Nonviolenza. Femminile plurale. 260



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 260 del 23 luglio 2009

In questo numero:
1. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte
prima)
2. Sergio Casali: Il pensiero e la critica letteraria femminista (parte
seconda)
3. Una linea telefonica al Centro antiviolenza "Barbara Cicioni" di Perugia
4. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in
Italia
5. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e
soggiorno illegale dei migranti

1. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA
(PARTE PRIMA)
[Riproponiamo (l'abbamo gia' pubblicata nelle "Minime" dal n. 156 al n. 165
nel 2007) la seguente dispensa predisposta nell'aprile 2004 per il secondo
semestre dell'anno accademico 2003/2004 del corso su "Femminismo, studi di
genere e letteratura latina" che abbiamo ripreso dal sito www.uniroma2.it]

Premessa
Per parlare di femminismo e discipline classiche e' ovviamente necessario
avere un'idea di cosa sia il femminismo, e di quale sia l'influsso che il
femminismo ha esercitato sulle scienze umane.
Per questo, prima di affrontare il tema del femminismo nello studio
dell'antichita' classica in generale, e della letteratura latina in
particolare, riteniamo sia indispensabile fornire una breve introduzione al
pensiero e alla critica letteraria femminista.
Il femminismo e' un fenomeno caratterizzato da due aspetti strettamente
intrecciati tra loro: da un lato, esso e' un movimento politico di donne che
si sono battute e si battono per i diritti sociali, politici ed economici
delle donne; dall'altro lato, il movimento politico e' stato affiancato e
sostenuto da un'elaborazione teorica e concettuale mirata a denunciare,
analizzare e approfondire nelle loro implicazioni filosofiche, le modalita'
e le strumentazioni culturali con cui si e' perpetuato nei secoli il
predominio maschile sulle donne.
Il femminismo contemporaneo e' soprattutto impegnato in un processo di
elaborazione teorica dei concetti di genere come costruzione culturale e di
differenza sessuale, e ha prodotto opere di grandissima importanza per tutti
i campi delle scienze umane. La conoscenza del pensiero femminista e' un
elemento fondamentale per la formazione culturale degli insegnanti. Cio' e'
particolarmente vero, e urgente, per chi lavora nel campo delle letterature
classiche, dove l'influsso del pensiero femminista, almeno in Italia, e'
stato finora troppo scarso, specialmente se si confrontano le situazioni nei
paesi di area anglosassone.
*
1. Le origini del pensiero femminista
Contenuto del capitolo
Per inquadrare le origini del pensiero femminista, vedremo le figure di due
antesignane del movimento, che scrivono nel periodo della Rivoluzione
Francese: Olimpe de Gouges (Dichiarazione dei diritti della donna e della
cittadina, 1791), e Mary Wollstonecraft (Una rivendicazione dei diritti
della donna, 1792). Il periodo che va dal 1848 al 1918 vede la nascita e lo
sviluppo del movimento femminista nei paesi occidentali avanzati
(soprattutto Francia, Inghilterra, Stati Uniti), diviso nelle due correnti
liberale e socialista. Una figura importante del femminismo liberale e'
Harriett Taylor (L'emancipazione delle donneí, 1851), con il marito John
Stuart Mill (L'asservimento delle donne, 1869). Negli Stati Uniti si
sviluppa il movimento liberale delle "suffragette" (dalla loro richiesta
fondamentale, il diritto al suffragio). La corrente socialista si ispira
all'opera di Engels L'origine della famiglia (1884).
*
1. 1. Alle radici del femminismo: Olympe de Gouges e Mary Wollstonecraft
Il moderno femminismo nasce in Francia e in Gran Bretagna alla fine del
Settecento, negli anni della Rivoluzione francese. Due donne soprattutto
sono importanti per la nascita del femminismo, rispettivamente in Francia e
in Gran Bretagna.
