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Coi piedi per terra. 176
- Subject: Coi piedi per terra. 176
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 13 Apr 2009 10:49:34 +0200
- Importance: Normal
=================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 176 del 13 aprile 2009 In questo numero: 1. Che succede a Viterbo? Un riassunto per lettori frettolosi 2. Peppe Sini: Il sindaco unno 3. Antonello Frongia presenta "Album Auschwitz" 4. Valentina Parisi presenta "Inferni" di Peter Weiss 5. Enzo Traverso presenta "Gli scomparsi" di Daniel Mendelsohn 6. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo 1. EDITORIALE. CHE SUCCEDE A VITERBO? UN RIASSUNTO PER LETTORI FRETTOLOSI Che succede a Viterbo? Che moltissimi cittadini, sostenuti da illustri scienziati, cattedratici, personalita' delle istituzioni e dell'impegno civile, si oppongono alla decisione di realizzare nell'area termale del Bulicame un mega-aeroporto delle dimensioni atte ad accogliere un volume di traffico di vari milioni di passeggeri all'anno; un'opera del tutto priva dei requisiti di legge e del tutto irrealizzabile alla luce della situazione reale dell'area e dei vincoli paesaggistici, idrogeologici, archeologici, termali in essa presenti. * Infatti tale opera: I. non ha mai superato ne' potrebbe mai superare un rigoroso espletamento della Valutazione d'impatto ambientale e della Valutazione ambientale strategica obbligatorie per legge; II. confligge con precise norme di tutela dei beni pubblici sia nazionali che europee; III. e' in contrasto con le norme ed i vincoli di salvaguardia in vigore nell'area considerata ai sensi della pianificazione territoriale ed urbanistica tanto regionale quanto comunale; IV. provocherebbe la devastazione di rilevanti beni archeologici, naturalistici, paesaggistici, storico-culturali, scientifici, terapeutici ed economici insistenti nell'area; V. provocherebbe un grave nocumento alla salute, alla sicurezza e alla qualita' della vita della popolazione dei quartieri cittadini prossimi all'area; VI. confligge con attuali esigenze di sicurezza militari di rilevanza strategica nazionale; VII. porterebbe al collasso la rete infrastrutturale della mobilita' locale; VIII. costituirebbe uno sperpero immenso di pubblico denaro; IX. la procedura sin qui seguita per l'individuazione dell'area e' viziata da flagranti errori di merito e di metodo (tali per cui un ente locale ha gia' presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio e qualificati centri studi di settore hanno ripetutamente denunciato l'inammissibilita' dell'opera). * In una recente comunicazione agli amministratori locali il comitato dei cittadini che si oppongono all'opera ha elencato i seguenti effetti della realizzazione di un mega-aeroporto nell'area termale del Bulicame a Viterbo: 1. Impatto locale sull'ambiente: devastazione dell'area termale del Bulicame, un bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico, economico, sociale e simbolico peculiare e insostituibile. 2. Impatto sanitario sulla popolazione viterbese: gravissimi danni alla salute, alla sicurezza, alla qualita' della vita. 3. Impatto sanitario sulla popolazione dell'Alto Lazio: cumulandosi il mega-aeroporto con le altre gravosissime servitu' gia' presenti (in particolare il polo energetico Civitavecchia-Montalto) la sinergia dei fattori di inquinamento incrementera' danni, disagi e patologie. 4. Impatto sanitario globale: essendo il trasporto aereo fortemente inquinante, ogni suo aumento si traduce in danno certo alla salute. 5. Impatto sociale su Viterbo: il mega-aeroporto non solo costituira' una profonda aggressione alla salute e alla sicurezza delle persone, ma provochera' anche un grave degrado della qualita' della vita, una forte lesione a fondamentali diritti dei cittadini, un grave danno all'economia e alla societa', il collasso delle infrastrutture del trasporto locale (gia' gravemente insufficienti), la distruzione di beni ambientali, culturali, agricoli, terapeutici, ricettivi, produttivi, scientifici. 6. Impatto sociale sull'Alto Lazio: accumulo di servitu' ed effetto sinergico dei fattori di rischio e di depauperamento e degrado del territorio e della sua economia. 7. Impatto politico locale: la devastazione del territorio, l'avvelenamento dei cittadini, la distruzione di fondamentali beni comuni, la violazione di fondamentali diritti della popolazione, sommati alla palese illegalita' dell'opera, esporranno ancor piu' il territorio e la comunita' locale al degrado civile e alla violenza di poteri speculativi e criminali. 