e pace, al contrario, nella primavera 2009 incidenti e attentati si moltiplicavano. Zyazykov era legato ai servizi segreti russi (e dunque a Putin, che nel 2002 l'aveva nominato), Evkurov legato al ministero della difesa (e dunque a Medvedev): facile vedere nel sanguinoso conflitto intorno a questi due uomini il riflesso di contrasti e lotte sorde in atto al vertice di Mosca. Parallelamente, da Grozny, Kadyrov conduceva tra l'inverno 2008 e la primavera 2009 una campagna di sistematica eliminazione dei suoi avversari ceceni, soprattutto di quelli che godevano - o avrebbero dovuto godere - dell'appoggio del Cremlino per i servigi resi come comandanti militari delle forze pro-russe. Vari esponenti in esilio di clan avversi a Kadyrov venivano uccisi a Mosca, a Vienna, a Dubai e altrove proprio mentre Medvedev, non senza contrasti, annunciava la fine delle operazioni antiterrorismo in Cecenia, consegnando la sicurezza della repubblica - fino a quel momento gestita dalle forze federali - nelle mani dello stesso Kadyrov. Anche in questa vicenda molti hanno visto il riflesso di una lotta in corso a piu' alto livello, e non e' affatto improbabile che anche l'omicidio di Natalia Estemirova rientri nello stesso scenario (come del resto quello della Politkovskaja). Una lotta tra chi e chi, con quali progetti e obiettivi? La reazione immediata di Medvedev, ieri, fa capire che uno dei protagonisti di questa lotta e' lui stesso; ma gli altri? * Postilla. L'ultima vittima. Una coraggiosa donna russa vissuta per difendere i ceceni Non era certo una militante islamista, Natalia Husainovna Estemirova: era nata 50 anni fa nella Russia centrale (regione di Saratov) da un matrimonio misto russo-ceceno e si era poi trasferita con la famiglia a Grozny dove aveva studiato e si era laureata in storia, per diventare poi a sua volta insegnante e sposare un poliziotto ceceno, piu' tardi ucciso in guerra. Evacuata durante la prima guerra cecena (1994-96), Natalia era poi tornata a Grozny per riprendere il lavoro nelle scuole, e qui lo scoppio della seconda guerra cecena, nel '99, la spinse a diventare attivista per i diritti umani, prima come giornalista dilettante - le sue foto che documentavano una strage compiuta da un bombardamento russo su una colonna di profughi costituirono un forte atto d'accusa contro i metodi delle forze armate di Mosca - poi come interprete e aiutante della giornalista Anna Politkovskaja durante i ripetuti viaggi di quest'ultima in Cecenia, infine come leader dell'organizzazione locale di Memorial, il piu' importante gruppo russo, fondato nel 1989 da Andrei Sakharov, di difesa dei diritti umani - o meglio, di difesa del diritto alla giustizia e alla verita'. All'inizio Memorial aveva la sua sede soltanto a Nazran, in Inguscezia, e il suo lavoro avveniva principalmente tra i profughi ceceni; poi una sede venne aperta anche a Grozny. In questa sede negli ultimi anni Natalia ha raccolto un'infinita' di testimonianze di rapimenti ed esecuzioni sommarie avvenute nella tormentata repubblica caucasica, principalmente ad opera dei servizi segreti locali: e proprio le sue denunce e i materiali probanti da lei raccolti costituiscono un dossier molto pesante a carico del leader pro-russo ceceno Ramzan Kadyrov. Nel 2007 a Natalia fu assegnato il primo premio intitolato al nome della Politkovskaja; nel 2004 aveva ricevuto il premio internazionale intitolato a Robert Schumann. Per la sua attivita' ininterrotta e il suo rigore morale era considerata da una buona parte della societa' cecena come un esempio emblematico della speranza di riconciliazione e di pace nella regione. 2. MEMORIA. BARBARA YUKOS INTERVISTA NATALIA ESTEMIROVA (APRILE 2009) [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 luglio 2009 col titolo "Natalia Estemirova tre mesi fa, fra speranze e paure" e il sommario "Cecenia-Russia. Tre mesi fa, all'indomani della fine del 'regime speciale antiterrorismo' (Kto) in Cecenia, Natalia Estemirova ci racconto' al telefono da Grozny le sue speranze e i suoi timori. Ecco il testo che pubblicammo il 18 aprile 2009] "Festeggiamenti per le strade di Grozny per celebrare la fine del regime speciale di Kto? Certo, sono in corso, li organizzano il governo e lo stato. Ieri pomeriggio han chiuso le strade principali e poi offerto ai cittadini un concerto nella piazza centrale dal pomeriggio fino a sera". Lo racconta al telefono dalla capitale cecena Natalia Estemirova: dal 2000 lavora per l'ufficio locale dell'organizzazione per i diritti umani