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Minime. 855
- Subject: Minime. 855
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 18 Jun 2009 00:54:13 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 855 del 18 giugno 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: L'era dell'assurdo 2. Cinzia Gubbini: Sos diritti 3. Edi Rabini e Christine Stufferin: Con Narges Mohammadi e Taghi Rahmani 4. Annamaria Rivera: Per Ivan 5. Oggi a Torino 6. A Impruneta dal 27 luglio al primo agosto 7. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 8. Leyla Zana: Madre lingua 9. Mariagrazia Gerina: Ronde nere 10. Caterina Pasolini intervista Massimo Salvadori sulle "ronde" che esibiscono simbologie nazifasciste 11. Vincenzo Vasile: Introduzione a "Le nuove camicie brune" di Saverio Ferrari 12. Marco Bellonotto presenta le "Opere" di Ryszard Kapuscinski 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. L'ERA DELL'ASSURDO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento] Ogni tanto, perche' la realta' e' sempre piu' sfrenata della fantasia, scrivo lettere strambe indirizzate a sovrani, eccellenze religiose, reali ambasciate, uffici per la prevenzione del vizio. Sembra un viaggio nel tempo, e se proprio devo dire che tempo mi sembra, direi un'eta' oscura, confusa e violenta. L'era dell'assurdo, in cui spariscono compassione, logica, coscienza, e persino l'umile buonsenso. Perche' se le lettere suonano assurde fin dall'intestazione in cui sta scritto il destinatario, le storie che le provocano lo sono ancora di piu': una vedova di 75 anni viene frustata perche' si e' fatta portare cinque pagnotte dal vicino di casa, nipote tra l'altro del marito defunto, e cio' rivela per la polizia religiosa saudita l'intento di "commettere atti di corruzione"; una ragazza pakistana di 17 anni viene bastonata per strada, tenuta inchiodata a terra da quattro virtuosi talebani e battuta dal quinto, perche' accusata di avere una "relazione illecita"; una giovane femminista iraniana viene torturata in carcere per aver raccolto firme che chiedono al suo paese di garantire uguali diritti alle donne, e cosi' via. Sua Maesta', Sua Eccellenza e la Reale Ambasciata devono essere abbastanza stanchi di me, e in effetti anch'io lo sono un po' di loro. Ma la cosa piu' assurda di tutte e' che ben pochi altri si prendono la briga di disturbarli. Dopo l'omicidio di Sitara Achakzai, consigliera provinciale afgana e attivista femminista, nello scorso aprile, una delle mie amiche del luogo mi ha scritto: "Stiamo impazzendo. Non sappiamo mai chi sara' la prossima a subire un attentato, ad essere sfregiata dall'acido, mutilata, uccisa. La cosa terribile e' che al mondo intero questo sembra non interessare affatto". Sitara, un mese prima di essere assassinata, aveva organizzato per l'8 marzo un incontro di preghiera per la pace a cui avevano partecipato 1.500 donne. Chi l'ha uccisa si chiama Qari Yousef Ahmedi, portavoce talebano, che si e' vantato pubblicamente dell'omicidio. Non mi risulta che si trovi in carcere. Porgo le mie scuse a Vostra Altezza, a Sua Eccellenza, e Sua Eminenza, ma non mi si sono ancora consumati ne' inchiostro ne' spirito. 2. UNA SOLA UMANITA'. CINZIA GUBBINI: SOS DIRITTI [Dal quotidiano "il manifesto" del 13 giugno 2009 col titolo "Un telefono che sventa il razzismo quotidiano" e il sommario "Sicurezza. L'iniziativa 'Sos diritti' dell'Arci"] "All'inizio ci hanno chiamato soprattutto persone che ci chiedevano: ma mi devo sposare?". Le preoccupazioni che agitano la societa' italiana di fronte all'approvazione del pacchetto sicurezza a volte sono difficilmente registrabili. Poi qualcuno, per esempio i ragazzi dell'Arci, pensa che si possa mettere a disposizione un numero telefonico. Nasce cosi' - era febbraio - il numero "Sos diritti", una "linea amica" per chi vuole segnalare discriminazioni e atti di razzismo. E si scopre che del pacchetto sicurezza non fanno paura soltanto i medici o i presidi "spia" (anche quelli). Ma soprattutto il divieto di sposarsi con un immigrato senza permesso di soggiorno. Indicatore piu' che eloquente di quanto la societa' sia piu' avanti della politica: l'amore scocca con o senza documenti. "Ne sono arrivate davvero decine di telefonate cosi'. E noi cosa possiamo rispondere? Che se l'evento era gia' programmato o se almeno si pensa di essere davvero convinti, beh si'... conviene sposarsi subito". Valentina Itri e' la coordinatrice del centralino antirazzismo. Cosi' e' stato ribattezzato il numero 800999977 a cui rispondono tutti i giorni dal lunedi' al venerdi', dalle 