Minime. 845



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 845 dell'8 giugno 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Contro il razzismo, contro la guerra, contro la devastazione della
biosfera
2. Quelli che
3. Cosa non e' la nonviolenza
4. Cosa e' la nonviolenza
5. Augusto Cavadi: Dopo Auschwitz
6. L'assemblea annuale dell'Associazione italiana amici di Neve' Shalom -
Wahaat as Salam
7. Ruba Salih: I paradossi della cittadinanza palestinese
8. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
9. Vanni Codeluppi presenta "Nomi, cose, citta'" di Arnaldo Greco
10. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi
11. Riletture: Silvia Vegetti Finzi (a cura di), Psicoanalisi al femminile
12. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Marina Catenazzi, Psicoanalisi ed
educazione sessuale
13. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte
14. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Volere un figlio
15. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Anna Maria Battistin, A piccoli passi
16. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Anna Maria Battistin, I bambini sono
cambiati
17. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Anna Maria Battistin, L'eta' incerta
18. Letture: Silvia Vegetti Finzi, Quando i genitori si dividono
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. CONTRO IL RAZZISMO, CONTRO LA GUERRA, CONTRO LA DEVASTAZIONE
DELLA BIOSFERA

Scriviamo queste righe dopo il voto per le elezioni europee e le
amministrative, ma prima che siano noti i risultati.
Quali che essi siano occorrera' continuare la lotta contro il razzismo,
contro la guerra, contro la devastazione della biosfera. Contro il regime
della corruzione, contro i poteri criminali. In difesa dei diritti umani di
tutti gli esseri umani.

2. LITANIE. QUELLI CHE

Quelli che sono pacifisti "senza se e senza ma" ma sono favorevoli alla
partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che sono costruttori di pace ma sono favorevoli alla partecipazione
italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che sono antimilitaristi ma sono favorevoli alla partecipazione
italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che sono per la nonviolenza ma sono favorevoli alla partecipazione
italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che insegnano la nonviolenza ma sono favorevoli alla partecipazione
italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che le parole di Isaia ma sono favorevoli alla partecipazione
italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che l'internazionalismo proletario ma sono favorevoli alla
partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che la Costituzione non si tocca ma sono favorevoli alla
partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che la vita umana e' sacra ma sono favorevoli alla partecipazione
italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che "Tutti i diritti umani per tutti" ma sono favorevoli alla
partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che parlano parlano parlano come rubinetti rotti ma sono favorevoli
alla partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che tacciono tacciono tacciono come semafori spenti ma sono
favorevoli alla partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan.
Quelli che a tutto sono contrari ma sono favorevoli alla partecipazione
italiana alla guerra in Afghanistan.
Gli assassini. I corrotti. I corrotti complici degli assassini.

3. LE ULTIME COSE. COSA NON E' LA NONVIOLENZA

Tutti questi gran corsi di formazione, convegni, seminari, cattedre,
riviste, libri, siti, musei e accademie, gitarelle e scorpacciate,
spettacolini folclorici ad uso dei media, proliferare di variopinte
associazioni dalle roboanti o pagliaccesche etichette, acrobatiche
arrampicate sociali a spese dal pubblico erario, non sono la nonviolenza.
La nonviolenza e' la lotta delle oppresse e degli oppressi contro l'oppressi
one e la menzogna.
*
Gandhi non organizzava seminari, non pietiva finanziamenti pubblici, non
promuoveva carriere nei ranghi delle istituzioni imperiali, non ammanniva
prebende.
Gandhi organizzava la lotta delle oppresse e degli oppressi contro
l'oppressione e la menzogna.
*
La lotta delle oppresse e degli oppressi contro l'oppressione e la menzogna.
La lotta la piu' nitida e intransigente, la piu' adeguata e coerente, la
piu' accudente e misericorde.

4. LE ULTIME COSE. COSA E' LA NONVIOLENZA

La nonviolenza e' Mohandas Gandhi in carcere sotto l'impero.
La nonviolenza e' Aldo Capitini in carcere sotto il fascismo.
La nonviolenza e' Danilo Dolci in carcere sotto il regime della corruzione
alleato alla mafia.
La nonviolenza e' Martin Luther King in carcere sotto il regime della
segregazione.
*
La nonviolenza e' Rosa Luxemburg in carcere durante la prima guerra
mondiale.
La nonviolenza e' Margarete Buber Neumann imprigionata nei gulag di Stalin e
nei lager di Hitler.
La nonviolenza e' Hannah Arendt in esilio.
La nonviolenza e' Simone Weil che organizza la Resistenza.
*
La nonviolenza e' Socrate atenienese assassinato.
La nonviolenza e' Gesu' di Nazareth assassinato.
La nonviolenza e' Marianella Garcia assassinata.
La nonviolenza e' Chico Mendes assassinato.
*
La nonviolenza e' la lotta delle oppresse e degli oppressi contro
l'oppressione e la menzogna.
La lotta la piu' nitida e intransigente, la piu' adeguata e coerente, la
piu' accudente e misericorde.

