Minime. 793



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 793 del 17 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Luce Fabbri, maestra di umanita'
2. Alcuni versi italiani di Luce Fabbri
3. Una breve notizia su Luce Fabbri
4. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
5. Eleonora Martini: Nella tendopoli con le badanti
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino
8. Giampaolo Calchi Novati presenta "L'alternativa mediterranea" a cura di
Franco Cassano e Danilo Zolo
9. Roberto Ciccarelli presenta "Diritto vivente" di Eligio Resta
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'


1. EDITORIALE. LUCE FABBRI, MAESTRA DI UMANITA'

Riproponiamo alcuni testi di Luce Fabbri che gia' apparvero su "Voci e volti
della nonviolenza" alcuni anni fa. Scrivevamo allora, presentandoli, le
righe seguenti.
*
In una conversazione con Cristina Valenti del 1993 Luce Fabbri, che era nata
nel 1908 (ed e' deceduta, carca d'anni e piu' di gloria, nel 2000),
raccontava un episodio della sua infanzia legato all'esperienza della prima
guerra mondiale: "I racconti che ascoltavo m'impressionavano molto ma
soprattutto mi indignava il fatto che ci fosse un potere capace di obbligare
una persona non solo a farsi ammazzare, ma ad ammazzare. Mi sembrava
inconcepibile che ci fosse qualcuno che potesse dire ad un altro 'ammazza
uno che non ti ha mai fatto niente altrimenti ti fucilo'. Quella e' stata
una cosa che m'ha veramente colpita, ho pianto e ricordo che di notte
mordevo il cuscino dalla rabbia. E' stata una scossa molto forte dal punto
di vista morale e credo che il mio anarchismo parta da li', mi pare che sia
quello il punto di partenza".
Per l'intera sua vita Luce Fabbri resto' fedele a se stessa, e all'umanita'.
*
Nello stesso colloquio, piu' oltre, diceva: "Io sento la violenza come una
cosa antianarchica, come autoritaria in se', e d'altra parte sento anche che
abbiamo delle responsabilita' di fronte alla realta' e soprattutto di fronte
alle sofferenze della gente. Ci sono momenti in cui non si puo' non lottare
anche se non siamo noi a poter scegliere come intervenire, ma sono anche
convinta che quando le cose si mettono sul terreno della violenza allora sia
una disgrazia. Sono arrivata a questa conclusione, anche se e' una
conclusione relativa, provvisoria, insoddisfacente. Mi piacerebbe arrivare
alla conclusione di rifiutare qualsiasi violenza, succeda quel che succeda,
perche' e' una soluzione che magari non so dove ti possa portare, pero' ti
fa sentire coi piedi fermi per terra. Sono convinta che per arrivare alla
liberta' ci voglia la pace, non solo la pace tra i gurppi sociali, ma anche
una pace interiore, una maggior tolleranza reciproca".
E ancora: "Sono convinta che la guerriglia e il terrorismo siano degli
strumenti di lotta completamente negativi, e questa e' una lezione che nasce
proprio dalla esperienza che si e' fatta, e' una lezione che agli inizi del
secolo ancora non avevamo avuta".
E in una conversazione con Gianpiero Landi del 1981: "Tutti i movimenti e
partiti che partendo da obiettivi socialisti e di liberazione umana si sono
posti sul terreno della violenza, hanno fallito. Magari hanno avuto un
successo apparente, come i bolscevichi, ma una volta conquistato il potere
hanno realizzato il contrario di quanto dichiaravano".
Luce Fabbri e' una delle nostre maestre di nonviolenza.

2. ALCUNI VERSI ITALIANI DI LUCE FABBRI
[Grazie alla squisita cortesia di Gianpiero Landi che ce li ha messi a
disposizione presentiamo di seguito i testi delle poesie scritte in lingua
italiana da Luce Fabbri raccolte nel libro recentemente pubblicato - e che
vivamente raccomandiamo - Propinqua libertas, che raccoglie in edizione
bilingue venticinque poesie di Luce Fabbri, presentandole nella lingua
originale in cui sono state composte (16 in italiano e 9 in castigliano) e
tutte tradotte anche nell'altra delle due lingue che l'autrice maggiormente
uso' (le traduzioni dallo spagnolo all'italiano sono di Furio Lippi, le
traduzioni dall'italiano allo spagnolo sono di Ana Fiallo Caballero).
Amorevolmente curato da Gianpiero Landi, una cui intensa testimonianza funge
da presentazione della raccolta, il volumetto e' di 64 pagine, ed esce per
la casa editrice Biblioteca Franco Serantini di Pisa (per contatti:  largo
C. Marchesi s.n.c., 56124 Pisa, tel. 050570995); della distribuzione si
incarichera' "A rivista anarchica", a cui tutti gli interessati potranno
rivolgersi per richieste (per contatti: c. p. 17120, 20170 Milano, tel.
022896627, fax: 0228001271, e-mail: arivista at tin.it, sito:
www.arivista.org); e' una pubblicazione fuori commercio e senza un prezzo
vero e proprio, destinata alle persone amiche di Luce Fabbri o che hanno
comunque conosciuto ed apprezzato la sua figura, il suo pensiero, la sua
azione, le sue opere; alle persone interessate a ricevere il libro verra'
chiesta una cifra modesta (minimo 3 euro) per ogni copia; il ricavato,
dedotte le spese di spedizione postale, andra' a beneficio della Biblioteca
libertaria "Armando Borghi" di Castel Bolognese. Per contattare direttamente
il curatore si puo' scrivere al seguente indirizzo di posta elettronica:
gplandi at racine.ra.it]

