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La domenica della nonviolenza. 212
- Subject: La domenica della nonviolenza. 212
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 19 Apr 2009 11:03:02 +0200
- Importance: Normal
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 212 del 19 aprile 2009 In questo numero: 1. Verso il 25 aprile 2. Piero Calamandrei: Epigrafi per donne, uomini e citta' della Resistenza 3. Primo Levi: Alcuni testi in versi e frammenti in prosa 1. EDITORIALE. VERSO IL 25 APRILE Avvicinandosi l'anniversario del 25 aprile 1945, in cui si ricorda la liberazione dal nazifascismo, riproponiamo ancora una volta alcuni testi di Piero Calamandrei e di Primo Levi che gia' molte volte abbiamo riproposto su questo foglio. Che la loro memoria illumini la lotta che oggi e' da condurre contro la guerra, contro il razzismo, contro il fascismo che torna. 2. PIERO CALAMANDREI: EPIGRAFI PER DONNE, UOMINI E CITTA' DELLA RESISTENZA [I testi che qui ancora una volta riproponiamo sono estratti dal libro di discorsi, scritti ed epigrafi di Piero Calamandrei, Uomini e citta' della Resistenza, edito nel 1955 e successivamente ristampato da Laterza, Bari 1977 (l'edizione da cui citiamo), poi riproposto da Linea d'ombra, Milano 1994, e nuovamente da Laterza nel 2006] VIVI E PRESENTI CON NOI FINCHE' IN LORO CI RITROVEREMO UNITI MORTI PER SEMPRE PER NOSTRA VILTA' QUANDO FOSSE VERO CHE SONO MORTI INVANO (In limine al libro Uomini e citta' della Resistenza) * DA QUESTA CASA OVE NEL 1925 IL PRIMO FOGLIO CLANDESTINO ANTIFASCISTA DETTE ALLA RESISTENZA LA PAROLA D'ORDINE NON MOLLARE FEDELI A QUESTA CONSEGNA COL PENSIERO E COLL'AZIONE CARLO E NELLO ROSSELLI SOFFRENDO CONFINI CARCERI ESILII IN ITALIA IN FRANCIA IN SPAGNA MOSSERO CONSAPEVOLI PER DIVERSE VIE INCONTRO ALL'AGGUATO FASCISTA CHE LI RICONGIUNSE NEL SACRIFICIO IL 9 GIUGNO 1937 A BAGNOLES DE L'ORNE MA INVANO SI ILLUSERO GLI OPRESSORI DI AVER FATTO LA NOTTE SU QUELLE DUE FRONTI QUANDO SPUNTO' L'ALBA SI VIDERO IN ARMI SU OGNI VETTA D'ITALIA MILLE E MILLE COL LORO STESSO VOLTO VOLONTARI DELLE BRIGATE ROSSELLI CHE SULLA FIAMMA RECAVANO IMPRESSO GRIDO LANCIATO DA UN POPOLO ALL'AVVENIRE GIUSTIZIA E LIBERTA' (Epigrafe sulla casa dei fratelli Rosselli, in Firenze, via Giusti n. 38) * GIUSTIZIA E LIBERTA' PER QUESTO MORIRONO PER QUESTO VIVONO (Epigrafe sulla tomba dei fratelli Rosselli, nel cimitero di Trespiano - Firenze) * NON PIU' VILLA TRISTE SE IN QUESTE MURA SPIRITI INNOCENTI E FRATERNI ARMATI SOL DI COSCIENZA IN FACCIA A SPIE TORTURATORI CARNEFICI VOLLERO PER RISCATTARE VERGOGNA PER RESTITUIR DIGNITA' PER NON RIVELARE IL COMPAGNO LANGUIRE SOFFRIRE MORIRE NON TRADIRE (Epigrafe sulla villa di via Bolognese, a Firenze - dove fu la sede della banda Carita' - nella quale Enrico Bocci fu torturato: e che fu chiamata in quei mesi "Villa triste") * GIANFRANCO MATTEI DOCENTE UNIVERSITARIO DI CHIMICA NELL'ORA DELL'AZIONE CLANDESTINA FECE DELLA SUA SCIENZA ARMA PER LA LIBERTA' COMUNIONE COL SUO POPOLO SILENZIOSA SCELTA DEL MARTIRIO SU QUESTA CASA OVE NACQUE RIMANGANO INCISE LE ULTIME PAROLE SCRITTE NEL CARCERE QUANDO SOTTRASSE AL CARNEFICE E INVITTA CONSEGNO' ALL'AVVENIRE LA CERTEZZA DELLA SUA FEDE "SIATE FORTI - COME IO LO FUI" Milano 11 dicembre 1916 - Roma febbraio 1944 (Epigrafe sulla casa di Milano, ove nacque l'11 dicembre 1916 Gianfranco Mattei) * LA MADRE QUANDO LA SERA TORNAVANO DAI CAMPI SETTE FIGLI ED OTTO COL PADRE IL SUO SORRISO ATTENDEVA SULL'USCIO PER ANNUNCIARE CHE IL DESCO ERA PRONTO MA QUANDO IN UN UNICO SPARO CADDERO IN SETTE DINANZI A QUEL MURO LA MADRE DISSE NON VI RIMPROVERO O FIGLI D'AVERMI DATO TANTO DOLORE L’AVETE FATTO PER UN'IDEA PERCHE' MAI PIU' NEL MONDO ALTRE MADRI DEBBAN SOFFRIRE LA STESSA MIA PENA MA CHE CI FACCIO QUI SULLA SOGLIA SE PIU' LA SERA NON TORNERETE IL PADRE