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Minime. 813
- Subject: Minime. 813
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 7 May 2009 00:48:43 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 813 del 7 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Dalal 2. Severino Vardacampi: Le stragi afgane 3. L'Italia verso il regime dell'apartheid 4. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto 5. Luciana Castellina ricorda Antonio Gambino 6. "Noi donne" ricorda Ilda Bartoloni 7. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 8. Valerio Evangelisti intervista James Graham Ballard (2006) 9. Antonella Ottolina intervista James Graham Ballard (2006) 10. Enrico Maria Massucci presenta "Le conseguenze economiche della pace" di John Maynard Keynes 11. Elisabetta Rasy presenta tre romanzi sulla figura materna 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: DALAL [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento] Sentite questa storia. Estate 2008. Una giovane donna e' in prigione a Tikrit, a nord di Baghdad. Invia una lettera al fratello, implorando il suo aiuto: la giovane, che si chiama Dalal, scrive che e' incinta a causa degli stupri subiti dalle guardie carcerarie. Il fratello chiede il permesso di visitarla. Lo ottiene. Entra nella cella di Dalal, estrae una pistola e uccide la sorella al quinto mese di gravidanza. L'onore della famiglia e' salvo. I secondini stupratori anche. Ma un lavoratore della morgue centrale di Baghdad, a cui il cadavere e' stato inviato, insiste perche' sia fatta giustizia. Insiste tanto che viene eseguita la prova del Dna rispetto al feto e alle guardie. Cosi' si viene a sapere chi ha messo incinta Dalal: e' un tenente colonnello di polizia, a capo dei secondini. Passano i mesi, si raccontano le storie piu' diverse sui violentatori (il tenente forse e' stato arrestato, poi trasferito, forse ha pagato un compenso alla famiglia, forse no) e sull'assassino (forse anche costui e' stato arrestato, ma forse la sua liberta' faceva parte dell'accordo sul compenso, non si sa). Una cosa e' sicura, e cioe' che nessuno e' in carcere per lo stupro e l'omicidio di Dalal. E perche', comunque, lei invece in carcere c'era? Che crimine aveva commesso? Nessuno. La polizia la teneva in ostaggio perche' voleva interrogare suo fratello, volevano che si consegnasse. Impossibile sapere per cosa, le bocche sono cucite. Impossibile sapere come un individuo, che le procedure carcerarie impongono di perquisire prima dell'ingresso in una cella, possa portare con se' un'arma carica, scaricarla su una donna incinta e andarsene indisturbato. Sappiamo solo che in un afoso sabato estivo Dalal si e' sollevata all'arrivo di suo fratello, la pancia gia' un po' tesa, la speranza negli occhi e nel cuore. Si fidava di lui. 2. EDITORIALE. SEVERINO VARDACAMPI: LE STRAGI AFGANE Non passa giorno senza massacri in Afghanistan, e di quei massacri siamo anche noi italiani corresponsabili, poiche' a quella guerra terrorista e stragista il nostro paese prende parte. E vi prende parte in evidente violazione della legalita' costituzionale oltre che del diritto internazionale. E prendendovi parte contribuisce non solo a quei massacri, ma alla crescita del terrorismo nel mondo. E mentre questo accade, in Italia l'opposizione alla guerra afgana, alla concreta guerra cui l'Italia concretamente sta prendendo parte, e' praticamente inesistente (e naturalmente non e' opposizione alla guerra il delirio degli sciagurati che inneggiano ai fascisti talebani). Da quando i partiti della ex-sinistra presero parte al secondo governo Prodi e si prostituirono alla guerra i tanti prominenti e le burocrazie al seguito che pure in passato facevano professione di pacifismo si sono alla guerra prostituiti anch'essi. Col risultato che anche adesso che al governo non ci sono piu' i compari loro che garantivano finanziamenti e prebende e carriere, ma sono tornati i fascisti doc, i mafiosi doc e i razzisti doc, quei prominenti professionisti del pacifismo da parata e le burocrazie al seguito loro continuano ad infischiarsene delle stragi afgane, della guerra italiana, col che rivelano di che tempra fosse la loro pretesa opposizione alla guerra (per non dire della loro presunta amicizia per la nonviolenza). Son cose tristi. Dobbiamo pur dirle. * Se non ci si oppone alla guerra nulla puo' essere fatto in pro della pace e della giustizia. Se non ci si oppone alla guerra nulla puo' esere fatto per il rispetto e la promozione dei diritti umani. Se non ci si oppone alla guerra si e' gia' ceduto al fascismo. 