Minime. 846



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 846 del 9 giugno 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La lotta continua
2. Severino Vardacampi: Il rapimento di Europa e l'ora della nonviolenza
3. Lea Melandri: Donne
4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
5. Alessandro Leogrande presenta "Schiavi contemporanei" di E. Benjamin
Skinner
6. Chiara Zamboni presenta "Al mercato della felicita'" di Luisa Muraro
7. Letture: Erasmo, Contro la guerra
8. Riletture: Joseph de Finance, Etica generale
9. Riletture: Jose' Carlos Mariategui, Sette saggi sulla realta' peruviana
10. Riletture: Jose' Carlos Mariategui, Sette saggi d'interpretazione della
realta' peruviana
11. Riletture: Jose' Carlos Mariategui, Lettere dall'Italia e altri scritti
12. Riletture: Jose' Carlos Mariategui, Avanguardia artistica e avanguardia
politica
13. Riedizioni: Andrea Riccardi, L'inverno piu' lungo
14. Riedizioni: Lev S. Vygotskij, Storia dello sviluppo delle funzioni
psichiche superiori
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LA LOTTA CONTINUA

Continua la lotta per la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Continua la lotta per la difesa della biosfera.
Continua la lotta per la fratellanza e la sorellanza universale.
Con la forza della verita'.
Con la forza dell'amore.
Col rispetto per i viventi.
La nonviolenza e' in cammino.

2. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: IL RAPIMENTO DI EUROPA E L'ORA DELLA
NONVIOLENZA

Innanzitutto calma e gesso.
Piu' cresce l'astensione piu' i risultati elettorali diventano un terno al
lotto, giacche' essi sono determinati in larga misura dalle minoranze
organizzate e dalle retoriche vincenti perche' piu' ipnotiche (e comunque
gli effetti di quelle retoriche sono volatili, e la risposta dell'opinione
pubblica alle sollecitazioni delle minoranze organizzate e' volubile);
restano certo poi i sempre piu' relativamente ristretti bacini elettorali di
insediamento - territoriale, clientelare, ideologico - e quelli non li
smuovi neanche a cannonate. Inoltre ogni elezione e' caso a se', ogni
elezione ha le sue modalita' di voto, ogni elezione suscita o spegne
peculiari emozioni e interessi, e cosi' via.
Questa premessa per dire che chi trae conseguenze pretesamente ultimative
dai risultati delle elezioni europee (risultati che sono peraltro altra cosa
anche da quelli delle amministrative - di cui qui adesso non ci occupiamo),
annunciando mutamenti epocali, letteralmente non sa di cosa parla.
Figurarsi.
Ad esempio: l'exploit della Lega e' fortemente surdeterminato dal vasto
astensionismo al sud; la presunta "scomparsa della sinistra" e' una
sciocchezza che non tiene conto del dato cumulativo dei voti alle 4 liste
dei partitini e mozziconi di essi che non hanno raggiunto singolarmente il
4% ma che nell'insieme superano il 9; e nel voto a Di Pietro e all'Italia
dei valori vi e' molto di sinistra (una sinistra che deve fare i conti con i
tratti autoritari e notabiliari di quella esperienza dai caratteri inoltre
sovente arcaici e volgari, prepolitici e populisti, trasformisti e
qualunquisti, con esiti talora assai discutibili e fin inaccettabili, ma
evidentemente comunque piu' credibile - almeno nell'affermare il primato
della legalita' contro l'eversione dall'alto - dei gruppi dirigenti corrotti
e corruttori dei partitini ad un tempo estremisti e clientelari, anomici e
immoralisti); e cosi' via, direbbe Kilgore Trout.
*
Dai risultati delle elezioni europee l'estrema destra italiana golpista e
razzista al governo esce rafforzata.
Quella parte della Dc che fa riferimento a Casini e a Franceschini (ed al
cui seguito si e' ridotto cio' che resta di quello che una volta era
l'apparato del Pci cosi' ampiamente insediato nelle istituzioni e nella
societa') persiste, immortale ed eternamente disponibile ad ogni avventura
in base all'antico principio "O Francia o Spagna purche' se magna".
Escono disfatti i partitini della ex "sinistra radicale", ex "sinistra
arcobaleno", ex sinistra tout court; ma escono disfatti per la tracotanza e
l'idiozia dei loro gruppi dirigenti dediti all'autocannibalizzazione,
poiche' - dicevamo - se si mettessero insieme i voti dispersi dalle quattro
listarelle annichilite a sinistra (e il cielo sa quanto male ne pensiamo dei
vertici di quei partiti, ma anche quanto siamo consapevoli che chi li vota
e' di frequente tra le persone migliori che in questo paese vi siano) si
arriva al 9% dei voti espressi, e scusate se e' poco.
Peraltro la sconfitta delle burocrazie corrotte di quei partitini-camarilla
favorira' ancor piu' la loro degenerazione assessorile e clientelare ed
insieme teppistica, e il servile degradarsi dei loro stolidamente
compiacenti, esplicitamente corrotti o vilmente prostituiti cortigiani.
Nulla se ne cavera' di buono.
L'unica lista antiberlusconiana che ottiene un grande successo e che
raccoglie anche e forse soprattutto un voto democratico e di sinistra e'
quella di Di Pietro. Con i suoi profondi limiti e le sue gravi ambiguita',
ma anche con il suo appello all'impegno contro l'eversione dall'alto
berlusconiana.
Infine: se si sommassero i voti dell'elettorato che in qualche modo e misura
si e' espresso contro il golpe razzista del blocco governativo il risultato
non sarebbe affatto catastrofico. La catastrofe e' nel ceto politico, molto
piu' che nel corpo elettorale - pur anch'esso ovviamente in larga misura
scotomizzato e fin maciullato da decenni di plagio televisivo berlusconiano
di massa.
Ma certo l'ulteriore spostamento a destra del quadro parlamentare europeo e
della rappresentanza italiana in esso e' un problema reale, e drammatico; e
la perdita di alcuni europarlamentari (peraltro in alcuni casi significativi
neppure ricandidati) con cui poteva interagire la societa' civile impegnata
nelle lotte sociali (le lotte per la pace, i diritti e l'ambiente; le lotte
contro sfruttamento, inquinamento, guerra e maschilismo; le lotte tradite e
disertate dai partitini anzidetti) e' una perdita secca.
*
Ovviamente non c'era una lista della sinistra della nonviolenza, femminista
ed ecologista, socialista e libertaria (e serviva come il pane). Si e' persa
cosi' un'altra occasione, dopo quella delle politiche dello scorso anno, ma
tant'e'.
L'assenza di una lista della sinistra della nonviolenza ha fatto si' che non
avessero un riferimento adeguato e persuasivo le tante persone che avrebbero
voluto votare contro la guerra e in difesa della Costituzione, per i diritti
umani di tutti gli esseri umani e per l'opposizione nitida e intransigente
ad ogni potere violento e criminale.
Finche' non diventa consapevolezza comune tra le persone amanti della
giustizia e della liberta', della solidarieta' e della dignita' propria ed
altrui, che la sinistra e la sua lotta puo' rinascere in Italia e nel mondo
solo assumendo la scelta della nonviolenza come fulcro della sua proposta
politica e della sua azione concreta, non si cavera' un ragno dal buco, come
si dice.
Ma anche su cosa sia l'oggetto che designamo con il nome "nonviolenza"
occorrera' intendersi. La nonviolenza di cui parliamo nulla ha a che vedere
con quell'insieme di pratiche narcisistiche e cialtrone, onanistiche e
subalterne, puerili e vigliacche, carrieriste e parassitarie, che si
pretende di spacciare per "nonviolenza" da parte di tanti imbroglioni; la
nonviolenza e' l'esatto contrario di tutto cio'.
La nonviolenza e' la lotta politica delle oppresse e degli oppressi per una
societa' di persone libere e solidali, eguali in diritti e doveri e tutte
responsabili.
La nonviolenza e' la lotta politica delle oppresse e degli oppressi per la
riforma morale e intellettuale necessaria e urgente per salvare l'umanita' e
la biosfera dalla catastrofe.
La nonviolenza e' la lotta politica delle oppresse e degli oppressi contro
l'oppressione e la menzogna; la lotta politica la piu' nitida e
intransigente, la piu' adeguata e coerente, la piu' accudente e misericorde.
La lotta politica. Delle oppresse e degli oppressi. Per l'umanita' intera,
che e' una e una soltanto.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

3. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: DONNE
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul
quotidiano "L'altro" del 5 giugno 2009 col titolo "Ne' sedotte ne'
seduttrici"]

