Minime. 790



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 790 del 14 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Cancellata
2. Giulio Vittorangeli: I terremoti ed il senso del collettivo vivere civile
3. No, signor Presidente della Repubblica
4. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
5. Un'insistenza
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. Severino Vardacampi: Stranezze
8. Benedetta Craveri presenta "Cicisbei" di Roberto Bizzocchi
9. Marina Montesano presenta "Medioevo magico" di Graziella Federici
Vescovini
10. Sarantis Thanopulos presenta "L'emozione come esperienza infinita" a
cura di Alessandra Ginzburg e Riccardo Lombardi
11. Benedetto Vecchi presenta "La fine dell'utopia" di Herbert Marcuse
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: CANCELLATA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento]

I quotidiani ultra-ortodossi di Israele hanno cancellato dalle foto
inaugurali del nuovo governo le ministre Limor Livnat e Sofa Landver. Questi
giornali hanno spiegato che considerano immorale pubblicare immagini di
donne (Associated Press, 3 aprile 2009). Trentacinque eminenti personaggi
sauditi hanno inviato una petizione al ministro della cultura per invitarlo
a proibire l'accesso delle donne ai media (Gulf News, 31 marzo 2009): devono
smettere di cantare, di suonare strumenti musicali, di apparire in
televisione e le loro fotografie non devono essere pubblicate sui giornali
per nessun motivo. I firmatari, fra cui professori universitari e imam e
membri del governo, considerano tutto cio' non lecito secondo la "sharia".
Sapete cos'ho sognato io? Di essere una delle loro madri. Di veder arrivare
Shlomo o Abdul dalla finestra e di mandare qualcun altro alla porta: "Tua
madre non puo' riceverti. In effetti non esiste. E' stata cancellata fra la
fine di marzo e l'inizio d'aprile.

2. EDITORIALE. GIULIO VITTORANGELI: I TERREMOTI ED IL SENSO DEL COLLETTIVO
VIVERE CIVILE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento]

Oggi davanti a quanto accade in Abruzzo, molti hanno ricordato i terremoti
del Friuli e dell'Irpinia, o quello delle Marche e dell'Umbria; pochi hanno
menzionato quello che nel febbraio del 1971 ha colpito il viterbese,
distruggendo in particolare il paese di Tuscania.
Sono passati tanti anni, eppure ancora ricordo il boato del terremoto, la
distruzione e le morti, l'affannosa ricerca di parenti ed amici, le notte
insonni al freddo e l'insicurezza costante, le scosse di assestamento che
sembravano interminabili, la paura di rientrare nelle case, la vita
quotidiana con le sue difficolta' nella tendopoli.
Poi il problema della ricostruzione, il desiderio della comunita' locale di
avere voce in capitolo, ed il senso di solidarieta' profonda fra la
popolazione colpita e quella generosissima che giungeva provvidenziale
dall'esterno.
Credo che siano elementi costanti che condividono tutti quelli che
sfortunatamente hanno vissuto il dramma del terremoto. Cosi' e' anche oggi
in Abruzzo.
Ma questa grande solidarieta' che coinvolge l'intera popolazione italiana,
va liberata dalla retorica, dalla banalizzazione e dallo svuotamento
mediatico.
Perche' se e' vero che la solidarieta' verso chi soffre, chi e' in
difficolta', e' un obbligo morale e senza di essa c'e' solo la barbarie; e'
anche vero che deve avere la capacita' di chiedere spiegazioni e giustizia,
perche' non e' vero che siamo tutti colpevoli, quantomeno non lo siamo alla
stessa maniera.
Per essere chiari, se l'Italia e' un paese arretrato e insicuro, che frana,
si allaga e crolla sotto i terremoti, e' perche' esistono delle
responsabilita' ben precise da parte di chi questo paese ha governato.
In particolare, in questi ultimi vent'anni, si e' affermato (ad iniziare
dalla legislazione) un imbarbarimento del "sentire comune", per cui ogni
legame sociale si e' liquefatto e la desertificazione sociale e' diventata
la spaventosa realta' quotidiana.
Cosi' quando scelleratamente si propone la possibilita' di poter ampliare la
propria abitazione del 20 o 30%, questa viene accolta entusiasticamente da
gran parte della nostra popolazione; ed e' questo che inquieta, o dovrebbe
inquietare, davvero.
Non c'e' piu' un bene sociale da difendere e salvaguardare, c'e' solo il
proprio io egoistico da soddisfare; non piu' un orizzonte del vivere comune,
ma il proprio limitato orizzonte che non va piu' in la' della punta del
naso.
Se si pensa (a torto o ragione) che il famoso "mattone" e' il solo strumento
che puo' rimettere in movimento l'economia nazionale, perche' comunque si
devono stravolgere le leggi dell'edilizia consentendo ampliamenti che non
hanno nessuna ragione d'essere?
Perche' si punta all'esagerazione edilizia, alle costruzioni sregolate,
all'aumento delle cubature?
Ci sara' stato pure un motivo se le nostre citta' e paesi si sono dotati,
faticosamente nel corso degli anni, di piani regolatori, se si sono scritte
ed approvate leggi che richiedevano il rispetto degli standard urbanistici
nell'edificazione.
Ed invece si e' preferito, e si continua a preferire, l'illegalita'; tanto
prima o poi un qualche condono risolve tutto. Cosi' dal primo condono del
1985, all'ultimo (al momento) del 2003, di deroga in deroga, si e' costruito
al di fuori di qualsiasi norma e rispetto edilizio; tanto che quanto e'
avvenuto in Abruzzo, con il crollo degli edifici edificati in epoca piu'
recente, e' la regola, la norma, e non l'eccezione.
Forse, nell'Italia attuale, e' troppo chiedere una gestione ordinaria
dell'uso del territorio, della tutela dell'ambiente e del rispetto della
natura.
Eppure non dovrebbe essere cosi' assurdo investire nella messa in sicurezza
degli edifici a cominciare dalle scuole e dagli ospedali, per arrivare alle
ristrutturazioni delle case e dei monumenti. E mettere in sicurezza il
territorio, per esempio investendo nel riassetto idrogeologico. Tutto questo
metterebbe in moto lavoro e occupazione.
Molto probabilmente questo non accadra'. All'orizzonte ci sono le cosiddette
Grandi Opere, ad iniziare dal ponte sullo Stretto di Messina, vera
fissazione del nostro Presidente del Consiglio.
Purtroppo, oggi, il problema non e' solo il governo Berlusconi, ma quella
coscienza collettiva che ha smarrito il senso del vivere civile, della
civilta', del rispetto delle regole, e non solo nell'edilizia.