Olympe de Gouges (pseudonimo di Marie-Olympe Gouze, 1748-1793), nata a
Montauban, era figlia di un macellaio, anche se dichiarava di essere la
figlia illegittima di un poeta aristocratico, Le Frere de Pompignan. A 16
anni si sposa con un ufficiale, ma due anni dopo i due si separano. Olympe
va a Parigi, dove scrive numerose commedie di successo, come Le Mariage
inattendu de Cherubin (1786), Moliere chez Ninon (1788) e Le Couvent ou Les
voeux forces (1792), e racconti "orientali" come Le Prince philosophe
(1792). Nel 1789 diventa un'accesa sostenitrice della Rivoluzione, e fonda
il "Club des Tricoteuses" (1790). Nel 1791 e' la prima a codificare i
diritti della donna pubblicando la Declaration des droits de la femme et de
la citoyenne (Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina).
Oppositrice di Robespierre, viene arrestata nel luglio 1793, in seguito alle
sue proteste per la morte di Luigi XVI, e ghigliottinata poco tempo dopo.
Mary Wollstonecraft: la vita. La nascita del pensiero femminista si puo' far
risalire alla pubblicazione a Londra, nel 1792, di A Vindication of the
Rights of Women (Una rivendicazione dei diritti della donna), ad opera di
Mary Wollstonecraft (1759-1797). Mary Wollestonecraft, nata a Hoxton, vicino
Londra, ebbe un'infanzia infelice. Il padre era un alcolista che maltrattava
la moglie, e la famiglia aveva spesso difficolta' economiche, ma nonostante
tutto Mary riusci' a farsi una cultura. Dopo aver lavorato per due anni come
dama di compagnia, divenne insegnante in una scuola per ragazze da lei
fondata insieme alla sorella Eliza e all'amica Fanny Blood. Dopo il
fallimento dell'iniziativa, passa un anno in Irlanda come governante. Queste
esperienze le ispirano i Thoughts on the Education of Daughters (Pensieri
sull'educazione delle figlie, 1787), che venne pubblicato dall'editore
radicale londinese Joseph Johnson. L'opera le permise di accedere a un
circolo di letterati radicali di cui facevano parte figure come Thomas
Paine, William Blake, e William Godwin. Johnson la assunse come traduttrice,
e continuo' a pubblicare le sue opere, tra cui Mary (A Fiction) (1788), The
Female Reader (1789), e A Vindication of the Rights of Man (1790), la sua
risposta alle Riflessioni sulla Rivoluzione francese di Edmund Burke.
Nel 1792 Mary va a Parigi per osservare da vicino i risultati della
Rivoluzione, su cui pubblica Historical and Moral View of the French
Revolution (1794). A Parigi incontra lo scrittore americano emigrato Gilbert
Imlay. Con lui ha una relazione da cui nel 1794 nasce una figlia, Fanny, che
si suicidera' in giovane eta'. Ritorna in Inghilterra con Imlay, ma le
infedelta' di lui la spingono a tentare il suicidio. Ha quindi una relazione
con il filosofo di tendenze anarchiche William Godwin, che sposa nel marzo
del 1797. Muore a Londra di setticemia nel settembre di quell'anno, all'eta'
di 38 anni, poco dopo aver dato alla luce una figlia, Mary, la futura moglie
di Percy Bysshe Shelley, e autrice, con il nome di Mary Shelley, del
celeberrimo romanzo gotico Frankenstein (1818).
Mary Wollstonecraft: l'opera. L'opera piu' importante di Wollestonecraft e'
A Vindication of the Rights of Woman (1792), il primo classico del pensiero
femminista. L'opera si rivolge alla donne colte della classe media, le sole
che possano acquisire seria consapevolezza dei problemi della donna. Le
donne aristocratiche infatti sono completamente prigioniere della
mistificazione secondo cui l'unica cosa importante e' piacere all'uomo,
mentre le donne della classe lavoratrice (cui va comunque la simpatia e il
rispetto dell'autrice) sono troppo oppresse dalle necessita' della vita
materiale per potersi concedere lo spazio della riflessione. Wollestonecraft
critica le tesi di Rousseau sull'inferiorita' "naturale" della donna, e
rivendica parita' di condizioni tra i sessi, soprattutto per quanto riguarda
l'accesso all'educazione e alla cultura.