Memorial, oltre che come giornalista freelance. Nel 2007 ha vinto il premio "Raw in War" dedicato ad Anna Politkovskaja: proprio a questa sede spesso la giornalista si appoggiava per le sue inchieste sul campo. Oggi Memorial e' l'unica ong russa rimasta a lavorare nella Cecenia dell'era Kadyrov. * - Barbara Yukos: Quali le reazioni immediate alla fine di dieci anni di Kto? - Natalia Estemirova: Tra amici e conoscenti siamo ancora sorpresi, anche se l'annuncio era atteso. Qualcuno e' contento e crede che le cose miglioreranno, altri no, o pensano che in un certo senso il ritiro c'era gia' stato... occorreva solo ufficializzarlo. * - Barbara Yukos: In che senso? Migliaia di militari di Mosca sono ancora stanziati nella repubblica... - Natalia Estemirova: Si', ma ormai da un pezzo non li vedevamo piu', non avevano piu' rapporti con noi cittadini ceceni, non uscivano quasi mai dalle loro basi-fortezze come Kankalia, Gudermes, Kashali... * - Barbara Yukos: Ora ci sara' un miglioramento della situazione dei diritti umani nella repubblica, o no? - Natalia Estemirova: Da anni Memorial porta avanti denunce di abusi compiuti sui civili, prima dai federali in guerra, poi nel periodo di "normalizzazione" anche da parte delle forze filorusse. Questi abusi proseguono, anche se le "sparizioni" sono cessate. E ovviamente, finora il regime speciale antiterrorismo ha giustificato molti illeciti: arresti indiscriminati, processi sommari, confessioni estorte con la violenza, torture sui prigionieri. La nostra speranza e' che la conclusione del Kto porti, ad esempio, a maggiori garanzie processuali dei fermati, soprattutto giovani, in accordo col Codice della Federazione russa - insomma a un maggior rispetto del diritto. Ma se guardiamo a cosa succede nelle vicine repubbliche come Inguscezia e Dagestan, dove pur se non vige il regime speciale totale (ma sono in corso "operazioni speciali" - ndr) le prospettive non sono certo incoraggianti. * - Barbara Yukos: Quali i problemi principali da affrontare? - Natalia Estemirova: Primo, c'e' un problema di sicurezza: ancora moltissime famiglie non possono tornare nei loro villaggi tra le montagne, poiche' alcune di queste zone sono ancora oggetto di operazioni speciali. Poi la questione delle compensazioni: circa 40.000 non le hanno ancora ricevute, e non si sa se potranno riceverle mai. Specie i titolari di alloggi comunali. Tutto procede molto lentamente, anche se qui negli ultimi anni come sapete da Mosca si sono riversati un fiume di rubli per la ricostruzione. * - Barbara Yukos: Che ripercussioni avra' la partenza in massa dei federali? Chi si occupera' della sicurezza nella repubblica? - Natalia Estemirova: Penso proprio che succedera', molti se ne andranno. Chi serve nel Caucaso e in particolare in zone di Kto riceve uno stipendio molto piu' alto della media. Ora questo dovrebbe andare ai ceceni che ne faranno le veci... e molti gia' lo ricevono. Di fatto esiste gia' un piccolo "esercito" ceceno: 20.000 persone, non son certo poche. Professionisti, o giovani che non trovano altro lavoro (la disoccupazione e' al 50% secondo cifre ufficiali, 70% realisticamente), come sapete molti reclutati tra gli ex guerriglieri ribelli, amnistiati da Kadyrov. Ma i ragazzi ceceni ancora non prestano servizio militare, una decisione di Putin che molti vorrebbero ora revocare. 3. IRAN. AHMAD GIANPIERO VINCENZO INTERVISTA SHIRIN EBADI [Da "Famiglia cristiana" n. 28 del 12 luglio 2009 col titolo "Vincera' il popolo" e il sommario "Cosi' cambia il Medio Oriente: Iran. Parla Shirin Ebadi, l'iraniana premio Nobel per la pace. Questa e' la rivoluzione della gente, in Iran si e' ormai diffusa una mentalita' democratica che finira' con l'imporsi. Sono laica ma in carcere ho pregato molto"] Shirin Ebadi e' stata il primo magistrato donna dell'Iran. Con la Rivoluzione del 1979 le fu revocata l'autorizzazione e solo nel 1992 le e' stata data la possibilita' di aprire uno studio di avvocato. Da allora difende, gratuitamente, i perseguitati politici e le vittime del regime. Come Zahra Bani-Yaghub, 27 anni, medico. Sedeva in un parco con il suo fidanzato quando fu arrestata dagli agenti della "buoncostume". Due giorni dopo il corpo fu restituito alla famiglia: suicidio. Shirin Ebadi e' riuscita a dimostrare che nella cella dove si trovava era impossibile impiccarsi. Anche per questo nel 2003 le e' stato conferito il premio Nobel per la pace. La Ebadi e' arrivata in Italia grazie alla Fondazione "Alexander Langer" e ha parlato alla Regione