3. EDITORIALE. L'ITALIA VERSO IL REGIME DELL'APARTHEID Anche se la mobilitazione antirazzista di questi mesi ha ottenuto qualche risultato, il governo sta procedendo verso l'imposizione definitiva di ulteriori gravi ed infami misure razziste contenute nel disegno di legge noto come "pacchetto sicurezza", predisponendosi ad usare ancora una volta lo strumento autoritario del voto di fiducia in parlamento. Occorre approfondire ed intensificare l'impegno in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, occorre approfondire ed intensificare l'impegno in difesa della legalita' costituzionale, occorre approfondire ed intensificare l'impegno per la democrazia, occorre approfondire ed intensificare l'impegno contro ogni barbarie. Vi e' una sola umanita'. 4. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili informazioni e proposte. 5. LUTTI. LUCIANA CASTELLINA RICORDA ANTONIO GAMBINO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 maggio 2009 col titolo "Antonio Gambino, un giornalista da non dimenticare"] Antonio Gambino non e' piu' con noi in questo mondo e, sebbene la sua vita sia stata lunga e piena, la sua scomparsa ferisce. Ci sembra ingiusta e inattesa, come sempre quando viene a mancare una persona ancora viva e importante. E' un'amputazione dolorosa, umanamente e politicamente. Antonio e' stato un protagonista del gruppo politico-giornalistico che aveva dato vita negli anni '50 all'"Espresso", e poi, nei '70, a "La Repubblica"; e su quelle pagine, per piu' di quarant'anni, ha tenuto aperta una preziosa rubrica, finestra intelligente (dove hanno spesso soffiato venti controcorrente) sugli avvenimenti internazionali. Antonio non e' stato comunque solamente questo. Oltre al suo impegno di storico (Storia del dopoguerra dalla Liberazione al potere democristiano; Intervista a De Gasperi), e' stato - via via accentuando la sua vena di polemista - un militante politico. Non posso che definirlo cosi' per il coraggio delle sue denunce contro la retorica europeista (Europa invertebrata, Vivere con la bomba), ma soprattutto contro l'ipocrisia dell'Occidente (e in particolare degli Stati Uniti), filistei paladini dei diritti umani, usati come strumento d'ingerenza e sostenuti dall'"indicibile" intervento "umano militare", accusatori del terrorismo dei poveri, ciechi rispetto a quello degli stati (L'imperialismo dei diritti umani; Esiste davvero il terrorismo?). E' stato anche e forse soprattutto un critico durissimo di Israele, non aprioristico e ideologico, perche' conosceva assai bene quel paese e la drammatica storia del popolo ebraico, e le sue critiche erano dunque sempre precise e sofferte. Con lui ho condiviso una grande amicizia per Wael Zwaeter, primo rapprentante in Italia di Al Fatah, assassinato dal Mossad a Roma nel 1972. 6. LUTTI. "NOI DONNE" RICORDA ILDA BARTOLONI [Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org)] Si e' spenta prematuramente Ilda Bartoloni, ideatrice e conduttrice di Tg3 Punto Donna. Giornalista di straordinaria energia, ha sempre unito professionalita' e passione nel raccontare i punti di vista delle donne. La redazione di "Noi donne", ricordandone la competenza, la capacita' di indagine e di approfondimento, esprime commozione e vicinanza alla famiglia e a tutte le persone che l'hanno conosciuta e hanno condiviso con lei progetti, sogni da realizzare e sogni realizzati. 7. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 8. MEMORIA. VALERIO EVANGELISTI INTERVISTA JAMES GRAHAM BALLARD (2006) [Dal sito della casa editrice Feltrinelli riprendiamo la seguente intervista apparsa su "XL" nel novembre 2006 col titolo "Il futuro e' morto, e noi siamo sonnambuli in un incubo. Intervista a J. G. Ballard"] L'incubo e' gia' la' fuori, accanto a un'autostrada dove il Metro center, uno sterminato supermarket, ha usurpato le funzioni che un tempo aveva la chiesa. Un cambiamento di sistema che ha la forza assoluta di uno tsunami. di fronte al quale nessuna resistenza sembra possibile. Ecco Regno a venire, il nuovo romanzo di James Ballard. Se nel suo Crash (1973), diventato uno scioccante film di Cronenberg, le auto dominavano anche il nostro eroe, qui elettrodomestici, computer e tv sono oggetti di culto. E nelle strade marciano, razzisti e volgari, i tifosi avvolti nell'Union Jack quali moderne SS in cerca di un leader. "Penso che in Inghilterra la classe operaia bianca si stia ritribalizzando", spiega Ballard al telefono. "Si', dopo la caduta delle ideologie rivendica la sua identita' tribale, la tribu' inglese. E lo sport e' il mezzo con cui lo fa. E puo' essere aggressiva, violenta. Abbiamo visto tutto questo durante la Coppa del Mondo. Oggi viviamo nella cultura dei consumi, non c'e' nulla. nient'altro. In particolar modo in Inghilterra, non c'e' nient'altro. Nessuno piu' crede nelle ideologie politiche. In generale nessuno crede. Quella inglese e' una societa' secolare, non andiamo piu' in chiesa. Le chiese sono cosi' brutte. Se fossi italiano mi farei immediatamente cattolico e bacerei la terra dove cammina il papa perche' le chiese sono belle. Qui le chiese sono brutte. Le religioni sono morte, la monarchia non e' rispettabile. Ha ucciso Lady D e il popolo britannico non la perdonera' mai. Non siamo nemmeno piu' orgogliosi delle nostre forze armate. E la politica ovviamente e' svuotata di ogni autorita' o rispetto. Il Primo Ministro britannico vive di fantasie. Lo sanno tutti che vive in un mondo di sogni. Quindi non ci resta che il consumismo: andiamo a fare shopping". * - Valerio Evangelisti: Ma cosa pensi esattamente di Tony Blair? - James G. Ballard: E' un caso triste. Come ho detto, vive di sole fantasie. Crede alle proprie illusioni, e' pazzesco, Ha portato questo paese in guerra contro l'Iraq sulla base di falsita'. Ha sostenuto che Saddam aveva armi di distruzione di massa: mentre ovviamente non ne aveva. Blair ci ha portati in guerra a suon di bugie. E' stato un danno enorme per la pace e la stabilita' del mondo e noi ne pagheremo le conseguenze. Con il sangue, e a lungo. Il fatto che abbiamo rieletto Blair e' la dimostrazione che la politica non viene presa sul serio. * - Valerio Evangelisti: Ci sono legami tra le periferie di Londra di Regno a venire e L'Inghilterra di Blair? - James G. Ballard: Legami stretti, strettissimi. Le periferie di Londra sono ai margini, vicino ai grandi sistemi autostradali. Nuove citta', parchi commerciali, nuovi stabilimenti industriali, aeroporti: e' questa la vera Inghilterra. La vera Inghilterra non e' Westminster o Buckingham Palace: questo e' solo show business per i turisti. L'Inghilterra vera e' qui, dove vivo io, accanto alla M25 o alla M3. Dove hanno votato Thatcher, e poi Blair. * - Valerio Evangelisti: Nei tuoi libri c'e' una societa' apparentemente piacevole e moderna che nasconde un tasso di violenza crescente. E' un pericolo vero? E, se si', in Inghilterra o in tutto l'Occidente? - James G. Ballard: Si', penso che sia una minaccia. Ricordo che qualche anno fa qualcuno mi chiese: come definirebbe il futuro? Io risposi: e' facile, il futuro sara' noioso. Saremo tutti annoiati e quando la gente e' annoiata, come i bambini che si annoiano, comincia a rompere i giocattoli. Vedo periferie che si diffondono per il pianeta, la suburbanizzazione dell'anima, vite senza senso, noia assoluta. Una specie di mondo della tv pomeridiana, quando sei mezzo addormentato... E poi, di tanto in tanto, bum! Un evento di una violenza assoluta, del tutto imprevedibile: qualcosa come un pazzo che spara in un supermercato, una bomba che esplode. E' pericoloso. * - Valerio Evangelisti: La suburbanizzazione significa che stiamo perdendo il centro delle cose o invece che il centro si e' fatto televisivo? La violenza e' nei media, quindi essere violenti e' come essere al centro di qualcosa? - James G. Ballard: Proprio cosi'! Io penso che la violenza abbia un ruolo molto particolare, oggi. Il futuro ci riservera' psicopatologie. La gente e' disposta a tollerare livelli di psicopatologia sempre piu' elevati nella vita moderna. Livelli impensabili 50 anni fa. Come questa specie di apertura verso la pornografia, il che, tra l'altro, e' un bene. Mi piace. La pornografia e' bene, e' controcultura. Il capitalismo ha una grande inventiva, una capacita' di trasformarsi con