Nonviolenza. Femminile plurale. 253



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 253 dell'11 giugno 2009

In questo numero:
1. Cecilia Attanasio Ghezzi: Le madri di Tienanmen
2. Lettera delle Madri di Tienanmen al Congresso del popolo cinese

1. MEMORIA. CECILIA ATTANASIO GHEZZI: LE MADRI DI TIENANMEN
[Dal quotidiano "Il sole 24 ore" del 31 maggio 2009 col titolo "Noi, madri
di Tienanmen"]

Sono circa 150 le madri di Tienanmen. Ovvero il gruppo che raccoglie i
familiari delle vittime del massacro di Piazza Tienanmen. Fu fondato nel
1991 da Ding Zilin: all'epoca era un membro del Partito e docente di
filosofia all'Universita' del Popolo di Pechino. Ma soprattutto madre di un
ragazzo di diciassette anni, ucciso nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989.
Oggi ha 73 anni, nel 2003 e' stata anche candidata al Nobel per la pace, e
continua a guidare questo movimento che ogni anno aggiorna la lista dei nomi
delle vittime - a oggi sono 194 i caduti riconosciuti. Imprigionate,
costrette agli arresti domiciliari e sottoposte a sorveglianza costante, le
madri di Tienanmen presentano dal 1995 una petizione ai delegati del
Lianghui, l'assemblea annuale che riunisce il Congresso nazionale del popolo
e il Comitato centrale dell'Assemblea consultiva politica. Chiedono che
venga aperta un'inchiesta sui fatti del 4 giugno per ristabilire la verita'
storica, determinare le responsabilita' politiche e predisporre i
risarcimenti per le vittime e per i loro familiari. Fino a oggi,
inascoltate. Domenica 17 maggio c'e' stata una commemorazione privata per le
vittime: hanno partecipato 50 familiari ma Ding Zilin e suo marito sono
stati bloccati a casa dalla Polizia di Stato. Se si fossero recati alla
commemorazione, la Polizia avrebbe revocato il permesso alla manifestazione.

2. DOCUMENTI. LETTERA DELLE MADRI DI TIENANMEN AL CONGRESSO DEL POPOLO
CINESE
[Dal quotidiano "Il sole 24 ore" del 31 maggio 2009 col titolo "Lettera
delle Madri di Tienanmen al Congresso del popolo cinese"]