Le donne non sono ne' sedotte ne' seduttrici, ne' vittime innocenti di un
potere che si e' appropriato dei loro corpi e delle loro menti, ne' maliarde
disposte a usare contro l'uomo le loro "potenti attrattive". Ma questa e'
l'immagine, contraddittoria, che con poche eccezioni e' stata data di loro
nel corso dei secoli e che ancora oggi affiora incontrastata nel discorso
pubblico.
Sono uscite di recente due inchieste che dicono, sostanzialmente, quanto
grande sia la percentuale di donne che condividono le opinioni e i
comportamenti piu' detestabili dei maschi: stando all'indagine condotta
dall'Airs, l'associazione italiana per la ricerca in sessuologia, riportata
in apertura da "L'Altro" il 24 maggio 2009, il 33% pensa che e' colpa delle
donne stesse se vengono violentate o picchiate; in uno studio americano,
raccontato dal "New York Times", il mobbing subito dalle donne nei posti di
lavoro sarebbe per il 70% praticato dalle proprie simili ("La Repubblica",
27 maggio 2009).
La complicita' femminile nel condividere, a proprio danno, logiche di potere
e di violenza del sesso maschile continua a stupire, a sollevare
interrogativi, come se fosse un evento inaspettato e dalla cause misteriose.
Non sembra destare invece alcuna meraviglia che delle donne si possa dire
una cosa e il suo contrario, considerarle una minaccia o una salvezza: la
sessualita', "la colpa dell'uomo divenuta carne" o la sua redenzione, come
scriveva all'inizio del '900 nella sua lucida e tragica misoginia il
filosofo viennese Otto Weininger, morto suicida a ventitre' anni.
Le attese nei loro confronti sono pari, per quantita' e pesantezza, alle
ingiurie materiali e ideologiche di cui sono state fatte oggetto. Gli uomini
hanno sempre dialogato solo con se stessi, e, quando le donne hanno preso
parola pubblica per dire del paradosso di un potere che passa attraverso i
corpi e le esperienze piu' intime degli esseri umani, hanno chiuso le
orecchie per non sentire.
Da oltre un secolo, il femminismo si interroga su cosa abbia comportato per
le donne essere state espropriate del loro essere, a partire dal corpo e
dalla sessualita', costrette a pensare se stesse e il mondo attraverso
l'unica intelligenza che ha avuto cittadinanza nella storia. Da questa lunga
ricerca di autonomia dal pensiero unico che ha finora guidato la civilta'
nel suo sviluppo, non sono emersi ne' il femminile innocente mitizzato dagli
adoratori ottocenteschi delle madri, come Bachofen e Michelet - la risorsa
di umanita' integra capace di rigenerare la stanca tempra dell'uomo -, ne'
la figura di una replicante ben ammaestrata.
Nell'accostamento a una individualita' femminile sottratta ai ruoli imposti
e a stereotipi alienanti, si e' potuto capire, a dispetto di tutte le
semplificazioni, che molte restano le zone indecifrabili dove si incrociano,
nel rapporto tra i sessi, l'amore e la violenza, la debolezza e la forza, il
condizionamento biologico e la storia, l'adattamento e la scelta, la
tenerezza e la rabbia, la dipendenza del figlio e il privilegio del padre.
Nessun uomo pensa seriamente che le donne siano esseri deboli e indifesi,
corpi passivamente arresi alla potenza virile, avendole conosciute, nel
momento del maggior bisogno e della maggiore inermita', come madri,
generatrici prodighe di cure, e iniziatrici ai primi piaceri sessuali.
Come si puo' pensare che di una capacita' biologica diventata, attraverso il
ruolo imposto di madre, moglie, amante dell'uomo, l'arma spuntata di un loro
inequivocabile potere, le donne non si sarebbero servite?
Perche' avrebbero dovuto rinunciare a usare a loro vantaggio quelle che agli
occhi del dominatore apparivano "potenti attrattive" - la sessualita' e la
maternita' -, tenute percio' ferocemente sotto controllo? Come potevano
sopportare una sorellanza che si prospettava solo come condizione di miseria
e di schiavitu', quando l'unico modo per sottrarvisi era la rivalita'?
Finche' la ragione su cui si fonda la subalternita' delle donne e' anche,
inspiegabilmente e contraddittoriamente, la loro unica moneta di scambio -
un corpo generoso di vita, di cure, di piaceri sessuali -, ogni giudizio
volto a esaltarle per dignita' e abnegazione, o a screditarle per
spudoratezza, non puo' che nascondere un fondo di ipocrisia, soprattutto da
parte di chi, come l'uomo e la cultura che porta il suo segno, in qualunque
forma economica, politica, sociale si sia espressa, non sembra aver tenuto
in alcun conto il terremoto che ha scosso le vite delle donne e, attraverso
di esse, saperi, poteri e istituzioni, costruiti senza di loro. In assenza
di un processo analogo di liberazione da parte dell'uomo, costretto comunque
a recitare il copione di una virilita' anacronistica, anche la piu' estesa
presenza delle donne oggi sulla scena pubblica e' destinata a
"femminilizzare" il mondo sulla base di modelli tradizionali, di
donne-oggetto sessuale, madri e mogli irreprensibili, androgini o donne
mascolinamente competitive.
Lo sbarramento che la cultura femminista si e' trovata di fronte, proprio
nel momento in cui la crisi dell'economia e della politica spingevano verso
il cosiddetto "valore D" - ripescaggio confuso di doti femminili, trattate
alla stregua di un capitale imprevisto, a portata di mano -, rischia di
produrre ulteriori divisioni e ferite anche la' dove si era delineata una
socialita' e una solidarieta' inedite tra simili.
Se si vuole che questo non accada, e' necessario dire con chiarezza che non
ci ingannano la valorizzazione di un "femminile" che fa comodo a un modello
di sviluppo senza via d'uscita, la cooptazione di un seguito di donne fedele
e rassicurante, l'aggrappamento narcisistico a corpi "giovani e belli",
spacciato per palingenesi della politica.
Cio' significa, per un altro verso, trovare il coraggio di sottrarsi ai
tabu' che neanche il femminismo ha saputo evitare, al conformismo ideologico
che induce a parlare di "liberta'" femminile anche la' dove ci sono segni di
antiche schiavitu'.
Sull'amore, come illusione di armonia al di la' di ogni sopportabile
sopruso, sulla maternita' come potere femminile di infantilizzazione e
indispensabilita' all'altro, sulla bellezza come arma di sfida e moneta
spendibile sul mercato della televisione, della pubblicita' e oggi della
politica, non si e' detto ne' abbastanza ne' con sincerita' cio' che si
pensa, per timore di essere etichettate come moraliste o per il dubbio che
su quegli equilibri alienanti, tra imposizione e adattamento, le donne
contino ancora per un loro legittimo posto nel mondo.

4. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

5. LIBRI. ALESSANDRO LEOGRANDE PRESENTA "SCHIAVI CONTEMPORANEI" DI E.
BENJAMIN SKINNER
[Dal quotidiano "Il Riformista" del 5 giugno 2009 col titolo "Abusi sessuali
e lavori forzati. La schiavitu' non e' finita. Reportage. Einaudi pubblica
Schiavi contemporanei di E. Benjamin Skinner. Un'inquietante inchiesta sul
traffico e lo sfruttamento di esseri umani nel mondo. Dall'Africa
all'Occidente, oggi il numero delle vittime e' il piu' alto di sempre. E
nonostante crescano le denunce, in meno del 10% dei casi si arriva a una
condanna"]

Oggi nel mondo ci sono piu' schiavi di quanti ve ne fossero prima della
Guerra di Secessione, piu' che in qualsiasi altra epoca del passato. Ci sono
schiavi del lavoro forzato. Ci sono schiavi del sesso, o meglio "schiave del
sesso" perche' nella quasi totalita' sono donne, e sono le ultime tra gli
ultimi. Vi sono schiavi per debito, e schiavi bambini. Sono milioni. Da
questo assunto inquietante muove il corposo reportage di E. Benjamin Skinner
Schiavi contemporanei. Un viaggio nella barbarie, ora tradotto in italiano
per Einaudi, dopo essere uscito negli Usa all'inizio del 2008 con il titolo
A Crime so Monstrous.
Skinner ha viaggiato per cinque anni dalle Americhe all'Africa, e
dall'Europa al subcontinente indiano, per concludere che un nuovo fronte
abolizionista, che attraversi i paesi e i continenti, e' quantomai
necessario. Testimonia in prima persona come sia possibile acquistare per
pochi dollari bambini poveri ad Haiti o, per poche migliaia di euro, donne
costrette a prostituirsi nelle periferie di Bucarest o nei villaggi della
Moldavia. Racconta la schiavitu' che si tramanda di generazione in
generazione nell'India piu' povera (spesso perche' non si e' in grado di
saldare un vecchissimo debito di modesta entita'). Incontra le vittime e i
loro aguzzini. Narra di chi e' riuscito a ribellarsi e a gridare la sua
storia, ma anche di chi non ce l'ha fatta, venendo sommerso da un
incredibile intreccio di degrado e violenza. Il mondo che descrive con viva
partecipazione non e' un cumulo di detriti del passato, bensi' una
componente sempre piu' vasta (e inquietante) del panorama socio-economico
globale. La schiavitu', uno dei crimini piu' orrendi, rende economicamente.
Quanto a profitti, il traffico internazionale di esseri umani e' secondo
solo al traffico di droga, e le nuove mafie - i nuovi imprenditori dello
schiavismo - hanno fiutato l'affare.
"Uno schiavo", scrive Skinner, "e' una persona costretta a lavorare con
l'inganno e sotto la minaccia della violenza, senza compenso all'infuori di
quanto necessario alla sua sopravvivenza". Ma sarebbe errato considerare
tutto questo una cancrena del Sud del mondo, che si alimenta e riproduce al
di fuori dei confini dell'Occidente, e che quindi - in buona sostanza - non
ci riguarda.
Sarebbe sbagliato per almeno due motivi. Il primo e' che un mondo in cui
c'e' anche un solo schiavo e' un mondo infame: pertanto e' giusto esercitare
pressioni su tutti gli Stati, potenti e meno potenti, in cui questo crimine
ancora esiste. Il secondo e' che la riduzione in schiavitu' (e non solo
delle schiave del sesso) e' una pratica che si sta pericolosamente
allargando all'interno delle societa' occidentali. Skinner racconta in
pagine raccapriccianti come si esercita il controllo totalitario sul corpo e
sulle menti delle migliaia di donne romene o moldave che in questi anni sono
state costrette a prostituirsi nelle nostre citta'. Ma l'inquietante novita'
e' che la schiavitu' si ripresenta nella nostra societa' anche sotto forma
di lavoro forzato: tra i nuovi braccianti come nel silenzio della servitu'
domestica. Non riguarda tutto il mondo dell'immigrazione, e neanche tutto il
mondo dell'immigrazione "irregolare", ma un suo sottoinsieme specifico