5. LIBRI. AUGUSTO CAVADI: DOPO AUSCHWITZ
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: e-mail: acavadi at alice.it, sito:
www.augustocavadi.eu) per averci messo a disposizione il seguente articolo
apparso sulla rivista "Centonove" del 5 giugno 2009]

Un recente viaggio ad Auschwitz e Birkenau (per accompagnare un gruppo di
sindacalisti della Filca-Cisl in qualita' di consulente filosofico) mi ha
indotto a riprendere in mano due libri istruttivi.
*
Il primo - Il flauto d'osso. Lager e letteratura, La Giuntina, Firenze
1996 - e' stato scritto da Stefano Zampieri e, a dodici anni dalla
pubblicazione, non ha perduto una pennellata di smalto. Con uno stile
personalissimo, che attraversa e scompiglia i generi letterari abituali,
consente al lettore di entrare nel mondo inimmaginabile dei campi di
concentramento e di sterminio in compagnia di alcuni degli autori che ne
sono usciti vivi, anche se segnati indelebilmente nell'anima (cioe'
nell'intimo del corpo): Primo Levi, Elie Wiesel, Robert Antelme, Aldo Carpi,
Paul Celan, Jean Amery, Victor Frankl, Liana Millu, Bruno Bettelheim. A
parte la fruibilita' - anzi la godibilita' - delle pagine, si tratta di
un'operazione preziosa perche' e' una sorta di salvataggio al quadrato: la
testimonianza degli autori - che hanno scritto per evitare che quegli eventi
affondassero nel mare dell'oblio - va adesso, a sua volta, preservata
dall'oblio. E non soltanto per pietas nei loro confronti. Quando si assiste
allo smembramento progressivo dei legami sociali, allo sfaldamento delle
organizzazioni partitiche e sindacali, come non "vedere il Lager come un
estremo" piuttosto che "come una eccezione"? "La realta' che in esso si e'
prodotta e' un effetto di coerenza radicale della societa' nazista la quale,
a sua volta, non fu un semplice errore della storia, non fu la follia
collettiva di milioni di uomini, ma un frutto sempre possibile (magari sotto
altra veste) della societa' occidentale. Nel Lager, si e' tentato un
esperimento: la produzione d'un uomo artificiale, l'uomo obbediente, l'uomo
ridotto a numero, l'uomo macchina destinato al lavoro, qualche che sia,
anche il piu' improduttivo, il lavoro come dimensione puramente simbolica,
privato della sua naturale capacita' di produrre il necessario, di
riprodurre l'uomo stesso, il lavoro come semplice esercizio di morte. Ma la
condizione prima perche' un simile esperimento potesse riuscire era proprio
la condizione dell'isolamento individuale: che l'uomo fosse tagliato fuori
da ogni relazione con gli altri uomini, che abdicasse alla sua naturale
condizione di essere-con-altri, perche' solo cosi' l'uomo diviene soggetto,
nel senso passivo di carne morta, di atomo ubbidiente nel grande organismo
della societa'". Insomma: "il problema dei testimoni" e' "il nostro
problema, e non e' semplicemente problema teoretico, e' la realta' stessa
del nostro sapere, che si deve sapere fondato su quell'evento distruttivo,
perche' dopo di esso tutto e' stato diverso, tutto e' diverso. L'oblio qui
e' delittuoso, l'oblio e' porsi fuori dalla storia stessa, nel campo della
menzogna e della falsificazione".
*
Meno originale nella scrittura, ma non meno chiaro ed efficace in obbedienza
agli intenti palesemente didattici, e' la monografia recentissima di Luigi
Mozzillo, Pensare la barbarie con Levi e Herling, Su Ali d'Aquila, Capua
2008. L'autore si propone - come recita il sottotitolo di questo Quaderno
dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose "San Roberto Bellarmino" di
Capua (Caserta) - di offrire "Appunti di lettura per Se questo e' un uomo e
Un mondo a parte". Chi sia Primo Levi e cosa racconti in Se questo e' un
uomo, e' noto a molti. Meno numerosi, senz'altro, quanti sanno invece chi
sia Gustaw Herling-Grundzinski e che il suo Un mondo a parte e' il racconto
di due anni di prigionia nei gulag di Stalin. L'originalita' del libro sta
proprio nel tentativo, in gran parte riuscito, di mettere a confronto
(dall'angolazione storico-oggettiva) gli orrori del nazionalsocialismo e del
socialismo sovietico e (dal punto di vista della personalita' dei due
scrittori) la prospettiva tendenzialmente sociologica di Levi con la
prospettiva tendenzialmente psicologica di Herling.
Circa la prima questione, si tratta di una comparazione che ha qualcosa di
grottesco: come se si volesse stabilire se e' piu' letale la cicuta o
l'arsenico. Alcune differenze sono innegabili (nei campi di concentramento
staliniani non c'erano camere a gas costruite per sterminare
sistematicamente i prigionieri), ma altre somiglianze sono altrettanto
innegabili (in alcuni gulag come Kolyma i prigionieri venivano
intenzionalmente decimati mediante lavori forzati e angherie di ogni genere:
proprio come nei lager nazisti). Circa la seconda questione, ho trovato
interessante la sottolineatura delle angolazioni da cui scrivono Levi ed
Herling, anche per spiegare certe differenze d'accentuazioni fra i due. Si
sa, infatti, che Levi ha trovato incongruo mettere sullo stesso piano di
gravita' i campi stalinisti e i campi nazisti: solo in questi ultimi,
infatti, si poteva finire internato e assassinato non per (vere o presunte)
colpe soggettive, ma per il solo fatto di appartenere ad un'etnia, anche se
si era un bambino o un minorato psichico o un anziano malato. Nonostante
alcune espressioni che si sono prestate ad interpretazioni equivoche,
neppure Herling intende "assimilare" - oggettivamente - il sistema dei gulag
al sistema dei lager; egli pero' rivendica con forza l'assimilabilita' delle
sofferenze soggettive patite dalle vittime di Stalin e la loro dignita'
morale con le sofferenze e la dignita' delle vittime di Hitler.
Entrambi comunque - Levi ed Herling - hanno scritto storie che prima sono
state incise nella loro carne. ed entrambi le hanno scritte per tentare di
portare i lettori "oltre il baratro creato dall'assurda barbarie del XX
secolo, per riacquistare un po' di fiducia nel destino dell'uomo nel mondo".
Purtroppo, pero', capitoli incredibilmente atroci - come le guerre fra
croati, serbi e bosniaci dopo lo scioglimento della Jugoslavia di Tito - non
lasciano sperare in nulla di sereno per il futuro. E, se l'ignoranza non mi
gioca brutti scherzi, le vittime dei  Balcani nell'ultimo decennio del XX
secolo attendono ancora un Levi o un Herling che ne salvino, almeno, la
memoria.

