Enti locali contro il razzismo



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ENTI LOCALI CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino" dell'11 luglio
2009

1. Anche dagli enti locali e da tutte le istituzioni democratiche la
richiesta persuasa e corale al Presidente della Repubblica di non promulgare
il "pacchetto razzismo"
2. Ordine del giorno da proporre all'approvazione delle assemblee elettive
(Comuni, Province, Regioni, etc.)
3. Bruno Segre: Lettera al Presidente della Repubblica
4. Appello al Presidente della Repubblica contro il colpo di stato razzista
5. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in
Italia
6. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e
soggiorno illegale dei migranti
7. Ogni persona di retto sentire, ogni associazione democratica, ogni
istituzione fedele alla Costituzione scriva al Presidente della Repubblica
per confortarlo e sostenerlo nella difesa nitida e intransigente della
legalita' e dell'umanita' contro la violenza razzista e squadrista

1. INIZIATIVE. ANCHE DAGLI ENTI LOCALI E DA TUTTE LE ISTITUZIONI
DEMOCRATICHE LA RICHIESTA PERSUASA E CORALE AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
DI NON PROMULGARE IL "PACCHETTO RAZZISMO"

Mentre da tutta Italia pervengono al Quirinale numerosissime lettere di
cittadine e cittadini che chiedono al Capo dello Stato di non promulgare le
infami misure razziste deliberate dal Senato il 2 luglio, le esperienze
nonviolente e le persone di volonta' buona promotrici dell'impegno contro i
provvedimenti razzisti incostituzionali e disumani contenuti nel cosiddetto
"pacchetto sicurezza" chiedono anche agli enti locali di esprimere la loro
fedelta' alla Costituzione ed il loro ripudio del razzismo, associandosi
alla richiesta al Presidente della Repubblica di non ratificare quei
provvedimenti che violano la Costituzione della Repubblica Italiana.
Si chiede a tutti gli enti locali, Comuni, Provincie e Regioni in primo
luogo, di approvare l'ordine del giorno di seguto riportato.
Le associazioni e le persone promotrici dell'iniziativa chiedono a tutti i
pubblici amministratori delle assemblee elettive di far proprio questo
ordine del giorno, di presentarlo nel proprio ente locale e di proporlo per
l'approvazione.
Le associazioni e le persone promotrici dell'iniziativa chiedono altresi' a
tutte le cittadine e tutti i cittadini di diffondere questo appello, di
proporlo alle amministrazioni locali, di inviarlo ai mezzi d'informazione
con preghiera di pubblicazione.
Difendere la Costituzione della Repubblica Italiana e' diritto e dovere di
tutti.
Difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani e' diritto e dovere di
tutti.

2. MATERIALI. ORDINE DEL GIORNO DA PROPORRE ALL'APPROVAZIONE DELLE ASSEMBLEE
ELETTIVE (COMUNI, PROVINCE, REGIONI, ETC.)

Il Consiglio ... di ...,
fedele alla Costituzione della Repubblica Italiana,
impegnato per la difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani cosi'
come sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani approvata
dall'Assemblea generale dell'Onu nel 1948;
chiede al Presidente della Repubblica, in virtu' del potere attribuitogli
dall'art. 74, comma 1, della Costituzione ("Il Presidente della Repubblica,
prima di promulgare la legge, puo' con messaggio motivato alle Camere
chiedere una nuova deliberazione"):
- di non promulgare il testo di legge deliberato in via definitiva dal
Senato il 2 luglio 2009, noto come "pacchetto sicurezza", in quanto recante
norme palesemente incostituzionali e violatrici di fondamentali diritti
umani;
- di rinviarlo alle Camere con messaggio motivato affinche' esso sia
modificato conformemente al dettato della Costituzione della Repubblica
Italiana, alle norme di diritto internazionale recepite nel nostro
ordinamento e ai principi della civilta' giuridica.
Da' mandato al proprio presidente di trasmettere il presente ordine del
giorno al Presidente della Repubblica e di renderlo noto alla popolazione
attraverso i mezzi d'informazione e nelle altre forme abitualmente usate per
comunicare ai cittadini le deliberazioni del Consiglio.

