Voci e volti della nonviolenza. 337



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 337 del 29 maggio 2009

In questo numero:
1. Cupa una miscellanea
2. Benito D'Ippolito: Tre litanie a R.
3. Benito D'Ippolito: Strambotto dei cannibali
4. Otello Barbacane: Quelli che
5. Le canzonacce da osteria di Numidio Picciafoco: Voglio farmi la tivvu'
6. Benito D'Ippolito: Cantata a contrasto del terrorista e dell'uomo di pace
7. Cartoline del 1990 e del 1991
8. Dinanzi al dolore

1. EDITORIALE. CUPA UNA MISCELLANEA

Riproponiamo di seguito quattro testi apparsi sul nostro notiziario nel
settembre del 2002, una cantata del settembre 2001, alcune cartoline del
1990-1991 (ma che in realta' recuperavano testi anche di molti anni prima),
e l'epigrafe di un opuscolo ciclostilato del 1986.

2. BENITO D'IPPOLITO: TRE LITANIE A R.

Litania prima: l'ordine del mondo

Siamo fatti cosi', lo so anch'io.

Per questo ho comprato la riga e la squadra, domani
misurero' in centimetri il compianto
sui giornali italiani, sapro' tradurre in grafico
la commozione, il rimbombo del passo
della signora morte. Sappiamo
essere cosi' esatti.

L'indignazione
sara' ancora una volta corale, vi saranno
fiere meste solenni dichiarazioni
dei presidenti di turno, dei direttori, di tutti
coloro che ci sbranano ogni giorno.

Ah, come sappiamo commuoverci, e come
verranno rimesse in riga coi lustrini
a marciar rigide e dimesse un quarto d'ora
le figurine delle vittime pregresse
ben archiviate nei files della memoria perche' tornino
buone docili austere a sfilare al momento
buono, e il momento
e' questo.
Poi si cambiera' subito argomento, verranno ancora
a ipnotizzarci, ad indracarci ancora
le ultime traslucide notizie
del campionato di calcio, della moda italiana
che tanto ci fa nobili nel mondo,
i bellissimi film di stasera in tv.

Veramente sappiamo cosi' tante cose
che non riusciamo piu' a guardarci in volto.

Tutto si logora e la compassione
anche. Ridotta a compressa, a telecomando
perde la prisca virtu' di renderci umani, ci rende
due volte piu' lupi dei lupi.

Della carne dei morti assassinati
non voglio mangiare il mio morso.

Verra' il giorno che saremo interrogati, ci verra' chiesto:
tu cosa facevi?
Coloro che erano dalla parte dei carri armati
di tutti i carri armati
saranno giudicati assassini.
Coloro che stavano a guardare
saranno giudicati assassini ugualmente.

Soltanto
grata si serbera' memoria infine
di quelli che ai carri e alle bombe si opposero
di quelli che usarono la parola, lo sguardo, le mani
per fermare le stragi e gli eserciti, di quelli
che posero se' umani tra gli umani.

*

Litania seconda: disgeli la statua di sale

Anch'io venni a questa ressa
senza sapere cosa recassi nel sacco, nel sacco leggero.
Raspai per terra, giocai a carte, bevvi
di cio' di cui tutti bevevano. Dei morti
vive le voci entro me. Di tutti i morti.

Stagioni trascorsero, e castelli
e dietro noi la steppa e null'altro.
Povero fratello occhio, povera sorella luna.

Ma dovra' pur venire un giorno,
e tu stesso gravido ne sei
che finisca questo rumore,
e l'uomo un aiuto sia all'uomo, quel giorno.

E tu affrettalo, tu affrettalo quel giorno.

La porta stretta, l'angelo piccino, il vento
tempestoso, lo sguardo volto indietro:
io dico: disgeli la statua di sale.
Io dico: la lama torni legno, il legno carne, la carne luce
la luce acqua, voce, infinito tu.

*

Litania terza: le ultime notizie

Notizie dalla fine del mondo, e  sono queste.

Il diavolo ci mette la coda, un certo
Gavroche durante certi tafferugli,
un morto e' morto.

Alla radio le quotazioni odierne
della carne umana: un bianco vale
cento neri. Un cristiano
mille musulmani. Un ricco un milione
di morti di fame.