9,30 alle 18,30, operatori qualificati. L'iniziativa dell'Arci e' nata in concomitanza con la campagna "Apriti agli altri. Non avere paura", che proprio ieri ha visto una raccolta straordinaria di firme a largo Argentina a Roma - presenti il presidente della Regione Lazio Marrazzo, quello della Provincia Zingaretti e il vicesindaco Cutrufo che rappresentava Alemanno - promossa da associazioni e sindacati. Ma l'iniziazione per il centralino arriva con un fatto concretissimo e soprattutto molto serio: un ragazzo senegalese che viene aggredito in pieno giorno nel mercato di via Sannio. Senza che nessuno muova un dito. Su un giornale legge che esiste questo servizio. E decide di rivolgersi al centralino. Per gli operatori e' il battesimo del fuoco: lo incontrano, gli presentano un avvocato, lo assistono e lo confortano nella sua decisione di sporgere denuncia. E' questa la funzione del centralino. Valentina, Nat, Rosaria e Elvis sono in grado di mettersi immediatamente in contatto con 16 interpreti e con gli avvocati, attraverso telefonate "in conferenza". Di chiamate fino a oggi ne sono arrivate circa 500. Raccontano un'Italia pericolosa, e un razzismo che si annida dove meno te lo aspetti. Una dottoressa moldava, laureata in Italia, ha dovuto ricorrere al servizio "Sos diritti" per ottenere l'iscrizione all'Ordine dei medici di Vicenza. Gli operatori si sono attaccati al telefono, chiamando a rotazione l'Ordine, il Ministero della salute, gli avvocati, inviando e-mail con tutti i riferimenti giuridici che attestavano il diritto della dottoressa ad accedere all'albo. Solo dopo molte insistenze e' stata iscritta. Poi c'e' la storia di un uomo ruandese, sposato con una donna italiana, che lavorava all'Inps. I colleghi avevano preso l'abitudine di fargli trovare attaccato sul monitor del computer i titoli dei giornali in cui si parlava degli ultimi sbarchi a Lampedusa. Lui ha chiamato il centralino per denunciare la cosa. "Era veramente demoralizzato, offeso, incredulo", racconta Nat. I ragazzi del centralino hanno cercato di incoraggiarlo a fare delle foto per arrivare a una denuncia formale. Ma lui ha preso un'altra strada: se ne e' andato. Si e' trasferito in Belgio, con la moglie e le due figlie. "Li' - ha detto - le coppie miste sono piu' normali". Oppure c'e' il caso della donna rumena vestita con un abito tradizionale per una festa, che il 10 febbraio a Roma e' stata fatta scendere a forza dall'autobus 23. Nessuno ha fatto niente per difenderla. Episodi di discriminazione che non risparmiano le sedi istituzionali. Arrivano telefonate da tutta Italia per denunciare che i Comuni si rifiutano di concedere la residenza anagrafica. Una cosa illegale. "Noi inviamo tutti i riferimenti giuridici - dice Valentina - e poi telefoniamo agli uffici. Quasi sempre riusciamo a farli iscrivere". Decine sono le chiamate delle persone rinchiuse nei centri di permanenza "e che denunciano condizioni di sovraffollamento e maltrattamenti", racconta Valentina. Voci che nessuno vuole ascoltare. Ma ora basta alzare il telefono. 3. SOLIDARIETA'. EDI RABINI E CHRISTINE STUFFERIN: CON NARGES MOHAMMADI E TAGHI RAHMANI [Da Edi Rabini (per contatti: edorabin at fastwebnet.it) riceviamo e diffondiamo] Dopo l'ancora non ufficialmente motivato ritiro del passaporto a Narges Mohammadi, destinataria del premio Alexander Langer 2009, nella notte tra sabato e domenica scorsi, dopo il contestato esito delle elezioni presidenziali, si e' aggiunto l'arresto del marito Taghi Rahmani, docente universitario molto stimato sia all'interno del paese che all'estero, che per sostenere le sue speranze in un Iran libero e democratico ha gia' trascorso in prigione un terzo della sua vita. La Fondazione li aspetta a Bolzano, dal 2 al 5 luglio prossimi, per intervenire alla cerimonia di consegna del premio e al festival "Euromediterranea", quest'anno quasi interamente dedicato all'Iran con un confronto tra qualificati conoscitori della realta' politica e culturale iraniana, come i professori Gianroberto Scarcia, Anna Vanzan, Dietmar Larcher, Anna Maria Gentili e i giornalisti e scrittori Giuliana Sgrena e Bijan Zarmandili. Narges Mohammadi e Taghi Rahmani sono attesi anche a Roma, il 7 luglio, per un incontro con il presidente della Camera, su iniziativa delle parlamentari nella Presidenza, cosi' com'e' divenuta tradizione con i precedenti premi Langer dal 1997 in poi, tra cui spiccano esponenti di un "islam plurale", declinato prevalentemente al femminile, come l'algerina Khalida Toumi Messaudi, la kossovara Vjosa Dobruna, il palestinese Sami