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Minime. 793
- Subject: Minime. 793
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 17 Apr 2009 01:47:01 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 793 del 17 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Luce Fabbri, maestra di umanita' 2. Alcuni versi italiani di Luce Fabbri 3. Una breve notizia su Luce Fabbri 4. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto 5. Eleonora Martini: Nella tendopoli con le badanti 6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 7. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino 8. Giampaolo Calchi Novati presenta "L'alternativa mediterranea" a cura di Franco Cassano e Danilo Zolo 9. Roberto Ciccarelli presenta "Diritto vivente" di Eligio Resta 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LUCE FABBRI, MAESTRA DI UMANITA' Riproponiamo alcuni testi di Luce Fabbri che gia' apparvero su "Voci e volti della nonviolenza" alcuni anni fa. Scrivevamo allora, presentandoli, le righe seguenti. * In una conversazione con Cristina Valenti del 1993 Luce Fabbri, che era nata nel 1908 (ed e' deceduta, carca d'anni e piu' di gloria, nel 2000), raccontava un episodio della sua infanzia legato all'esperienza della prima guerra mondiale: "I racconti che ascoltavo m'impressionavano molto ma soprattutto mi indignava il fatto che ci fosse un potere capace di obbligare una persona non solo a farsi ammazzare, ma ad ammazzare. Mi sembrava inconcepibile che ci fosse qualcuno che potesse dire ad un altro 'ammazza uno che non ti ha mai fatto niente altrimenti ti fucilo'. Quella e' stata una cosa che m'ha veramente colpita, ho pianto e ricordo che di notte mordevo il cuscino dalla rabbia. E' stata una scossa molto forte dal punto di vista morale e credo che il mio anarchismo parta da li', mi pare che sia quello il punto di partenza". Per l'intera sua vita Luce Fabbri resto' fedele a se stessa, e all'umanita'. * Nello stesso colloquio, piu' oltre, diceva: "Io sento la violenza come una cosa antianarchica, come autoritaria in se', e d'altra parte sento anche che abbiamo delle responsabilita' di fronte alla realta' e soprattutto di fronte alle sofferenze della gente. Ci sono momenti in cui non si puo' non lottare anche se non siamo noi a poter scegliere come intervenire, ma sono anche convinta che quando le cose si mettono sul terreno della violenza allora sia una disgrazia. Sono arrivata a questa conclusione, anche se e' una conclusione relativa, provvisoria, insoddisfacente. Mi piacerebbe arrivare alla conclusione di rifiutare qualsiasi violenza, succeda quel che succeda, perche' e' una soluzione che magari non so dove ti possa portare, pero' ti fa sentire coi piedi fermi per terra. Sono convinta che per arrivare alla liberta' ci voglia la pace, non solo la pace tra i gurppi sociali, ma anche una pace interiore, una maggior tolleranza reciproca". E ancora: "Sono convinta che la guerriglia e il terrorismo siano degli strumenti di lotta completamente negativi, e questa e' una lezione che nasce proprio dalla esperienza che si e' fatta, e' una lezione che agli inizi del secolo ancora non avevamo avuta". E in una conversazione con Gianpiero Landi del 1981: "Tutti i movimenti e partiti che partendo da obiettivi socialisti e di liberazione umana si sono posti sul terreno della violenza, hanno fallito. Magari hanno avuto un successo apparente, come i bolscevichi, ma una volta conquistato il potere hanno realizzato il contrario di quanto dichiaravano". Luce Fabbri e' una delle nostre maestre di nonviolenza. 2. ALCUNI VERSI ITALIANI DI LUCE FABBRI [Grazie alla squisita cortesia di Gianpiero Landi che ce li ha messi a disposizione presentiamo di seguito i testi delle poesie scritte in lingua italiana da Luce Fabbri raccolte nel libro recentemente pubblicato - e che vivamente raccomandiamo - Propinqua libertas, che raccoglie in edizione bilingue venticinque poesie di Luce Fabbri, presentandole nella lingua originale in cui sono state composte (16 in italiano e 9 in castigliano) e tutte tradotte anche nell'altra delle due lingue che l'autrice maggiormente uso' (le traduzioni dallo spagnolo all'italiano sono di Furio Lippi, le traduzioni dall'italiano allo spagnolo sono di Ana Fiallo Caballero). Amorevolmente curato da Gianpiero Landi, una cui intensa