Sono passati vent'anni dal massacro del 4 giugno.
A Pechino, quel giorno le autorita' cinesi uccisero residenti e pacifici
dimostranti, violando gravemente la costituzione del nostro Paese e
l'obbligo internazionale, per ogni stato sovrano, di farsi garante dei
diritti umani. In nome dei diritti personali e di cittadinanza sono stati
commessi crimini contro l'umanita'.
Da allora, le autorita' governative hanno sminuito l'evento nominandolo solo
attraverso la sua data, "il 4 giugno". Hanno inoltre proibito ai compatrioti
e ai media di discuterne.
La Cina, come fosse una casa di ferro [citazione dalla "Chiamata alle armi"
del padre della letteratura moderna cinese, Lu Xun] chiusa ermeticamente,
trattiene in se' le voci sul 4 giugno e impedisce gli sfoghi degli invalidi
e dei parenti delle vittime, ne soffoca i lamenti, i pianti e gli urli.
Voi, delegati riuniti per il Lianghui, voi membri del Comitato solennemente
riuniti, riuscite oggi a sentire tutto il dolore che proviene dal 4 giugno?
Riuscite a sentire i gemiti sofferenti dei familiari delle vittime? Da
allora le macchie di sangue e i proiettili sono spariti e hanno fatto posto
a piante esotiche. La piazza e' stata trasformata in un luogo pacifico e
opulento. Pensate che questo possa nascondere i crimini commessi quel
giorno? Pensate che possa eliminare la sofferenza dei parenti delle vittime
che si rinnova anno dopo anno?
No, questo non e' assolutamente possibile! Il 4 giugno non deve essere
ricordato ne' come "un incidente politico" ne' come "un grave incidente
politico". Quella piazza e' il luogo della vergogna e deve essere ricordata
come la piazza dei crimini contro l'umanita'. Non importa quanto forte sia
il potere che abbiamo di fronte, nessuno puo' negare che vent'anni fa le
armi automatiche e i carri armati hanno spazzato via centinaia di giovani
vite. Questo fatto e' orribile!
*
Gli anni trascorsi non sono pochi, sono sufficienti alla crescita di una
generazione. Una generazione che sta crescendo senza aver vissuto e senza
poter ricordare quella carneficina. Una generazione che non sa cosa
significa essere massacrati in una citta' sotto assedio e neppure conosce la
desolazione che ne segue.
In questi vent'anni si sono susseguite quattro generazioni di leader. Voi
delegati riuniti per il Lianghui, voi membri del Comitato, anche voi siete
cambiati, sessione dopo sessione. Nonostante la situazione storica sia
profondamente diversa, sembra che ai leader del Paese e del Partito continui
a far comodo che il ricordo del 4 giugno sia debole, quasi fosse un evento
avvenuto nella notte dei tempi.
Anche su questo le Madri di Tiananmen non sono d'accordo. Noi crediamo che
la nazione non si possa permettere di determinare in maniera vaga la natura
del 4 giugno.
La versione iniziale della "soppressione della ribellione
controrivoluzionaria" e quella successiva ed edulcorata della "crisi
politica" devono attenersi ai fatti e permettere alla verita' di venire alla
luce. Se si accetta che Deng Xiaoping, allora presidente della Commissione
militare del Comitato centrale del Pcc, sbaglio' a dare inizio alla
"soppressione della ribellione controrivoluzionaria", allora bisogna
rinnegare la prima versione, correggere la procedura legale che l'ha
permessa e annunciarlo all'intera societa'. Non e' ammissibile che
persistano ancora fraintendimenti sull'"incidente politico".
*
Il proposito delle madri di Tiananmen e' questo: dire tutta la verita',
risolvere la questione e non credere a nessuna bugia. Noi abbiamo chiesto
subito un'inchiesta, abbiamo chiesto a chi di dovere di riesaminare
l'accaduto, di tornare a verificare che nessuno dei 194 caduti noti sino ad
oggi ha commesso alcuna violenza. Loro sono parte delle vittime innocenti
massacrate in piazza, sono morti per la giustizia e noi, per loro, dobbiamo
tornare a discutere di giustizia. Non ci fermeremo fino a quando non
l'avremo ottenuta. Il nostro futuro, altrimenti, dovra' fare i conti con i
fantasmi di quei morti.
Dal 1995 ogni anno le vittime e i familiari delle vittime del massacro del 4
giugno scrivono all'assemblea del popolo proponendo tre punti per risolvere
la questione del 4 giugno:
- aprire un'inchiesta sugli incidenti del 4 giugno ovvero annunciare
pubblicamente il numero delle vittime e compilare una lista con i nomi delle
persone morte;
- fornire una spiegazione a ciascuno dei familiari e risarcirli secondo la
legge;
- scrivere un rapporto sul massacro del 4 giugno e determinarne le
responsabilita'.
Tutto cio' si puo' sintetizzare in tre parole: verita', risarcimento e
responsabilita'.
