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Coi piedi per terra. 177
- Subject: Coi piedi per terra. 177
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 15 Apr 2009 09:52:24 +0200
- Importance: Normal
=================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 177 del 15 aprile 2009 In questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Il prezzo del sangue 2. La mozione approvata all'unanimita' dal congresso nazionale del Movimento Nonviolento per la riduzione del trasporto aereo 3. Vanni Codeluppi presenta alcuni recenti libri sul consumismo 4. Mario Pianta presenta "Le ragioni del no" di Donatella della Porta e Gianni Piazza 5. Mauro Trotta presenta il "Breve trattato della decrescita serena" di Serge Latouche 6. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: IL PREZZO DEL SANGUE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento] C'e' molto da imparare dalla natura. Prendete l'economia. Se gestissimo i nostri corpi nello stesso modo in cui gestiamo l'economia ecco cosa verrebbe fuori: il sistema cuore-polmoni, ovvero gli "organi industriali del nord corporeo" avrebbero la signoria sulle ossa da cui trarre il materiale grezzo sanguigno prodotto dal midollo. Il materiale verrebbe inviato al sistema cuore-polmoni che purificherebbe il sangue (come fa) e aggiungerebbe ossigeno. A questo punto il centro di distribuzione del cuore annuncia: "Il prezzo del sangue, oggi, e' tot. Chi compra?". E il sangue viene inviato agli organi che possono permetterselo, mentre quelli che non possono permetterselo non vengono irrorati, si ammalano e muoiono. Questa e' la situazione economica del mondo oggi. Vedete bene che non e' fatta per un pianeta che sia vivo e voglia continuare ad esserlo. 2. DOCUMENTI. LA MOZIONE APPROVATA ALL'UNANIMITA' DAL CONGRESSO NAZIONALE DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO [Riproponiamo ancora una volta la mozione presentata dal professor Alessandro Pizzi per la riduzione del trasporto aereo approvata all'unanimita' dal congresso nazionale del Movimento Nonviolento tenutosi a Verona dal primo al 3 novembre 2007. Alessandro Pizzi, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt), citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono diventati proverbiali, e' fortemente impegnato in campo educativo e nel volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace"; ha promosso il corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte (istituto scolastico in cui ha lungamente insegnato); e' uno dei principali animatori del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e sui modelli di mobilita' in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio] Nella sessione conclusiva del congresso del Movimento Nonviolento, tenutosi a Verona dal primo al 3 novembre 2007, e' stata approvata all'unanimita' (con tre soli astenuti e nessun voto contrario) la mozione per la riduzione del trasporto aereo presentata dal professor Alessandro Pizzi del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo. Il Movimento Nonviolento, fondato da Aldo Capitini (1899-1968, l'illustre filosofo ideatore della marcia Perugia-Assisi), e' la principale esperienza organizzata della nonviolenza in Italia, e una struttura di grande rilevanza culturale e civile e di immenso prestigio morale. * Il testo della mozione approvata recita: "Il Congresso del Movimento Nonviolento - impegnato nella difesa della biosfera fortemente minacciata dal surriscaldamento del clima; - consapevole del pesante contributo che al surriscaldamento del clima da' il trasporto aereo; - cosciente altresi' che il trasporto aereo costituisce una forma di mobilita' altamente inquinante e devastante per l'ambiente e dannosa per la salute e il benessere delle persone, fortemente energivora, interna ad un modello di sviluppo ecologicamente insostenibile, assai costosa per l'intera collettivita' locale e l'intera umanita' vivente che in larghissima parte neppure ne fruisce; esprime sostegno ai movimenti che si impegnano per la drastica