Coi piedi per terra. 176



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 176 del 13 aprile 2009

In questo numero:
1. Che succede a Viterbo? Un riassunto per lettori frettolosi
2. Peppe Sini: Il sindaco unno
3. Antonello Frongia presenta "Album Auschwitz"
4. Valentina Parisi presenta "Inferni" di Peter Weiss
5. Enzo Traverso presenta "Gli scomparsi" di Daniel Mendelsohn
6. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo

1. EDITORIALE. CHE SUCCEDE A VITERBO? UN RIASSUNTO PER LETTORI FRETTOLOSI

Che succede a Viterbo?
Che moltissimi cittadini, sostenuti da illustri scienziati, cattedratici,
personalita' delle istituzioni e dell'impegno civile, si oppongono alla
decisione di realizzare nell'area termale del Bulicame un mega-aeroporto
delle dimensioni atte ad accogliere un volume di traffico di vari milioni di
passeggeri all'anno; un'opera del tutto priva dei requisiti di legge e del
tutto irrealizzabile alla luce della situazione reale dell'area e dei
vincoli paesaggistici, idrogeologici, archeologici, termali in essa
presenti.
*
Infatti tale opera:
I. non ha mai superato ne' potrebbe mai superare un rigoroso espletamento
della Valutazione d'impatto ambientale e della Valutazione ambientale
strategica obbligatorie per legge;
II. confligge con precise norme di tutela dei beni pubblici sia nazionali
che europee;
III. e' in contrasto con le norme ed i vincoli di salvaguardia in vigore
nell'area considerata ai sensi della pianificazione territoriale ed
urbanistica tanto regionale quanto comunale;
IV. provocherebbe la devastazione di rilevanti beni archeologici,
naturalistici, paesaggistici, storico-culturali, scientifici, terapeutici ed
economici insistenti nell'area;
V. provocherebbe un grave nocumento alla salute, alla sicurezza e alla
qualita' della vita della popolazione dei quartieri cittadini prossimi
all'area;
VI. confligge con attuali esigenze di sicurezza militari di rilevanza
strategica nazionale;
VII. porterebbe al collasso la rete infrastrutturale della mobilita' locale;
VIII. costituirebbe uno sperpero immenso di pubblico denaro;
IX. la procedura sin qui seguita per l'individuazione dell'area e' viziata
da flagranti errori di merito e di metodo (tali per cui un ente locale ha
gia' presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio e
qualificati centri studi di settore hanno ripetutamente denunciato
l'inammissibilita' dell'opera).
*
In una recente comunicazione agli amministratori locali il comitato dei
cittadini che si oppongono all'opera ha elencato i seguenti effetti della
realizzazione di un mega-aeroporto nell'area termale del Bulicame a Viterbo:
1. Impatto locale sull'ambiente: devastazione dell'area termale del
Bulicame, un bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico, economico,
sociale e simbolico peculiare e insostituibile.
2. Impatto sanitario sulla popolazione viterbese: gravissimi danni alla
salute, alla sicurezza, alla qualita' della vita.
3. Impatto sanitario sulla popolazione dell'Alto Lazio: cumulandosi il
mega-aeroporto con le altre gravosissime servitu' gia' presenti (in
particolare il polo energetico Civitavecchia-Montalto) la sinergia dei
fattori di inquinamento incrementera' danni, disagi e patologie.
4. Impatto sanitario globale: essendo il trasporto aereo fortemente
inquinante, ogni suo aumento si traduce in danno certo alla salute.
5. Impatto sociale su Viterbo: il mega-aeroporto non solo costituira' una
profonda aggressione alla salute e alla sicurezza delle persone, ma
provochera' anche un grave degrado della qualita' della vita, una forte
lesione a fondamentali diritti dei cittadini, un grave danno all'economia e
alla societa', il collasso delle infrastrutture del trasporto locale (gia'
gravemente insufficienti), la distruzione di beni ambientali, culturali,
agricoli, terapeutici, ricettivi, produttivi, scientifici.
6. Impatto sociale sull'Alto Lazio: accumulo di servitu' ed effetto
sinergico dei fattori di rischio e di depauperamento e degrado del
territorio e della sua economia.
7. Impatto politico locale: la devastazione del territorio, l'avvelenamento
dei cittadini, la distruzione di fondamentali beni comuni, la violazione di
fondamentali diritti della popolazione, sommati alla palese illegalita'
dell'opera, esporranno ancor piu' il territorio e la comunita' locale al
degrado civile e alla violenza di poteri speculativi e criminali.
8. Impatto globale sull'ambiente: essendo il mega-aeroporto finalizzato
all'incremento del trasporto aereo complessivo, esso contribuira' ad
accrescere l'inquinamento e l'effetto serra responsabile dei mutamenti
