Minime. 795



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 795 del 19 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Associazione studi giuridici sull'immigrazione: Un appello
2. Giuseppe Caliceti: "Noi educhiamo, non denunciamo". Un appello
3. Alberto D'Argenzio: Il Consiglio d'Europa denuncia il razzismo in Italia
4. Alberto D'Argenzio: La Commissione dell'Unione Europea condanna le
proposte di legge razziste in Italia
5. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Agostino Petrillo presenta "Citta' latenti" di Federico Zanfi
8. Benedetto Vecchi presenta "Il biocapitalismo" di Vanni Codeluppi
9. Riedizioni: Elena Dundovich, Francesca Gori, Italiani nei lager di Stalin
10. Riedizioni: Petra Terhoeven, Oro alla patria
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. UNA SOLA UMANITA'. ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI SULL'IMMIGRAZIONE: UN
APPELLO
[Dal sito dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (www.asgi.it)
riprendiamo il seguente documento del 15 aprile 2009]

L'Associazione studi giuridici sull'immigrazione aderisce all'appello contro
alcune delle norme del cosiddetto "ddl sicurezza".
L'appello, promosso da Sergio Briguglio, mira ad illustrare le gravi
conseguenze che potrebbero derivare dall'approvazione di talune delle norme
contenute nel ddl recante Disposizioni in materia di sicurezza pubblica,
gia' approvato dal Senato ed ora all'esame della Camera dei Deputati.
Tre in particolare sono le disposizioni che destano le maggiori
preoccupazioni:
a) la soppressione del divieto di segnalazione all'autorita' dell'immigrato
irregolare che ricorra alle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie,
da considerarsi alla luce della contemporanea introduzione del reato di
soggiorno illegale;
b) l'astensione dell'onere di esibizione del titolo di soggiorno ai fini del
perfezionamente degli atti di stato civile;
c) l'inclusione della dimostrazione di regolarita' del soggiorno tra i
requisiti necessari per la celebrazione in Italia del matrimonio da parte
dello straniero.
Nel documento sono illustrate le gravi conseguenze giuridiche e sociali che
deriverebbero dall'entrata in vigore di siffatte disposizioni, nonche' i
numerosi profili di illegittimita' costituzionali che esse presentano.
*
Il testo dell'appello
Alcuni gravi problemi posti dalle modifiche alla normativa sugli stranieri
apportate dal disegno di legge in materia di sicurezza pubblica (A.C. 2180)
Il Disegno di legge recante Disposizioni in materia di sicurezza pubblica,
nella forma approvata dal Senato e ora all'esame (A.C. 2180) delle
Commissioni riunite I e II della Camera, contiene, tra le molte norme in
materia di immigrazione, tre disposizioni che destano grave preoccupazione:
a) la soppressione del divieto di segnalazione all'autorita' dell'immigrato
irregolare che ricorra alle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie
(1), da considerarsi alla luce della contemporanea introduzione del reato di
soggiorno illegale (2);
b) l'estensione dell'onere di esibizione del titolo di soggiorno ai fini del
perfezionamento degli atti di stato civile (3);
c) l'inclusione della dimostrazione di regolarita' del soggiorno tra i
requisiti necessari per la celebrazione in Italia del matrimonio da parte
dello straniero (4).
Nel seguito, si esaminano sinteticamente le conseguenze dell'entrata in
vigore di queste disposizioni sotto il profilo giuridico.
*
I. La soppressione del divieto di segnalazione
Attualmente, il divieto di segnalazione del clandestino che si rivolga alla
struttura sanitaria (5) ammette una sola eccezione: il caso in cui anche per
il cittadino italiano sia obbligatorio il referto da parte dell'operatore
sanitario. L'obbligo di referto e' disciplinato dall'art. 365 c.p., che lo i
mpone in tutti i casi in cui l'operatore abbia motivo di ritenere che sia
stato commesso un delitto perseguibile d'ufficio; l'obbligo pero' non
sussiste quando dal referto possa derivare un procedimento penale a carico
dell'assistito.