3. LE ULTIME COSE. NO, SIGNOR PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Rispondendo ai giornalisti nella conferenza stampa tenuta all'Aquila il 9
aprile 2009, il Presidente della Repubblica afferma che "Per quello che
riguarda che cosa e' successo, si sa benissimo - e comunque non ho motivo
per non dirlo nel modo piu' esplicito - che deve esserci un esame di
coscienza che non conosce assolutamente coloriture e discriminanti
politiche: qui non si tratta di vedere chi ha avuto ragione e chi ha avuto
torto, chi ha delle responsabilita' e chi non ne ha. Ho sentito un esponente
dell'opposizione, che di solito non e' molto incline a fare affermazioni del
genere, dire: 'Nessuno e' senza colpa'. Credo che, in questo caso, avesse
ragione..." (il testo integrale e' nel sito del Quirinale:
www.quirinale.it).
*
No, signor Presidente della Repubblica.
Non e' vero che "nessuno e' senza colpa", espressione che in pratica
significa fare un sol fascio dei colpevoli e degli innocenti, dei carnefici
e delle vittime.
No. Vi e' chi ha delle colpe e chi non ne ha. Vi e' chi ha violato la legge
e provocato dei morti, e chi invece si e' battuto per il rispetto della
legge e per salvare delle vite.
Vi e' il potere politico ed economico che sfrutta e devasta vite ed
ambiente, che trae profitto dall'altrui distruzione. E vi sono le tante
persone che ancora lottano contro lo sfruttamento e contro la distruzione,
per un'umanita' di persone libere ed eguali in diritti, per i diritti delle
generazioni future, per impedire ai poteri dominanti di distruggere la
biosfera.
*
No, signor Presidente della Repubblica.
La retorica del "siamo tutti colpevoli" e' la retorica che favoreggia i
criminali e gli assassini, e per la seconda volta martirizza le vittime e
gli innocenti.
Non e' la stessa la condizione degli oppressori e degli oppressi, non e' la
stessa la condizione degli sfruttatori e degli sfruttati. E non sono la
stessa cosa il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, il vero e il falso.
A ciascuno, di grazia, le sue responsabilita'.

4. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

5. MEMENTO. UN'INSISTENZA

Contrastare il razzismo. Contrastare la guerra.
Vi e' una sola umanita'.

6. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. LE ULTIME COSE. SEVERINO VARDACAMPI: STRANEZZE

A quanto pare alle prossime europee ci saranno probabilmente solo liste
elettorali a favore della guerra e della violazione della Costituzione.
*
A quanto pare i corrotti gruppi dirigenti della ex-sinistra si appassionano
solo all'uccisione delle persone: in Afghanistan o negli ospedali. La
sinistra, la nostra sinistra, di noi vetero-primo-internazionalisti si
appassionava a salvare le vite umane, ad opporsi allo sfruttamento e alla
morte. Come passa il tempo.
*
A quanto pare non ci si accorge del regime dell'apartheid instaurato nel
nostro paese, contro il quale mane e sera e' da lottare.

8. LIBRI. BENEDETTA CRAVERI PRESENTA "CICISBEI" DI ROBERTO BIZZOCCHI
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 25 luglio 2008 col titolo "Cicisbei.
Lui, lei e il cavalier servente" e il sommario "Un saggio sull'amore nel
'700. Accompagnare assiduamente una donna sposata era una pratica diffusa.
Specchio di un costume e di una morale. Un prodotto della societa' d'Antico
Regime, che scompare nell'800. Un'indagine che investe il tema
dell'identita' nazionale italiana. Parini, Goldoni e Alfieri criticano
aspramente il fenomeno"]