climatici che stanno mettendo in pericolo il futuro dell'umanita' e gli
equilibri della biosfera.
9. E per concludere: non solo il mega-aeroporto a Viterbo e' del tutto
fuorilegge, ma per realizzare un'opera fuorilegge verrebbero sperperate
ingenti risorse pubbliche (che pertanto verrebbero altresi' sottratte ad
opere e servizi realmente utili e fin indispensabili per la popolazione).
*
E in un recente esposto alla Soprintendenza per i beni archeologici per
l'Etruria Meridionale e' stato evidenziato che dalla Planimetria redatta dal
Comune di Viterbo recante i vincoli paesaggistici, idrogeologici,
archeologici, termali presenti nell'area che sarebbe investita dall'opera,
risulta che il mega-aeroporto sorgerebbe letteralmente sopra un'area di
interesse archeologico con presenza di beni archeologici che la legge
tutela.
*
Del resto gia' lo scorso anno in una lettera al Presidente della Repubblica
del 4 agosto 2008 (disponibile, come molti altri documenti, nel sito
internet www.coipiediperterra.org) il comitato dei cittadini che si
oppongono al mega-aeroporto segnalava tra l'altro che "la realizzazione a
Viterbo di un devastante mega-aeroporto per voli low cost avrebbe i seguenti
inaccettabili e disastrosi esiti:
a) grave nocumento per la salute della popolazione, come dimostrato dal
documento dell'Isde (International Society of Doctors for the Environment -
Italia) del 18 marzo 2008;
b) grave devastazione dell'area termale del Bulicame, peculiare bene
naturalistico e storico-culturale, terapeutico e sociale, economico e
simbolico, gia' citato da Dante nella Divina Commedia ed elemento
fondamentale dell'identita' di Viterbo;
c) grave impatto su un rilevante bene archeologico come l'emergenza in situ
del tracciato dell'antica via consolare Cassia, come ammesso dall'assessore
e vicepresidente della Regione Lazio Esterino Montino;
d) grave impatto inquinante sull'Orto botanico dell'Universita' degli Studi
della Tuscia, bene scientifico, di ricerca e didattico di cospicua
rilevanza;
e) grave impatto inquinante sulle colture agricole - di qualita' e
biologiche - insistenti nell'area maggiormente investita;
f) grave danno economico per la citta' con deprezzamento di attivita',
esercizi ed immobili;
g) conflitto con attivita' ed esigenze di interesse strategico nazionale
dell'Aeronautica Militare, come evidenziato da ultimo dal "Centro Studi
Tuscia per lo sviluppo di un aeroporto compatibile" in un recente documento
diffuso il 2 agosto 2008 in cui si afferma testualmente "l'incompatibilita'
tra l'intensa attivita' di aviazione civile commerciale e la permanenza di
un'attivita' di volo militare importante - quella della Cavalleria
dell'Aria - che rende Viterbo tra gli aeroporti militari di primaria
importanza strategica (come fissato da un recente decreto)" e come gia'
precedentemente puntualmente segnalato nella seduta del Consiglio comunale
di Viterbo del 25 luglio 2008;
h) immenso sperpero di fondi pubblici per un'opera nociva e distruttiva,
quando Viterbo e l'Alto Lazio hanno bisogno di ben altri interventi della
mano pubblica: e particolarmente di un forte sostegno a difesa e
valorizzazione dei beni ambientali e culturali, dell'agricoltura di
qualita', delle peculiari risorse locali; e per quanto concerne la mobilita'
un forte sostegno al trasporto ferroviario (riaprendo la linea
Civitavecchia-Capranica-Orte; potenziando la linea Viterbo-Orte; potenziando
la linea Viterbo-Capranica-Roma);
i) aggravamento di una condizione di servitu' per l'Alto Lazio, territorio
gia' gravato da pesantissime servitu' energetiche, militari e speculative e
da fenomeni di inquinamento ed aggressione criminale alla salute, alla
sicurezza e alla qualita' della vita dei cittadini;
l) concreto pericolo che l'opera veicoli interessi ed affari non
trasparenti, conflitti di interessi in figure investite di ruoli e funzioni
istituzionali, operazioni economiche illecite e penetrazione dei poteri
criminali, come segnalato da autorevoli figure istituzionali;
m) infine, poiche' il punto di riferimento da parte dei promotori dell'opera
e' il sedime di Ciampino e l'attivita' che in esso si svolge, si rileva come
proprio la situazione di Ciampino sia insostenibile e gravemente lesiva dei
piu' elementari diritti della popolazione locale, ed e' quindi evidentemente
scandaloso voler "ciampinizzare" un'altra citta' (occorre invece una
drastica e immediata riduzione dei voli su Ciampino).
A cio' si aggiunga che:
n) l'opera e' tuttora priva di adeguata progettazione, anzi della stessa