*
1. 2. Il primo femminismo (1848-1918): la lotta per l'uguaglianza nelle
correnti liberale e socialista
Quando il termine "femminismo" compare per la prima volta, nel 1895, il
movimento per la rivendicazione dei diritti delle donne ha gia' qualche
decennio di vita. Verso la meta' dell'Ottocento, infatti, le donne dei paesi
occidentali piu' avanzati (Gran Bretagna, Francia) cominciano ad
organizzarsi e a lottare.
Nel nascente movimento delle donne, possiamo distinguere due correnti
fondamentali: la corrente liberale e quella socialista.
La corrente liberale. La corrente liberale comprende donne della classe
media, che pur trovandosi in una condizione privilegiata rispetto alle donne
della classe lavoratrice, in quanto non sono obbligate a vendere sul neonato
mercato industriale la loro forza-lavoro, ma sono "mantenute" dai loro
familiari maschi, vivono tuttavia in una frustrante mancanza di autonomia:
non possono accedere ai livelli elevati dell'istruzione, non possono
praticare le libere professioni, non possono gestire il patrimonio se
rimangono vedove, non possono votare.
La corrente socialista. Le donne proletarie, che si trovano in una
situazione di concorrenza e conflitto nel mondo del lavoro con gli uomini, e
tra loro stesse, non possono organizzarsi in modo autonomo, ma devono
organizzarsi all'interno delle piu' generali strutture organizzative e
culturali del movimento socialista.
*
1. 3. L'orientamento liberale: Harriett Hardy Taylor e John Stuart Mill
Una figura importante dell'orientamento liberale e' Harriet Hardy Taylor
(1808-1853).
La vita. Harriett e' una donna inglese di classe media, che intorno al 1830,
quando e' gia' sposata e con due figli (Hardy e' il suo cognome di nascita,
Taylor quello del primo marito), inizia una relazione, che durera' per un
ventennio, con il quasi coetaneo filosofo John Stuart Mill (1806-1873). Dopo
la morte del marito di lei, nel 1849, essi convivranno, e si sposeranno nel
1851. Harriet non pubblica nulla con il suo nome nel corso della vita, ma le
opere di Mill, come egli stesso piu' volte dichiarera', sono frutto della
sua collaborazione con la compagna. Entrambi militanti della sinistra
inglese "radicale", lavorano insieme per contrastare l'idea della presunta
inferiorita' "naturale" della donna, e per cercare i mezzi e le modalita'
con cui superare la condizione di oppressione della donna.
Le opere. L'importante saggio "The enfranchisement of women"
("L'emancipazione delle donne") viene pubblicato nel 1851 nella rivista "The
Westminster Review" sotto il nome di J. S. Mill, ma e' opera di Harriet. In
esso Harriet annuncia al pubblico inglese che, "nelle zone piu' civilizzate
e illuminate degli Stati Uniti, e' sorto un movimento organizzato rivolto a
una nuova questione", l'emancipazione delle donne: "Sara' d'aggiunta alla
sorpresa con cui molti accoglieranno qiesta notizia il fatto che il
movimento che ha preso avvio non consiste in un patrocinio esercitato da
scrittori e oratori maschi in favore delle donne, le quali vengano
espressamente beneficate pur rimanendo indifferenti o apertamente ostili: e'
un movimento politico con obiettivi pratici, portato avanti in una forma che
denota l'intenzione di perseverare. Ed e' un movimento non meramente in
favore delle donne, ma fatto dalle donne". Harriet denuncia la
mistificazione maschile che vuol far credere alle donne che la loro
condizione di inferiorita' e oppressione sia dovuta alla legge della natura,
quando invece essa e' dovuta solo alla legge delle istituzioni sociali.