3. DOCUMENTAZIONE. BRUNO SEGRE: LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Milano, 7 luglio 2009
Caro Presidente Napolitano,
sono un vecchio italiano ebreo, figlio di antifascisti, nato 79 anni fa
nell'Italia fascista, bandito nel 1938 in quanto ebreo da tutte le scuole
del Regno d'Italia. Sull'atto integrale di nascita a me intestato, che si
conserva negli archivi dell'anagrafe di Milano, sta ancora oggi scritto a
chiare lettere "di razza ebraica": una dicitura che mi portero' appresso
sino alla morte.
Memore del fascismo e delle sue aberrazioni razziste, mi permetto di
rivolgermi a Lei per chiederLe di non ratificare il cosiddetto "pacchetto
sicurezza" approvato in via definitiva dal Senato il 2 luglio scorso, dopo
ben tre voti di fiducia imposti dal governo.
Si tratta di un provvedimento che, in palese violazione dei principi
fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, introduce nei
confronti dei gruppi sociali piu' deboli misure persecutorie e
discriminatorie che, per la loro gravita', superano persino le mostruosita'
previste dalle leggi razziali del 1938. Si pensi, per citare un unico
esempio, al divieto imposto alle madri immigrate irregolari di fare
dichiarazioni di stato civile: un divieto che, inibendo alle genitrici il
riconoscimento della prole, fara' si' che i figli, sottratti alle madri che
li hanno generati, vengano confiscati dallo Stato che li dara'
successivamente in adozione.
Per buona sorte, le garanzie previste dai Costituenti Le consentono, caro
Presidente, di correggere questo e altri simili abusi.
Anche in omaggio alla memoria delle migliaia di vittime italiane del
razzismo nazifascista Le chiedo di non promulgare un provvedimento che,
ispirato nel suo insieme a una percezione dello straniero, del "diverso",
come nemico, mina alla radice la convivenza civile, pacifica e
reciprocamente proficua tra italiani e stranieri, rischiando di alterare in
modo irreversibile la natura stessa della nostra Repubblica.
Bruno Segre

4. DOCUMENTAZIONE. APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CONTRO IL COLPO DI
STATO RAZZISTA

Il colpo di stato razzista compiuto dal governo Berlusconi con la
complicita' di una asservita maggioranza parlamentare puo' e deve essere
respinto.
E' nei poteri del Presidente della Repubblica rifiutare di avallare
l'introduzione nel corpus legislativo di misure palesemente in contrasto con
la Costituzione della Repubblica Italiana, palesemente criminali e
criminogene, palesemente razziste ed incompatibili con l'ordinamento
giuridico della Repubblica.
Al Presidente della Repubblica in prima istanza facciamo ora appello
affinche' non ratifichi un deliberato illegale ed eversivo che viola i
fondamenti stessi dello stato di diritto e della civilta' giuridica, che
viola i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 2 luglio 2009

5. DOCUMENTAZIONE. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE LEGGI
RAZZIALI IN ITALIA

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una
straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento
italiano al fascismo.
Non sempre sono state pero' conosciute in tempo.
In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni
aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un
dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni
passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si
riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far
arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al
Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme
discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si
vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli
ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta
centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti
previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di
un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza
vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene
sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.
Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita'
umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in
condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro
stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una
maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari"
diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri
e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi
razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei
loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro
bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste
misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse
una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune
umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori
regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi
internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si
basa la stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che
viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la
propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame,
Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

6. DOCUMENTAZIONE. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI DI
INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie
innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della
discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e
il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma
che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso
simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e
presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale.
La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua
sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella
dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta
irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema
ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata,
nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri
strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.
Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato
sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del
migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti
gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si
rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non
rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale,
ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di
migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato
discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di
eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia
penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme
di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di
ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio'
alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione
della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali
criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e
magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da
un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di
giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema
complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia
dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa
coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati"
(Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il
legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi
fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di
discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di
razionalita' finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu'
avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si
puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o
anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare
le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole
con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di
"mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995)
offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella
dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria
complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla
Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano
Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia,
Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio
Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi,
Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo
Zagrebelsky

7. AGENDA. OGNI PERSONA DI RETTO SENTIRE, OGNI ASSOCIAZIONE DEMOCRATICA,
OGNI ISTITUZIONE FEDELE ALLA COSTITUZIONE SCRIVA AL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA PER CONFORTARLO E SOSTENERLO NELLA DIFESA NITIDA E INTRANSIGENTE
DELLA LEGALITA' E DELL'UMANITA' CONTRO LA VIOLENZA RAZZISTA E SQUADRISTA

Per scrivere al Presidente della Repubblica l'indirizzo postale e':
Presidente della Repubblica, piazza del Quirinale, 00187 Roma; il fax:
0646993125; l'indirizzo di posta elettronica e':
presidenza.repubblica at quirinale.it ; nel web:
https://servizi.quirinale.it/webmail/
Ci si ricordi che, ovviamente, le lettere devono recare nome, cognome e
indirizzo preciso del mittente.

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2009
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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