precisa definizione di collocazione e dimensioni, come ammesso dallo stesso
Consiglio comunale di Viterbo nella parte narrativa dell'atto deliberativo
n. 92 del 25 luglio 2008 in cui si afferma testualmente che "devesi fare
presente che a tutt'oggi non si conoscono ne' la lunghezza della pista che
potrebbe arrivare a superare i 3000 metri, ne' il suo orientamento";
peraltro il gia' citato "Centro Studi Tuscia per lo sviluppo di un aeroporto
compatibile" ha rilevato "l'impossibilita' oggettiva - dimostrata dagli
studi del nostro centro - di allungare la pista di almeno altri due
chilometri mantenendone l'orientamento e, tanto meno, di smantellare
l'attuale per costruirne altra - come sostenuto da ambienti dell'assessorato
al volo - disassata di 10 gradi verso nord o sud";
o) l'opera confligge con il Piano territoriale paesaggistico regionale e le
relative norme di salvaguardia, come riconosciuto dallo stesso Consiglio
comunale di Viterbo con l'atto deliberativo n. 92 del 25 luglio 2008;
p) l'opera e' totalmente priva di fondamentali verifiche e di fondamentali
requisiti previsti dalla legislazione italiana ed europea in materia di
Valutazione d'impatto ambientale, Valutazione ambientale strategica,
Valutazione d'impatto sulla salute.
Quanto alla procedura di individuazione di Viterbo come sede di un
devastante mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per
Roma:
q) la relazione ministeriale del novembre 2007 che ha dato il via ad una
serie di atti amministrativi successivi e' destituita di fondamento in punto
di diritto e di fatto, come dimostrato ad abundantiam da un documento del 18
gennaio 2008 del "Centro studi Demetra" che conclude la sua ampia
ricognizione dichiarando che "gli atti ministeriali risultano palesemente
affetti da gravi vizi di illegittimita' sotto il rilevato profilo
dell'eccesso di potere per carenza dell'istruttoria tecnica condotta dalla
commissione istituita presso il Ministero dei Trasporti";
r) non solo: quella relazione contiene dichiarazioni semplicemente
dereistiche e si rivela nel merito come non rispondente ad un'analisi
fattuale della realta' territoriale: essa infatti ignora del tutto il fatto
che il sedime indicato ricade nel cuore dell'area termale del Bulicame e a
ridosso di emergenze archeologiche, naturalistiche, scientifiche, culturali,
agricole, terapeutiche, economiche ed insediative tali da rendere l'opera
ipso facto irrealizzabile; cadendo quindi la validita' di quella relazione,
cadono con essa tutti gli atti amministrativi conseguenti, viziati in radice
dal vizio dell'atto presupposto e fondativo;
s) peraltro la stessa compagnia aerea Ryan Air - che nelle dichiarazioni dei
proponenti l'opera avrebbe dovuto essere il soggetto imprenditoriale maggior
fruitore della nuova struttura aeroportuale - ha esplicitamente dichiarato
di non intendere affatto trasferire la sua attivita' nell'eventuale scalo
viterbese (cfr. intervista trasmessa dalla Rai il 27 aprile 2008 nell'ambito
del programma "Report").
Infine:
t) realizzare un nuovo mega-aeroporto e' insensato alla luce della
situazione aeroportuale italiana (cfr. la gia' citata inchiesta televisiva
della Rai ("Report", 27 aprile 2008);
u) realizzare un nuovo mega-aeroporto e' insensato alla luce dell'attuale
trend del trasporto aereo internazionale (cfr. ad esempio l'intervento
dell'europarlamentare Giulietto Chiesa del primo luglio 2008 che rinvia tra
l'altro a un servizio dell'"International Herald Tribune" del 28-29 giugno
2008);
v) realizzare un nuovo mega-aeroporto e' insensato alla luce dell'esigenza
di ridurre il trasporto aereo per ridurre il surriscaldamento globale del
clima (come richiesto dall'Onu, dalla comunita' scientifica internazionale,
dagli statisti piu' avvertiti);
z) occorre procedere alla riduzione drastica e immediata del trasporto aereo
(particolarmente a fini di diporto), come richiesto da interventi di
autorevoli personalita' come i premi Nobel Desmond Tutu e Wangari Maathai; e
sostenere invece un modello di mobilita' piu' adeguato, sostenibile e
democratico".
*
E' necessario impedire che i rilevanti beni naturalistici, culturali,
terapeutici ed economici dell'area termale del Bulicame siano devastati, e
che la salute e la sicurezza dei cittadini di Viterbo siano aggredite da
un'opera aeroportuale priva dei requisiti previsti dalla legge, opera la cui
realizzazione costituirebbe un sperpero di pubblici denari, un danno per la
comunita' locale ed una flagrante violazione delle norme e dei vincoli di
salvaguardia vigenti.
Ed e' necessario ridurre drasticamente ed immediatamente il trasporto aereo.