La soppressione del divieto di segnalazione esporrebbe l'immigrato
illegalmente soggiornante ad un altissimo rischio di denuncia. E questo non
in base al citato art. 365 c.p. (il soggiorno illegale, benche' perseguibile
d'ufficio, si configurerebbe come reato contravvenzionale, non come
delitto), bensi' in base agli artt. 361 e 362 c.p.
Questi, infatti, obbligano il pubblico ufficiale e, rispettivamente,
l'incaricato di pubblico servizio a denunciare qualsiasi reato perseguibile
d'ufficio di cui essi vengano a conoscenza nell'esercizio o a causa della
funzione o del servizio (inclusi, quindi, i reati di natura
contravvenzionale).
Si noti come alle sanzioni previste per il delitto di omessa denuncia non
avrebbero alcun modo di sottrarsi, in primo luogo, i funzionari e i
dirigenti delle amministrazioni delle Asl. Tali amministrazioni sono infatti
gia' oggi tenute, a fini di rendicontazione, a trasmettere al Ministero
dell'interno i dati sulle prestazioni erogate a stranieri in condizioni di
soggiorno illegale (6). Benche' la comunicazione debba essere effettuata in
forma tale da rispettare l'anonimato degli utenti, essa, una volta soppresso
il divieto di segnalazione, smascherera' inevitabilmente l'amministrazione
sanitaria che non abbia anche provveduto, in precedenza, a denunciare lo
straniero.
Gli immigrati illegalmente soggiornanti, per il timore/certezza di essere
denunciati, non ricorreranno per tempo alle cure ne', soprattutto,
accetteranno il rischio di un ricovero. Le conseguenze, sotto il profilo del
diritto alla salute, individuale e collettivo, sono state ampiamente esposte
nel dibattito di questi ultimi mesi.
*
II. L'impossibilita' di perfezionamento degli atti di stato civile
L'art. 6, co. 2 D. Lgs. 286/1998, nel testo oggi vigente, impone allo
straniero l'onere dell'esibizione di un valido titolo di soggiorno ai fini
del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti
di interesse dello straniero comunque denominati, salvo che si tratti di
provvedimenti riguardanti attivita' sportive e ricreative a carattere
temporaneo ovvero inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a
pubblici servizi.
La modifica introdotta dal disegno di legge in esame riduce drasticamente i
casi di esonero, salvando solo quello di accesso alle prestazioni sanitarie
urgenti o comunque essenziali. Benche' il testo risultante da tale modifica
legittimi, in se', interpretazioni diverse, il confronto con la disposizione
attualmente in vigore consente solo l'intepretazione restrittiva:
all'immigrato irregolare sara' precluso il perfezionamento di atti di stato
civile, quali la registrazione della nascita e della morte, il
riconoscimento del figlio naturale, il matrimonio.
Le conseguenze sarebbero gravissime. In particolare, gli immigrati
irregolari potrebbero trovarsi nell'impossibilita' di registrare la nascita
del figlio, che rischierebbe di essere dichiarato in stato di abbandono e,
quindi, adottabile. L'ostacolo dell'irregolarita' potrebbe essere aggirato
con la richiesta di un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di cure
mediche da parte della madre (7) e del marito con essa convivente (8), ma
solo a condizione di possesso di passaporto o documento equipollente (9) e,
comunque, con rischio di successivo allontanamento.
Sarebbe invece inevitabilmente precluso il riconoscimento del figlio al
genitore naturale clandestino, per il quale non e' prevista alcuna
possibilita' di rilascio di un permesso temporaneo (si pensi alle
conseguenze, per padre e bambino, in caso di morte di parto della madre).
E' evidente come ne discenda una violazione del diritto dei genitori di
mantenere, istruire ed educare i figli, garantito dalla Costituzione (10).
*
III. L'impossibilita' di celebrazione del matrimonio in Italia
Se anche non fosse approvata la disposizione esaminata nel punto precedente,
resterebbe comunque preclusa, allo straniero irregolarmente soggiornante, la
possibilita' di celebrare il matrimonio in Italia.
Attualmente, l'art. 116 c.c. prevede che lo straniero che voglia contrarre