6. INCONTRI. L'ASSEMBLEA ANNUALE DELL'ASSOCIAZIONE ITALIANA AMICI DI NEVE'
SHALOM - WAHAAT AS SALAM
[Attraverso Brunetto Salvarani (per contatti: brunetto at carpinet.biz)
riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente comunicato dell'Associazione
italiana amici di Neve' Shalom - Wahaat as Salam del 4 giugno 2009]

Il 17 maggio 2009, a Milano, si e' effettuata l'assemblea annuale dei soci
dell'Associazione italiana amici di Neve' Shalom Wahaat as Salam.
Come prima cosa, l'assemblea ha ricordato la scomparsa del saveriano padre
Domenico Milani, che contribui' in modo determinante all'espansione
dell'associazione, ed era stato grande amico di Bruno Hussar, fondatore del
Villaggio.
Dopo aver approvato il rendiconto finanziario relativo all'anno 2008 e
discusso sulla situazione del Villaggio alla luce dei recenti colloqui dei
due portavoce, Rosita Poloni e Benedetto Scalabrini, con i responsabili dei
vari settori del Villaggio, si sono presentate l'attivita' dell'associazione
e del consiglio esecutivo nel corso dell'anno 2008/2009 e le prospettive
future.
L'assemblea, alla luce di quanto accertato nei due anni trascorsi, ritiene
dunque di poter considerare concluso il periodo di esplorazione ed
approfondimento della situazione del Villaggio, che aveva portato alla
nomina di due portavoce ma non di un presidente, dopo le dimissioni di Bruno
Segre.
L'attivita' dell'associazione dunque continuera', malgrado la scarsita'
delle risorse umane e finanziarie, e malgrado le difficolta' che chi presta
la propria opera deve affrontare, dato il carattere esclusivamente
volontario - per statuto - delle attivita' necessarie.
In seguito alle decisioni prese dall'assemblea, si e' poi immediatamente
riunito il consiglio esecutivo dell'associazione, che - dopo aver
ringraziato di cuore i portavoce uscenti per l'energia e l'impegno profusi
nel biennio trascorso e per la qualita' alta del loro lavoro nei riguardi
delle relazioni con il Villaggio e con la realta' italiana - ha eletto
all'unanimita' Brunetto Salvarani presidente e Benedetto Scalabrini
vicepresidente dell'associazione. Salvarani e' stato vicepresidente sin
dalla nascita dell'associazione, mentre, come detto, Scalabrini e' stato uno
dei due portavoce fino all'assemblea odierna.
*
Scheda di presentazione del Villaggio della pace di Neve' Shalom Wahaat as
Salam
Neve' Shalom - Wahaat as Salam, un nome - ebraico e arabo, a indicarne da
subito la vocazione profetica - che sa di sfida e di auspicio, ma oggi
soprattutto, purtroppo, ancora di utopia: Oasi di pace, tratto da Isaia
32,18 ("Il mio popolo abitera' in un'oasi di pace"). Situato a pari distanza
da Gerusalemme, Tel Aviv e Ramallah, su una collina posta in quella valle di
Ayalon cosi' densa di memorie bibliche ma disabitata sin dall'epoca
bizantina, Neve' Shalom Wahaat as Salam e' il ben noto villaggio cooperativo
in cui vivono assieme (verrebbe proprio da dire, nonostante tutto) ebrei e
palestinesi, fondato nel 1972 dal domenicano padre Bruno Hussar (1911-1996),
appunto, su un terreno di 100 acri preso in affitto dal vicino monastero
trappista di Latrun.
Dopo gli inizi a dir poco pionieristici, la prima famiglia vi s'insedio' nel
'77: oggi (estate 2009) sono cinquanta, meta' ebraiche e meta' palestinesi.
Il piano di sviluppo prevede l'accoglienza, nel giro di tre-quattro anni, di
altre trentaquattro famiglie. Gestito in modo democratico, il villaggio e'
