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Minime. 836
- Subject: Minime. 836
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 30 May 2009 01:05:42 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 836 del 30 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Contro la guerra 2. Contro il razzismo 3. Contro il ministero della malavita 4. Contro la trappola del referendum golpista 5. Andrea Pira: Amnesty International denuncia le politiche razziste del governo italiano 6. Franca Zambonini: Tre donne 7. Dacia Maraini: Il personale e' politico 8. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 9. "Leggendaria" n. 75 10. Alcuni estratti da "Shock Economy" di Naomi Klein (parte terza e conclusiva) 11. Francesco Garibaldo presenta "Senza democrazia" di Alberto Burgio 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. CONTRO LA GUERRA Cessi immediatamente la partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan. Cessi immediatamente la violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale. E s'impegni l'Italia per la pace con mezzi di pace, per salvare le vite anziche' sopprimerle. 2. LE ULTIME COSE. CONTRO IL RAZZISMO Contro il razzismo occorre oggi lottare. Contro il tentativo governativo golpista di imporre in Italia il regime dell'apartheid. Contro la politica governativa assassina delle deportazioni. Contro l'esistenza stessa dei campi di concentramento. Contro lo squadrismo. Contro il razzismo occorre oggi lottare. Vi e' una sola umanita'. 3. I COMPITI DELL'ORA. CONTRO IL MINISTERO DELLA MALAVITA Deve dimettersi il ministero della malavita. Deve dimettersi il governo golpista. I razzisti non possono governare l'Italia. Dimissioni del governo e nuove elezioni. Per la legalita' costituzionale. Per la democrazia e lo stato di diritto. Per la civilta' giuridica, per la convivenza umana. 4. I COMPITI DELL'ORA. CONTRO LA TRAPPOLA DEL REFERENDUM GOLPISTA Se al referendum sul sistema elettorale vincono i si' e' il trionfo del golpismo berlusconiano. Se al referendum sul sistema elettorale vincono i no e' il trionfo del berlusconismo golpista. L'unica mossa giusta e' non giocare il loro gioco. L'unica scelta possibile e' non accettare la falsa alternativa tra due esiti egualmente golpisti. L'unica necessaria azione e' non partecipare al plebiscito mussoliniano. 5. UNA SOLA UMANITA'. ANDREA PIRA: AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA LE POLITICHE RAZZISTE DEL GOVERNO ITALIANO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 maggio 2009 col titolo "Xenofobia e rimpatri forzati, Amnesty condanna l'Italia" e il sommario "Diritti umani. Sotto accusa il governo: Non rispetta il diritto d'asilo"] Rimpatri forzati, rischio xenofobia, violazione del diritto d'asilo. L'Italia descritta nel Rapporto 2009 di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo e' un paese sconfortante. A Roma per presentare il Rapporto e la nuova campagna "Io pretendo dignita'", Christine Weise, presidente della sezione italiana di Amnesty fa il quadro della situazione. Punta il dito contro la nuova politica dei respingimenti inaugurata dal governo tra il 7 e l'11 maggio, quando circa 500 migranti e richiedenti asilo sono stati condotti forzatamente in Libia senza alcuna valutazione sul possibile bisogno di protezione internazionale degli stessi. Una decisione senza precedenti. Una politica contraria al diritto internazionale d'asilo e una palese violazione dei diritti umani. Nella Sala Igea dell'Istituto della Enciclopedia Italiana gremita di giornalisti Christine Weise accusa: "L'Italia sara' ritenuta responsabile di quanto accadra' ai migranti e richiedenti asilo riportati in Libia". Un paese che, osserva Amnesty, non ha una procedura d'asilo e non offre protezione a migranti e rifugiati. Un luogo da dove arrivano "persistenti rapporti di tortura e altri maltrattamenti nei confronti dei richiedenti asilo". I rimpatri in Libia violerebbero cosi' le norme in materia di refoulement, che garantiscono ai migranti il diritto a non essere rinviati in paesi dove possono essere perseguitati o torturati. Un disprezzo della dignita' umana ben esemplificato