Taylor rivendica l'eguaglianza completa delle donne con gli uomini
nell'accesso all'istruzione, alle libere professioni, alle istituzioni
mediche, legali e religiose, e alle strutture politiche e amministrative,
con diritto di voto e di eleggibilita'. Rivendica altresi', e in questo e'
piu' radicale di Mill, la possibilita' per le donne di intraprendere
attivita' imprenditoriali ed economiche alla pari con gli uomini: la cura
della casa e l'allevamento dei figli devono essere a carico di personale
(femminile) stipendiato.
Il libro di Mill The Subjection of Women (L'asservimento delle donne, 1869)
avra' grande successo e diffusione, e sara' tradotto anche in italiano
appena un anno dopo, contemporaneamente a Milano (La servitu' delle donne
del Signor John Stuart Mill, trad. da Anna Maria Mozzoni (su cui vedi par.
1. 6), Milano 1870) e a Napoli (La soggezione delle donne di John Stuart
Mill, tradotta dall'inglese per Giustiniano Novelli, con Appendice
contenente notizia delle donne piu' illustri tolta da Vespoli, Napoli 1870).
*
1. 4. Le suffragette americane e la "Dichiarazione di Seneca Falls"
Il movimento delle donne negli Stati Uniti (le "suffragette"), cui faceva
riferimento Taylor nel suo scritto, aveva trovato il suo atto di nascita
nella cosiddetta "Dichiarazione dei sentimenti" di Seneca Falls (vicino a
New York) del luglio 1848, redatta, sul modello della Dichiarazione
d'indipendenza degli Stati Uniti, da Lucretia Mott, Elizabeth Cady Stanton,
Martha Wright e Mary Ann McClintock: "La storia dell'umanita' e' una storia
di torti e di arbitrii ripetuti dell'uomo nei confronti della donna, che
hanno avuto direttamente a oggetto la creazione di un'assoluta tirannia su
di lei". Si tratta della prima presa di parola pubblica delle donne per la
rivendicazione del voto e dei diritti di cittadinanza, per l'uscita
dall'oppressione domestica e la rottura della mistificazione delle "sfere
separate".
*
1. 5. Friedrich Engels e il pensiero socialista
L'altra corrente del movimento delle donne, quella socialista, si rifa' al
pensiero marxista. L'opera che soprattutto ispira questo orientamento e' il
libro di Friedrich Engels, L'origine della famiglia, della proprieta'
privata e dello Stato (1884). Engels e il movimento socialista riconoscono
certamente la specificita' della situazione delle donne, asservite al
sistema patriarcale oltre che soggette allo sfruttamento di classe, ma
vedono la soluzione del problema delle donne come subordinato rispetto alla
lotta del proletariato contro il sistema capitalistico per la costruzione di
una societa' socialista. La convinzione teorica che "venga prima" e sia piu'
importante la differenza fra le classi piuttosto che quella dei sessi fa si'
che il movimento socialista faccia fatica ad accettare la formazione di un
movimento di donne autonomo al suo interno. D'altronde, le rivendicazioni
delle suffragette vengono presentate come iniziative borghesi, che, con il
riconoscimento dell'eguaglianza formale delle donne e il raggiungimento del
diritto di voto, non faranno altro che rafforzare il sistema di sfruttamento
di classe e l'oppressione del patriarcato.
Le difficolta' delle femministe all'interno del movimento socialista sono
testimoniate anche dall'Autobiografia (1926, ma pubblicata integralmente
solo nel 1970) di Aleksandra M. Kollontai (1872-1952), una delle piu'
importanti esponenti del movimento socialista e comunista del primo
Novecento, insieme a Klara Zetkin, e la prima donna della storia a diventare
ministro (e' "commissario del popolo", cioe' ministro per l'assistenza
sociale, nel governo di Lenin dal 1917 al 1922).
*
1. 6. Il femminismo in Italia tra Otto e Novecento
Anche in Italia il movimento di emancipazione delle donne ha una
significativa presenza nel periodo del primo femminismo, soprattutto
nell'area socialista, ma anche in quella liberale.