Toscana, al Senato e alla Camera. Continuera' a sensibilizzare gli animi su quanto sta accadendo, poi tornera' in Iran, dove per lei potrebbe iniziare una nuova stagione di lavoro oppure aprirsi la porta del carcere. "Sono gia' stata in carcere. Mi hanno sempre tenuta in isolamento. Per fortuna sono di piccola statura, altrimenti non mi sarei potuta sdraiare nel buco di cemento dov'ero rinchiusa. Non ci davano un cuscino, un libro, nulla. Non c'erano finestre e la luce era sempre accesa, cosi' si perdeva anche la cognizione del tempo. Alla fine si cominciano ad avere le allucinazioni: gli psicologi la chiamano 'tortura bianca'". * - Ahmad Gianpiero Vincenzo: Nell'immaginario di molti, l'Islam corrisponde al male. Combattere il regime significa combattere l'Islam? - Shirin Ebadi: La divisione tra religione e Stato e' imprescindibile, lo dimostra il fallimento della Rivoluzione iraniana. In tal senso sono assolutamente laica. Da un altro punto di vista, pero', sono molto legata alla mia estrazione musulmana. Nutro un profondo rispetto per la religione e, insieme a me, anche gli iraniani che ogni notte gridano "Iddio e' grande" dai tetti delle case. Io non sarei sopravvissuta al carcere se non avessi potuto pregare. Laicita' non significa disprezzo della fede, anzi. E' il solo modo per difendere la religione dalle strumentalizzazioni del potere. * - Ahmad Gianpiero Vincenzo: All'inizio lei ha sostenuto la Rivoluzione, poi ne ha preso le distanze... - Shirin Ebadi: Innescare cambiamenti politici con rivoluzioni e' inaccettabile, comporta un prezzo di sangue troppo alto e ingiustizie intollerabili. Pero' devo ammettere che ci sono stati anche risultati positivi nella coscienza del nostro popolo. Prima del 1979, l'Iran era asservito alla politica statunitense, una condizione di sudditanza che aveva fatto perdere alla popolazione ogni fiducia nel Paese. Con la Rivoluzione gli iraniani sono tornati a essere artefici del proprio destino. * - Ahmad Gianpiero Vincenzo: Nel 1989 Khamenei, grande nemico di Moussavi, ha preso il posto di Khomeini come Guida suprema. - Shirin Ebadi: Khomeini aveva un carisma che l'attuale Guida non potra' mai avere. * - Ahmad Gianpiero Vincenzo: C'e' chi ritiene che Moussavi, primo ministro dal 1980 al 1989, sia troppo legato all'establishment per guidare l'Iran a un cambiamento profondo. - Shirin Ebadi: Non sono i politici i protagonisti della contestazione ma il popolo. La democrazia e' una cultura, non si puo' imporre ma si sviluppa tra la gente. Gli ultimi avvenimenti hanno creato e diffuso in Iran una mentalita' democratica che alla fine arrivera' a imporsi. E' solo questione di tempo. Alcuni politici potrebbero aiutare il processo, altri ritardarlo, ma bisogna lasciare al popolo l'iniziativa di scegliersi i propri rappresentanti. * - Ahmad Gianpiero Vincenzo: Lei entrera' in politica? - Shirin Ebadi: Non sono un politico ma un difensore dei diritti umani. I politici sono alla testa del popolo, devono interpretarne le esigenze e guidarli verso la loro realizzazione. Io mi colloco dietro al popolo e la mia funzione e' di controllare che i politici rispettino i diritti fondamentali della gente. * - Ahmad Gianpiero Vincenzo: L'idea di far coincidere lo sciopero generale con il periodo tradizionale di ritiro spirituale in moschea e' molto significativa. Quali saranno adesso i prossimi passi della contestazione? - Shirin Ebadi: E' presto per dirlo. Pero' adesso tutti dovrebbero aver capito che l'islam e' contro la frode e le bugie, l'uccisione di innocenti, l'incarcerazione di 1.200 persone, in massima parte giovani. Nei filmati si vede che i cecchini hanno ucciso sparando dal tetto di palazzi governativi e la polizia ha attaccato alle tre di notte il dormitorio degli studenti universitari, facendo cinque vittime. Il regime non ha piu' giustificazione dal punto di vista religioso e ha perso ogni credibilita' dal punto di vista politico. D'altra parte il popolo non e' solo, sempre piu' spesso i religiosi si schierano con i democratici. Anche l'Associazione degli insegnanti del seminario di Qom, una delle piu' importanti citta' sante, ha messo in dubbio l'imparzialita' del Consiglio dei guardiani, che ha ratificato il risultato delle elezioni. I religiosi hanno anche chiesto che siano rilasciati gli arrestati e puniti coloro che hanno ordinato i pestaggi e le uccisioni. * - Ahmad Gianpiero Vincenzo: Cosa si aspetta da Europa e Usa? - Shirin Ebadi: Piu' senso di responsabilita'. Da quando si e' saputo che Nokia e Siemens