"Non vi ho parlato dei cicisbei. E' la cosa piu' ridicola che un popolo
stupido abbia potuto inventare: sono degli innamorati senza speranza, delle
vittime che sacrificano la loro liberta' alla dama che hanno scelto". Il
popolo stupido di cui Montesquieu, in visita nella penisola nel 1728, si
prendeva gioco era ovviamente quello italiano, ma il grande pensatore
francese che si preparava a scrivere L'Esprit des lois non era certo il solo
viaggiatore straniero a ravvisare nel cicisbeismo un tratto distintivo del
costume del nostro paese. E numerosi erano anche gli italiani - pensiamo a
scrittori come Parini, Goldoni, Alfieri, o pittori come Pietro Longhi o
Giandomenico Tiepolo - che nel corso del secolo avrebbero stigmatizzato il
fenomeno. Ma ammesso e non concesso che esso costituisse davvero una
anomalia italiana in che cosa consisteva esattamente e quali erano le
ragioni che le avevano consentito di mettere radice nel Bel Paese e
prosperarvi per tutto il Settecento?
A questi interrogativi si propone oggi di rispondere, sul filo di una
ricerca storica attenta a studiare tanto la realta' del costume quanto le
sue rappresentazioni, l'importante studio di Roberto Bizzocchi, Cicisbei.
Morale privata e identita' nazionale in Italia (Laterza, pp. 361, euro 20).
Una ricerca di carattere necessariamente indiziario poiche' ha per oggetto
una relazione di coppia - quella della dama e del suo cicisbeo - che si
svolgeva alla luce del sole e su cui le testimonianze e i commenti
abbondano, ma la cui natura intima e privata rimaneva invece accuratamente
occultata, costringendo lo storico a procedere per ipotesi.
Neologismo entrato in uso nel primo decennio del Settecento, il termine
cicisbeo designava infatti l'accompagnatore ufficiale di una dama sposata di
cui fungeva, con il pieno assenso del marito, da cavalier servente. Il suo
compito consisteva nel passare con lei molte ore al giorno, nello scortarla
al teatro, al ballo, in societa', nel dimostrarle fedelta', nel prodigarsi
in tutti i modi per risultarle gradito, ma questo "servizio" doveva essere
improntato alla piu' assoluta castita' o, quantomeno, lasciarlo credere. Ora
e' vero che nelle societa' d'Antico Regime il matrimonio aristocratico non
presupponeva un'intesa sentimentale e consentiva ai coniugi di condurre una
vita indipendente; e' vero che gia' un secolo prima la civilta' francese
aveva fatto della galanteria un obbligo mondano, come e' ugualmente vero che
"questa delicata simulazione dell'amore" poteva servire da schermo a
sentimenti piu' reali, ma solo in Italia questi vari fattori si erano
saldati in un rapporto istituzionale che implicava ufficialita' e durata.
Bizzocchi mostra bene come a determinare questa "eccezione" italiana siano
state ragioni economiche, sociali e culturali di diversa natura,
riconducibili tutte allo specifico contesto storico della penisola. La prima
novita' del suo studio e' proprio quella di mostrare, sulla base di una
ampia documentazione, il carattere nazionale del cicisbeismo, solitamente
considerato una peculiarita' veneziana e genovese. E se per tutto il corso
del Settecento l'usanza si diffondeva nelle maggiori citta' italiane cio'
era dovuto in primo luogo alla sua capacita' di conciliare l'esigenza di
rinnovamento che accomunava le elites del paese agli imperativi della
tradizione.
Il cicisbeismo si spiega senza dubbio alla luce di una nuova volonta' di
liberta' della societa' italiana che si apre progressivamente alla cultura
dei Lumi e, ispirandosi al modello francese, inaugura una socievolezza, una
"conversazione" come si diceva allora per metonimia, incentrata sulla
presenza femminile. Ma questa rivoluzione che apriva improvvisamente al