matrimonio in Italia debba presentare all'ufficiale di stato civile una
dichiarazione dell'autorita' competente del proprio paese, dalla quale
risulti che, in base alle leggi a cui e' sottoposto, nulla osta al
matrimonio. Il disegno di legge modifica tale articolo imponendo anche la
presentazione di un documento attestante la regolarita' del soggiorno nel
territorio italiano.
Obiettivo implicito di questa modifica e', evidentemente, quello di impedire
che lo straniero irregolarmente soggiornante possa guadagnare una condizione
di soggiorno legale dalla celebrazione del matrimonio. Si noti pero' come
questa possibilita' sia prevista dalla normativa vigente solo quando lo
straniero sposi un cittadino italiano (11) o un cittadino dell'Unione
Europea titolare di diritto di soggiorno (12) o un rifugiato (13): non lo
e', invece, quando il coniuge sia uno straniero soggiornante in Italia per
motivi diversi dall'asilo.
Impedire la celebrazione del matrimonio si configura quindi come mera
lesione di un diritto fondamentale della persona protetto dalle convenzioni
internazionali (14) (e, quindi, da art. 117 Cost.), quando si tratti di
matrimonio col generico straniero. Negli altri tre casi, la disposizione,
pur non risultando incongrua con la finalita' implicita, si tradurrebbe in
una intollerabile lesione di quel diritto anche per un soggetto terzo cui
l'ordinamento riserva la massima tutela (il cittadino italiano) o, comunque,
una tutela rafforzata dal diritto comunitario (il cittadino dell'Unione
Europea) o dalle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia (il
rifugiato).
Si pensi, in particolare, al cittadino italiano: vedrebbe subordinata la
propria liberta' di contrarre matrimonio in Italia al possesso, da parte del
partner, di un titolo di soggiorno in corso di validita' - circostanza,
questa, che nulla ha che vedere con impedimenti soggettivi sostanziali al
matrimonio; tant'e' che il matrimonio stesso potrebbe essere, in linea di
principio, celebrato all'estero.
Non meno grave sarebbe la situazione del rifugiato che aspiri a sposare un
partner connazionale: il rientro in patria per la celebrazione del
matrimonio risulterebbe impossibile, a meno di non andare incontro ad un
rischio grave di persecuzione (si noti che, proprio per evitare tale
rischio, e' previsto che per il rifugiato il nulla-osta al matrimonio sia
rilasciato dall'Unhcr anziche' dall'autorita' del paese di appartenenza).
Quanto al cittadino dell'Unione Europea, la Corte di Giustizia dell'Unione
Europea ha gia' chiarito (Sent. C-127-08) che ai fini del diritto di
ingresso e di soggiorno del familiare si prescinde dalle modalita' - legali
o illegali - di ingresso, nonche' dalla data e dal luogo in cui si e'
costituito il legame familiare (tale legame potendo quindi essersi
costituito nello Stato membro ospitante, mentre lo straniero soggiornava
illegalmente). Si rischierebbe, quindi, di veder censurata, come lesiva del
diritto di libera circolazione, una disposizione che imponga al cittadino
dell'Unione Europea e al suo partner di lasciare l'Italia per costituire
formalmente il legame familiare.
*
Note
1. Art. 45, co. 1, lettera t, che sopprime art. 35, co. 5 D. Lgs. 286/1998.
2. Art. 21, co. 1, lettera a, che introduce l'art. 10-bis D. Lgs. 286/1998.
3. Art. 45, co. 1, lettera f, che modifica art. 6, co. 2 D. Lgs. 286/1998.
4. Art. 6, che modifica art. 116 c.c.
5. Art. 35, co. 5 D. Lgs. 286/1998.
6. Art. 43 DPR 394/1999.
7. Art. 19, co. 2 D. Lgs. 286/1998 e art. 28, co. 1 DPR 304/1999.
8. Sent. Corte Cost. n. 376/2000.
9. Art. 9 DPR 394/1999.
10. Art. 31, co. 1 Cost.
11. Art. 19, co. 1 D. Lgs. 286/1998 e art. 23 D. Lgs. 30/2007.
12. Artt. 5, 6 e 7 D. Lgs. 30/2007.
13. Art. 30, co. 1, lettera c, D. Lgs. 286/1998.
14. Art. 12 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (ratificata e
resa esecutiva con L. 848/1955) e art. 23, co. 2 del Patto internazionale
sui diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966
(ratificato e reso esecutivo con L. 881/1977).