2. ISTITUZIONI. PEPPE SINI: IL SINDACO UNNO
[Riproponiamo il seguente intervento gia' apparso nelle "Notizie minime
della nonviolenza in cammino"]

Il sindaco di Viterbo e' anche parlamentare.
E ci si chiede come si possa svolgere bene contemporaneamente il compito di
legislatore e quello di primo cittadino di una citta' capoluogo di
provincia.
Infatti non svolge bene ne' l'uno ne' l'altro.
Come amministratore locale si sta impegnando forsennatamente per realizzare
un mega-aeroporto che devasterebbe la preziosa area termale del Bulicame (in
cui si trovano straordinari beni archeologici e naturalistici che verrebbero
distrutti per sempre) ed avvelenerebbe la popolazione dei popolosi quartieri
della citta' a ridosso del sedime.
Come membro della Camera dei Deputati appone la sua firma alla proposta di
legge n. 1360/2008 a favore dei complici dei nazisti nel periodo 1943-'45 al
fine di concedere loro un'onorificenza per i servizi resi; ed alla proposta
di legge n. 2271/2009 per perseguitare chi si impegna in difesa
dell'ambiente e dei beni comuni.
Quando si dice la coerenza, ovvero: c'e' del metodo in questa follia.

3. LIBRI. ANTONELLO FRONGIA PRESENTA "ALBUM AUSCHWITZ"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 gennaio 2008 col titolo "Sguardi dal
genocidio nell'occhio del carnefice" e il sommario "Appena uscito per
Einaudi, Album Auschwitz riattualizza i quesiti interpretativi ogni volta
riproposti dalla rappresentazione fotografica dell'Olocausto"]