(appena una settimana fa, a Rosarno, tre imprenditori agricoli sono stati
arrestati con l'accusa di riduzione in schiavitu' di lavoratori africani).
Contro il nuovo schiavismo si sta organizzando un nuovo fronte
antischiavista. Uno dei protagonisti di Schiavi contemporanei e' John
Miller, una stramba figura di repubblicano anti-reaganiano che ha diretto
per anni l'Ufficio per il monitoraggio e la guerra al traffico di esseri
umani di Washington e che si e' battuto strenuamente perche' tale lotta
divenisse uno dei primi temi nell'agenda politica. Skinner descrive
ampiamente il dibattito americano sulle nuove schiavitu', come questo si sia
orientato dopo le leggi anti-tratta promulgate da Clinton nel 2000, e - nel
farlo - coglie un punto essenziale.
Sotto l'autorita' del neocon Michael Horowitz (dalle cui posizioni Miller si
e' poi discostato) si e' creata una strana alleanza tra conservatori
cristiani e alcune associazioni femministe che ha orientato la lotta
antischiavista unicamente sul fronte "prostituzione" sostenendo, in toni
piu' moralistici che realistici, e piu' per rafforzare la lotta contro il
sesso a pagamento che per sconfiggere le mille metastasi delle nuove
servitu', che la schiavitu' riguarda unicamente le prostitute, e che ogni
prostituta e' una "schiava del sesso". Allargando il campo, Skinner racconta
come a fianco di questa posizione, sia all'interno del Partito democratico
che all'interno dello stesso Ufficio di Miller, se ne sia elaborata
un'altra, piu' articolata.
Per quanto la schiavitu' sessuale sia la piu' visibile, e spesso la piu'
ignominiosa, riguarda meno della meta' dei casi. Esiste anche una schiavitu'
da lavoro, ed essa e' strettamente intrecciata al generarsi delle nuove
poverta'. In questo caso, combattere la tratta richiede altri mezzi, come la
capacita' ad esempio - oltre che liberare gli schiavi in catene - di
generare forme di microcredito. Non solo: le nuove schiavitu' si combattono
attaccando i trafficanti e gli schiavisti. Per questo sono importanti leggi
piu' precise, e processi piu' certi. E qui quello che Skinner racconta, e le
riflessioni che avanza, valgono per gli Stati Uniti come per l'Italia.
Anche in Italia, con la legge 228 del 2003, e' stato riformulato il reato di
riduzione in schiavitu', secondo un'accezione molto simile a quella proposta
da Skinner in questo libro: facendo leva sull'idea di costrizione fisica e
psicologica, sull'inganno e sull'assenza del benche' minimo pagamento. Anche
da noi, come negli Usa, le denunce per riduzione in schiavitu' si sono
moltiplicate. Ma il sentiero giuridico e' piu' che accidentato: in meno del
10% dei casi si riesce ad arrivare al rinvio a giudizio, e in una
percentuale ancora piu' bassa a una sentenza di condanna in primo grado.
Questo ci dice non solo che e' difficile incastrare i nuovi schiavisti,
perche' e' difficile provare un reato che spesso avviene nell'ombra, e su
scala transnazionale, ma che e' di estrema importanza proteggere le vittime
dalle minacce dei loro aguzzini per garantire loro la possibilita' di
denunciarli. E' fondamentale far intravedere alle vittime un altro orizzonte
di vita, un diverso reinserimento sociale, perche' altrimenti il rischio di
ricadere nello stesso girone da cui si e' miracolosamente usciti diventa
elevato.

6. LIBRI. CHIARA ZAMBONI PRESENTA "AL MERCATO DELLA FELICITA'" DI LUISA
MURARO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 giugno 2009 col titolo "Desiderare
l'impossibile" e il sommario "Testimonianze sulla liberta' oltre il
presente. Il legame fra le parole e le cose, il possibile e l'inaudito.
Esercizi esistenziali di pratica politica per sottrarsi alla rapacita' del
potere. Desiderio, esperienza e realta' nell'ultimo libro di Luisa Muraro"]