Gli schiavi sono un buon investimento.
Le guerre un affare. Uccidere
mantiene giovani, tonifica la pelle
lavarsi nel sangue.
E' l'ultimo grido, commenta garrula suasiva la voce
dell'esperto del settore.

Chi non concorda puo' cambiar canale
dal canale ripescano gualcita una rosa rossa
gia' battono ferrati gli scarponi
sul pianerottolo, rubro nel rigagnolo
del vicolo un umore denso cola.

Non lasciarti ubriacare di oblio
e di disperazione. Non lasciarti
ridurre a zanne e artigli.
Finche' tu resti umano la barbarie
non ha vinto.

3. BENITO D'IPPOLITO: STRAMBOTTO DEI CANNIBALI

I.

Noi siamo i pii cannibali, che quando si fa sera
forza col vino e i canti, balliam la zarzuela.

Un tempo, lo rammenti, ci fu quando
chi avesse detto Empedocle evocava
un sandalo, le viscere dell'Etna,
quel verso che nesteusai kakotetos,
certe idee sulla luna e sull'amore.

Quei tempi antichi
che mangiavam le scorze e non i fichi.

Poi venne il tempo nostro, il tempo nero
delle camicie brune in doppiopetto,
del ritorno delle leggi del trentotto,
dell'alleanza tra governo e mercanti
di carne dei figli delle figlie, il tempo
delle plebi di Roma schierate
sulle gradinate del colosseo.

Il tempo odierno
che solo da morti si evade dall'inferno.

E quell'antico augusto nome e' oggi
la rasoiata che ti sfigura il volto
che giorno dopo giorno i pescatori
cavano su' dal mare l'indicibile.

Chi ha ucciso quella gente io lo so bene.

Noi siamo i pii cannibali, che quando viene notte
facciam le nostre ronde e ai forestieri botte.

II.

Noi siamo i pii cannibali, che allo spuntar del giorno
armiam libro e moschetto, e prepariamo il forno.

Io lo so bene e voglio dirlo qui
in questi brutti versi e brutti apposta
perche' non ti distraggano dal senso
di cio' che urge e di cio' che disquatra
la voce e insozza l'anima affocata.

Assassini
i governanti infami che precludono
con sataniche leggi hitleriane
il diritto di ogni essere umano
a fuggire la fame e la morte,
a vivere nel mondo che e' di tutti
poiche' e' l'unico mondo che abbiamo.

E sono i governanti che governano
il nostro paese, l'Europa gioconda, il ricco nord del mondo,
rubizzi gentili i signori
che al nostro voto e al nostro plauso aspirano
per continuare lieta la mattanza.

Assassini
i poteri che da secoli rapinano
interi continenti e che riducono
i rapinati a scheletri gia' in vita
e vaste plaghe a un solo grande lager.

E sono i poteri che ogni giorno ci adescano
a rimpinzarci delle loro merci, tv, libretti degli assegni,
ci dicono: voi siete come noi,
i nostri fedeli azionisti, i nostri fideiussori;
e dicono il vero, e noi siamo i cannibali
ogni volta che accendiamo la tv
ed entriamo al supermercato.

Noi siamo i pii cannibali, che giunto il mezzodi'
dagli col becco e il rostro, e poi chicchirichi'.

III.

Noi siamo i pii cannibali, nell'ora postprandiale
diciamo bello il brutto, ed assai buono il male.

Cosi' i cadaveri di Porto Empedocle
non avessero i polmoni colmi d'acqua
potrebbero dirci quel segreto
che noi non vogliamo ascoltare.

Ed e' questo: che cio' che occorre fare
e': primo, abolire la legge razzista;
secondo: stabilire
che tutti gli esseri umani hanno diritto a vivere
in tutto il mondo come spiego' Kant;
terzo: che c'e' un modo solo
per combattere contro i negrieri d'adesso:
ed e' offrire un servizio pubblico e gratuito
di trasporto per chiunque voglia
venire da noi
fuggendo la fame e le guerre;
quarto: che occorre cessare di fare e usare armi,
di devastare terre, di infettare
le acque e le nuvole e i sogni, di rapinare
i poveri impoveriti da lungo saccheggio.