Una importante mostra organizzata nel 2001 sotto la direzione dello storico
Clement Cheroux (Memoria dei campi. Fotografie dei campi di concentramento e
di sterminio nazisti, 1933-1999) faceva il punto sulla documentazione
fotografica relativa all'Olocausto, riunendo per la prima volta
sistematicamente le fotografie segnaletiche dei deportati e i materiali
sugli "esperimenti" medici condotti nei campi, le istantanee rubate dalla
resistenza ad Auschwitz e Dachau e le tragiche icone della liberazione dei
campi nel 1945. Attorno a queste immagini negli ultimi anni si e' animato un
dibattito sul potere testimoniale delle fotografie del genocidio, sui limiti
di una rappresentazione solo apparentemente oggettiva e sull'etica
dell'interpretazione storico-filosofica, tanto urgente quanto incerta.
Tra i documenti piu' significativi dell'iconografia dei campi di sterminio
inclusi nella mostra del 2001, un posto particolare e' occupato dal
cosiddetto Album Auschwitz, conservato presso lo Yad Vashem di Gerusalemme e
oggi pubblicato per la prima volta in Italia da Einaudi per le cure di
Marcello Pezzetti. L'album raccoglie quasi duecento fotografie di ebrei
ungheresi realizzate ad Auschwitz nel maggio 1944 da Bernhard Walter
(responsabile dell'ufficio identificazioni e fotografo ufficiale del campo)
e dal suo assistente Ernst Hofmann. Venne ritrovato fortunosamente il 9
aprile 1945 da Lili Jacob - una ragazza ebrea deportata a diciotto anni e
ritratta in quelle stesse fotografie - in una baracca del campo di
Dora-Mittelbau nella quale si trovava il giorno della liberazione.
Ancor prima che come documento di prova, l'Album Auschwitz e' importante per
le vicende del suo ritrovamento e per i molti significati che ha assunto a
partire da quel momento. E' stato infatti "l'intervento provvidenziale
dell'angelo della storia", come scrive Gideon Greif in uno dei saggi inclusi
nel libro, a preservare questa testimonianza dell'Olocausto per la coscienza
delle generazioni future. Ma il fatto che a ritrovare l'album sia stata Lili
Jacob, ha fatto si' che queste fotografie siano state utilizzate anzitutto
come una memoria privata: l'ultima immagine che a Lili rimaneva dei
genitori, dei fratelli, dei molti compagni di viaggio che ad Auschwitz
trovarono la morte. In quei mesi, alcune fotografie dell'album vennero
donate da Lili ad altri sopravvissuti, che nelle immagini riconobbero se
stessi e i parenti scomparsi.
Subito dopo la guerra l'album inizio' a diventare un documento pubblico. Nel
1946 una copia di tutte le immagini fu realizzata dal Museo ebraico di Stato
di Praga. Ritrovate nel 1955 dallo storico Erich Kulka e ulteriormente
riprodotte, vennero donate al Museo di Stato di Auschwitz e allo Yad Vashem
di Gerusalemme. Le fotografie furono utilizzate ripetutamente per illustrare
libri e pubblicazioni riguardanti l'Olocausto, ma fu al processo Eichmann
del '61, e soprattutto al processo di Francoforte del '63, che l'album
comincio' a essere usato come documento di prova contro i criminali di
guerra nazisti attivi ad Auschwitz. Al processo venne chiamato a
testimoniare Bernhard Walter, uno dei due fotografi, che forni' informazioni
circa il funzionamento dello studio fotografico da lui diretto nel campo
centrale di Auschwitz.
Cio' che l'Album Auschwitz documenta, tuttavia, non sono i singoli
prigionieri quanto le fasi di arrivo e di sbarco dei deportati sulla grande
rampa ferroviaria, la loro selezione, l'avviamento dei "produttivi" e degli
"improduttivi" (come recitano le didascalie manoscritte) rispettivamente al
lavoro forzato e verso la morte. La sezione finale dell'album censura gli
effetti dello sterminio: gruppi di donne, bambini e anziani sono fotografati
mentre sostano al bordo di un boschetto; sullo sfondo si scorgono gli
edifici delle camere a gas. Le ultime pagine - ben sette su un totale di
cinquantasei - sono dedicate agli "Effekten", cioe' all'ammasso e al
recupero degli effetti personali dei deportati.
Dall'immediato dopoguerra sino al 1980, quando e' stato riprodotto da Serge
e Beate Klarsfeld (noti per le loro indagini su criminali di guerra come
Klaus Barbie), l'Album Auschwitz ha subito una sorta di torsione
interpretativa, che ha spostato l'attenzione dalle singole fotografie come
strumenti di identificazione (con finalita' opposte per i perpetratori e per
le vittime) a un livello di lettura piu' ampio e piu' problematico. Anche
l'edizione italiana rende merito al grande sforzo compiuto negli anni per
giungere al riconoscimento delle singole persone ritratte dalle fotografie e
per garantire loro, quantomeno, un posto certo nella storia. Per questi
volti vale forse quanto Roland Barthes scrisse a proposito di Lewis Powell,
l'attentatore del segretario di Stato americano Seward condannato
all'impiccagione nel 1865 e fotografato da Alexander Gardner poco dopo il
suo arresto: "e' morto e sta per morire". Per Barthes, che era alla ricerca
dell'immagine perduta ed essenziale della madre, osservare le fotografie di
persone scomparse significava esperire un corto circuito storico, un punctum
temporale, che lo portava a dire: "fremo per una catastrofe che e' gia'
accaduta".
E' forse per la medesima necessita' di dar senso alla catastrofe che Nina
Springer-Aharoni, nel saggio che discute le fotografie dell'album come
documenti storici, ha cambiato l'ordine narrativo della serie originaria,
chiudendola non con le immagini degli "Effekten" ma con "Gli ultimi momenti
prima delle camere a gas". Tuttavia la nostra possibilita' di empatia con le
persone scomparse che ci paiono sopravvivere nel loro fantasma fotografico
e' una proiezione tanto umana quanto fuorviante. Tendiamo a stabilire un
contatto diretto con gli occhi di quelle persone che "ci" guardano dalle
fotografie, come se fossero davanti a noi; oppure ritroviamo nei loro
sguardi il monito verso gli orrori della storia. Dimentichiamo che i loro
occhi erano rivolti, in quel preciso momento, non verso di noi, a futura
memoria, ma verso un soldato tedesco che imbracciava un apparecchio
fotografico come un fucile a baionetta.
A colpire in queste fotografie e' la loro doppia qualita' di documento
esplicito e implicito, testimonianze di una scena che, mostrando la vittima,
presuppone il voyeurismo del perpetratore. Noi guardiamo (siamo costretti a
guardare) queste immagini con l'occhio nazista che scruta, enumera, ordina,
separa, annienta; e siamo riguardati dagli occhi delle vittime. Non sono
occhi del tutto inconsapevoli: paiono lasciar trasparire, malgrado le false
rassicurazioni dei soldati, qualcosa piu' di un semplice fastidio per
l'intrusione della macchina fotografica. L'Album Auschwitz ci pone in questo
stato di tensione tra gli sguardi e ci dimostra, una volta di piu',
l'impossibilita' di comprendere immediatamente il dramma dell'Olocausto e
della storia.

4. LIBRI. VALENTINA PARISI PRESENTA "INFERNI" DI PETER WEISS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 maggio 2008, col titolo "Incursioni di
Peter Weiss tra l'urlo e il mutismo" e il sommario "Quattro testi dello
scrittore tedesco riuniti da Cronopio in un volumetto intitolato Inferni,
dove Auschwitz diventa il luogo del mancato incontro tra i vivi e i morti e
la parola affronta il limite del dicibile"]