8. Impatto globale sull'ambiente: essendo il mega-aeroporto finalizzato all'incremento del trasporto aereo complessivo, esso contribuira' ad accrescere l'inquinamento e l'effetto serra responsabile dei mutamenti climatici che stanno mettendo in pericolo il futuro dell'umanita' e gli equilibri della biosfera. 9. E per concludere: non solo il mega-aeroporto a Viterbo e' del tutto fuorilegge, ma per realizzare un'opera fuorilegge verrebbero sperperate ingenti risorse pubbliche (che pertanto verrebbero altresi' sottratte ad opere e servizi realmente utili e fin indispensabili per la popolazione). * E in un recente esposto alla Soprintendenza per i beni archeologici per l'Etruria Meridionale e' stato evidenziato che dalla Planimetria redatta dal Comune di Viterbo recante i vincoli paesaggistici, idrogeologici, archeologici, termali presenti nell'area che sarebbe investita dall'opera, risulta che il mega-aeroporto sorgerebbe letteralmente sopra un'area di interesse archeologico con presenza di beni archeologici che la legge tutela. * Del resto gia' lo scorso anno in una lettera al Presidente della Repubblica del 4 agosto 2008 (disponibile, come molti altri documenti, nel sito internet www.coipiediperterra.org) il comitato dei cittadini che si oppongono al mega-aeroporto segnalava tra l'altro che "la realizzazione a Viterbo di un devastante mega-aeroporto per voli low cost avrebbe i seguenti inaccettabili e disastrosi esiti: a) grave nocumento per la salute della popolazione, come dimostrato dal documento dell'Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) del 18 marzo 2008; b) grave devastazione dell'area termale del Bulicame, peculiare bene naturalistico e storico-culturale, terapeutico e sociale, economico e simbolico, gia' citato da Dante nella Divina Commedia ed elemento fondamentale dell'identita' di Viterbo; c) grave impatto su un rilevante bene archeologico come l'emergenza in situ del tracciato dell'antica via consolare Cassia, come ammesso dall'assessore e vicepresidente della Regione Lazio Esterino Montino; d) grave impatto inquinante sull'Orto botanico dell'Universita' degli Studi della Tuscia, bene scientifico, di ricerca e didattico di cospicua rilevanza; e) grave impatto inquinante sulle colture agricole - di qualita' e biologiche - insistenti nell'area maggiormente investita; f) grave danno economico per la citta' con deprezzamento di attivita', esercizi ed immobili; g) conflitto con attivita' ed esigenze di interesse strategico nazionale dell'Aeronautica Militare, come evidenziato da ultimo dal "Centro Studi Tuscia per lo sviluppo di un aeroporto compatibile" in un recente documento diffuso il 2 agosto 2008 in cui si afferma testualmente "l'incompatibilita' tra l'intensa attivita' di aviazione civile commerciale e la permanenza di un'attivita' di volo militare importante - quella della Cavalleria dell'Aria - che rende Viterbo tra gli aeroporti militari di primaria importanza strategica (come fissato da un recente decreto)" e come gia' precedentemente puntualmente segnalato nella seduta del Consiglio comunale di Viterbo del 25 luglio 2008; h) immenso sperpero di fondi pubblici per un'opera nociva e distruttiva, quando Viterbo e l'Alto Lazio hanno bisogno di ben altri interventi della mano pubblica: e particolarmente di un forte sostegno a difesa e valorizzazione dei beni ambientali e culturali, dell'agricoltura di qualita', delle peculiari risorse locali; e per quanto concerne la mobilita' un forte sostegno al trasporto ferroviario (riaprendo la linea Civitavecchia-Capranica-Orte; potenziando la linea Viterbo-Orte; potenziando la linea Viterbo-Capranica-Roma); i) aggravamento di una condizione di servitu' per l'Alto Lazio, territorio gia' gravato da pesantissime servitu' energetiche, militari e speculative e da fenomeni di inquinamento ed aggressione criminale alla salute, alla sicurezza e alla qualita' della vita dei cittadini; l) concreto pericolo che l'opera veicoli interessi ed affari non trasparenti, conflitti di interessi in figure investite di ruoli e funzioni istituzionali, operazioni economiche illecite e penetrazione dei poteri criminali, come segnalato da autorevoli figure istituzionali; m) infine, poiche' il punto di riferimento da parte dei promotori dell'opera e' il sedime di Ciampino e l'attivita' che in esso si svolge, si rileva come proprio la situazione di Ciampino sia insostenibile e gravemente lesiva dei piu' elementari diritti della popolazione locale, ed e' quindi