Vecchissimi versi d'amore (1933): Scherzo affettuoso a Ermes, il muratore
che amo

Ho preso la penna
in mano
per te,
la penna mia buona,
che canta, che suona,
ma solo con me.

Se s'apre la porta,
se s'ode una voce,
nell'aria gia' morta
il canto non c'e'.

Ho preso la penna,
la penna veloce,
in mano
per te.

Arriva lontano
l'incanto tessuto
di tenui parole,
di fili di sole;
t'avvolge di se'.

Quell'ombra che sfiora,
passando, le cose,
quel soffio che ora
ti ferma le mani,
le mani callose
che amo, cos'e'?

Non sa la tua fronte,
serena nell'onde
del sole, che il velo
che vedi nel cielo,
e' stato trapunto
lontano
da me.

In alto, nel raggio
che brucia, lavori.
Ti cresce nell'ore
la casa che fai.
E intanto la mano
che ami, la penna
veloce,
la voce
che sai
confidano al sole,
ch'e' buono, se vuole,
un dolce messaggio
d'amore
per te.

(12 novembre 1933)

Nota: al verso 16 e' incerto se una parola del manoscritto originale sia da
leggere "incanto" o "incauto".

*

Vecchissimi versi d'amore (1934): L'appuntamento a Pocitos

Corre l'omnibus, brontola e s'affanna,
corre incontro all'azzurro ch'e' laggiu'.
La strada corre via sotto le ruote,
e la', in fondo alla strada, ci sei tu.

(11 febbraio 1934)

*

A Luisella

Quando ancora non c'eri e preparavo
per te che t'annunciavi il nido e il mondo,
venne al molo il naviglio di Montale
(portava liberta' per pochi eletti)
e stetti per salire;
ma c'era il fior di croco e tu venivi.

L'intravidi di nuovo nella bruma
della notte di Rio giganteggiare;
ma ritornai tagliando il carnevale:
guardai se all'altro lato c'eri tu.

Oggi mi par di non saper nuotare.
Fischia per me l'antica vaporiera
nella nebbia crescente;
ma sul Limay c'e' luce e ci sei tu.
(Tu sei tu e sei per me chi mi t'ha dato,
sei l'avvenire e sei colui che giace
da quindici anni e sta sempre con me).

*

Ultima solitudine

Chiazze di muffa, muro scortecciato,
di la', il deserto. Dove sta il giardino?
Dov'e' rimasto il canto, dov'e' il sangue
rosso delle ferite gloriose?
Hanno tradito tutti i Paladini?
Dov'e' il tamburo e dove sta l'amore?
E i giochi, e i bimbi e l'acquazzone puro?
E quel silenzio gonfio di parole?
Ora il silenzio e' sporco e l'acqua stagna
e tutti gli occhi e i fuochi sono spenti.
Nella nebbia si perdono i miei morti.
Guardo fissa la nebbia che m'assalta.

*

Thanatos

Usci' a sinistra, dritta, dai cespugli
Thanatos. Disse: "Non mi riconosci?
Son la sorella - bella - dell'Amore".
Era nata dal nero.
Fra noi non la feri' la troppa luce.
Le chiedemmo affannosi:
"Questa tua mano, dove ci conduce?"
"Dove finisce, dove tace Amore".

*

Apocalissi

Viene il giorno dell'ira.
Viene l'inferno, ingoia gl'innocenti.
L'apprendista stregone,
dopo aver scatenati tutti i venti,
preme ridendo l'ultimo bottone.
Le montagne di scoria
si sciolgono in fusione.
E' finita la storia.
Gli oceani puzzolenti
affogano il bisonte d'Altamira.

*

Il diluvio

L'acqua cresce, s'ingorga, mangia il prato
e poi la casa e assalta la collina.
Trema il cipresso d'ali rifugiate.
E' nera e densa l'acqua e il suo gonfiore
monta e minaccia. Restan poche ore
per questo sole trepido, isolato,
per noi che lo beviamo, per la fina
catena che ci lega all'aspettato
domani, che, or lo vedo, non verra'.