E' FORTE E RINCUORA I NIPOTI DOPO UN RACCOLTO NE VIENE UN ALTRO MA IO SONO SOLTANTO UNA MAMMA O FIGLI CARI VENGO CON VOI (Epigrafe dettata per il busto, collocato nella sala del consiglio del Comune di Campegine, di Genoveffa Cocconi, madre dei sette fratelli Cervi, morta di dolore poco dopo la loro fucilazione) * A POCHI METRI DALL'ULTIMA CIMA AVVOLTA NEL NEMBO QUALCUNO PIU' SAGGIO DISSE SCENDIAMO MA LIVIO COMANDA QUANDO UN'IMPRESA SI E' COMINCIATA NON VALE SAGGEZZA A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE DALLA MONTAGNA NERA DOPO DIECI ANNI DAL PRIMO CONVEGNO S'AFFACCIANO LE OMBRE IN VEDETTA L'HANNO RICONOSCIUTO SVENTOLANO I VERDI FAZZOLETTI RICANTAN LE VECCHIE CANZONI E' LIVIO CHE SALE E' IL LORO CAPO CHE PER NON RINUNCIARE ALLA VETTA TRA I MORTI GIOVANI GIOVANE ANCH'EGLI E' VOLUTO RESTARE ASCIUGHIAMO IL PIANTO GUARDIAMO SU IN ALTO IN CERCA DI TE COME TI VIDERO I TEDESCHI FUGGENTI FERMO SULLA RUPE LE SPALLE QUADRATE MONTANARE LA MASCHIA FRONTE OSTINATA L'OCCHIO ACCESO DI DOLCE FIEREZZA FACCI UN CENNO LIVIO SE VACILLEREMO A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE ANCHE SE QUESTO E' MORIRE (Epigrafe per la morte di Livio Bianco avvenuta nel luglio del 1953, per una sciagura di montagna) * DALL'XI AGOSTO MCMXLIV NON DONATA MA RICONQUISTATA A PREZZO DI ROVINE DI TORTURE DI SANGUE LA LIBERTA' SOLA MINISTRA DI GIUSTIZIA SOCIALE PER INSURREZIONE DI POPOLO PER VITTORIA DEGLI ESERCITI ALLEATI IN QUESTO PALAZZO DEI PADRI PIU' ALTO SULLE MACERIE DEI PONTI HA RIPRESO STANZA NEI SECOLI (Epigrafe apposta dopo la liberazione sulla parete di Palazzo Vecchio che guarda Via dei Gondi, a Firenze) * SULLE FOSSE DEL VOSTRO MARTIRIO NEGLI STESSI CAMPI DI BATTAGLIA O SUPPLIZIATI DI BELFIORE O VOLONTARI DI CURTATONE E MONTANARA DOPO UN SECOLO MANTOVA VI AFFIDA QUESTI SUOI CADUTI DELLA GUERRA PARTIGIANA COME VOI SONO ANDATI INCONTRO ALLA MORTE A FRONTE ALTA CON PASSO SICURO SENZA VOLTARSI INDIETRO ACCOGLIETELI OMBRE FRATERNE SONO DELLA VOSTRA FAMIGLIA MUTANO I VOLTI DEI CARNEFICI RADETZKY O KESSELRING VARIANO I NOMI DELLE LIBERAZIONI RISORGIMENTO O RESISTENZA MA L'ANELITO DEI POPOLI E' UNO NELLA STORIA DOVE I SECOLI SONO ATTIMI LE GENERAZIONI SI TRASMETTONO QUESTA FIAMMA RIBELLE PATIBOLI E TORTURE NON LA SPENGONO DOPO CENT'ANNI QUANDO L'ORA SPUNTA I CIMITERI CHIAMANO LIBERTA' DA OGNI TOMBA BALZA UNA GIOVANE SCHIERA L'AVANZATA RIPRENDE FINO A CHE OGNI SCHIAVITU' SARA' BANDITA DAL MONDO PACIFICATO (Epigrafe murata nella sala del Palazzo Provinciale di Mantova nel primo decennale della Resistenza, giugno 1954) * RITORNO DI KESSELRING NON E' PIU' VERO NON E' PIU' VERO O FUCILATI DELLA RESISTENZA O INNOCENTI ARSI VIVI DI SANT'ANNA E DI MARZABOTTO NON E' PIU' VERO CHE NEL ROGO DEI CASALI DIETRO LE PORTE INCHIODATE MADRI E CREATURE TORCENDOSI TRA LE FIAMME URLAVANO DISPERATAMENTE PIETA' AI CAMERATI GUASTATORI CHE SI GLORIARONO DI QUELLE GRIDA SIA RESA ALFINE GIUSTIZIA RIPRENDANO TORCE ED ELMETTI SI SCHIERINO IN PARATA ALTRI ROGHI DOVRANNO ESSERE ACCESI PER LA FELICITA' DEL MONDO NON PIU' FIORI PER LE VOSTRE TOMBE SONO STATI TUTTI REQUISITI PER FARE LA FIORITA SULLE VIE DEL LORO RITORNO LI COMANDERA' ANCORA COLL'ONORE MILITARE CUCITO IN ORO SUL PETTO IL CAMERATA KESSELRING IL VOSTRO ASSASSINO * IL MONUMENTO A KESSELRING LO AVRAI CAMERATA KESSELRING IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRA' A DECIDERLO TOCCA A NOI NON COI SASSI AFFUMICATI DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO STERMINIO NON COLLA TERRA DEI CIMITERI DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI RIPOSANO IN SERENITA' NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI CHE TI VIDE FUGGIRE MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI PIU' DURO D'OGNI MACIGNO SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO GIURATO FRA UOMINI