Adwan, la bosniaca di Srebrenica Irfanka Pasagic, la somala Maana Suldaan. Per questo la Fondazione Alexander Langer unisce la sua voce a quella dei molti, singoli e rappresentanti di associazioni, che chiedono alle istituzioni internazionali di non lasciare inascoltate le richieste di legalita' e di trasparenza sull'esito del voto, che vengono dall'interno del paese e che alle persone arrestate e ai mezzi d'informazione venga restituita la liberta' di parola e di movimento. Con apprensione seguiamo, per quanto ci e' possibile, le notizie che in questi giorni e in queste ore ci giungono da un Paese che abbiamo imparato a conoscere meglio nella sua complessita' e ricchezza. Edi Rabini e Christine Stufferin per la Fondazione Alexander Langer 4. MEMORIA. ANNAMARIA RIVERA: PER IVAN [Ringraziamo Anna Maria Rivera (per contatti: annamariarivera at libero.it) per questo ricordo di Ivan Della Mea] Se penso ad Ivan - dice un compagno - mi tornano in mente i picchetti davanti alle fabbriche e le notti e le albe operaie punteggiate dalla sua voce. Se penso a lui - dice il compagno - ancora sento quello strano odore di ruggine e il sapore di cattivi caffe' e gli altoparlanti del sindacato che alternavano Montand con Della Mea "Amor, dammi quel fazzolettino" con le sue canzoni piu' intense. Se ci penso - dice il compagno - finanche i crumiri le nostre bestie nere acquistano un poco di dignita' nobilitati dal mio ricordo di quel tempo migliore. Se penso ad Ivan - gli rispondo - nel mio tempo non ci son piu' squarci e ferite perche' Ivan e' stato la colonna sonora che ha scandito e dato senso al fluire degli anni anche anni infelici ed oscuri. E dimora il senso nel suo perenne cercare e interrogare e provare a immaginare addirittura a vivere l'utopia gentile ed impervia d'un mondo dove quel che per approssimazione chiamammo comunismo e' anche rispetto e tenerezza per le creature umane e non umane e' anche ricerca e passione della bellezza e' anche gusto del gesto creatore e sovversivo che fa cominciare ogni cosa daccapo. E se penso a lui penso a una piccola utopia realizzata perche' Ivan ed io mai abbiam litigato mai uno screzio mai neppure un'asprezza di tono fra due di carattere tanto spinoso come dicono gli altri. Se penso ad Ivan penso a quel che ha scritto la mia nipotina piu' che trentenne: sono una che a sei anni gia' cantava "O cara moglie" e i dischi di Ivan li sceglieva da sola. Sono una che ora piange mentre ascolta l'Internazionale quella sua e di Fortini. Sono una che a sei anni da Ivan ha imparato che cantando si puo' dire la realta' rispettarla per lo meno un poco perfino cambiarla. Forse, caro compagno, il nostro avvenire non e' gia' tutto avvenuto, come tu temi, se ci sono nipoti e poi figli di nipoti ad amare Ivan quasi come noi lo abbiamo amato. 5. INCONTRI. OGGI A TORINO [Dal Centro studi "Sereno Regis" (per contatti: comunicazione at serenoregis.org) riceviamo e diffondiamo] Giovedi' 18 giugno 2009, alle ore 20,30, presso la sala Gandhi del Centro studi "Sereno Regis", in via Garibaldi 13 a Torino, si terra' un seminario su "Dalla religione sacrificale primitiva all'odierna cultura della guerra. Una lettura della violenza e della nonviolenza nel pensiero di Rene' Girard", con interventi di Nanni Salio (Centro Studi "Sereno Regis") e Marco Scarnera (Cantieri di pace). Fin dagli anni Sessanta la ricerca di Girard si e' distinta per le profonde analisi del desiderio mimetico e del meccanismo vittimario come strutture fondamentali delle societa' primitive e delle civilta' storiche. A partire dalle sue due opere principali (La violenza e il sacro e Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo) e dal saggio sull'antagonismo franco-tedesco, di recente traduzione (Portando Clausewitz all'estremo), verranno descritte le dinamiche della violenza e della nonviolenza nel comportamento umano e saranno esaminati insieme con le/i partecipanti alcuni esempi tratti dall'attualita' (come il conflitto israeliano-palestinese, l'etnicizzazione del crimine nei notiziari italiani, le campagne elettorali nelle democrazie occidentali e altri eventualmente proposti). * Per ulteriori informazioni: Centro studi "Sereno Regis", tel. 011532824 - 011549004, fax: 0115158000, e-mail: comunicazione at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org 6. INCONTRI. A IMPRUNETA DAL 27 LUGLIO AL PRIMO AGOSTO [Da Antonio Lombardi (per contatti: lombak at libero.it) riceviamo e diffondiamo] Dal 27 luglio al primo agosto si svolgera' alla Casa per la pace di Pax Christi ad Impruneta (Firenze) un laboratorio di formazione