dal caso Pinar, la nave cargo turca che il 16 aprile ha messo in salvo 140 migranti e richiedenti asilo, lasciata per quattro giorni in balia del mare. Attardandosi in disquisizioni di diritto marittimo con Malta su quale dei due stati dovesse ospitare i migranti, i governi di Roma e La Valetta hanno anteposto la politica al salvataggio delle vite umane che in quel contesto rappresenta la priorita' assoluta. Tutti fatti che descrivono lo sviluppo di una cooperazione tra Italia e Libia che, scrive Amnesty, negli ultimi dieci anni e' stata portata avanti da governi di diverso colore. Cooperazione caratterizzata da "scarsa trasparenza e da nessuna condizione posta al governo di Tripoli sui diritti umani". E che ha visto protagonisti in prima persona Massimo D'Alema, Piero Fassino, Giuseppe Pisanu e Giuliano Amato, quest'ultimo ringraziato poco prima, nel ruolo di presidente dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, per aver concesso l'uso della sala per la presentazione. Una mediazione senza risultati se, sottolinea Amnesty, l'Italia "non ha risolto la questione della legittimita' della detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo". I respingimenti sono pero' parte di una politica piu' generale portata avanti dal governo contro quella che viene definita la "percezione di insicurezza". Si tende a criminalizzare l'immigrazione creando cosi', come Amnesty ha piu' volte sottolineato, "un impatto pericoloso sui diritti umani". Norme come quella che rende aggravante generica del reato l'essere un "irregolare" creano allarmanti conseguenze sulle condizioni di vita dei migranti. Sentendosi costantemente sotto minaccia si terrebbero lontano da scuole, strutture sanitarie e uffici pubblici, con gravi ripercussioni sul loro diritto all'istruzione, alla salute, all'identita'. Un clima intimidatorio del quale sono gia' vittime i rom e i nomadi. Il Rapporto guarda con grande preoccupazione alle misure d'emergenza che, dal maggio 2008, criminalizzano le popolazioni nomadi, sostenute da una retorica anti-immigrati e anti-rom. Preoccupano soprattutto gli sgomberi forzati. Condotti senza garanzie, simili misure "sono una violazione dei diritti umani, in particolare del diritto a un alloggio adeguato". Il Rapporto e' inoltre l'ennesima occasione per ricordare l'assenza del reato di tortura nell'ordinamento italiano. Un'assenza resa ancora piu' palese dalle motivazioni per la condanna in primo grado degli agenti e medici accusati delle violenze contro i manifestanti durante il G8 di Genova nel 2001. Gli imputati sono stati infatti condannati per reati minori come l'abuso d'ufficio, proprio perche' il codice penale non prevede il reato di tortura. Un'assenza che Amnesty denuncia dagli anni Ottanta. 6. PROFILI. FRANCA ZAMBONINI: TRE DONNE [Da "Famiglia Cristiana" del 17 maggio 2009 col titolo "Se il potere ha paura del mondo femminile"] Tre donne si sono affacciate alle cronache della settimana scorsa e non per bellezza esibita o affari di cuore, i soliti futili motivi dell'interesse dei giornali verso il mondo femminile. Ma perche' si sono scontrate con il potere. Per Roxana Saberi e' finita bene. Per Yoani Sanchez non si sa. Per Aung San Suu Kyi si teme il peggio. * Roxana Saberi, 32 anni, e' americana di padre iraniano, giornalista, donna: tre buone ragioni perche' il regime degli ayatollah non la voglia tra i piedi. E infatti l'hanno messa in galera con accuse ridicole: prima l'acquisto illegale di una bottiglia di vino, poi aver lavorato senza permesso, infine di essere una spia al servizio degli Stati Uniti. Dopo una condanna a otto anni, tre mesi di detenzione nel carcere di Evin e due settimane di sciopero della fame, il processo di appello ha ridotto la pena a due anni. Grazie a una lettera che il presidente Ahmadinejiad ha mandato al tribunale, Roxana e' stata liberata. Un bel gesto di distensione tra Iran e Usa, apprezzato dal presidente americano Obama come da tutti quelli che fanno il tifo per la pace. Rallegra che a conciliare questo gesto sia stata una giovane donna, con la sua storia dolorosa a lieto fine. * Anche Yoani Sanchez e' giornalista. Ha 