gentil sesso le porte del carcere domestico era troppo radicale per non
richiedere degli accorgimenti. A differenza di quanto avveniva in Francia
dove le dame del bel mondo sfarfalleggiavano anche sole da un salotto
all'altro, le loro sorelle italiane non potevano uscire di casa senza la
scorta di un accompagnatore che, scelto con il beneplacito del marito, aveva
il compito di vigilare su di loro. Di qui, rileva Bizzochi, quella "doppia
anima del cicisbeismo, fra controllo e liberta'", che avrebbe dato origine a
un compromesso destinato a indignare i benpensanti - "de tuto xe causa la
liberta'", commenta sconsolato un personaggio dei Rusteghi di Goldoni - fino
ad assurgere, nella Histoire des Republiques italiennes du moyen age
(1807-1818) dell'illustre storico ginevrino Sismondi, a simbolo del lassismo
e della decadenza morale degli italiani.
Eppure, come ben spiega Bizzocchi, la pratica del cicisbeismo non assolveva
solo alle nuove esigenze del gentil sesso. Era anche una risposta al
problema del celibato maschile che nel ceto nobiliare poteva riguardare
anche il cinquanta per cento degli uomini adulti. Finalizzata a preservare
l'integrita' del patrimonio familiare a favore del figlio primogenito, la
norma del maggiorascato metteva in effetti in circolazione molti giovani
senza prospettive matrimoniali per i quali il cicisbeismo fungeva da utile
surrogato, consentendo loro di intrattenere una relazione femminile
privilegiata, di trovare accoglienza in una casa ospitale, di ricoprire un
ruolo riconosciuto in societa'. E se, all'interno dell'ambito domestico
della dama che era chiamato a servire, il cicisbeo svolgeva un compito
sussidiario a quello del marito, questo legame consentiva altresi', alla
stregua dei veri e propri matrimoni, di allargare la cerchia delle
solidarieta' e delle relazioni interfamiliari in vista di una piu' ampia
strategia sociale su scala cittadina.
La parte piu' interessante del libro e', tuttavia, quella che si propone di
indagare la natura della relazione privata che si dissimulava dietro i
comportamenti rigidamente codificati di una commedia mondana di cui gli
stessi osservatori contemporanei denunciavano l'ipocrisia. In effetti, come
escludere una possibilita' di coinvolgimento affettivo, sentimentale,
erotico, da parte di uomini e donne abituati a passare gran parte della loro
vita insieme? Bizzocchi cerca di trovare una risposta analizzando, sulla
falsariga di un nutrito corpus di testi autobiografici e di carteggi editi
ed inediti, alcuni casi di cicisbeismo a Bergamo, Venezia, Lucca, Firenze,
Milano, Torino. Nelle storie che egli ricostruisce ci imbattiamo in
personalita' celebri come Alfieri, Beccaria, i fratelli Verri, o in figure
femminili di cui non avevamo notizia ma che appartengono a famiglie
importanti.
Autentiche tranches de vie che ci coinvolgono come romanzi - straordinaria
quella di Pietro Verri nel ruolo di cicisbeo innamorato -, gli episodi
passati al vaglio da Bizzocchi mostrano bene come il cicisbeismo potesse
all'occorrenza aprirsi a tutte le esperienze della vita - l'amore, il dono
di se', la gelosia, la fedelta', il tradimento, l'abbandono. E se nessuna di
queste storie ci fornisce la prova provata dell'esistenza di una relazione
sessuale, cio' dimostra che il sentimento del pudore era, all'epoca, molto
diverso dal nostro.
Il cicisbeismo sarebbe scomparso con la fine della societa' d'Antico Regime
e l'Ottocento avrebbe perseguito un idea dell'amore e del matrimonio
incompatibili con il pittoresco compromesso raggiunto da un'Italia
provinciale e arretrata eppure desiderosa di recuperare il tempo perduto. Ma
non sarebbero state certo le donne a beneficare del cambiamento.