*

Natura quasi morta

Sotto la foglia grinza il coleottero
muove le sue zampette arrovesciato.
E' vivo e disperato
e sente tutt'intorno la minaccia:
aspetta li' la scarpa che lo schiaccia.
Tutta la vita in quell'armeggio fragile,
tutta la morte in quella foglia gialla,
che il sole scalda invano.
Le rane fanno coro di lontano.
Passa neutra nell'aria una farfalla.

*

La siepe

Ci porta volonta' come un destino,
non verso il sonno della fiera in lustra,
ma all'insonne caverna di Leonardo.
Sol si conosce ben quel che si crea.
Crea la ginestra il fiore ed il profumo.
Resisteranno al flusso della lava?

Stiam facendo una casa per la gente
all'incrocio di tutte le autostrade.
Nessun di noi voleva far la siepe.
Ma l'abbiam fatta tutta di ginestre
contro l'ondata nera e puzzolente
che ci porta il riflusso d'Hiroshima.

*

Le parole

Vorrei giocar col vento a dir parole
ed a buttarle fuori
come palle, perche' me le rimandi
ed io riscopra in loro il mio messaggio.

Vorrei sporger la mano che lavora,
dalla finestra di questa mia cella,
a stringer mani, a accarezzar capelli,
a chiedere e ad offrire un po' d'amore.

Ma il buio mangia tutte le parole
ch'escon di casa prima dell'aurora.

*

Rilettura leopardiana

La terra, l'alto cielo, il nulla in mezzo.
Dove sta l'uomo?
Il pastore cammina, ma non sa
che han violato la luna
ed han riempito il nulla di satelliti.

Dove sta l'uomo?
Il pastore cammina, ma il suo gregge
vaga disperso
e le fontane sono avvelenate;
l'erba si secca.
Ma profuma il deserto una ginestra
che raccoglie la sfida del futuro.

*

Sordita' crescente

Fa tacere le cose
il fragore remoto del tempo.
E' remoto, ma cresce
a misura che cresce il passato.

La cicala e' gelosa di tutto.
Fa cri-cri sulla voce sommessa
dell'amore, sul grido
solidale del grande dolore.
Ed eleva pian piano,
muratore ostinato,
la sua parete opaca ed incolore.

*

Le parole nuove

Ogni parola trova la sua carne.
Io volevo cercare nella selva
del mondo le parole trasparenti,
parole d'aria,
da leggere, da scrivere, da dire,
da proiettare al buio sullo schermo,
ma che non pesino
e che non gettin ombra sulla strada.

Queste parole, amici, non esistono,
ma c'e' nel caos qualcosa che le cerca,
qualcosa che ha potenza di crearle.
E allora cantero' con quelle, alfine,
cantero' alfine un canto di vittoria.

*

Patagonia (variazione italiana)

Il deserto accogliente in riva al fiume
stava un tempo nei libri;
lo vedevo di sera nel soffitto,
al riverbero tenue della strada:
c'era il giaguaro e il puma
e la' sul monte, nero contro il cielo,
Buffalo Bill chiamato Martin Fierro.

Poi fuggirono i puma e ritrovai
quel deserto nel fondo dell'esilio,
dopo molti anni e molto mare, quando
l'esilio smemorato era gia' patria.

Il fiume ha preso un nome, ed e' il Limay.
Sulla riva ho una torre di speranza
da cui guardo lontano. Il mondo e' scuro,
il mondo e' freddo e il tempo e' troppo poco.
Ma li' c'e' un po' di fuoco.
Stringo due mani e non ho piu' paura.

*

Ancora un poco

Frullo di voli sulla soglia oscura.
Ancora un poco; ancor debbo pensare
a come possa misurare il nulla;
ancor debbo imparare
a scandagliare il fondo del silenzio,
a camminare nell'oscurita'.
Non sono preparata: dammi tempo
prima d'entrare.
Non c'e' bisogno
che nessuno mi spinga: solo debbo
abituarmi a un sonno senza sogni,
al vuoto opaco dell'eternita'.

*

L'ultima parete

Una vecchia e' seduta vacillante
sull'ultima parete e non si volta.
C'e' nebbia dietro e nella nebbia e' sciolta
la morte: i vivi guardan tutti avanti.

La vecchia sa. La casa sta la' dietro,
la casa con il fuoco, il pane e il sale
per tutti. Ma le camere, le scale,
la cucina si sgretolano. Il vetro

delle finestre e' cieco, perche' il vento
l'ha coperto di terra del deserto.
Dio, cos'abbiamo fatto! Era la casa,
la nostra casa e l'abbiam data al mostro.

E' l'odio nostro che avvelena i pozzi:
non sazierem mai piu' la nostra sete.
La vecchia guarda il vuoto.
E' seduta sull'ultima parete.