34 anni, vive a Cuba, con il figlio Teo di 13 e il compagno Reinaldo, che faceva pure lui il giornalista, ma l'hanno cacciato e ora campa aggiustando ascensori. Come lui, Yoani non ha piu' un giornale, pero' continua a scrivere. Lo fa via Internet, su un blog tutto suo che s'e' piazzato tra i piu' cliccati del mondo. Il settimanale "Time" l'ha inserita tra le cento persone influenti del 2008. Lei si sente una cittadina comune che nota e descrive i guai cubani, il mercato nero e i limoni introvabili, l'isolamento e l'apatia di un popolo rassegnato. Yoani e' una strana dissidente: "Non denuncia, non attacca, non contesta. Semplicemente racconta cosa significa vivere nel regime comunista di Cuba". Cosi' e' scritto nel risvolto del suo libro Cuba Libre, tradotto in Italia da Rizzoli. L'hanno accusata, e' ovvio, di essere una spia della Cia. Ma e' troppo nota per temere una persecuzione. Il regime castrista ha altre armi, e per esempio le impedisce di lasciare l'isola. E' successo l'anno scorso, quando doveva andare in Spagna per il premio "Ortega y Gasset" e le hanno negato il "permesso di uscita". Ora e' stata invitata dalla Fiera internazionale del libro di Torino, ma le autorita' cubane hanno detto ancora no. Yoani non cede. "Continuero' nel mio lavoro femminile di tessitrice sopra lo sfilacciato tappeto della nostra societa' civile". * Aung San Suu Kyi, 63 anni, premio Nobel per la pace, "arpa birmana" che suona in silenzio la sua opposizione, vive da 13 anni agli arresti domiciliari. La condanna sarebbe scaduta il 27 maggio, ma la giunta militare della ex Birmania ha trovato la scusa pronta. Un americano, forse per spavalderia o chissa' cos'altro, e' andato a trovarla di nascosto e s'e' fermato due giorni. Siccome lei non puo' ricevere nessuno senza permesso, l'hanno chiusa nel carcere di Rangoon. Non sta bene, anni di dolore l'hanno logorata. C'e' una mobilitazione internazionale a sua difesa, ma la giunta birmana resta sorda e muta. * "Tre donne intorno al cor mi son venute / ... ciascuna par dolente e sbigottita / come persona discacciata e stanca". Cosi' cantava Dante nelle Rime. Cosi' e' oggi per Roxana, Yoani e Suu Kyi, tre donne contro. 7. RIFLESSIONE. DACIA MARAINI: IL PERSONALE E' POLITICO [Dal "Corriere della sera" del 19 maggio 2009 col titolo "I panni sporchi si lavano in pubblico" e il sommario "Responsabilita' in ufficio e in strada, ma anche in casa e in camera da letto"] Ai tempi dei movimenti delle donne si diceva: "Il personale e' politico". Ed era considerata una grande conquista dopo la centenaria separazione del comportamento privato da quello pubblico. La separazione e l'isolamento della condotta personale, come fosse un luogo neutro, esente da giudizi, un luogo dove la morale non c'entra e non conta, legato solo alle leggi della natura, ha portato a coprire i peggiori abusi familiari, i parossismi dell'autorita' paterna e maritale e ogni forma di prepotenza e violenza privata. Troppo spesso il "buon cittadino" si divide schizofrenicamente in due meta': la sfera sessuale, sentimentale e intima di cui decide di rispondere solo a Dio o alla sua coscienza e basta. E quella lavorativa, politica, economica, esposta agli occhi e al giudizio dei piu'. In culture dove vige la trasparenza questa si chiama ipocrisia. In un Paese cinico come il nostro in cui il modo di agire personale e' relegato comodamente nella sfera della "privacy" segreta e inconoscibile, si chiama "difesa della privatezza". Eppure la persona umana e' fatta di un solo corpo, una sola testa, una sola coscienza. E non puo' rispondere al mondo solo per una meta', come faceva il dottor Jekyll, in privato mister Hyde. Due persone che non riuscivano a stare in un solo corpo. Non a caso il grande personaggio di Stevenson e' diventato il simbolo della malattia mentale chiamata scissione della personalita'. L'aberrazione della doppia morale purtroppo e' molto diffusa, soprattutto nei Paesi in cui la religione ha tendenze totalitarie. Cio' che appartiene a Dio sara' giudicato da Dio, cio' che appartiene agli uomini e' sotto il giudizio del mondo. Come se la sessualita' e i sentimenti non