evidentemente scandaloso voler "ciampinizzare" un'altra citta' (occorre invece una drastica e immediata riduzione dei voli su Ciampino). A cio' si aggiunga che: n) l'opera e' tuttora priva di adeguata progettazione, anzi della stessa precisa definizione di collocazione e dimensioni, come ammesso dallo stesso Consiglio comunale di Viterbo nella parte narrativa dell'atto deliberativo n. 92 del 25 luglio 2008 in cui si afferma testualmente che "devesi fare presente che a tutt'oggi non si conoscono ne' la lunghezza della pista che potrebbe arrivare a superare i 3000 metri, ne' il suo orientamento"; peraltro il gia' citato "Centro Studi Tuscia per lo sviluppo di un aeroporto compatibile" ha rilevato "l'impossibilita' oggettiva - dimostrata dagli studi del nostro centro - di allungare la pista di almeno altri due chilometri mantenendone l'orientamento e, tanto meno, di smantellare l'attuale per costruirne altra - come sostenuto da ambienti dell'assessorato al volo - disassata di 10 gradi verso nord o sud"; o) l'opera confligge con il Piano territoriale paesaggistico regionale e le relative norme di salvaguardia, come riconosciuto dallo stesso Consiglio comunale di Viterbo con l'atto deliberativo n. 92 del 25 luglio 2008; p) l'opera e' totalmente priva di fondamentali verifiche e di fondamentali requisiti previsti dalla legislazione italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale, Valutazione ambientale strategica, Valutazione d'impatto sulla salute. Quanto alla procedura di individuazione di Viterbo come sede di un devastante mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma: q) la relazione ministeriale del novembre 2007 che ha dato il via ad una serie di atti amministrativi successivi e' destituita di fondamento in punto di diritto e di fatto, come dimostrato ad abundantiam da un documento del 18 gennaio 2008 del "Centro studi Demetra" che conclude la sua ampia ricognizione dichiarando che "gli atti ministeriali risultano palesemente affetti da gravi vizi di illegittimita' sotto il rilevato profilo dell'eccesso di potere per carenza dell'istruttoria tecnica condotta dalla commissione istituita presso il Ministero dei Trasporti"; r) non solo: quella relazione contiene dichiarazioni semplicemente dereistiche e si rivela nel merito come non rispondente ad un'analisi fattuale della realta' territoriale: essa infatti ignora del tutto il fatto che il sedime indicato ricade nel cuore dell'area termale del Bulicame e a ridosso di emergenze archeologiche, naturalistiche, scientifiche, culturali, agricole, terapeutiche, economiche ed insediative tali da rendere l'opera ipso facto irrealizzabile; cadendo quindi la validita' di quella relazione, cadono con essa tutti gli atti amministrativi conseguenti, viziati in radice dal vizio dell'atto presupposto e fondativo; s) peraltro la stessa compagnia aerea Ryan Air - che nelle dichiarazioni dei proponenti l'opera avrebbe dovuto essere il soggetto imprenditoriale maggior fruitore della nuova struttura aeroportuale - ha esplicitamente dichiarato di non intendere affatto trasferire la sua attivita' nell'eventuale scalo viterbese (cfr. intervista trasmessa dalla Rai il 27 aprile 2008 nell'ambito del programma "Report"). Infine: t) realizzare un nuovo mega-aeroporto e' insensato alla luce della situazione aeroportuale italiana (cfr. la gia' citata inchiesta televisiva della Rai ("Report", 27 aprile 2008); u) realizzare un nuovo mega-aeroporto e' insensato alla luce dell'attuale trend del trasporto aereo internazionale (cfr. ad esempio l'intervento dell'europarlamentare Giulietto Chiesa del primo luglio 2008 che rinvia tra l'altro a un servizio dell'"International Herald Tribune" del 28-29 giugno 2008); v) realizzare un nuovo mega-aeroporto e' insensato alla luce dell'esigenza di ridurre il trasporto aereo per ridurre il surriscaldamento globale del clima (come richiesto dall'Onu, dalla comunita' scientifica internazionale, dagli statisti piu' avvertiti); z) occorre procedere alla riduzione drastica e immediata del trasporto aereo (particolarmente a fini di diporto), come richiesto da interventi di autorevoli personalita' come i premi Nobel Desmond Tutu e Wangari Maathai; e sostenere invece un modello di mobilita' piu' adeguato, sostenibile e democratico". * E' necessario impedire che i rilevanti beni naturalistici, culturali, terapeutici ed economici dell'area termale del Bulicame siano devastati, e che la salute e la sicurezza dei cittadini di Viterbo siano aggredite da un'opera aeroportuale priva dei requisiti previsti dalla legge, opera la cui realizzazione costituirebbe un sperpero di pubblici denari, un danno per la comunita' locale ed una flagrante violazione delle norme e dei vincoli di salvaguardia vigenti. Ed e' necessario ridurre drasticamente ed immediatamente il trasporto aereo. 