[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Minime. 819
- Subject: Minime. 819
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 13 May 2009 01:09:22 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 819 del 13 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Qui e adesso 2. E la guerra continua 3. Il 14 maggio in piazza a Viterbo contro le deportazioni e le misure razziste del "pacchetto sicurezza" 4. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto 5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 6. Francesco Napoli: Alfonso Gatto 7. Letture: Antonia Pozzi, Tutte le opere 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: QUI E ADESSO La riduzione dei migranti a persone senza diritti, la riduzione dei migranti a untermenschen. Non ci ricorda niente? La legalizzazione delle squadracce. Non ci ricorda niente? Sono questi i due punti cruciali del cosiddetto "pacchetto sicurezza" che il governo razzista vuole imporre al parlamento con voto di fiducia. Fiducia nel III Reich. * E perche' non vi siano dubbi sulla volonta' del governo razzista sono gia' cominciate le deportazioni in flagrante e cinicamente esibita violazione del diritto d'asilo, del diritto internazionale, della Convenzione di Ginevra, della Costituzione della Repubblica Italiana. * C'e' un nome per tutto cio': nazismo. C'e' un dovere che incombe a ogni essere umano, ad ogni aggregazione civile, ad ogni istituzione democratica: resistere. All'eversione dall'alto che vuole instaurare in Italia il regime dell'apartheid, dello squadrismo e delle deportazioni, occorre che il popolo italiano si opponga, con una insurrezione nonviolenta delle intelligenze e delle coscienze, in difesa dell'umanita', del diritto, della civilta'. 2. LE ULTIME COSE. E LA GUERRA CONTINUA E continua la guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, mafiosa e totalitaria, in Afghanistan e ormai massicciamente anche in Pakistan. Una guerra cui l'Italia partecipa violando il diritto internazionale e la legalita' costituzionale. La guerra e' gia' il razzismo. La guerra e' gia' la negazione dell'umanita' degli altri esseri umani. Chi non si oppone alla guerra non si oppone neppure al razzismo. Opporsi occorre al razzismo e alla guerra. Salvare occorre le vite delle vittime. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 3. INIZIATIVE. IL 14 MAGGIO IN PIAZZA A VITERBO CONTRO LE DEPORTAZIONI E LE MISURE RAZZISTE DEL "PACCHETTO SICUREZZA" I firmatari del presente appello in vista dell'approvazione del "pacchetto sicurezza" proposto dal governo Berlusconi, invitano gli enti, le istituzioni, le associazioni, le organizzazioni democratiche, i singoli cittadini a partecipare al sit-in di protesta che si terra' giovedi' 14 maggio 2009 alle ore 17 presso piazza del Plebiscito a Viterbo. Come evidenziato dal Consiglio d'Europa, l'Italia rischia di diventare un paese in cui non vengono garantiti i diritti fondamentali dell'individuo. Di fronte ad un inasprimento inaccettabile delle politiche sull'immigrazione, che ha portato al respingimento inumano dalle acque italiane di 227 immigrati in contrasto con l'art. 10 della Costituzione Italiana, che ha negato di fatto la possibilita' di richiedere il diritto d'asilo a chi proviene da terre lacerate da conflitti, chiediamo a tutta la cittadinanza un momento di impegno e partecipazione per la difesa e la salvaguardia dei diritti universali. * Promotori: Arci Viterbo, Associazione di volontariato Caritas "Emmaus", Centro di ricerca per la pace di Viterbo, Comitato Nepi per la pace, Associazione culturale "Achille Poleggi", Afesopsit, Associazione Italia-Palestina, Associazione per la sinistra, Legambiente, Associazione Fata Morgana, C.S.A. Valle Faul, Anpi, Camminando Insieme, Tusciainproposta, Campodimarte, Viterbo con amore, Cooperativa Alice, Cgil, Anolf-Cisl Viterbo, Uil Viterbo, Cobas Scuola, Convento di Celleno, La Piccola Editrice , Polisportiva di Celleno, Gavac, Associazione Erinna, Programma Integra, Uisp, Forum per la scuola della Repubblica. 4. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili informazioni e proposte. 5. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 6. PROFILI. FRANCESCO NAPOLI: ALFONSO GATTO [Dal mensile "Letture" n. 657 del maggio 2009 col titolo "Alfonso Gatto" e il sommario "Con il profilo di Alfonso Gatto viene affrontato il percorso poetico e umano di una delle figure preminenti della nostra storia letteraria. Come scrisse Montale, per lui 'vita e poesie furono un'unica testimonianza d'amore'"] "Ho scritto la mia prima poesia a vent'anni in una stanza diroccata. Di la' dalla finestra c'era il mare, pioveva dolcemente. Avevo visto per vent'anni le montagne chiudere il golfo e contro il cielo una casetta odorare del suo intonaco rosa che la pioggia risvegliava. [...] Questa fu la poesia che mi si rivelo' in quella stanza diroccata ov'io ero seduto [...]". Cosi' confesso' Alfonso Gatto, nato giusto cento anni fa, il 17 luglio 1909 in quel di Salerno, sulle pagine del "Politecnico" nel settembre del 1947, accompagnando la pubblicazione di dieci poesie. Se si volessero rintracciare i versi di quella prima ispirazione non sarebbe difficile ritrovarli in Isola, la raccolta d'esordio del 1932, e segnatamente in "Sogno del golfo", lirica di apertura di quella prima prova poi collocata al penultimo posto nella successiva riorganizzazione in Poesie (1941). "Panorama marmoreo il golfo chiude, / nel desiderio dell'inerzia, il dono / calmo sognato dall'immenso: nude / sorgenti dal profondo al suono / armonioso dell'aria, argentee vette". Non e' l'unico scorcio paesaggistico di Isola, ma tutti, anche piu' di questo, avranno tratti poco riconoscibili, con una resa non referenziale del flusso memoriale. Un trattamento dell'oggetto poetico che e' la via gattiana al surrealismo, fondato su una vorticosa processione di immagini svincolate da tradizionali nessi sintattici e incedenti l'una dall'altra, talvolta l'una nell'altra. Una catena che si inanella e si articola mediante lo sciolto fluire metrico-ritmico, per lo piu' a base endecasillabica, e una ricchissima orchestrazione fonica del verso (rime, rimalmezzo, allitterazioni, assonanze, consonanze). Alfonso Gatto mostra notevole maestria nel disporre l'ordine metrico-strofico del verso, anzi individua nella regolarita' metrica un'idea-forma in grado di raccogliere la processione epifanica dalla memoria. Spiccata la predilezione per l'endecasillabo, ma ci sono significative deroghe verso il novenario, d'impressione pascoliana, e il settenario, metro elettivo della canzonetta melica del Settecento. Perfettamente coerente l'altra scelta formale forte: la rima. Il fitto tessuto rimico si dispone lungo due verticali: una sonora, con funzioni timbriche, e un'altra analogica. Contini identifica nella poesia di Pascoli un "aspetto verticale" nel mutuo rapporto delle rime, un'accortezza riscontrabile anche in Gatto, dove pero' questa verticalita' si predispone con inconsueta naturalezza in forma di "verticalismo analogico": la rima cioe' assume un inedito valore regolatore e strutturante, fungendo da carrello di scorrimento per l'intero testo poetico. Con alle spalle quasi un decennio poetico vissuto nella costruzione della parabola, e della sintassi, dell'ermetismo, arriva per Alfonso Gatto la stagione dell'impegno civile e politico. Tornato a Milano agli inizi degli anni Quaranta dopo un primo soggiorno fiorentino caratterizzato dall'anno trascorso con Vasco Pratolini a dirigere la vallecchiana rivista "Campo di Marte", diventa attivista dell'allora fuorilegge Pci. Una sua poesia, "Per i fucilati di Piazzale Loreto", viene pubblicata anonimamente e diffusa sull'edizione clandestina de "l'Unita'". Nel 1943 tiene la sua prima mostra di pittura e negli stessi anni pubblica diversi titoli tra i quali l'unica opera teatrale, Il duello (1944), e Il capo sulla neve (1947). Gia' nel 1950, con Nuove poesie, Gatto ha proceduto a un riesame della produzione degli anni Quaranta. Si trattava - ha affermato l'autore - "di un libro composito che dette una prima e anche sommaria addizione del lavoro di quegli anni, nell'incontro e nello scontro delle mie esperienze poetiche, umane e