alla nonviolenza per giovani ed adulti (dai 18 anni in su). Il tema e' "Agire il conflitto senza svalutare: la nonviolenza come progetto". Gandhi chiamava "programma costruttivo" l'insieme organico di strategie ed obiettivi di cambiamento, liberazione e riconciliazione. Come parlare di programma costruttivo guardando ad un nuovo progetto di comunita' ma anche ad un nuovo modo di stare in relazione con se stessi e di vivere la fede? Come possiamo integrare dimensione personale, sociale e spirituale in un progetto di cambiamento orientato alla nonviolenza? Il depliant informativo e' disponibile sul sito della Casa per la pace: www.casaperlapace.it e del Centro per la nonviolenza nei conflitti: www.cenocon.it 7. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 8. KURDISTAN. LEYLA ZANA: MADRE LINGUA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 giugno 2009 col titolo "La madre lingua che intreccia lutti, tristezza, favole e spruzzi di felicita'", il sommario "Making worlds. Un percorso tra arte e storia che racconta identita', migrazioni e desideri di un popolo negato" e la nota redazionale "Leyla Zana e' stata deputata kurda, questo intervento e' tratto dal catalogo di Planet K (Creative Commons), evento collaterale della Biennale Arti Visive di Venezia 2009"] La lingua, la madre lingua, per un individuo, per un gruppo, per la societa', per una nazione e' importante quanto per la vita e per la morte. Ogni individuo fin dalla nascita e fino alla morte vive nella propria madre lingua lutti, gioie, favole, tristezza, felicita'. Impara a conoscere la vita nella sua madre lingua. La personalita' di un individuo e' forgiata dalla madre lingua. Che serve anche a far entrare in contatto con la societa' le proprie idee, sentimenti, pensieri. Chi viene allontanato dalla sua madre lingua non riuscira' ad usare bene altre lingue. Non riuscira' ad esprimere al meglio i propri sentimenti e le proprie idee. Privare una persona della propria lingua e' un atto di umiliazione, oltre che la violazione di un diritto fondamentale. Non esiste un'altra terra come quella kurda sottomessa all'assimilazione dei turchi, arabi e persiani. I bambini kurdi ogni giorno entrano a scuola negandosi. Inevitabili sorgono le domande sull'identita'. Chi sono? cosa sono? di dove sono? Siamo kurdi e siamo in Kurdistan. Noi da migliaia di anni apparteniamo a queste terre, abitiamo in queste terre. Oggi, nel XXI secolo, siamo quaranta milioni di persone. Ma nelle nostre terre siamo senza stato e senza costituzione. Nel 1639 la terra dei kurdi, per via dei dissensi tra ottomani e persiani, venne divisa in due con la complicita' dei paesi europei. Nel 1923 invece, con il Trattato di Losanna, e' stata divisa in quattro parti. I turchi dicevano: "Voi non siete kurdi, siete turchi della montagna", i persiani dicevano: "Noi siamo cugini, il nostro capo Kyros e' comunque cugino dei kurdi". Gli arabi hanno detto: "Apparteniamo tutti alla stessa religione, siamo tutti figli di Allah e siamo tutti musulmani. A cosa serve un'altra identita'. Non c'e' bisogno di lingua, storia, cultura: la religione basta". Ogni popolo viene riconosciuto con la propria lingua, storia, arte, acqua e terra. Tutto, dal dolore alle proteste, dalle preghiere all'arte, dalle canzoni alle maledizioni, viene imparato nella madre lingua... tutto questo e' quello che forgia l'identita' di un individuo, di un gruppo, di una nazione. Quando pensiamo all'emigrazione, inconsciamente dentro di noi proviamo tristezza. Difficilmente si lascia il proprio paese volontariamente. Si fa diventare il paesi di altri il proprio paese. Normalmente sono tre i motivi per cui le persone lasciano il proprio paese. Per fame, poverta', disoccupazione, disperazione. Oppure per motivi economici. La terza causa dell'emigrazione dipende dalla repressione, dalle difficolta' che lo stato pone a molte persone. L'emigrazione dei kurdi per la maggior parte non dipende da ragioni economiche o dalla poverta'. Le terre del Kurdistan sono fertili e ricche di acqua. Se altri stati non avessero attaccato i kurdi, non avessero cercato il loro annientamento, se non ci fosse stata la guerra, le torture, gli arresti di massa, i kurdi avrebbero continuato a vivere nelle loro terre. Oggi i kurdi chiedono pace. Ai paesi occidentali chiedono di spingere per il dialogo e la soluzione del conflitto. Molti kurdi chiedono di poter tornare nelle loro terre. Come tutti i popoli del mondo anche i kurdi vogliono vivere in pace, potendosi esprimere nella propria lingua, potendo condividere con tutti, con pari dignita', la loro cultura, esperienza, storia. 