Nel 1965, quando l'editore Klaus Wagenbach chiese a quarantatre scrittori di
lingua tedesca di descrivere la "propria" localita', ossia il luogo al quale
ritenevano di appartenere spiritualmente, Peter Weiss non esito' a scegliere
Auschwitz. Se molti degli autori interpellati, uniti dall'esperienza
dell'esilio, si volsero d'istinto alle citta' natali o agli spazi "sacri"
che la memoria aveva preservato dallo sfacelo bellico (Wolfgang Koeppen, ad
esempio, elesse a sua patria il Romanische Cafe' di Berlino), Weiss decise,
ancora una volta, di "inquadrare l'informe", esprimendo in forma di parola
le sue sensazioni di fronte all'unico punto sulla terra cui si sentisse
davvero "destinato".
Nella confusa topografia esistenziale dell'esule, infatti, il solo centro
effettivo e' quel buco nero che ne rivendica la presenza per inghiottirlo.
Il suo atlante interiore reca in maniera indelebile non i paesaggi
evanescenti attraversati per salvarsi, non i paesi stranieri che l'hanno
accolto, bensi' l'orizzonte remoto, eppure sempre teoricamente presente, del
suo annientamento.
Nasce cosi' "Auschwitz", il primo dei quattro testi tradotti con grande
accuratezza da Anna Pensa e riuniti dall'editore Cronopio nel prezioso
volumetto intitolato Inferni, a cura di Clemens-Carl Haerle. Varcata la
soglia del lager "con vent'anni di ritardo", lo scrittore fu sopraffatto da
un inaspettato senso di estraneita': "Non provo niente. Vedo solo questo
pavimento, queste pareti. Constato... Guardo questi spazi a cui sono
sfuggito, resto in silenzio tra i muri fossili, non sento passi di stivali,
urla di comando, gemiti e lamenti". Nonostante i libri letti sull'argomento,
malgrado gli innumerevoli dati di cui e' venuto a conoscenza, lo "scampato"
non puo' comprendere Auschwitz, perche' l'essere umano e' in grado di capire
"soltanto cio' che accade a lui" - ecco la conclusione terribile che trae
Weiss. Avvolte nel silenzio, le caserme immutate, inconfondibili del campo
di concentramento non rivelano nulla a chi si e' sottratto ai loro orrori,
restano vestigia grigie e morte.
Solo le baracche di Birkenau sembrano avere conservato una parvenza di
calore, le tracce dei corpi che le hanno abitate, sebbene anche questa sia
una impressione fuggevole: "E' arrivato un vivo e davanti a lui si chiude
quanto e' accaduto qui". Auschwitz diventa cosi' il luogo del mancato
incontro tra vivi e morti, il punto geografico ove si fa evidente
l'irrimediabile frattura ontologica che li separa.
Ma come puo' lo scrittore colmare una simile lacuna che, sul piano verbale,
inevitabilmente si traduce in indicibilita'? Per trasfigurare in forma
letteraria l'"inferno" contemporaneo, dove a essere perseguitati sono gli
innocenti, Weiss si affida all'ombra di Dante e a un rilettura laica della
Commedia focalizzata innanzitutto sul crollo di quei valori che ne avevano
ispirato la stesura. Nei due testi "Esercizio preliminare per il dramma
'Divina commedia'" e "Conversazione su Dante", il drammaturgo si chiede a
quale "purificazione" possa aspirare la Germania, democratica elettrice di
Hitler, e quale significato attribuirebbe oggi Dante alle "localita'
Inferno, Purgatorio e Paradiso", se fosse costretto a intraprendere di nuovo
il suo viaggio. A suo giudizio, il superamento del caos puo' avvenire
soltanto attraverso l'articolazione linguistica dell'esperienza vissuta:
"Cio' che apparentemente e' inconcepibile deve essere descritto, e con la
massima precisione possibile". Stante l'improbabilita' di una compensazione
divina per chi e' stato vessato ingiustamente, alla vittima non resta dunque
che comunicare agli altri quel che ha appreso soffrendo.
Proprio da qui scaturisce il senso dell'Istruttoria che, rielaborando in
versi liberi le deposizioni di sopravvissuti e carnefici al processo di
Francoforte, mette in scena il ritrovato diritto degli oppressi di rivolgere
la parola a chi aveva infierito su di loro. In questo scarno dramma,
paradossalmente criticato per la sua "eccessiva" universalita' (Elie Wiesel,
ad esempio, deploro' che non vi figurasse mai la parola "ebreo"), Weiss
trasponeva su un piano anagogico le atrocita' commesse nei campi di
sterminio, creando cosi' quel commento in futurum all'inferno dantesco che
Osip Mandel'stam aveva auspicato poco prima della guerra. Esortando il
pubblico a riconoscere Auschwitz come parte ineliminabile della propria
coscienza, l'oratorio di Weiss tentava contemporaneamente di spezzare,
mediante l'espressione verbale, l'immobilita' che attanaglia in eterno l'Ade
e i suoi reclusi.
Tra i testi illuminanti di Inferni e' soprattutto "Laocoonte, o dei limiti
della lingua" a mettere in rilievo questo carattere dinamico attribuito dal
drammaturgo tedesco alla parola. Pronunciato in occasione del conferimento
del premio Lessing nel 1965, il discorso di Weiss definisce l'inferno come
regno della paralisi, facendo dunque tornare alla mente gli edifici
immutabili del lager, contrapposti - all'inizio di questo libriccino
mirabilmente circolare - alle dimore provvisorie dell'esule, disseminate qua
e la' per un mondo in perenne trasformazione.
Anche la lingua e' parte di questo eterno fluire, in quanto appello rivolto
all'esterno, viatico di una possibile salvezza. Per questo Weiss,
richiamandosi al gruppo del Laocoonte esaminato da Lessing due secoli prima,
nel 1766, in pagine a un tempo pudiche e struggenti rivela la sua
immedesimazione con questa figura in bilico tra urlo e mutismo, rievocando
il disorientamento provato quando, dopo aver lasciato la Germania
diciassettenne nel 1934, approdo' infine in Svezia, ritrovandosi di colpo
nella "situazione del bambino che deve ancora imparare a trovare un nome per
ogni emozione". Rifugiatosi dapprima nella pittura per sopperire alla
mancanza di un linguaggio proprio, Weiss trovo' in seguito nell'espressione
verbale quello strumento intrinsecamente critico a lui indispensabile per
interrogare il presente: "Le parole contengono sempre domande. Le parole
dubitano delle immagini".
Ma soprattutto - come testimoniano gli scritti raccolti in questo libretto
ben curato - attraverso la madrelingua riscattata seppe dimostrare
l'ubicazione terrena dell'inferno, dando voce ai suoi infelici superstiti.