brevissimo preavviso. Se qualcosa non va e tu non vuoi comprarla, non fa niente! Inventeremo qualcosa di nuovo, riempiremo i negozi con qualche novita'. Ecco, io temo che la gente - annoiata per la maggior parte del tempo e senza nulla per cui vivere, specie in Inghilterra - si lascera' andare alle psicopatologie perche' sono divertenti, sono esaltanti. Siamo tutti un po' folli e ci possiamo divertire facendo matti. E' li che si annida il pericolo, una specie di nuovo fascismo che sorge. * - Valerio Evangelisti: Pensi che oggi ci sia veramente la minaccia dal fascismo? Dal libro sembrerebbe di si'. - James G. Ballard: Non penso che il tipo di fascismo che sta per arrivare sia quello anni '30. Non ci saranno stivali militari, Fuhrer che strepitano, niente Sturmtruppen. Non sara' quel tipo di fascismo. Sara' un fascismo da tv, molto light, se e' chiaro cosa voglio intendere. Il nostro Fuhrer non sar‡' come Hitler, sara' piu' come uno show pomeridiano. Mi pare che voi in Italia abbiate tentato di avvicinarvi un po' a questo modello con Berlusconi. * - Valerio Evangelisti: Si'. Cosa pensi di Berlusconi? - James G. Ballard: Molti commentatori hanno detto: quando Berlusconi era primo ministro c'era un nuovo tipo di fascismo all'orizzonte, controlla tutte quelle emittenti televisive, tutti quei quotidiani, ecc., io non so se tutto questo sia vero, ma forse qui c'era l'inizio di qualcosa. L'uso dei mezzi di comunicazione di massa per un nuovo tipo di politica emotiva. Perche' questa e' la chiave di tutto: le emozioni. Blair lo ha dimostrato. Le emozioni sono sempre con noi, Non pensate mai: e' un errore pensare. Usate solo le emozioni. La gente e' cosi'. Oggi i giovani uomini sono molto emotivi. E' per questo che sono pericolosi. Sono pericolosi al volante, quando girano in bande, quando si ubriacano... Sono pericolosi quando la loro ragazza esce con un altro. * - Valerio Evangelisti: Non sanno controllare le emozioni? - James G. Ballard: Esattamente. * - Valerio Evangelisti: Hai scritto libri di ogni genere, saggi di sociologia e politica, hai un ruolo importante nella letteratura moderna, ma c'e' chi ti definisce un semplice scrittore di fantascienza, ovviamente uno dei migliori. Ti disturba? - James G. Ballard: No, in verita' no. Molti anni fa scrivevo fantascienza. Ma non ho scritto fantascienza per trent'anni o forse piu'. Non mi vedo piu' come uno scrittore di fantascienza, pero' lo ero, e quindi la cosa non mi preoccupa. * - Valerio Evangelisti: I tuoi primi lavori come Deserto d'acqua o Il vento dal nulla trattavano della societa' che ci circondava. Ma erano ambientati in un'epoca molto futura. Il Metro center invece e' a pochi passi dal nostro tempo. Vediamo meno lontano? - James G. Ballard: Si'. Non abbiamo piu' una visione del futuro. Molti pensano che il futuro sara' esattamente come il presente, come oggi. Da giovane, negli anni '30, mentre crescevo - cosi' come alla fine degli anni '40 e negli anni '50 - tutti avevano grande consapevolezza del futuro perche' ogni cosa cambiava cosi' rapidamente: gli aerei erano piu' veloci, le macchine erano piu' veloci, e poi dopo la guerra sono arrivati gli antibiotici, le armi nucleari... I jet facevano il giro del mondo. Il cambiamento arrivava a una velocita' tale che oggi, al confronto, non c'e' piu' alcun cambiamento. Tutto e' fatto per raccogliere applausi, per cosi' dire. * - Valerio Evangelisti: Solo microcambiamenti? - James G. Ballard: Si', piccolissimi cambiamenti. Non sono apprezzabili. E' molto strano: ci sono grandi cambiamenti, come Internet ad esempio, ma in realta' la vita nel suo assieme non e' molto diversa da come lo era dieci anni fa. Non e' cambiata drasticamente. Quindi penso che ci sia il rischio che a morire sia la stessa idea di futuro. * - Valerio Evangelisti: Cosa pensi della fantascienza di oggi? Puo' essere sovversiva come in passato? - James G. Ballard: La fantascienza e' morta il giorno in cui Armstrong ha messo piede sulla Luna, nel 1969. Penso che allora si sia messa la parola fine. Da allora molti dei sogni della fantascienza si sono avverati. I trapianti, la manipolazione genetica... Vuoi che tua figlia somigli alla Lollobrigida? Oggi e' possibile. * - Valerio Evangelisti: Dobbiamo accettare la realta' di Regno a venire, o e' possibile