9. NERI RITORNI. MARIAGRAZIA GERINA: RONDE NERE [Dal quotidiano "L'Unita'" del 14 giugno 2009 col titolo "Dopo quelle padane ecco le ronde nere. Siamo 2.100. Sulle divise l'aquila e il sole con dodici braccia caro ai nazisti" e il sommario "Tra i capi Gaetano Saya, indagato per la 'polizia parallela' Dssa. Emanuele Fiano (Pd): Questo e' il risultato del decreto sicurezza"] Sono la risposta nera alle ronde padane. Indosseranno divise paramilitari color kaki con fascia nera al braccio, basco e aquila romana sul petto. Folklore nostalgico, finche' non trova uno scopo. La sedicente Guardia nazionale italiana sembra averlo trovato. Non appena il disegno di legge Maroni entrera' in vigore sono pronti a indossare la loro divisa. La presentazione ufficiale e' avvenuta ieri a Milano, durante un convengo del nuovo Movimento sociale italiano. I volontari, dicono 2.100, sono stati reclutati tra carabinieri e militari in congedo e non appena riceveranno il via libera si metteranno in marcia sotto la loro insegna: una ruota solare, simile alla svastica ma con dodici braccia. La stessa del nascente "Partito nazionalista italiano", neonata creatura politica sedicente "ultranazionalista". Di cui la Gni aspira a diventare il "braccio volontario". Loro assicurano che la politica "non c'entra". E che non si lasceranno guidare nella loro azione di pattugliamento da pregiudizi razziali: "Che sia un italiano o un extracomunitario a creare problemi non fa differenza". Una passo avanti rispetto allo statuto del Pni: "La cittadinanza italiana e il riconoscimento della religione Cristiana sono condizioni necessarie". Altro requisito imprescindibile, il giuramento al Capo. Gaetano Saya, la cui effigie campeggia nel sito della Gni. Con triplice titolo: fondatore del Msi, presidente del Pni, ispiratore della Gni. Guidata invece dall'ex colonnello dei carabinieri Augusto Calzetta. Gia' al fianco di Saya nella Dssa, sorta di polizia parallela. "Chi ha pensato, votato e acclamato il decreto sicurezza, si preoccupi del risultato ottenuto", commenta Emanuele Fiano (Pd) del Copasir. * Divise e nostalgia hanno fatto la loro apparizione ieri anche piu' a sud, in quel di Ardea e Latina. Divise della Wehrmacht e dell'Afrika Korps, con le svastiche nascoste tra gli artigli dell'aquila. A bordo di una camionetta coloniale hanno percorso la via Pontina, con tanto di scorta: macchina della Protezione civile-paracadutisti, in testa, in coda. E sirene spiegate al bisogno. Una processione che doveva essere molto piu' nutrita nelle intenzioni degli organizzatori. L'Associazione dei Paracadutisti d'Italia e il centro Studi Rsi. "Pare che una parte dei nostri si sia fermata a Cassino", spiega un signore che espone elmetti e granate d'epoca. Il pezzo pregiato e' uno stielgranade, una mazza di legno con punta in ferro. Lo stesso che il paracadutista della Nembo imbraccia nei manifesti "Battaglia per Roma, 65mo anniversario". Con tanto di patrocinio dei Comuni di Ardea, Latina e Roma. "Non abbiamo fatto in tempo a cancellare quello di Roma dopo il diniego e anche Latina ora l'ha ritirato", spiegano gli organizzatori, contenti dell'arrivo di Teodoro Buontempo. 10. NERI RITORNI. CATERINA PASOLINI INTERVISTA MASSIMO SALVADORI SULLE "RONDE" CHE ESIBISCONO SIMBOLOGIE NAZIFASCISTE [Dal quotidiano "La Repubblica" del 14 giugno 2009 col titolo "Lo storico Salvadori: l'aiuto ai cittadini e' solo un pretesto. Troppi richiami al fascismo sono un messaggio inquietante..."] "Sono ronde che mi inquietano, con divise che richiamano simboli fascisti, nazisti. Sono il segno che si moltiplicano in Italia, come nell'est-Europa, le organizzazioni paramilitari di una destra estrema e razzista". Massimo Salvadori, storico, docente all'universita' di Torino, e' preoccupato delle nuove ronde. * - Caterina Pasolini: Dicono di essere apolitici. - Massimo Salvadori: Le parole in questi casi servono solo per mimetizzarsi. Il vero profondo messaggio passa attraverso i simboli. * - Caterina Pasolini: Come l'aquila imperiale sul basco? - Massimo Salvadori: Appunto, sicuramente non e' un simbolo neutro, si ritrova nel fascismo, nel nazismo. Chiunque si richiami ad essa non puo' che tener conto della storia; di come, quando e chi l'ha usata. * - Caterina Pasolini: E la fascia nera al braccio col sole? - Massimo Salvadori: Chi in Italia agita il nero si richiama al ventennio, sceglie di proclamare la sua paternita' nel periodo fascista. Il sole e' usato nel misticismo nazista e si legge come la lotta della luce contro le tenebre, contro le forze del male che bisogna cacciare, mentre le divise kaki sono un chiaro richiamo militare. * - Caterina Pasolini: Sostengono che vogliono aiutare contro la delinquenza. - Massimo Salvadori: La sicurezza e' un argomento che spesso diventa pretesto per iniziative di carattere politico estremistico. Col pretesto di coinvolgere i cittadini si apre un pericoloso varco che sposta il baricentro della sicurezza dallo Stato a forze di natura ibrida che diventano fattore di degenerazione. Oltre a significare l'abdicazione dello Stato. 