da sempre di proprieta' dei suoi stessi abitanti e non e' affiliato ad alcun
partito o movimento politico; ogni anno vi si elegge un segretario per
governarlo, affiancato da quattro membri, e almeno una volta al mese
l'assemblea plenaria e' convocata per assumere le principali decisioni. Vi
risiedono, dal punto di vista religioso, ebrei, cristiani, musulmani e
agnostici.
"Al di la' di ogni tappa particolare, vivevo e vivo sempre per Israele e per
la sua pienezza, per la riconciliazione, la pace e la comunicazione fraterna
tra i figli di Abramo, perche' la Buona Novella dia vita al mondo...": cosi'
Hussar, l'uomo dalle quattro identita', nella sua commovente autobiografia
intitolata Quando la nube si alzava (Marietti, Genova 1996), spiegava il
senso del suo sogno, da autentico ba'al chazon, che gia' l'aveva condotto in
Israele nel 1953 (appena un lustro dopo la fondazione dello stato) a
collaborare in maniera decisiva alla dichiarazione conciliare Nostra aetate
e a fondare, a Gerusalemme nel marzo del 1960, la Maison Saint Isaie, spazio
qualificato per l'insegnamento della Bibbia nella terra dei Padri.
L'ulteriore tappa, un sito concreto in cui ogni componente etnica e
religiosa avrebbe scelto di abitare nell'uguaglianza e nella collaborazione
reciproca, educandosi a vicenda a gestire il conflitto in corso mediante
l'edificazione di una vera e propria Scuola per la pace, fondata nel '79.
La Scuola per la pace e' stata pensata sin dall'inizio come istituzione
capace di far sentire in massima misura verso l'esterno l'impatto educativo
di Neve' Shalom Wahaat as Salam ("Anche la pace e' un'arte, che non
s'improvvisa, ma deve essere insegnata", ripeteva sovente padre Bruno).
Accanto a tale scuola c'e' poi la Scuola del Villaggio, la prima, in
Israele, in cui l'insegnamento viene impartito tanto in ebraico quanto in
arabo. Il sistema educativo di Neve' Shalom Wahaat as Salam comprende
attualmente un asilo nido, una scuola materna e la scuola primaria fino al
dodicesimo grado. La scuola e' riconosciuta dallo stato, ma non ufficiale: a
fronte di un contributo modesto da parte del Ministero dell'Istruzione (che
sovvenziona per ogni alunno una cifra che copre circa il 10% delle spese di
gestione), questo status permette di gestire la nomina delle cariche in
maniera autonoma e, quindi, maggiormente coerente con i principi valoriali
ed educativi del villaggio nel suo insieme. Nell'anno scolastico 2008/2009
erano iscritti nelle scuole di Neve' Shalom Wahaat as Salam 200 alunni, con
un incremento rispetto all'anno precedente del 15%.
Infine, ma non da ultimo, cio' che caratterizza Neve' Shalom Wahaat as Salam
e' la cupola candida di Dumia-Sakinah, lo spazio di silenzio posto in un
boschetto, in cui ciascun abitante del villaggio, religioso o no, a
qualunque fede faccia riferimento, puo' andare a raccogliersi. L'intuizione
di Hussar, coadiuvato dalla sua prima collaboratrice Anne Le Meignen, di non
edificare una chiesa, una sinagoga o una moschea ma un luogo cosi' speciale,
venne da una meditazione sul Salmo 65,2 ("Per Te il silenzio - dumia - e'
lode, o Dio, in Sion"), come si leggeva nell'house organ del villaggio, la
"Lettera dalla Collina": "Ognuno, accolto e pronto ad accogliere, potra'
sentirsi in comunione con l'altro, diverso e insieme simile, al di la' delle
parole che ben sovente esprimono solo l'incomunicabilita' e al di la' delle