Le due figure piu' importante della corrente socialista in Italia sono Anna
Maria Mozzoni e Anna Kuliscioff.
Anna Maria Mozzoni. Anna Maria Mozzoni (1837-1920), nata da una ricca
famiglia lombarda, traduttrice di J. S. Mill, visse una vita
anticonformista, diventando madre di una figlia di cui non volle mai
rivelare la paternita' e sposando, quasi quarantenne, un uomo piu' giovane
di dieci anni.
Anna Kuliscioff. Anna Kuliscioff (1857 circa - 1925), nata in Russia, viene
espulsa dal suo paese nel 1877. Seguace di Bakunin, si lega prima ad Andrea
Costa, fondatore dell'"Avanti!", e poi a Filippo Turati. Nei primi decenni
del Novecento, Kuliscioff e' impegnata in un'aspra battaglia all'interno del
Partito socialista (e contro lo stesso Turati), accusato di non mettere la
questione femminile tra i suoi temi principali, e di essere ispirato da un
atteggiamento paternalista e tradizionalista verso le donne.
L'Unione femminile nazionale. Nell'area liberale, nel 1899 Ersilia Majno
Bronzini fonda a Milano, con altre donne, l'Unione femminile nazionale
(attiva ancora oggi: www.unionefemminile.it), espressione della borghesia
filantropica e illuminata. L'Unione conduce una prima inchiesta sul
suffragio femminile tra personalita' illustri. Quasi tutti gli uomini
interpellati si dichiarano contrari, e contrarie sono anche alcune donne.
La lotta per il suffragio. Per coordinare la lotta per il suffragio, nel
1904 viene fondato il Consiglio nazionale delle donne italiane (di area
liberale e cattolica), aderente all'International Council of Women. Le
suffragiste italiane vengono ispirate soprattutto dal movimento delle
suffragette inglesi guidate da Emmeline Pankhurst (l'autrice del famoso
slogan "Abbiate fiducia in Dio, Ella vi aiutera'"). Nel 1906 la famosa
pedagogista Maria Montessori redige un proclama rivolto alle donne,
esortandole all'impegno e alla lotta, che viene affisso per le strade di
Roma. Sempre nel 1906 viene pubblicato Una donna di Sibilla Aleramo
(pseudonimo di Rina Faccio), considerato il primo romanzo femminista
italiano. Il Parlamento tuttavia continua a respingere le proposte di legge
sul suffragio femminile. Negativo e' anche il parere formulato nel 1907
dalla commissione di soli uomini ("i Soloni") incaricata da Giolitti di
valutare la questione del suffragio femminile. In quell'anno, le donne
finlandesi sono le prime al mondo ad ottenere il diritto di voto. Nel 1908
tocca alla Danimarca, e a partire dal 1910 a vari stati degli Stati Uniti
(in tutti gli Usa dal 1920), quindi ad altri paesi del Nord Europa.
Nel 1912 viene promulgata in Italia la legge sul cosiddetto "suffragio
universale". In realta', le donne sono totalmente escluse dal voto, che e'
riservato ai cittadini maschi che abbiano compiuto 30 anni e abbiano svolto
il servizio militare. Con l'avvento del fascismo il femminismo italiano
tramonta. Le donne italiane otterrano il diritto di voto soltanto nel 1946.
(Parte prima - segue)

2. MATERIALI. SERGIO CASALI: IL PENSIERO E LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA
(PARTE SECONDA)

2. Uguaglianza vs differenza nel periodo di riflusso (1918-1968)
Contenuto del capitolo
Dal primo dopoguerra alla fine degli anni Sessanta, il movimento femminista,
che ha ottenuto ormai le conquiste giuridiche piu' importanti, si appanna.
In questo periodo si segnalano pero' due personalita' di grande importanza,
Virginia Woolf e Simone de Beauvoir. Woolf nei suoi saggi getta le basi di
quella che diventera' la teoria della "differenza" sessuale (nonche' della
critica letteraria femminista), mentre de Beauvoir, affermando che "donna
non si nasce, lo si diventa", e' la prima teorica dell'identita' sessuale
come costruzione culturale.