reagire? Dacci una speranza, anche piccola. - James G. Ballard: Bisogna aprire gli occhi. In Occidente stiamo correndo il rischio di marciare come sonnambuli verso un incubo, Ne abbiamo avuto un assaggio con l'11 settembre a New York. In un certo senso, l'11 settembre e' stata una specie di sveglia: "Svegliati, America", io penso che si siano svegliati, ma che siano scesi dalla parte sbagliata del letto. Hanno invaso l'Iraq, sbaglio enorme. Ma quella era una sveglia. E la guerra contro il terrorismo islamico e' molto vera. In tutto il mondo, tra tante cose dobbiamo farne soprattutto una: dobbiamo svegliarci. Noi occidentali stiamo molto comodi. Viviamo in belle case, non abbiamo fame e, se ci ammaliamo, qualcuno si prende cura di noi. Molto comodo. Dobbiamo svegliarci. Ci stanno drogando con i beni di consumo. Non siamo piu' in grado di badare a noi stessi e invece dobbiamo cominciare a badare a noi stessi. * - Valerio Evangelisti: Ma in pratica cosa possiamo fare, smettere di consumare? - James G. Ballard: Ah, che domanda. La mia generazione ha gia' tentato di rispondere: ora rispondete voi, io sono troppo vecchio. 9. MEMORIA. ANTONELLA OTTOLINA INTERVISTA JAMES GRAHAM BALLARD (2006) [Dal sito della casa editrice Feltrinelli riprendiamo la seguente intervista apparsa su "Anna" nel novembre 2006 col titolo "E' stato Gesu' a sbagliare. Intervista a J.G. Ballard"] Nessuno si aspetta che l'anatomopatalogo si sposti da casa. Non c'e' bisogno di vivere a Londra, familiarizzare con gli executive manager; andare al cinema o navigare su Internet per estrarre un campione del corpo della societa' occidentale, isolare i virus attivi o latenti e quindi descrivere come la trasgressione e la devianza possano diventare bisogno collettivo di falliti senza ripensamenti, alta borghesia inglese marinata nello sherry e personaggi partoriti direttamente dall'istituto di Credito. Non se sei James Graharn Ballard. Non se - come lui - guardi al futuro per capire il presente. E scrivi di perversioni istituzionalizzate, cataclismi pandemici e brutalita' assortite come futuri diversi che nondimeno, in scale variabili di inaridimento umano, tendono tutti allo stesso risultato: un mondo non molto diverso da questo, ma dove la frase piu' gentile per consolare un bambino che frigna sarebbe qualcosa come "Piccolo, perche' non prendi la tua palla e vai a giocare in mezzo al traffico?". Di recente, in Regno a venire, lo sguardo e' caduto su Brooklands, immaginario avamposto di Heathrow lungo l'autostrada che porta a Londra. Una cittadina risuonante del salubre tintinnio della musica del progresso qui riassunto in un unico, enorme centro commerciale infestato da nugoli di riconoscenti consumatori che di sera cercano emozioni reincarnandosi in hooligan picchiatori e razzisti. inquietante, perche' J. G. Ballard vive in un posto simile da anni. * - Antonella Ottolina: Tira un'aria cosi' cupa e incrinata, a Shepperton? - James G. Ballard: Shepperton e' l'Inghilterra. E' sbagliato identificare la Gran Bretagna con Londra, Bloomsbury e Fortnum & Mason. Me ne sono reso conto gia' da ragazzo, quando sono arrivato dopo averla immaginata per anni come nei libri di Winnie the Pooh. Credevo che tutti vivessero a Kensington. Non era cosi' allora e non e' cosi' oggi. Chi vuole vedere la vera Inghilterra deve farsi un giro lungo autostrade come la M25, in una provincia dov'e' impossibile trovare una libreria o una chiesa per pregare. Dove la cultura e' usa e getta. * - Antonella Ottolina: Che cosa la preoccupa in particolare? - James G. Ballard: Lo sport. Ovvero il nazionalismo. Ogni volta che c'e' una partita internazionale di calcio si vede un mare di gente che tira fuori scudetti e bandiere con la croce di San Giorgio, rossa sul fondo bianco, quella dei crociati. Una decina di anni fa era praticamente sconosciuta, l'estate scorsa, durante i Mondiali, non si vedeva altro. Lo prima volta che ne ho vista sventolare una nel giardino dei miei vicini mi sono sentito raggelare. Doveva pur significare qualcosa. Voglio dire, uno si procuro un'asta - e poi dove la trovi un'asta? io non saprei da che parte cominciare - per piantare una bandiera in giardino che non ha alcun significato? Strano. Ed e' strano che il patriottismo venga fuori solo trascinato dallo sport. Perche', vede, alla