LIBERI CHE VOLONTARI SI ADUNARONO PER DIGNITA' NON PER ODIO DECISI A RISCATTARE LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE AI NOSTRI POSTI CI RITROVERAI MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO CHE SI CHIAMA ORA E SEMPRE RESISTENZA (Lapide murata nel Palazzo Comunale di Cuneo il 21 dicembre 1952) * ALL'OMBRA DI QUESTE MONTAGNE IL 12 SETTEMBRE 1943 POCHI RIBELLI QUI CONVENUTI ARMATI DI FEDE E NON DI GALLONI FURONO LA PRIMA PATTUGLIA DELLA RESISTENZA PIEMONTESE CHE DOPO DUE INVERNI CON DUCCIO E LIVIO AL COMANDO PER OGNI CADUTO CENTO SOPRAGGIUNTI DIVENTO' L'ESERCITO DI GIUSTIZIA E LIBERTA' DILAGANTE VITTORIOSO IN PIANURA NEL PRIMO DECENNALE I VIVI SALUTANO I MORTI DORMITE IN PACE COMPAGNI L’IMPEGNO DI MARCIARE INSIEME VERSO L'AVVENIRE NON E' CADUTO (Epigrafe murata sulla Chiesa di Madonna del Colletto, inaugurata il 27 settembre 1953 con un discorso di Ferruccio Parri) * CONTRO OGNI RITORNO INERMI BORGATE DELL'ALPE ASILO DI RIFUGIATI PRESE D'ASSALTO COI LANCIAFIAMME ARSI VIVI NEL ROGO DEI CASALI I BAMBINI AVVINGHIATI ALLE MADRI FOSSE NOTTURNE SCAVATE DAGLI ASSASSINI IN FUGA PER NASCONDERVI STRAGI DI TRUCIDATI INNOCENTI QUESTO VI RIUSCI' S. TERENZIO BERGIOLA ZERI VINCA FORNO MOMMIO TRAVERDE S. ANNA S. LEONARDO SCRIVETE QUESTI NOMI SON LE VOSTRE VITTORIE MA ESPUGNARE QUESTE TRINCEE DI MARMO DI DOVE IL POPOLO APUANO CAVATORI E PASTORI E LE LORO DONNE STAFFETTE TUTTI ARMATI DI FAME E DI LIBERTA' VI SFIDAVA BEFFARDO DA OGNI CIMA QUESTO NON VI RIUSCI' ORA SUL MARE SON TORNATI AL CARICO I VELIERI E NELLE CAVE I BOATI DELLE MINE CHIAMAN LAVORO E NON GUERRA MA QUESTA PACE NON E' OBLIO STANNO IN VEDETTA QUESTE MONTAGNE DECORATE DI MEDAGLIE D'ORO AL VALORE PARTIGIANO TAGLIENTI COME LAME IMMACOLATO BALUARDO SEMPRE ALL'ERTA CONTRO OGNI RITORNO (Epigrafe scolpita sul marmo della stele commemorativa delle Fosse del Frigido, inaugurata il 21 ottobre 1954) * FANTASMI NON RAMMARICATEVI DAI VOSTRI CIMITERI DI MONTAGNA SE GIU' AL PIANO NELL'AULA OVE FU GIURATA LA COSTITUZIONE MURATA COL VOSTRO SANGUE SONO TORNATI DA REMOTE CALIGINI I FANTASMI DELLA VERGOGNA TROPPO PRESTO LI AVEVAMO DIMENTICATI E' BENE CHE SIANO ESPOSTI IN VISTA SU QUESTO PALCO PERCHE' TUTTO IL POPOLO RICONOSCA I LORO VOLTI E SI RICORDI CHE TUTTO QUESTO FU VERO CHIEDERANNO LA PAROLA AVREMO TANTO DA IMPARARE MANGANELLI PUGNALI PATIBOLI VENT'ANNI DI RAPINE DUE ANNI DI CARNEFICINE I BRIGANTI SUGLI SCANNI I GIUSTI ALLA TORTURA TRIESTE VENDUTA AL TEDESCO L'ITALIA RIDOTTA UN ROGO QUESTO SI CHIAMA GOVERNARE PER FAR GRANDE LA PATRIA APPRENDEREMO DA FONTE DIRETTA LA STORIA VISTA DALLA PARTE DEI CARNEFICI PARLERANNO I DIPLOMATICI DELL'ASSE I FIERI MINISTRI DI SALO' APRIRANNO I LORO ARCHIVI SEGRETI DI OGNI IMPICCATO SAPREMO LA SEPOLTURA DI OGNI INCENDIO SI RITROVERA' IL PROTOCOLLO CIVITELLA SANT'ANNA BOVES MARZABOTTO TUTTE IN REGOLA SAPREMO FINALMENTE QUANTO COSTO' L'ASSASSINIO DI CARLO E NELLO ROSSELLI MA FORSE A QUESTO PUNTO PREFERIRANNO RINUNCIARE ALLA PAROLA PECCATO QUESTI GRANDI UOMINI DI STATO AVREBBERO TANTO DA RACCONTARE (Epigrafe pubblicata sul "Ponte" dopo le elezioni politiche del 7 giugno 1953) 3. PRIMO LEVI: ALCUNI TESTI IN VERSI E FRAMMENTI IN PROSA SHEMA' [Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre Se questo e' un uomo), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 525] Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo e' un uomo, Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un si' o per un no. Considerate se questa e' una donna, Senza capelli e senza nome Senza piu' forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo e' stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi: Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I votri nati torcano il viso da voi. 10 gennaio 1946 * ALZARSI [Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre La tregua), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 526] Sognavamo nelle notti feroci Sogni densi e violenti Sognati con anima e corpo: Tornare; mangiare; raccontare. Finche' suonava breve sommesso Il comando dell'alba: "Wstawac": E si spezzava in petto il cuore. Ora abbiamo ritrovato la casa, Il nostro ventre e' sazio, Abbiamo finito di raccontare. E' tempo. Presto udremo ancora Il comando straniero: "Wstawac". 