2. ISTITUZIONI. PEPPE SINI: IL SINDACO UNNO [Riproponiamo il seguente intervento gia' apparso nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino"] Il sindaco di Viterbo e' anche parlamentare. E ci si chiede come si possa svolgere bene contemporaneamente il compito di legislatore e quello di primo cittadino di una citta' capoluogo di provincia. Infatti non svolge bene ne' l'uno ne' l'altro. Come amministratore locale si sta impegnando forsennatamente per realizzare un mega-aeroporto che devasterebbe la preziosa area termale del Bulicame (in cui si trovano straordinari beni archeologici e naturalistici che verrebbero distrutti per sempre) ed avvelenerebbe la popolazione dei popolosi quartieri della citta' a ridosso del sedime. Come membro della Camera dei Deputati appone la sua firma alla proposta di legge n. 1360/2008 a favore dei complici dei nazisti nel periodo 1943-'45 al fine di concedere loro un'onorificenza per i servizi resi; ed alla proposta di legge n. 2271/2009 per perseguitare chi si impegna in difesa dell'ambiente e dei beni comuni. Quando si dice la coerenza, ovvero: c'e' del metodo in questa follia. 3. LIBRI. ANTONELLO FRONGIA PRESENTA "ALBUM AUSCHWITZ" [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 gennaio 2008 col titolo "Sguardi dal genocidio nell'occhio del carnefice" e il sommario "Appena uscito per Einaudi, Album Auschwitz riattualizza i quesiti interpretativi ogni volta riproposti dalla rappresentazione fotografica dell'Olocausto"] Una importante mostra organizzata nel 2001 sotto la direzione dello storico Clement Cheroux (Memoria dei campi. Fotografie dei campi di concentramento e di sterminio nazisti, 1933-1999) faceva il punto sulla documentazione fotografica relativa all'Olocausto, riunendo per la prima volta sistematicamente le fotografie segnaletiche dei deportati e i materiali sugli "esperimenti" medici condotti nei campi, le istantanee rubate dalla resistenza ad Auschwitz e Dachau e le tragiche icone della liberazione dei campi nel 1945. Attorno a queste immagini negli ultimi anni si e' animato un dibattito sul potere testimoniale delle fotografie del genocidio, sui limiti di una rappresentazione solo apparentemente oggettiva e sull'etica dell'interpretazione storico-filosofica, tanto urgente quanto incerta. Tra i documenti piu' significativi dell'iconografia dei campi di sterminio inclusi nella mostra del 2001, un posto particolare e' occupato dal cosiddetto Album Auschwitz, conservato presso lo Yad Vashem di Gerusalemme e oggi pubblicato per la prima volta in Italia da Einaudi per le cure di Marcello Pezzetti. L'album raccoglie quasi duecento fotografie di ebrei ungheresi realizzate ad Auschwitz nel maggio 1944 da Bernhard Walter (responsabile dell'ufficio identificazioni e fotografo ufficiale del campo) e dal suo assistente Ernst Hofmann. Venne ritrovato fortunosamente il 9 aprile 1945 da Lili Jacob - una ragazza ebrea deportata a diciotto anni e ritratta in quelle stesse fotografie - in una baracca del campo di Dora-Mittelbau nella quale si trovava il giorno della liberazione. Ancor prima che come documento di prova, l'Album Auschwitz e' importante per le vicende del suo ritrovamento e per i molti significati che ha assunto a partire da quel momento. E' stato infatti "l'intervento provvidenziale dell'angelo della storia", come scrive Gideon Greif in uno dei saggi inclusi nel libro, a preservare questa testimonianza dell'Olocausto per la coscienza delle generazioni future. Ma il fatto che a ritrovare l'album sia stata Lili Jacob, ha fatto si' che queste fotografie siano state utilizzate anzitutto come una memoria privata: l'ultima immagine che a Lili rimaneva dei genitori, dei fratelli, dei molti compagni di viaggio che ad Auschwitz trovarono la morte. In quei mesi, alcune fotografie dell'album vennero donate da Lili ad altri sopravvissuti, che nelle immagini riconobbero se stessi e i parenti scomparsi. Subito dopo la guerra l'album inizio' a diventare un documento pubblico. Nel 1946 una copia di tutte le immagini fu realizzata dal Museo ebraico di Stato di Praga. Ritrovate nel 1955 dallo storico Erich Kulka e ulteriormente riprodotte, vennero donate al Museo di Stato di Auschwitz e allo Yad Vashem di Gerusalemme. Le