politiche, del vecchio e del nuovo che avevo dentro". L'addizione, pero', fu tanto sommaria da escludere dalla silloge le composizioni ideologicamente piu' partigiane ("Hanno sparato a mezzanotte", "Per i martiri di Piazzale Loreto", "Una notte", "25 aprile", "In memoria di Eugenio Curiel" e altre), come se Gatto avesse voluto smorzare, e non di poco, i legami piu' certi ed evidenti che il suo fare poetico aveva contratto con la realta' della storia. Il poeta e' ben consapevole di come in quegli anni gli esiti del suo lavoro fossero contraddittori, cioe' di come in una stessa fase coesistessero "poesie diverse per esperienza, per tentativo, per risultato", contraddizioni ben rintracciabili nella silloge Amore della vita (1944), confluita dapprima in Nuove poesie e, ancora dopo, quale sezione d'apertura in La storia delle vittime (1966). La raccolta e' il luogo di mediazione del "vecchio" fare poetico e delle pressanti urgenze di un "nuovo" ispirato da un'idea di poesia quale compartecipazione al mondo: "Noi siamo ognuno responsabile della vita degli altri", avra' modo di affermare Gatto ripensando a quei momenti. Permangono ancora alcuni tratti di cantabilita', affidata quasi esclusivamente al settenario ("Il capitano", "Processo", "Per dire") accompagnata a evidenti suadenze rimiche; il dato oggettivo della realta' circostante talvolta si dissolve in movenze surreali e l'uso dell'analogia, seppure decisamente meno spinto, non e' del tutto abbandonato. Accanto a queste persistenze bisogna riconoscere la novita' di un linguaggio meno rarefatto e trasparente, dai toni di un piu' accentuato realismo. Inizia ad attestarsi quel processo di inasprimento del linguaggio che sara' ancora piu' palpabile in Il capo sulla neve (1947), la raccolta sulla quale di fatto si frange il primo fare del poeta salernitano. "Nelle liriche di Alfonso Gatto e' scomparso l'io come perno dell'universo (sia che in esso si smemorasse, sia ne ritraesse illusione di divinita'). Io non e' per lui che un'ammonizione a vedere gli altri, a difenderli, a ucciderli forse ma per liberarli". Iniziava cosi' l'appassionata prefazione di Massimo Bontempelli alla raccolta e in quelle parole si coglie appieno la rivoluzione prospettica da cui ne consegue che l'intera impalcatura metrico-ritmica viene smantellata; la suadenza dell'idillio e l'affabulazione dei giochi sonori scompaiono; l'incorporeita' del linguaggio cede definitivamente il passo a una stretta aderenza linguistica alla realta'. "L'astrazione trovo' la resistenza di un corpo", parole di Gatto per Leopardi, adattissime a fotografare questo mutamento. La guerra e la Resistenza entrano con tutta la loro invadenza nel dettato lirico; si avvertono le urgenze e le pressioni dei fatti concreti. Anche la linea sintattica si trasforma assumendo connotati di maggiore narrativita'. Nonostante questa realta', crudamente rappresentata, trovano ancora spazio, attraverso rinnovati percorsi memoriali, le amate figure familiari, e si legga a proposito "All'alba" e "A mio padre". Vengono rievocati, e invocati, ad esempio in "Agli uomini del sud", i luoghi lontani della propria terra, memoria di quiete e di vita pacificata, "Forse un uomo / davanti al golfo della sera parla / della speranza di lasciare ai figli. / Dalla mia casa, dalle vostre case / gli uni negli altri - un popolo di canti / salutera' la luce della terra". All'invadenza dell'evento bellico c'e' ancora la possibilita' di resistere. A cercare di allontanare lo spettro tragico di quei giorni, con tutto il suo carico di morte e distruzione, permane un vigile "amore della vita", programmaticamente espresso nell'omonima lirica. In quei versi si ritrova la forte dualita', quasi agonistica, vita-morte. Non potendo piu' negare la prevalente dissoluzione di morte, questa viene comunque rievocata contrapponendole piu' di un elemento vitale, tant'e' che se e' vero che "Tutto di noi gran tempo ebbe la morte" resta ben piu' impresso come "Pure, lunga la vita fu alla sera / di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo, / alle luci sorgenti ai campanili / ai nomi azzurri delle