3. MAESTRE. UNA BREVE NOTIZIA SU LUCE FABBRI

Luce Fabbri, pensatrice e militante anarchica, educatrice profonda e
generosa, un punto di riferimento per tutti gli amici della dignita' umana e
della nonviolenza. Nata il 25 luglio 1908, figlia di Luigi Fabbri (il grande
militante e teorico libertario collaboratore di Errico Malatesta), dal 1929
in esilio dapprima a Parigi, poi a Bruxelles e via Anversa in America
Latina, a Montevideo in Uruguay, ove da allora risiedera' (ma ancora sovente
molto viaggiando); la morte la coglie il 19 agosto 2000, operosa fino alla
fine, sempre attiva, generosa, mite, accogliente; sempre lucida, sempre
limpida, per sempre Luce. Opere di Luce Fabbri: per un primo avvio
segnaliamo l'ampia e preziosa intervista  a cura di Cristina Valenti: Luce
Fabbri, vivendo la mia vita, apparsa su "A. rivista anarchica" dell'estate
1998 (disponibile anche nella rete telematica alla pagina web:
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/247/22.htm; ora anche nel sito:
www.arivista.org). Tra le sue opere in volume ed in opuscolo segnaliamo: a)
scritti politici: Camisas negras, Ediciones Nervio, Buenos Aires 1935; (con
lo pseudonimo Luz D. Alba), 19 de julio. Antologia de la revolucion
espanola, Coleccion Esfuerzo, Montevideo 1937; (con Diego Abad de
Santillan), Gli anarchici e la rivoluzione spagnola, Carlo Frigerio Editore,
Lugano 1938; La liberta' nelle crisi rivoluzionarie, Edizioni Studi Sociali,
Montevideo 1947; El totalitarismo entre las dos guerras, Ediciones Union
Socialista Libertaria, Buenos Aires 1948; L'anticomunismo, l'antimperialismo
e la pace, Edizioni di Studi Sociali, Montevideo 1949; La strada, Edizioni
Studi Sociali, Montevideo 1952; Sotto la minaccia totalitaria, Edizioni RL,
Napoli 1955; Problemi d'oggi, Edizioni RL, Napoli 1958; La libertad entre la
historia y la utopia, Ediciones Union Socialista Libertaria, Rosario 1962;
El anarquismo: mas alla' de la democracia, Editorial Reconstruir, Buenos
Aires 1983; Luigi Fabbri. Storia d'un uomo libero, BFS, Pisa 1996; Una
strada concreta verso l'utopia, Samizdat, Pescara 1998; La libertad entre la
historia y la utopia. Tres ensayos y otros textos del siglo XX, Barcelona
1998; b) volumi di poesia: I canti dell'attesa, M. O. Bertani, Montevideo
1932; Propinqua Libertas, Bfs, Pisa 2005; c) scritti di storia e di critica
letteraria: Influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense
(1810-1853), Ediciones Nuestro Tiempo, Montevideo 1966; L'influenza della
letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1853-1915), Editorial Lena &
Cia. S. A., Montevideo 1967; La poesia de Leopardi, Instituto Italiano de
Cultura, Montevideo 1971; Machiavelli escritor, Instituto Italiano de
Cultura, Montevideo 1972; La Divina Comedia de Dante Alighieri, Universidad
de la Republica, Montevideo 1994. Ad essi si aggiungono i saggi pubblicati
nella "Revista de la Facultad de Humanidad y Ciencias" di Montevideo, e gli
interventi e le interviste su molte pubblicazioni, e le notevoli
traduzioni - con impegnati testi propri di introduzione e commento - (tra
cui, in volume: di opere di Nettlau, di Malatesta, del padre Luigi Fabbri, e
l'edizione bilingue commentata del Principe di Machiavelli). Opere su Luce
Fabbri: un punto di partenza e' l'utilissimo dossier, Ricordando Luce
Fabbri, in "A. rivista anarchica", n. 266 dell'ottobre 2000, pp. 28-41
(disponibile anche nel sito: www.arivista.org).
Gianpiero Landi (per contatti: gplandi at racine.ra.it) e' un prestigioso
studioso e valoroso militante libertario. Tra le opere di Giampiero Landi:
(a cura di), Andrea Caffi, un socialista libertario, Edizioni Biblioteca
Franco Serantini, Pisa 1996.
La presentazione di Gianpiero Landi alla raccolta dei versi di Luce Fabbri,
Propinqua libertas (Bfs, Pisa 2005), puo' essere letta anche ne "La
nonviolenza e' in cammino" n. 1155. Un'ampia intervista di Gianpiero Landi a
Luce Fabbri apparsa su "A rivista anarchica nel 1981 e' in corso di
ripubblicazione in questi giorni sul nostro foglio (a cominciare dal
fascicolo odierno, il n. 1157).
Uno strumento di lavoro utile per un avvio alla contestualizzazione della
figura e dell'opera di Luce Fabbri all'interno della tradizione anarchica
puo' essere la recente ampia bibliografia panoramica e ragionata di Massimo
Ortalli su "Leggere l'anarchismo. La storia, le storie, il pensiero", in "A
rivista anarchica", n. 311, ottobre 2005 (riproposto anche ne "La
nonviolenza e' in cammino", nei nn.  1109-1112).

4. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

5. UNA SOLA UMANITA'. ELEONORA MARTINI: NELLA TENDOPOLI CON LE BADANTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 aprile 2009 col titolo "Nella
tendopoli delle badanti" e il sommario "I rumeni. Additati come sciacalli,
ma noi amiamo questa terra"]

"Perche' vuoi parlare con noi, perche' siamo rumeni?". I nervi sono tesi e
non solo per il terremoto. Seduti fuori dalla loro tenda da sfollati, nel
campo aquilano di piazza d'Armi, la piu' grande delle 35 tendopoli allestite
dalla protezione civile nella zona colpita dal terremoto del 6 aprile,
stanno ancora cercando di dimenticare come tutti l'offesa subita dalla terra
che ormai dicono di amare. Ma negli ultimi giorni, come se non bastasse,
hanno dovuto subire da certi media l'offesa piu' infamante, quella di essere
additati tutti come possibili "sciacalli" di case altrui. Proprio mentre
arriva la notizia dell'assoluzione perche' il fatto non sussiste dei quattro
loro connazionali - due donne e due uomini - accusati di furto
dall'appartamento di un'anziana signora da cui avevano prelevato 80 mila
euro. Processati per direttissima nell'aula di giustizia allestita presso
gli uffici della scuola della Guardia di finanza di Coppito, visto che il
tribunale dell'Aquila e' ormai distrutto, sono stati riconosciuti innocenti
perche', da badanti, avevano solo provveduto alle esigenze della loro
datrice di lavoro.
"Anche io sono una badante e adesso aspetto solo che il figlio della signora
che accudivo torni da Pescara dove e' andato a rifugiarsi con sua madre dopo
il terremoto, mi paghi quanto dovuto, e poi prendero' tutto e me ne tornero'
in Romania". Florentina e' giovane, ha 24 anni, e' in Italia da due ed e'
molto diffidente. E' scossa perche' "non riesco a dimenticare quella
immagine che mi e' rimasta nella testa, e il boato del terremoto". Viveva in
una casa del centro dell'Aquila ormai in macerie. Lei, come gli altri sette
suoi connazionali con cui condivide la tenda, non sapeva di aver scelto per
vivere una zona altamente sismica, dove peraltro si trovava benissimo: "Mi
sentivo a casa perche' l'Abruzzo assomiglia un po' alla mia Moldavia, e poi
e' tranquillo qui, senza traffico". Era molto spaventata dalle scosse delle
ultime settimana, racconta ancora Florentina, "ma la signora diceva di stare
tranquilla, che non sarebbe successo niente perche' quella era una casa
sicura, costruita negli anni '60. E invece e' venuta giu' in buona parte". E
ora: "Semmai tornero' in Italia, vado a vivere a Roma, o da un'altra parte
ma non qui".
Non la pensano affatto cosi' Adriana, anche lei badante, e suo marito Josif,
operaio edile, che con il loro bambino Cosmi vivono a Paganica da otto anni.
Josif, assunto regolarmente, stava lavorando proprio ad un appartamento del
centro storico e ancora non si capacita di come possano essere venute giu'
le palazzine che lui considerava solide. Di sabbia al posto del cemento non
ha neanche mai sentito parlare, ma di palazzi dalle fondamenta non ne ha mai
tirati su. "Tornare in Romania? E come facciamo? Qui e' nato nostro figlio,
va a scuola e ha i suoi amichetti. Il suo futuro e' qui. Noi, come tutti,
ora dobbiamo pensare solo a rimboccarci le maniche e a ricostruire". Non si
sentono diversi, non vogliono nemmeno parlare di rumeni e non rumeni. "Ci
sentiamo protetti qui, come tutti gli abruzzesi siamo stati accolti bene
dopo il terremoto. Non ci sono differenze. La verita' va detta: nessuno ci
ha trattato in modo diverso, ne' prima ne' dopo". La pensa cosi' anche
Ramona che vive invece a Monticchio, paese miracolato a due chilometri da
Onna, ma praticamente rimasto intatto. Lavora come donna delle pulizie in
una piccola fabbrica di dolciumi abruzzesi, con 12 lavoratori in tutto,
compresi i proprietari dell'impresa. Non ha perso nulla, ne' casa ne'
lavoro, e aspetta solo di poter ricominciare.
La comunita' rumena conta in Abruzzo circa 2.500 persone, un migliaio nella
sola zona dell'aquilano. Una volta, insieme ai macedoni, venivano come
pastori. Oggi sono sosprattutto badanti e muratori. Per caso - forse - le
ultime tre tende di una fila nel campo di Piazza d'Armi, sono occupate da
gruppi di immigrati, due da rumeni e una da peruviani. "Abbiamo scelto noi
di stare insieme nella stessa tenda, ma solo perche' ci conosciamo da
tempo", spiega Liza, 38 anni e due figlie di 6 e 12 anni.
"Faccio la badante a L'Aquila da quattro anni e da sempre sento parlare di
terremoti in questa zona. Quando ero piccola ho vissuto anche in Romania un
terremoto come questo: nel '77 ha distrutto gran parte della regione di
Vrancea e della mia citta' Galati. Ma scendere di corsa i quattro piani
della mia casa con le mie due bimbe mentre la terra tremava e il palazzo
cominciava a venire giu', e' stata la cosa piu' spaventosa della nostra
vita". Ha perso anche un'amica, eppure Liza non ha dubbi. Tra la poverta'
della sua terra d'origine e quella tutta nuova della sua terra d'adozione,
ha gia' scelto: "Mi sento rumena ma anche abruzzese. E ora questa e' la mia
casa, il mio popolo: ho sempre trovato brave persone che mi hanno aiutato
percio' ora vorrei rimanere qui e provare a ricostruire tutto".