separazioni ideologiche e religiose. La preghiera ha la sua dimora nel
Silenzio. E' Silenzio un cuore in ascolto e in attesa". L'unico linguaggio
che vi si parla e', appunto, il silenzio; gli unici arredi sono costituiti
da alcuni cuscini per sedersi.
Qualche anno fa (2006), attorno a Dumia e' sorto il Centro pluralistico
spirituale "Bruno Hussar", con l'obiettivo di costituire un punto di
riferimento per lo studio delle tre religioni del Libro, del dialogo
interreligioso e dell'educazione alla pace, il cui principio guida e' che la
spiritualita' sia un'energia utilizzabile per avere impatto sulla realta',
avente quindi una potenzialita' "politica"; mentre negli immediati progetti
di Neve' Shalom Wahaat as Salam c'e' la costruzione di una Casa degli studi
silenziosi, con sale riunioni, biblioteca, e spazi per la creativita'
artistica.
Nel tempo, sono sorte una serie di associazioni per sostenere la vita del
villaggio, che si incontrano annualmente per fare il punto sulla situazione
e progettare quella futura: oltre che in Italia, sono ubicate in Usa,
Germania, Regno Unito, Francia, Svezia, Svizzera e Canada.
*
Contatti in Italia: sede operativa: corso di Porta Romana 131, 20122 Milano,
tel: 39022664699, fax: 39022664699. Brunetto Salvarani (presidente): tel.
3387380463. Benedetto Scalabrini (vicepresidente): tel. 3470763478. E-mail:
it at nswas.org, nswas at fastwebnet.it Sede legale: via Buschi 19, 20131 Milano.
In Israele: Neve Shalom - Wahat al-Salam, Doar Na Shimshon, 99761, Israel.
Ufficio pubbliche relazioni: tel: 0097229915621; fax: 0097229911072, e-mail
(pubbliche relazioni): pr at nswas.org Foresteria: fax: 0097229917412, sito
internet: www.nswas.com
*
Notizia su Brunetto Salvarani
Teologo e scrittore, dirige il mensile di educazione interculturale "Cem
Mondialita'" e il periodico del dialogo cristiano-ebraico "Qol". Si occupa
da tempo di dialogo interreligioso, teologia narrativa e interculturalita'.
E' stato a lungo responsabile del Centro studi religiosi della Fondazione
San Carlo di Modena, fa parte del comitato editoriale della trasmissione di
Rai 2 "Protestantesimo" ed e' nel comitato direttivo dell'Associazione
italiana degli "Amici di Neve' Shalom - Waahat as-Salaam". Fra le numerose
sue pubblicazioni: C'era una volta un re... Salomone che scrisse il Qohelet
(Paoline 1998), In difesa di Giobbe e Salomon. Leopardi e la Bibbia
(Diabasis 1998), Per amore di Babilonia (Diabasis 2000), Religioni in Italia
(Emi 2001), A scuola con la Bibbia (Emi 2001), Vocabolario minimo del
dialogo interreligioso (Edb 2003; seconda ed. aggiornata e aumentata 2008),
In principio era il racconto (Emi 2004), Educare al pluralismo religioso
(Emi 2006), Morte (Emi 2005) e Gesu' (Emi 2006), per la nuova collana
interreligiosa "Parole delle fedi", di cui e' ideatore e curatore. Gli
ultimi suoi libri sono Di questa cosa che chiami vita. Il mondo di Francesco
Guccini (Il Margine 2007; seconda ed. aumentata e aggiornata 2008), Da Bart
a Barth. Per una teologia all'altezza dei Simpson (Claudiana 2008) e Il muro
di vetro (Emi 2009, con Paolo Naso). Insegnante di Lettere nei licei, e'
dottore in teologia nell'ambito del dialogo cristiano-ebraico, docente di
Missiologia e Teologia del dialogo presso la Facolta' Teologica dell'Emilia
Romagna di Bologna e membro dell'Osservatorio sull'interculturalita' e gli
alunni stranieri del Ministero della Pubblica Istruzione.