2. UNA SOLA UMANITA'. GIUSEPPE CALICETI: "NOI EDUCHIAMO, NON DENUNCIAMO". UN
APPELLO
[Dal sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo il seguente appello]

Dopo i medici, tocca ai docenti della scuola pubblica italiana. Per i medici
il dilemma era: curare o denunciare? Per i docenti e': insegnare o
denunciare?
Il disegno di legge gia' approvato dal Senato, e ora in discussione alla
Camera, introduce infatti nella scuola il reato di soggiorno illegale. La
Cgil e la Flc-Cgil hanno diffuso un appello che sottoscriviamo.
*
"Noi educhiamo, non denunciamo!", e' scritto. "Tutte le bambine e i bambini
hanno gli stessi diritti". A prescindere dalla loro razza, religione,
condizione sociale, eccetera. Come d'altra parte recita l'art. 3 della
nostra Costituzione.
L'appello: "Come purtroppo non era difficile prevedere siamo arrivati alle
leggi dell'intolleranza, in palese contrasto con la nostra Costituzione e
con le convenzioni internazionali sui diritti fondamentali. L'art. 362 del
codice penale obbliga i pubblici ufficiali, pena una sanzione pecuniaria,
alla denuncia dei reati di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio
delle proprie funzioni. E' chiara la posizione in cui si verrebbero a
trovare i docenti e dirigenti scolastici nel momento dell'esercizio della
propria professione. Anche la soppressione dell'art. 35, comma 5, del D.Lgs.
286/1988 che prevedeva il divieto di segnalazione, da parte dei medici,
dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno, produce effetti
all'interno della scuola rispetto alle iscrizioni degli alunni immigrati che
non avessero effettuato le vaccinazioni obbligatorie e che quindi debbono
essere indirizzati alle strutture sanitarie per mettersi in regola".
Continuano la Cgil e la Flc-Cgil: "E' evidente e per noi inaccettabile il
disprezzo per la dignita' e i diritti delle persone contenuti in questo
disegno di legge. Nei confronti della funzione educativa della scuola e
della deontologia professionale dei docenti di questo paese, tutto questo
rappresenta una violenza intollerabile che non possiamo che respingere".
"Ci chiediamo che relazione esista tra la tanto acclamata e propagandata
volonta' di inserire tra le materie scolastiche lo studio della Costituzione
e la predisposizione di una legge che si pone agli antipodi di una normale
lezione di educazione civica. Una visione cosi' gretta dei rapporti sociali,
della funzione educativa della scuola, del ruolo e della funzione di chi ci
lavora va respinta e combattuta con forza e per questo invitiamo tutti
quanti, personale Ata, docenti e dirigenti scolastici a sottoscrivere
l'appello all'obiezione di coscienza".
E' possibile sottoscrivere il testo dell'appello on line all'indirizzo:
www.firmiamo.it/noieduchiamoenondenunciamo

3. UNA SOLA UMANITA'. ALBERTO D'ARGENZIO: IL CONSIGLIO D'EUROPA DENUNCIA IL
RAZZISMO IN ITALIA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 aprile 2009 col titolo "In Italia il
razzismo dilaga" e il sommario" Il dossier. Il Consiglio d'Europa torna ad
attaccare il governo Berlusconi: Su rom e immigrati e' un pericolo per il
continente"]

Non ci siamo, la situazione di rom e migranti in Italia "resta
preoccupante". A lanciare l'allarme e' Thomas Hammarberg, Commissario ai
diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa, organizzazione che non ha nulla a
che fare con la Ue ma che raccoglie 47 paesi del vecchio continente e che ha
voce in capitolo proprio sui temi legati al rispetto dei diritti
individuali. Ieri il Commissario ha presentato il suo rapporto sull'Italia
con una valutazione negativa che non sa di nuovo. Non e' infatti la prima
volta che Hammarberg bacchetta, o meglio bastona, il governo italiano, anzi.
Quando l'Europa, intesa come Commissione Ue, spendeva parole miti se non
indulgenti sul rilevamento delle impronte ai rom, sullo stato di emergenza e
sul pacchetto sicurezza lanciato da Maroni nell'estate scorsa, questo
svedese, che vanta una lunga esperienza nel settore dei diritti e in
particolare dell'integrazione dei rom, non andava per il sottile e puntava
l'indice contro il governo. Ora, a quasi un anno di distanza, il giudizio
non cambia.
Partendo da rom e sinti, Hammarberg sottolinea che "persiste un clima di
intolleranza" e che "le condizioni di vita sono ancora inaccettabili in
molti dei campi visitati". Dal 13 al 15 gennaio il Commissario del Consiglio
d'Europa e' stato infatti nel Belpaese, una visita che seguiva quella del
19-20 giugno scorsi. Parole ancor piu' dure sul censimento nei campi rom,
per cui Hammarberg esprime la sua "profonda inquietudine", oltre che piu' di
un dubbio sulla sua "compatibilita' con le norme europee che reggono la
raccolta e il trattamento dei dati personali". Il Commissario invita il
governo a creare dei meccanismi di consultazione con le comunita' di rom e
sinti, a evitare le chiusure dei campi che non prevedano misure di
ri-alloggiamento e a mettere in piedi soluzioni educative per i bambini. Ma
non solo, invita anche "le autorita' a condannare con piu' fermezza le
manifestazioni razziste o intolleranti e a garantire la messa in atto
effettiva della normativa anti-discriminazione". Un discorso che vale tanto
per i rom come per i migranti, e come invito a tacere ad alcuni esponenti
degli stessi partiti di maggioranza o a dimostrare piu' senso civico per
alcuni organi dello Stato. Non mancano infatti i riferimenti chiari e forti
a Giancarlo Gentilini, prosindaco di Treviso, da anni in prima linea
"nell'incitamento all'odio", o quelli ai vigili urbani di Parma, per il
pestaggio del giovane ghanese scambiato per uno spacciatore. Un caso che e'
oltretutto un ulteriore esempio della tendenza a equiparare immigrazione con
criminalita'.
E passando proprio ai migranti, il dito di Hammarberg viene puntato sulla
loro "criminalizzazione", piu' in concreto su tutta quell'architettura
legale che ha nell'aggravante di clandestinita' il suo punto piu' "alto". La
criminalizzazione viene indicata come "una misura sproporzionata,
suscettibile di esacerbare le tendenze discriminatorie e xenofobe che gia'
si manifestano nel paese". Ma non solo, si tratta anche di una misura che
provoca "ulteriore stigmatizzazione ed emarginazione dei migranti,
nonostante la maggioranza di questi contribuisca allo sviluppo degli stati e
delle societa' europee". Hammerberg chiede quindi al governo di "rivedere le
parti della nuova normativa che sollevano serie questioni di compatibilita'
con gli standard dei diritti umani". Quanto alla segnalazione dei
clandestini da parte del personale medico, questa misura viene considerata
semplicemente "ingiusta" anche perche', pure questa, rischia di "emarginare
ulteriormente i migranti".
Infine qualche caso concreto, come quello dei tunisini rispediti in patria
alla faccia del rischio, elevato, di torture cui andavano incontro. I
migranti si sono anche appellati alla Corte europea dei diritti dell'uomo di
Strasburgo, che aveva chiesto di sospendere l'espulsione. Ma il governo e'
andato avanti, e ora l'Italia viene accusata di non rispettare le
convenzioni internazionali sui diritti umani. Stesso discorso per una rom
bosniaca madre di tre figli, rispedita nei Balcani anche se la Corte di
Strasburgo aveva chiesto al governo di non attuare l'espulsione. Per tutti
questi casi Hammarberg esprime "grave preoccupazione", anche perche' mettono
a rischio "l'efficacia del sistema di protezione dei diritti umani" non solo
in Italia, ma "in tutta Europa".