11 gennaio 1946 * SI IMMAGINI ORA UN UOMO... [Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 21] Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sara' un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignita' e discernimento, poiche' accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potra' a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinita' umana; nel caso piu' fortunato, in base ad un puro giudizio di utilita'. Si comprendera' allora il duplice significato del termine "Campo di annientamento"... * CHE APPUNTO PERCHE'... [Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 35] Che appunto perche' il Lager e' una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si puo' sopravvivere, e percio' si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; e che per vivere e' importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l'impalcatura, la forma della civilta'. Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facolta' ci e' rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perche' e' l'ultima: la facolta' di negare il nostro consenso. * VERSO IL MEZZOGIORNO DEL 27 GENNAIO 1945 [Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, pp. 205-206] La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla (...). Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi (...). Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pieta', da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volonta' buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa. * HURBINEK [Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I, p. 216] Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai visto un albero; Hurbinek, che aveva combattuto come un uomo, fino all'ultimo respiro, per conquistarsi l'entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito; Hurbinek, il senzanome, il cui minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz; Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole. * APPRODO [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 542] Felice l'uomo che ha raggiunto il porto, Che lascia dietro se' mari e tempeste, I cui sogni sono morti o mai nati; E siede e beve all'osteria di Brema, Presso al camino, ed ha buona pace. Felice l'uomo come una fiamma spenta, Felice l'uomo come sabbia d'estuario, Che ha deposto il carico e si e' tersa la fronte E riposa al margine del cammino. Non teme ne' spera ne' aspetta, Ma guarda fisso il sole che tramonta. 10 settembre 1964 * LA BAMBINA DI POMPEI [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 549] Poiche' l'angoscia di ciascuno e' la nostra Ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna Che ti sei stretta convulsamente a tua madre Quasi volessi ripenetrare in lei Quando al meriggio il cielo si e' fatto nero. Invano, perche' l'aria volta in veleno E' filtrata a cercarti per le finestre serrate Della tua casa tranquilla dalle robuste pareti Lieta gia' del tuo canto e del tuo timido riso. Sono passati i secoli, la cenere si e' pietrificata A incarcerare per sempre codeste membra gentili. Cosi' tu rimani tra noi, contorto calco di gesso, Agonia senza fine, terribile testimonianza Di quanto importi agli dei l'orgoglioso nostro seme. Ma nulla rimane fra noi della tua lontana sorella, Della fanciulla d'Olanda murata fra quattro mura Che pure scrisse la sua giovinezza senza domani: La sua cenere muta e' stata dispersa dal vento, La sua breve vita rinchiusa in un quaderno sgualcito. Nulla rimane della scolara di Hiroshima, Ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli, Vittima sacrificata sull'altare della paura. Potenti della terra padroni di nuovi veleni, Tristi custodi segreti del tuono definitivo, Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo. Prima di premere il dito, fermatevi e considerate. 