fotografie furono utilizzate ripetutamente per illustrare libri e pubblicazioni riguardanti l'Olocausto, ma fu al processo Eichmann del '61, e soprattutto al processo di Francoforte del '63, che l'album comincio' a essere usato come documento di prova contro i criminali di guerra nazisti attivi ad Auschwitz. Al processo venne chiamato a testimoniare Bernhard Walter, uno dei due fotografi, che forni' informazioni circa il funzionamento dello studio fotografico da lui diretto nel campo centrale di Auschwitz. Cio' che l'Album Auschwitz documenta, tuttavia, non sono i singoli prigionieri quanto le fasi di arrivo e di sbarco dei deportati sulla grande rampa ferroviaria, la loro selezione, l'avviamento dei "produttivi" e degli "improduttivi" (come recitano le didascalie manoscritte) rispettivamente al lavoro forzato e verso la morte. La sezione finale dell'album censura gli effetti dello sterminio: gruppi di donne, bambini e anziani sono fotografati mentre sostano al bordo di un boschetto; sullo sfondo si scorgono gli edifici delle camere a gas. Le ultime pagine - ben sette su un totale di cinquantasei - sono dedicate agli "Effekten", cioe' all'ammasso e al recupero degli effetti personali dei deportati. Dall'immediato dopoguerra sino al 1980, quando e' stato riprodotto da Serge e Beate Klarsfeld (noti per le loro indagini su criminali di guerra come Klaus Barbie), l'Album Auschwitz ha subito una sorta di torsione interpretativa, che ha spostato l'attenzione dalle singole fotografie come strumenti di identificazione (con finalita' opposte per i perpetratori e per le vittime) a un livello di lettura piu' ampio e piu' problematico. Anche l'edizione italiana rende merito al grande sforzo compiuto negli anni per giungere al riconoscimento delle singole persone ritratte dalle fotografie e per garantire loro, quantomeno, un posto certo nella storia. Per questi volti vale forse quanto Roland Barthes scrisse a proposito di Lewis Powell, l'attentatore del segretario di Stato americano Seward condannato all'impiccagione nel 1865 e fotografato da Alexander Gardner poco dopo il suo arresto: "e' morto e sta per morire". Per Barthes, che era alla ricerca dell'immagine perduta ed essenziale della madre, osservare le fotografie di persone scomparse significava esperire un corto circuito storico, un punctum temporale, che lo portava a dire: "fremo per una catastrofe che e' gia' accaduta". E' forse per la medesima necessita' di dar senso alla catastrofe che Nina Springer-Aharoni, nel saggio che discute le fotografie dell'album come documenti storici, ha cambiato l'ordine narrativo della serie originaria, chiudendola non con le immagini degli "Effekten" ma con "Gli ultimi momenti prima delle camere a gas". Tuttavia la nostra possibilita' di empatia con le persone scomparse che ci paiono sopravvivere nel loro fantasma fotografico e' una proiezione tanto umana quanto fuorviante. Tendiamo a stabilire un contatto diretto con gli occhi di quelle persone che "ci" guardano dalle fotografie, come se fossero davanti a noi; oppure ritroviamo nei loro sguardi il monito verso gli orrori della storia. Dimentichiamo che i loro occhi erano rivolti, in quel preciso momento, non verso di noi, a futura memoria, ma verso un soldato tedesco che imbracciava un apparecchio fotografico come un fucile a baionetta. A colpire in queste fotografie e' la loro doppia qualita' di documento esplicito e implicito, testimonianze di una scena che, mostrando la vittima, presuppone il voyeurismo del perpetratore. Noi guardiamo (siamo costretti a guardare) queste immagini con l'occhio nazista che scruta, enumera, ordina, separa, annienta; e siamo riguardati dagli occhi delle vittime. Non sono occhi del tutto inconsapevoli: paiono lasciar trasparire, malgrado le false rassicurazioni dei soldati, qualcosa piu' di un semplice fastidio per l'intrusione della macchina fotografica. L'Album Auschwitz ci pone in questo stato di tensione tra gli sguardi e ci dimostra, una volta di piu', l'impossibilita' di comprendere immediatamente il dramma dell'Olocausto e della storia. 