insegne, il cuore / mai piu' rispondera'?". Il poeta salernitano risistemera' ulteriormente la sostanziosa produzione poetica legata agli anni del secondo conflitto mondiale e all'immediato dopoguerra nel 1966 con La storia delle vittime, dando vita a un articolato volume con le liriche gia' edite, del periodo 1943-'47, e quelle inedite del 1963-'65, queste ultime "frutto di piu' meditati ripensamenti sulla sorte dell'uomo, sui nostri impegni di accusa e di verita'", precisera' nell'importante Giustificazione al libro. A tenere insieme questi due nuclei il sottotitolo, "Poesie della resistenza", dove resistere, per Gatto, significa "contrastare una forza che agisce" contro l'uomo, invitandolo "a cedere". Un'azione intesa non come "momento eccezionale dell'essere" bensi' come "un tempo che dura, il farsi, nel tempo e nella storia, di una coscienza comune". * Versi prossimi alla pittura Se esiste un terzo tempo nella poesia gattiana, questo e' da collocarsi all'altezza di La forza degli occhi, comprensiva di poesie del periodo 1950-'53, e Osteria flegrea, con liriche degli anni 1956-'61. Una fase in cui Gatto sembra riaccostarsi ad alcune modularita' del suo ermetismo. Ritorna a una versificazione fondata sull'endecasillabo e sul settenario e sull'unita' strofica a lui piu' congeniale, la quartina; riprende con insistenza la rima, anche in funzione di nucleo propagatore di passaggi analogici; i rimandi fonici s'accentuano in una ricerca, a tratti anche divertita, dei possibili limiti musicali della versificazione; il lessico, quello si', risente dell'esperienza appena passata, mantenendo non pochi elementi realistici. Ma non ci si trova di fronte a una pura e semplice ripresa, a un rinchiudersi in modi e forme gia' sperimentate. Solo a scorrere i versi della Forza degli occhi non sfugge come certa cantabilita', spinta a volte ai limiti della cantilena o della filastrocca, recuperata quasi esclusivamente sul settenario, sembra seguire una linea di disimpegno cui l'autore non era certamente aduso. Si potrebbe a proposito andare a scorrere "Canzonetta" dove a tanti saltera' all'occhio certo Palazzeschi; il "vedere" assume la prevalenza assoluta nei "sensi meravigliosi" del suo fare poetico; di sicuro non e' della prima maniera lo spiccato colorismo verbale molto prossimo al mondo della pittura, quasi in anticipo sulle Rime di viaggio, come nella quartina "La rosa": "La rosa se l'azzurro la colora / di se' rossa nel verde alza la rosa, / rosa di macchia fulgida la rosa / rossa d'azzurro, viola d'acqua nera". Si respira nei versi di questa raccolta "una poesia di liberi accenti creativi" - come affermato una volta dal poeta -, con movenze tra post-ermetismo e post-surrealismo sempre capace di "risvegliare dal nulla la parola". * Appello alle parole A partire poi dalla seconda meta' degli anni Cinquanta, la stretta di un neorealismo alquanto consunto, i primi sperimentalismi e le forme, esauste in partenza, di neoermetismo conducono la poesia italiana verso uno stato di stagnazione, una crisi "di contenuti umani e morali" causati da un "fare poesia con la sola testa, evitando o ignorando [...] tutta la materia prima dell'uomo" (Carlo Bo). A questa condizione alcuni poeti della cosiddetta terza generazione reagiscono riappellandosi alla poetica della parola e individuando nel rapporto vita-morte l'essenza connaturata della poesia. Carlo Betocchi risponde con L'estate di San Martino, Gatto con Osteria flegrea, incrociandosi con Luzi in un percorso comune. Infatti, i versi che negli stessi anni il poeta fiorentino raccoglie in Dal fondo delle campagne (1956-1960) rispondono alla volonta' di isolare "il confronto, il rapporto, la 'questione' tra morte e vita", avverte Luzi, "connaturali con il poetare stesso". Al pari Gatto, nel dare senso alla sua Osteria flegrea, afferma che le poesie ivi raccolte hanno atteso che si coagulassero intorno al "sole di questa serena contemplazione della morte che e', o dovrebbe essere, il vino dei poeti", ricollegandosi a uno dei temi di fondo della sua speculazione poetica. A rinforzare l'orientamento una