appartenessero anche essi al mondo. Soprattutto quando si tratta di persone con responsabilita' pubblica che decidono leggi che riguardano sia il pubblico che il privato. E' una comoda scappatoia confondere il privato con la privatezza. E' assurdo gridare che "i panni sporchi si lavano in famiglia". L'uomo e' un essere pensante e responsabile non solo in ufficio e in strada, ma anche in casa, nel buio della camera da letto. E deve rispondere dei suoi comportamenti. Altrimenti arriviamo all'aberrazione di quei "bravi amministratori" o di quei "bravi servitori di Dio" che in privato praticano la pedofilia e il sadismo o lo stupro domestico e l'inganno quotidiano, e in pubblico vengono onorati da tutti, purche' la cosa non trapeli. Col risultato di un incitamento generale alla menzogna e alla falsita'. Una doppia morale assolutamente immorale, a cui purtroppo ci stiamo abituando con impudente volgarita'. 8. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 9. RIVISTE. "LEGGENDARIA" N. 75 [Dalla redazione di "Leggendaria" (per contatti: redazione at leggendaria.it) riceviamo e diffondiamo] "Leggendaria" n. 75, "In viaggio", 84 pagine, 10 euro. In libreria dal 28 maggio 2009. * Andare, dis-locarsi, sperimentare l'altrove: sono viaggiatrici per lavoro, migranti per forza, giornaliste, turiste le donne protagoniste del "Tema" del numero 75 di "Leggendaria", curato da Silvia Neonato, che sara' in libreria a partire dal 28 maggio 2009. Un tempo a viaggiare erano gli uomini, oggi le viaggiatrici sono sempre piu' numerose: per lavoro o per svago, per scelta o per costrizione, il viaggio e' sempre e comunque un'esperienza che cambia chi la fa. Come dimostrano le molte e diverse scritture che trovate in queste pagine: dai racconti inediti di Maria Pace Ottieni e Laila Wadia, alle narrazioni di Giuliana Sgrena, Marta Dassu' e Renata Pisu; dal riattraversamento della figura della tata-viaggiatrice Mary Poppins (Francesca Neonato) alla carrellata di film on the road che ci consegna Giovanna Pezzuoli, fino al panorama delle imprese femminili impegnate nel turismo responsabile (Iaia Pedemonte) e molto altro, compreso tutto cio' che trovate nelle pesanti borse delle donne che viaggiano (Donatella Alfonso). Tre interviste importarti in questo numero: la prima, a Rosaria Capacchione - accompagnata da un commento di Mariella Gramaglia - l'abbiamo messa in apertura per scelta consapevole: ci pare che ci sia troppo silenzio su una donna libera e coraggiosa che mette ogni giorno in gioco se stessa. Poi, un incontro di Irene Panighetti con la scrittrice e cineasta Liana Badr (che e' stata in questi giorni ospite della Fiera del Libro di Torino) e un colloquio di Nadia Tarantini con lo scrittore Francesco Piccolo. E ancora, abbiamo dedicato alcune pagine in memoriam della nostra amica Roberta Tatafiore, che ci ha lasciato il 14 aprile. Lo "Speciale" e' tutto da leggere: Lorella Reale, Lia Giachero, Andrea Pezze' e Bia Sarasini ci parlano di alcune "signore in giallo" (Sue Grafton, Fred Vargas, Silvia Maldonado, Anne Holt) e anche di un signore, il compianto Stieg Larsson, che Francesca Pasini legge capace di partire dalle profonde trasformazioni dei rapporti sentimentali, professionali e politici tra uomini e donne indotti dalla "crisi del patriarcato". La rubrica "Politica" e' affidata per questo numero alla scrittrice Maristella Lippolis, che commenta il terremoto nella sua terra, l'Abruzzo. E poi trovate, come di consueto, un gran numero di recensioni in "Primopiano", "Letture" e "Ultimi arrivi". * Redazione: via Giulio Galli, 71/B-2, 00123 Roma, sito: www.leggendaria.it, e-mail: leggendaria at supereva.it 10. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "SHOCK ECONOMY" DI NAOMI KLEIN (PARTE TERZA E CONCLUSIVA) [Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Naomi Klein, Shock Economy. L'ascesa del capitalismo dei disastri, Rizzoli, Milano 2007 (ed. originale: The Shock Doctrine, 2007)] Da pagina 25 La grande bugia Nel torrente di parole scritte nei necrologi di Milton Friedman, il ruolo della crisi, dello shock e del disastro fu a malapena menzionato. Piuttosto, la morte dell'economista forni' un'occasione per raccontare di nuovo la storia ufficiale di come la sua versione del capitalismo radicale fosse diventata ortodossia governativa in quasi ogni angolo del globo. E' una versione romanzata della storia, ripulita dalla violenza e dalla coercizione cosi' intimamente intrecciata con questa crociata, e rappresenta il piu' riuscito colpo di propaganda degli ultimi tre decenni. La versione dice piu' o meno quanto segue. Friedman ha dedicato la vita a combattere una pacifica battaglia di idee contro chi credeva che i governi avessero il dovere di intervenire nel mercato per smussarne gli angoli. Era convinto che la storia "avesse preso una strada sbagliata" quando i politici avevano iniziato a dar retta a John Maynard Keynes, architetto intellettuale del New Deal e del moderno Stato sociale. Il crollo del 1929 aveva convinto i piu' che l'approccio del laissez-faire fosse fallito, e che i governi dovessero intervenire nell'economia per redistribuire la ricchezza e limitare le grandi concentrazioni. In quei giorni bui per il laissez-faire, quando il comunismo conquisto' l'Est, il welfare state sedusse l'Occidente e il nazionalismo economico mise radici nel Sud postcoloniale, Friedman e il suo mentore, Friedrich von Hayek, tennero viva con pazienza la fiamma di una versione pura del capitalismo, non toccata dai tentativi keynesiani di mettere in comune la ricchezza collettiva per costruire societa' piu' giuste. "L'errore fondamentale, a mio avviso", scrisse Friedman in una lettera a Pinochet nel 1975, era stato "credere che sia possibile far del bene con i soldi degli altri". Pochi lo ascoltarono: i piu' insistettero che i loro governi potevano e dovevano far del bene. Friedman fu sbrigativamente liquidato da "Time" nel 1969 come "un folletto o uno scocciatore", ed erano in pochi a venerarlo come un profeta. Alla fine, dopo decenni di esilio intellettuale, vennero gli anni Ottanta e il dominio di Margaret Thatcher (che chiamava Friedman "un combattente per la liberta' intellettuale") e Ronald Reagan (che fu visto con in mano una copia di Capitalismo e liberta', il manifesto di Friedman, durante la campagna elettorale per la presidenza). Finalmente c'erano leader politici che avevano il coraggio di liberare e svincolare i mercati nel mondo reale. Stando a questa versione ufficiale, dopo che Reagan e la Thatcher ebbero pacificamente e democraticamente liberato il mercato, la liberta' e la prosperita' che seguirono furono cosi' palesemente desiderabili che quando i dittatori iniziarono a cadere, da Manila a Berlino, le masse chiesero a gran voce la Reaganomics accanto ai loro Big Mac. Quando infine l'Unione Sovietica collasso', il popolo dell'"impero del male" era impaziente di unirsi alla rivoluzione friedmaniana, cosi' come i comunisti convertiti al capitalismo in Cina. Voleva dire che il vero liberismo globale non aveva piu' ostacoli, e in esso le grandi imprese, finalmente affrancate, non solo erano libere a casa loro, ma erano libere di varcare ogni confine senza vincoli, diffondendo la prosperita' in tutto il mondo. Ora c'era consenso su come la societa' dovesse essere governata: i leader politici dovevano essere eletti, e le economie dovevano seguire le regole di Friedman. Era, come disse Francis Fukuyama, "la fine della storia": "il punto finale dell'evoluzione ideologica dell'umanita'". Quando Friedman mori', la rivista "Fortune" scrisse che "la marea della storia era con lui"; il Congresso americano approvo' una risoluzione che lo lodava come "uno dei piu' importanti patroni della liberta' nel mondo, non solo nell'economia ma in ogni campo"; il governatore della California Arnold Schwarzenegger fece celebrare il Milton Friedman Day nell'intero Stato il 29 gennaio 2007, e parecchie citta' e cittadine fecero lo stesso. Il "Wall Street Journal" riassumeva efficacemente questa versione ordinata della storia con il titolo: Freedom Man. Questo libro e' una sfida alla pretesa centrale e piu' cara alla storia ufficiale: che il trionfo del capitalismo senza regole sia nato dalla liberta', che il liberismo sfrenato vada a braccetto con la democrazia. Al