4. LIBRI. VALENTINA PARISI PRESENTA "INFERNI" DI PETER WEISS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 maggio 2008, col titolo "Incursioni di Peter Weiss tra l'urlo e il mutismo" e il sommario "Quattro testi dello scrittore tedesco riuniti da Cronopio in un volumetto intitolato Inferni, dove Auschwitz diventa il luogo del mancato incontro tra i vivi e i morti e la parola affronta il limite del dicibile"] Nel 1965, quando l'editore Klaus Wagenbach chiese a quarantatre scrittori di lingua tedesca di descrivere la "propria" localita', ossia il luogo al quale ritenevano di appartenere spiritualmente, Peter Weiss non esito' a scegliere Auschwitz. Se molti degli autori interpellati, uniti dall'esperienza dell'esilio, si volsero d'istinto alle citta' natali o agli spazi "sacri" che la memoria aveva preservato dallo sfacelo bellico (Wolfgang Koeppen, ad esempio, elesse a sua patria il Romanische Cafe' di Berlino), Weiss decise, ancora una volta, di "inquadrare l'informe", esprimendo in forma di parola le sue sensazioni di fronte all'unico punto sulla terra cui si sentisse davvero "destinato". Nella confusa topografia esistenziale dell'esule, infatti, il solo centro effettivo e' quel buco nero che ne rivendica la presenza per inghiottirlo. Il suo atlante interiore reca in maniera indelebile non i paesaggi evanescenti attraversati per salvarsi, non i paesi stranieri che l'hanno accolto, bensi' l'orizzonte remoto, eppure sempre teoricamente presente, del suo annientamento. Nasce cosi' "Auschwitz", il primo dei quattro testi tradotti con grande accuratezza da Anna Pensa e riuniti dall'editore Cronopio nel prezioso volumetto intitolato Inferni, a cura di Clemens-Carl Haerle. Varcata la soglia del lager "con vent'anni di ritardo", lo scrittore fu sopraffatto da un inaspettato senso di estraneita': "Non provo niente. Vedo solo questo pavimento, queste pareti. Constato... Guardo questi spazi a cui sono sfuggito, resto in silenzio tra i muri fossili, non sento passi di stivali, urla di comando, gemiti e lamenti". Nonostante i libri letti sull'argomento, malgrado gli innumerevoli dati di cui e' venuto a conoscenza, lo "scampato" non puo' comprendere Auschwitz, perche' l'essere umano e' in grado di capire "soltanto cio' che accade a lui" - ecco la conclusione terribile che trae Weiss. Avvolte nel silenzio, le caserme immutate, inconfondibili del campo di concentramento non rivelano nulla a chi si e' sottratto ai loro orrori, restano vestigia grigie e morte. Solo le baracche di Birkenau sembrano avere conservato una parvenza di calore, le tracce dei corpi che le hanno abitate, sebbene anche questa sia una impressione fuggevole: "E' arrivato un vivo e davanti a lui si chiude quanto e' accaduto qui". Auschwitz diventa cosi' il luogo del mancato incontro tra vivi e morti, il punto geografico ove si fa evidente l'irrimediabile frattura ontologica che li separa. Ma come puo' lo scrittore colmare una simile lacuna che, sul piano verbale, inevitabilmente si traduce in indicibilita'? Per trasfigurare in forma letteraria l'"inferno" contemporaneo, dove a essere perseguitati sono gli innocenti, Weiss si affida all'ombra di Dante e a un rilettura laica della Commedia focalizzata innanzitutto sul crollo di quei valori che ne avevano ispirato la stesura. Nei due testi "Esercizio preliminare per il dramma 'Divina commedia'" e "Conversazione su Dante", il drammaturgo si chiede a quale "purificazione" possa aspirare la Germania, democratica elettrice di Hitler, e quale significato attribuirebbe oggi Dante alle "localita' Inferno, Purgatorio e Paradiso", se fosse costretto a intraprendere di nuovo il suo viaggio. A suo giudizio, il superamento del caos puo' avvenire soltanto attraverso l'articolazione linguistica dell'esperienza vissuta: "Cio' che apparentemente e' inconcepibile deve essere descritto, e con la massima precisione possibile". Stante l'improbabilita' di una compensazione divina per chi e' stato vessato ingiustamente, alla vittima non resta dunque che comunicare agli altri quel che ha appreso soffrendo. Proprio da qui scaturisce il senso dell'Istruttoria che, rielaborando in versi liberi le deposizioni di sopravvissuti e carnefici al processo di Francoforte, mette in scena il ritrovato diritto degli oppressi di rivolgere la parola a chi aveva infierito su di loro. In questo scarno dramma, paradossalmente criticato per la sua "eccessiva" universalita' (Elie Wiesel, ad esempio, deploro' che non vi figurasse mai la parola "ebreo"), Weiss trasponeva su un piano anagogico le atrocita' commesse nei campi di sterminio, creando cosi' quel commento in futurum all'inferno dantesco che Osip Mandel'stam aveva auspicato poco prima della guerra. Esortando il pubblico a riconoscere Auschwitz come parte ineliminabile della propria coscienza, l'oratorio di Weiss tentava contemporaneamente di spezzare, mediante l'espressione verbale, l'immobilita' che attanaglia in eterno l'Ade e i suoi reclusi. Tra i testi illuminanti di Inferni