testimonianza funge da presentazione della raccolta, il volumetto e' di 64 pagine, ed esce per la casa editrice Biblioteca Franco Serantini di Pisa (per contatti: largo C. Marchesi s.n.c., 56124 Pisa, tel. 050570995); della distribuzione si incarichera' "A rivista anarchica", a cui tutti gli interessati potranno rivolgersi per richieste (per contatti: c. p. 17120, 20170 Milano, tel. 022896627, fax: 0228001271, e-mail: arivista at tin.it, sito: www.arivista.org); e' una pubblicazione fuori commercio e senza un prezzo vero e proprio, destinata alle persone amiche di Luce Fabbri o che hanno comunque conosciuto ed apprezzato la sua figura, il suo pensiero, la sua azione, le sue opere; alle persone interessate a ricevere il libro verra' chiesta una cifra modesta (minimo 3 euro) per ogni copia; il ricavato, dedotte le spese di spedizione postale, andra' a beneficio della Biblioteca libertaria "Armando Borghi" di Castel Bolognese. Per contattare direttamente il curatore si puo' scrivere al seguente indirizzo di posta elettronica: gplandi at racine.ra.it] Vecchissimi versi d'amore (1933): Scherzo affettuoso a Ermes, il muratore che amo Ho preso la penna in mano per te, la penna mia buona, che canta, che suona, ma solo con me. Se s'apre la porta, se s'ode una voce, nell'aria gia' morta il canto non c'e'. Ho preso la penna, la penna veloce, in mano per te. Arriva lontano l'incanto tessuto di tenui parole, di fili di sole; t'avvolge di se'. Quell'ombra che sfiora, passando, le cose, quel soffio che ora ti ferma le mani, le mani callose che amo, cos'e'? Non sa la tua fronte, serena nell'onde del sole, che il velo che vedi nel cielo, e' stato trapunto lontano da me. In alto, nel raggio che brucia, lavori. Ti cresce nell'ore la casa che fai. E intanto la mano che ami, la penna veloce, la voce che sai confidano al sole, ch'e' buono, se vuole, un dolce messaggio d'amore per te. (12 novembre 1933) Nota: al verso 16 e' incerto se una parola del manoscritto originale sia da leggere "incanto" o "incauto". * Vecchissimi versi d'amore (1934): L'appuntamento a Pocitos Corre l'omnibus, brontola e s'affanna, corre incontro all'azzurro ch'e' laggiu'. La strada corre via sotto le ruote, e la', in fondo alla strada, ci sei tu. (11 febbraio 1934) * A Luisella Quando ancora non c'eri e preparavo per te che t'annunciavi il nido e il mondo, venne al molo il naviglio di Montale (portava liberta' per pochi eletti) e stetti per salire; ma c'era il fior di croco e tu venivi. L'intravidi di nuovo nella bruma della notte di Rio giganteggiare; ma ritornai tagliando il carnevale: guardai se all'altro lato c'eri tu. Oggi mi par di non saper nuotare. Fischia per me l'antica vaporiera nella nebbia crescente; ma sul Limay c'e' luce e ci sei tu. (Tu sei tu e sei per me chi mi t'ha dato, sei l'avvenire e sei colui che giace da quindici anni e sta sempre con me). * Ultima solitudine Chiazze di muffa, muro scortecciato, di la', il deserto. Dove sta il giardino? Dov'e' rimasto il canto, dov'e' il sangue rosso delle ferite gloriose? Hanno tradito tutti i Paladini? Dov'e' il tamburo e dove sta l'amore? E i giochi, e i bimbi e l'acquazzone puro? E quel silenzio gonfio di parole? Ora il silenzio e' sporco e l'acqua stagna e tutti gli occhi e i fuochi sono spenti. Nella nebbia si perdono i miei morti. Guardo fissa la nebbia che m'assalta. * Thanatos Usci' a sinistra, dritta, dai cespugli Thanatos. Disse: "Non mi riconosci? Son la sorella - bella - dell'Amore". Era nata dal nero. Fra noi non la feri' la troppa luce. Le chiedemmo affannosi: "Questa tua mano, dove ci conduce?" "Dove finisce, dove tace Amore". * Apocalissi Viene il giorno dell'ira. Viene l'inferno, ingoia gl'innocenti. L'apprendista stregone, dopo aver scatenati tutti i venti, preme ridendo l'ultimo bottone. Le montagne di scoria si sciolgono in fusione. E' finita la storia. Gli oceani puzzolenti affogano il bisonte d'Altamira. * Il diluvio L'acqua cresce, s'ingorga, mangia il prato e poi la casa e assalta la collina. Trema il cipresso d'ali rifugiate. E' nera e densa l'acqua e il suo gonfiore monta e minaccia. Restan poche ore per questo sole trepido, isolato, per noi che lo beviamo, per la fina catena che ci lega all'aspettato domani, che, or lo vedo, non verra'. * Natura quasi morta Sotto la foglia grinza il coleottero muove