maggior parte degli inglesi la politica non interessa granche', cosi' come non interessa la religione. E se ne frega della monarchia. L'Inghilterra non ha piu' alcun orgoglio. Una volta strombazzava sul suo esercito, le sue navi, la sua aviazione. Adesso, invece, l'orgoglio nazionale risorge solo per le partite di calcio. E dire che siamo anche scarsissimi, a calcio... * - Antonella Ottolina: La squadra non sara' granche' ma avete hooligan imbattibili... - James G. Ballard: Appunto, e la cosa piu' incredibile e' che credo la gente ne sia orgogliosa. E' davvero uno strano Paese. * - Antonella Ottolina: Pensa che ritrovarsi nel bel mezzo della seconda guerra mondiale da bambino - internato per tre anni dai giapponesi - abbia reso "diverso" il suo sguardo sull'essere umano? - James G. Ballard: La guerra smaschera gli uomini per quello che sono veramente; esseri violenti, pericolosi, un po' psicotici. Non siamo creature ragionevoli, razionali. Certo, poi ci si mette d'accordo su quale lato della strada guidare, giusto per non fare incidenti. * - Antonella Ottolina: Passi in rassegna il catalogo universale degli esseri umani di ogni tempo e ne scelga uno da intervistare. - James G. Ballard (lungo silenzio: sta sfogliando): Gesu' Cristo. Senza dubbio. Per chiedergli se sapeva quello che stava facendo. * - Antonella Ottolina: Perche', che cosa stava facendo? - James G. Ballard: Stava cominciando qualcosa di molto grave. Camminare sull'acqua, materializzare pani e pesci, resuscitare la gente... Diamine, sono cose che confondono! Era consapevole di quale effetto pericoloso potesse avere tutto cio' sulla razza umana? Be', su parte della razza umana. Gesu' ha giocato con regole molto misteriose. * - Antonella Ottolina: Giocato? Regole? - James G. Ballard: Well... Quando avevo circa nove anni passavo molto tempo a osservare mia mamma e le sue amiche mentre giocavano a bridge. Non ci capivo niente: un quadri, due cuori... Mi sono fatto spiegare le regole ed ero cosi' fiero di averle imparate da scriverci sopra una quarantina di pagine su un quaderno. E' stato quello l'inizio come scrittore: spiegando le regole di uno degli incomprensibili giochi dell'essere umano. Tutti i miei libri hanno poi avuto questo intento. Perche' anche le societa' e le culture giocano con regole misteriose. Ogni Paese lo fa. Ogni essere umano. Anche Gesu'. * - Antonella Ottolina: Pero' dev'essere stato difficile, perlomeno all'inizio, guadagnarsi da vivere come scrittore, considerato che da giovane non era uno scapigliato bohemien ma il padre di tre bambini senza mamma... - James G. Ballard: E' stato difficile davvero. Ho lavorato duro. E sono stato fortunato, perche' gli editori mi hanno sempre pubblicato tutto. Sono stato aiutato da una grande immaginazione. * - Antonella Ottolina: E' una leggenda metropolitana che lei non navighi in Internet, non usi il computer e scriva a mano? - James G. Ballard: E' la pura verita'. * - Antonella Ottolina: Se mi sembra strano per uno scrittore che flirta con il futuro, mi sembra impossibile per uno che ha cresciuto tre ragazzini. Non le hanno mai tirato la giacca per avere la Playstation. - James G. Ballard: Playwhat? * - Antonella Ottolina: No, non gliel'hanno tirata... - James G. Ballard: I miei figli hanno ora intorno ai 50 anni. * - Antonella Ottolina: Allora ha preso la curva larga... Ma quindi i suoi libri arrivano all'editore sotto forma di manoscritti? - James G. Ballard: Scrivo a mano e poi con una macchina da scrivere elettrica che non cambierei con un computer per niente al mondo. * - Antonella Ottolina: Quando e' stata l'ultima volta che e' andato al cinema? - James G. Ballard: Una vita fa. Non mi viene una travolgente voglia di spostarmi da casa per andare in un cinema a vedere Matt Damon, o Tom Cruise, o Kate Winslet... Si ricordi che sono un vegliardo... Preferisco la tv, un paio d'ore la sera, magari serial come C.S.I. Anche i film li guardo in televisione. Due giorni fa, ad esempio, hanno trasmesso L'avventura, con Monica Vitti. Bellissima, Monica Vitti. Do you know Monica Vitti? 