triste occasione biografica: la morte della madre avvenuta il 3 novembre 1958 (altro punto di contatto con Luzi, toccato da medesima sorte l'anno seguente). Per la madre scomparsa Gatto da' alle stampe una plaquette, La madre e la morte, accolta pressoche' integralmente quale sezione conclusiva di Osteria flegrea. Due le liriche piu' direttamente collegate all'occasione: "Sotto i colpi della sepoltura" e "A mia madre". Nella prima il poeta e' costretto ad accettare, rimarcandola, la distanza che ormai lo separa dalla madre: "Tu sei lontana, / porta chiusa, niente. / Morte senza voce". Non puramente indicativo l'accenno al silenzio della morta, poiche' proprio quella voce materna "era cosi' soave" che dai figli veniva ascoltata "come una musica senza distinguere le parole con cui ci richiamava" (da "Ritratti di mia madre", in La sposa bambina). Si puo' allora senz'altro convenire con Renato Aymone laddove, in un saggio sulle figure familiari del poeta, avverte che "per Gatto la poesia, nella sua piu' radicale astrazione musicalmente orientata, rappresenta l'equivalente emblematico della voce materna" scomparsa la quale potrebbe scomparire anche la voce del poeta: "Ora ch'e' sola / mia madre e inerme, dov'e' piu' quel forte / bambino che scopriva sulla terra / il passo e i denti d'ogni sua parola?" ("Parabola"). Ben piu' forzata nella seconda lirica menzionata la raffigurazione simbolica, con una complessa analogia che vede la madre associata "con l'assorta / tentennante magia dell'animale / che non ode piu' caccia e si fa solo". Il poeta prosegue sullo stesso piano semantico, identificandola ancora quale "fiera che sverna coi suoi figli" e cosi' nella chiusa: "O belva ladra / d'ogni rumore, o pallido terrore / com'e' lontano a divorarci, madre, / il demonio innocente del tuo cuore". Lo stesso Gatto avverte una certa oscurita' del suo dettato al punto di esplicitare le sue intenzioni in una Nota in appendice alla raccolta: "a contemplare per ore e ore mia madre morta [...] mi parve di vederle sul volto la dignita' degli esseri millenari [...] Pensai all'uomo delle nevi. Da me e lei ormai lontani i rumori della caccia, era rimasto a errare per le latitudini il riso dell'incredulita' perenne?". Non sfugge, infine, alla lettura della lirica come la morte abbia sublimato e risolto il rapporto edipicamente conflittuale con la madre: "Altra morte non so mai piu' lontana / di questa che ci libera alla presa / delle tue mani, al tuo feroce aiuto". Di rilievo, sul piano formale e su quello speculativo, la gia' citata "Parabola", raro esempio novecentesco di canzone strutturata in sesta rima, alla maniera di Odo delle Colonne, dove Gatto teorizza una concezione ciclica delle eta' dell'uomo per cui "l'uomo nasce dal bambino morto / nel ragazzo cresciuto", canonizzazione in versi di un concetto in parte espresso anche in prosa, precisamente nei "Fantasmi" del Carlomagno nella grotta. Il collegamento non sorprenda: i due volumi sono fortemente correlati, essendo ambedue incentrati "sull'essere e non essere meridionale", secondo una sintetica quanto illuminante dedica autografa apposta sul Carlomagno. Nelle poesie, come nelle prose, a risplendere e' il medesimo "sole millenario" della terra d'origine e della sua gente. Ritornano cosi' alcuni temi cari al primo Gatto, quasi una riscoperta, nella e con la memoria, di un mondo ormai lontano, forse scomparso. Ecco allora riapparire l'eta', dai contorni mitici, spensierati e vitali, della fanciullezza - "Vanno a letto / nelle case i fanciulli, al buio compatti / occhieggiano rotondo come gatti" ("Primo amore"); "Lo scolaro che salta la campana / i numeri di gesso" ("Poesia-fiore sulla tomba di De Pisis") - che non puo' conservare per sempre quest'aura di magica felicita', dovendo prima o poi perdere l'innocente spensieratezza, "I bambini che pensano negli occhi / hanno l'inverno, il lungo inverno. Soli / s'appoggiano ai ginocchi per vedere / dentro lo sguardo illuminarsi il sole" ("Inverno a Roma"). E riferendosi al figlio avuto con Graziana Pentich, "il nulla / sospetto che ti coglie / in mezzo al