le sue zampette arrovesciato. E' vivo e disperato e sente tutt'intorno la minaccia: aspetta li' la scarpa che lo schiaccia. Tutta la vita in quell'armeggio fragile, tutta la morte in quella foglia gialla, che il sole scalda invano. Le rane fanno coro di lontano. Passa neutra nell'aria una farfalla. * La siepe Ci porta volonta' come un destino, non verso il sonno della fiera in lustra, ma all'insonne caverna di Leonardo. Sol si conosce ben quel che si crea. Crea la ginestra il fiore ed il profumo. Resisteranno al flusso della lava? Stiam facendo una casa per la gente all'incrocio di tutte le autostrade. Nessun di noi voleva far la siepe. Ma l'abbiam fatta tutta di ginestre contro l'ondata nera e puzzolente che ci porta il riflusso d'Hiroshima. * Le parole Vorrei giocar col vento a dir parole ed a buttarle fuori come palle, perche' me le rimandi ed io riscopra in loro il mio messaggio. Vorrei sporger la mano che lavora, dalla finestra di questa mia cella, a stringer mani, a accarezzar capelli, a chiedere e ad offrire un po' d'amore. Ma il buio mangia tutte le parole ch'escon di casa prima dell'aurora. * Rilettura leopardiana La terra, l'alto cielo, il nulla in mezzo. Dove sta l'uomo? Il pastore cammina, ma non sa che han violato la luna ed han riempito il nulla di satelliti. Dove sta l'uomo? Il pastore cammina, ma il suo gregge vaga disperso e le fontane sono avvelenate; l'erba si secca. Ma profuma il deserto una ginestra che raccoglie la sfida del futuro. * Sordita' crescente Fa tacere le cose il fragore remoto del tempo. E' remoto, ma cresce a misura che cresce il passato. La cicala e' gelosa di tutto. Fa cri-cri sulla voce sommessa dell'amore, sul grido solidale del grande dolore. Ed eleva pian piano, muratore ostinato, la sua parete opaca ed incolore. * Le parole nuove Ogni parola trova la sua carne. Io volevo cercare nella selva del mondo le parole trasparenti, parole d'aria, da leggere, da scrivere, da dire, da proiettare al buio sullo schermo, ma che non pesino e che non gettin ombra sulla strada. Queste parole, amici, non esistono, ma c'e' nel caos qualcosa che le cerca, qualcosa che ha potenza di crearle. E allora cantero' con quelle, alfine, cantero' alfine un canto di vittoria. * Patagonia (variazione italiana) Il deserto accogliente in riva al fiume stava un tempo nei libri; lo vedevo di sera nel soffitto, al riverbero tenue della strada: c'era il giaguaro e il puma e la' sul monte, nero contro il cielo, Buffalo Bill chiamato Martin Fierro. Poi fuggirono i puma e ritrovai quel deserto nel fondo dell'esilio, dopo molti anni e molto mare, quando l'esilio smemorato era gia' patria. Il fiume ha preso un nome, ed e' il Limay. Sulla riva ho una torre di speranza da cui guardo lontano. Il mondo e' scuro, il mondo e' freddo e il tempo e' troppo poco. Ma li' c'e' un po' di fuoco. Stringo due mani e non ho piu' paura. * Ancora un poco Frullo di voli sulla soglia oscura. Ancora un poco; ancor debbo pensare a come possa misurare il nulla; ancor debbo imparare a scandagliare il fondo del silenzio, a camminare nell'oscurita'. Non sono preparata: dammi tempo prima d'entrare. Non c'e' bisogno che nessuno mi spinga: solo debbo abituarmi a un sonno senza sogni, al vuoto opaco dell'eternita'. * L'ultima parete Una vecchia e' seduta vacillante sull'ultima parete e non si volta. C'e' nebbia dietro e nella nebbia e' sciolta la morte: i vivi guardan tutti avanti. La vecchia sa. La casa sta la' dietro, la casa con il fuoco, il pane e il sale per tutti. Ma le camere, le scale, la cucina si sgretolano. Il vetro delle finestre e' cieco, perche' il vento l'ha coperto di terra del deserto. Dio, cos'abbiamo fatto! Era la casa, la nostra casa e l'abbiam data al mostro. E' l'odio nostro che avvelena i pozzi: non sazierem mai piu' la nostra sete. La vecchia guarda il vuoto. E' seduta sull'ultima parete. 