7. RIFLESSIONE. RUBA SALIH: I PARADOSSI DELLA CITTADINANZA PALESTINESE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 maggio 2009 col titolo "I paradossi
della cittadinanza palestinese" e il sommario "Israele fra muri reali e
frontiere invisibili"]

Il 12 luglio 1937, Ben Gurion scriveva sul suo diario che "il trasferimento
forzato degli arabi dalle valli su cui nascera' lo Stato ebraico ci puo'
dare qualcosa che non abbiamo mai avuto: una Galilea libera dalla sua
popolazione araba". A tutt'oggi, dopo 60 anni, l'idea del "transfer of
arabs" e' ancora all'ordine del giorno in Israele, proposta senza nessun
imbarazzo da politici e intellettuali.
Mentre, al volgere del terzo millenio, la maggioranza delle societa'
contemporanee si interroga e si confronta sulle sfide e le ricchezze della
cittadinanza post-nazionale, sulla coesistenza tra identita' religiose e
laiche e sull'ineludibilita' del progressivo mescolamento tra culture, lo
Stato di Israele si ostina a fabbricare muri e barriere nel tentativo, tanto
violento quanto disperato, di mantenere la propria "omogeneita'"
etnico-religiosa. D'altra parte, l'idea di uno "Stato ebraico" esteso sulla
maggior parte del territorio e purificato il piu' possibile dalla presenza
araba e' da sempre la dottrina ispiratrice del sionismo. Il lavoro di alcuni
storici israeliani e palestinesi ha mostrato come la deportazione dei
profughi e la pulizia etnica fossero frutto di un premeditato piano di
espulsione della popolazione locale, piuttosto che una conseguenza non
prevista del conflitto. L'ormai famoso "Piano D", riportato alla luce
dall'apertura degli archivi, prevedeva infatti la sistematica distruzione di
villaggi (tramite fuoco, bombardamento o mine) e specialmente di quei
villaggi sui quali non era possibile guadagnare il controllo permanente. La
politica espansionistica da parte di tutti i governi israeliani che hanno
continuato a costruire insediamenti sulla terra palestinese, rendendo la
vita impossibile a centinaia di migliaia di abitanti con lo scopo di
costringerli ad andarsene risponde a una "lungimirante" e totalmente
impunita politica di spaziocidio.
Tra l'altro, quella del popolo palestinese e' la colonizzazione piu'
peculiare mai presentatasi sul palcoscenico della storia. Dagli accordi di
Oslo in poi, infatti, si e' chiesto al colonizzato di garantire la sicurezza
dell'occupante, mentre quest'ultimo, dopo avere disatteso tutte le
risoluzioni internazionali e aver violato la convenzione di Ginevra sulla
quasi totalita' degli aspetti della vita degli occupati, si definisce ancora
come "l'unico Stato democratico della regione". La costruzione di muri di
separazione, la progettazione e realizzazione di strade separate per
palestinesi da una parte e coloni israeliani dall'altra, l'eccidio di
migliaia di persone a Gaza, il rifiuto di riconoscere non solo il diritto al
ritorno dei profughi e degli esuli, ma addirittura il diritto al
ricongiungimento familiare ai palestinesi in Israele e in Cisgiordania, la
separazione dei contadini palestinesi dalle loro terre, fonte di
sostentamento e di identita', il rifiuto di registrare i nuovi nati a
Gerusalemme, il divieto ai palestinesi di costruire case sulle loro terre e
la sistematica distruzione di quelle costruite, sono solo alcune delle
strategie che da ormai molti anni lo Stato israeliano mette in atto nel
tentativo di arginare la crescita demografica palestinese e di preservare o
espandere il carattere ebraico della nazione. Se un altro Stato praticasse
simili strategie e violazioni verrebbe accusato di pulizia etnica e
scatenerebbe l'indignazione della comunita' internazionale.
Ma Israele si giustifica reiterando l'idea di essere una democrazia, l'unica
della regione, all'interno delle sue (mai dichiarate) frontiere. Se i
palestinesi a Gaza sono chiusi ormai da anni in una prigione a cielo aperto