Negli anni Sessanta, prima dell'esplosione del '68, vedremo come
particolarmente significative e influenti le personalita' di Betty Friedan
(La mistica della femminilita', 1963) e di Juliet Mitchell (Donne: la
rivoluzione piu' lunga, 1966).
*
2. 1. Uguaglianza e differenza: Virginia Woolf
All'indomani della prima guerra mondiale, almeno nel mondo anglo-americano e
nell'Unione Sovietica (ma non in Italia), le donne hanno ottenuto
importantissime vittorie, conquistando diritti fondamentali (il voto,
l'accesso all'istruzione superiore e alle libere professioni). Dopo queste
importanti conquiste, pero', si apre una fase di crisi per il movimento,
destinata a durare per cinquant'anni. In questa fase nel movimento delle
donne comincia a farsi strada la discussione, destinata a diventare di
importanza essenziale, sulla contraddizione tra "uguaglianza" e
"differenza".
Il raggiungimento dell'uguaglianza formale con gli uomini non soddisfa, per
esempio, la grande scrittrice Virginia Woolf (1882-1941), che analizza
criticamente la "nuova" condizione delle donne (colte e di classe media) in
due saggi, Una stanza tutta per se' (A Room of One's Own, 1929) e Tre ghinee
(Three Guineas, 1938), che sono anche i primi esempi di critica letteraria
femminista. La conquista dell'uguaglianza formale non deve far se' che le
donne facciano propri anche i valori etici e politici imposti dagli uomini.
I valori etici e politici delle donne sono "differenti" da quelli degli
uomini, e questa "differenza" deve essere affermata e praticata dalle donne
nella loro vita pubblica, in contrapposizione ai valori dominanti maschili,
che conducono alla guerra e allo sfruttamento.
Un passo da Una stanza tutta per se' basta per far capire come in Virginia
Woolf si trovino anticipati spunti che saranno poi sviluppati dal pensiero
della differenza: "Sarebbe un vero peccato se le donne scrivessero come gli
uomini, o somigliassero agli uomini, perche' se due sessi non bastano,
considerando la vastita' e la varieta' del mondo, come potremmo cavarcela
con uno solo? Non dovrebbe l'educazione evidenziare e rafforzare le
differenze, piuttosto che le somiglianze?".
*
2. 2. Simone de Beauvoir: "Donna non si nasce, lo si diventa"
Un'opera fondamentale per lo sviluppo del pensiero femminista e' il libro Il
secondo sesso (Le deuxieme sexe, 1949) di Simone de Beauvoir (1908-1985).
Simone de Beauvoir, compagna di Jean-Paul Sartre, parte da una prospettiva
esistenzialistica, e giunge ad inviduare una spiegazione della
subordinazione della donna che avra' un'importanza essenziale per il nuovo
femminismo: donna non si nasce, si diventa. La donna e' un essere umano
subordinato, il "secondo sesso" rispetto al "primo" (quello maschile), e'
l'"Altro" rispetto all'"Uno".
"Se io voglio definirmi, sono obbligata anzitutto a dichiarare: 'Sono una
donna'; questa verita' costituisce il fondo sul quale si ancorera' ogni
altra affermazione. Un uomo non comincia mai col classificarsi come un
individuo di un certo sesso: che sia uomo, e' sottinteso... Il rapporto dei
due sessi non e' quello di due elettricita', di due poli: l'uomo rappresenta
insieme il positivo e il negativo al punto che diciamo "gli uomini" per
indicare gli esseri umani, il senso singolare della parola vir essendosi
assimilato al senso generale della parola homo" (le parole di de Beauvoir ci
fanno capire quanto siano sessiste - discriminatorie in base al sesso -
pratiche ancora correnti oggi nella pratica accademica: per esempio
l'abitudine di citare gli autori delle opere cui si fa un riferimento
bibliografico con la sola iniziale - o iniziali - se si tratta di un autore
maschio, e con il nome per esteso se si tratta di una donna; appunto, per
far capire che non e', come ci si dovrebbe aspettare, un uomo, ma,
stranamente, una donna).
"Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico,
economico definisce l'aspetto che riveste in senso alla societa' la femmina
dell'uomo; e' l'insieme della storia e della civilta' a elaborare quel
prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna.
Unicamente la mediazione altrui puo' assegnare a un individuo la parte di
cio' che e' Altro. In quanto creatura che esiste in se', il bambino non
arriverebbe mai a cogliersi come differenziazione sessuale... Fino ai dodici
anni la giovinetta e' robusta quanto i suoi fratelli, e mostra identiche
capacita' intellettuali; non vi sono zone dove le sia vietato rivaleggiare
con loro. E, se molto prima della puberta', o qualche volta addirittura
dalla primissima infanzia, ci appare sessualmente gia' differenziata, non
dovremo risalire a misteriosi istinti destinati a farne una creatura
passiva, civetta e materna, ma dovremo ricordare che l'intervento altrui
nella vita infantile e' pressoche' originario e che fino da principio la sua
vocazione le viene imperiosamente imposta" (da Il secondo sesso, il
Saggiatore, Milano 1984, pp. 15, 325 = Cavarero-Restaino (2002) pp. 135-9).
Come si vede, in queste riflessioni di de Beauvoir e' presente la prima
teorizzazione dell'opposizione sesso-genere che avra' tanta importanza nel
secondo femminismo (vedi par. 3. 6).
*
2. 3. Betty Friedan: la "mistica della femminilita'"
La scrittrice statunitense Betty Friedan (nata Betty Naomi Goldstein, 1921)
segna la fase di passaggio tra l'epoca delle grandi scrittrici Woolf e de
Beauvoir e l'epoca della seconda ondata del femminismo (dal 1968 a oggi).
Laureatasi in psicologia allo Smith College (Illinois) nel 1942, dopo un
anno di perfezionamento a Berkeley, si sposto' a New York. Dopo avere svolto
diversi lavori, sposo' l'impresario teatrale Carl Friedan nel 1947. Per i
successivi dieci anni fu moglie e madre di tre figli, lavorando al contempo
come giornalista freelance per varie riviste. Nel 1957 mando' un
questionario alle sue coetanee che avevano studiato con lei allo Smith
College, in cui chiedeva loro se erano soddisfatte della loro vita. Solo una
ristretta minoranza espresse soddisfazione. Dopo avere allargato la ricerca
con altri questionari, interviste e discussioni con esperti, Friedan
pubblico' i risultati della sua indagine in un libro che ebbe immediatamente
grande successo, The Feminine Mystique (La mistica della femminilita',
1963). La sua tesi era che le donne venivano spinte a credere che la
felicita' risiedesse nella devozione alla casa e alla famiglia, mentre la
realta' era che cio' portava a uno stato di frustrazione e insoddisfazione
("the problem that has no name", "il problema che non ha nome"). Nel libro,
Friedan si limita a descrivere la situazione, senza proporre vie d'uscita
nell'azione collettiva delle donne. Ma entro pochi anni le condizioni
cambieranno.
Nel 1966 Friedan fonda, con altre donne, il Now (National Organization of
Women), un gruppo in difesa dei diritti civili che si proponeva di ottenere
uguaglianza di diritti e di opportunita' di lavoro per le donne. Come
presidente del Now, Friedan condusse campagne contro la pubblicita' che
rafforzava le rappresentazioni convenzionali della donna, per accrescere la
presenza femminile nel governo, per legalizzare l'aborto, e per estendere la
cura dei figli ai servizi sociali. Divorzia nel 1969. Anche dopo avere
lasciato la presidenza del Now (nel 1970), Friedan continuo' la sua
battaglia femminista: fu una delle principali promotrici del "Women's Strike
for Equality" del 26 agosto 1970 (il cinquantesimo anniversario del
suffragio femminile negli Usa), e lavoro' per la ratifica dell'"Equal Rights
Amendment" alla Costituzione americana. Il suo atteggiamento meno radicale e
piu' "riformista" nel libro The Second Stage (1981) provochera' un certo
sconcerto in molte femministe.