20 novembre 1978 * NON CI SONO DEMONI... [Da Primo Levi, La ricerca delle radici, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 1519] Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso, che e' senza ritorno. * PARTIGIA [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 561] Dove siete, partigia di tutte le valli, Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse? Molti dormono in tombe decorose, Quelli che restano hanno i capelli bianchi E raccontano ai figli dei figli Come, al tempo remoto delle certezze, Hanno rotto l'assedio dei tedeschi La' dove adesso sale la seggiovia. Alcuni comprano e vendono terreni, Altri rosicchiano la pensione dell'Inps O si raggrinzano negli enti locali. In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo. Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna, Lenti, ansanti, con le ginocchia legate, Con molti inverni nel filo della schiena. Il pendio del sentiero ci sara' duro, Ci sara' duro il giaciglio, duro il pane. Ci guarderemo senza riconoscerci, Diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi. Come allora, staremo di sentinella Perche' nell'alba non ci sorprenda il nemico. Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno, Spaccato ognuno dalla sua propria frontiera, La mano destra nemica della sinistra. In piedi, vecchi, nemici di voi stessi: La nostra guerra non e' mai finita. 23 luglio 1981 * IL SUPERSTITE [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 576] a B. V. Since then, at an uncertain hour, Dopo di allora, ad ora incerta, Quella pena ritorna, E se non trova chi lo ascolti Gli brucia in petto il cuore. Rivede i visi dei suoi compagni Lividi nella prima luce, Grigi di polvere di cemento, Indistinti per nebbia, Tinti di morte nei sonni inquieti: A notte menano le mascelle Sotto la mora greve dei sogni Masticando una rapa che non c'e'. "Indietro, via di qui, gente sommersa, Andate. Non ho soppiantato nessuno, Non ho usurpato il pane di nessuno, Nessuno e' morto in vece mia. Nessuno. Ritornate alla vostra nebbia. Non e' mia colpa se vivo e respiro E mangio e bevo e dormo e vesto panni". 4 febbraio 1984 * CONTRO IL DOLORE [Da Primo Levi, L'altrui mestiere, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 675] E' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole di questa "sostanza" che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme; ed e' strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga anche a partire da presupposti radicalmente diversi. * CANTO DEI MORTI INVANO [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 615] Sedete e contrattate A vostra voglia, vecchie volpi argentate. Vi mureremo in un palazzo splendido Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco Purche' trattiate e contrattiate Le vite dei vostri figli e le vostre. Che tutta la sapienza del creato Converga a benedire le vostre menti E vi guidi nel labirinto. Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi, L'esercito dei morti invano, Noi della Marna e di Montecassino Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima: E saranno con noi I lebbrosi e i tracomatosi, Gli scomparsi di Buenos Aires, I morti di Cambogia e i morituri d'Etiopia, I patteggiati di Praga, Gli esangui di Calcutta, Gl'innocenti straziati a Bologna. Guai a voi se uscirete discordi: Sarete stretti dal nostro abbraccio. Siamo invincibili perche' siamo i vinti. Invulnerabili perche' gia' spenti: Noi ridiamo dei vostri missili. Sedete e contrattate Finche' la lingua vi si secchi: Se dureranno il danno e la vergogna Vi annegheremo nella nostra putredine. 