gioco. E' brulla / la tua vita anche a te / nell'attimo che toglie / la certezza al tuo piede" ("Al mio bambino Leone"). * L'apice delle "Rime" "Vedere e' solo credere ai tuoi occhi", e' un verso di icastica sintesi per un basilare assunto del pensiero di Alfonso Gatto, e non a caso lo si ritrova nelle Rime di viaggio per la terra dipinta, dove una matura capacita' retorico-affabulatoria fonde mirabilmente il tratto poetico a quello pittorico nel pieno compimento della teorizzata unita' tra i due segni ("io parto dalla prima stesura del colore, dal primo segno, cosi' come parto dal primo verso", scrivera' in "Del perche' io dipingo", autoriflessione sulla propria opera pittorica). La raccolta si rivela agli occhi del lettore come prodigioso esempio di uso dell'endecasillabo, "aggraziati nella forma cordiale e familiare della quartina" (Jacobbi). Vi ritorna piu' viva che mai quella dialettica fra senso e ritmo che informa quasi per intero il percorso poetico di Gatto. Rinnovato anche il lessico con espressioni letterarie, desuete e neologiche che palesano un sopravvenuto gusto per la ricerca linguistica ed etimologica. Le Rime sono una sorta di diario di viaggio in versi, un itinerario tra pittura e poesia - se cosi' vogliamo intendere le sue parole poste "Per licenza" a prefazione della raccolta - e mostrano una tavolozza oltremodo ricca, con colori disposti "per sottili contrapposizioni o feroci accumuli, grazie alla mente che assiste al giuoco libero della mano" (Jacobbi). Una mano sapiente come poche: nelle Rime il poeta raggiunge la massima consapevolezza e sapienza formale unita a un "impressionismo decantato e arioso" (Mengaldo) con le cento tele in versi "nate dall'occasione del dipingere" (Gatto). Cosi' e' proprio il poeta a ritrarre via via "quello che si aspetta / di vedere per caso aprendo gli occhi" ("Il pacchetto di Nazionali"); a sentirsi tutt'uno con il pittore nel rappresentare una natura morta alquanto originale ("Fiori e locandina") o a dipingere "solo un ricordo" anche se, lo confessa, lo fa "per gioco" ("Facciata natalizia napoletana"). Ad attrarre il poeta deve essere la peculiarita' del "colore che attinge dalle cose / la memoria superstite" ("Vat 69"). Ne vengono cosi' fuori nature morte, paesaggi e qualche ritratto, una cartella ricca di soggetti in cui spiccano le intense accelerazioni cromatiche, colori che virano l'uno nell'altro e con essi le immagini: "il rosa scialbato di Venezia", in realta' "crudo violetto che digrada al / fioco azzurro delle sere" ("Paesaggio veneziano") e' solo uno dei tanti esempi riportabili a riguardo. Non diversamente risponde il paesaggio ben piu' familiare della Costiera Amalfitana dove "vi s'arrende / la luce", luce capace di "affrancare", in una gioiosa "sorpresa d'essere", la "verde di casa rosa Atrani bianca / citta' d'un tempo" ("Atrani"). Nella ritrattistica conserva ancora grande rilievo la rappresentazione dell'adolescenza, eta' eletta a modello esistenziale privilegiato. Riconosciamo qualche "ragazzo vago", "pago / di trovarsi nel vivere" e sorpreso dai colori di una "bottiglia di vetro azzurro" o da quelli di leopardiani "fiori del mazzetto campestre" ("Interno marzolino") o dalla "vogliosa / testa arruffata al vento che la imbroglia" ("Le violette di febbraio"). Ma, come gia' rilevato, questa eta' dai mitici contorni e' posta di continuo in opposizione, e contiguita', con la morte. In "Paese di lago" il poeta ritrae un "gigliare di ragazzi" accanto a "qualche vecchio solo / che dorme" in un contesto nemmeno tanto velatamente funebre per cui lo stesso gigliare - e il giglio e' fiore simbolicamente connesso alla morte infantile - "tetro e disperato", l'azzurro "disegna i cimiteri" e "laghi morti" e "battelli neri" sono posti nella chiusa a segnare lo sfondo della tela. * Epilogo La morte trovera' prematuramente Alfonso Gatto l'8 marzo 1976. Stava lavorando a una nuova raccolta, Desinenze, che uscira' postuma, giusto un anno dopo la scomparsa. Sopra il fascicolo che conteneva le liriche del nuovo volume in fieri c'erano questi profetici versi: Quante volte mi fu vicina, quante