4. UNA SOLA UMANITA'. ALBERTO D'ARGENZIO: LA COMMISSIONE DELL'UNIONE EUROPEA
CONDANNA LE PROPOSTE DI LEGGE RAZZISTE IN ITALIA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 aprile 2009 col titolo "Unione
Europea: I medici non possono denunciare i clandestini"]

In Europa i medici non possono denunciare i clandestini, questa e' la tesi
della Commissione dell'Unione Europea. Ieri, rispondendo a una
interrogazione di un gruppo di eurodeputati di Rifondazione e di Sinistra e
liberta', il commissario alla giustizia ed interni Jacques Barrot ha infatti
ricordato che "gli immigrati, siano essi in posizione regolare o irregolare,
devono poter godere a pieno titolo dei diritti fondamentali, compresi quelli
cui fanno riferimento gli onorevoli parlamentari", ossia al diritto alla
dignita' umana, alla vita, al rispetto della vita privata, alla non
discriminazione e alla salute, tutti principi espressi e contenuti nella
Carta dei diritti fondamentali dell'Ue. Barrot sottolinea inoltre che questo
riconoscimento e' "particolarmente importante per la salute di categorie
vulnerabili, quali i minori"...

5. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. LIBRI. AGOSTINO PETRILLO PRESENTA "CITTA' LATENTI" DI FEDERICO ZANFI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 marzo 2009 col titolo "Abusivismo. Le
metropoli assediate dall'illegalita'. Bricolage urbano per citta' senza
qualita'"]