9. LIBRI. MARINA MONTESANO PRESENTA "MEDIOEVO MAGICO" DI GRAZIELLA FEDERICI
VESCOVINI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 novembre 2008 col titolo "Nuove linee
di ricerca sui contenuti magici della scienza medievale"]

Graziella Federici Vescovini, Medioevo magico. La magia tra religione e
scienza nei secoli XIII e XIV, Utet, euro 29.
*
A partire dai secoli XI e XII, il risorgere dei traffici e dei contatti nel
Mediterraneo contribuirono alla reintroduzione in Occidente di branche della
cultura scientifico-filosofica di matrice classica o tardoantica, passata
attraverso elaborazioni e traduzioni arabe e ebraiche. Nella conoscenza di
questi testi l'Italia gioco' un ruolo importante, grazie a numerosi centri
di traduzione dal greco e dall'arabo. A Montecassino e a Salerno erano stati
volti in latino numerosi trattati di medicina; in Sicilia, presso la corte
di Guglielmo I, si erano avute traduzioni di Platone, Aristotele, Tolomeo e
Diogene Laerzio; all'incirca nello stesso periodo, cioe' verso la meta' del
secolo XII, Giacomo Veneto compiva la piu' ampia traduzione latina del
corpus aristotelico, mentre pochi anni piu' tardi Gherardo da Cremona
traduceva dall'arabo una settantina di opere, fra cui numerose di argomento
astrologico. In certi ambienti, come la scuola di Chartres, l'interesse per
la filosofia, soprattutto neoplatonica, si accompagnava all'indagine nel
campo delle discipline "magiche", intese come piu' profondi metodi di
ricerca delle cause occulte che producono i fenomeni naturali.
La complessa societa' basso- e tardomedievale non elaboro' pareri e
comportamenti univoci nei confronti di tali fenomeni. Da una parte, la
preoccupazione per la vanitas magicarum era rinverdita da una larga parte
del mondo ecclesiastico, con in testa i domenicani e poi anche i
francescani. D'altro canto, quei secoli conobbero anche una ripresa in
positivo della figura del magus. La magia come scienza sperimentale e
naturale, purche' pura da compromissioni demonolatriche, si appoggiava al
vasto consenso di numerosi intellettuali verso la cosiddetta magia "bianca".
Al dibattito intorno alle "nuove scienze" e ai loro contenuti magici e' ora
dedicata una bella e densa monografia di Graziella Federici Vescovini,
Medioevo magico. La magia tra religione e scienza nei secoli XIII e XIV,
recentemente uscita per Utet. Due sono le principali linee di ricerca che si
intrecciano lungo tutto il volume. Da una parte, infatti, l'autrice analizza
i contenuti di scritti ermetici, astrologici, demonologici (che vanno dal
Picatrix, alla Tabula smaragdina, al Liber Raziel, ai diversi testi
attribuiti a Salomone), rintracciandone le radici culturali, mentre
dall'altra prende in considerazione il peso che essi ebbero nella societa'
occidentale. Un peso rilevante, sia per quanto concerne le posizioni
teologiche espresse dalla Chiesa, e che portarono nel corso del Trecento a
equiparare la magia all'eresia, aprendo cosi' la strada alle persecuzioni,
sia in relazione a quanti, in modo diverso a seconda dei casi, ne subirono
il fascino: da Michele Scoto a Arnaldo di Villanova fino al "nigromante"
Cecco d'Ascoli, che pago' con la vita l'avere praticato scienze occulte.
Si tratta di un capitolo importante della storia culturale europea, come
attesta anche la ricca bibliografia con la quale Federici Vescovini conclude
il suo lavoro. Peccato quindi che il complesso di questi studi non abbia
grande riscontro al di fuori di settori specialistici, soprattutto perche'
questo vuoto viene spesso riempito dalla molta cattiva letteratura
pseudo-esoterica che invade gli scaffali delle librerie.

10. LIBRI. SARANTIS THANOPULOS PRESENTA "L'EMOZIONE COME ESPERIENZA
INFINITA" A CURA DI ALESSANDRA GINZBURG E RICCARDO LOMBARDI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 febbraio 2008, col titolo "Tra sentire
e pensare, l'universo semantico di Matte Blanco" e il sommario "Dedicato al
grande psicoanalista cileno, e' uscito per Franco Angeli un volume di saggi
a cura di Alessandra Ginzburg e Riccardo Lombardi, sotto il titolo
L'emozione come esperienza infinita"]