6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI
TORINO

Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di
Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento
curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area
nonviolenta in Italia.
Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail:
info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org

8. LIBRI. GIAMPAOLO CALCHI NOVATI PRESENTA "L'ALTERNATIVA MEDITERRANEA" A
CURA DI FRANCO CASSANO E DANILO ZOLO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 giugno 2008 col titolo "Un mondo a
misura del Mare Nostrum" e il sommario "L'alternativa mediterranea, un libro
collettivo curato da Franco Cassano e Danilo Zolo per Feltrinelli. Il
Mediterraneo come spazio aperto per sperimentare una politica di incontro
tra Islam e Europa"]

Il Mediterraneo e' una specie di campo di battaglia. Oltre ai fronti di
guerra veri e propri che attraversano il nostro stagno, i governi europei,
spesso con il consenso delle opinioni pubbliche, si attrezzano con muri
materiali e immateriali per chiudere, allontanare, distinguersi dall'"altra"
sponda. L'Unione europea, malgrado la retorica delle occasioni rituali, ha
sposato in pieno la strategia "securitaria". Quando era commissario a
Bruxelles, Franco Frattini si e' impegnato a fondo per sviluppare tale
strategia ed e' verosimile che dalla Farnesina andra' avanti sulla stessa
strada fiancheggiando i colleghi dell'Interno e della Difesa.
In tanto fragore di armi e di divieti, una ventina di intellettuali di buona
volonta' vanno controcorrente e si interrogano se e come il Mediterraneo
possa trasformarsi nel luogo di un'opzione politico-culturale che permetta
all'Europa di sganciarsi dalla complicita' con le strategie belliciste del
grande alleato e da un atlantismo che tradisce sempre piu' le sue ascendenze
imperiali per soccorrere i paesi della fascia araba senza ripetere gli
equivoci dell'"internazionalismo umanitario" e di sviluppare un progetto per
uscire in avanti e non a ritroso da un capitalismo rapace e inquinante.
Troppe ambizioni? Forse, ma il tentativo e' nello stesso tempo suggestivo e
realistico.
*
Conflitti secolari
La scelta compiuta da Franco Cassano e Danilo Zolo, un sociologo e un
filosofo del diritto, con l'ausilio di bravi collaboratori in una
prospettiva multidisciplinare, e', nel volume L'alternativa mediterranea
(Feltrinelli, pp. 660, euro 40), di rovesciare la prospettiva in cui si
muove la politica europea e quella italiana. Invece di misurarsi sui singoli
problemi, il volume cerca di costruire una trama generale con il
Mediterraneo come protagonista, senza nessuna attitudine autoconsolatoria.
Semmai gli autori prendono atto di una specificita' che predisporrebbe
all'integrazione ma che invece mostra un divario crescente tra le due sponde
dello stesso mare non piu' padroneggiabile con le vecchie ricette. Lo spazio
unitario si e' diviso, la koine' culturale e civile sembra irrimediabilmente
scissa, la diversita' e' percepita come una minaccia. La demografia, che
potrebbe favorire l'incontro, allo stato attuale congiura invece contro la
pace. L'autoritarismo, la violenza degli identitarismi, la disuguaglianza di
saperi e poteri, i dubbi sulla supremazia del progresso individualistico
rispetto a un comunitarismo apparentemente "antico" sono dunque i temi
analizzati nel volume, all'interno pero' di un quadro che vede in primo
piano il terrorismo e l'esportazione armata della democrazia.
La storia del Mediterraneo e' intimamente contraddittoria. Gli autori lo
sanno, anche se fra di loro non abbondano gli storici. Fernand Braudel, con
il suo pluralismo culturale, deve fare i conti con Henri Pirenne e la sua
tesi sulla cesura introdotta nel Mediterraneo dalla conquista araba. Anche
il colonialismo e la decolonizzazione sono materia incandescente. Zolo ha
ragione a schierare Camus insieme a Braudel come interpreti di una
mediterraneita' inclusiva. Torna in mente tuttavia la polemica senza
esclusione di colpi che contrappose l'autore de L'homme revolte' a Jean-Paul
Sartre sul modo di impiegare la storia nelle rivendicazioni della non-Europa