riduzione del trasporto aereo; ed in tal ambito sostiene i movimenti e le iniziative che con la scelta della nonviolenza e la forza della democrazia, in difesa della legalita' e dei diritti umani di tutti gli esseri umani: a) si oppongono alla realizzazione di nuovi aeroporti (e all'ampliamento degli aeroporti esistenti) laddove non ve ne sia una vera necessita' ma essi siano realizzati per promuovere forme di turismo "mordi e fuggi" legate a una fruizione consumista, alienata, usurante e mercificata dei beni ambientali e culturali, e ad un'esperienza del viaggiare che non sia arricchimento di conoscenza ma asservimento agli imperativi delle agenzie della narcosi pubblicitaria; b) si impegnano per la riduzione drastica ed immediata del carico di voli dei sedimi aeroportuali collocati a ridosso di centri abitati gia' pesantemente gravati e fin soffocati dall'attivita' aeroportuale; c) chiedono la cessazione dello sperpero di pubblico denaro per finanziare le compagnie aeree; d) chiedono che cessino le agevolazioni e le esenzioni fiscali alle compagnie aeree; e) si oppongono alle condotte gravemente antisindacali e violatrici dei diritti dei lavoratori messe in atto da eminenti compagnie aeree; f) difendono il diritto alla salute, i beni culturali e ambientali, gli ecosistemi locali e l'ecosistema planetario, i diritti dell'umanita' presente e delle generazioni future, minacciati dal dissennato incremento del trasporto aereo; g) si impegnano per il rigoroso rispetto della legislazione in materia di difesa dell'ambiente, della salute, dei beni comuni; h) chiedono che tutte le strutture aeroportuali realizzate e realizzande siano sottoposte senza eccezioni alla dirimente verifica della compatibilita' con quanto disposto dalla vigente legislazione italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale (Via) e di Valutazione ambientale strategica (Vas); i) si oppongono alle attivita' militari che violano l'art. 11 della Costituzione e ad ogni ampliamento delle basi aeronautiche militari, e particolarmente alla presenza e all'ampliamento di basi aeronautiche militari di stati stranieri e di coalizioni intese a, o impegnate in, attivita' belliche che la Costituzione ripudia; l) promuovono forme di mobilita' sostenibile, modelli di sviluppo autocentrati con tecnologie appropriate, scelte economiche ecocompatibili, eque e solidali; m) promuovono una cultura della mobilita' e del viaggio sostenibile, conviviale, solidale, aperta all'incontro e all'ascolto reciproco, rispettosa delle persone e dell'ambiente; n) si impegnano per la riduzione del surriscaldamento climatico e per la difesa della biosfera". 3. LIBRI. VANNI CODELUPPI PRESENTA ALCUNI RECENTI LIBRI SUL CONSUMISMO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 marzo 2009 col titolo "La fenomenologia dello shopping al tempo della crisi. Consumo liquido" e il sommario "Fenomeno assai piu' complesso di quanto non pensino i suoi detrattori o i sostenitori delle sue valenze politiche, lo shopping e' al centro di alcuni saggi recenti, nei quali se ne osserva l'attuale evoluzione. Che nell'analisi di Zygmunt Bauman, in Consumo, dunque sono, vede una progressiva identificazione fra consumatori e merci"] In una situazione di crisi come quella che stiamo attraversando, parlare di shopping rischia di suonare anacronistico: criticato e accusato di eccessiva presenza in tempi di sviluppo economico, esso sembra oggi mancare, al punto da essere quasi rimpianto. Eppure lo shopping non e' scomparso: le persone continuano ad acquistare prodotti, e le funzioni svolte dal consumo non hanno cessato di essere indispensabili per il funzionamento delle societa' capitalistiche. Al tempo stesso, e forse ancora di piu' per questa apparente contraddizione, lo shopping rappresenta un mistero, ed e' difficile capire come mai gli esseri umani dedichino ai loro acquisti un tale dispendio di tempo e di energie. Gia' affrontato molte volte in passato, tanto che la letteratura in materia e' ormai vastissima, il tema rimane tuttavia ancora aperto ed e' al centro di alcuni recenti volumi, che possono permetterci di ridefinirlo alla luce dell'evoluzione contemporanea. Innanzitutto, pero', e' necessario cercare di definire che cosa e' lo shopping. Sebbene solitamente tale termine inglese venga tradotto in italiano con "acquisto" o "spesa", in realta' il suo significato e' assai piu' ampio. Lo shopping infatti non si riferisce soltanto al semplice atto d'acquisto di un bene, ma e' un'esperienza complessa che racchiude diverse dimensioni di natura individuale e sociale. Oltre al denaro, infatti, il consumatore investe nello shopping anche il suo tempo libero e il suo impegno psicologico, perche' la sua ricerca non riguarda solo determinati beni che siano in grado di soddisfare le sue esigenze materiali, ma investe la possibilita' di sviluppare le sue relazioni sociali e di realizzare la sua identita'. Per gli individui dunque l'attivita' di shopping e' il risultato di motivazioni molto differenti. Appare percio' piuttosto semplicistica la tesi sostenuta in Hell paradise shopping (Franco Angeli, pp. 133, euro 16,50), i cui curatori, Cabirio Cautela e Daniela Ostidich, sembrano convinti che lo shopping possa essere letto solo in chiave antitetica, come paradiso o come inferno: e' paradiso quando consente agli individui di sentirsi realizzati, ovvero di raggiungere un livello soddisfacente di qualita' delle proprie relazioni sociali, di esprimere amore e attenzione verso gli altri, mentre e' inferno per coloro che non hanno le risorse necessarie per partecipare al gioco del consumo. In realta', pero', lo shopping non e' vissuto come un oggetto negativo (inferno) dalle persone che ne sono escluse. Anzi, tali persone continuano a viverlo come meta desiderabile e l'inferno, semmai, consiste proprio nell'impossibilita' di accedere a questo mondo che vorrebbero condividere. * Un marchio di infamia Nel suo contributo Daniela Ostidich afferma fra l'altro che "il paradiso dello shopping risiede nella capacita' dei luoghi d'acquisto di essere al servizio delle persone, l'inferno nella coercizione e nella massificazione". Una lettura che rivela una modalita' apocalittica di pensare al consumo oggi ampiamente superata: da tempo infatti si e' visto come una critica radicale impedisca di analizzare la natura sociale complessa del fenomeno e non consenta di spiegare il successo dello shopping, vissuto oggi, soprattutto all'interno dei centri commerciali e dei malls, come occasione di socialita' e di comunicazione. Questo non deve tuttavia impedire di sottoporre lo shopping a una analisi fortemente critica, in particolare per quanto riguarda gli effetti che lo sviluppo dei consumi ha prodotto e continua a produrre sull'ambiente naturale o le conseguenze che tale sviluppo ha avuto negli ultimi decenni sull'evoluzione delle strutture urbanistiche delle citta'. Anche Zygmunt Bauman si e' occupato dello shopping nel suo piu' recente lavoro, Consumo, dunque sono (Laterza, pp. 199, euro 15). Si tratta di un tema che il sociologo polacco conosce bene e al quale nei suoi numerosi volumi ha sempre dedicato una notevole attenzione. Bauman infatti attribuisce un carattere fortemente consumistico ai sistemi sociali piu' avanzati, quelli che appartengono alla fase da lui definita della "modernita' liquida", una fase non a caso nella quale gli individui vengono formati soprattutto per svolgere il ruolo di consumatori. Adesso pero' lo studioso ha per la prima volta dedicato un intero volume allo shopping e in esso sostiene che nelle odierne "societa' di consumatori" gli individui hanno progressivamente assorbito dalle merci il loro statuto. Vale a dire che, esattamente come le merci in vendita nel mercato, sono obbligati a rendersi attraenti e desiderabili agli occhi degli altri se vogliono sentirsi parte della societa' in cui vivono. Ne consegue che la societa' "ridefinisce le relazioni interumane a modello e somiglianza delle relazioni tra i consumatori e gli oggetti di consumo". I consumatori sembrano dunque cercare nello shopping dei beni da consumare, ma in realta' cercano soltanto degli strumenti utili per rendersi adatti ad essere consumati. D'altronde, solamente se si e' riconosciuti come consumatori si puo' pienamente partecipare alla vita della societa' e dunque usufruire dei diritti e delle liberta' di tutti i cittadini. Altrimenti si viene bollati con il marchio d'infamia di "non consumatori" ed emarginati socialmente. * Prodotti difettosi Secondo Bauman, assorbire lo statuto delle merci vuole dire per gli individui assorbire anche quell'irreversibile tendenza verso l'obsolescenza che caratterizza le merci stesse, quella tendenza cioe' alla necessita' di rinnovarsi in continuazione se non si vuole sparire dalla vista e quindi dal mercato. Aggiornare continuamente la propria identita' attraverso i beni che si acquistano diventa percio' un obbligo sociale. Ma e' improbabile che un tale aggiornamento soddisfi a lungo gli individui, perche', come per le merci, gli standard di riferimento mutano e qualsiasi innovazione e' destinata a diventare rapidamente obsoleta. Il consumo effettivo del prodotto e' dunque assai limitato nel tempo, perche' la vera azione si concentra sull'acquisto e soprattutto su quanto lo precede, ovvero sullo shopping. Cio' che segue l'acquisto comporta invece un'alta probabilita' di provare delusione, rimpianto e frustrazione. Ne deriva che gli individui devono consumare subito qualcosa che e' destinato a venire rapidamente sostituito da qualcos'altro: sono quindi costretti a essere sempre flessibili e disponibili a raccogliere cio' che puo' sempre arrivare e che, qualora arrivi, non deve essere perso. In altri termini, devono ricercare una soddisfazione "istantanea" che non precluda ulteriori possibilita' di consumo. Il loro piacere dunque sta soprattutto nell'attesa di una soddisfazione piu' che nella soddisfazione stessa, nell'accumulo di nuove sensazioni piu' che di beni materiali, come avveniva in fasi precedenti della societa'. Pensare a se stessi come a merci, sostiene Bauman, fa si' che gli individui tendano a percepire come simili alle merci anche gli altri (il partner o gli amici). I quali devono percio' corrispondere esattamente a cio' che si desidera e sono passibili di essere rapidamente sostituiti se smettono di essere "soddisfacenti", esattamente come viene restituito un prodotto che si rivela difettoso. Un fenomeno accentuato oggi dalla pervasiva azione di Internet, che ha consentito di togliere ai rapporti umani il loro carattere impegnativo, rischioso e imprevedibile. Il problema e' che naturalmente gli esseri umani sono differenti dalle merci e che, a differenza delle merci, non si adattano facilmente ad essere "acquistati" e buttati via. Questo pero' non esclude (anzi) che tutti i rapporti umani siano oggi molto piu' fragili ed effimeri di un tempo e rappresentino una ulteriore fonte di ansia. Come nell'ambito piu' generale delle merci, infatti, l'eccesso di "offerta" genera una grande incertezza nelle scelte del consumatore, condannato a effettuare in continuazione tentativi ed errori e a sperimentare una crescente sensazione di inadeguatezza. Su questa tesi della "mercificazione dell'essere umano" si regge principalmente la struttura del volume di Bauman - una tesi che non e' in se' particolarmente originale, in quanto proviene anch'essa dalla tradizione di critica apocalittica del consumo. Il sociologo polacco la riprende pero' argomentandola da par suo, evitando gli eccessi e utilizzando una logica lucida e stringente che e' in grado di renderla alla fine largamente condivisibile. Se pero' lo shopping riveste un ruolo cosi' importante nelle nostre societa', e' anche perche', come si e' detto, rappresenta uno strumento con il quale gli individui costruiscono e mantengono viva nel tempo la loro identita'. Non si tratta insomma solo di acquistare dei beni e mostrarli agli altri per fare vedere chi si e': quello che in effetti conta forse maggiormente e' la possibilita' che lo shopping offre di scegliere all'interno di una vasta gamma di beni e poi di relazionarsi con i beni che si sono scelti. Distinguere cio' che ci piace da cio' che non ci piace ci consente di sperimentare il nostro gusto e quella particolare identita' che esso e' in grado di esprimere aiutandoci addirittura a scoprire la nostra unicita' individuale. Nonostante si svolga generalmente in spazi pubblici, lo shopping puo' dunque essere considerato, per certi versi, un'esperienza personale e addirittura intima di dialogo con se stessi. D'altronde, attraverso lo shopping l'individuo non soltanto puo' capire chi e', ma sente di poter desiderare intensamente qualcosa - un dato, questo, come ha affermato di recente Colin Campbell, che lo rassicura sulla verita' della sua esistenza. E su questo ruolo tutt'altro che marginale del consumo si sofferma l'acuta e approfondita analisi di Elisa Sassoli nel suo Non solo shopping (Le Lettere, pp. 129, euro 15). * Nel carrello della spesa A differenza pero' delle ipotesi sostenute da molti autori, in Italia e all'estero, tutto questo non comporta pero' che le scelte effettuate dal consumatore nel momento dello shopping possano essere considerate scelte di tipo politico. Tali autori, che condividono un modello comunemente definito del "consumismo politico", pensano generalmente che il potere di scelta dei prodotti nel carrello della spesa possa essere interpretato come uno strumento in grado di rappresentare una risposta alla crisi dei canali tradizionali di partecipazione politica. Uno strumento cioe' grazie al quale il consumatore, optando per determinati prodotti (per esempio equo-solidali, etici, ecologici), puo' esprimere responsabilita' e impegno. Se lo shopping non puo' essere demonizzato e accusato di omologazione culturale, non puo' pero' nemmeno essere considerato uno strumento di partecipazione politica. Certo, al consumo di prodotti inquinanti o realizzati tramite lo sfruttamento del lavoro minorile e' di gran lunga preferibile la scelta di prodotti ecologici ed etici. Ma considerarlo uno strumento di impegno politico significa accettare come tale una forma di impegno debole. Che forse e' il massimo consentito da questi confusi tempi postmoderni, ma e' comunque ben diverso dall'impegno politico vero. * Postilla bibliografica. I piaceri dell'acquisto sotto la lente del semiologo Quello del consumo e' un tipico fenomeno interdisciplinare: esso richiede cioe', per essere analizzato compiutamente, il ricorso a tutte quelle numerose discipline sociali che storicamente si sono occupate di esso, a cominciare dalla sociologia, i cui orientamenti costituiscono la griglia interpretativa dell'articolo pubblicato in questa pagina. Oltre alle opere citate nel testo, tra i volumi usciti negli ultimi tempi possono essere ricordati - sempre nell'ambito di una lettura sociologica - due titoli che si soffermano in particolare sulle abitudini dei giovani: si tratta di Consum-Autori. Le generazioni come imprese creative (Libri Scheiwiller, pp. 200, euro 29.90), sesto libro-laboratorio realizzato dal team di Future Concept Lab e curato da Francesco Morace, e di Consumi edonistici. La societa' del piacere, di Fabiola Iadanza (Franco Angeli, pp. 208, euro 23), che si concentra soprattutto sul rapporto con il tempo da parte delle giovani generazioni, in relazione appunto ai consumi. Anche la psicologia ha svolto un ruolo fondamentale nell'analisi dei fenomeni di consumo, tanto che da qualche anno si sta addirittura sviluppando una disciplina psicologica appositamente dedicata a tale analisi, la cui esistenza viene ora certificata dall'uscita del manuale di Nadia Olivero e Vincenzo Russo, Manuale di psicologia dei consumi. Individuo, societa', comunicazione (McGraw-Hill Italia, pp. 568, euro 68). Da parte sua, anche la semiotica ha sempre dedicato una notevole attenzione ai temi connessi al consumo, una attenzione che negli ultimi tempi sembra essersi ulteriormente intensificata: lo testimonia fra l'altro il recente volume curato da Michela Deni e Giampaolo Proni, La semiotica e il progetto. Design, comunicazione, marketing, di recente pubblicato da Franco Angeli (pp. 205, euro 20) e, di nuovo per la stessa casa editrice, il saggio di Pierluigi Basso Fossali, La promozione dei valori. Semiotica della comunicazione e dei consumi (pp. 491, euro 32). 4. LIBRI. MARIO PIANTA PRESENTA "LE RAGIONI DEL NO" DI DONATELLA DELLA PORTA E GIANNI PIAZZA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 aprile 2008 col titolo "Quelle piccole realta' in movimento che parlano un linguaggio comune" e il sommario "Le ragioni del no, una ricerca di Donatella della Porta e Gianni Piazza sulle mobilitazioni contro la Tav in Val di Susa e il ponte sullo stretto di Messina"] Nel programma elettorale del Partito democratico si poteva leggere: "basta con l'ambientalismo dei no". Subito dopo, un ricco elenco di grandi opere contestate dalle comunita' locali, dal treno ad alta velocita' (Tav) in Val Susa agli inceneritori, da nuove centrali elettriche ai rigassificatori. Nell'emergente bipartitismo del paese, le resistenze locali sono presentate come egoismi e miopie, conservatorismo e sindrome "nimby" (non nel mio giardino). Si tratta di una rappresentazione che non regge appena si guardano le cose piu' da vicino. L'hanno fatto gli studiosi Donatella della Porta e Gianni Piazza, nel nuovo libro Le ragioni del no. Le campagne contro la Tav in Val Susa e il Ponte sullo Stretto (Feltrinelli, 187 pp., 11 euro). Ripercorrendo le Alpi attraversate dal progetto di supertreno e lo Stretto di Messina attraversato dal superponte, il volume offre una ricostruzione delle proteste parallele, ma soprattutto mette ordine concettuale nei conflitti legati alle grandi opere. L'analisi di della Porta e Piazza - usando come fonti interviste, documenti e giornali - affronta tre dimensioni chiave; la prima riguarda le risorse della protesta: come nascono e si sviluppano le reti di comitati locali, le alleanze con altri gruppi della societa' civile, i centri sociali, il sindacato. La "costruzione simbolica del coflitto" e' la seconda questione, in cui si mostra il complesso processo di elaborazione di identita' comuni che si verifica in queste lotte, ereditando identita' tradizionali (sia politiche che locali) e producendone di nuove, che disegnano i contorni di nuove comunita' solidali. Infine la molteplicita' delle forme di protesta e' il terzo aspetto affrontato: qui il sapere diventa contropotere, l'azione diretta si intreccia alle pressioni sulle istituzioni, le manifestazioni di massa sono costruite attraverso un'informazione capillare. Le periodizzazioni proposte mostrano che in tutte queste dimensioni si e' registrata una sequenza in crescita: si estendono le reti e le alleanze, si definisce l'identita' della protesta, se ne diversificano le forme, riuscendo a coinvolgere pezzi piu' ampi della societa' e a pesare di piu' sulle decisioni dei politici. Concentrandosi sulla dinamica delle mobilitazioni, il volume non affronta la natura specifica delle questioni "Tav" e "Ponte sullo Stretto", non discute le argomentazioni a favore o contro, non segue l'evoluzione dei due progetti, non scommette su come andra' a finire. Allo stesso modo, l'attenzione sui meccanismi di fondo che muovono la protesta porta ad evitare un'analisi piu' individualizzata delle diverse oganizzazioni e soggettivita' coinvolte, dei contrasti tra i diversi soggetti (tra associazionismo e centri sociali, dentro i comitati locali, con le istituzioni locali), e delle possibili contraddizioni interne al fronte del no, la presenza di interessi consolidati, le diverse motivazioni materiali e ideali che stanno dietro alla protesta. Con queste delimitazioni dell'analisi, tre sono i principali risultati sulla dinamica delle mobilitazioni contro le grandi opere. Il primo elemento che l'indagine mette in luce e' la natura non localistica delle mobilitazioni. In breve tempo queste mobilitazioni hanno saputo fare un salto dalla protesta locale alla messa in discussione di un modello di "sviluppo" - distruzione dell'ambiente inclusa - che richiede quelle grandi opere, realizzate in quel modo. E' questo, secondo gli autori, che sottrae la Val Susa e lo Stretto alla sindrome "nimby", e ne fa invece un fronte locale di un conflitto piu' generale sui temi della giustizia, dell'ambiente e della democrazia che lo avvicina all'arcipelago dei movimenti globali che si sono sviluppati negli stessi anni. Il secondo risultato del volume e' che reti, identita' e capacita' di protesta non esistono "prima" delle mobilitazioni; esiste un'eredita' di relazioni, culture politiche (ad esempio la tradizione antifascista e militante della Val Susa) e forme di lotta (i campeggi e i blocchi dei lavori come forma di protesta) conservate da esperienze precedenti e diffuse da una societa' ricca di "capitale sociale". Uno dei risultati piu' originali del lavoro e' l'importanza di queste proteste come fabbriche di democrazia. Da qui il terzo nodo messo in luce dal volume: il rapporto tra le spinte di partecipazione democratica, i processi deliberativi che sono tipici di decisioni complesse come quelle sulle grandi opere, e il ruolo della democrazia rapprsentativa e dei politici eletti, sia a livello locale che regionale e nazionale (con un ulteriore livello europeo sullo sfondo). Dalle Alpi allo Stretto quello che emerge e' la vitalita' dei processi di partecipazione, l'affermarsi di un nuovo terreno di scontro sull'informazione e le conoscenze (anche specialistiche) e la geometria variabile dei rapporti con le istituzioni. In Val Susa i sindaci e le comunita' montane stanno con i movimenti, e il risultato e' la capacita' di rinnovare la democrazia - come spiega l'intervista ad Antonio Ferrentino, presidente della Comunita' montana della Bassa Val Susa. E' questo un raro caso di innovazioni introdotte "dal basso" nel sistema di rappresentanza politica, capaci di avvicinare societa' civile e politica istituzionale. Tra Val Susa e Stretto di Messina non mancano poi le differenze; il conflitto si e' aggravato nella prima quando si e' tentato di far partire i lavori, intensificando i processi di mobilitazione. Nello Stretto c'e' un'assai minore partecipazione popolare, piu' delega e un contesto di societa' civile piu' fragile, con le istituzioni locali divise sul progetto del Ponte. Degli altri conflitti locali in corso, dalla base militare americana all'aeroporto Dal Molin a Vicenza, alle discariche di rifiuti in Campania, il libro non parla, ma il quadro analitico che propone puo' essere facilmente applicato: quanto e' localistica e monotematica la protesta? Quanto riesce a unire temi diversi, a costruire una visione d'insieme, con proposte di cambiamento praticabili? Quanto sono ampie le reti che riesce a costruire, i saperi che sa mettere in campo, le azioni che riesce a realizzare? Sembrano questi i criteri di fondo che potrebbero aiutare anche i leader e militanti del Pd a comprendere la centralita' di questi movimenti sociali che alimentano la democrazia. 5. LIBRI. MAURO TROTTA PRESENTA IL "BREVE TRATTATO DELLA DECRESCITA SERENA" DI SERGE LATOUCHE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 aprile 2008, col titolo "Le parole per sopravvivere allo sviluppo" e il sommario "Altermondialismo. Breve trattato della decrescita serena, il nuovo saggio dello studioso francese Serge Latouche per Bollati Boringhieri"] Sembra che il movimento per la decrescita sia in crescita. Ha bisogno, dunque, di nuovi strumenti teorici e pratici. E a questa esigenza vuole rispondere il nuovo testo di Serge Latouche, intitolato Breve trattato della decrescita serena (Bollati Boringhieri, pp. 135, euro 9) uscito di recente. Cosi', dopo aver prodotto quello che e' stato definito il "breviario della decrescita", ovvero Come sopravvivere allo sviluppo, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2005, e la cosiddetta "bibbia" del movimento, La scommessa della decrescita, edito da Feltrinelli l'anno passato, l'autore francese manda in libreria quello che lui stesso definisce un "opuscolo", uno "strumento di lavoro per qualsiasi responsabile del mondo associativo o politico impegnato in particolare a livello locale o regionale". In realta', il libro e' consigliabile a chiunque voglia farsi un'idea del concetto di decrescita oppure intenda scoprire l'aspetto piu' propriamente politico di tale movimento. Breve, scritto in una prosa agile e scorrevole, estremamente chiaro, il nuovo testo di Latouche da un lato rappresenta una messa a punto delle idee teoriche legate al concetto di decrescita, dall'altro si avventura, operativamente, sul terreno della pratica politica, indicando strategie e obiettivi perseguibili anche a breve. Non manca, inoltre, di richiamarsi alle esperienze di movimenti e lotte che possono essere ritenuti contigui, come quelli contro l'alta velocita' in Val di Susa o il Mose a Venezia o ancora contro il ponte sullo stretto di Messina, per restare in Italia. Tutta la prima parte del libro e' dedicata alla disamina del concetto di decrescita, alla sua necessita' per le ben note ragioni economiche, ecologiche e sociali: insomma descrive come il sistema capitalistico neoliberista stia portando il mondo alla catastrofe. Un tema, questo, che accompagna la produzione teorica dello studioso francese dalla pubblicazione italiana dei saggi su L'occidentalizzazione del mondo (Bollati Boringhieri) e Il pianeta dei naufraghi (Bollati Boringhieri). In questo libro, Latouche sottolinea, inoltre, l'urgenza di un cambiamento radicale immediato, dato che il disastro si avvicina con progressione geometrica. Un tono "serenamente" apocalittico propedeutico tuttavia all'illustrazione di alcune parole-chiave con cui declinare la necessaria inversione di rotta, mettendo a punto un nuovo elenco di termini che iniziano con la "r": rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. E si chiarisce come "sul piano teorico si dovrebbe parlare di a-crescita, come si parla di a-teismo, piu' che di de-crescita. In effetti si tratta proprio di abbandonare una fede o una religione, quella dell'economia, del progresso e dello sviluppo, di rigettare il culto irrazionale e quasi idolatra della crescita fine a se stessa". Ma e' sul piano del programma politico che il testo di Latouche propone le cose piu' nuove e interessanti, riallacciandosi al dibattito che in questi anni si e' aperto sulla decrescita. Proposte, naturalmente, mirate in gran parte ad uscire dall'ottica dello "sviluppismo" e che mirano, oltre che a ripristinare condizioni ambientali sostenibili, a far emergere di nuovo valori come la convivialita', l'ozio, le relazioni umane all'interno della societa', liberandola da ogni mito "lavorista". Oltre, quindi, a un riorientamento della ricerca scientifica, in senso chiaramente ecologico, dell'approvvigionamento energetico, si punta ad uscire dalla "societa' del lavoro" - ovviamente salariato -, liberando quanto piu' tempo e' possibile per restituirlo alla libera attivita' umana. Da un punto di vista piu' strettamente pratico, ci sono proposte come una serie di tasse sulle rendite, ma anche sulla pubblicita', sulle emissioni di anidride carbonica, sul patrimonio a livello mondiale. E, soprattutto, c'e' una critica feroce al capitalismo e alla globalizzazione neoliberista, alle imprese multinazionali identificate come il vero nemico. Tanto che lo stesso Serge Latouche, in una recente intervista (pubblicata su http://eddyburg.it/article/articleview/10965/0/286) afferma testualmente: "In un modo o nell'altro dobbiamo distruggere le grandi imprese transnazionali. Sono diventate troppo potenti. Piu' potenti degli Stati. Dobbiamo sottoporle a limiti di varia natura, ambientali e sociali, perche' non continuino a consumare risorse naturali e a sfruttare lavoro umano. Non si deve fissare solo il reddito minimo, dobbiamo fissare anche il reddito massimo. Non ha senso parlare di cittadinanza se qualcuno guadagna un milione di volte in piu' rispetto a un operaio. La politica deve porsi questi problemi". 6. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 177 del 15 aprile 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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