Dopo potremo tornare
a leggere in pace l'africano Agostino, a studiare
l'algebra dono degli arabi, a parlare la lingua
delle donne e degli uomini di volonta' buona.

Dei cannibali il tempo finira' quel giorno stesso
che di cibare carne umana smetteremo; il giorno
atteso e promesso
della misericordia e del coraggio.
Ed Empedocle tornera' un antico saggio.

Noi siamo ancora gli empi, ma ce ne siamo accorti:
e' nelle nostre mani di riparare ai torti:
di farlo decidessimo, risorgeranno i morti.

4. OTELLO BARBACANE: QUELLI CHE

Quelli che sono contrari alla guerra perche' temono attentati terroristici
in Italia (e dimostrano cosi' di condividere il punto di vista dei
terroristi).
Quelli che non sono razzisti, pero' gli arabi (gemelli di quelli che non
sono razzisti, pero' gli americani).
Quelli che "chi mena primo, mena du' volte" (scesi dal ring trovarono il
deserto).
Quelli che hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace (Tacito).

Quelli che sono contrari alla guerra perche' stanno all'opposizione (e che
naturalmente sarebbero favorevoli alla guerra se stessero al governo).
Quelli che sono favorevoli alla guerra perche' stanno al governo (e che se
stessero all'opposizione sarebbero favorevoli lo stesso, quando c'e' da
menar le mani...).
Quelli che sono contro la guerra perche' la fanno quegli altri (e che per
guadagnare qualche comparsata in tivu' non hanno esitato ad esporre
tantissimi innocenti ai pestaggi e alla morte).
Quelli che sono a favore della guerra perche tanto muoiono gli altri.

Quelli che sono per la guerra umanitaria (quale e' il numero di morti
perche' una guerra cessi di esserlo?).
Quelli che sono per le guerra chirurgica (strano concetto dell'arte medica).
Quelli che sono per le bombe intelligenti (che ammazzano gli stupidi
uomini).
Quelli che sono per la guerra al terrorismo (facciamoglielo vedere ai
terroristi chi ne ammazza di piu').
Quelli che sono per la guerra preventiva (se stiamo sempre ad aspettare gli
altri non se ne fa mai niente).
Quelli che sono per la guerra infinita (bisogna pur che ci sia qualcosa che
duri).

Quelli che noi siamo il bene e loro il male.
Quelli che Dio e' con noi.
Quelli che Dio lo vuole.
Quelli che Dio o non Dio, l'importante e' che vinciamo noi.

Quelli che aspirano all'immortalita' (e tanto per prendersi un po' di
vantaggio facciamo fuori un po' di gentarella).
Quelli che ha fatto bene X.
Quelli che l'ora X.
Quelli segnati con una X.

Quelli che vorrebbero la pace, ma senza disturbare.
Quelli che vorrebbero disturbare.
Quelli che sanno come va il mondo.
Quelli che sanno come finisce il mondo, e hanno letto Eliot.
Quelli che tutto riducono a ciancia.

Le ragioni dell'economia.
I produttori di armi. I commercianti di armi. I bersagli di armi.
I campi concimati dai cadaveri.
I campi contaminati dai proiettili.

Quelli che prima erano qui, e adesso sono niente.
Quelli che guardano la televisione e non vogliono essere scocciati.

5. LE CANZONACCE DA OSTERIA DI NUMIDIO PICCIAFOCO: VOGLIO FARMI LA TIVVU'

Voglio farmi la tivvu'
e diventare presidente del consiglio
voglio farmi la tivvu'
e trovarmi un neofascista per famiglio
voglio farmi la tivvu'
per deciderlo io quel che puoi sapere tu.

Voglio farmi la tivvu'
che guardo in macchina e tu credi che ti vedo
voglio farmi la tivvu'
cosi' t'impongo la mia maschera e il mio credo
voglio farmi la tivvu'
che ti entro in casa e ti riduco in schiavitu'.

Voglio farmi la tivvu'
cosi' ti levo anche il diritto di parola
voglio farmi la tivvu'
cosi' ti assordo col trombone e la pistola
voglio farmi la tivvu'
cosi' comando io e non se ne parli piu'.