la morte per sorprendermi, quel giorno che uscendo dalla nebbia, dalle piante del parco solo me la vidi intorno una striscia díazzurro sull'argento del cielo, alla mia gola con la mano (stretto) senza piu' voce mi trovai col mento. Non ricordavo il sonno, era passata la notte sulla ghiaia dei miei denti. * Non solo poesia L'intera opera poetica di Alfonso Gatto e' ora raccolta nel volume curato da Silvio Ramat, Tutte le poesie (Mondadori). Sempre con Mondadori lo stesso poeta aveva riordinato la sua ricca produzione in versi secondo un ordine fissato da un piano dell'opera cosi' concepito (tra parentesi l'anno effettivo di pubblicazione): Poesie (1961); Poesie d'amore (1973); La storia delle vittime (1966); La forza degli occhi (1954); Osteria flegrea (1962); Rime di viaggio per la terra dipinta (1969); Desinenze (1977). La copiosa produzione in prosa invece attende ancora una sua sistemazione organica. Questi i titoli principali: La sposa bambina, in due edizioni: la prima del 1943, poi completamente riveduta e corretta nel 1963; La coda di paglia, in prima edizione del 1949 e poi riedita, a cura di D'Episcopo, nel 1995; Carlomagno nella grotta, nel 1962 e poi ripubblicata in edizione accresciuta in Napoli N.N. nel 1974; Le ore piccole (note e noterelle), 1975. Ricordiamo inoltre l'unico testo teatrale, Il duello (1944), e una notevole messe di scritti d'arte tra i quali le monografie: Ottone Rosai (1941); Virgilio Guidi, pittore (1943); Il creato di Carra', in C. Carra', Tutta l'opera pittorica (1967) e Occhio che vede dentro il suo vedere, in P. Cezanne, L'opera completa (1970). * Una vita spesa tra arte e letteratura 1909-1925 Alfonso Gatto nasce il 17 luglio 1909 da Giuseppe Gatto, funzionario alla Provincia di Salerno, ed Erminia Albirosa, un matrimonio che genera quattro maschi: Nicola, Alfonso, Saverio e Gerardo (scomparso nel 1925), e quattro femmine: Tina, Lina, Emilia e Wanda. L'infanzia e l'adolescenza il poeta le definira' "burrascose". 1926-1933 Si iscrive alla facolta' di Lettere dell'Universita' di Napoli, "disertandola poi agli ultimi corsi", come Gatto stesso testimoniera'. Da istitutore di collegio a commesso di libreria, da giornalista a correttore di bozze, con questi mestieri si tiene agli studi. Prendono vita nel capoluogo partenopeo le prime amicizie con gli incontri al "Recreo", una cantina-trattoria di via Ventaglieri. Gatto non dimentichera' gli amici napoletani, che si ritrovano quali dedicatari di diverse poesie della prima raccolta, Isola (1932), pubblicata proprio grazie all'aiuto dei suoi sodali, tra i quali in particolare Carlo Muscetta. Isola viene ben recensita da Montale e Penna. 1934-1937 Nel 1934 si trasferisce a Milano, che considerera' "citta' natale sua e della sua poesia". Sposa Jole Turco dalla quale avra' la primogenita Marina, nata nel 1935. Collabora a "Domus", frequenta nella metropoli lombarda il gruppo degli architetti di "Casabella", su cui dal 1937 redige la rubrica "Cronaca dell'architettura", legandosi con forte amicizia e stima reciproca a Edoardo Persico. Coltiva un ricco giro di frequentazioni con artisti e letterati: Carrieri, Sinisgalli, Zavattini, Ferrata, Vigorelli, Sereni, Dal Fabbro, Tofanelli, Sassu, Broggini, Giolli, Titta Rosa, Cantatore, Anna Maria Mazzucchelli e Giulia Veronesi. Gatto, che pratica da tempo la pittura in proprio, dal 1933 si dedica anche alla critica d'arte (con Sinisgalli pubblica nel 1934 un saggio su Atanasio Soldati). Ai primi giudizi favorevoli per la sua poesia di Montale, Penna, Ferrata e De Robertis si aggiungono quelli di Ungaretti, Palazzeschi e Bacchelli. Nell'estate del 1936 viene arrestato con l'accusa di cospirazione comunista. Nel marzo del 1937 con Guanda pubblica la raccolta poetica Morto ai paesi con la quale si afferma definitivamente. 1938-1942 Primo soggiorno a Firenze dove dall'agosto del 1938, per un anno, redige con Vasco Pratolini "Campo di Marte", quindicinale di azione artistica e letteraria. Scrive su molte testate, vivendo sostanzialmente di collaborazioni come quelle su "Il Bargello", "Circoli", "Corrente", "Frontespizio" e altre ancora. Nasce la secondogenita Paola nel 1938. Del 1941, poi, Poesie edito da Vallecchi, che racchiude quanto fino allora pubblicato. 