hanno venduto al regime la tecnologia per controllare l'identita' degli utenti della rete, suggerisco di boicottare i cellulari Nokia. Stiamo pensando di ricorrere contro le multinazionali in sede di Ue e Onu. Devono capire il male che hanno fatto. Gli agenti del regime hanno bloccato la mia casella di posta elettronica e l'hanno utilizzata per inviare false mail a mio nome. Hanno creato un finto sito democratico, invitando le vittime dei pestaggi a denunciare le violenze, fornendo i loro nomi e cognomi, quindi li hanno tutti arrestati. Hanno imprigionato persino Ebrahim Yazdi, un oppositore di quasi ottant'anni, mentre era ricoverato in ospedale. La comunita' internazionale e' per noi importante. Vorremmo nuove elezioni sotto controllo dell'Onu. Quando l'Iran aderira' al Tribunale penale internazionale, io potro' andare in pensione. Pero' occorre che le istituzioni internazionali assumano fino in fondo il loro ruolo di garanti. 4. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento italiano al fascismo. Non sempre sono state pero' conosciute in tempo. In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero. Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si vedevano dai tempi delle leggi razziali. E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti. Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani. Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita' umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari" diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato. Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato. Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si basa la stessa costruzione politica europea. E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada. La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa. A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la propria opposizione. Roma, 29 giugno 2009 Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio 5. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie innovazioni che suscitano rilievi critici. In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale. La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata, nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri strumenti idonei al raggiungimento dello scopo. Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo. L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale, ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali. L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio' alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza. Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati" (Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di razionalita' finalistica. "Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu' avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di "mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995) offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla Costituzione a tutte le persone. 25 giugno 2009 Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia, Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi, Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo Zagrebelsky 6. LIBRI. MARIA GROSSO PRESENTA TRE RECENTI LIBRI SULL'ESPERIENZA DELLA MATERNITA' [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) rirpendiamo la seguente recensione apparsa su "L'Unita'" del 16 luglio 2009 col titolo "Madri coraggio: la maternita' tra letteratura e pamphlet" e il sommario "Scegliere e diventare madri e' un momento della vita di cui si e' cominciato a parlare e scrivere da poco: un tempo nascosto che le penne delle scrittrici stanno scavando da prospettive stilistiche e umane diversissime"] Provare a districare una matassa gigante, sentendosi al tempo stesso uno dei fili. E' quello che provo se cerco di mettere a fuoco una riflessione su cosa oggi comporti il vissuto della maternita'. Sul tavolo tre libri recenti: La solitudine delle madri di Marilde Trinchero (2008, Magi), Nove per due di Anna Maria Mori (2009, Marsilio), e Puoi dire addio al sonno di Rachel Cusk (2009, Mondadori). Accanto, materialmente e idealmente, ce ne sono molti altri, pubblicati negli ultimi anni: alcuni belli, profondi, rivelatori, a intaccare la parete invisibile di secolare indicibile non detto. "Se portata sulla scena pubblica, la maternita' diventa all'improvviso dirompente, 'scandalosa' (...) come un fare (uno dei) delle donne" spiegava Giordana Masotto in Il doppio si'. * Succede con Nove per due (titolo che guarda alla