Voglio farmi la tivvu'
che ci vinco i processi e le elezioni
voglio farmi la tivvu'
tu la guardi e io ti levo anche i calzoni
voglio farmi la tivvu'
dove la sola legge e' aver la faccia di caucciu'.

Voglio farmi la tivvu'
per abituarti al sangue
voglio farmi la tivvu'
dove il falso giammai langue
voglio farmi la tivvu'
per cancellare tutto quanto quel che fu.

E voglio farmi insomma la tivvu'
perche' son stufo di campar da mascalzone
preso il potere, trasformatomi in barone
in cardinale, in ammiraglio, in primo console
il mondo pendera' dal mio responso, le
pallide stelle stupiran di meraviglia...
e adesso che ho scolato 'sta bottiglia
mi ficco a letto e il cielo caschi giu'.

6. BENITO D'IPPOLITO: CANTATA A CONTRASTO DEL TERRORISTA E DELL'UOMO DI PACE

Ecco, mi ascolti adesso?
Lo senti adesso il mio dolore, lo senti
quanto male faceva e io urlavo ed urlavo sotto le torture e tu
eri troppo distratto per sentirmi?
Ecco, mi ascolti adesso, adesso che e' troppo tardi, che sono morto e morto
nella morte trascinando i tuoi cari?
Ecco, mi ascolti adesso?

Ecco, adesso ti vedo,
ti vedo e tu svanisci ed io
io non ti vedo piu'.
Ma avrei voluto fermarti, avrei voluto
fermarti e fermare la mano
che a scorpioni e frustate ti ha allevato
nell'odio e nel dolore che porta all'abisso dell'orco.

Ecco, fossi venuto
un poco prima, mi avessi
detto parole di pane, parole di luce
un poco prima, forse
forse in pianto mi si sarebbe sciolto
il sale dell'umiliazione che accieca i miei occhi, e forse
saremmo oggi vivi
e io e i tuoi cari. Eri tu
che dovevi salvarli salvandomi.

Ecco, ora che e' tardi per salvarti la vita
ora che e' tardi per salvare i miei cari
anche dai miei le scaglie cadono occhi
ora
che e' tardi.

Uccisi per parlarti in un sussurro

Ma quel gran rombo tutti rende sordi

Uccisi per colpire gli empi simboli
di un empio potere che disumana,
che ha disumanato anche me

Ma quelli che uccidesti non erano
simboli, erano
uomini e donne di carne e di osso
di pianto e di riso, ed ora sono fumo

Cercavo una strada da aprire alla giustizia
di furia, a tentoni, battendo la testa nel muro

Ma per la giustizia vi e' una sola strada
salvare tutte le vite, tutte le vite salvare
salvare
tutte le vite
salvarle tutte
le vite umane.

Commisi l'orrore ma tu
cosa facesti tu, cosa facesti

Nulla seppi fare per fermarti
del sangue che tu hai sparso anche le mie
sono lorde mani.

Perdonami, figlio, perdonami.

Perdonami, perdonami, padre.

7. CARTOLINE DEL 1990 E DEL 1991

Appuntamento

La' ci rivedremo
allo scorticatoio

ed io saro' quello
che avro' atteso un'ora
col machete incartato nel "Times"

e tu sarai quella
le trecce serpine
che hai detto in tv

che non saprei perche'

perche' la gente abbia tanta voglia

di venir qui
allo scorticatoio

*

Sul ponte dei corvi

"Ma erano cose come le nuvole
e difficili da spiegare"

Sul ponte del corvo e' una quercia, all'ombra di essa
sdraiato si giace del principe il consigliere
segreto, l'attorniano moire
che di filo spinato dipanano conocchie.

Sul ponte del corvo e' la forca, la forca solerte
il giudice boia pronuncia ed esegue condanne
argute, blasfeme, di bruno vestite e ghignanti. Della sua anima
protegge di certo il candore dovuta obbedienza.

Sul ponte del corvo e' una vecchia con faccia slavata
che chiama alla ridda, che ride, che balla, che salta
che scopa gli spruzzi del fiume, gli spruzzi scarlatti
ricaccia le bave tra i gorghi, tra i gorghi scarlatti
delle cascate stridule, del fiume
osceno, opaco.