Luisa Muraro ha scritto un libro che lega la passione per la politica con
l'amore per la lingua dell'esperienza e con l'orientamento all'impossibile,
a Dio, all'assoluto attraverso la via del desiderio. E' uno scandalo, in un
momento in cui il quadro politico e' cosi' deteriorato, l'esperienza sembra
sempre piu' fantasmatica, evanescente, la parola Dio e' rinchiusa nei
recinti arroccati delle appartenenze religiose e il termine desiderio e' la
linea sottile di confine tra i desideri di oggetti consumabili e il
desiderio di infinito.
Parlo di Al mercato della felicita'. La forza irrinunciabile del desiderio
(Mondadori, pp. 170, euro 17,50). Lo si puo' leggere seguendo un doppio
movimento. Il piu' evidente e' quello di una scrittura ricca di narrazioni,
frammenti poetici, tagli teorici, riflessioni filosofiche, immagini e
aneddoti biografici, che tiene assieme, con precisa intenzione, la
concretezza dell'esperienza e l'illuminazione del pensiero. L'altro
movimento, piu' interno, e' quello che ci inizia - noi che leggiamo - alla
politica del simbolico, cioe' al libero andirivieni tra parole e cose, che
Muraro ci indica come la possibilita', la leva per vivere in modo sensato e
libero in presenza del potere, aprendo vie che aumentino il senso d'essere.
Possiamo accedere a questa iniziazione, se ci impegniamo a riguadagnare
sempre di nuovo quell'andirivieni tra le parole e le cose che nell'infanzia,
con la lingua materna, risultava cosi' semplice e facile e che ora richiede
amore, lavoro, attenzione.
*
Superare il recinto dei fatti
La mia impressione e' che con questo libro Luisa Muraro voglia attrezzarci a
un percorso che e' si' politico, ma coinvolge tutta la nostra vita,
fornendoci gli strumenti che lei ritiene necessari e che ha imparato per
sensata esperienza e nel suo lungo viaggio con il femminismo. Tra i piu'
importanti: la fiducia nelle parole, nel tesoro che esse possiedono, che se
pure in parte viene sfruttato dal potere, rimane a disposizione della nostra
inventiva; la meditazione su quelle verita' che non hanno un contenuto
argomentabile, ma richiedono attenzione per essere capite; la fedelta' al
desiderio orientato all'impossibile, quando illumina la nostra esistenza e
ci porta ad inventare nuove strade concrete, senza farsi misurare subito dal
calcolo dei risultati.
Muraro tiene conto delle teorie politiche che parlano di un potere
onnipervasivo e di resistenza al potere, come anche delle teorie
neocontrattualiste, ma quel che qui presenta non e' un'altra teoria politica
da affiancare a queste. Si tratta piuttosto di seguirla in un vero e proprio
"ribaltone", cioe' nel dislocamento esistenziale a cui ci invita. Ci offre
come modello la vita delle donne, di cui parla Margherita Porete ne Lo
specchio delle anime semplici, testo centrale della mistica medievale. Sono
donne che hanno oltrepassato il recinto dei fatti misurabili e si sono
aperte per amore all'infinita disponibilita' dell'essere. Eppure la loro e'
una vita ordinaria, molto simile a quella di ognuno di noi, fatta di un
vissuto che si nutre di esperienze e di pratiche, senza mai aderire
ideologicamente ad un credo religioso. La loro qualita' e' stata di farsi
guidare da un desiderio di infinito a cui hanno dato voce con uno stile di
vita tessuto di pratiche, discorsi, gesti, cosi' da diventare usanza, abito
sociale.
Naturalmente Muraro sa bene che noi viviamo in un secolo frammentato, nel
quale non c'e' una fede condivisa, profondamente diverso dunque dal tempo in
cui hanno vissuto queste donne. Eppure e' proprio questa la scommessa che ci
propone di raccogliere: non una teoria politica, ma, come queste donne, la
fedelta' all'esperienza, il trovare le parole adeguate e precise che la
accompagnino e la possibilita' che tutto questo divenga vita quotidiana,
abito, stile, modo di vivere concreto. Con la fiducia che questo sia
possibile oggi nel contesto completamente diverso in cui ci troviamo a
vivere, e che cio' ci sottragga alla rapacita' del potere e alla vita povera
di chi gli e' soltanto e troppo semplicemente contro.
Nel suo libro Luisa Muraro apre dei conflitti. E per aiutarsi nella sua
battaglia, a sorpresa convoca al suo fianco come alleato Paolo di Tarso. Un
alleato insolito, ma un amico necessario per mostrare come da persecutore
dei seguaci di Gesu' si possa diventare, per un evento modificante, apostolo
tra gli apostoli. La parola di Gesu', da impensato che rompe i codici dati,
diventa allora per Paolo un mistero, qualcosa di indicibile, che lo guida
negli atti di una esistenza orientata da un impossibile, da qualcosa che
egli ama e desidera, senza sapere bene cosa sia e senza pensare di farne una
religione. Paolo e' per Muraro un alleato perche' le permette di mostrare
che e' la fiducia in questo mistero che lo rende libero nei confronti della