10. LIBRI. ENRICO MARIA MASSUCCI PRESENTA "LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA PACE" DI JOHN MAYNARD KEYNES [Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 maggio 2008 col titolo "Appunti di John Maynard Keynes da Versailles"] Qualunque dietrologia guarderebbe con sospetto l'assoluto silenzio che ha accompagnato e seguito, sulla "grande" stampa, la pubblicazione del fondamentale libro dell'inattuale John Maynard Keynes, Le conseguenza economiche della pace (Adelphi, pp. 233, euro 22). Eppure il "libello", uscito in Gran Bretagna alla fine del 1919, non puo' proprio essere definito una chiosa a margine o una delle tante composizioni di circostanza che accompagnarono la fine della prima guerra mondiale. Anzi, esso funziona come un documento, agile e solenne, a commento di una catena di eventi che al tempo stesso era un punto di arrivo e di partenza, uno snodo crucialissimo di quella decisiva fase della storia dell'umanita', che Eric Hobsbawm avrebbe definito "secolo breve". In quella speciale congiuntura Keynes era presente come un rappresentante del Tesoro britannico alla conferenza di Versailles e insieme era anche delegato del Cancelliere dello Scacchiere al Supremo Consiglio Economico, dunque dall'osservatorio privilegiato dell'elite politica continentale, vincitrice della guerra, chiamata a ridisegnare lo scenario delle relazioni internazionali all'indomani del crollo del Secondo Reich. La partecipazione al tavolo delle trattative in realta' persuase rapidamente il giovane economista che a Versailles si stavano preparando le condizioni per la spirale di eventi che avrebbe condotto al secondo conflitto mondiale, a causa delle "pecche disastrose" della conferenza internazionale e della generale insipienza degli attori. Cosi', contestualmente alle proprie dimissioni, Keynes affidava a un testo teso e vibrante considerazioni non episodiche sugli effetti delle decisioni prese sul futuro assetto del continente: decisioni che avrebbero alimentato un risentimento verso il paese sanzionato dal Trattato stesso quale responsabile unico e "solitario" dello scoppio della guerra (la Germania), quasi annientandone il profilo statuale. Inoltre, Keynes considerava l'atteggiamento delle nazioni vincitrici, in particolare quello della Francia e dell'Inghilterra, come una riedizione dello spirito ottocentesco da grande potenza corresponsabile dell'inizio della prima guerra mondiale e anticipatore della seconda. Nelle sue pagine appassionate, il grande economista non mancava di segnalare l'irresponsabilita' di una condotta politico-diplomatica che associava alla vessazione antitedesca l'accanimento ideologico antibolscevico, giudicato altrettanto insulso della revanche antigermanica, ai fini di una ricomposizione della frattura europea e di un reale ristabilimento della pace. Il "blocco" sanzionatorio e il "cordone sanitario" imposti al paese dei Soviet gli apparivano ´"provvedimenti stolidi e miopi", che avrebbero danneggiato non tanto l'esperimento li' in corso quanto l'Europa stessa, incapace di riprogettarsi creativamente. L'invocazione keynesiana, come si sa, sarebbe rimasta lettera morta e quell'accidentato percorso negoziale avrebbe prodotto l'ennesima eterogenesi dei fini. Non a caso la stagione storica che aveva appena terminato di aprirsi era quella della "seconda guerra dei trent'anni". 11. LIBRI. ELISABETTA RASY PRESENTA TRE ROMANZI SULLA FIGURA MATERNA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la seguente recensione apparsa su "Il sole 24 ore" del 15 marzo 2009 col titolo "Sotto il segno della madre" e il sommario "Femminile plurale. La figura materna, controversa eppure centrale nella letteratura del secondo '900, vista da autrici diverse: l'israeliana Doron e la turca Magden"] Lizzie Doron, C'era una volta una famiglia, traduzione di S. Vogelmann, Giuntina, Firenze, pp. 136, euro 12. Perihan Magvden, In fuga, Elliot, Roma, pp. 200, euro 16,50. Friedrich Christian Delius, Ritratto della madre da giovane, Archinto, Milano, pp. 144, euro 14. * Le madri non sono certo state inquiline irrilevanti nella casa della letteratura, dagli antichi greci al moderno, ma nella seconda meta' del Novecento si sono trasformati il loro rilievo, posto e figura. Con le scrittrici, ma anche gli scrittori, del postfemminismo non e' piu' stata soltanto l'amata o odiata, prepotente o amorevole genitrice. E' diventata qualcos'altro: la portatrice di una genealogia diversa da quella paterna o, come ha scritto in un