11. LIBRI. VINCENZO VASILE: INTRODUZIONE A "LE NUOVE CAMICIE BRUNE" DI SAVERIO FERRARI [Da "A. rivista anarchica", anno 39, n. 345, giugno 2009, col titolo "I neofascisti in Italia oggi" e il sommario "Si intitola Le nuove camicie brune. Il neofascismo oggi in Italia il libro di Saverio Ferrari, appena pubblicato dalle edizioni BFS (pp. 80, euro 6). Ferrari studia da anni il fenomeno delle destre radicali e si occupa di ricerche storiche relative agli anni della "strategia della tensione". In questa sua ennesima opera Ferrari esamina con estrema chiarezza i nuovi raggruppamenti, i riferimenti politici e culturali, le simbologie e i miti di un preoccupante fenomeno. L'introduzione e' di Vincenzo Vasile. Eccola"] Un paese smemorato L'Italia ha un vizio antico. Fatica a capire se stessa. Spesso non comprende la sua cronaca. Perche' ha sotterrato, come uno struzzo, la sua storia. L'Italia, in genere, e' smemorata. Non si ricorda di quel che e' accaduto appena ieri. Figurarsi quel che e' capitato ieri l'altro. Per esempio. Quando ricompare, a tratti - con una cadenza che sembra regolata da un piano, ma non lo e' - l'uso della violenza come arma della politica, ci si rifugia lungo due sentieri. Apparentemente comodi. Ma in realta' senza uscita. Convergenti, non paralleli. I due vicoli ciechi sono: la generica condanna, e la strumentalizzazione di parte. Questo vizio e' trasversale, accomuna la sinistra e la destra. Figurarsi il centro, che e' stato educato in fasce alla scuola democristiana degli "opposti estremismi". Prendiamo il caso - che a nostro avviso e' da considerare, ma in altro senso, speculare - del terrorismo rosso e delle stragi nere. A sinistra, sul finire degli anni Sessanta del secolo scorso, s'erano gia' scordati della retorica profusa a piene mani dall'ala anti-togliattiana del Pci in centinaia di testi e di comizi sulla Resistenza tradita. E quando apparvero le Brigate rosse, in molti si chiesero, ammiccando, se fossero "rosse" per davvero. In buona fede, o no, poco importa. A destra, negli stessi anni di piombo, fecero finta di essersi scordati - oppure s'erano davvero dimenticati? - come il cuore dei gruppi eversivi estremi del loro campo avesse battuto per qualche decennio sotto la facciata missina in doppiopetto. E che, tanto il "cuore nero" dei giovani di estrema destra, quanto la facciata istituzionale e parlamentarizzata del partito di Michelini e di Almirante, avessero vissuto lungamente e fossero cresciuti in corrispondenza di amorosi sensi con gli apparati "deviati" dello Stato. Cosi' ancor oggi gli ex fascisti dell'ala moderata, inglobati nel partito di Berlusconi, in parallelo con gli ex fascisti dell'ala estrema (di cui troverete il nuovo e complesso atlante storico-ideologico nelle pagine che seguono), distinguono il capello in quattro. Soprattutto, e non solo, in sede di sempre piu' frequente ricostruzione memorialistica: Avanguardia nazionale contro ordinovisti, e Terza posizione, e Mambro e Fioravanti, e il "gruppo veneto", piu' o meno movimentisti, piu' o meno organizzati, piu' o meno stragisti, piu' o meno fascisti, in definitiva, fascisti immaginari, fascisti per caso? Ne viene fuori, negli editoriali cerchiobottisti dei grandi giornali, in libreria e nei talk show, un confuso chiacchiericcio che ottunde la comprensione di una ricrescita attuale ed evidente - in condizioni nuove e versioni rivedute e corrette - del pericolo eversivo. Esso riprende, pur in assenza di uno dei riferimenti geopolitici che la vulgata corrente riterrebbe essenziale, la fine della divisione del mondo in due blocchi, la caduta del Muro. Questo libro di Saverio Ferrari ha il merito di contestare con ricchezza di documentazione e profondita' di analisi questo obnubilamento diffuso. Il fatto e' che manca un'efficace comprensione delle radici e delle prospettive di un'insorgenza inquietante e drammatica. Che - pure - occupa, a differenza del passato, prime pagine e titoli di testa dei telegiornali. Se ne riparla a ondate, con inquietudine o curiosita' folkloristica, una volta per le imprese violente degli "ultras" delle curve calcistiche, un'altra per le "strane" occupazioni di case sfitte in funzione anti-immigrati, uní'altra ancora per le brutalita' contro i cortei dell'Onda, o per le spedizioni punitive che tormentano, con cadenza sempre piu' frequente, i centri sociali. Sfuggono in questo modo, secondo noi, molteplici elementi di riflessione. 