14 gennaio 1985 * AGLI AMICI [Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 623] Cari amici, qui dico amici Nel senso vasto della parola: Moglie, sorella, sodali, parenti, Compagne e compagni di scuola, Persone viste una volta sola O praticate per tutta la vita: Purche' fra noi, per almeno un momento, Sia stato teso un segmento, Una corda ben definita. Dico per voi, compagni d'un cammino Folto, non privo di fatica, E per voi pure, che avete perduto L'anima, l'animo, la voglia di vita. O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu Che mi leggi: ricorda il tempo Prima che s'indurisse la cera, Quando ognuno era come un sigillo. Di noi ciascuno reca l'impronta Dell'amico incontrato per via; In ognuno la traccia di ognuno. Per il bene od il male In saggezza o in follia Ognuno stampato da ognuno. Ora che il tempo urge da presso, Che le imprese sono finite, A voi tutti l'augurio sommesso Che l'autunno sia lungo e mite. 16 dicembre 1985 * LA VERGOGNA DEL MONDO [Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1157-1158] E c'e' un'altra vergogna piu' vasta, la vergogna del mondo. E' stato detto memorabilmente da John Donne, e citato innumerevoli volte, a proposito e non, che "nessun uomo e' un'isola", e che ogni campana di morte suona per ognuno. Eppure c'e' chi davanti alla colpa altrui, o alla propria, volge le spalle, cosi' da non vederla e non sentirsene toccato: cosi' hanno fatto la maggior parte dei tedeschi nei dodici anni hitleriani, nell'illusione che il non vedere fosse un non sapere, e che il non sapere li alleviasse dalla loro quota di complicita' o di connivenza. Ma a noi lo schermo dell'ignoranza voluta, il "partial shelter" di T. S. Eliot, e' stato negato: non abbiamo potuto non vedere. Il mare di dolore, passato e presente, ci circondava, ed il suo livello e' salito di anno in anno fino quasi a sommergerci. Era inutile chiudere gli occhi o volgergli le spalle, perche' era tutto intorno, in ogni direzione fino all'orizzonte. Non ci era possibile, ne' abbiamo voluto, essere isole; i giusti fra noi, non piu' ne' meno numerosi che in qualsiasi altro gruppo umano, hanno provato rimorso, vergogna, dolore insomma, per la colpa che altri e non loro avevano commessa, ed in cui si sono sentiti coinvolti, perche' sentivano che quanto era avvenuto intorno a loro, ed in loro presenza, e in loro, era irrevocabile. Non avrebbe potuto essere lavato mai piu'; avrebbe dimostrato che l'uomo, il genere umano, noi insomma, eravamo potenzialmente capaci di costruire una mole infinita di dolore; e che il dolore e' la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa e senza fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare. * IL NOCCIOLO DI QUANTO ABBIAMO DA DIRE [Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, pp. 1149-1150] L'esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti e' estranea alle nuove generazioni dell'Occidente, e sempre piu' estranea si va facendo a mano a mano che passono gli anni (...). Per noi, parlare con i giovani e' sempre piu' difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perche' inaspettato, non previsto da nessuno. E' avvenuto contro ogni previsione; e' avvenuto in Europa; incredibilmente, e' avvenuto che un intero popolo civile, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler e' stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. E' avvenuto, quindi puo' accadere di nuovo: questo e' il nocciolo di quanto abbiamo da dire. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 212 del 19 aprile 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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