legge, di cui lui, ebreo, sapeva bene l'importanza. Cosi' come lo rende
indipendente dal potere, da cui non cerca credito. La strada che egli segue
per migliorare la convivenza e' quella di un arricchimento della vita
interiore: le vie della trasformazione storica passano attraverso il vissuto
piu' intimo e viscerale.
Tutta la vita ne viene trasformata. L'amore per il mistero di un impossibile
che fa da bussola ha come effetto quello di rendere superflua - usando
parole contemporanee - la divisione tra etica e conoscenza, tra teoria e
prassi, perche' l'esistenza stessa nel suo complesso ne risulta orientata.
E' chiaro che per una pensatrice come Luisa Muraro, che viene da un percorso
femminista, il primo evento che da impensato diventa qualcosa da interrogare
continuamente e' stato ed e' l'aver accolto l'essere donna, come eccedente
la parola stessa "donna". Un evento che ha messo in moto un'esistenza, una
ricerca di mediazioni, nel riconoscimento che c'e' sempre qualcosa che va
oltre qualsiasi nome si possa adoperare per dire quella singolarita' che
ognuna di noi incarna.
*
Il fruttuoso imprevisto
L'altro conflitto che il libro apre e' sul senso della realta'. Muraro
combatte contro chi considera la realta' oggettivita', oggettivazione,
fatto, e la vede piuttosto nel continuo rilancio della soggettivita' e nella
contrattazione tra esperienza e capacita' di dire. E in tale continuo va e
vieni tra le parole e le cose occorre dare credito anche a cio' che affiora
dall'inconscio, che non ha segno di realta' come un fatto, ma si colloca tra
realta' e sogno, senza che si possa fare una distinzione netta tra verita' e
finzione. E' in questo contesto che diventa essenziale il tema del desiderio
per capire il senso politico del discorso di Muraro. E' il nostro desiderio
infatti a nutrire la realta' e a farla essere.
Sappiamo quanto il femminismo abbia battuto con insistenza sul fatto che il
desiderio e' leva di trasformazione politica. A questa affermazione Muraro
offre uno spessore ontologico. In sintonia con il pensiero di Simone Weil,
afferma che la realta' comprende, oltre che il possibile, anche
l'impossibile, l'inaudito, il non mai udito ne' pensato nei codici fino qui
adoperati. Tutto questo e' il reale. E non si tratta di una mossa solo
intellettuale: desiderare l'impossibile, l'assoluto, cio' che non ha misure
gia' date e gia' codificate nei linguaggi dominanti, comporta la
modificazione di se' in una direzione di cui non conosciamo l'esito. E'
tutta la nostra esistenza che cambia e si orienta. Muraro cita a un certo
punto Manuela Fraire: "La cosa importante non e' il desiderio di qualcosa,
ma il rapporto e la trasformazione di se' che si opera per via del
desiderio". A questo proposito Muraro ricorda una bella immagine della
mistica persiana: quella di una vecchia che offre tutto cio' che ha di piu'
prezioso, i gomitoli di lana colorata, per cio' che desidera di piu' e che
non potra' mai comperare solo con i suoi gomitoli. Ma la mistica insegna che
impegnare per amore il poco che si ha, permette di moltiplicare il poco in
molto non sul piano immediato dell'oggetto da possedere, ma sul piano di
tutta una vita che si apre in mille invenzioni, scoperte, parole, imprevisti
fruttuosi.
*
Le parole del vissuto
Le pagine piu' dense di questo libro sono a mio avviso quelle dedicate
all'esperienza. Sappiamo quanto il senso da dare all'esperienza sia stato e
sia un nodo cruciale, una vera e propria croce sia della filosofia classica
sia del femminismo, che su questo punto misurano la massima distanza tra
loro. Per Muraro non si tratta di spiegare la realta' con teorie generali
ne' di trovarne i fattori causali: piuttosto di avere molta cura nel
prestare attenzione alle cose, a quel che capita, ai sentimenti che si
provano e a trovare le parole giuste per accompagnare quel che si e'
vissuto.
E dunque non si tratta soltanto di contrastare il sapere specialistico, ma
anche quel sapere critico che si limita a decostruire modelli di pensiero, e
quel pensiero postmoderno che scioglie l'esperienza in puro immaginario. Per
una politica del simbolico il nodo cruciale e' saper dare voce
all'esperienza, trovare le parole accurate, precise, poetiche, che ne
sappiano moltiplicare il valore. Allora essa si potenzia e noi con essa;
allora godiamo dell'essere come dono. Senza la preoccupazione di durare nel
tempo.
Leggendo questo libro, ogni pagina sembra dischiudere una visione e cosi'
passo dopo passo si comprende che non c'e' conclusione. Ed e' questo che
attira l'attenzione sullo sprofondare nell'interiorita' da parte di chi
scrive. Muraro non argomenta in modo lineare, c'e' piuttosto un
inabissamento in se' che la apre ad altro da se', con grande attenzione e
amore per le parole poetiche, che fluidificano il testo e sciolgono il
pensiero.