maternita' come a un moltiplicarsi di forze e di fragilita' insieme). Confine liquido tra realta' e invenzione romanzesca, pamphlet politico e testo teatrale da cui emerge con rabbia e dolore la riflessione in prima persona di Maria Rosa, trentatreenne con un lavoro in azienda, che ha appena saputo di essere incinta (per quanto sia una gravidanza voluta) - l'ultimo lavoro di Mori, risponde alla sete del dirsi innanzitutto a se stesse e quindi al mondo, scegliendo di unire monologo e dialogo. Il primo, come tempo per se' prima di parlarne al compagno, il secondo a colloquio con la madre, femminista, ad attraversare quella prima lunghissima notte, tra racconti privati e intarsi giornalistici, scampoli di storia delle donne e perche' insoluti da lenire con l'unguento della trasmissione e dello scambio. Quale e' il prezzo se pretendiamo di scegliere maternita' e lavoro? E' giusto che una giovane donna oggi abbia paura di perdere il lavoro per diventare madre? (su quanto le aziende italiane siano friendly nei confronti delle gravidanze delle dipendenti, si veda lo studio di Silvia Ferreri, Uno virgola due). Ritornano le variabili note (e loro perverse intersezioni): il famigerato tasso italiano di natalita', il rachitismo della spesa pubblica per l'infanzia, lo scarso numero di padri che beneficia dei congedi parentali, la precaria integrazione femminile nella vita lavorativa. Un j'accuse fin troppo esemplare, e' voce interiore e urlo (compreso un capitolo sulle violenze contro le donne compiute in Italia e nel mondo), ma anche necessita' di ragionare e capire. Per organizzare e per agire una risposta. * A "pensare la maternita' in modo diverso" contribuisce La solitudine delle madri di Marilde Trinchero: l'autrice attinge al suo lavoro a contatto con gruppi di donne, humus da cui emerge il rispetto per l'irriducibilita' del singolo vissuto, in cerca dei punti di tangenza e condivisione. "Delle cose che non si dicono; che effetto ha questa reticenza?" scrive Trinchero citando Woolf, e cosi' si addentra in quei territori ombrosi che ogni madre "sufficientemente buona" (Winnicott) conosce, dove la stanchezza fa crollare gli stereotipi, dove si incontrano noia, rifiuto e isolamento, ambivalenza e "colpa cosmica", il precipizio tra il vissuto immaginato e quello sperimentato, ma anche gioia, contatto ed effusione del se'. E li', nello spazio protetto dei laboratori, nel tempo anomalo del gioco, le madri trovano una possibile via per raccontare le parole buie e luminose che le accompagnano, disegnando, oltre il labirinto che le circonda, quella consapevolezza della complessita' del materno che Kristeva sentiva esclusa da questa nostra civilizzazione. * Madri che giocano. Ne sa qualcosa Rachel Cusk che in una pagina struggente del suo ultimo romanzo descrive l'orda di pensieri che le attraversa la mente nel momento in cui la sua piccola si addormenta. Come conciliare l'ottimizzazione coattiva del tempo con lo spensierato qui e ora del gioco? Germinato dall'esigenza dell'autrice di "mettere a fuoco la sua vita" (cosi' come scriveva Adrienne Rich cui esplicitamente si ispira), nel frangente del diventare madre, Puoi dire addio al sonno (il titolo inglese, piu' originale e non incasellabile, era A Life's Work, misconosciuto lavoro di costruzione di se' che dura una vita), e' narrazione autobiografica sottilmente ironica e profonda, totale e commovente messa in gioco di se'. Cusk, scrittrice inglese gia' affermata, abbandona Londra per occuparsi della figlia che sta per nascere e per scriverne, mentre il marito addirittura si licenzia. Tutti li prendono per folli. Segue la gravidanza, il disagio del corpo involontariamente sovraesposto (altrove iperesibito), il parto con la sua natura imprevedibile e solitaria, l'impossibilita' di vivere a pieno il lutto per una se stessa senza figli, il primo anno di vita della bambina, la fatica, l'isolamento, il traballare delle relazioni, il senso di inadeguatezza accanto alla scoperta di se', dell'altra, territori emotivi mai esplorati. Tra folgoranti divagazioni letterarie, da Tolstoj a Coleridge, da Charlotte Bronte a Wharton, a Proust, un viaggio ai limiti dell'amore, dell'allattamento, della solitudine, della notte. Un percorso mai dato, sempre in divenire. Con un sottofondo meraviglioso di incredulita': "a quanto pare, sono una madre". ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 264 del 30 luglio 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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