Conosciuto e internazionalmente stimato anche oltre la soglia dell'ambiente
psicoanalitico, Ignacio Matte Blanco ha ampliato, e per certi aspetti
rivoluzionato, la teoria dell'inconscio cosi' come e' stata concepita e
elaborata da Freud, e lo ha fatto costruendo una teoria di grande
originalita', ma cosi' complessa da dissuadere coloro che non sono disposti
a dedicarsi alla formulazione di concetti non facilmente maneggevoli o
basati sulla immediatezza del contatto emotivo. Tanto piu' provvidenziale,
dunque, e' l'uscita di un libro dedicato ai contributi del grande analista
cileno alla psicoanalisi, curato da Alessandra Ginzburg e Riccardo Lombardi
con il titolo L'emozione come esperienza infinita (Franco Angeli, pp. 311,
euro 26,50), una raccolta di saggi in cui si rende evidente come la
complessita' dell'impianto teorico di Matte Blanco non necessariamente
conduca a intellettualizzazioni inaridenti della pratica clinica, che anzi
ne risulta sostenuta e alimentata anche nella sua fluidita'.
La questione dell'inconscio viene affrontata da Matte Blanco attraverso la
definizione di due logiche del funzionamento mentale, due diverse
organizzazioni della attivita' di rappresentazione di se' e del mondo: la
logica simmetrica e la logica asimmetrica. La prima, che ignora il principio
aristotelico della non contraddizione e si dispiega in uno spazio (virtuale)
multidimensionale, elabora i dati della rappresentazione secondo processi di
generalizzazione e di infinitizzazione che tendono ad abolire la differenza
tra le cose rappresentate, nonche' la distinzione tra la rappresentazione e
l'emozione che la genera. La seconda, che si fonda sul principio della non
contraddizione, si struttura all'interno della percezione tridimensionale
della realta' e articola tra loro oggetti di rappresentazione pienamente
differenziati e finiti, ossia misurabili.
Estendendo e trasformando il concetto di propaggini inconsce di Freud (i
luoghi in cui il desiderio inconscio penetra il pensiero conscio
deformandolo) Matte Blanco mette in evidenza la compenetrazione costante tra
logica simmetrica e logica asimmetrica e di conseguenza il funzionamento
bi-logico della mente umana. Se un eccessivo gradiente di simmetria rende la
rappresentazione inaccessibile alla coscienza, dall'altra parte una presenza
sufficiente di simmetria - una buona dose di "logica" emotiva - e'
indispensabile per un buon funzionamento razionale del pensiero cosciente:
un funzionamento mentale puramente logico e', infatti, l'obiettivo
impossibile perseguito dagli psicotici.
L'altro importante pilastro della teoria di Matte Blanco sta nella sua
concezione dell'emozione come composto di sensazione-sentimento (che radica
l'emozione nell'incontro tra psiche e corpo) e pensiero. Da una matrice di
base nella quale la sensazione-sentimento prevale sul pensiero (e dove la
simmetrizzazione raggiunge il massimo della sua presenza all'interno del
pensiero cosciente), si sviluppa un'attivita' di rappresentazione altamente
asimmetrica, sufficientemente emancipata dall'emozione - e quindi capace
anche di pensarla - ma sempre ad essa ancorata. Vista in questa prospettiva,
l'emozione assume la funzione di luogo di transito fra le due logiche di
rappresentazione (e anche tra inconscio e coscienza) diventando il collante
del pensiero bi-logico.
Contando sui contributi di alcuni tra i massimi esperti al mondo del
pensiero di Matte Blanco, L'emozione come esperienza infinita affronta
questi temi con rigore e insieme con uno spirito innovativo, esprimendoli
quasi sempre tramite una chiarezza encomiabile. Il primo dei saggi di
Riccardo Lombardi apre il libro utilizzando interessanti materiali clinici
per mostrare come le idee di Matte Blanco siano particolarmente funzionali a
uno spostamento della prospettiva psicoanalitica dall'ambito ristretto dei
conflitti circoscritti all'ambito piu' ampio di una particolare ontologia
dell'essere, in cui viene messo in primo piano il destino della
soggettivita' nel suo insieme. Vista da questa angolazione, l'analisi
avrebbe come obiettivo la costruzione di un percorso personale, tra pensare
e sentire, che porterebbe l'analizzando a sentirsi vivo e ad abitare il
proprio corpo e le proprie emozioni in modo autentico. Proprio la questione
del rapporto tra pensare e sentire, proposti come poli di una oscillazione
costante e (antinomicamente) costitutiva dell'esperienza di essere, occupa
anche il secondo dei contributi che Riccardo Lombardi ha scritto per il
volume. Pure qui, l'uso del materiale clinico gli consente di dare forma a
una feconda lettura del pensiero di Matte Blanco, applicato all'analisi di
pazienti caratterizzati da un accesso particolarmente precario alla vita
soggettiva. Sono persone, queste, fortemente attratte dalla dimensione del
"non essere", e quindi dalla morte - fisica, mentale o simbolica -
immaginata come dimensione infinita estranea a ogni limite. Nel loro caso
hanno un particolare significato clinico sia l'esplorazione delle dimensioni
mentali che rimandano al non essere, che la possibilita' di restituire
pensabilita' alla discrepanza tra esistenza definita nello spazio e nel
tempo e esistenza senza limiti. Pensare la vita nel momento in cui viene
vissuta - conclude Lombardi - dovrebbe essere la prospettiva di ogni seduta
analitica.
In un altro tra i saggi piu' importanti del volume, Alessandra Ginzburg
espone con la sua consueta eleganza il principio di generalizzazione,
secondo il quale l'inconscio tratta ogni cosa individuale come membro di una
classe e ogni classe come sottoclasse di una classe piu' generale, e il
principio di simmetria, secondo cui l'inconscio tratta la relazione inversa
di qualsiasi relazione come se fosse identica alla relazione stessa: due
principi che sono la struttura portante della teorizzazione dell'inconscio
fatta da Matte Blanco. Di particolare interesse, poi, la lettura del lavoro
analitico basato sugli isomorfismi, ossia l'associazione tra testi narrativi
apparentemente molto eterogenei tra loro ma equivalenti sul piano
dell'emozione rappresentata, che consente l'accesso a vissuti avvertiti come
troppo scottanti per potere essere espressi immediatamente.
Grande esegeta di Matte Blanco, Pietro Bria ha scritto per il libro un
contributo che riesce in modo al tempo stesso rigoroso e suggestivo a
descrivere il pensiero dello psicoanalista cileno nei termini di
quell'incontro tra inconscio e infinito che consente un nuovo fondamento
empirico all'esperienza interna degli affetti. Alla pregevolezza del volume
contribuiscono, inoltre, una serie di interventi scritti da analisti di fama
internazionale, e tra questi Salomon Resnik, che usa il concetto di
multidimensionalita' applicandolo alla comprensione del linguaggio e della
logica dell'inconscio nell'analisi dei pazienti psicotici; J. S. Grotstein,
che legge Matte Blanco alla luce di alcuni concetti di Bion, e Fiorangela
Oneroso, che esplora il rapporto tra emozione e tempo; ma di grande
interesse risulta anche l'intervento di Francesco Orlando, il critico e
francesista cui si devono alcune tra le piu' belle letture freudiane di
testi letterari.