5. LIBRI. ENZO TRAVERSO PRESENTA "GLI SCOMPARSI" DI DANIEL MENDELSOHN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 gennaio 2008 col titolo "Storie di
dispersi in una trama esemplare" e il sommario "Un lungo racconto a meta'
strada fra l'autobiografia, l'indagine condotta sul modello dei romanzi
polizieschi e il saggio letterario saturo di riferimenti mitologici. Tra le
pagine degli Scomparsi di Daniel Mendelsohn, tradotto da Neri Pozza, sei
persone ritrovano un volto, una lingua, un orgoglio, aspirazioni e paure"]

In un'epoca in cui Berlusconi e Dick Cheney vanno in Polonia per commemorare
la liberazione di Auschwitz, Fini si pavoneggia a Yad Vashem, Hollywood
seleziona sceneggiature sui campi di sterminio e le grandi case editrici si
contendono a Francoforte i diritti di un best seller sull'efferatezza
nazista, non si puo' prendere in mano un nuovo libro sulla Shoah senza una
certa diffidenza. Tuttavia, basta leggere le prime pagine degli Scomparsi di
Daniel Mendelsohn (trad. di Giuseppe Costigliola, Neri Pozza, pp. 722, euro
20) per vincere i dubbi e avere voglia di continuare. Molti, richiudendolo,
avranno la sensazione di avere letto un capolavoro letterario.
Da bambino, Daniel Mendelsohn faceva piangere gli anziani quando la sua
famiglia si riuniva a New York o in Florida. Ricorda quelle vecchie mani
magre e nodose che di scatto si portavano al viso pieno di rughe annunciando
l'esclamazione: Oy, er zett oys zeyer eynlikh tzu Shmiel! (Oh, come
assomiglia a Shmiel!). Crescendo, Daniel voleva saperne di piu' su questo
zio Shmiel che non aveva mai conosciuto e al quale somigliava come una
goccia d'acqua. Inizio' allora a interrogare i parenti e in particolare il
nonno materno, Abraham Jaeger, il fratello di Shmiel che non era mai stato
ricco ma vestiva con eleganza, perpetuando in America uno stile ereditato
dal vecchio impero asburgico. Ritrovo' qualche fotografia ingiallita dal
tempo, alcune lettere e pochi oggetti che il nonno conservava come reliquie.
Zio Shmiel viveva nella cittadina di Bolechow - oggi in Ucraina - con la
moglie e quattro bellissime figlie di cui andava orgoglioso. Era emigrato in
America alla vigilia della Grande Guerra, ma aveva deciso infine di
ritornare a Bolechow, dove era riuscito ad avviare una fiorente macelleria e
a raggiungere una posizione rispettabile.
Le sue ultime lettere dell'autunno del 1939 supplicavano i parenti di
aiutarlo a sfuggire all'"inferno" che si stava profilando all'orizzonte.
Erano scritte in tedesco, la lingua imparata nelle scuole asburgiche e
ancora usata per la corrispondenza, benche' la lingua parlata dagli ebrei di
Bolechow fosse lo yiddish, accanto al polacco e all'ucraino delle
popolazioni circostanti. Poi scomparve ogni traccia.
Nel dopoguerra correvano rumori, supposizioni tratte dal racconto di qualche
raro sopravvissuto allo sterminio nazista. Fra l'estate del 1941 e la fine
del 1942, la quasi totalita' degli ebrei di Bolechow erano stati assassinati
dalle Einsatzgruppen, coadiuvate dall'esercito tedesco e da gruppi di
collaboratori ucraini. A New York, i Mendelsohn si erano rassegnati alla
perdita dei loro famigliari. Forse Abraham si sentiva colpevole di non
essere riuscito a salvare il fratello e questa ferita si riapriva ogni volta
che incontrava il nipote.
Diventato professore di lettere classiche a New York, Daniel e' riuscito nel
corso degli anni a rimettere insieme i pezzi di questo mosaico famigliare.
Su Internet fioriscono i siti genealogici e vengono messi in linea gli yzkor
bicher, i volumi di testimonianze delle comunita' ebraiche dell'Europa
centrale e orientale, i cui superstiti o discendenti sono oggi dispersi ai
quattro angoli del pianeta. In Ucraina, alcuni studenti vengono ingaggiati