contrario, mostrero' che questo fondamentalismo capitalista e' stato invariabilmente partorito dalle piu' brutali forme di coercizione, inflitte sul corpo politico collettivo come su innumerevoli corpi individuali. La posta in gioco e' alta. Il corporativismo sta per conquistare le sue ultime frontiere: le economie chiuse e basate sul petrolio del mondo arabo, e i settori delle economie occidentali che a lungo sono stati protetti dal profitto - incluse la risposta alle emergenze e la creazione di eserciti. Poiche' non si finge neppure di cercare il consenso popolare prima di privatizzare funzioni economiche tanto vitali, sia in patria sia fuori, serve un'escalation di violenza e disastri sempre maggiori per far avanzare la causa. Eppure, poiche' il vero significato degli shock e delle crisi e' stato cosi' efficacemente cancellato dalla storia ufficiale della crociata corporativista, le tattiche estreme usate in Iraq e a New Orleans sono spesso scambiate per semplici incompetenze o favoritismi della Casa Bianca di Bush. In realta', gli exploit di Bush rappresentano il culmine, molto violento e molto creativo, di una campagna lunga cinquant'anni per la totale liberazione delle grandi imprese, che non sara' frenata da una singola elezione in un singolo Paese. Piuttosto, e' la stessa ideologia che dev'essere identificata, isolata e sfidata. Qualsiasi tentativo di incolpare le ideologie per i crimini commessi dai loro seguaci dev'essere intrapreso con grande cautela. E' troppo facile dire che coloro dai quali dissentiamo non sono solo in errore ma sono tirannici, fascisti, genocidi. E' anche vero pero' che certe ideologie sono un pericolo per la gente e necessitano di essere identificate per quello che sono. Sono quei sistemi chiusi, quelle dottrine ideologiche che non possono coesistere con altri sistemi di valori: i loro seguaci disprezzano la diversita' e pretendono una tabula rasa su cui costruire. Il mondo com'e' oggi va cancellato per edificarne uno nuovo e perfetto. E' una logica che affonda le radici nelle fantasie bibliche di grandi inondazioni e grandi incendi, una logica che conduce ineluttabilmente alla violenza. Le ideologie che aspirano a quell'impossibile foglio bianco che si puo' raggiungere solo con un qualche cataclisma sono le ideologie pericolose. Di solito sono i sistemi ideologici basati sull'estremismo religioso e sul concetto di razza che richiedono l'eliminazione di altri gruppi al fine di perseguire una visione purista del mondo. Ma in seguito al crollo dell'Unione Sovietica, c'e' stata una potente resa dei conti collettiva con i grandi crimini commessi nel nome del comunismo. Gli archivi sovietici sono stati aperti ai ricercatori, che hanno cosi' potuto contare i morti per carestie forzate, campi di lavoro e omicidi politici. Il processo ha scatenato un acceso dibattito su quanto le uccisioni fossero ispirate dall'ideologia in se', o invece dalla sua distorsione da parte di seguaci come Stalin, Ceausescu, Mao e Pol Pot. "E' stato il comunismo in carne e ossa a imporre la repressione all'ingrosso, culminata in un regno di terrore spalleggiato dallo Stato", scrive Stephane Courtois, coautore del discusso Libro nero del comunismo. "L'ideologia e', dunque, innocente?". Certo che ne ha. Non ne consegue che tutte le forme di comunismo siano intrinsecamente genocide, come qualcuno ha affermato, ma e' stata senza dubbio un'interpretazione della teoria comunista, un'interpretazione dottrinaria, autoritaria e contraria a ogni pluralismo, che ha condotto alle purghe staliniane e ai campi di rieducazione di Mao. Il comunismo autoritario e', ed e' bene che sia, per sempre macchiato da quei laboratori. Ma che ne e' allora della crociata contemporanea per liberate i mercati mondiali? I colpi di Stato, le guerre e i massacri che servono a installare e mantenere i regimi a favore delle grandi societa' non sono mai stati trattati come crimini del capitalismo, ma sono stati liquidati come eccessi di dittatori troppo zelanti, come fronti caldi della Guerra fredda, e ora della Guerra al Terrore. Se i piu' decisi oppositori del modello economico corporativista sono