3. MAESTRE. UNA BREVE NOTIZIA SU LUCE FABBRI Luce Fabbri, pensatrice e militante anarchica, educatrice profonda e generosa, un punto di riferimento per tutti gli amici della dignita' umana e della nonviolenza. Nata il 25 luglio 1908, figlia di Luigi Fabbri (il grande militante e teorico libertario collaboratore di Errico Malatesta), dal 1929 in esilio dapprima a Parigi, poi a Bruxelles e via Anversa in America Latina, a Montevideo in Uruguay, ove da allora risiedera' (ma ancora sovente molto viaggiando); la morte la coglie il 19 agosto 2000, operosa fino alla fine, sempre attiva, generosa, mite, accogliente; sempre lucida, sempre limpida, per sempre Luce. Opere di Luce Fabbri: per un primo avvio segnaliamo l'ampia e preziosa intervista a cura di Cristina Valenti: Luce Fabbri, vivendo la mia vita, apparsa su "A. rivista anarchica" dell'estate 1998 (disponibile anche nella rete telematica alla pagina web: http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/247/22.htm; ora anche nel sito: www.arivista.org). Tra le sue opere in volume ed in opuscolo segnaliamo: a) scritti politici: Camisas negras, Ediciones Nervio, Buenos Aires 1935; (con lo pseudonimo Luz D. Alba), 19 de julio. Antologia de la revolucion espanola, Coleccion Esfuerzo, Montevideo 1937; (con Diego Abad de Santillan), Gli anarchici e la rivoluzione spagnola, Carlo Frigerio Editore, Lugano 1938; La liberta' nelle crisi rivoluzionarie, Edizioni Studi Sociali, Montevideo 1947; El totalitarismo entre las dos guerras, Ediciones Union Socialista Libertaria, Buenos Aires 1948; L'anticomunismo, l'antimperialismo e la pace, Edizioni di Studi Sociali, Montevideo 1949; La strada, Edizioni Studi Sociali, Montevideo 1952; Sotto la minaccia totalitaria, Edizioni RL, Napoli 1955; Problemi d'oggi, Edizioni RL, Napoli 1958; La libertad entre la historia y la utopia, Ediciones Union Socialista Libertaria, Rosario 1962; El anarquismo: mas alla' de la democracia, Editorial Reconstruir, Buenos Aires 1983; Luigi Fabbri. Storia d'un uomo libero, BFS, Pisa 1996; Una strada concreta verso l'utopia, Samizdat, Pescara 1998; La libertad entre la historia y la utopia. Tres ensayos y otros textos del siglo XX, Barcelona 1998; b) volumi di poesia: I canti dell'attesa, M. O. Bertani, Montevideo 1932; Propinqua Libertas, Bfs, Pisa 2005; c) scritti di storia e di critica letteraria: Influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1810-1853), Ediciones Nuestro Tiempo, Montevideo 1966; L'influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1853-1915), Editorial Lena & Cia. S. A., Montevideo 1967; La poesia de Leopardi, Instituto Italiano de Cultura, Montevideo 1971; Machiavelli escritor, Instituto Italiano de Cultura, Montevideo 1972; La Divina Comedia de Dante Alighieri, Universidad de la Republica, Montevideo 1994. Ad essi si aggiungono i saggi pubblicati nella "Revista de la Facultad de Humanidad y Ciencias" di Montevideo, e gli interventi e le interviste su molte pubblicazioni, e le notevoli traduzioni - con impegnati testi propri di introduzione e commento - (tra cui, in volume: di opere di Nettlau, di Malatesta, del padre Luigi Fabbri, e l'edizione bilingue commentata del Principe di Machiavelli). Opere su Luce Fabbri: un punto di partenza e' l'utilissimo dossier, Ricordando Luce Fabbri, in "A. rivista anarchica", n. 266 dell'ottobre 2000, pp. 28-41 (disponibile anche nel sito: www.arivista.org). Gianpiero Landi (per contatti: gplandi at racine.ra.it) e' un prestigioso studioso e valoroso militante libertario. Tra le opere di Giampiero Landi: (a cura di), Andrea Caffi, un socialista libertario, Edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1996. La presentazione di Gianpiero Landi alla raccolta dei versi di Luce Fabbri, Propinqua libertas (Bfs, Pisa 2005), puo' essere letta anche ne "La nonviolenza e' in cammino" n. 1155. Un'ampia intervista di Gianpiero Landi a Luce Fabbri apparsa su "A rivista anarchica nel 1981 e' in corso di ripubblicazione in questi giorni sul nostro foglio (a cominciare dal fascicolo odierno, il n. 1157). Uno strumento di lavoro utile per un avvio alla contestualizzazione della figura e dell'opera di Luce Fabbri all'interno della tradizione anarchica puo' essere la recente ampia bibliografia panoramica e ragionata di Massimo Ortalli su "Leggere l'anarchismo. La storia, le storie, il pensiero", in "A rivista anarchica", n. 311, ottobre 2005 (riproposto anche ne "La nonviolenza e' in cammino", nei nn. 1109-1112). 4. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili informazioni e proposte. 