1) Anzitutto, il neofascismo del terzo millennio ricompare oggi nell'Italia berlusconiana in una veste apparentemente rinnovata e dotata di nuovo appeal nei confronti di estese fasce giovanili. Forza nuova, la piu' citata delle organizzazioni estremiste attualmente operanti in Italia, e i camerati che popolano il resto del nuovo arcipelago nero, si muovono in ordine sparso dentro a un orizzonte ideologico e politico che potremmo definire "filo-governativo". Nello stesso tempo ne interpretano una versione "frondista", quando non di aperta "opposizione". Dicono, forse, apertamente nelle loro riviste e nei loro manifesti quel che pensa, ma non dice, una parte grande della maggioranza parlamentare. Giocano da battitori liberi in materia di razzismo, di politiche sociali, di immigrazione, di ebrei, di ordinamenti scolastici e di organizzazione sociale dello Stato. 2) C'e' novita', e c'e' continuita'. Troverete in questo libro un'impressionante antologia di falsita' storiche e di orrori politici diffusi ormai, soprattutto sul web, senza freni. La polizia di Berlusconi - come abbiamo visto a piazza Navona, non solo su internet - sostanzialmente li lascia fare. E questo e' un importante e forse ancora inesplorato punto di contatto con l'esperienza degli anni Cinquanta e Sessanta: quando i governi centristi - ma anche il primo centrosinistra, condizionato da apparati inquinati e legati alla vecchia politica dell'ordine pubblico - non vollero e non seppero fermare i giovani "mazzieri" che assaltavano, praticamente indisturbati, i primi cortei pacifisti e le scuole piu' rosse. Fu questo "colpire nel mucchio", spesso all'ombra della protezione delle squadre politiche delle questure italiane, l'apprendistato di parecchi terroristi di destra, poi passati agli ordini di poteri occulti e torbidi, come risulta dalle accuse mosse a burattinai e burattini da "pentiti" e da "irriducibili" dell'eversione nera. 3) Pesa in questo frastagliato itinerario politico ed ideologico certamente il fatto che una parte di queste nuove formazioni, nella fase in cui il centrodestra era all'opposizione, abbia stipulato - a volte per romperli subito dopo, altre volte per riannodare legami piu' stretti - alcuni accordi elettorali, gestiti direttamente con il network di Arcore, scavalcando il partito di Gianfranco Fini. E' cronaca di qualche anno fa. L'abbiamo gia' scordata? Non ci puo' servire, forse, per capire il potenziale di ricatto e di pressione - anche sul sottogoverno delle amministrazioni locali, per ritagliarsi spazi e per campare - che la "lobby" della destra radicale puo' mettere in gioco? 4) C'e' un'altra novita', e in proposito il libro di Ferrari bisognerebbe farlo circolare nelle scuole. La camicia nera sta virando sempre di piu' verso il colore bruno. Sono sempre piu' nazisti, e sempre meno fascisti, i giovani affiliati ai gruppi eversivi della destra estrema. Le loro radici ideali - anche se questo termine puo' apparire inappropriato - traggono linfa in un retroterra culturale esoterico e misticheggiante che ha ben poco a che fare con la nostalgia "repubblichina" o di "regime" che scaldava i "cuori neri" qualche decennio addietro. Oggi tornano le croci celtiche, non solo tracciate sui muri delle nostre citta', ma anche al collo di qualche sindaco in grisaglia. E tornano i caratteri runici nei "loghi" e nei manifesti elettorali (cfr. il capitolo dedicato al tema del ritorno dei simboli neonazisti). 5) Sorge a tale proposito un dubbio, un cattivo pensiero. Che dietro certe professioni di "afascismo" degli ex fascisti istituzionali si nasconda - oltre che qualche sincera resipiscenza - anche qualche strizzata d'occhi verso il proliferare tra i "giovani di area" di tante camicie non piu' nere e sempre piu' brune? Inseguire la destra piu' radicalizzata, antisemita, filonazista, nel nome di istanze sociali e di generica comprensione del disagio giovanile, potrebbe rivelarsi infatti per i colonnelli meno "finiani" dell'ex Alleanza Nazionale un calcolo politico non banale. Un'utile carta da tenere in serbo nella manica. Soprattutto se in futuro l'imprevedibile capo del neonato "Popolo delle liberta'" continuasse a pretendere mano libera all'estrema