11. LIBRI. BENEDETTO VECCHI PRESENTA "LA FINE DELL'UTOPIA" DI HERBERT
MARCUSE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 giugno 2008 col titolo "Il mondo
rovesciato della societa' opulenta"]

All'accusa di essere il "grande vecchio" del movimento antiautoritario,
Herbert Marcuse rispondeva che lui era solo un docente che amava stabilire
un rapporto alla pari con gli studenti. Per poi ironicamente aggiungere che
le sue tesi incontravano piu' obiezioni che consenso proprio tra i militanti
del movimento, del quale sentiva comunque di far parte. La sua scelta di
scendere dalla cattedra caratterizza anche le relazioni del filosofo tedesco
alla Freie Universitaet di Berlino nell'estate del 1967 dove era stato
invitato dal comitato studentesco e che, meritoriamente, la Manifestolibri
ha deciso di raccogliere ne La fine dell'utopia (pp. 158, euro 16,50),
volume che si aggiunge agli altri della collana "marcusiana" aperta dalla
casa editrice con l'obiettivo di pubblicare i materiali inediti di Marcuse.
Il primo seminario riportato in questo libro e' sulla "fine dell'utopia",
mentre il secondo e' sul "problema della violenza nell'opposizione". Le
tavole rotonde, invece, affrontano i temi della "morale politica nella
societa' opulenta" e del "Vietnam. Il terzo mondo e l'opposizione nelle
metropoli".
*
Minoranze antisistema
Quelle che compongono il libro sono pagine fortemente segnate dal clima
dell'epoca e dai temi che Marcuse aveva gia' elaborato ne L'uomo a una
dimensione, in Eros e civilta' e in un saggio sulla tolleranza repressiva
apparso in un volume collettaneo pubblicato in Italia da Einaudi. L'utopia
contro la quale si scaglia Marcuse e' la stessa rifiutata a suo tempo da
Marx. Per Marcuse, come per Marx, il miraggio di una societa' armonica e' da
rifiutare perche' irrealizzabile e progettata ingegneristicamente neanche
fosse un ponte: le societa', infatti, non si progettano ingegneristicamente
come fossero dei ponti da costruire, ma sono plasmate dai conflitti che le
attraversano. E' dunque nel presente, cioe' nello sviluppo delle forze
produttive, che sono gia' date le condizioni per una societa' libera. Ma a
differenza del marxismo del primo Novecento, la societa' libera di Marcuse
non e' incarnata da un unico soggetto collettivo (il proletariato), ne' e'
espressa da un partito o da una societa' - L'Urss o la Cina - da seguire
come modello. Sono semmai le "minoranze" - gli studenti, gli artisti, i
neri, i marginali, i drop-out - che possono operare affinche' lo sviluppo
delle forze produttive sia propedeutico alla rimozione delle condizioni che
condannano a vivere in una realta' violenta, perche' segnata dallo
sfruttamento.
Se il volume si limitasse a presentare le tematiche marcusiane, il suo
valore sarebbe dato dal presentare testi da consegnare al lavoro degli
storici delle idee per meglio comprendere il laboratorio teorico di Marcuse.
Quello che invece colpisce sono alcuni passaggi delle relazioni che meritano
di essere discussi per quanto riguarda questo presente.
In primo luogo il passaggio in cui l'autore di Eros e civilta' parla della
possibilita' di pensare il lavoro come un gioco grazie al livello raggiunto
dall'automazione che consentirebbe di delegare alle macchine lo svolgimento
degli aspetti ripetitivi del processo produttivo. Oppure quando Marcuse
discute le tesi che, partendo dall'ipotesi sulla loro proletarizzazione,
individuano nei tecnici un potenziale soggetto sociale rivoluzionario.
*
Giochi produttivi
Quarant'anni dopo, le tesi di Marcuse sulla possibilita' del superamento del
capitalismo grazie allo sviluppo delle forze produttive mantengono ancora il
loro fascino a partire, appunto, dall'invito metodologico di restare
ancorati al presente senza attendere, messianicamente, l'avvento della
societa' libera. Ciononostante, quelle che Marcuse vedeva come latenti
potenzialita' sovversive sono entrate a far parte della nostra quotidianita'
senza che ci sia stata nessuna "rivoluzione". L'automazione non ha inoltre
coinvolto solo il lavoro operaio, ma anche quello intellettuale. I tecnici
sono si' lavoro vivo, ma e' indubbio che non sono diventati operai
industriali. Semmai hanno ingrossato le fila del lavoro autonomo di seconda
generazione, partecipando da protagonisti a quella trasformazione della
scienza in forza produttiva senza che ci sia nessuna "tecnologia della
liberazione" all'orizzonte. Allo stesso tempo, la possibilita' che il lavoro
possa essere svolto come un gioco e' oramai diventato il pressante invito
che le imprese rivolgono alla forza-lavoro per garantire un flusso continuo
di innovazione produttiva, organizzativa e sociale. Stesso ordine del
discorso sulla necessita' di autorganizzare i ritmi lavorativi, stabilendo
relazioni empatiche all'interno della cooperazione produttiva: per il
filosofo tedesco era anch'essa una concreta possibilita' a patto che
l'automazione rendesse operante una riduzione ai minimi termini del lavoro
estraniato; nelle contemporanee imprese a rete l'autorganizzazione della
cooperazione produttiva e' invece propedeutica al superamento delle
rigidita' e fragilita' del sistema di macchine informatiche, garantendo
cosi' una crescita della produttivita' sociale.
Il lavoro inteso come attivita' ludica e' tuttavia la materialita' affermata
anche da quella forza-lavoro differenziata per collocazione produttiva e per
forme di vita che rende continuo il flusso produttivo, seppure all'interno
di quel regime del lavoro salariato che condanna all'infelicita' uomini e
donne. Per questo e' ancora prezioso l'invito marcusiano a individuare nel
presente le condizioni di una "societa' libera". Da qui la necessita' di
forme organizzative e di mobilitazione che accetti la dimensione molteplice,
differenziata della forza-lavoro. E se Marcuse vedeva nel teach-in, nel
free-speech, nel love-in e nelle street-parade prerogative del movimento
antiautoritario, ora quelle forme di conflitto sono agite come atti di una
defezione dall'ordine costituito che viola la legalita' stabilita dal
diritto positivo per dare vita al processo costituente di una "societa'
libera".
La fine dell'utopia auspicata da Marcuse era solo un auspicio, seppur
fondato su una analisi sullo sviluppo delle forze produttive, di una
possibilita' da cogliere per superare la violenza della societa' opulenta.
Quella possibilita' va ancora colta, senza pero' poter contare su nessuna
tradizione politica consolidata. Semmai occorre prendere congedo proprio da
quelle tradizioni e culture politiche. Compresa quella che, in nome di
Marcuse, invita a distogliere lo sguardo dallo sviluppo delle forze
produttive per invocare il reazionario ritorno a un'eta' dell'oro che
l'autore de L'uomo a una dimensione considerava il tratto distintivo degli
utopisti.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 790 del 14 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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