5. UNA SOLA UMANITA'. ELEONORA MARTINI: NELLA TENDOPOLI CON LE BADANTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 aprile 2009 col titolo "Nella tendopoli delle badanti" e il sommario "I rumeni. Additati come sciacalli, ma noi amiamo questa terra"] "Perche' vuoi parlare con noi, perche' siamo rumeni?". I nervi sono tesi e non solo per il terremoto. Seduti fuori dalla loro tenda da sfollati, nel campo aquilano di piazza d'Armi, la piu' grande delle 35 tendopoli allestite dalla protezione civile nella zona colpita dal terremoto del 6 aprile, stanno ancora cercando di dimenticare come tutti l'offesa subita dalla terra che ormai dicono di amare. Ma negli ultimi giorni, come se non bastasse, hanno dovuto subire da certi media l'offesa piu' infamante, quella di essere additati tutti come possibili "sciacalli" di case altrui. Proprio mentre arriva la notizia dell'assoluzione perche' il fatto non sussiste dei quattro loro connazionali - due donne e due uomini - accusati di furto dall'appartamento di un'anziana signora da cui avevano prelevato 80 mila euro. Processati per direttissima nell'aula di giustizia allestita presso gli uffici della scuola della Guardia di finanza di Coppito, visto che il tribunale dell'Aquila e' ormai distrutto, sono stati riconosciuti innocenti perche', da badanti, avevano solo provveduto alle esigenze della loro datrice di lavoro. "Anche io sono una badante e adesso aspetto solo che il figlio della signora che accudivo torni da Pescara dove e' andato a rifugiarsi con sua madre dopo il terremoto, mi paghi quanto dovuto, e poi prendero' tutto e me ne tornero' in Romania". Florentina e' giovane, ha 24 anni, e' in Italia da due ed e' molto diffidente. E' scossa perche' "non riesco a dimenticare quella immagine che mi e' rimasta nella testa, e il boato del terremoto". Viveva in una casa del centro dell'Aquila ormai in macerie. Lei, come gli altri sette suoi connazionali con cui condivide la tenda, non sapeva di aver scelto per vivere una zona altamente sismica, dove peraltro si trovava benissimo: "Mi sentivo a casa perche' l'Abruzzo assomiglia un po' alla mia Moldavia, e poi e' tranquillo qui, senza traffico". Era molto spaventata dalle scosse delle ultime settimana, racconta ancora Florentina, "ma la signora diceva di stare tranquilla, che non sarebbe successo niente perche' quella era una casa sicura, costruita negli anni '60. E invece e' venuta giu' in buona parte". E ora: "Semmai tornero' in Italia, vado a vivere a Roma, o da un'altra parte ma non qui". Non la pensano affatto cosi' Adriana, anche lei badante, e suo marito Josif, operaio edile, che con il loro bambino Cosmi vivono a Paganica da otto anni. Josif, assunto regolarmente, stava lavorando proprio ad un appartamento del centro storico e ancora non si capacita di come possano essere venute giu' le palazzine che lui considerava solide. Di sabbia al posto del cemento non ha neanche mai sentito parlare, ma di palazzi dalle fondamenta non ne ha mai tirati su. "Tornare in Romania? E come facciamo? Qui e' nato nostro figlio, va a scuola e ha i suoi amichetti. Il suo futuro e' qui. Noi, come tutti, ora dobbiamo pensare solo a rimboccarci le maniche e a ricostruire". Non si sentono diversi, non vogliono nemmeno parlare di rumeni e non rumeni. "Ci sentiamo protetti qui, come tutti gli abruzzesi siamo stati accolti bene dopo il terremoto. Non ci sono differenze. La verita' va detta: nessuno ci ha trattato in modo diverso, ne' prima ne' dopo". La pensa cosi' anche Ramona che vive invece a Monticchio, paese miracolato a due chilometri da Onna, ma praticamente rimasto intatto. Lavora come donna delle pulizie in una piccola fabbrica di dolciumi abruzzesi, con 12 lavoratori in tutto, compresi i proprietari dell'impresa. Non ha perso nulla, ne' casa ne' lavoro, e aspetta solo di poter ricominciare. La comunita' rumena conta in Abruzzo circa 2.500 persone, un migliaio nella sola zona dell'aquilano. Una volta, insieme ai macedoni, venivano come pastori. Oggi sono sosprattutto badanti e muratori. Per caso - forse - le ultime tre tende di una fila nel campo di Piazza d'Armi, sono occupate da gruppi di immigrati, due da rumeni e una da peruviani. "Abbiamo scelto noi di stare insieme nella stessa tenda, ma solo perche' ci conosciamo da tempo", spiega Liza, 38 anni e due figlie di 6 e 12 anni. "Faccio la badante a L'Aquila da quattro anni e da sempre sento parlare di terremoti in questa zona. Quando ero piccola ho vissuto anche in Romania un terremoto come questo: nel '77 ha distrutto gran parte della regione di Vrancea e della mia citta' Galati. Ma scendere di corsa i quattro piani della mia casa con le mie due bimbe mentre la terra tremava e il palazzo cominciava a venire giu', e' stata la cosa piu' spaventosa della nostra vita". Ha perso anche un'amica, eppure Liza non ha dubbi. Tra la poverta' della sua terra d'origine e quella tutta nuova della sua terra d'adozione, ha gia' scelto: "Mi sento rumena ma anche abruzzese. E ora questa e' la mia casa, il mio popolo: ho sempre trovato brave persone che mi hanno aiutato percio' ora vorrei rimanere qui e provare a ricostruire tutto". 