o anti-Europa. Erano gli anni della guerra di liberazione in Algeria, un
paese da considerare certo epitome della fuoriuscita dall'era coloniale, ma
sopratutto come grande occasione mancata.
In Algeria, infatti, il colonialismo francese rappresento' una violenza
inaudita - fra proletari nordafricani arruolati nell'industria e nei servizi
della metropoli e elites arabe desiderose di assimilare (se non di essere
assimilate, come pretendeva la dottrina elaborata a Parigi) - ma produsse
fenomeni di ibridazione (ai quali Cassano ha dedica pagine molto efficaci,
benche' non riferite espressamente all'Algeria) che non erano destinati
necessariamente a svanire con la fine del dominio europeo. Fu l'esodo in
massa dei pieds-noirs, sorprendendo gli stessi estensori dell'accordo di
Evian, che si erano infatti premurati nel fissare diritti e doveri, a
sancire che dove c'e' Europa non ci puo' essere arabicita', islam, autonomia
culturale e viceversa: dove c'e' riscatto dai soprusi imperialistici
dell'Occidente non ci puo' essere Europa. E' questa dicotomia fra due
concezioni di "indipendenza", che a suo modo si ripresenta anche in
Israele-Palestina, a impedire la realizzazione di una politica mediterranea
fatta di convergenze e complementarita' se non di unita'.
Il dialogo euro-mediterraneo e' affrontato e riaffrontato in molte delle
sezioni in cui e' diviso il libro di Cassano e Zolo. Nessuno degli autori lo
considera un successo. Eppure tutti continuano a ritenere la sfida abbozzata
a Barcellona nel novembre 1995 sul Mediterraneo come luogo di incontro un
punto di non-ritorno, che andrebbe ripreso, rielaborato, rilanciato.
Barcellona e' o era un quadro istituzionale che in teoria doveva essere
usato per il cattivo tempo e non solo per il bello. Sembrava che l'Europa si
fosse accorta di non potersi realizzare senza riconciliarsi con la sua
culla. Il Mediterraneo, teatro di tante tragedie, ha nel suo patrimonio
storico il segreto della pluralita' in contrasto con le angustie della
modernita' occidentalistica. Ed invece prevalgono altre pulsioni e il
dibattito politico, dissociato come non mai dal discorso culturale, ha
imboccato un binario morto. Colpisce il guizzo di un dolente Predrag
Matvejevic, fra disilluso e disperato, che pensa al recupero della Russia.
Ma quale Russia?
*
Risentimento in crescita
L'idea ricorrente nel libro e' che l'alternativa mediterranea passi per una
qualche forma di disgiunzione fra l'Occidente Europa e l'Occidente Stati
Uniti. Si puo' partire dai valori o dagli interessi economici, il risultato
non cambia. Non e' infatti solo una questione delle piccole rivalita' di cui
si puo' occupare il Wto in uno dei suoi rounds. In gioco ci sono principi
basilari che hanno a che fare sia con l'inizio della nostra storia che con
gli obiettivi di adattarla alla nuova realta' del mondo.
Il libro sconta un'impostazione prescrittiva e non si rassegna al duro
responso dei fatti. Cosi', abbandonato il partenariato policentrico, come
nota nel suo bel saggio Bruno Amoroso, torna il "confine", uno dei segni
distintivi del colonialismo. Allo stesso tempo, Stefania Panebianco ricorda
doverosamente che l'Ue ha un modello di sicurezza diverso da quello
statunitense, che la potenza egemone deve ridefinire i rapporti ormai logori
con gli alleati europei e che certi eccessi possono contribuire al declino
dell'America. Eppure l'Europa esprime una faziosita' politica nelle sue
relazioni mediterranee che la porta a modificare le sue "regole di ingaggio"
in direzione della guerra, alimentando cosi' l'altrui risentimento. Ne' le
destre ne' le sinistre dispongono di una risposta convincente alla crisi
della globalizzazione e si limitano a difendere i privilegi scambiandoli per
"sicurezza". Non sara' un epitaffio delle motivazioni, generose senza essere
candide, che ispirano lo sforzo di Cassano e Zolo, ma alla fine pesa
l'assunto su cui e' imperniato l'intervento conclusivo di Samir Amin: "Se si
accetta la logica della mondializzazione, si accetta di dare la priorita' o
l'esclusivita' agli interessi del capitalismo dominante".