7. LETTURE. ERASMO: CONTRO LA GUERRA
Erasmo, Contro la guerra, Mondadori, Milano 2008, pp. 112, euro 7. Il
libriccino, curato e introdotto da Massimo Jevolella, offre (a un largo
pubblico ed a poco prezzo, e questo e' il suo merito) gran parte di tre
testi erasmiani, ma lega in un unico testo i due maggiori saggi pacifisti
del grande intellettuale senza soluzione di continuita' e senza segnalare
dove finisce l'uno e comincia l'altro, ne' i tagli operati (cucitura e tagli
peraltro inammissibili: una mutilazione che il grande filologo non
meritava). Sobbarcandoci alla bisogna, segnaliamo che da p. 17 a pp. 22
riproduce la Confessio militis, da p. 23 a p. 56 riproduce larga parte della
Querela pacis, da p. 56 a p. 109 riproduce larga parte del Dulce bellum
inexpertis. I tre testi, ed altri ancora, erano anche nella bella edizione
curata da Eugenio Garin per le Edizioni cultura della pace di padre Balducci
nel 1988 (un volume che meriterebbe una nuova vasta diffusione).

8. RILETTURE. JOSEPH DE FINANCE: ETICA GENERALE
Joseph de Finance, Etica generale, Tipografica meridionale, Cassano Murge
(Bari) 1991, pp. 496, lire 32.000. Pubblicato originariamente in latino nel
'59, rivisto e ampliato per l'edizione in francese del '67, nuovamente
ampliato in occasione dell'edizione italiana, questo trattato del teologo e
filosofo gesuita (1904-2000) che fu lungamente docente alla Gregoriana e
illustratore illustre del tomismo, e' ancora un'opera di grande interesse,
"la cui lettura", mi diceva iersera il mio buon maestro e sodale Annibale
Scarpante lunghesse le consuete nostre abbondanti libagioni all'osteria di
Iaiotto, "financo noi, che pur siamo ateisti irriducibili e irredimibili,
consiglieremmo ai giovani in cerca di un orientamento di metodo e deontico,
e ai non piu' giovani altresi'".

9. RILETTURE. JOSE' CARLOS MARIATEGUI: SETTE SAGGI SULLA REALTA' PERUVIANA
Jose' Carlos Mariategui, Sette saggi sulla realta' peruviana, Einaudi,
Torino 1972, pp. C + 550. A cura di Robert Paris e nella raduzione di Bruno
Mari e Gabriella Lapasini, il capolavoro del 1928 del grande pensatore
marxista latinoamericano (1894-1930), con una scelta di altri scritti
(autobiografici, teorici e sull'Italia).

10. RILETTURE. JOSE' CARLOS MARIATEGUI: SETTE SAGGI D'INTERPRETAZIONE DELLA
REALTA' PERUVIANA
Jose' Carlos Mariategui, Sette saggi d'interpretazione della realta'
peruviana, Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2006, pp. 360, euro 14. Nella
traduzione di Laura Bordignon e con un'introduzione di Adolfo Sanchez
Vasquez una piu' recente edizione italiana dei Siete ensayos.

11. RILETTURE. JOSE' CARLOS MARIATEGUI: LETTERE DALL'ITALIA E ALTRI SCRITTI
Jose' Carlos Mariategui, Lettere dall'Italia e altri scritti, Editori
Riuniti, Roma 1973, pp. LXXII + 384. A cura di Ignazio Delogu, le prime
duecento pagine presentano vari scritti di Mariategui sull'Italia (in cui
visse tra il 1919 e il 1922) e le quasi duecento restanti sul Peru' (anche
con ampi estratti dai Siete ensayos).

12. RILETTURE. JOSE' CARLOS MARIATEGUI: AVANGUARDIA ARTISTICA E AVANGUARDIA
POLITICA
Jose' Carlos Mariategui, Avanguardia artistica e avanguardia politica,
Mazzotta, Milano 1975, pp. 224. A cura di Antonio Melis, una raccolta di
scritti di argomento artistico e letterario redatti con l'acuta capacita' di
interpretazione complessiva, filosofica e politica, propria dell'autore
esercitata anche nella pubblicistica breve e occasionale.

13. RIEDIZIONI. ANDREA RICCARDI: L'INVERNO PIU' LUNGO
Andrea Riccardi, L'inverno piu' lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i
nazisti a Roma, Laterza, Roma-Bari 2008, Societa' europea di edizioni,
Milano 2009, pp. XX + 402, euro 6,90 (in supplemento al quotidiano "Il
giornale"). Un libro notevole che raccomandiamo. L'autore, oltre che valente
storico e docente universitario, e' uno dei fondatori ed animatori
dell'assai benemerita Comunita' di Sant'Egidio.

14. RIEDIZIONI. LEV S. VYGOTSKIJ: STORIA DELLO SVILUPPO DELLE FUNZIONI
PSICHICHE SUPERIORI
Lev S. Vygotskij, Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori,
Giunti, Firenze 1974, 2009, pp. X + 240, euro 8,50 (in supplemento alla
rivista "Psicologia contemporanea"). Il volume ripropone i cinque capitoli
pubblicati postumi nel 1960 dell'opera vygotskijana del 1931 restata inedita
fino ad allora (e solo nel 1983 apparvero gli altri dieci capitoli). Un
classico della psicologia.

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 846 del 9 giugno 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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