6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area nonviolenta in Italia. Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org 8. LIBRI. GIAMPAOLO CALCHI NOVATI PRESENTA "L'ALTERNATIVA MEDITERRANEA" A CURA DI FRANCO CASSANO E DANILO ZOLO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 giugno 2008 col titolo "Un mondo a misura del Mare Nostrum" e il sommario "L'alternativa mediterranea, un libro collettivo curato da Franco Cassano e Danilo Zolo per Feltrinelli. Il Mediterraneo come spazio aperto per sperimentare una politica di incontro tra Islam e Europa"] Il Mediterraneo e' una specie di campo di battaglia. Oltre ai fronti di guerra veri e propri che attraversano il nostro stagno, i governi europei, spesso con il consenso delle opinioni pubbliche, si attrezzano con muri materiali e immateriali per chiudere, allontanare, distinguersi dall'"altra" sponda. L'Unione europea, malgrado la retorica delle occasioni rituali, ha sposato in pieno la strategia "securitaria". Quando era commissario a Bruxelles, Franco Frattini si e' impegnato a fondo per sviluppare tale strategia ed e' verosimile che dalla Farnesina andra' avanti sulla stessa strada fiancheggiando i colleghi dell'Interno e della Difesa. In tanto fragore di armi e di divieti, una ventina di intellettuali di buona volonta' vanno controcorrente e si interrogano se e come il Mediterraneo possa trasformarsi nel luogo di un'opzione politico-culturale che permetta all'Europa di sganciarsi dalla complicita' con le strategie belliciste del grande alleato e da un atlantismo che tradisce sempre piu' le sue ascendenze imperiali per soccorrere i paesi della fascia araba senza ripetere gli equivoci dell'"internazionalismo umanitario" e di sviluppare un progetto per uscire in avanti e non a ritroso da un capitalismo rapace e inquinante. Troppe ambizioni? Forse, ma il tentativo e' nello stesso tempo suggestivo e realistico. * Conflitti secolari La scelta compiuta da Franco Cassano e Danilo Zolo, un sociologo e un filosofo del diritto, con l'ausilio di bravi collaboratori in una prospettiva multidisciplinare, e', nel volume L'alternativa mediterranea (Feltrinelli, pp. 660, euro 40), di rovesciare la prospettiva in cui si muove la politica europea e quella italiana. Invece di misurarsi sui singoli problemi, il volume cerca di costruire una trama generale con il Mediterraneo come protagonista, senza nessuna attitudine autoconsolatoria. Semmai gli autori prendono atto di una specificita' che predisporrebbe all'integrazione ma che invece mostra un divario crescente tra le due sponde dello stesso mare non piu' padroneggiabile con le vecchie ricette. Lo spazio unitario si e' diviso, la koine' culturale e civile sembra irrimediabilmente scissa, la diversita' e' percepita come una minaccia. La demografia, che potrebbe favorire l'incontro, allo stato attuale congiura invece contro la pace. L'autoritarismo, la violenza degli identitarismi, la disuguaglianza di saperi e poteri, i dubbi sulla supremazia del progresso individualistico rispetto a un comunitarismo apparentemente "antico" sono dunque i temi analizzati nel volume, all'interno pero' di un quadro che vede in primo piano il terrorismo e l'esportazione armata della democrazia. La storia del Mediterraneo e' intimamente contraddittoria. Gli autori lo sanno, anche se fra di loro non abbondano gli storici. Fernand Braudel, con il suo pluralismo culturale, deve fare i conti con Henri Pirenne e la sua tesi sulla cesura introdotta nel Mediterraneo dalla conquista araba. Anche il colonialismo e la decolonizzazione sono materia incandescente. Zolo ha ragione a schierare Camus insieme a Braudel come interpreti di una mediterraneita' inclusiva. Torna in mente tuttavia