1943-1946 Gatto torna nell'amata Milano. Nel 1943 espone per la prima volta alla galleria dell'Annunciata. Partecipa attivamente alla lotta del Pci clandestino, dove si era iscritto nel 1942, e dal dicembre 1945 dirige (con Mario Bonfantini) "Milano-Sera". Prova cosi' a garantirsi col giornalismo quel minimo di sicurezza finanziaria che non arriva e che, di fatto, non arrivera' mai. Il 25 aprile del 1945 Gatto e altri stampano il primo numero de "l'Unita'" alla luce del sole. Avvia una collaborazione al "Politecnico" di Vittorini con tanti dubbi in seguito alle prime polemiche interne al Pci sul rapporto tra intellettuali e partito. Incontra a Milano, nel corso di una conferenza sul surrealismo, Graziana Pentich, una giovane pittrice triestina che scrive liriche e cerca di farsi strada nel giornalismo. Vivranno insieme fino a tutti gli anni Sessanta. 1947-1950 Si trasferisce a Venezia dove l'amico Ugo Arcuno gli ha offerto un posto di redattore capo nel suo giornale, "Il Mattino del popolo". Ma nell'estate del 1947 e' a Torino per "l'Unita'", di cui e' direttore Davide Lajolo. Nel capoluogo piemontese stringe qualche significativa amicizia tra cui quelle con Italo Calvino e l'attore Raf Vallone. Nel 1949 gli nasce Leone che porta il nome del fratello di Graziana morto ventenne combattendo contro gli alleati dei nazisti. Alfonso torna a Milano ed entra nel novero degli autori della Mondadori con cui pubblica le Nuove poesie 1941-1949. 1951-1957 Nell'aprile del 1951 abbandona il Pci. Entra nella redazione del settimanale "Epoca", spintovi dall'amico Cesare Zavattini. Dipinge molto, in parallelo a una sempre costante attivita' poetica che culmina con la nuova raccolta La forza degli occhi (1954). L'anno seguente vince il Premio Bagutta e nel 1957 lascia Milano per Roma. 1958-1965 Ultimo periodo fiorentino. In maggio comincia infatti a collaborare a un quotidiano di ispirazione cattolica, "Il Giornale del Mattino". Nel 1959 da' alle stampe la plaquette La madre e la morte, che verra' inserita nel 1962 in Osteria flegrea. Nel 1961 segue per il giornale fiorentino a Roma uno dei "processi del secolo", quello Fenaroli. Nel 1964 Pier Paolo Pasolini gli affida il ruolo dell'apostolo Andrea nel Vangelo secondo Matteo, film girato in Puglia. A Roma, gli e' facile imbattersi in Alberto Moravia, che abita con Dacia Maraini a due passi da lui. 1966-1969 In aprile pubblica La storia delle vittime, Premio Viareggio. Il 1968 e' un anno difficile, tormentato da molte inquietudini. Trascorre lunghi periodi lontano da Roma. Nel gennaio del 1969 e' in viaggio in Sicilia con Graziana. In maggio, ancora un trasloco: la nuova casa e' in via Flaminia, nei pressi di Ponte Milvio. Escono nel 1969 le Rime di viaggio per la terra dipinta. 1970-1976 Nel gennaio del 1973 stampa le Poesie d'amore. Il suo ultimo alloggio romano e' uno studio in via Margutta. Il pomeriggio dell'8 marzo 1976, in seguito a un incidente stradale avvenuto nei pressi di Capalbio, Alfonso Gatto muore all'ospedale di Orbetello. Nel primo anniversario della morte del poeta esce nello Specchio mondadoriano Desinenze, curato da Ruggero Jacobbi e da Paola Maria Minucci sulla base di carte gia' quasi pronte per l'edizione. 7. LETTURE. ANTONIA POZZI: TUTTE LE OPERE Antonia Pozzi, Tutte le opere, Garzanti, Milano 2009, pp. XXIV + 680, euro 19,50. A cura di Alessandra Cenni, l'opera poetica, l'epistolario, le rare sparse prose (e una selezione dell'opera fotografica) della poetessa milanese suicida in giovane eta' (1912-1938) che sta sempre piu' divenendo un punto di riferimento della ricerca espressiva e della riflessione sul fare poetico in lingua italiana. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 819 del 13 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Voci e volti della nonviolenza. 332
- Next by Date: Coi piedi per terra. 188
- Previous by thread: Voci e volti della nonviolenza. 332
- Next by thread: Coi piedi per terra. 188
- Indice: