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Minime. 791
- Subject: Minime. 791
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 15 Apr 2009 01:04:57 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 791 del 15 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: La macchina 2. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto 3. Giuliana Sgrena: Sitara assassinata a Kandahar 4. Opporsi alla guerra e al razzismo 5. Michele Boato: In ospedale 6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 7. Giobbe Santabarbara: Quando i prominenti 8. Aldo Cazzullo presenta "Sangue d'Italia" di Sergio Luzzatto 9. Marina Montesano presenta "Le streghe" di Wolfgang Berhinger ed alcune raccolte di documenti a cura dell'Universita' di Losanna 10. Enzo Traverso presenta "La sofferenza come identita'" di Esther Benbassa 11. Stefano Visentin presenta "Spinoza atlantico" di Augusto Illuminati 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: LA MACCHINA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento] L'assunto fondamentale della scienza e' stato per lungo tempo il considerare il pianeta Terra una macchina inerte assemblata dal Grande Ingegnere. Quando gli scienziati decisero che potevano fare a meno di questo personaggio, il concetto di macchina senza inventore li spinse semplicemente ad aggiornare l'immagine: la macchina era un grande orologio cosmico nato da un'accidentale collisione di particelle. E cosi' come le macchine costruite dall'umanita' si arrugginiscono e si disintegrano se lasciate a se stesse, l'universo sarebbe andato rovinando verso il nulla. In questo schema, la vita e' un mero incidente sorto dalla non-vita. Nonostante nell'ultimo secolo la fisica abbia introdotto enormi cambiamenti nel descrivere il nostro universo, la teoria fondamentale della macchina resta ben salda. Persino la teoria dei quanti, che ha dissolto rotelle e ingranaggi in onde di energia, viene discussa come "meccanica quantistica". La visione della macchina ha giustificato qualsiasi cosa facessimo al pianeta, percepito come un ammasso di "risorse naturali" da disputarsi fra umani a cannonate, omicidi e stermini di altre specie: prendete quel che potete, l'universo e' entropico e privo di significato. E l'evoluzione, in fondo, non tratta di questo? Il piu' adatto e' colui che uccide e sopravvive. Pero', se quei vecchi, competitivi, aggressivi batteri dell'inizio del mondo non avessero sviluppato una collaborazione pacifica per produrre cellule nuove e piu' grandi, sapete, quelle di cui noi esseri umani siamo fatti... col fischio che staremmo qui a mentire sulla legge della giungla e la sopravvivenza del piu' forte per lavarci le mani dei nostri delitti. 2. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili informazioni e proposte. 3. LUTTI. GULIANA SGRENA: SITARA ASSASSINATA A KANDAHAR [Dal blog di Giuliana Sgrena nel sito del quotidiano "Il manifesto" riprendiamo il seguente articolo del 12 aprile 2009] Sitara Achikzai, eletta nel consiglio di Kandahar, nel sud dell'Afghanistan, gia' roccaforte dei taleban. Sitara, che era impegnata nella difesa dei diritti delle donne, e' stata assassinata da due uomini armati mentre tornava a casa dal lavoro, a piedi. I due killer erano a bordo di una moto, l'hanno avvicinata e hanno aperto il fuoco. Ad annunciarlo e' stato il capo del Consiglio provinciale di Kandahar e fratello del presidente, Ahmad Wali Karzai. La violenza contro le donne, che non si e' mai interrotta, e' tornata ad infuriare dopo l'approvazione da parte del parlamento del codice sciita della famiglia che, tra l'altro, legalizza lo stupro in famiglia. Il presidente Karzai, che aveva firmato la legge, ha promesso di rivedere il codice di fronte alle proteste internazionali, ma i leader religiosi affermano che ogni ripensamento sarebbe inaccettabile. 4. LE ULTIME COSE. OPPORSI ALLA GUERRA E AL RAZZISMO Opporsi alla guerra e al razzismo. Salvare le vite. Vi e' una sola umanita'. 5. UNA SOLA UMANITA'. MICHELE BOATO: IN OSPEDALE [Ringraziamo Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) per questo intervento] Non so se il medico del pronto soccorso di Conegliano era del tutto cosciente di quello che stava facendo telefonando al 113 per identificare la giovane nigeriana che si era sentita male, ma non forniva le sue generalita'. Il fatto e' che in questo modo l'ha denunciata e ne ha provocato l'espulsione. Il suo stesso primario ha dichiarato che si e' trattato di "un comportamento deontologicamente scorretto", contrario al giuramento di Ippocrate che ogni medico e' tenuto a rispettare, che recita, tra l'altro: "mi impegno a curare tutti i miei pazienti con uguale scrupolo ed impegno, prescindendo da ogni differenza di razza". Non mi convincono le scusanti accampate dal direttore della Usl, che ripete essere una procedura di identificazione "normale, a sole finalita' mediche". Come canta una vecchia canzone popolare: Pieta' l'e' morta. 6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. LE ULTIME COSE. GIOBBE SANTABARBARA: QUANDO I PROMINENTI Ho sempre pensato tutto il male possibile di chi starnazza lo slogan totalitario "senza se e senza ma". Quando i prominenti finanziatori loro in atto o in potenza decisero la guerra, i neofiti solerti cortigiani pensarono bene di arruolarsi tra i propagandisti della bonta' delle stragi e di coprire di contumelie chi alla guerra continuava a opporsi. Non muore mai lo stalinismo. * Ho sempre pensato tutto il male possibile di chi manifesta al grido necrofilo e insensato "viva la muerte". Chiedono al governo fascista di fare una legge e poi restano delusi che faccia una legge fascista. Vedono solo il proprio ombelico e mai il dolore altrui. E quando sarebbe da lottare per difendere il diritto alla vita delle sorelle e dei fratelli migranti, loro sono tutti affaccendati in pro del "diritto a dare la morte". Non muore mai lo stalinismo. 8. LIBRI. ALDO CAZZULLO PRESENTA "SANGUE D'ITALIA" DI SERGIO LUZZATTO [Dal "Corriere della sera" del 2 ottobre 2008 col titolo "Storici e no, guerra sulla memoria" e il sommario "Una raccolta di articoli mette sotto accusa i saggi divulgativi di Montanelli, Pansa e Vespa. Lotta partigiana, vendette e impunita': la polemica di Sergio Luzzatto"] "Gli storici devono fronteggiare una sorta di concorrenza sleale: la concorrenza di giornalisti, o comunque di opinion-makers che il sistema dell'informazione tende ad accreditare come ferrati in materia di storia, e che il pubblico e' indotto a riconoscere come tali". Per cui "capita fin troppo spesso che diventino bestseller libri dove la storia e' trattata in un modo all'apparenza cordiale, in realta' dilettantesco: autorizzando nei lettori un sentimento di familiarita' con il passato che andrebbe considerato, piuttosto, ignoranza aggravata di quel passato". Ed ecco i nomi: "I libri 'storici' di Indro Montanelli hanno fondato un genere che continua a prosperare, e a fare danni: per esempio, nella forma dei libri 'storici' di Giampaolo Pansa o di Bruno Vespa". La polemica di Sergio Luzzatto contro "il giampaolopansismo e il brunovespismo della memoria" non e' inedita; anzi, percorre tutta la sua raccolta di Interventi sulla storia del Novecento che Manifestolibri manda oggi in libreria, con il titolo Sangue d'Italia. Pero' l'invettiva della - inedita - prefazione non e' rivolta solo contro fortunati autori; colpisce una figura, quella del giornalista-storico. "Un falso medico che abusi del titolo per esercitare la medicina e' passibile di azione legale per millantato credito, e in ogni caso viene additato pubblicamente come un ciarlatano. Perche' un falso storico che abusi del titolo per discettare sul passato dovrebbe meritare un trattamento differente?". Scrive Luzzatto di essere consapevole che "a fare discorsi del genere si rischia di vedersi rimproverato un atteggiamento corporativo, da 'ordine professionale' degli storici". Rischi che, aggiunge, vale la pena di correre: "Io credo che gli storici di mestiere devono svolgere un'azione - per cosi' dire - di igiene culturale. Al pari di ogni altro mestiere, quello dello storico presuppone sia la padronanza di alcune tecniche di lavoro, sia il rispetto di una deontologia professionale: senza le quali non si ha storia, ma chiacchiera, e non si ha uso pubblico del passato, ma abuso". La tesi di Luzzatto e' che proprio all'uso della storia nella scena politica e culturale mirino libri il cui successo viene attribuito non tanto al contenuto o al linguaggio quanto al vellicare gli istinti peggiori e la cattiva coscienza della nazione. E' qui che la sua polemica appare un po' troppo severa, quando contesta a Pansa non inesattezze ma, in fin dei conti, il successo: "Il libro ripete cose che si sanno. Che sono state dette e ridette, scritte e riscritte, interpretate e reinterpretate - con ben maggiore sottigliezza rispetto a quella di Pansa - da tutti i migliori studiosi della guerra civile e dell'immediato dopoguerra", tra cui sono citati Mirco Dondi, Guido Crainz, Santo Peli, Massimo Storchi. Come se non fosse naturale che una firma del prestigio e della notorieta' di Pansa, e una penna del suo livello, abbia una diffusione superiore quando si occupa, magari in modo piu' fruibile al grande pubblico, di temi magari gia' affrontati dagli storici. Il vero demerito di Pansa diventa allora, agli occhi di Luzzatto, il suo pubblico, l'"audience giampaolopansista", la stessa che ieri fu di Montanelli e oggi e' di Vespa - "un giornalista che pure, in confronto a Pansa, torreggia come un gigante della storiografia" -, vale a dire "il ventre molle di un'Italia anti-antifascista prima ancora che anticomunista. Un Paese felice di vedere i resistenti messi alla berlina della storia o, peggio, alla ghigliottina della morale. Un Paese felice di scoprire che i propri padri o i propri nonni, che nulla avevano fatto durante la guerra civile, non valevano meno di coloro che si erano vantati di avere liberato la penisola, mentre avevano versato dovunque sangue innocente". Qui si profila meglio "l'azione di igiene culturale" che Luzzatto rivendica a se' e ai colleghi. Ricordare ai lettori che la storia della guerra civile e' fatta anche e soprattutto delle atrocita' commesse da nazisti e fascisti - indimenticabili le pagine sugli impiccati di Bassano del Grappa -, e che il dopoguerra e' segnato non solo dalle vendette, ma pure dall'impunita': "Chi aveva comandato i plotoni d'esecuzione di Salo' venne assolto perche' non aveva personalmente imbracciato il fucile. Chi aveva stretto nelle morse i genitali degli antifascisti fu amnistiato perche' la tortura non era durata particolarmente a lungo. Chi aveva promosso lo stupro di gruppo delle staffette partigiane venne giudicato colpevole di semplice offesa al pudore femminile", come scrive Luzzatto in riferimento a L'amnistia Togliatti di Mimmo Franzinelli, "un libro che molto piu' dei volumi di Pansa o di Vespa meriterebbe di andare incontro a un destino da bestseller". La pars construens di Luzzatto convince piu' della pars destruens pure per questo motivo: lo storico genovese, oltre a pubblicare da Einaudi, interviene sui giornali anche perche' scrive benissimo. Dimostrando in prima persona come il rigore non sia incompatibile con lo stile (da qui il grande successo anche editoriale del suo ultimo saggio su padre Pio). Di particolare interesse le pagine in cui Luzzatto lavora sul filone che fin da Il corpo del Duce caratterizza la sua ricerca: la body history, l'importanza del corpo come mito politico nel Novecento italiano. Da rileggere il parallelo tra la fisicita' (e il mito) di Mussolini e quella di Carnera. E le riflessioni su Pier Paolo Pasolini, che prendono spunto da una circostanza sinora ignorata, probabilmente dallo stesso scrittore: fu il padre, Carlo Alberto Pasolini, a salvare il Duce dall'attentato del 1926 a Bologna, cui seguono il linciaggio di Anteo Zamboni e le "leggi fascistissime". Tanto piu' che la stroncatura del giornalista-storico risparmia il grande rivale di Pansa, Giorgio Bocca, autore di testi storici - dalla biografia di Togliatti ai saggi sulla guerra fascista, la guerra partigiana, l'Italia repubblicana - che pure hanno avuto una vasta platea; eppure Bocca non e' mai citato. Mentre a Brera, cui e' dedicato un articolo di grande acutezza, viene fatto un riconoscimento: "Gianni Brera fu uno storico mancato". 9. LIBRI. MARINA MONTESANO PRESENTA "LE STREGHE" DI WOLFGANG BERHINGER ED ALCUNE RACCOLTE DI DOCUMENTI A CURA DELL'UNIVERSITA' DI LOSANNA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 giugno 2008 col titolo "Sguardi incrociati sulla stregoneria in Europa" e il sommario "Dal Mulino il saggio Le streghe di Wolfgang Berhinger, sintesi storico-antropologica di fenomeni analizzati nel libro Inquisition et sorcellerie en Suisse Romande"] Il 20 maggio, in Kenya, undici persone accusate di stregoneria sono state linciate e poi bruciate. Nonostante la notizia abbia fatto scalpore, e' difficile dirne qualcosa di preciso perche' le informazioni filtrano con parsimonia. In passato comunque la zona era stata teatro di episodi analoghi: nel '92 vi fu una "caccia alle streghe", che declino' nel '94. In tutti i casi, incluso l'ultimo, la folla degli aggressori era composta di giovani, le vittime erano per lo piu' anziani; almeno una delle donne uccise in maggio era moglie di un pastore protestante. Si puo' ipotizzare che i rapporti intergenerazionali e interreligiosi siano chiamati in causa? I disordini politico-tribali che hanno di recente attraversato il paese portandolo alla guerra civile, hanno trovato un ultimo sfogo nel linciaggio? O forse la crisi internazionale dei prezzi dei generi alimentari, che in Kenya si era manifestata gia' negli scorsi anni, puo' avere giocato un ruolo? Di solito l'accusa di stregoneria scatta allorche' si manifestano morti improvvise, soprattutto di bambini, e quando i rapporti intercomunitari si deteriorano. Lo dimostrano molti studi sulla stregoneria europea ed extraeuropea, ed e' interessante notare come la percezione tipica degli occidentali abbia influenzato la ricezione delle notizie dal Kenya: tre delle vittime sono uomini, ma si e' per lo piu' parlato di undici donne; e il linciaggio, al quale e' seguito l'incendio delle case delle vittime, con i cadaveri all'interno, si e' trasformato in una condanna al rogo ("undici streghe bruciate vive"), perche' tale e' il nostro immaginario legato a questo tema. Utile dunque giunge la traduzione italiana della sintesi di Wolfgang Berhinger (Le streghe, il Mulino, pp. 132, euro 11), che parte da una trattazione storico-antropologica in rapporto alla stregoneria come fenomeno generalizzato, per arrivare a una trattazione della caccia alle streghe europea d'eta' moderna. Molte societa' conoscono forme assimilabili al concetto europeo di stregoneria, legate a pratiche di guarigione ma anche di maleficio: e' insita nel concetto di magia, infatti, una buona dose di ambiguita': coloro che sono in grado di utilizzare mezzi magici per compiere il bene (curare, ritrovare oggetti rubati e cosi' via), sono anche capaci di lanciare malefici che portano alla morte, o alla sterilita' della terra, degli animali e degli esseri umani. Questo insieme di malefici e' la base comune a tutte le credenze in materia di stregoneria, ma ogni contesto socioculturale conosce innumerevoli varianti. Nel caso europeo (e in parte nordamericano, frutto di una esportazione) il rapporto con le persecuzioni antiereticali e il discorso demonologico sono fattori essenziali. Ma se e' opportuno delineare una sintesi generale del fenomeno stregonico, bisogna ricordare che le differenze sono piu' importanti delle somiglianze. Su un piano generale si puo' discutere sull'assunto dell'etnologo Evans-Pritchard, che nei suoi studi seminali sulla stregoneria fra gli Azande, condotti negli anni '30, interpretava il fenomeno come un elemento equilibratore all'interno della comunita', notando come oggi si tenda a evidenziarne la presenza in situazioni di tensione sociale. Quando pero' ci si volge alla societa' europea fra '400 e '700, ci si imbatte in un fenomeno difficilmente riconducibile a schematizzazioni e il lavoro sulle fonti, dai trattati inquisitoriali agli atti dei processi, diviene essenziale. Notevole in tal senso e' l'opera compiuta a partire dalla fine degli anni '80 da un'equipe dell'universita' di Losanna, guidata da Agostino Paravicini Bagliani, che lavora nel Pays de Vaud. La ricerca ha condotto alla pubblicazione, nei Cahiers lausannois d'histoire medievale, della totalita' degli atti processuali contenuti nel registro per l'arco cronologico 1438-1528. Una documentazione di primaria importanza, nella quale si coglie con chiarezza il legame fra persecuzioni antiereticali e antistregoniche, e che fotografa la nascita della caccia alle streghe in un'area solo apparentemente marginale, in realta' centrale per l'elaborazione di idee intorno alla stregoneria, che di li' a poco influenzeranno ampie zone d'Europa. Alla fine del decennio scorso, parte di queste ricerche era confluita nel volume L'imaginaire du sabbat. Edition critique des textes les plus ancien (1430 c. - 1440 c.), a cura di Martine Ostorero, Agostino Paravicini Bagliani, Kathrin Utz Tremp (Universite' de Lausanne 1999), essenziale per comprendere le origini di uno dei temi piu' noti, ma al tempo stesso peculiari della stregoneria europea: il sabba. Ora un'altra opera collettiva, Inquisition et sorcellerie en Suisse romande. Le registre Ac 29 des Archives cantonales vaudoises (1438-1528), a cura di Martine Ostorero, Kathrin Utz Tremp, Georg Modestin (Universite' de Lausanne 2007) fornisce una sintesi di questa avventura scientifica, pubblicando gli ultimi cinque processi. Non e' pero' solo una chiusura rispetto al lavoro compiuto, ma rappresenta piuttosto l'aprirsi di nuovi orizzonti di ricerca: che da un lato conducono ad approfondire l'analisi sui dati raccolti, per meglio comprendere le dinamiche sociali coinvolte; dall'altro invitano a valicare i confini geografici nei quali l'equipe si e' mossa, applicandone i metodi a contesti ancora da esplorare. 10. LIBRI. ENZO TRAVERSO PRESENTA "LA SOFFERENZA COME IDENTITA'" DI ESTHER BENBASSA [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 febbraio 2009 col titolo "Identita' inventate" e il sommario "La memoria in difesa del presente. L'importante saggio di Esther Benbassa su La sofferenza come identita'. Una coraggiosa denuncia da parte della docente francese di storia ebraica sull'uso pubblico della Shoah per legittimare qualsiasi operato dello Stato di Israele"] A partire dal Medioevo, la nostra rappresentazione della sofferenza e' stata filtrata da lenti cristiane. L'Europa pacificata e secolarizzata del secondo dopoguerra ha tuttavia rimosso la visione cristiana del martirio come sofferenza interiorizzata, liberatrice e redentrice. Gli ultimi martiri laici, vittime volontariamente immolate nel compimento di un sacrificio offerto alla patria, sono i combattenti delle due guerre mondiali. Da allora, il martire e' diventato una figura anacronistica, incomprensibile e guardata con sospetto. Oggi, i terroristi islamici che muoiono compiendo attentati suicidi sono visti come rappresentanti di un fondamentalismo fanatico e oscurantista. Raramente sono messi in rapporto a una lunga storia che travalica le frontiere religiose e racconta atti motivati dalla disperazione, in cui il sacrificio di se' diviene un'affermazione di dignita' e di rivolta, quando tutte le altre modalita' d'azione sembrano precluse. Cosi' Flavio Giuseppe ha tramandato la storia della rivolta ebraica di Masada, nel 74 d.C., conclusa con un suicidio collettivo di fronte all'assedio romano. Non e' escluso che uno stato d'animo analogo sia affiorato tra i combattenti palestinesi di Gaza, durante l'invasione delle scorse settimane. E' uno dei meriti dell'ultimo libro di Esther Benbassa - che conferma una volta di piu' di essere una studiosa originale, brillante e anticonformista - l'aver messo in luce le affinita' che legano la figura ebraica del "profeta-martire" - particolarmente diffusa ai tempi delle Crociate - a quella del martire islamico odierno, entrambe eredi di una tradizione che risale all'antichita' greco-romana (La sofferenza come identita', traduzione dal francese di Massimiliano Guareschi, Ombre corte, pp. 216, euro 19,50). * Tradizioni del martire Al centro della sua analisi e' tuttavia la rappresentazione della storia ebraica come tragica epopea di una comunita' unita e perpetuata nel dolore. Si tratta di una rappresentazione polivalente, perche' definisce al contempo l'immagine degli ebrei nel mondo dei gentili e un'auto-percezione ebraica del proprio passato, di cui non bisogna sottovalutare le conseguenze. Oggi, questa rappresentazione tende a diventare l'identita' di una minoranza non piu' unita da vincoli religiosi. L'unione forgiata da un passato condiviso di sofferenze prende il posto di una fede che si tramanda come rito ma non fonda piu' ne' una visione del mondo ne' una condotta di vita. La "sofferenza come identita'" e' la tradizione "inventata" - nel senso suggerito da Eric Hobsbawm e Terence Ranger - di una minoranza la cui esistenza non ruota piu' intorno alla sinagoga e i cui punti di riferimento piu' saldi sono diventati due: la memoria della Shoah e l'identificazione, piu' emotiva che razionale, allo Stato di Israele, uno Stato che della Shoah si vuole al contempo figlio e redentore. Specchio di questa storia "lacrimale" e' lo sguardo sofferente di Elie Wiesel, premio Nobel della pace, figura "cristica" che riassume in se' il dolore ebraico e la volonta' occidentale di espiazione per un passato millenario di antisemitismo. Ma non si tratta di una visione nuova, sorta in questa svolta di secolo. Ha una lunga storia di cui Esther Benbassa ricostruisce magistralmente il percorso. * Le lacrime del passato Ne troviamo le prime tracce nel Rinascimento quando Joseph Ha-Cohen, ebreo cacciato dalla Spagna della Reconquista, pubblica in Italia La valle dei pianti (1558). Nell'Ottocento, il secolo dell'Emancipazione, essa e' riformulata dai primi storici ebrei. Heinrich Graetz, figura di spicco della Wissenschaft des Judentums, vuole fare della storia ebraica una scienza rigorosa, sottraendola alla memoria che fino a quel momento ne era stata depositaria. Negli anni Cinquanta dell'Ottocento, Graetz pubblica una monumentale Storia degli ebrei concepita come un lungo martirologio provvidenzialmente concluso dall'Emancipazione, fine di una lunga catena di sofferenze e punto di partenza della vera storia, in cui gli ebrei cessano di essere vittime e diventano attori del proprio destino. Questa visione lacrimale del passato, che nega ogni autonomia al mondo ebraico anteriore all'emancipazione, riducendolo a specchio di un'oppressione subita, contiene inevitabilmente molte approssimazioni. Ad esempio, presenta i ghetti come luoghi di reclusione coatta - cio' che diventarono nel Medioevo - sottovalutandone la nascita come spazi di vita comunitaria e di separazione sociale creati volontariamente. Questa visione accompagna tuttavia il secolo dell'assimilazione ebraica in Europa occidentale, dove la tendenza dominante consiste nel rimuovere l'antisemitismo dal presente, considerandolo come un residuo del passato, inevitabilmente destinato a scomparire in un mondo regolato dal diritto e fecondato dai Lumi. Il filosofo neokantiano Hermann Cohen, convinto assertore della "simbiosi ebraico-tedesca", ne fornisce nel 1919 una definizione paradigmatica: "Israele e' stato fino ad oggi, nel corso della sua storia, un popolo della sofferenza. La sofferenza e' diventata la sua energia vitale". Prigioniera di un'idea di Progresso tipicamente ottocentesca, questa narrativa ottimista e rassicurante non poteva sopravvivere al trauma del nazismo, sorto non nell'Europa dei pogrom ma nella patria dell'Aufklaerung. La concezione lacrimale della storia ebraica riaffiora tuttavia nel dopoguerra con finalita' diverse. Da una parte, si fa corollario di una concezione della storia dell'antisemitismo come movimento lineare che collega le persecuzioni del Medioevo cristiano alle camere a gas hitleriane. La storia ebraica diventa allora un interminabile sentiero di sofferenze, di cui i campi di sterminio sono l'epilogo logico e coerente. Sul piano storiografico, questa visione ispira una fortunata Storia dell'antisemitismo di Leon Poliakov ma e' invece criticata, fin dagli anni Quaranta del Novecento, dal decano degli studi ebraici della Columbia University, Salo W. Baron. D'altra parte, essa partecipa alla costruzione di una memoria pubblica dello sterminio nazista e alla sua trasformazione in elemento fondante di una coscienza storica condivisa. Sorge allora una teologia del genocidio come evento unico, acme di un lungo cammino di sofferenza, evento sacro e percio' distinto da tutte le altre violenze della storia. Si profila anche, parallelamente, una sorta di teodicea laica che fa d'Israele, lo Stato nato come risposta allo sterminio, un'entita' altrettanto sacra. * Golgota della modernita' E' soprattutto il teologo canadese Emil Fackenheim - richiamandosi alla teoria cabalistica del tikkun, la riparazione di un "danno cosmogonico originario" - ad aver presentato Israele come atto redentore delle sofferenze subite dagli ebrei, sacro allo stesso titolo del tragico evento che lo ha generato. Nel mondo cristiano, questa visione si fa strada attraverso una rappresentazione della storia ebraica come martirologio culminato nella figura dell'"ebreo crocifisso". Un grande artista come Marc Chagall vi ha contribuito dipingendo una famosa serie di allegorie cristologiche. Nel 1979, Giovanni Paolo II ha definito Auschwitz un "Golgota del mondo contemporaneo". In Israele, paese che ha accolto un gran numero di superstiti dell'Olocausto, l'introiezione di questa identita' fondata sulla sofferenza data dagli anni Sessanta. La visione teologica di Auschwitz si traduce allora in una religione politica che, al di la' dello Stato, avvolge di un'aura sacra il suo esercito e ne santifica le violenze. La memoria dell'Olocausto, conclude Esther Benbassa, permette a Israele di "proclamare la propria innocenza e rettitudine" in nome di una sofferenza che garantirebbe agli ebrei "l'accesso a una sorta di torre d'avorio morale". Segue una citazione particolarmente pertinente di Shlomo Ben-Ami, ex ministro degli esteri israeliano, che invitava i suoi concittadini ad abbandonare la postura delle vittime e a smetterla di paragonare Arafat, Saddam Hussein e Ahmadinejad a Hitler. Cosi' facendo, aggiungeva, "siamo noi a banalizzare la Shoah". * A guardia della storia La fine del "secolo breve" ha generato una nuova percezione del passato al centro della quale troneggiano le vittime, un tempo ignorate e oggi fonte di una nuova ermeneutica della storia. Questo mutamento - al quale andrebbero dedicate ben altre attenzioni - porta con se' il pericolo della semplificazione e della demagogia. Particolarmente odioso e' il tentativo di chi, previa appropriazione della memoria, cerca di legittimare, in nome delle vittime del passato, una violenza creatrice di nuove vittime nel presente. A differenza dei vinti, le vittime non sono attori della storia, soltanto oggetto di compassione e soccorso filantropico. Nel corso degli ultimi decenni, l'umanitarismo e' stato il vettore di una ricolonizzazione dello sguardo occidentale sulle sofferenze del mondo (almeno finche' Hugo Chavez ed Evo Morales non hanno proposto una soluzione alternativa alle guerre umanitarie e ai concerti contro l'Aids). La sofferenza ebraica sfugge tuttavia a questo cliche'. L'Olocausto conferisce a Israele lo statuto di rappresentante delle vittime e la sua appartenenza al mondo occidentale lo legittima come redentore armato dalla testa ai piedi. Tsahal cessa allora di essere un esercito d'occupazione per diventare l'organo di autodifesa di un popolo di vittime, unito dalla storia di un lungo martirio. "Il nostro esercito e' puro", affermano i generali israeliani in Tsahal, un film che Claude Lanzmann ha concepito come epilogo di Shoah. Da anni, Esther Benbassa denuncia questo genere di mistificazioni. E' un'ebrea scomoda, tanto piu' scomoda quanto piu' autorevole e' la sua voce nel campo degli studi ebraici. La tradizione alla quale appartiene non e' quella del misticismo della sofferenza, piuttosto quella del pensiero critico. * Postilla. Esther Benbassa. Dalla storia degli ebrei sefarditi al possibile dialogo con l'Islam Esther Benbassa e' una nota e apprezzata sudiosa di storia ebraica. Nata a Istanbul nel 1950, ha preso piu' volte posizione contro la politica israeliana nei confronti dei palestinesi. Nel 2006, assieme a Jean-Christophe Attias ha pubblicato il volume collettivo Juifs et musulmans: Una histoire partagee, un dialogue a' construire, che ha ricevuto il pemio Francoise Seligmann per la lotta al razzismo e alla discriminazione. E' direttrice dell'Ecole pratique des hautes etudes. Stesso ruolo e' svolto al centro studi "Alberto Benveniste". Molte le opere pubblicate in Francia - tra queste vanno segnalate Histoire des Juifs de France (Seuil) e Israel imaginaire (Flammarion) -, mentre in Italia, oltre a questo La sofferenza come identita' (Ombre Corte), sono stati pubblicati: Storia degli ebrei sefarditi (scritto con Aron Rodrigue e pubblicato da Einaudi) e Gli ebrei hanno un futuro? (scritto con Jean-Christophe Attias e pubblicato da Dedalo). 11. LIBRI. STEFANO VISENTIN PRESENTA "SPINOZA ATLANTICO" DI AUGUSTO ILLUMINATI [Dal quotidiano "Il manifesto" del primo aprile 2009 col titolo "Nel mare in tempesta del diritto di resistenza" e il sommario "Saggi. La rivoluzione inglese nell'opera di Spinoza"] I saggi raccolti nel libro di Augusto Illuminati, Spinoza atlantico (Ghibli, Milano 2008, pp. 124, euro 13), sono legati dal comune riferimento a un enigma gia' evidenziato dal filosofo Leo Strauss: come la beatitudine del saggio e il regime conflittuale della moltitudine possano stare assieme. Per scioglierlo, Illuminati percorre la pista, poco battuta, del duplice rapporto di Spinoza con la mistica eterodossa e con il radicalismo della Rivoluzione inglese; un tragitto che mira a rintracciare, nella confluenza di due tensioni profetiche, l'emergenza di una verita' pratica estranea alla teologia politica della modernita'. Un nome per tutti: quello di Thomas Hobbes, il nemico comune (ma profondamente introiettato dal pensatore di Amsterdam), esponente di una modernita' in fieri alla quale tanto Spinoza quanto i Levellers contrappongono un'alternativa non nostalgica delle gerarchie medievali e invece ricca delle esperienze egualitarie di una tradizione sotterranea, mistica e materialistica: "predicatori della grazia che volevano liberare gli uomini dalla teologia del Patto". Contro il formalismo hobbesiano dell'obbligazione pattizia, che circoscrive lo spazio sottratto a guerra e politica per abbandonarlo all'utile dell'individuo possessivo, Spinoza riorganizza il nesso individuo-comunita' dentro un processo costituente che rinuncia agli ingranaggi giusnaturalistici per una piu' complessa organizzazione degli antagonismi: una strategia di adattamento continuo del diritto naturale nella congiuntura politica, immanente alle dinamiche della potenza collettiva: potentia, non veritas (e tanto meno auctoritas) facit legem. Nessuna integrazione statale del popolo, bensi' conflittualita' democratica della moltitudine, figura ambivalente che produce consenso e disobbedienza. Tale rompicapo sposta lo sguardo dalla terraferma al mare: dal rifiuto della logica del nomos schmittiano (che tanto deve alla riflessione hobbesiana) a un nichilismo giuridico che si oppone al decisionismo della sovranita'. La politica e' fluttuazione continua: dei modi della sostanza, degli affetti dentro e attraverso gli uomini. Pur subendo la fascinazione del neoplatonismo e forse del nascente capitalismo, Spinoza recupera la dimensione scabrosa dei rapporti di forza, scendendo nei laboratori della produzione dell'imperium, dove potenza e potere, consenso e indignazione, governanti e moltitudine si confrontano: l'acqua e' materia, dopo tutto. La dimensione acquatica del pensiero spinoziano e' anche nel rifiuto dell'asylum ignorantiae offerto dalle religioni positive: nessun porto e' mai sicuro e spesso la sicurezza offerta ha un prezzo molto alto. Ricostruendo una genealogia ereticale Illuminati collega Spinoza e il milieu rivoluzionario inglese - collegianti, quaccheri, millenarismo ebraico-cristiano, teologia della luce interiore - e prima ancora le esperienze mistico-politiche dei lollardi inglesi e delle beghine fiamminghe, gli scritti di Meister Eckhart e degli averroisti latini. La pratica della libera profezia delinea cosi' il prototipo di un'esegesi democratica del testo biblico, che rifiuta il principio d'autorita', fino al rifiuto tutto politico del peccato originale dei Ranters e alla Gloria di Gerrard Winstanley, passione repubblicana transindividuale, materialismo immanentista se non anticipazione profetica del comunismo, dove "tutte le cose sono comuni". Spinoza sconta il fatto che l'accumulazione originaria e' ormai in marcia; non cede pero' sui principi e rilancia l'istanza di emancipazione collettiva dei rivoluzionari inglesi, fondandola su un'antropologia della finitezza che traduce l'eternita' della mente in pratica esistenziale determinata: contrariamente all'ascetismo medievale i "Corpi" non devono sparire per favorire l'azione delle "Menti", piuttosto potenziarsi per incrementarle. L'attacco di Spinoza al culto delle passioni tristi riveste un ruolo strategico all'interno dell'impianto filosofico. Il rapporto tra il saggio e la moltitudine e' mediato da una politica linguistica che contorna e cavalca la fluctuatio animi. Politica del linguaggio e della scrittura, secondo un progetto di illuminismo radicale memore di quello lucreziano. Dalla critica alla creazione ex nihilo si sviluppa l'affermazione di una democrazia dell'immanenza, della quale moltitudine e "saggi" partecipano in modo differenziato ma confluente. Sul versante dell'immaginazione, come gia' aveva segnalato Antonio Negri nel suo libro sull'"anomalia selvaggia" di Spinoza, si decide la partita: la potentia multitudinis fluttua con il crescere o decrescere di un immaginario piu' o meno ricco e coeso, di un'auto-organizzazione degli affetti che tende a sbarazzarsi di ogni residua alienazione. Liberta' e' un "groviglio aporetico di singolarita' a loro volta inconcluse e impegnate in una incessante reindividuazione": difficile e necessaria a un tempo. In ciascun soggetto - il saggio o la moltitudine - convivono miracolosamente beatitudine e conflitto, ragione e affetti, realismo etico-politico e pratiche trasformative; misticismo laico e critica illuministica della religione. E al cuore del miracolo (allora come oggi) sta l'immaginazione, condizione di possibilita' di una finitezza positiva, di un limite vissuto come potenza, di un'indignazione che da tristezza solipsistica si fa produzione collettiva di una politica emancipatoria. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 791 del 15 aprile 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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