sistematicamente sterminati - in Argentina negli anni Settanta, in Iraq oggi - quella soppressione e' giustificata come parte della lotta sporca contro il comunismo o il terrorismo: quasi mai come la lotta per l'avanzamento del capitalismo puro. Non sto affermando che tutte le forme di sistema di mercato sono per forza violente. E' assolutamente possibile, certo, avere un'economia di mercato che non richieda una simile brutalita' e non necessiti di tale purezza ideologica. Un mercato libero dei prodotti di consumo puo' coesistere con una sanita' pubblica, con scuole pubbliche, con un ampio segmento dell'economia - come una compagnia petrolifera pubblica - saldamente in mano statale. E' parimenti possibile richiedere che le grandi aziende paghino salari decenti e rispettino il diritto dei lavoratori di costituirsi in sindacati; e che i governi tassino e redistribuiscano la ricchezza cosi' che le aspre ineguaglianze che affliggono lo Stato corporativo siano ridotte. Non e' obbligatorio che i mercati siano fondamentalisti. Keynes aveva proposto esattamente questo genere di economia mista, regolata, dopo la Grande depressione: una rivoluzione nell'approccio politico che creo' il New Deal e trasformazioni analoghe in tutto il mondo. E' stato proprio quel sistema di compromessi, controlli ed equilibri che la controrivoluzione di Friedman mirava a smantellare metodicamente Paese dopo Paese. Vista in questa luce, la variante fondamentalista del capitalismo propria della Scuola di Chicago ha, in effetti, qualcosa in comune con altre pericolose ideologie: quel tipico desiderio di irraggiungibile purezza, di imbiancare la tela e tirar su dal nulla la societa' ideale. Questo desiderio di disporre del potere divino di creazione ex nihilo costituisce precisamente il motivo per cui gli ideologi del libero mercato sono cosi' attratti dalle crisi e dai disastri. Una realta' non apocalittica e' semplicemente incompatibile con le loro ambizioni. Da trentacinque anni, cio' che anima la controrivoluzione di Friedman e' stata l'attrazione per un tipo di potere, liberta' e senso di possibilita' che e' disponibile solo in tempi di mutamento cataclismatico - quando le persone, con le loro abitudini ostinate e le loro domande insistenti, vengono spazzate via -, momenti in cui la democrazia sembra concretamente impossibile. Chi crede nella dottrina dello shock e' convinto che solo una grande discontinuita' - un'inondazione, una guerra, un attacco terroristico - possa generare quelle tele vaste e bianche tanto intensamente desiderate. In questi momenti malleabili, in cui siamo psicologicamente e fisicamente sradicati, gli artisti del reale tuffano le mani e iniziano il loro lavoro di ricreazione del mondo. 11. LIBRI. FRANCESCO GARIBALDO PRESENTA "SENZA DEMOCRAZIA" DI ALBERTO BURGIO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 maggio 2009 col titolo "Dalla Genesi alla crisi del neoliberismo. La miseria europea del riformismo"] Alberto Burgio, Senza democrazia. Per un'analisi della crisi, Deriveapprodi, pp. 288, euro 15. * Il libro di ALberto Burgio sulla crisi economica e sociale che stiamo vivendo, senza nulla concedere alle semplificazioni, si propone come uno strumento di conoscenza e lavoro per tutti coloro che vogliono andare alla radice di questa crisi e della sua genesi. Il libro e' di agevole e piacevole lettura anche per i non specialisti. La ricostruzione, accompagnata da una ricchissima bibliografia, parte, infatti, dalla conclusione della seconda guerra mondiale e dal periodo storico 1945-1975, noto come i "trenta gloriosi". Il nodo centrale della ricostruzione storica e' l'analisi di come gli Usa modellarono una fase di crescita che sembrava avere introdotto per sempre nel capitalismo una dimensione sociale eliminandone la congenita instabilita' e di come si e' poi arrivati alla fase neoliberista degli ultimi trenta anni. Infine si analizza criticamente l'esplosione della crisi uscendo dagli schemi semplificatori di molti altri libri e articoli, in particolar modo per quanto concerne il rapporto tra finanza e industria. Si punta il dito sul modello di accumulazione sviluppatosi