prezioso saggio anni fa Luisa Muraro, l'incarnazione di un diverso ordine simbolico. Se nel grande romanzo del realismo ottocentesco il posto cruciale era quello del padre, con tutti i temi connessi - e cioe' adulterio, rivolta sociale e politica - nella narrativa di fine Novecento cruciale e' il segno della madre, anche se non ha potere e riconoscimento. Pensiamo, per valutare il cambiamento, ai romanzi di due donne (apparentati in italiano dal marchio Adelphi): Il ballo di Irene Nemirovsky e Autobiografia di mia madre di Jamaica Kincaid. Nel primo, scritto nel 1930, una figlia oppressa e depressa ordisce una terribile vendetta nei confronti della madre, seguendo la tradizione della competitivita' femminile tra generazioni che Freud giudicava del tutto naturale. Nel secondo, scritto sessantasei anni dopo, una meticcia caraibica orfana di madre dalla nascita insegue nella propria storia, e prima ancora nel proprio corpo, la traccia materna perduta come stella polare del suo stare al mondo, della sua identita' e autonomia rispetto alla legge degli uomini: non e' in gioco il potere della madre ma la sua potenza, che non viene meno di fronte a umiliazioni e sventure. Come in un bel romanzo di Lizzie Doron, un'autrice israeliana di "seconda generazione", cioe' la generazione dei figli degli scampati alla Shoah. E' sua madre Helena la protagonista di C'era una volta una famiglia, ben tradotto da Shulim Vogelmann. Elizabeth torna nella casa materna subito dopo la morte della vecchia signora; non vorrebbe fare la shiva', i sette giorni di lutto rituale, ma ecco che intorno a lei si anima un mondo di figure perdute che la vincolano al malridotto appartamento in cui solo lei, la figlia, sa riconoscere un reame perduto. C'era una volta una famiglia segue a un anno di distanza un altro libro di Lizzie Doron, Perche' non sei venuta prima della guerra? (anche edito da Giuntina con la traduzione di Vogelmann) in cui sempre Helena e' la protagonista, o meglio il suo mondo - il mondo "di la'" - che approda nella Terra d'Israele - il mondo "di qua" - dall'Europa di sangue e nebbie mortifere per trovare speranza e liberta' ma anche altro dolore. La madre di questi due suggestivi romanzi e' bizzarra, sconveniente, insopportabile a volte alla sua stessa figlia, perche' non propone un principio sociale di adattamento ma la forza stessa della vita che si ribella alla morte. E se porta con se' uno spettrale album di famiglia, non di ricordi si tratta ma di una storia incarnata che e' un propellente, un personale residuo propellente per il futuro. La storia di Helena e della figlia e' una storia a due, la storia di un legame che sfugge alle convenzioni per iscriversi in un tempo piu' arcaico e piu' essenziale in cui appunto e' in gioco la vita contro la morte. Un rapporto a due esclusivo che torna spesso nelle storie di madri e figli o figlie, come nel nuovo libro di Perihan Magden, famosa e politicamente contestata quarantanovenne autrice turca, In fuga (di prossima pubblicazione presso Elliot), che comincia sotto il segno della lettura materna delle fiabe, come se un legame fiabesco, cioe' un po' magico un po' inspiegabile, legasse il duo femminile del racconto, che vive in un a parte, cercando salvezza da un misterioso pericolo. Altrettanto spesso, la madre che occupa la scena non e' solo la madre in servizio effettivo materno: e' la madre quando non era madre, una creatura per i figli in un certo senso impensabile, innaturale. E' una immaginazione drammatica quella che si mette in atto quando i figli cercano di individuare la donna che sarebbe stata la loro madre prima che lo diventasse. Come accade in un romanzo del tedesco Friedrich Christian Delius, annunciato da Archinto, Ritratto della madre da giovane. Un ritratto in una situazione e in un contesto piu' che allarmanti: la madre di Delius arrivo' a Roma in qualita' di moglie di un giovane caporale della Wehrmacht, che fu poi improvvisamente trasferito nell'Afrika Korps in Tunisia lasciandola alle prese con la solitudine, lo spaesamento e un figlio in arrivo alla vigilia del capodanno del cruciale e tragico 1943. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 813 del 7 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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