*
2. 4. Juliet Mitchell: "Donne: la rivoluzione piu' lunga"
Nata in Nuova Zelanda (1940), si sposto' con la famiglia in Gran Bretagna da
bambina. Dopo gli studi di inglese a Oxford, ha insegnato fino al 1970 nelle
Universita' di Leeds e Reading. Dal 1971 si e' dedicata all'attivita' di
saggista sui temi del femminismo e della psicoanalisi (vedi par. 4. 1).
In un articolo del 1966 in "New Left Review", "Women: the Longest
Revolution" ("Donne: la rivoluzione piu' lunga"), poi compreso nel volume
Women's Estate (La condizione della donna, 1971), Mitchell interpreta il
movimento femminista da un punto di vista marxista ortodosso. Mitchell
individua quattro elementi, sempre presenti in ogni epoca e societa', che
determinano la condizione di inferiorita' della donna: la produzione (cioe'
l'economia), la riproduzione (procreazione), il sesso, la socializzazione
dei figli. Anche se Mitchell, in coerenza con l'ortodossia marxista,
attribuisce l'importanza maggiore all'elemento della produzione, affianca
comunque all'elemento economico altri aspetti (la sessualita', la
riproduzione, la cura dei figli), la cui analisi impegnera' molto gli
sviluppi successivi del suo pensiero, e del pensiero femminista in genere.
(Parte seconda - segue)

3. STRUMENTI. UNA LINEA TELEFONICA AL CENTRO ANTIVIOLENZA "BARBARA CICIONI"
DI PERUGIA
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip3/)]

0759661032: questo e' il numero telefonico della linea antiviolenza attivata
presso la sede del Comitato internazionale 8 marzo, in via della Viola 1 -
casa dell'associazionismo, a Perugia.
Il numero e' riconosciuto ed inserito nella mappa ministeriale del numero
antiviolenza 1522.
La linea attivata funzionera' da centro d'ascolto sia per le chiamate
trasferite dal numero nazionale che per quelle proveniente direttamente dal
territorio.
Gli incontri diretti saranno fissati solo per appuntamento dalle stesse
operatrici che raccolgono e valutano le richieste.
In forma sperimentale, (per questa prima fase), il servizio e' attivo dal
lunedi' al venerdi': mattina 9,30-12,30, pomeriggio 15,30-18,30.

4. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE
LEGGI RAZZIALI IN ITALIA

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una
straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento
italiano al fascismo.
Non sempre sono state pero' conosciute in tempo.
In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni
aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un
dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni
passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si
riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far
arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al
Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme
discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si
vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli
ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta
centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti
previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di
un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza
vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene
sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.
Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita'
umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in
condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro
stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una
maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari"
diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri
e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi
razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei
loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro
bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste
misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse
una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune
umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori
regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi
internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si
basa la stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che
viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la
propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame,
Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

5. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI
DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie
innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della
discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e
il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma
che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso
simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e
presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale.
La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua
sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella
dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta
irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema
ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata,
nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri
strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.
Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato
sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del
migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti
gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si
rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non
rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale,
ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di
migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato
discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di
eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia
penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme
di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di
ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio'
alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione
della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali
criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e
magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da
un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di
giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema
complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia
dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa
coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati"
(Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il
legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi
fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di
discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di
razionalita' finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu'
avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si
puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o
anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare
le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole
con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di
"mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995)
offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella
dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria
complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla
Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano
Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia,
Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio
Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi,
Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo
Zagrebelsky

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 260 del 23 luglio 2009

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