Federico Zanfi, Citta' latenti. Un progetto per l'Italia abusiva, Bruno
Mondadori, pp. 287, euro 25.
*
Un nuovo tipo urbano ha preso forma in questo inizio millennio. E' la citta'
marginale, informale, ben descritta negli ultimi anni da Mike Davis. Una
gigantesca citta' "nuova", in buona parte "illegale", che nel terzo mondo
sempre piu' da presso assedia i centri, raggiungendo dimensioni
preponderanti rispetto a quella "ufficiale" e legale. La conseguenza di una
crescente perdita di controllo su quanto viene edificato e' il dilagare di
una "citta' qualunque" monotona e miserabile, che racchiude un'umanita'
impoverita e superflua. Le citta' "illegali" non si sviluppano pero' solo
nelle mega-citta' "terzomondiali", ma sempre piu' frequentemente si
affacciano anche nei paesi sviluppati.
Nel nostro paese l'autocostruzione non rappresenta una novita', come mostra
l'annosa vicenda dell'abusivismo. Ma come inquadrare in un simile contesto
globale la questione italiana dell'abitare illegale? Appartiene ad un ciclo
produttivo ed edilizio ormai trascorso, e a congiunture superate (ancorche'
irrisolte nei nodi di fondo) del governo urbano, o ci parla ancora
dell'oggi? Ed e' possibile in qualche modo assimilare la stagione
dell'abusivismo a quella dello sviluppo attuale della citta' informale?
Questi gli interrogativi che derivano dalla lettura del recente lavoro di
Federico Zanfi, Citta' latenti. Il suo testo esordisce offrendo una disamina
estremamente puntuale della vicenda dell'abusivismo nel nostro paese.
Vengono con rigore ripercorsi alcuni momenti salienti della storia italiana
del secondo dopoguerra, segnata da eventi dirompenti: i crolli di Agrigento
del 1966, l'esplosione del litorale laziale nei Sessanta e Settanta,
l'abusivismo calabrese e siciliano e l'emergere pervasivo di un tessuto
autocostruito che invade tutto il Sud. La vicenda che conduce alla
formazione di metropoli spontanee nel nostro paese viene ricostruita con
attenzione intelligente, fino al suo culminare nella figura del mostro
edilizio, dell'ecomostro. Il risalto che con sempre maggior frequenza viene
dato a realta' di questo genere, magari celebrandone mediaticamente la
distruzione, fa rimanere in ombra la realta' pulviscolare e
quantitativamente rilevantissima di Italia autocostruita.
Del fenomeno vengono esplorate le cause: i limiti della normativa, le
pretese eccessive di controllo e razionalizzazione dell'urbanistica
classica, l'inadeguatezza della produzione "formale" e il conseguente scarto
tra domanda e offerta pubblica di abitazione, la concentrazione nel
bene-casa di una serie di valenze simboliche e culturali, la presenza di
familismi amorali e di speculazioni immobiliari. Viene altresi' indagato il
ruolo giocato dalle amministrazioni locali: in alcuni casi tollerano, in
altri esercitano una sorta di governamentalita' foucaultiana, compensando
cosi', chiudendo un occhio sull'autocostruzione, l'incapacita' di risolvere
diversamente le tensioni sociali. Forme di mobilitazione individualistiche o
parentali vengono dunque tacitamente accolte da chi sempre meno riesce a
distinguere tra bene pubblico e bene privato, e la condiscendenza diviene
elemento integrante di una pratica di governo cinica o distratta, spesso
fondata sulla gestione di clientele e di relazioni di tipo personale.
Tutto questo appartiene pero' al nostro passato recente. Oggi la questione
si pone ormai in maniera diversa. Per un verso tramonta il progetto
abitativo di lungo respiro che aveva attraversato una certa fase della
storia italiana: la casa per se', la casa in cui tornare per il migrante, la
casetta del mare, l'appartamento per i figli, o il piano sopraelevato loro
destinato. Di questi sogni dice giustamente Zanfi rimangono quale segno
concreto sul territorio edificazioni di bassa qualita', prive di servizi, in
parte unfinished, con i "ferri di chiamata sporgenti dall'ultimo piano...
corrosi", simbolo di un "nuovo che non e' arrivato". Rimane il problema di
che cosa fare con questi "cascami di citta'" rimasti incistati, svuotati di
senso, abitati malamente e precariamente come mostrano alcune delle
interviste e dei saggi fotografici che corredano il testo.
La questione della citta' abusiva viene percio' in queste pagine caricata di
una ulteriore valenza, viene letta come una questione-limite, una cartina di
tornasole su cui fondare un giudizio sull'urbanistica tradizionale e su cui
tarare le possibilita' di una prassi urbana progettuale. Vi e' una sorta di
esaltazione del carattere autopoietico dell'abusivismo, che diviene evidente
nella parte progettuale del volume, che presenta una serie di soluzioni
"naturali" della questione del patrimonio abusivo esistente. Un certo
organicismo di fondo aleggia su questa parte progettuale-propositiva. Nelle
cristallizzazioni gia' esistenti si interviene in maniera il piu' possibile
morbida, limando, aggiustando, conglomerando, ritessendo un insieme di
filamenti scomposti. Parole d'ordine di questa prassi sono termini quali
decostruire, spostare e lasciar deperire. Vengono proposti di fronte al
"fallimento dell'approccio legalista e risolutore" processi che cerchino di
"ottenere il massimo da condizioni gia' esistenti".
Se alcuni dei suggerimenti della parte progettuale tratteggiata da Zanfi
hanno una loro indubbia validita' "provvisoria" e offrono un contributo
interessante alla soluzione di problemi specifici, e' la visione d'insieme
che non soddisfa del tutto. Non si puo' sfuggire alla sensazione che il
problema venga in queste pagine delineato con un atteggiamento che rivela
una sorta di rassegnazione di fronte ad uno stato di fatto, ma che nel
complesso elude un'analisi di fondo. Qual e' il rapporto tra i poteri e il
loro esercizio sul territorio nella modernita' tarda o "avanzata"? Perche'
l'abusivismo e' per esempio stato storicamente pressoche' assente li' dove
vi era la presenza di poteri forti e socialmente radicati a "mettere in
forma" i territori? E, ultima considerazione, ha senso concentrare la
propria attenzione su quanto rimane di quel determinato ciclo di "citta'
informale" e lasciare alle politiche degli sgomberi e della distruzione
sistematica l'altro autocostruito, quello di recente fioritura delle
baracche e degli slums di casa nostra?