la polemica senza esclusione di colpi che contrappose l'autore de L'homme revolte' a Jean-Paul Sartre sul modo di impiegare la storia nelle rivendicazioni della non-Europa o anti-Europa. Erano gli anni della guerra di liberazione in Algeria, un paese da considerare certo epitome della fuoriuscita dall'era coloniale, ma sopratutto come grande occasione mancata. In Algeria, infatti, il colonialismo francese rappresento' una violenza inaudita - fra proletari nordafricani arruolati nell'industria e nei servizi della metropoli e elites arabe desiderose di assimilare (se non di essere assimilate, come pretendeva la dottrina elaborata a Parigi) - ma produsse fenomeni di ibridazione (ai quali Cassano ha dedica pagine molto efficaci, benche' non riferite espressamente all'Algeria) che non erano destinati necessariamente a svanire con la fine del dominio europeo. Fu l'esodo in massa dei pieds-noirs, sorprendendo gli stessi estensori dell'accordo di Evian, che si erano infatti premurati nel fissare diritti e doveri, a sancire che dove c'e' Europa non ci puo' essere arabicita', islam, autonomia culturale e viceversa: dove c'e' riscatto dai soprusi imperialistici dell'Occidente non ci puo' essere Europa. E' questa dicotomia fra due concezioni di "indipendenza", che a suo modo si ripresenta anche in Israele-Palestina, a impedire la realizzazione di una politica mediterranea fatta di convergenze e complementarita' se non di unita'. Il dialogo euro-mediterraneo e' affrontato e riaffrontato in molte delle sezioni in cui e' diviso il libro di Cassano e Zolo. Nessuno degli autori lo considera un successo. Eppure tutti continuano a ritenere la sfida abbozzata a Barcellona nel novembre 1995 sul Mediterraneo come luogo di incontro un punto di non-ritorno, che andrebbe ripreso, rielaborato, rilanciato. Barcellona e' o era un quadro istituzionale che in teoria doveva essere usato per il cattivo tempo e non solo per il bello. Sembrava che l'Europa si fosse accorta di non potersi realizzare senza riconciliarsi con la sua culla. Il Mediterraneo, teatro di tante tragedie, ha nel suo patrimonio storico il segreto della pluralita' in contrasto con le angustie della modernita' occidentalistica. Ed invece prevalgono altre pulsioni e il dibattito politico, dissociato come non mai dal discorso culturale, ha imboccato un binario morto. Colpisce il guizzo di un dolente Predrag Matvejevic, fra disilluso e disperato, che pensa al recupero della Russia. Ma quale Russia? * Risentimento in crescita L'idea ricorrente nel libro e' che l'alternativa mediterranea passi per una qualche forma di disgiunzione fra l'Occidente Europa e l'Occidente Stati Uniti. Si puo' partire dai valori o dagli interessi economici, il risultato non cambia. Non e' infatti solo una questione delle piccole rivalita' di cui si puo' occupare il Wto in uno dei suoi rounds. In gioco ci sono principi basilari che hanno a che fare sia con l'inizio della nostra storia che con gli obiettivi di adattarla alla nuova realta' del mondo. Il libro sconta un'impostazione prescrittiva e non si rassegna al duro responso dei fatti. Cosi', abbandonato il partenariato policentrico, come nota nel suo bel saggio Bruno Amoroso, torna il "confine", uno dei segni distintivi del colonialismo. Allo stesso tempo, Stefania Panebianco ricorda doverosamente che l'Ue ha un modello di sicurezza diverso da quello statunitense, che la potenza egemone deve ridefinire i rapporti ormai logori con gli alleati europei e che certi eccessi possono contribuire al declino dell'America. Eppure l'Europa esprime una faziosita' politica nelle sue relazioni mediterranee che la porta a modificare le sue "regole di ingaggio" in direzione della guerra, alimentando cosi' l'altrui risentimento. Ne' le destre ne' le sinistre dispongono di una risposta convincente alla crisi della globalizzazione e si limitano a difendere i privilegi scambiandoli per "sicurezza". Non sara' un epitaffio delle motivazioni, generose senza essere candide, che ispirano lo sforzo di Cassano e Zolo, ma alla fine pesa l'assunto su cui e' imperniato l'intervento conclusivo di Samir Amin: "Se si accetta la logica della mondializzazione, si accetta di dare la priorita' o l'esclusivita' agli interessi del capitalismo dominante". 