dagli anni Novanta e sullo squilibrio sistemico del capitalismo e si affrontano le trasformazioni sociali avvenute in Italia a seguito dell'avvento del neoliberismo. Rilevare lo squilibrio sistemico del capitalismo, che oltre che ai capitalisti, appariva superato al personale politico occidentale, compresi i vari riformismi, consente di fare emergere la parabola discendente della prassi e del pensiero riformista sia in Italia che in Europa. Tutto cio' sarebbe sufficiente a consigliarne la lettura. In questo volume pero' si sviluppa, contemporaneamente, una linea di analisi piu' coraggiosa e ambiziosa della sola ricostruzione critica di questa lunga fase storica. L'autore, infatti, sviluppa una riflessione sul presente attualizzando la domanda che Antonio Gramsci si pose sul perche' Mussolini avesse vinto; insomma perche', in particolar modo in Europa, la rivoluzione neoliberista non ha incontrato una resistenza sociale, per non parlare di quella politica, all'altezza delle drammatiche conseguenze sociali che provocava? Su cosa si e' basato il consenso di massa ottenuto dai Bush, dalla Thatcher, da Berlusconi? Burgio, dopo avere richiamato anche l'esigenza di una riflessione sulle trasformazioni antropologiche avvenute - consumismo e individualismo -, ricostruisce, fuori da ogni imbastardimento, il concetto originario di Gramsci di "rivoluzione passiva", cioe' di processi di trasformazione economica, sociale e politica diretti dall'alto. Tale concetto per essere utilizzato richiede, oltre alla direzione dall'alto, che le trasformazioni diano parziale soddisfazione alle istanze poste dalle classi subalterne e che vi sia l'assenza o la carenza del conflitto sociale. Notoriamente in Gramsci tale concetto era associato all'analisi del trasformismo delle classi dirigenti italiane. L'autore ci ricorda che per Gramsci le rivoluzioni passive, cosi' intese, sono "restaurazioni progressive", vi e' cioe' la capacita' delle classi dominanti di fare i conti con importanti processi di trasformazione della societa'. Cosi' definito il concetto, egli ne trae la conclusione che mentre negli Usa esso e' pienamente utilizzabile, in Europa, specificatamente in Italia, manca la condizione della parziale soddisfazione di esigenze delle classi subalterne che sono state solo vittime e non parzialmente beneficiarie, come negli Usa, della bolla speculativa finanziaria. Ne esce un atto di accusa molto radicale sui gruppi dirigenti del riformismo europeo, visti come un esempio di trasformismo, e la ricerca di una spiegazione meno politologica della crisi della rappresentanza politica a sinistra. In questo quadro si indica come maturi una pericolosa crisi democratica. Sarebbe di grande interesse fare interagire il richiamo alla spiegazione antropologica, nella linea di Pasolini e altri, con il concetto di rivoluzione passiva, il libro ce ne offre un'opportunita'. Negli ultimi due capitoli si affronta l'oggi, sia attraverso una valutazione critica delle misure adottate dai governi di tutto il mondo per uscire dalla crisi, sia rispetto alle prospettive aperte di fronte a noi. Il libro sottolinea l'ambivalenza della situazione odierna, e quindi la presenza di un'opportunita' per una svolta radicale, senza nascondere i pericoli che dobbiamo superare. Si polemizza con grande forza contro il rischio, a sinistra, di una nuova fase di "pensiero desiderante che scambia la congettura per previsione e la previsione per analisi", in favore di un realismo attivo, basato sul conflitto sociale, la soggettivita' e la democrazia. Si tratta di trarre profitto dalla crisi di egemonia del capitalismo prima che si avvii una possibile nuova rivoluzione passiva, se non una crisi senza uscite. Si indica la via di un diverso modello di sviluppo, riassumendo quanto gia' elaborato dai saperi critici che a sinistra hanno in questi anni costruito delle opzioni di politiche alternative, sottolineandole la concretezza a fronte dell'irrazionalita' del capitalismo. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 836 del 30 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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