Sul ponte dei corvi s'addensano nuvole pregne
di un fumo nero che macchia, di un fumo che il vento
non riesce a disperdere, sporca le chiome e le tuniche
ricade immondo anche su me che scrivo,
su te che leggi, figlia funghi orribili...

*

Tu vigliacco
di dietro la finestra
guardi il mondo che ti guarda
- sogghigni, scoccano
viene l'ora
tu ombra, tu nulla
tu incenerisci il mondo.

*

Nella notte irta di chiodi

*

Tavolette

I.
Ogni frase, ogni giro di maglia
ogni riga, ogni cavallo e cavaliere
tutto rivela la sua turpe coda.

II.
Un colpo di zappa, mille di picca:
uno di picca, muore chi zappava.

III.
Alta e chiara e' la notte
il mare d'olio, di sangue, di sasso e perla
tramonta la luna, s'accende
l'illuminazione (cosi', nella carbonaia).

Le ruote silenti del mondo trascinano
gli astri: folle corsa, e immobile.
Tutto e' calmo e tutto s'agita
nulla muta dopo un pensiero
dopo un pensiero tutto e' mutato.

Galoppa nel mare il bufalo d'argilla, non lascia impronte:
il mare e' di marmo.

IV.
E' gia' passato l'uccello, la rete e' li'.
La via non e' la rete
la via non e' l'uccello
altro non e' la via.

*

Una traduzione

Seduto qui, sulla tradotta, penso
recando ai campi il bestiame sigillato:

Sono un uomo che per meta' e' membro
della classe dei forti e dei buoni.
L'altra meta' ne prova vergogna.

*

Il faraone indice le elezioni
questa domenica. Il lunedi' gli schiavi
tornano a portar blocchi alle piramidi.

*

Chi torna non ha titolo a parlare
di chi non torna.
Piantate come pali della luce
donne nere guardano negli occhi
occhi che sfuggono. L'aria
non porta suoni.

*

Dal punto di vista della storia universale

La storia e' senza regola, la trama
si spezza, l'occhio
vaga sulla pagina, la bocca
non sa. La storia
non garantisce niente, a mezza voce
ringrazia, afferra i soldi e corre via.
Poi la ritrovi al primo bar che beve,
che gioca a carte, che le spara grosse.

*

Un commentario nuovo

Il fiore di cane (chiamiamolo pure: fiordicane)
ha petali di carni, rosa, venati di rosso e di blu
che di solito pulsano. Cresce
su grandi biliardi abbandonati. Talvolta
vecchi cercatori, piu' svaniti che illusi,
ne cercano, e ne trovano, a caso
sotto macigni corrosi che furono bocce,
sotto gli ossari di stecche, spiagge
di gesso stantio. Cresce, il fiordicane,
in piastre compatte, ha stelo
duro quasi di legno, di spina.
La sua caratteristica la piu' stravagante:
e' che di notte latra alla luna.

*

L'anno della blatta

Un cane cui hanno chiuso le nari colandovi piombo fuso
resta carogna ai bordi del campo. Un occhio
restato scoperto. Vi danzano mosche
dalla corazza screziata di verde brillante,
di oro, scintille bizzarre e bestiali
che vivono e non sanno. E cosi' vanno.

Un tumido persistere
di granchio, di sasso.
Era l'anno della blatta, la pianura
splendeva verso Tarquinia, le torri
crescevano come funghi, s'allenavano
i gladiatori per le campagne. Venivano
quei tempi, quei veicoli.

Morivano di schianto nel cuore.
Altri cresciuti saltando le scale,
perche' morisse chi li aveva elevati
perche' il passato fosse riscritto
perche' la borghesia vincesse sempre.
Cosi' il terrorismo del potere
cresceva cresceva in quell'anno
1991, che fu detto:
l'anno delle blatte.

8. DINANZI AL DOLORE

Dinanzi al dolore noi non restammo
inerti e compiaciuti, lottammo.
Non fu infeconda per noi la parola
del recanatese, il sangue versato
per le strade di Berlino e Samarcanda,
la visione delle mosche sugli occhi,
il grido prigioniero di Nelson Mandela: amandla!
dinanzi al dolore noi non restammo
pietrificati: lottammo.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 337 del 29 maggio 2009

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