9. LIBRI. ROBERTO CICCARELLI PRESENTA "DIRITTO VIVENTE" DI ELIGIO RESTA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 novembre 2008 col titolo "Codici nuovi nell'era del postumano" e il sommario "Saggi. Diritto vivente di Eligio Resta per Laterza"] Eligio Resta, Diritto vivente, Laterza, pp. 226, euro 20. * Cio' che la biopolitica dice oggi ai giuristi e' che il rapporto tra diritto e vita e' comprensibile solo fuori dalla logica formale che ha caratterizzato il diritto moderno. Nel suo ultimo lavoro Eligio Resta, docente di filosofia del diritto alla Terza Universita' di Roma, assume pienamente questo nuovo scenario in cui emerge un diritto non piu' legato a una "scienza pura", ne' solo alla sfera statuale, ma a un carattere eccedente, quello della vita rispetto alle forme istituzionali che la regolano. Per tradizione, la vita e' stata intesa come una dimensione interstiziale tra legge e autorita'. Su questo supporto, variamente definito come costume, comportamento, oppure ancora storia, il diritto ha esercitato le proprie funzioni normative, disciplinari o "pastorali". Resta rovescia questa impostazione e sostiene che oggi la vita e' quella sfera eccedente nella quale il diritto agisce, provando a piegare di volta in volta la norma giuridica rispetto ai suoi movimenti. Questo rovesciamento viene spiegato con un'ampia genealogia nella quale il diritto non viene piu' declinato nei termini conosciuti del nomos basileus. Rispetto alla genealogia di Carl Schmitt, ispirata dal poeta greco Pindaro che ha legato il diritto alla sovranita', Resta propone quella del filosofo Archita basata sul nomos empsychos. E' alla vita che si indirizza il "diritto vivente", non allo statuto retrospettivo delle norme scritte, cioe' all'apsychos, al senza vita. Il sovrano, come i cittadini, esercitano parimenti la legge, poiche' condividono la stessa vita, e per questo fanno insieme la legge. In questa prospettiva, l'attivita' del diritto non e' limitata alla pratica dei giudici o degli avvocati. Il diritto viene praticato anche dai gruppi sociali, dai soggetti economici come banche, assicurazioni o societa' immobiliari e finanziarie. Ma il senso piu' profondo sta nel fatto che il diritto vivente e' essenzialmente divenire, antagonismo, dialettica. Esso raccoglie pratiche sociali, passioni e volonta' politiche che attraversano il testo scritto della legge, ma mantengono un'eccedenza rispetto ad esso. Parlando di eccedenza della vita rispetto alla legge, i giuristi non alludono a una concezione vitalistica o irrazionale, ma al limite costitutivo del diritto incapace di rinchiudere in un'unica norma la molteplicita' delle forme assunte da una vita. Su tali basi, Resta giunge a sostenere l'idea di un diritto che valorizza l'autonomia personale, non solo il riconoscimento dei soggetti in un codice di leggi. Quanto di vivente esiste nel diritto e' dunque essenziale sia a proposito di casi come quello di Eluana Englaro, sia in riferimento alla ricerca di un futuro piu' giusto per le nuove generazioni. Non mancano pero' elementi problematici in questa semantica giuridica. L'intenzione di Resta e' mostrare un diritto immanente alle forme di vita. Ma in che senso si parla di diritto vivente nel caso delle politiche sicuritarie sull'immigrazione, oppure contro il terrorismo? Cio' che e' "vivente" nel diritto rivela qui un'ambivalenza pericolosa per cui da un lato si tende a valorizzare l'"eccedenza" di alcune forme di vita ma dall'altro l'attivita' del diritto mira a un controllo preventivo su tali forme, contribuendo alla creazione di un nuovo, e assai flessibile, diritto vivente degli apparati di controllo. Tale ambivalenza e' il rompicapo del giurista che si confronta con l'epoca biopolitica del diritto. Troppo semplice, e presuntuosa, sarebbe l'idea di risolverlo. Scontata, invece, sarebbe la ricorrente lamentazione nostalgica per la disumanizzazione del diritto. Il diritto, e' la risposta del libro di Resta, e' entrato nell'era del postumano. Prendere coscienza dell'ambivalenza costitutiva di questo diritto permette al giurista di recepire le nuove istanze provenienti dalla societa' evitando che la loro eccedenza finisca per essere rimossa dal potere. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 793 del 17 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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