8. BENEDETTO VECCHI PRESENTA "IL BIOCAPITALISMO" DI VANNI CODELUPPI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 ottobre 2008 col titolo "Le merci al
mercato degli stili di vita. Un saggio sul biocapitalismo"]

Vanni Codeluppi, Il biocapitalismo, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pp.
115, euro 11,50.
*
Una montagna di miliardi di euro e dollari bruciati nell'arco di una
manciata di settimane hanno fatto di parlare di una crisi finanziaria molto
piu' drammatica di quella del 1929. Analisti e opinion makers concordano sul
fatto che il neoliberismo sia giunto al capolinea e che occorrono risposte
che vedano un rinnovato protagonismo statale nel governo dell'economia. E
cosi' e' stato, anche se i provvedimenti dei governi europei e statunitense
hanno solo previsto la tutela del risparmio e il salvataggio di alcune
banche. Un intervento, tuttavia, in piena continuita' con il mantra
neoliberista, che voleva creare, attraverso lo stato, la figura
dell'individuo proprietario, cioe' l'uomo nuovo che doveva pensare se stesso
come un capitale umano da valorizzare attraverso strategie opportunistiche.
Che questa dinamica sia entrata in crisi e' oramai cosa nota. Ma occorre
comprendere se il crollo dei listini di borsa sgombrera' il campo di quelle
caratteristiche assunte, nel ciclo neoliberista, dal processo lavorativo,
che vedevano il sapere e la conoscenza come forza produttiva. Per alcuni
studiosi, quella era un'anomalia che andava rimossa, anche se nessuno poteva
immaginare che si potesse raggiungere tale obiettivo attraverso una crisi
economica di questa portata. Ma e' stata solo un'anomalia? E' da escludere.
Si e' trattato piuttosto di una trasformazione profonda che stabiliva
un'inedita relazione tra finanza e produzione, nella quale la finanza
svolgeva il doppio ruolo di valorizzazione del capitale e di "governo" del
processo produttivo? La crisi attuale andrebbe quindi vista come l'inizio di
un periodo di innovazione e trasformazione dai contorni incerti e senza che
a questi termini sia assegnata alcuna connotazione positiva. Nessun ritorno
al passato, quanto l'entrata in quel "caos sistemico" che gli studiosi
Giovanni Arrighi e Beverly Silver hanno individuato come un periodo in cui
il capitalismo distrugge "il contenitore" (sociale, politico, geografico) in
cui operava per sostituirlo con un altro. Ed e' per questi motivi che il
volume di Vanni Codeluppi sul "biocapitalismo" costituisce un'ipotesi di
lettura di alcune tendenze in atto prima della crisi finanziaria e che hanno
trovato una battuta d'arresto con il crollo delle borse valori.
Vanni Codeluppi non usa il termine biocapitalismo nell'accezione che il
britannico Nikolas Rose sviluppa nel suo libro finalmente tradotto da
Einaudi La politica della vita. Rose, infatti, faceva discendere il termine
biocapitalismo da quella propensione a considerare la vita come l'oggetto di
un processo di valorizzazione capitalistica, ma anche oggetto dell'azione
normativa dello stato. Detto in altri termini, la vita diventava, come
documenta l'interessante libro Biocapital: The Constitution of Postgenomic
Life dell'economista Kaushik Sunder Rajan, attraverso le biotecnologie, la
mappatura del Genoma Umano, una materia prima che andava manipolata e doveva
fornire profitti. Allo stesso tempo, era una materia prima molto particolare
che doveva essere strutturata da un insieme di leggi e norme che
regolamentavano i comportamenti individuali e collettivi. Per lo studioso
italiano, invece, si puo' parlare di biocapitalismo a partire da quella
"colonizzazione dell'immaginario" operata nell'ultimo secolo che ha fatto
diventare le forme di vita, le emozioni e le relazioni vis-a'-vis la leva
per alimentare il consumo di merci tanto materiali che immateriali. Dunque,
si vende una merce, ma anche lo stile di vita che essa rappresenta. Per fare
questo, il capitalismo ha dovuto rimuovere tutte le rigidita' che il sistema
della grande fabbrica prevedeva. Da qui il decentramento produttivo, l'uso
intensivo ed estensivo delle macchine informatiche, la centralita' della
comunicazione intesa come un'interfaccia tra la realta' sociale e il
processo lavorativo. Per questo motivo, l'innovazione di prodotto diventa un
elemento fondamentale per mantenere un margine competitivo in un ambiente
turbolento e caratterizzato da sovrapproduzione e ridotti margini di
profitto. Il just in time non e' che la forma piu' sofisticata per
personalizzare il prodotto e ridurre al minimo le scorte di magazzino.
Ma Vanni Codeluppi e' uno studioso attento soprattutto alla comunicazione
come esito delle relazioni sociali. E in questo libro sono forti gli echi
delle riflessioni di Jean Baudrillard sulla societa' dei consumi, laddove il
filosofo francese riteneva che il consumo perdeva, appunto, la connotazione
di soddisfare un bisogno primario, ma acquisiva le caratteristiche di
ostentazione di status e di senso di appartenenza a una comunita' di pari.
In altri termini, nella modernita' entrava in crisi la classica distinzione
tra valore d'uso e valore di scambio con la scomparsa del valore d'uso. Una
lettura, quella di Baudrillard, dalla forte tonalita' apocalittica, che nel
biocapitalismo e' tradotta in quel credito al consumo che ha fatto aumentare
l'indebitamento individuale e trasformato il consumo in agire sociale che
definisce identita' e senso di appartenenza a una comunita'.
La "colonizzazione dell'immaginario" e' ovviamente una delle tendenze in
atto, cosi' come il credito al consumo, ma va detto anche che un'analisi del
capitalismo che prescinde dai rapporti sociali, e dunque dalla loro
articolazione nel processo lavorativo, consumo e finanza, conduce l'analisi
nel tranquillizzante terreno della critica etica al "biocapitalismo".
Terreno tuttavia terremotato anch'esso dalla crisi economica in atto. E che
conduce semmai a misurarsi con le analisi di Nikolas Rose e Kaushik Sunder
Rajan, quando indicano nel settore della "manipolazione della vita" - in
quanto settore produttivo - il laboratorio che forse meglio di altri
potrebbe aiutare a comprendere le possibili via d'uscita dalla crisi
economica che segni una discontinuita' con il neoliberismo.