9. LIBRI. ROBERTO CICCARELLI PRESENTA "DIRITTO VIVENTE" DI ELIGIO RESTA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 novembre 2008 col titolo "Codici nuovi
nell'era del postumano" e il sommario "Saggi. Diritto vivente di Eligio
Resta per Laterza"]

Eligio Resta, Diritto vivente, Laterza, pp. 226, euro 20.
*
Cio' che la biopolitica dice oggi ai giuristi e' che il rapporto tra diritto
e vita e' comprensibile solo fuori dalla logica formale che ha
caratterizzato il diritto moderno. Nel suo ultimo lavoro Eligio Resta,
docente di filosofia del diritto alla Terza Universita' di Roma, assume
pienamente questo nuovo scenario in cui emerge un diritto non piu' legato a
una "scienza pura", ne' solo alla sfera statuale, ma a un carattere
eccedente, quello della vita rispetto alle forme istituzionali che la
regolano. Per tradizione, la vita e' stata intesa come una dimensione
interstiziale tra legge e autorita'. Su questo supporto, variamente definito
come costume, comportamento, oppure ancora storia, il diritto ha esercitato
le proprie funzioni normative, disciplinari o "pastorali". Resta rovescia
questa impostazione e sostiene che oggi la vita e' quella sfera eccedente
nella quale il diritto agisce, provando a piegare di volta in volta la norma
giuridica rispetto ai suoi movimenti.
Questo rovesciamento viene spiegato con un'ampia genealogia nella quale il
diritto non viene piu' declinato nei termini conosciuti del nomos basileus.
Rispetto alla genealogia di Carl Schmitt, ispirata dal poeta greco Pindaro
che ha legato il diritto alla sovranita', Resta propone quella del filosofo
Archita basata sul nomos empsychos. E' alla vita che si indirizza il
"diritto vivente", non allo statuto retrospettivo delle norme scritte, cioe'
all'apsychos, al senza vita. Il sovrano, come i cittadini, esercitano
parimenti la legge, poiche' condividono la stessa vita, e per questo fanno
insieme la legge.
In questa prospettiva, l'attivita' del diritto non e' limitata alla pratica
dei giudici o degli avvocati. Il diritto viene praticato anche dai gruppi
sociali, dai soggetti economici come banche, assicurazioni o societa'
immobiliari e finanziarie. Ma il senso piu' profondo sta nel fatto che il
diritto vivente e' essenzialmente divenire, antagonismo, dialettica. Esso
raccoglie pratiche sociali, passioni e volonta' politiche che attraversano
il testo scritto della legge, ma mantengono un'eccedenza rispetto ad esso.
Parlando di eccedenza della vita rispetto alla legge, i giuristi non
alludono a una concezione vitalistica o irrazionale, ma al limite
costitutivo del diritto incapace di rinchiudere in un'unica norma la
molteplicita' delle forme assunte da una vita. Su tali basi, Resta giunge a
sostenere l'idea di un diritto che valorizza l'autonomia personale, non solo
il riconoscimento dei soggetti in un codice di leggi. Quanto di vivente
esiste nel diritto e' dunque essenziale sia a proposito di casi come quello
di Eluana Englaro, sia in riferimento alla ricerca di un futuro piu' giusto
per le nuove generazioni.
Non mancano pero' elementi problematici in questa semantica giuridica.
L'intenzione di Resta e' mostrare un diritto immanente alle forme di vita.
Ma in che senso si parla di diritto vivente nel caso delle politiche
sicuritarie sull'immigrazione, oppure contro il terrorismo? Cio' che e'
"vivente" nel diritto rivela qui un'ambivalenza pericolosa per cui da un
lato si tende a valorizzare l'"eccedenza" di alcune forme di vita ma
dall'altro l'attivita' del diritto mira a un controllo preventivo su tali
forme, contribuendo alla creazione di un nuovo, e assai flessibile, diritto
vivente degli apparati di controllo. Tale ambivalenza e' il rompicapo del
giurista che si confronta con l'epoca biopolitica del diritto. Troppo
semplice, e presuntuosa, sarebbe l'idea di risolverlo. Scontata, invece,
sarebbe la ricorrente lamentazione nostalgica per la disumanizzazione del
diritto. Il diritto, e' la risposta del libro di Resta, e' entrato nell'era
del postumano. Prendere coscienza dell'ambivalenza costitutiva di questo
diritto permette al giurista di recepire le nuove istanze provenienti dalla
societa' evitando che la loro eccedenza finisca per essere rimossa dal
potere.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 793 del 17 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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