per cercare negli archivi informazioni sulle sorti di un individuo o di una
famiglia. Per completare il mosaico, Daniel decide infine di andare a
Bolechow. Vuole ritrovare il luogo in cui hanno vissuto i suoi antenati,
dove si sono perdute le tracce di Shmiel, di sua moglie e delle sue quattro
figlie. In Svezia, Danimarca, Australia e Israele, ritrova alcuni ebrei che
hanno conosciuto gli Jaeger e sanno come sono morti. A Bolechow, dei vecchi
contadini ucraini, ancora ragazzi durante la guerra, ricordano Shmiel e le
sue figlie. Poco a poco, le persone ritratte nelle vecchie fotografie
sembrano animarsi e raccontare una storia ricca di dettagli, identificandosi
con un luogo, con i muri e con le finestre di una casa, con gli alberi di un
giardino. I loro volti si inscrivono in una trama di vita.
Nell'ottobre 1941, mille ebrei di Bolechow furono catturati durante un primo
rastrellamento e trasferiti nei dintorni della citta' dove vennero
metodicamente fucilati, messi in fila in modo da cadere gli uni sugli altri
dentro una fossa comune (un'altra ondata sterminatrice sarebbe seguita
l'anno dopo). La storia degli Jaeger non si riduce tuttavia a un momento
dell'"Olocausto con le pallottole", oggi ricordato da una mostra al Memorial
de la Shoah di Parigi. Si interseca con quella della Resistenza, e' fatta
anche di tentativi disperati di sopravvivenza, di delazioni e soccorso da
parte di ucraini e polacchi, di storie d'amore tra ebrei e gentili, di
indifferenza, odio e compassione. E' una storia che possiede la sua
irriducibile singolarita', come tutte le storie di vita.
Attraverso le pagine di questo lungo racconto a meta' strada fra
l'autobiografia, l'indagine condotta sul modello del romanzo poliziesco e
l'erudito saggio letterario ricco di riferimenti mitologici si coglie un
effetto liberatorio della scrittura. Gli scomparsi, infatti, non e'
l'ennesima, commovente testimonianza di un superstite dei campi nazisti. Non
e' neppure l'ultimo tassello di una vasta letteratura oggi alla moda che,
con accenti lacrimevoli, descrive il '900 come un inesauribile martirologio.
La storia che interessa Mendelsohn non e' quella depositata nella nostra
memoria collettiva, quella che ricorda un gigantesco massacro impersonale,
anonimo, illustrato dai cumuli di capelli, valigie e occhiali esposti nelle
sale del museo di Auschwitz. Quella che vuole indagare Mendelsohn non e' la
storia di sei milioni di vittime "senza qualita'", ma quella di sei persone
che ritrovano un volto, una voce, un carattere, un mestiere, una lingua, un
orgoglio, delle aspirazioni e delle paure. E' la letteratura a rendere
universali le loro storie.
Nato nel 1960, Mendelsohn non e' un "ebreo immaginario" che si considera una
vittima per procura e brandisce la memoria come una missione. Approva
l'amico israeliano che osserva la monotonia di una Europa centrale senza
ebrei, ma aggiunge che il risultato non sarebbe diverso in una nazione di
soli ebrei. Appartiene a una generazione che stabilisce con quel tragico
passato un rapporto fatto al contempo di vicinanza e distacco: la vicinanza
di chi non lo puo' evocare senza un coinvolgimento emotivo e il distacco di
chi narra un'epoca che non ha vissuto. In questa posizione epistemologica -
che lui stesso rivendica - risiede forse il segreto dell'originalita' del
suo libro. Anche se non basta a spiegare che il risultato sia un capolavoro.

6. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO
DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO

Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail:
info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa
Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 176 del 13 aprile 2009

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