9. RIEDIZIONI. ELENA DUNDOVICH, FRANCESCA GORI: ITALIANI NEI LAGER DI STALIN
Elena Dundovich, Francesca Gori, Italiani nei lager di Stalin. Frammenti di
storia silenziosa, Laterza, Roma-Bari 2006, Societa' Europea di Edizioni,
Milano 2009, pp. XVIII + 212, euro 6,90 (in supplemento al quotidiano "Il
giornale"). Vivamente raccomandiamo la lettura di questo libro delle due
valenti storiche che hanno condotto accurate ricerche d'archivio e
pubblicato altri rilevanti lavori sulle vittime dello stalinismo.

10. RIEDIZIONI. PETRA TERHOEVEN: ORO ALLA PATRIA
Petra Terhoeven, Oro alla patria. Donne, guerra e propaganda nella giornata
della fede fascista, Il Mulino, Bologna  2006, Societa' Europea di Edizioni,
Milano 2009, pp. 392, euro 6,90 (in supplemento al quotidiano "Il
giornale"). L'autrice, docente di storia e cultura dell'Europa contemporanea
all'Universita' di Gottinga, analizza in questo prezioso saggio la "Giornata
della Fede" (in cui le famiglie furono invitate a donare "oro alla patria"
consegnando le loro fedi nuziali) promossa dal regime fascista il 18
dicembre 1935 (e la relativa campagna ideologica ed organizzativa) in
risposta all'embargo deciso dalla Societa' delle Nazioni a seguito della
criminale aggressione italiana all'Etiopia; uno degli episodi piu'
caratteristici dell'azione propagandistica e di "costruzione del consenso",
consenso coatto, del regime dittatoriale (ed infatti - come viene ricordato
proprio a chiusura del volume - l'ambasciatore tedesco Ulrich von Hassell
colse ed espresse con chiarezza che la Giornata della Fede serviva
soprattutto a dimostrare "che Mussolini tiene in pugno il suo popolo").

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 795 del 19 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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