Noi abbiamo sempre aderito e continueremo ad aderire ai principi di pace e
ragionevolezza. L'appello al Lianghui e alle autorita' governative e' uno
strumento in accordo con i principi democratici e con le procedure
istituzionali, e' un modo per cercare di dialogare su una soluzione
imparziale della questione del 4 giugno.
*
Per analizzare, spiegare e risolvere l'impasse del 4 giugno e per proseguire
su una via pacifica, noi nel 2006 abbiamo proposto, in base al principio
"fai prima cio' che e' facile e poi cio' che e' difficile", di rimandare ad
un momento successivo le grosse controversie e i problemi su cui non e'
possibile trovare un accordo rapidamente.
Prima di tutto chiediamo di:
- cancellare le restrizioni personali e i controlli alle vittime e ai
parenti delle vittime del 4 giugno;
- permettere ai parenti dei martiri di esprimere pubblicamente il dolore per
i loro cari;
- non intercettare ne' confiscare piu' le donazioni e gli aiuti umanitari
che vengono alla nostra associazione sia dal nostro Paese sia dall'estero e,
quindi, restituire l'intero importo degli aiuti congelati;
- pretendere che il dipartimento del governo predisposto allo scopo, in
conformita' con l'etica di assistenzialismo, trovi lavoro e dia garanzie per
uno stile di vita dignitoso alle vittime;
- eliminare la nota politica di demerito ai disabili del 4 giugno. Bisogna
inoltre riservare ad essi un'indennita' sociale e pubblica e un trattamento
senza discriminazione come avviene di norma per le altre persone
diversamente abili.
*
Ancora nel 2008 ci siamo rivolti ai delegati del Lianghui per affermare che
il dialogo sta sostituendo il conflitto in tutto il mondo. Anche il governo
cinese, negli affari internazionali, preferisce il dialogo come mezzo di
soluzione di dispute e ostilita'. Noi abbiamo molti argomenti e chiediamo
alle autorita' governative di risolvere le dispute e le ostilita' interne
alla societa' cinese con lo stesso metodo. Se bisogna trovare un accordo
sulla questione del 4 giugno e' meglio che il dialogo sostituisca il
conflitto. Questo metodo gioverebbe anche a tutte le minoranze etniche e ai
compatrioti dell'assemblea plenaria. Piu' dialogo significa piu' cultura e
piu' legalita' e, quindi, meno ignoranza e presunzione. Dialogo non
significa indirizzare la societa' contro i nemici ma significa indirizzare
la societa' verso la pace e la riconciliazione. Usare il metodo del dialogo
per risolvere la questione del 4 giugno e' l'unico modo per pacificare la
societa' su un accordo condiviso.
E' passato un altro anno e, come al solito, non abbiamo ricevuto risposta.
*
Il presidente Hu Jintao, in un recente discorso pubblico si e' chiesto:
"Sosteniamo o no la popolazione? La assistiamo? La rendiamo felice? Siamo in
grado di rispondere ai problemi esistenti con l'istituzione di politiche
generali e specifiche?". Diamo il nostro benvenuto a queste problematiche,
ma noi continueremo a proporre al Congresso nazionale del popolo, al
Comitato centrale dell'Assemblea consultiva politica, all'intera nazione e
in special modo a Pechino, di rompere il tabu' del 4 giugno e di promuovere,
per una volta, un vasto sondaggio di opinione sugli eventi del 4 giugno per
vedere cosa rispondono le masse. Pensiamo che questo obiettivo non sia
difficile da raggiungere.
Nel cuore delle masse cinesi e' tutto chiaro. Il massacro del 4 giugno e' il
rivestimento di ferro costruito con abilita' dal leader di seconda
generazione Deng Xiaoping sull'intera nazione, dalle masse al leader
massimo. La nazione e' accecata dal prestigio di cui ancora gode Deng
Xiaoping e preferisce abbandonare le novita' per non cambiare il principio
secondo cui "il partito determina la composizione del governo".
Questa e' la questione piu' difficile. L'interpretazione del 4 giugno come
una "soppressione della ribellione controrivoluzionaria" ha lasciato il
posto a quella che vede accadere "un serio incidente politico", ma nella
pratica non e' cambiato nulla.
Per questo abbiamo bisogno che i delegati mostrino il coraggio e
l'intelligenza politica necessari a superare un tabu'. Bisogna discutere
della terribile tragedia avvenuta venti anni fa per risolvere, alla luce dei
fatti, la questione del 4 giugno.
Se questo accadra', la gente comune ne ricevera' beneficio per i prossimi
mille anni.
26 febbraio 2009
Seguono 127 firme e i nomi delle 19 persone che hanno partecipato a questa
ventennale battaglia ma che sono nel frattempo decedute.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Numero 253 dell'11 giugno 2009

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