e' soprattutto "Laocoonte, o dei limiti della lingua" a mettere in rilievo questo carattere dinamico attribuito dal drammaturgo tedesco alla parola. Pronunciato in occasione del conferimento del premio Lessing nel 1965, il discorso di Weiss definisce l'inferno come regno della paralisi, facendo dunque tornare alla mente gli edifici immutabili del lager, contrapposti - all'inizio di questo libriccino mirabilmente circolare - alle dimore provvisorie dell'esule, disseminate qua e la' per un mondo in perenne trasformazione. Anche la lingua e' parte di questo eterno fluire, in quanto appello rivolto all'esterno, viatico di una possibile salvezza. Per questo Weiss, richiamandosi al gruppo del Laocoonte esaminato da Lessing due secoli prima, nel 1766, in pagine a un tempo pudiche e struggenti rivela la sua immedesimazione con questa figura in bilico tra urlo e mutismo, rievocando il disorientamento provato quando, dopo aver lasciato la Germania diciassettenne nel 1934, approdo' infine in Svezia, ritrovandosi di colpo nella "situazione del bambino che deve ancora imparare a trovare un nome per ogni emozione". Rifugiatosi dapprima nella pittura per sopperire alla mancanza di un linguaggio proprio, Weiss trovo' in seguito nell'espressione verbale quello strumento intrinsecamente critico a lui indispensabile per interrogare il presente: "Le parole contengono sempre domande. Le parole dubitano delle immagini". Ma soprattutto - come testimoniano gli scritti raccolti in questo libretto ben curato - attraverso la madrelingua riscattata seppe dimostrare l'ubicazione terrena dell'inferno, dando voce ai suoi infelici superstiti. 5. LIBRI. ENZO TRAVERSO PRESENTA "GLI SCOMPARSI" DI DANIEL MENDELSOHN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 gennaio 2008 col titolo "Storie di dispersi in una trama esemplare" e il sommario "Un lungo racconto a meta' strada fra l'autobiografia, l'indagine condotta sul modello dei romanzi polizieschi e il saggio letterario saturo di riferimenti mitologici. Tra le pagine degli Scomparsi di Daniel Mendelsohn, tradotto da Neri Pozza, sei persone ritrovano un volto, una lingua, un orgoglio, aspirazioni e paure"] In un'epoca in cui Berlusconi e Dick Cheney vanno in Polonia per commemorare la liberazione di Auschwitz, Fini si pavoneggia a Yad Vashem, Hollywood seleziona sceneggiature sui campi di sterminio e le grandi case editrici si contendono a Francoforte i diritti di un best seller sull'efferatezza nazista, non si puo' prendere in mano un nuovo libro sulla Shoah senza una certa diffidenza. Tuttavia, basta leggere le prime pagine degli Scomparsi di Daniel Mendelsohn (trad. di Giuseppe Costigliola, Neri Pozza, pp. 722, euro 20) per vincere i dubbi e avere voglia di continuare. Molti, richiudendolo, avranno la sensazione di avere letto un capolavoro letterario. Da bambino, Daniel Mendelsohn faceva piangere gli anziani quando la sua famiglia si riuniva a New York o in Florida. Ricorda quelle vecchie mani magre e nodose che di scatto si portavano al viso pieno di rughe annunciando l'esclamazione: Oy, er zett oys zeyer eynlikh tzu Shmiel! (Oh, come assomiglia a Shmiel!). Crescendo, Daniel voleva saperne di piu' su questo zio Shmiel che non aveva mai conosciuto e al quale somigliava come una goccia d'acqua. Inizio' allora a interrogare i parenti e in particolare il nonno materno, Abraham Jaeger, il fratello di Shmiel che non era mai stato ricco ma vestiva con eleganza, perpetuando in America uno stile ereditato dal vecchio impero asburgico. Ritrovo' qualche fotografia ingiallita dal tempo, alcune lettere e pochi oggetti che il nonno conservava come reliquie. Zio Shmiel viveva nella cittadina di Bolechow - oggi in Ucraina - con la moglie e quattro bellissime figlie di cui andava orgoglioso. Era emigrato in America alla vigilia della Grande Guerra, ma aveva deciso infine di ritornare a Bolechow, dove era riuscito ad avviare una fiorente macelleria e a raggiungere una posizione rispettabile. Le sue ultime lettere dell'autunno del 1939 supplicavano i parenti di aiutarlo a sfuggire all'"inferno" che si stava profilando all'orizzonte. Erano scritte in tedesco, la lingua imparata nelle scuole asburgiche e ancora usata per la corrispondenza, benche' la lingua parlata dagli ebrei di Bolechow fosse lo yiddish, accanto al polacco e all'ucraino delle popolazioni circostanti. Poi scomparve ogni traccia. Nel dopoguerra correvano rumori, supposizioni tratte dal racconto di qualche raro sopravvissuto allo sterminio nazista. Fra l'estate del 1941 e la fine