destra. Se Berlusconi si ostinasse a voler fare tutto da solo, il moderato e l'ultra', se Fini si ostinasse a coltivare la chimera del Quirinale, c'e' insomma nelle retrovie un piccolissimo e tumultuoso - oltre che deluso - esercito giovanile che puo' sempre tornare utile, in caso di redde rationem. Queste e altre riflessioni si possono trarre dal denso volumetto che vi apprestate a leggere. Non ultimo l'inquietante sospetto e l'apprensione che vengono generati dal ricorrere di troppo dirette e numerose filiazioni e ascendenze dei nuovi "cuori neri" con la vecchia genealogia di consistenti frange dello stragismo italiano. Navigando oggi per molti siti web ritrovate certe facce e certi nomi, Pier Luigi Concutelli, Luigi Ciavardini - evocati come miti positivi, comandanti militari, innocenti perseguitati, modelli viventi di esistenza e battaglie - che pensavamo di potere ormai relegare negli archivi della nostra memoria, tra noi addetti ai lavori dei misteri e delle trame d'Italia. E l'avremmo fatto, lo faremmo volentieri, come si suole fare al mattino per liberarci di un incubo dopo una notte troppo lunga e tormentata. Se non fosse utile e sempre piu' necessario, viceversa, esercitare il dovere della memoria e della ricerca storica. Per contrastare una magmatica e violenta deriva di cui purtroppo e' prevedibile che torneremo presto a dover parlare. 12. LIBRI. MARCO BELLONOTTO PRESENTA LE "OPERE" DI RYSZARD KAPUSCINSKI [Dalla newsletter dell'"Osservatorio ligure sull'informazione" (per contatti: newsletter-oli at olinews.it) col titolo "La ricetta di Kapu: curiosita', amore e rispetto"] Il prezzo quasi proibitivo (55 euro) e la veste tipografica (i prestigiosi Meridiani Mondadori) non ne consentono certo una agevole lettura sotto l'ombrellone. Eppure la tentazione di consigliare il volume delle Opere del grande reporter polacco Ryszard Kapuscinski (1932-2007) e' forte. L'inquieto Kapuscinski inizio' al principio degli anni Sessanta a raccontare "l'altro" rispetto alla pacificata e sazia Europa, vale a dire l'Africa delle guerre di liberazione anticoloniali: Ghana, Congo, Mozambico, Algeria, Angola ("l'Africa era un enigma, un mistero, nessuno sapeva che cosa sarebbe successo quando trecento milioni di individui avrebbero alzato la schiena e chiesto il diritto di parola"); le guerre dei poveri in America Latina, e poi l'Etiopia di Haile' Selassie' I, l'ultimo Negus (il libro che rivelo' il suo straordinario talento), l'Iran di Khomeini ma anche il declino e la caduta dell'Unione sovietica descritta nelle suggestive pagine di Imperium. In ogni libro si avverte l'urgenza di testimoniare eventi capitali come la decolonizzazione, le rivoluzioni (ne segui' ben ventisette) e di capire le persone che aveva di fronte (i suoi modelli furono da una parte il new journalism americano e dall'altra lo storico greco Erodoto). L'unico modo per farlo era quello di mischiarsi alla folla quando ascolta i discorsi del leader ghanese Kwame Nkrumah, viaggiare insieme ai guerriglieri angolani (si veda il bellissimo Ancora un giorno, non compreso nel Meridano), aggirarsi nei mercati messicani. Atteggiamenti, i suoi, privi di indulgenza verso l'esotismo e di compiacimento per il terzomondismo (che invece infatuo' molti intellettuali occidentali coevi). "Kapu" ha rischiato molte volte la vita ed era anche consapevole dei limiti del proprio mestiere: "il volto della guerra non e' comunicabile. Ne' con la penna, ne' a voce, ne' con la macchina da presa. La guerra e' una realta' solo per chi sta conficcato tra le sue sporche, disgustose e sanguinolente interiora. Per gli altri e' solo una pagina di libro, un'immagine sullo schermo". Ma - come ha detto bene Goffredo Fofi - non basta essere curiosi per diventare un buon giornalista. E' necessario anche "l'amore per il prossimo, il rispetto per le persone di cui si scrive". E' questo - oltre a una innata vocazione di narratore - che ha fatto di Kapuscinski uno straordinario testimone del Novecento; e' questa la lezione che noi dobbiamo cogliere. * Ryszard Kapuscinski, Opere, a cura di Silvano De Fanti, traduzione di Vera Verdiani, Milano, Mondadori, 2009; Id., La prima guerra del football e altre guerre di poveri, Milano, Feltrinelli, 2002 (da cui ho tratto la prima citazione, p. 16); Id., In viaggio con Erodoto, ivi, 2005; Id.; Ancora un giorno, ivi, 2007 (da cui ho tratto la seconda citazione, p. 97). 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 855 del 18 giugno 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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