e quelli residenti in Cisgiordania si ritrovano imprigionati in bantustan
delineati da una molteplicita' di frontiere, muri, e strade miranti a
suggellare la separazione etnica-religiosa e a mantenere la loro condizione
di dipendenza economica e di limitata sovranita', i palestinesi in Israele
sono soggetti a quello che il giornalista Jonathan Cook ha definito, molto
acutamente, come "il muro di vetro". I palestinesi israeliani capiscono (e
vivono) sulla loro pelle che cosa significhi essere cittadini di uno Stato
che si professa democratico, ma e' tale solo per gli ebrei israeliani.
Subito dopo la fondazione di Israele, questi palestinesi furono
sarcasticamente dichiarati "presenti assenti", meccanismo attraverso il
quale furono requisite loro illegalmente case e terre, conti correnti e
proprieta', nazionalizzati o ridistribuiti ai nuovi immigrati, attraverso il
Fondo ebraico nazionale.
Si tratto', allora come oggi, di uno spossessamento di massa, in cui i
palestinesi rimasti furono immediatamente visti come scomodo e indesiderato
sovrappiu' di uno stato creato esclusivamente per gli ebrei di tutto il
mondo. Le terre palestinesi vennero requisite e dichiarate zone di
sicurezza, oppure eufemisticamente dichiarate come "non coltivate" e
utilizzate per costruire infrastrutture in teoria di interesse nazionale, ma
in pratica ad esclusivo uso dei cittadini ebrei. Oggi le minoranze ebraiche
occupano spazi di territorio che arrivano a essere anche tre volte piu' ampi
della terra concessa alla maggioranza palestinese. Il 93% della terra in
Israele e' nazionalizzata a beneficio dei suoi abitanti ebrei, mentre solo
il 3% e' di proprieta' palestinese, anche se i palestinesi non sono liberi
di utilizzare come desiderano, costruendo case o coltivando i propri campi,
per esempio. Ma questi aspetti non sono che la superficie di quello che
significa essere un cittadino palestinese di Israele. Da sempre i governi
israeliani si vantano di avere concesso il diritto di voto ai
palestinesi-israeliani. Ma coloro che si battono per una reale
democratizzazione del paese, che implica come minimo contestare l'idea alla
base della cittadinanza in Israele, cioe' lealta' a uno Stato di "ebrei per
gli ebrei", e che rivendicano uno Stato per tutti i cittadini, come ha fatto
l'ex deputato Azmi Bishara, sono costretti all'esilio. Ai cittadini
palestinesi, secondo una legge varata di recente, puo' essere revocata la
cittadinanza in qualunque momento, anche in loro assenza, se ritenuti
colpevoli di slealta' verso lo stato ebraico, secondo una interpretazione
molto ampia che include persino avere visitato un paese arabo considerato
nemico. Paradossalmente, questi stratagemmi politico-aritmetici, pur nella
loro drammatica violenza, non fanno che aumentare il senso di profondo
attaccamento dei palestinesi alla propria terra.
Anziche' minarne l'identita' collettiva, la condizione dell'esilio e'
divenuta il terreno simbolico del senso di appartenenza dei palestinesi.
L'esilio, scriveva Edward Said ne La questione palestinese (Gamberetti,
1995), e' la condizione fondamentale della vita dei palestinesi, e non a
caso gli aeroporti, i luoghi di confine, i moderni non-luoghi sono gli spazi
che, piu' che ogni altro, ricordano ai palestinesi di essere membri di una
nazione senza Stato. La "palestinita'" nella vita di milioni di palestinesi
e' divenuta una condizione tanto piu' presente quanto piu' lontano si e'
fatto il diritto al ritorno. Invece che dissolversi col passare del tempo e
con il permanere della condizione di esiliati o profughi, circa cinque
milioni di palestinesi sparsi per il mondo ancora si definiscono in
relazione alle citta' di origine dei loro genitori o nonni. E quelle citta'
rispondono ai nomi di Haifa, Tiberiade, Gerusalemme, Nablus o Betlemme.

8. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

9. LIBRI. VANNI CODELUPPI PRESENTA "NOMI, COSE, CITTA'" DI ARNALDO GRECO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 giugno 2009 col titolo "Consumi. In
viaggio per l'Italia tra compere online e centri commerciali"]

Arnaldo Greco, Nomi, cose, citta'. Viaggio nell'Italia che compra, Fandango,
pp. 211, euro 14.
*
Anche durante l'attuale gravissima crisi economica il mondo dei consumi si
presenta come una realta' articolata e vitale, che si presta a essere
descritta nei suoi aspetti piu' caratteristici. Seguendo l'esempio di tanti
scrittori del passato, si cimenta in questa impresa nel suo libro d'esordio
Nomi, cose, citta' anche il giovane Arnaldo Greco, autore di diversi
racconti usciti sulla rivista "Nuovi argomenti". La descrizione di Greco e'
particolarmente ricca, e spazia dai centri commerciali dell'area napoletana
ai consumi degli italiani che da Gorizia vanno a fare compere oltreconfine,
dalle spese delle badanti ai giochi d'azzardo, dal commercio elettronico ai
beni riservati ai neonati. Anzi, forse le situazioni considerate da Greco
nel suo viaggio sono addirittura troppe e rischiano di disorientare non solo
chi legge, ma anche lo stesso autore, che fatica a guidare il lettore con
delle chiavi interpretative efficaci.
Pure, il libro di Greco offre anche alcuni utili stimoli di riflessione,
soprattutto quando l'autore affronta la natura paradossale e a volte persino
"folle" dei consumi odierni. Interrogandosi per esempio sulle contraddizioni
che attraversano il grande successo dei consumi biologici, Greco si chiede,
a proposito di un miele prodotto in Cina e distribuito da una ditta danese,
che senso abbia "pretendere un miele che non e' mai stato trattato con
anticrittogamici quando poi, per farlo arrivare sulla mia fetta biscottata,
gli faccio bruciare carburante per ventimila chilometri?".
E interessanti sono anche le domande che Greco si pone prendendo in esame le
ossessioni che riguardano il rapporto contemporaneo con gli alimenti, come
la "ortoressia", cioe' l'eccesso di attenzioni nei confronti delle scelte
alimentari, o la "vigoressia", ovvero la troppo elevata preoccupazione per
lo sviluppo muscolare del proprio corpo. Piu' che una analisi strutturata
del mondo dei consumi, insomma, Nomi, cose, citta' nella sua miriade di
esempi, offre una serie di stimoli, quasi di provocazioni, primo passo verso
una riflessione sul funzionamento contemporaneo del mondo dei consumi.

10. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: STORIA DELLA PSICOANALISI
Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986,
1990, pp. XIV + 454, lire 18.000. Un libro che occorre aver letto.

11. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI (A CURA DI): PSICOANALISI AL FEMMINILE
Silvia Vegetti Finzi (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza,
Roma-Bari 1992, pp. XVIII + 402, lire 28.000. Un libro che occorre aver
letto.

12. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI, MARINA CATENAZZI: PSICOANALISI ED
EDUCAZIONE SESSUALE
Silvia Vegetti Finzi, Marina Catenazzi, Psicoanalisi ed educazione sessuale,
Laterza, Roma-Bari 1994, pp. XXXVI + 372, lire 30.000. Un libro che occorre
aver letto.

13. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: IL BAMBINO DELLA NOTTE
Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte. Divenire donna, divenire
madre, Mondadori, Milano 1990, 1996, pp. VI + 282, lire 15.000. Un libro che
occorre aver letto.

14. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: VOLERE UN FIGLIO
Silvia Vegetti Finzi, Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e
scienza, Mondadori, Milano 1997, 1999, pp. VI + 306, lire 14.000. Un libro
che occorre aver letto.

15. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI, ANNA MARIA BATTISTIN: A PICCOLI PASSI
Silvia Vegetti Finzi, Anna Maria Battistin, A piccoli passi. La psicologia
dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994, 2001, pp.
VIII + 364, euro 8,26. Un libro che occorre aver letto.

16. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI, ANNA MARIA BATTISTIN: I BAMBINI SONO
CAMBIATI
Silvia Vegetti Finzi, Anna Maria Battistin, I bambini sono cambiati. La
psicologia dei bambini dai cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996,
2003, pp. XVI + 368. Un libro che occorre aver letto.

17. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI, ANNA MARIA BATTISTIN: L'ETA' INCERTA
Silvia Vegetti Finzi, Anna Maria Battistin, L'eta' incerta. I nuovi
adolescenti, Mondadori, Milano 2000, 2003, pp. XIV + 382, euro 9,40. Un
libro che occorre aver letto.

18. LETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: QUANDO I GENITORI SI DIVIDONO
Silvia Vegetti Finzi, Quando i genitori si dividono. Le emozioni dei figli,
Mondadori, Milano 2005, 2007, pp. VI + 330. Un libro che occorre aver letto.

19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

20. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 845 dell'8 giugno 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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