del 1942, la quasi totalita' degli ebrei di Bolechow erano stati assassinati dalle Einsatzgruppen, coadiuvate dall'esercito tedesco e da gruppi di collaboratori ucraini. A New York, i Mendelsohn si erano rassegnati alla perdita dei loro famigliari. Forse Abraham si sentiva colpevole di non essere riuscito a salvare il fratello e questa ferita si riapriva ogni volta che incontrava il nipote. Diventato professore di lettere classiche a New York, Daniel e' riuscito nel corso degli anni a rimettere insieme i pezzi di questo mosaico famigliare. Su Internet fioriscono i siti genealogici e vengono messi in linea gli yzkor bicher, i volumi di testimonianze delle comunita' ebraiche dell'Europa centrale e orientale, i cui superstiti o discendenti sono oggi dispersi ai quattro angoli del pianeta. In Ucraina, alcuni studenti vengono ingaggiati per cercare negli archivi informazioni sulle sorti di un individuo o di una famiglia. Per completare il mosaico, Daniel decide infine di andare a Bolechow. Vuole ritrovare il luogo in cui hanno vissuto i suoi antenati, dove si sono perdute le tracce di Shmiel, di sua moglie e delle sue quattro figlie. In Svezia, Danimarca, Australia e Israele, ritrova alcuni ebrei che hanno conosciuto gli Jaeger e sanno come sono morti. A Bolechow, dei vecchi contadini ucraini, ancora ragazzi durante la guerra, ricordano Shmiel e le sue figlie. Poco a poco, le persone ritratte nelle vecchie fotografie sembrano animarsi e raccontare una storia ricca di dettagli, identificandosi con un luogo, con i muri e con le finestre di una casa, con gli alberi di un giardino. I loro volti si inscrivono in una trama di vita. Nell'ottobre 1941, mille ebrei di Bolechow furono catturati durante un primo rastrellamento e trasferiti nei dintorni della citta' dove vennero metodicamente fucilati, messi in fila in modo da cadere gli uni sugli altri dentro una fossa comune (un'altra ondata sterminatrice sarebbe seguita l'anno dopo). La storia degli Jaeger non si riduce tuttavia a un momento dell'"Olocausto con le pallottole", oggi ricordato da una mostra al Memorial de la Shoah di Parigi. Si interseca con quella della Resistenza, e' fatta anche di tentativi disperati di sopravvivenza, di delazioni e soccorso da parte di ucraini e polacchi, di storie d'amore tra ebrei e gentili, di indifferenza, odio e compassione. E' una storia che possiede la sua irriducibile singolarita', come tutte le storie di vita. Attraverso le pagine di questo lungo racconto a meta' strada fra l'autobiografia, l'indagine condotta sul modello del romanzo poliziesco e l'erudito saggio letterario ricco di riferimenti mitologici si coglie un effetto liberatorio della scrittura. Gli scomparsi, infatti, non e' l'ennesima, commovente testimonianza di un superstite dei campi nazisti. Non e' neppure l'ultimo tassello di una vasta letteratura oggi alla moda che, con accenti lacrimevoli, descrive il '900 come un inesauribile martirologio. La storia che interessa Mendelsohn non e' quella depositata nella nostra memoria collettiva, quella che ricorda un gigantesco massacro impersonale, anonimo, illustrato dai cumuli di capelli, valigie e occhiali esposti nelle sale del museo di Auschwitz. Quella che vuole indagare Mendelsohn non e' la storia di sei milioni di vittime "senza qualita'", ma quella di sei persone che ritrovano un volto, una voce, un carattere, un mestiere, una lingua, un orgoglio, delle aspirazioni e delle paure. E' la letteratura a rendere universali le loro storie. Nato nel 1960, Mendelsohn non e' un "ebreo immaginario" che si considera una vittima per procura e brandisce la memoria come una missione. Approva l'amico israeliano che osserva la monotonia di una Europa centrale senza ebrei, ma aggiunge che il risultato non sarebbe diverso in una nazione di soli ebrei. Appartiene a una generazione che stabilisce con quel tragico passato un rapporto fatto al contempo di vicinanza e distacco: la vicinanza di chi non lo puo' evocare senza un coinvolgimento emotivo e il distacco di chi narra un'epoca che non ha vissuto. In questa posizione epistemologica - che lui stesso rivendica - risiede forse il segreto dell'originalita' del suo libro. Anche se non basta a spiegare che il risultato sia un capolavoro. 6. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it =================== COI PIEDI PER TERRA =================== Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 176 del 13 aprile 2009 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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